NOTE: I miei angioletti entrano nel vivo delle loro avventure^^ Questo
è il mio capitolo preferito(1^ e 2^ parte) Spero piaccia pure a vuoi!
Una casa nel cuore
Parte III
di Nuel
I GIORNI DELLA PIOGGIA SUL CUORE
PARTE PRIMA
La pioggia cadeva incessantemente da
giorni. Si stiracchiò sotto la soffice coperta guardando il suo amante, il
suo compagno, la sua vita... il suo corruttore, che si vestiva
svogliatamente. Era bello e tenebroso, e quella notte non lo aveva amato
abbastanza. Era sempre così quando aveva un incarico da portare a termine:
lo abbracciava, lo baciava, e si metteva a dormire. Però quel sensuale
scambio di saliva, appena pochi minuti prima, gli aveva fatto sperare che
rimandasse tutto ad un altro giorno e che avrebbero trascorso la mattina a
fare l’ amore sul tappeto riccio che usavano come letto, nella loro tenda.
Era da pazzi uscire con quel tempaccio, ma nei due anni in cui avevano
vissuto assieme, aveva imparato che Akragas era pazzo, pazzo di lui, almeno.
Aveva imparato anche che non doveva intromettersi nei suoi affari, anche se
questo era uno di quelli che avrebbe voluto impedirgli di accettare con
tutte le sue forze.
Akragas gli andò vicino e lo baciò di
nuovo. Adorava quelle infinite battaglie che le loro lingue combattevano ad
ogni occasione, non avrebbe mai staccato le labbra dalle sue.
-Tornerò per domani notte- Lo salutò.
-Devi proprio?- Gli miagolò con un tono che
lo faceva sempre sorridere.
-Keira!- Lo ammonì indossando la cappa
scura sugli attillati abiti neri e scostando la tenda che divideva in due il
loro alloggio, andando via. Quella tenda era stata la prima modifica che
aveva apportato: non voleva che il loro nido restasse esposto alla vista di
tutti. Akragas aveva sorriso scuotendo la testa e lo aveva lasciato fare.
Si rigirò sul folto tappeto di lana riccia,
coprendosi fino agli occhi: Akragas era un elfo scuro, ed era anche un
traditore, secondo il suo popolo, con una cospicua taglia sulla testa, e non
voleva che avesse a che fare con altri elfi scuri. Gli avevano commissionato
l’ omicidio di una delegazione di suoi simili... lui aveva accettato, ma
poi, come al solito, quando c’ erano di mezzo quelli della sua razza, si era
fatto tetro, silenzioso... decisamente, non gli andava che accettasse
incarichi del genere.
Lo sguardo gli cadde su una cassa sul lato
della tenda, una delle tante che Akragas teneva nel retro. Dentro aveva
chiuso un cofanetto, il regalo dei suoi genitori. Sospirando si chiese se se
ne fossero già andati. Sei mesi prima, all’ inizio della primavera, Akragas
l’ aveva convinto ad andare da loro.
La primavera era arrivata presto, quell’anno,
e la foresta splendeva dei fragili colori del risveglio, sotto una
pioggerellina delicata che a fatica raggiungeva il sottobosco. Quando
giunsero al villaggio di Keira era già pomeriggio e la pioggerellina aveva
lasciato posto ad un sole splendente ed al cielo terso. Arrivarono
tranquillamente in vista della casetta isolata, vicino ad un grande albero
su cui Keira si era arrampicato centinaia di volte. Sua madre era
indaffarata a stendere i panni su una corda tesa tra l’ albero e la casa.
Keira fermò il cavallo per assaporare quella scena familiare. Akragas si era
fermato accanto a lui, aveva ripetuto un paio di volte che sarebbe stato
meglio che lui non si facesse vedere, ma Keira non aveva sentito ragioni:
doveva conoscere i suoi genitori, naturalmente non avrebbe detto loro che
stavano assieme, ma voleva che si conoscessero ugualmente.
Finito di stendere i panni la donna alzò la
testa e guardò nella loro direzione. Dopo un attimo di esitazione corse loro
incontro, chiamando a gran voce il nome del figlio.
Keira spronò il cavallo e la raggiunse,
saltando giù dalla sella ed abbracciandola e baciandola. Akragas mosse
lentamente il cavallo verso di loro, lasciandogli il tempo di salutarsi. La
donna aveva i capelli striati di bianco, segno che era molto più anziana
degli anni che dimostrava, ma l’ invecchiamento degli elfi cessava intorno
ai vent’ anni, e Keira gli aveva detto che i suoi genitori avevano superato
da un po’ i cinquecento anni, lui era nato quando ormai non lo aspettavano
più, ed era uno dei pochissimi bambini nati da oltre tre secoli.
Li raggiunse e la donna lo guardò con i
suoi profondi occhi azzurri "Come i suoi" pensò Akragas scendendo da cavallo
e salutandola con un inchino.
-Mamma, lui è Akragas, mi ha salvato la
vita ed ora siamo amici- Spiegò lui.
La donna vagliò l’ elfo scuro e lo guardò
dritto negli occhi, evidentemente non lo riteneva pericoloso.
"Occhi di fuoco, troppo caldi per un elfo
scuro" pensò lei sorridendogli e porgendogli la mano. -Allora lascia che ti
ringrazi adeguatamente, sarai tra amici nella nostra casa!-
La donna li condusse alla casa, chiamando
il nome del marito. Un elfo con la testa ormai quasi completamente bianca
sbucò da dietro la casa. Keira e suo padre si corsero in contro,
abbracciandosi, l’ uomo si commosse a rivedere il figlio, dato per disperso
quasi due anni prima. Keira procedette con le presentazioni e l’ uomo
accolse Akragas con lo stesso slancio della moglie. Entrarono in casa e
subito gli vennero offerti cibo e da bere. I due elfi non la smettevano di
circondare Keira col loro affetto, e presto anche Akragas fu coinvolto dalle
loro domande. Quella era proprio il tipo di famiglia che si era immaginato:
amorevole, calda, unita, il legame che univa i due genitori durava da oltre
trecento anni, ed era palpabile.
In casa entrò una ragazza con una cesta di
verdure appena raccolte. Keira si alzò a salutalrla e lei fece cadere la
cesta, correndo ad abbracciarlo, piangendo di gioia.
-Lunia! Non fare così, fatti guardare!- La
salutò Keira. Lunia lo stava abbracciando. Qualcosa scattò nel cuore di
Akragas. Chi era quella piccola, graziosa elfa? Keira non gli aveva mai
parlato di lei.
-Lunia, lascia che ti presenti l’ uomo che
mi ha salvato la vita: Akragas...-
Akragas si era alzato e lei si era girata a
guardarlo. Lunia smise di sorridere, sbiancò.
-Vado a sistemare la verdura.-Mormorò
scivolando via dal suo abbraccio e passando rasente il muro, fissando con
occhi carichi di odio e terrore l’ elfo scuro che la guardava inespressivo.
-Credo di aver fatto un errore...-Mormorò
Keira a mo’ di scusa.
-Scusala, Akragas...i genitori di Lunia
vennero uccisi da elfi scuri...- la voce morì in gola alla donna che aveva
voluto togliere dall’ imbarazzo il figlio.
-Nessun problema- Rispose tranquillamente
Akragas.
Presto si decise che Akragas doveva restare
lì, non gli avrebbero permesso di stare da nessun’ altra parte, dopo che gli
aveva riportato il loro adorato figlio. Certo Keira si guardò bene dal dire
ai genitori che Akragas era un assassino a pagamento, si limitò a parlare
del suo lavoro di guida, e di come lo stesse istruendo sulle piste meno
frequentate e i segreti del mestiere. Per tutta la cena e diverse ore dopo
rimasero in torno al tavolo a parlare di quei mesi. La felicità che
traspirava dai loro volti riusciva a scaldare il cuore di Akragas, che pure
avrebbe voluto lasciarli perché si sentiva quasi un intruso che assista a
qualcosa di profondamente intimo. Del resto se pure la ragazza restava lì,
muta e scura in volto, troppo tesa per assaporare il momento, poteva
trattenersi pure lui. Guardando i loro volti così sereni, dagli occhi
chiari, guardando i piccoli gesti familiari e le parole cariche di affetto
riuscì ad immaginare l’ infanzia di Keira in quella casa ed all’ improvviso
sentì un morso al cuore per non poter dire loro che era l’ amante di Keira,
per non poter palesare quel loro rapporto altrettanto intimo e prezioso,
sospirò pensando che quella notte non avrebbe neppure potuto stringerlo a sè.
Gli elfi gli assegnarono una camera, e la
donna lo abbracciò ringraziandolo ancora, prima di mandarlo a dormire. Quel
gesto così spontaneo lo aveva sorpreso. Era questo, dunque, l’ affetto di
una madre?
Si sdraiò sul letto fissando il soffitto,
perso in ricordi dolorosi e lontani, un passato morto e sepolto. "Samara"
Sospirò. Keira non doveva sapere nulla del suo passato. Mai. Nel cuore della
notte sentì bussare alla sua porta e poi il musetto di Keira comparve
socchiudendo la porta.
-Stai dormendo?- Bisbigliò.
-No.- Gli rispose mettendosi a sedere.
Keira andò a sedersi sul letto, lo baciò
frettolosamente, stringendosi subito dopo a lui.
-Te lo avevo detto che ti avrebbero accolto
bene!-
Akragas annuì, rapito dall’ espressione
estasiata del suo amante.
-Mi spiace solo di non poter dormire con
te-
-Anche a me- Keira cominciò a strofinare la
fronte contro il petto dell’ altro, infilando la punta del naso tra i
laccetti della sua blusa, in una scherzosa ricerca di qualche millimetro di
pelle. Akragas lo lasciava fare, come sempre. Come sempre lo lasciava fare
nei suoi sempre più frequenti e maldestri slanci d’ affettuosità. Quel suo
modo di fare giocoso che mascherava l’ imbarazzo dei primi tempi era
diventato così abituale che non avrebbe più potuto farne a meno. Nessuno
aveva insegnato a Keira ad essere un amante preciso, fantasioso,
instancabile e totalmente dedito al piacere, i suoi gesti erano spontanei,
incerti, mossi dalla curiosità, e questo gli piaceva da impazzire. Gli alzò
il viso e lo baciò fino a lasciarlo senza fiato. Keira si era avvinghiato a
lui, e lui lo aveva trascinato sopra di sè, tornando a sdraiarsi,
imprigionandolo in un abbraccio.
-Allora resta qui.- Gli sussurrò
maliziosamente accompagnando le parole con una lenta carezza umida della sua
lingua sulla punta dell’ orecchio. Keira rabbrividì, combattuto dal
desiderio di accettare, sapendo cosa significassero quel tono e quel gesto,
e timoroso di essere colto in flagrante dagli amati genitori.
-Lasciami andare.- Gli rispose non molto
convinto. Akragas lo lasciò andare malvolentieri, solo per trattenerlo per
un polso all’ ultimo momento, per baciarlo ancora.
Keira sentì le ginocchia cedergli: quei
baci erano la sua rovina: non capiva più niente quando Akragas lo baciava.
Centinaia di brividi percorsero ogni millimetro della sua pelle, arrivando a
fargli girare la testa e pulsare l’ inguine. Si rese conto di gemere piano
nella sua bocca e di essersi seduto di nuovo sul letto. Akragas staccò le
labbra dalle sue e lui lo inseguì per avere un altro bacio e poi un altro e
un altro ancora, finché Akragas non lo riportò alla realtà incitandolo ad
andarsene. Keira gli mise il broncio, saggiando la stabilità delle proprie
gambe: lo detestava quando faceva così: lo mandava in estasi e poi lo
allontanava con l’ espressione soddisfatta e divertita di chi ha raggiunto
il proprio scopo e sa che la sua vittima non potrà dormire per tutta la
notte continuando a sospirare ed assaporare quell’ aroma afrodisiaco rimasto
sulle proprie labbra, odiando il tempo che lo separa da un nuovo bacio.
Le giornate in quella casa tranquilla
furono travolte dall’ entusiasmo del ritorno del giovane elfo, che attirava
le visite degli amici di un tempo, Akragas rimaneva ogni volta sorpreso da
come nessuno di loro lo trattasse con diffidenza, ed anzi lo trattassero
come un figlio smarrito ritornato dopo molto tempo. Decise che quella
comunità isolata non doveva avere visto molti elfi scuri per rendersi
davvero conto di chi stava accogliendo a braccia aperte. Le visite durarono
diversi giorni, Akragas scrutava quei volti, immancabilmente chiari,
luminosi, con i profondi occhi sereni di chi ha vissuto sempre in pace, il
passo lento dei più vecchi, i gesti regolati e sinceri, le voci calme... per
lui era una realtà sconcertante: aveva vissuto per più di quindici anni tra
gli uomini, ma gli elfi erano un mondo a parte: vivevano come se il tempo
non esistesse, sapeva che in un certo senso era così, guardò Keira che aveva
riacquistato la loro stessa espressione, improvvisamente temette che se non
lo avesse riscosso lo avrebbe perso e quella notte, silenzioso come non
fosse nemmeno stato fatto di carne e sangue scivolò nel corridoio e si
introdusse nella sua camera.
Keira dormiva, con il respiro lento e
regolare, in un’ altra occasione sarebbe rimasto immobile ad osservarlo, ma
stavolta no: lo voleva, voleva fargli avere nostalgia della loro vita
lontano da lì. Lentamente si spogliò e si infilò sotto la coperta, accanto a
lui, fece scivolare le dita sotto la lunga tunica con cui dormiva,
accarezzandolo delicatamente. Keira si mosse nel sonno, finendo contro di
lui, con la testa contro il suo collo, come dormiva di solito. Quel gesto lo
fece quasi desistere, Keira non si era dimenticato di lui, ma, ugualmente,
voleva una conferma più cosciente di quella.
Cominciò a baciarlo per farlo svegliare.
Keira si stiracchiò contro di lui, svegliandosi, e poi lo guardò,
improvvisamente consapevole di dove erano, e del calore del corpo nudo
stretto al suo, attraverso la stoffa della tunica.
-Cosa ci fai qui?- Gli sussurrò con gli
occhi ben aperti.
Akragas gli rispose sollevandogli la tunica
ed obbligandolo a sfilarla dalle braccia e dalla testa. Lo baciò premendolo
contro il letto, gonfiando il petto contro il suo. Keira gemette, con il
respiro più corto.
-Non possiamo... se ci sentono...-
-Allora dovrai trattenere i tuoi gemiti,
-gli baciò il collo- le tue grida, -gli morse la spalla - gli ansimi...- La
sua voce si era fatta un sussurro prima di prendere tra le labbra un
capezzolo facendolo inarcare, costringendolo a trasformare in rantolo un
gemito soffocato in gola.
Fece scivolare le mani sul suo corpo,
sentendolo rabbrividire, appurando di avere ottenuto il suo scopo: sentì
premere sul ventre l’ erezione prorompente, l’ accarezzò strappando nuovi
gemiti dalla sua gola, si sollevò appena, per far combaciare meglio i loro
corpi, la mano di Keira accarezzò entrambi, tremante, gli umori che si
mischiavano sulle sue dita e tra di loro. Akragas gli serrò i testicoli in
una mano, erano tesi e gonfi, il respiro gli era venuto meno mentre serrava
un po’ la stretta e ora si dimenava sotto di lui, cercando di sfuggire a
quella presa che minacciava di trasformare il piacere in dolore ed in un
imbarazzante grido, adorava portarlo al limite della sopportazione prima di
farlo godere in un’ esplosione che lo lasciava privo di forze.
Lo fece girare di fianco e si premette
contro la sua schiena, facendosi strada dentro di lui, che ormai non
riusciva più a trattenere deliziosi piccoli gemiti che cercava di soffocare
contro la coperta che si era portato alla bocca, la mano di Akragas che
continuava a stuzzicarlo portandolo vicino all’ orgasmo, senza
concederglielo. Il cuore gli sarebbe scoppiato prima che le spinte del suo
amante gli facessero raggiungere la sublimazione di tutto il suo essere.
Incredibilmente il suo cuore non esplose, ebbe solo un balzo quando sentì
contro il suo orecchio le labbra di Akragas socchiudersi lasciando uscire il
fiato caldo e un roco gemito di soddisfazione, mentre già iniziava a
sfilarsi. Quasi pazzo di desiderio sentì con una nuova stretta al cuore che
lo fece quasi lacrimare il suo amante scendere coprendogli la schiena di
baci ed affondare il viso tra le sue natiche, ignorando il suo bisogno. La
lingua che si infilava a ripulirlo lo fece tremare e singhiozzare.
-Ti prego... non ne posso più...- si
lamentò.
-Se tua madre trovasse le lenzuola sporche
cosa potrebbe pensare?-
Terminata l’ operazione finalmente lo fece
sdraiare e lo avvolse senza farlo aspettare ancora, con una rapidità
inaspettata, che lo fece quasi gridare di sorpresa e piacere. Gli affondò le
dita tra i lunghi capelli candidi, perennemente arruffati, alzando il bacino
per infilarsi più profondamente tra le sue labbra. Akragas lo colpiva con la
lingua e lo succhiava e respingeva con urgenza, desideroso di cibarsi del
nettare negato per troppe notti. Keira eruppe nella sua gola, inarcandosi e
contorcendosi, soffrendo per non poter far esplodere il grido che gli
premeva la gola.
Mentre Akragas lo coccolava con delicati
colpetti di lingua, si mise a sedere, ansimante, i capelli incollati al
volto ancora arrossato e sudato. Gli occhi di Akragas lo fissavano colmi di
appagamento ed amore, la testa che ora poggiava sulla sua coscia, non poteva
dargli contro se lo guardava così, anche se non avrebbero dovuto fare l’
amore in quella casa. Lo fece risalire e lo baciò prima di chiedergli di
tornare nella sua stanza. Akragas lo abbracciò, cercando di trasmettergli,
con il viso nascosto contro la sua spalla, quanto fosse contrariato da
quella richiesta, e quanto desiderasse che la loro vita tornasse quella di
prima. Keira rispose al suo abbraccio e si adagiò nuovamente sul letto.
-Però devi andartene prima dell’ alba,
intesi?-
Akragas annuì soddisfatto, stringendosi
ancora di più a lui e riuscendo finalmente ad addormentassi.
Si svegliò molto prima dell’ alba, Keira
era profondamente addormentato, ancora stretto a lui. Si concesse di
indugiare su quella visione celestiale: era cresciuto rispetto al loro primo
incontro, ormai era più basso di lui di solo una decina di centimetri, la
mascella si era allargata, ed il petto era più ampio. Persino i suoi
meravigliosi occhi brillavano meno grandi sul viso delicato, ed era
decisamente contento di avergli fatto cambiare dieta, gli aveva insegnato ad
apprezzare i piaceri della tavola e, benché fosse ancora snello, era
decisamente meno esile e smunto. Dovette trattenersi dalla tentazione di
passare la mano sulla pelle vellutata del fianco. Il braccio mollemente
adagiato intorno a lui era diventato più muscoloso, le mani più grandi...
tutto il suo corpo era sbocciato sotto le sue carezze ed ora quel giovane
elfo bellissimo, almeno per lui, era suo.
Con uno sforzo di volontà spostò il braccio
di Keira e scese dal letto. Si rivestì, gli dette un bacio leggero sui
capelli biondi ed uscì dalla stanza in punta di piedi.
Il corridoio buio era avvolto nel silenzio,
ma passando davanti alla camera dei genitori di Keira sentì le loro voci
ovattate ed il nome del suo amante. Si fermò.
-... glieli daremo domani-
-Avrei voluto vederlo sposato con Lunia
prima, però-
-Amore mio, sono ancora troppo giovani-
-Hai ragione, caro. E noi abbiamo già
aspettato tanto...-
"Sposato con Lunia"? Non poteva aver
sentito bene, il suo cuore appena rinfrancato era già scivolato di nuovo
nell’ insicurezza. Tornò rapidamente nella sua stanza, ma non riuscì più a
dormire. Sentì i due elfi alzarsi e decise di scendere subito dopo di loro.
Li trovò nella piccola cucina, intenti a
conversare davanti alla colazione. Furono lieti di vederlo, anzi, sembrava
che sperassero di poter parlare con lui in privato. Akragas provava un misto
di tensione e paura che faticava a mascherare.
-Dobbiamo parlarti, caro Akragas.-Esordì la
donna porgendogli una tazza di latte.
-Tu e Keira siete molto amici, si vede, per
questo vorremmo che tu gli stessi vicino-
Akragas si rilassò, ma non del tutto.
-Noi abbiamo deciso di tornare nella Terra
Oltre le Nebbie-
-Cosa?- Disse con un filo di voce capendo
vagamente il senso di quelle parole.
-Keira è ancora molto giovane, all’ inizio
dell’ estate compirà diciannove anni, ma tu sei molto più maturo di lui e
potrai guidarlo...-
Non potevano dire sul serio quello che
stavano dicendo.
-Tu sei un elfo scuro, ma per noi non ha
importanza. I tuoi occhi sono buoni, e si riempiono d’ affetto ogni volta
che guardi nostro figlio. Abbiamo osservato la tua espressione quando ti
raccontavamo delle sue marachelle di bambino... hai sognato la sua
infanzia... non potremmo sperare in un amico migliore per lui- La donna gli
aveva preso le mani tra le sue e lo guardava con lo stesso calore che
rivolgeva al figlio.
Sentì la voce mancargli. -Ma perché?-
-Ormai siamo vecchi, vogliamo tornare nella
terra dei nostri antenati, dove vivremo per l’ eternità in pace. Abbiamo
appreso abbastanza da questo mondo. Non abbiamo mai desiderato diventare
Antichi, avevamo deciso già di partire, ma ci tratteneva la speranza di
rivedere Keira... e ora che l’ abbiamo rivisto, e abbiamo conosciuto te,
possiamo andarcene con il cuore più leggero-
-Avremmo voluto vederlo felice con Lunia,
ma sappiamo che è troppo presto...-
-Sono fidanzati?- L’ interruppe Akragas,
tornando sul chi vive.
-No, ma sono cresciuti assieme e si
vogliono tanto bene... che è quello che tutti si aspettano-
In quel momento Keira e Lunia entrarono
nella cucina salutando allegramente.
-Mamma puoi preparare qualcosa di veloce da
mangiare fuori? Voglio portare Akragas al lago- Chiese una volta seduto.
La donna lo accontentò e meno di un’ ora
dopo erano in sella diretti al lago.
-Dopo stanotte non potevo restare a
casa...- Cominciò Keira quando furono abbastanza distanti. -Quando ero
piccolo andavo spesso al lago, non ci va mai nessuno, così potremo starcene
un po’ tranquilli...- Si interruppe a guardare l’ elfo scuro che gli
cavalcava accanto. -Ho pensato che anche tu fossi stanco di vedere parenti
ed amici e sopportare le loro interminabili visite...-
-Dì piuttosto che hai una voglia matta di
me!- Ghignò Akragas facendolo arrossire per un momento.
Keira spronò il cavallo ed Akragas lo
inseguì ansioso come lui di essere lontano da qualsiasi possibile sguardo.
Giunsero al lago, era davvero un luogo
incantevole: solitario, che invitava alla riflessione... o all’ amore. Le
cime verdi degli alberi si stagliavano contro il cielo azzurro, li canto
degli uccelli intenti nei corteggiamenti primaverili e il mormorio dell’
acqua cancellavano lo scorrere del tempo come una magia.
-Venivo qui con Lunia a volte, giocavamo
fino a che era buio e poi i miei ci sgridavano e...- Akragas l’ aveva preso
in braccio e buttato nell’acqua fredda completamente vestito.
-Ma che t’ è preso!- Strillò Keira,
completamente inzuppato.
-Lunia?- Sibilò con gli occhi ridotti a due
fessure.
-Sei geloso?-
-Dovrei?-
-Ti amo!- Gli sussurrò passandogli le
braccia dietro il collo e baciandolo.
-Togliti i vestiti: mi stai bagnando!-
Keira gli fece una boccaccia trascinandolo
in acqua. -E tu mi ami?-
-Tu mi appartieni!-
"Tu mi appartieni", Keira sapeva che quello
era il suo modo per dirgli che lo amava e si ritenne soddisfatto.
Si tolsero gli abiti bagnati e li
lasciarono sull’ erba ad asciugare, poi tornarono nel lago per fare una
nuotata e dedicarsi a qualche effusione facilitata dall’ acqua che li
sosteneva. Dopo qualche piacevole ora Akragas si accorse della testa di
Lunia che faceva capolino dagli alberi, abbastanza lontano perché Keira non
se ne accorgesse, se debitamente distratto. Non avrebbe saputo dire se fosse
giunto prima il fastidio per quella intromissione nella loro intimità o l’
idea di cogliere l’ occasione per eliminare definitamente qualunque
illusione della ragazza.
-Adesso basta giocare.- Disse a Keira
sollevandolo di peso dalla sua posizione semisdraiata in acqua. Keira dava
le spalle a Lunia, e lui avrebbe fatto in modo che continuasse a dargliele.
-Torniamo sulla terra ferma... non sono ancora sicuro di non aver motivo di
ingelosirmi!- Ammiccò facendo scivolare una rapida carezza sul suo petto.
Keira rise e si rimise in piedi. Akragas pensò che ora li avrebbe visti
entrambi emergere nudi e la cosa lo divertì. Fraintendendo il suo sorriso
Keira cominciò a correre schizzando tutt’ intorno, arrivando all’ ombra di
un grande albero, vicino al quale brucavano tranquillamente i loro cavalli.
Akragas lo raggiunse lentamente,
sussurrandogli di dimostrargli quanto lo amava. Keira gli buttò le braccia
al collo, premendosi contro di lui per baciarlo. Akragas rispose al suo
bacio ed affondò le dita scure ben allargate nella pelle chiara delle sue
natiche in un gesto che voleva esprimere il suo senso di proprietà. Finito
il bacio lo tenne così qualche altro secondo, guardandolo dritto negli
occhi. Sentiva il calore invadere lentamente i loro corpi gelati dall’
acqua. Lo sguardo di Keira era quasi osceno: un misto di innocente desiderio
e di colpevole lascivia che lui gli aveva insegnato nelle lunghe notti
invernali. -Se mi vuoi dovrai meritartelo, piccolo elfo!- Gli mormorò come
aveva fatto tante volte per spingerlo a superare i suoi momenti di
timidezza. Si sedette qualche passo indietro, sicuro che la giovane elfa li
stava osservando con gli occhi sgranati. Che spettacolo intendeva mostrarle!
Il suo amato Keira nella veste più erotica e perversa che avesse mai
indossato. Si mise in attesa, e non dovette aspettare molto, perché Keira lo
raggiunse carponi e cominciò a baciargli il collo ed il petto, a strusciare
il viso contro la sua pelle scura e coprirlo di baci e voluttuose leccate,
risalendo al collo, al lobo del suo orecchio. Akragas si scosto con un "Ts
Ts" che voleva dire che doveva scendere, non salire. Keira riprese a
discendere, soffermandosi a morsicare un po’ i capezzoli scuri e carezzarli
subito dopo con la lingua, che poi cominciò a tracciare il perimetro degli
addominali scolpiti, mentre Akragas si inclinava all’ indietro per dargli
più campo d’ azione. Le sue labbra si avvicinavano lentamente all’ inguine,
che non attendeva altro che potersi riscaldare approfittando del suo calore.
Con un piccolo movimento dei fianchi gli si infilò in bocca, un piccolo
aiuto di cui aveva sempre bisogno per concludere quel lungo viaggio.
Nonostante quel passo gli fosse ancora un po’ ostico, non aveva bisogno di
altri incentivi per proseguire. I primi tempi si era ostinatamente astenuto
da quella pratica, finché di sua iniziativa aveva cominciato delle
imbarazzate e maldestre visite esplorative. Cominciò a succhiarlo
lentamente, assaporandone il gusto salato, lo fece uscire, baciandolo
delicatamente, completamente rapito dalla visione di quei centimetri di
pelle più chiara, cominciò a leccarlo per tutta la lunghezza dell’ asta,
mordicchiandola a tratti, seguendo i percorsi tortuosi delle vene così
evidenti, massaggiando la pelle leggermente increspata immediatamente sotto
il glande arrossato con la punta della lingua. Interruppe l’ operazione ,
spinto dal respiro di Akragas, sempre più affannoso, si sedette sui talloni
e cominciò ad accarezzarsi l’ erezione che spuntava spavalda tra le sue
cosce, il viso arrossato, le punte delle orecchie infuocate. Dopo qualche
carezza che lo fece gemere portò la mano alle labbra di Akragas che accolse
lo sue dita con una sguardo pieno di eccitazione ed urgenza, gliele succhiò
una ad una, assaporando il sapore che vi era rimasto dalla fugace
masturbazione. Non gli importava più se lei li stava guardando, era troppo
preso dal loro rituale d’ accoppiamento, dall’ orgoglio che suscitava in lui
il desiderio del suo amante. Keira si rimise carponi, protendendosi in
avanti, a baciarlo, mentre gemendo si portava le dita bagnate di saliva alle
natiche e le faceva scivolare nel suo corpo. Akragas infilò una gamba tra le
sue e Keira cominciò a sfregarcisi gemendo sempre più forte. Ancora un
momento e l’ avrebbe preso. Vederlo così sottomesso, ridotto quasi ad un
animaletto in calore faceva ribollire il suo sangue di elfo scuro, a volte
aveva dovuto usarsi violenza per non sottoporlo a certi giochini che a Keira
non sarebbero piaciuti. Si alzò di scatto, andando ad inginocchiarsi dietro
di lui. Keira si puntellò sulle mani, cadendo quasi col viso a terra quando
Akragas lo penetrò e cominciò subito a muoversi con foga dentro di lui. Non
poteva trattenersi dal gridare di piacere quando Akragas lo prendeva con
tutta quella forza. A volte gli aveva fatto un po’ male, ma adorava sentire
la presa salda delle sue mani forti sui fianchi mentre si piantava dentro di
lui fino alla base, sbattendogli contro i testicoli e facendo sobbalzare i
suoi. Anche se arrossiva e diceva che non gli piaceva, in realtà lo eccitava
quando in quegli amplessi quasi animaleschi, in cui lui stava a quattro
zampe, lo apostrofava con termini poco gentili, nel suo dialetto.
Akragas venne. Dentro di lui, come sempre.
A quel punto allungò una mano sotto il suo ventre e cominciò a masturbarlo
rudemente, come si confaceva alla situazione. Riacquistando un po’ di
lucidità Akragas scorse, con la coda dell’ occhio, la sagoma di Lunia
allontanarsi di corsa, con una mano premuta contro la bocca. Un gemito roco
e Keira si accasciò a terra, con Akragas sopra di lui. Una scopata del
genere serviva ad entrambi dopo tanti giorni di astinenza. Ancora ansimanti
si abbracciarono e finirono per addormentarsi sull’ erba.
La giornata proseguì nel più piacevole dei
modi, quando si svegliarono impiegarono varie ore a sciogliersi dall’
abbraccio, scambiandosi effusioni e mormorii affettuosi. Dopo mangiato
finirono col fare l’ amore di nuovo, dolcemente, impiegando un’ infinità di
tempo a baciarsi ed accarezzarsi, rotolando uno sopra l’ altro fingendo di
cercare entrambi una posizione dominante sull’ altro.
Verso sera decisero che era arrivato il
momento di recuperare i vestiti e tornare a casa.
Rientrarono in tempo per la cena, entrambi
affamati e con gli sguardi che scivolavano di soppiatto l’ uno addosso all’
altro, ricordando i corpi nascosti sotto gli indumenti.
Lunia rimase taciturna per tutta la sera,
mentre Keira dava prova di essere diventato un discreto bugiardo, narrando
ai genitori di come avevano trascorso la giornata.
Dopo cena I genitori trattennero Keira,
dicendo che avevano bisogno di parlargli. Lunia si eclissò verso le camere
ed Akragas lo seguì dopo aver dato la buona notte. In pochi passi la
raggiunse, sopra le scale, mentre apriva la porta della sua camera. La fece
girare costringendola a guardarlo, tappandole la bocca con una mano.
-Non farai parola con nessuno di quello che
hai visto oggi, piccola elfa ficcanaso!- Le sibilò incenerendola con lo
sguardo. Lunia era evidentemente spaventata, ma pensò che non le avrebbe
fatto male se avesse rincarato un po’ la dose. Le premette la mano libera
contro il seno, facendole sgranare gli occhi e poi la abbassò rapidamente
infilandola tra le sue gambe, stropicciando la stoffa della veste in quel
punto e costringendola ad alzarsi in punta di piedi, tremante.
-A meno che tu non voglia che ti scopi come
lui! E’ carino quando vuole farselo mettere nel culo, vero? Hai sentito come
geme?-Le si avvicinò leccandole un’ orecchio, facendole respirare il suo
fiato caldo, con una bassa risata gutturale. -Ma lui è mio, chiaro? E’ la
mia puttanella elfa! Sarà bene che te lo metti in testa!- Si staccò fulmineo
da lei, che tremante come una foglia scappò in camera e ci si barricò
dentro.
Da giù arrivavano dei singhiozzi. Glielo
avevano detto.
Akragas rimase qualche minuto sul
pianerottolo, indeciso se attendere Keira lì, oppure sperare che andasse da
lui. Alla fine decise di andare in camera, Keira lo avrebbe sicuramente
cercato.
Un’ ora più tardi Keira bussò leggermente
alla sua porta.
-Sei sveglio?-
-Entra.-
-No. Volevo solo chiederti se per te va
bene se domani partiamo... voglio andare via di qui...- Aveva la voce di chi
fatica a trattenere le lacrime. Akragas si avvicinò alla porta e fece per
aprirla, ma Keira fu pronto a trattenerla.
-Keira?-
-Non preoccuparti, sto bene, solo, non
voglio che tu mi veda così... - La voce gli morì in gola mentre ricominciava
a singhiozzare.
-Come vuoi tu allora, ma se vuoi resto qui
sulla porta tutta la notte e ti tengo compagnia.-
Keira rise brevemente.-Sarà meglio che
andiamo tutti e due a dormire. Buona notte.-
-Buona notte- Akragas rimase dietro la
porta ad ascoltare i passi che si allontanavano nel corridoio buio e poi la
porta che si apriva e si chiudeva dietro di lui.
Il giorno dopo partirono all’ alba. Keira
abbracciò per l’ ultima volta i suoi genitori. Avevano tutti e tre gli occhi
arrossati e sembrò che non volessero più sciogliersi dal’ abbraccio in cui
si erano stretti.
Lunia non si fece vedere.
Si allontanarono lentamente dalla casa
dell’ infanzia di Keira, troppo giù per decidersi a galoppare, così
impiegarono molto tempo a percorrere un breve tratto.
Cavalcavano in silenzio, così non
faticarono a sentire il galoppo che proveniva alle loro spalle. Keira a si
girò e fermò il cavallo, in pochi secondi comparve il cavallo di Lunia.
Akragas le lanciò uno sguardo minaccioso,
ma lei si sforzò di non guardarlo.
-Keira non te ne puoi andare!- Era pallida
e la sua voce era quasi isterica.
-Io devo assolutamente parlarti! Devo
convincerti a restare qui!-
-Lunia, non mi puoi convincere.- Le rispose
lui dolcemente.
-No!- Strillò. -Dammi almeno una
possibilità!-
-Va bene, sentiamo cosa devi dirmi.-
-Keira!- Intervenne Akragas allarmato, ma
Keira si limitò a sorridergli debolmente.
-Non qui. Noi due da soli- Riprese la
ragazza. Akragas capì che si sarebbe giocata il tutto per tutto, e lui non
poteva fare nulla senza ferire Keira. Si immaginò a strangolarla, a passarla
a fil di spada, a violentarla e poi venderla come schiava dopo averle dato
una generosa dose di frustate, ma doveva reprimere la rabbia che gli montava
dentro, doveva farlo per Keira. Se solo lui non fosse stato presente...
-Va bene. Akragas puoi aspettarmi qui?-
Ecco, era successo, ora lei gli avrebbe detto della notte prima e glielo
avrebbe portato via... ma si sarebbe vendicato, l’ avrebbe uccisa quella
piccola, insignificante elfa!
Smontò da cavallo e si sedette con la
schiena appoggiata contro il tronco di un albero che costeggiava il
sentiero, mentre i due si allontanavano a cavallo.
Quanto tempo passò? Due ore? Più facile che
fossero tre. Gli zoccoli pigri di un cavallo si avvicinarono e si fermarono
vicino a lui. Qualcuno scese di sella, a quel punto si costrinse ad alzare
il volto sprofondato sulle ginocchia ripiegate contro il petto.
Keira gli sedette accanto. Era tornato da
lui? Perché restava in silenzio e non lo guardava?
-Hai esagerato sai?- Gli disse dopo un po’.
Akragas annuì. Perché ancora non lo
guardava?
-Le ho detto che ti amo. E che non sono la
tua puttanella elfa!- Si girò regalandogli un sorriso.
-Le avresti davvero fatto del male?-
-Non lo so.- Aveva la voce roca.
-Hai pianto?-
-Stupido!-
-E se non fossi più tornato?-
-Tu sei mio-
-Ma se non fossi tornato?-
-Ti avrei aspettato.-
-Ma se non tornavo?-
-Sarei rimasto qui finché non fossi
tornato-
Keira gli sorrise e gli tese una mano per
aiutarlo ad alzarsi.
-Però ti meriti una punizione per come hai
trattato la mia amica! Credo che ti odierà in eterno!-
Salirono in groppa ai loro cavalli.
-Credo che non ti permetterò di baciarmi
per... diciamo un mese?-
-Stai scherzando?-
-No!-
-Voglio vedere chi viene a farmi le moine
stanotte!-
-Io no di certo!-
continua.............
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