NOTE: Finalmente qualche sviluppo nella storia...... Dato che,
dall’inizio dell’ anno il cielo sembra essermi propizio, mentre il genere
umano sembra essersi schierato contro di me, spero che la piega che il
capitolo prende non vi deluda! L’ altra sera i miei amici, parlando di
Puffi, se ne sono usciti che Forzuto è gay.... secondo voi, c’ è da
crederci? ^^
Una casa nel cuore
Parte II
di Nuel
Qualche ora dopo stavano vagando nel punto
dove era stato il loro accampamento, Keira, come gli aveva detto di fare
Akragas, aveva consegnato il gioiello al comandante, ma non se la era
sentita di prendersi il merito del ritrovamento. Gli elfi sembravano tutti
più sollevati: finalmente avrebbero lasciato quella palude maledetta e
sarebbero tornati a casa. Akragas era tornato all’accampamento per
accatastare quanto più poteva in un solo punto, cercando di incastrare tra
loro le tende e gli oggetti che contenevano e per legare delle lunghe e
grosse funi al mucchio così formato da un lato e dall’ altro agli alberi
morti lì vicino. Il fango era ancora fresco e scivoloso, ma per fortuna gli
elfi erano agili e sapevamo come muoversi in quelle condizioni. Trovarono un
tronco divelto tra un mucchio di rocce sporche ed appuntite, con la corda
ancora legata, riuscirono a scavare nella melma ed a seguire la corda fino
all’altra estremità, vi erano legate un paio di tende e vari oggetti alla
rinfusa. Il recupero durò quasi tutto il giorno, alcuni oggetti erano rotti,
altri inutili, presero quel che poterono e cercarono altre corde, ma non
trovarono altro.
Guardando il cielo rischiarato Akragas
disse che era ora di andare, anche lui voleva uscire dalla palude il prima
possibile.
-E la tua tenda?- Gli chiese Keira mentre
montavano a cavallo.
Akragas alzò le spalle sorridendo, -Non c’è
stato tempo.- si limitò a rispondere.
Nonostante i cavalli fossero più leggeri
impiegarono ugualmente due giorni per uscire dalla palude: il sentiero era
stato in parte cancellato dalla pioggia e dovettero tornare più volte sulla
loro strada, in pochi avevano pensato di portare al riparo le borracce, la
notte della frana, e così avevano poca acqua e non avevano cibo. Uscire il
più in fretta possibile era assolutamente necessario. Quando finalmente
riuscirono a raggiungere l’ aria salubre della pianura oltre la palude gli
elfi si dedicarono alla caccia ed alla ricerca d’acqua. Fortunatamente
ebbero successo in entrambi i casi, poterono bere, mangiare e lavarsi. Non
possedevano più cambi d’abito e quelli che indossavano erano sporchi e
laceri, ma l’ allegria era tornata. Keira fu trascinato dall’ entusiasmo
degli altri che lo riaccettarono nel loro gruppo senza più strane occhiate,
il giovane elfo si chiedeva se il merito fosse della pietra, dell’ imminente
ritorno o del livido scuro che ancora aveva sul viso, tuttavia, quando, un
paio di sere dopo, vide Akragas in disparte, a mangiare da solo qualche
boccone di carne tolta dal falò che avevano acceso per cucinare la
selvaggina presa quel giorno, si sentì in colpa al pensiero che, da quando
avevano lasciato la palude quasi nessuno gli aveva rivolto la parola; lui
per primo l’ aveva ignorato volutamente. Sapeva che se fosse andato a
parlargli avrebbe finito per farsi emarginare di nuovo dai suoi compagni,
sospirò alzando gli occhi al cielo stellato che era il loro tetto.
Per una settimana continuarono a cavalcare
verso il ritorno, tutto procedeva bene, costeggiavano la foresta, dove era
più facile cacciare e, ogni tanto incontrare tracce di civiltà, finché, un
pomeriggio, un grosso animale uscì a fauci spalancate dall’ ombra e si
scagliò contro il cavallo di Keira, disarcionandolo. Il cavallo cominciò a
scalciare mentre un grosso orso si avventava ora contro il ragazzo a terra,
che sembrava una preda molto più facile. Akragas, che precedeva tutti,
invertì la direzione del suo cavallo e si diresse contro la bestia. Il suo
cavallo aveva zampe poderose che si alzarono ed abbassarono più volte contro
l’orso, distraendolo e permettendo a Keira di strisciare via ed agli elfi di
superare la sorpresa ed incoccare le frecce. Furono pochi istanti di panico,
mentre i cavalli nitrivano e l’animale ruggiva. Infine l’orso tornò nella
foresta, senza essere stato colpito dalle frecce, che si erano conficcate al
suolo. Un elfo era sceso dalla sella per fermare il cavallo imbizzarrito di
Keira ed Akragas era sceso con un balzo a soccorrere il ragazzo ancora
incollato al suolo.
Fu in quel momento. L’ elfo che teneva per
le redini il cavallo lasciò la presa e quello, ancora nervoso, alzò gli
zoccoli anteriori e li riabbassò su Akragas.
L’ elfo scuro aveva appena fatto in tempo a
girarsi ed il cavallo gli colpì il torace con violenza. Il fiato gli uscì di
colpo dai polmoni, sentì un colpo alla testa e ricadde al suolo privo di
sensi.
Keira aveva assistito alla scena con gli
occhi sbarrati: un suo compagno era sceso dal cavallo ed aveva colpito
Akragas con l’ elsa della spada sulla nuca.
-Era l’ occasione che aspettavamo per
liberarci di lui.- Disse guardando Keira ed aiutandolo a rialzarsi.
-Perché?-Riuscì a balbettare lui.
-Perché questi erano gli ordini fin dal
principio, figliolo- Gli disse il comandante, -e per quello che ti ha
fatto.- Aggiunse con fare paterno.
-No, non potete...- Keira era evidentemente
traumatizzato.
-Rimonta a cavallo e andiamo-
-No...-Keira li guardò tutti come se fosse
la prima volta che li vedeva, erano tutti d’ accordo. Guardò il corpo di
Akragas al suolo e si inginocchiò a scuoterlo. Akragas non si mosse, ma era
ancora vivo.
Il comandante dovette capire qualcosa e
sbuffò. -Noi ce ne andiamo, tu fa come vuoi.- Tagliò corto.
L’ elfo che aveva ripreso le redini del
cavallo e l’ aveva finalmente ammansito le lasciò con un gesto sgarbato e l’
espressione disgustata mentre rimontava sulla sua cavalcatura. Keira vide i
loro sguardi farsi gelidi, non potendo sostenerli abbassò il proprio sul
corpo inerte della guida e rimase immobile, attendendo che partissero.
Quando sentì gli zoccoli allontanarsi si sentì sollevato, asciugandosi una
lacrima pensò che ormai erano giorni che non faceva che piangere. Sentì il
muso del suo cavallo avvicinarsi al suo viso e lui si aggrappò alla briglia
per aiutarsi ad alzarsi. La testa gli girava leggermente, non sapeva cosa
fare. Valutò il suo cavallo e quello decisamente più massiccio di Akragas e
decise che era meglio montare l’ elfo scuro sul suo cavallo. Issò il corpo a
fatica sul cavallo nero e gli salì dietro per non farlo cadere. Si portò
dietro il proprio cavallo, legandolo con una corda abbastanza lunga da
permettergli libertà di movimento. Spronò il cavallo e lo fece procedere
lentamente, per non scuotere Akragas. Verso sera erano giunti in prossimità
di alcune case rurali. Keira vide delle persone e chiese ospitalità per la
notte.
A giudicare dalla luce doveva essere
pomeriggio. La testa gli doleva e faticava a respirare. Cercò di alzarsi,
con tutti i muscoli indolenziti. Una fasciatura stretta gli serrava il
petto. Si mise a sedere e si guardò in torno: era una vecchia baracca
spoglia, ma pulita quanto bastava. Il letto era un pagliericcio ricavato in
una nicchia nel muro, le finestre erano alte e senza vetri, da fuori
provenivano i colpi di qualcuno che stava spaccando legna, il pavimento era
di terra battuta e un vecchio tavolo malconcio con una candela quasi del
tutto consumata, circondato da quattro sedie (di cui una con una gamba
rotta) occupavano il centro della baracca, di lato c’ era un focolare di
sassi e pochi mattoni con un po’ di cenere accumulata. La coperta che teneva
ancora sulle ginocchia era lercia e puzzava, eppure il suo tepore era
gradevole. Si alzò a fatica e barcollando un po’, con la testa che girava
tanto da fargli venire la nausea si diresse verso la porta.
La luce colpì i suoi occhi ferocemente,
tanto che dovette chiuderli e coprirli per alcuni secondi, mentre un
capogiro lo costrinse ad appoggiarsi allo stipite della porta, quando li
riaprì lentamente, tra i bagliori fastidiosi riconobbe la sagoma di un uomo
che divenne via via più nitida. Sorrise riconoscendo Keira. Indossava solo i
pantaloni, impegnato a spaccare una montagna di legna, il corpo imperlato si
sudore ed i capelli legati alla meno peggio sulla nuca in un corto codino,
notò con piacere che i lividi che gli aveva causato erano quasi del tutto
scomparsi. Poco più in là il suo cavallo nero brucava tranquillamente. Keira
si asciugò la fronte con un braccio e nel compiere quel gesto scorse Akragas
sulla porta.
Un sorriso gli illuminò il viso nel vederlo
in piedi e lasciando cadere l’ accetta gli corse incontro. Spontaneamente
Keira gli appoggiò le mani sulle spalle guardandolo negli occhi con i suoi,
limpidi e azzurri.
-Ti sei svegliato!- La sua espressione era
quasi un grido di gioia.
Keira gli sorrise con calore, la sua
vicinanza era la migliore delle medicine.
-Per quanto ho dormito?-
-Quasi una settimana.-
Akragas si meravigliò. -Una settimana? Così
tanto?-
-Entriamo, sarai affamato! Sai, ero così
preoccupato!-
Mentre si girava per rientrare Akragas
sentì le già scarse forze venirgli meno, ma Keira fu pronto a sostenerlo e
lo aiutò a sedersi su una sedia. Tirò fuori da una cassa accostata al muro,
dietro al tavolo, un po’ di pane, una forma di formaggio avvolta in un panno
ed una fiasca di vino che stava inacidendo e glieli mise davanti. Raccolse
dal tavolo un coltello e cominciò a tagliare il pane ed il formaggio.
-Mi spiace, ma dovrai accontentarti di
questo.- Gli disse arrossendo un po’.
-Va bene così.- Gli rispose con un sorriso,
prendendo la fiasca e ingoiando un lungo sorso per bagnare la gola secca. Si
umettò le labbra sentendole aride, poi scoprì di essere piuttosto
disidratato e bevve un altro sorso. Il vino faceva decisamente schifo. Sentì
una fitta al petto e si lamentò portando una mano al torace.
-Cosa è successo?- gli chiese con voce
arrochita.
Keira si mosse sulla sedia, a disagio e gli
passò un pezzo di formaggio, abbassando lo sguardo e contraendo le labbra.
-Allora?- Insistette Akragas -Io mi ricordo
vagamente che tu eri a terra e un orso ti stava aggredendo.-
-Ecco...-cominciò esitante, poi sospirò e
riprese- a quel punto il mio cavallo ti ha colpito e ti ha inclinato due
costole, poi uno dei mie compagni ti ha tramortito con l’ elsa della
spada... penso che abbia pensato che fossi morto perché sei svenuto subito.
Credo che non volesse lasciare tracce, per questo non ha usato la spada di
taglio...-
-Ecco spiegato questo bernoccolo.- Scherzò
Akragas passandosi una mano sulla nuca, e ritraendola subito con una smorfia
di dolore.
-Poi se ne sono andati.- Finì a bassa voce
l’ elfo.
-Senza controllare che fossi morto sul
serio?-
Keira fece spallucce.
-E tu perché non sei andato con loro?-
-Non mi sembrava giusto... tu... ci hai
salvato la vita...- Balbettò in risposta.
-Così ti sei messo in mezzo ed hai salvato
la mia.- Concluse Akragas.
Keira non rispose, continuando a fissare il
coltello che teneva in mano.
-Grazie.- Gli sussurrò con voce appena
udibile Akragas, cominciando a mangiare e scoprendo di avere molta fame.
Dopo aver mangiato a sufficienza Akragas si
guardò di nuovo in torno, scoprendo nuovi particolari della baracca: la
polvere negli angoli, come se fosse stata pulita in fretta, qualche crepa
sulle travi che costituivano l’ intelaiatura dei muri, il tavolo era
tarlato, come le sedie la cui paglia era vecchia e scura, malandata come il
resto del rifugio. Keira dovette notare i suoi sguardi alla baracca perché
riprese subito il racconto di quanto era successo.
-Quando sono arrivato qui ormai era sera e
ho chiesto aiuto ai contadini delle case che sono poco più avanti -si
interruppe per un momento- subito mi hanno promesso aiuto, ma quando ti
hanno visto...-
-Hanno subito cambiato idea, vero?- Gli
sorrise -Cosa ti aspettavi portandoti dietro un elfo scuro?-
Keira strinse di nuovo le labbra, -Mi hanno
mandato qui, ma non c’ era nulla, così il giorno dopo sono tornato a
chiedere delle bende, un po’ di cibo, qualche erba...-
-E ti hanno dato tutto questo solo per il
tuo bel faccino?- Gli chiese inarcando un sopracciglio.
-Gli ho lasciato il mio cavallo, e poi
faccio qualche lavoretto, come spaccare la legna.- Keira gli rispose con un
sorriso imbarazzato.
-Ricordami di tenerti lontano dai miei
affari: per un cavallo elfico avresti potuto avere molto di più!- Il tono
del rimprovero era scherzoso, ma Keira si mosse di nuovo a disagio. -Ormai i
ferri erano andati, e non è neppure un cavallo tanto giovane...- Cercò di
difendersi.
-Questa gente non ha mai posseduto un
cavallo elfico in tutta la sua vita! Ti hanno visto inesperto e ti hanno
fregato!-
-Però tu avevi bisogno di cure immediate e
io...- Arrossì.
-E tu non hai protestato.-Si guardò di
nuovo in torno. -E’ la rimessa per la legna?-
-Più o meno.-
-Sei stato bravo.- Se Keira avesse alzato
lo sguardo avrebbe visto con quanta gratitudine e ammirazione Akragas lo
stava guardando, ma dopo qualche altro minuto Akragas cambiò espressione e
cominciò a tamburellare le dita sul piano di legno.
-Dobbiamo spostarci.- Disse come se
parlasse tra sè.
-Come?- Gli chiese Keira alzando gli occhi
con faccia stupita.
-E’ meglio muoversi, non mi piace restare
troppo a lungo in un posto.-
-Ma non sei ancora in grado di
cavalcare!-Protestò subito il ragazzo.
-Vorrà dire che mi aiuterai tu.- Tagliò
corto lui.
-Ci tieni così poco a tutto quello che ho
fatto per te? Starai subito male se non ti curi a dovere! Così avrò fatto
tutto per niente! Sarebbe stato meglio lasciarti tramortito sulla strada,
allora!-
-Quanto pensi che ci voglia per rimettere a
posto le costole?-
-N..non lo so, non ho esperienza in questo
campo.-
-Come negli affari.- Lo schernì l’ elfo
scuro. Poi vide la sua espressione preoccupata e facendo un doloroso sospiro
si sistemò meglio sulla sedia.
-Possono volerci settimane, Keira. Ho
nemici che potrebbero rintracciarmi e qui non sono in grado di difendermi.-
Cercò di spiegargli con voce calma, come parlasse ad un bambino.
-Ovunque non sarai in grado di difenderti,
in queste condizioni.- Bofonchiò il ragazzo.
Akragas lo fissò intensamente per un po’,
finché pensò di aver trovato un argomento a cui lui non avrebbe saputo
rispondere.
-Ti propongo uno scambio, allora: rimarrò
qui ogni singolo giorno in cui tu mi prometterai di trascorrere la notte con
me.-
L’ intaresse iniziale di Keira per la
proposta si era trasformato in un nodo alla gola. Lo fissava con occhi
sgranati, senza riuscire a credere a quello che aveva sentito.
Akragas sapeva di non poterlo obbligare, e
di non poter nemmeno insistere: il periodo del contratto era finito e non
poteva avanzare nessuna pretesa sul ragazzo.
Passarono lunghi momenti in cui Keira
sembrò diventare di cera, poi abbassò lo sguardo. -Immagino che non ci siano
più molte altre cose che mi potresti fare...-
"Ingenuo." Pensò Akragas immaginando tutto
quello che gli sarebbe piaciuto fargli.
Parlava lentamente, con voce malferma.
-Quindi -scrollò le spalle - se non voglio che tutta la mia fatica vada all’
aria, dovrò accettare.-
Akragas non poteva credere alle sue
orecchie, gli aveva detto di si? Cosa era successo mentre lui dormiva ignaro
di tutto?
-Ti concederai a me senza storie,
stanotte?- Gli chiese ancora incapace di credere di avere capito
esattamente.
Keira abbasso di scatto la testa in un
gesto affermativo, mordendosi il labbro e lasciando che i capelli gli
scivolassero davanti agli occhi e nascondessero un po’ del forte rossore che
gli tingeva il viso. Si alzò di scatto e corse verso la porta.
-Devo finire con la legna, ora.- Disse
rapidamente, attraversando la soglia e fuggendo dall’ imbarazzante
situazione.
Akragas rimase a fissarlo stupefatto, con
il cuore colmo d’ attesa e di un’ inaspettata gioia che batteva più forte.
Rimase a guardarlo attraverso la porta
aperta: la curva della schiena, le braccia che si alzavano ed abbassavano
reggendo il peso dell’ accetta, la pelle chiara che tornava a velarsi di
sudore... stava sognando? Quel ragazzo gli aveva veramente detto di si?
Sentì la stanchezza farsi più pesante e si
spostò sul misero giaciglio. Chiuse gli occhi pensando che fra poche ore
sarebbe stato il letto più prezioso della sua vita e si addormentò di nuovo.
Quando Keira lo svegliò era già buio, la
stanza era rischiarata dalla flebile luce della candela e l’ aria era
pervasa da un profumo invitante.
-Ho preparato la cena. Vuoi mangiare?-Gli
sussurrò vicino al suo orecchio.
-Si.- Notò che aveva indossato la casacca e
un po’ se ne rammaricò. Sul tavolo c’ erano due piatti di terracotta fumanti
e quel che restava del pane.
Mangiò la zuppa con un piacere che non
avrebbe saputo immaginare. Anche se non era molto ricca era saporita e calda
ed il suo corpo l’ accolse con gratitudine. Rimasero in silenzio per tutto
il tempo, troppo presi dalle emozioni che li pervadevano.
-Non ti tirerai in dietro, vero?- Gli
chiese in fine Akragas, con un filo di voce.
-Ti ho fatto una promessa!-Ribattè con un
po’ d’ orgoglio l’ altro.
Allora Akragas si alzò e gli tese la mano.
Keira, un po’ esitante gli porse la sua e girò in torno al tavolo. Akragas
lo condusse delicatamente al letto e lo fece sedere. Cominciò a baciarlo,
grato che, se ancora Keira non rispondeva ai suoi baci, almeno non si tirava
in dietro. Lentamente lo spinse sul giaciglio, reggendolo con un braccio
dietro la schiena. Cominciò ad aprirgli la casacca ed a baciargli il petto,
ad accarezzargli i fianchi.
"Bene" Pensò sentendo il respiro del
ragazzo farsi più rapido: le sue attenzioni non lo lasciavano indifferente.
Doveva trovare il modo per farlo rilassare di più. Cominciò a baciargli il
collo con tutta la lentezza e la delicatezza di cui era capace, scese sulla
spalla e vide le prime reazioni positive: un’ impercettibile movimento della
testa, per offrirgli più pelle da baciare, e qualche sussulto delle braccia,
avrebbe continuato così anche tutta la notte se fosse stato necessario a
superare le sue barriere. Effettivamente dovette andare avanti per più di
un’ ora, spostandosi da una spalla all’ altra, azzardando qualche incursione
sul petto, mentre lo teneva abbracciato ed osava accarezzare solo pochi
centimetri della sua pelle con le dita. Quando infine Keira si arrese e
portò le braccia sopra la testa, in una vaga reminiscenza di quando lo aveva
legato le prime volte, lui seppe che le sue labbra ormai consumate potevano
guadagnare il torace ed il ventre del ragazzo. Ora il suo respiro era
profondo e regolare ed Akragas decise che era ora di scendere ancora un po’.
Armeggiò con i pantaloni un momento e si sollevo ad ammirare soddisfatto il
membro rigido che vi fece capolino. Si abbassò per baciarlo, piegandosi
nell’ angusto spazio e gli sfuggì un lamento.
Ecco, l’ incanto era finito: Keira aveva
spalancato gli occhi e si era alzato di soprassalto a sedere con sguardo
preoccupato.
Akragas non riuscì a trattenere una
risatina amara che gli procurò altro dolore, pensando che era un’ idiota.
-Stai male?- Gli chiese con un filo di voce
il ragazzo, continuando al fissarlo.
-No, è solo che qui...- Fece un gesto
mostrando la nicchia nella quale erano intrappolati e che lo costringeva a
più contorsioni del dovuto.
Keira si trasse in dietro nel letto,
appoggiando la schiena al muro, distogliendo gli occhi da quelli di Akragas
che lo stava fissando con stupore e perplessità. L’ erezione del ragazzo era
più esposta a causa del movimento sul letto, era ancora lì, in attesa, era
per questo che aveva girato la testa e guardava ammutolito il buio della
stanza. Akragas si sistemò, ora aveva più spazio e continuando a tenergli
gli occhi piantati addosso si abbassò, con un sorriso divertito che
contrastava con il cipiglio dei suoi occhi.
Appena appoggiò le labbra lo sentì
sussultare, Keira azzardò uno sguardo e poi distolse subito gli occhi da
quella visione diventando rosso fino alla punta delle orecchie.
Divertito ed ansioso di scoprire le sue
reazioni Akragas cominciò a leccarlo, spostando gli occhi dal volto del
ragazzo all’ organo sempre più gonfio e duro di cui si stava occupando. Si
divertì a giocarci un bel po’, osservando le mani di Keira aggrapparsi alla
coperta ed al legno, ascoltandolo ansimare ed, in fine, cercare con scarso
risultato di soffocare un violento gemito di piacere, mentre gli inondava la
gola col suo orgasmo.
Akragas lo ripulì attentamente e protese un
braccio sulla sua spalla per farlo abbassare. Keira scivolò giù, accanto a
lui ed Akragas lo abbracciò dolcemente dicendogli che era ora di dormire.
-Dove hai dormito fin’ ora?-
-Sul pavimento.- Ansimò il ragazzo.
-Accanto a te.-
Akragas gli passò un braccio sotto la nuca,
la posizione gli fece dolere le costole, ma un po’ di dolore era nulla,
paragonato alla sua conquista.
L’ indomani Akragas si sentiva decisamente
meglio, dall’ esterno giungeva il rumore dell’ accetta, ma percepì ancora il
calore del corpo dell’ elfo nel letto. Si concesse un momento per assaporare
quella sensazione, ma il tentativo di stiracchiarsi un po’ gli portò
immancabilmente una fitta di sofferenza. Si alzò e scoprì di riuscire a
camminare senza alcun problema, si sistemò i capelli arruffati con le dita
ed uscì. Accanto alla porta c’ era un secchio d’ acqua gelata con cui si
lavò la faccia e si diresse verso Keira, impegnato nel suo lavoro. Era di
nuovo a torso nudo, nonostante una brezza frizzante che annunciava l’
imminente arrivo dell’ autunno. Si avvicinò in silenzio, calcolando i tempi
per coglierlo di sorpresa con un bacio sulla spalla. Keira fece un salto e
per poco non fece cadere l’ accetta, girandosi di colpo.
-Mi hai spaventato da morire!- Lo
rimproverò.
-Per un innocente bacetto?- Scherzò lui,
evidentemente di buon umore.
-Potrebbero vederci!- Gli sibilò il ragazzo
arrossendo.
-E chi?- Inarcò un sopracciglio con fare
significativo, perché lì in torno non c’ era anima viva. -Intendono farti
spaccare tutta la legna della foresta?- Gli chiese poi, dando un’ occhiata
al mucchio che aveva già spaccato ed accatastato lungo la parete della
baracca.
-Sono per lo più persone anziane, è
naturale che ne approfittino un po’.- Fece spallucce lui.
-Ma così io mi sentirò trascurato!- Lo
fissò con un sorriso disarmante che lo fece arrossire nuovamente.
-Se vuoi c’è da lavorare anche per te.- Gli
rispose indicandogli una cesta piena di funi aggrovigliate che necessitavano
di essere sbrogliate ed ingrassate.
-E io che pensavo che mi dicessi di
prepararmi a partire!- Ribatté senza tradire il batticuore che quella frase
gli suscitava.
-E’ ancora troppo presto per rimetterti a
cavallo!- Gli ringhiò con voce aspra dandogli le spalle.
-Come vuoi tu, allora. Io mi occupo delle
funi.- Prese il cesto e lo portò nella baracca cominciando a lavorare senza
riuscire a togliersi uno stupido sorriso dal viso, mentre un senso di calore
gli invadeva il corpo.
All’ ora di pranzo Keira rientrò e
consumarono il frugale pranzo allo stesso modo del giorno prima, poi Keira
gli si avvicinò e controllò la fasciatura.
-E’ da rifare.- Concluse cominciando a
scioglierla.
-A me pare che vada bene.- Protestò Akragas,
sentendo improvvisamente venire meno la costrizione al petto.
-No, è troppo allentata.- Keira controllò i
lividi e l’ elfo scuro non poté resistere dallo scoccargli un altro bacio
improvviso. Keira si fermò un momento, poi cominciò a fasciarlo di nuovo,
inginocchiato accanto alla sua sedia. Akragas si protese a succhiargli la
punta dell’ orecchio sinistro sussurrandogli con voce calda parole che
misero stranamente a disagio il ragazzo.
-Sono pazzo di te, Keira... E non so
neanche io perché.-
Con il cuore che aveva cominciato ad
impazzirgli nel petto Keira prese a stringere la fascia troppo forte.
-Vuoi uccidermi adesso?- Gemette Akragas
ritraendosi.
-Scusa.- Mormorò appena, prima di fuggire
di nuovo a spaccare legna.
Akragas lo guardò con un sospiro, era vero:
non c’ era nulla di particolare in quell’ elfo, tranne forse un’ ingenuità
disarmante che lui stava lentamente sgretolando, e allora perché non poteva
sopportare l’ idea di separarsi da lui?
Quella sera Akragas lo assalì con molto più
impeto della sera prima, e sentì le sue difese vacillare già al primo bacio.
Il problema era che lo desiderava da impazzire e sicuramente l’ idea di un
rapporto di quel genere era troppo prematura per Keira. Si strusciò su di
lui dimentico dei lamenti delle sue ossa incrinate, coprendolo di baci e
senza riuscire a trattenere qualche morso. Keira lo abbracciò all’
improvviso e lui non capì se l’ avesse fatto per un desiderio altrettanto
forte o solo per cercare di trattenere la sua foga. Decise comunque di
controllarsi un po’ e di dedicarsi a lui come aveva sempre fatto. Keira gli
conficcò le unghie nelle spalle mentre gli veniva in mano. "Sono cresciute"
Pensò assaporando il piacere delle piccole lacerazioni sulla sua pelle.
Keira si girò subito di fianco, dandogli le spalle, ancora ansimante e gli
sembrò di sentirgli dire qualcosa.
-Cosa?- Gli chiese abbracciandolo, ma
mantenendo lontane le dita gocciolanti dalla sua pelle, pensando che
potessero dargli fastidio.
-Tu...- Mormorò appena il ragazzo,
nascondendo il viso contro il cuscino.
-Io, cosa?- Gli chiese senza capire.
Keira gli prese timidamente la mano e se la
premette al petto. Akragas lo sentì rabbrividire a quel contatto. Non doveva
aver pensato alla condizione della sua mano. Gli sembrava quasi di poter
sentire il suo cuore battere di imbarazzo mentre mormorava con un filo di
voce -Mi vuoi? -
Gli mancò il fiato per la sorpresa e la sua
voce uscì improvvisamente roca quando gli disse -Certo che ti voglio...-
-Però... cerca di non farmi male.-
Lo sentì irrigidirsi, mentre a lui girava
la testa per l’ emozione intensa ed inattesa.
-Non preoccuparti.- Gli sussurrò dolcemente
con la voce ancora incerta, cominciando a baciargli la linea delle spalle
con il collo.
Aveva capito che quei baci avevano il
potere di far rilassare il ragazzo e contrariamente ad altre volte non li
considerò tempo perso. Scese lentamente lungo la sua colonna vertebrale,
accarezzando i fianchi morbidi e tremanti sotto le sue mani. Si fermò ad
apprezzare la fossetta dove la schiena si fondeva al sedere e la baciò
appassionatamente, lui si inarcò leggermente, sospirando. La pelle delle sue
natiche graziose era chiara e delicata e cominciò a leccarla con voluttà e a
lungo prima di far scivolare la lingua fra le natiche. A quel punto Keira si
ritrasse, sorpreso ed imbarazzato.
-Lasciami fare.- sussurrò appena udibile,
riprendendo a insinuare lentamente la punta della sua lingua aspettando il
momento per sostituirla con le dita che gli avrebbero finalmente aperto la
strada. Quando lo sentì rilassarsi e fu certo che fosse ben lubrificato si
portò due dita alla bocca, coprendole di saliva, si allungò a baciargli
ancora il collo e contemporaneamente fece premere il primo dito all’
ingresso del suo orifizio. La prima falange non incontrò difficoltà, ma
appena cominciò a spingere un po’ più su il primo dito, sentì la strada
restringersi di colpo.
-Questo lo devi fare dopo, quando sarò
dentro di te.- Gli mormorò all’ orecchio, sperando che l’ imbarazzo facesse
cadere le sue difese. Ottenne l’ effetto desiderato. Si affrettò ad infilare
anche il secondo dito, nonostante i piccoli gemiti rochi che si lasciava
sfuggire l’ elfo. Cominciò a muovere le dita, ad allargarle, Keira sussultò
un po’ sentendosi allargare in quel modo, ma non si lamentò. Le dita di
Akragas insistettero ancora qualche minuto, poi le ritrasse lentamente, un
altro piccolo gemito. Se non fosse stato così avvinghiato a lui non lo
avrebbe neppure sentito.
Stringendogli un braccio intorno al petto e
tenendo l’ altra mano salda sul suo fianco si posizionò meglio per ultimare
finalmente la sua opera e goderne. Implorò di riuscire a non farli male,
anche se sapeva che, nonostante tante cure, non sarebbe stato del tutto
indolore. Si premette contro di lui, infilando i primi bramosi centimetri
del suo sesso tanto eccitato da cominciare a fargli male, si fermò per
dargli il tempo di abituarsi alla dilatazione e cominciò a scivolare fuori,
con il respiro che tradiva il suo stato, poi con un’ unica spinta decisa
affondò del tutto in lui. Keira gridò, inarcandosi ed ansimando. Mordendogli
voracemente la spalla Akragas rimase piantato dentro il suo tremante giovane
elfo, che serrava allo spasmo i muscoli intorno a lui. Sentiva la pelle
arroventata di Keira e i gemiti che gli uscivano ad ogni respiro e cominciò
a muoversi dapprima lentamente, e poi sempre più convulsamente, senza
riuscire più a trattenere i propri gemiti, cosciente che mai nulla gli aveva
dato un piacere più intenso di quello stretto tunnel in cui si stava
perdendo.
Venendo con un grido che sicuramente si era
sentito all’ esterno, un pensiero che non riuscì a comprendere si fece
strada nella sua mente: "casa".
Più spossato di quanto si sarebbe
aspettato, fece girare Keira. Il suo viso era contratto ed arrossato. Aveva
gli occhi lucidi di dolore o di passione, ma non aveva pianto. Lo abbracciò
tanto forte da farlo gemere e senza neanche accorgersene si addormentò
bloccandolo sotto di sè.
Al mattino fu felice di trovarlo ancora
avvolto nel suo abbraccio. Lo svegliò coprendolo di baci, i più delicati ed
appassionati che avesse mai dato. Keira borbottò girandosi nel suo abbraccio
ed infilando la testa sull’ incavo del suo collo, per dormire ancora un po’.
Akragas era talmente sorpreso ed estasiato da quella visione, dalle
sensazioni che gli dava, che si limitò a riabbassare la testa sul cuscino,
accarezzandogli la spalla ed aspirando il profumo dei suoi capelli. Non
passarono molti minuti, però, prima che Keira si svegliasse. Trovando il
proprio viso così vicino a quello di Akragas, l’ elfo arrossì violentemente
e muovendosi un po’ per l’ imbarazzo finì per stringersi ancora di più a
lui. I luminosi occhi rossi di Akragas che lo fissavano come se volesse
leggere ogni suo pensiero e quel contatto tra i loro corpi nudi lo
disorientava, si sentì bruciare dentro, sentì una piccola scossa quando un
capezzolo turgido strusciò sulla benda ruvida che fasciava il petto dell’
altro. Con imbarazzo crescente pregò che Akragas non scoprisse l’ erezione
che i suoi occhi roventi gli avevano provocato, mentre deglutiva a vuoto
desiderando di sentire il sapore della sua lingua in bocca come un assetato
desidera l’ acqua. Akragas infilò una gamba tra le sue strappandogli un
gemito d’ attesa. Sentì le sue mani esperte cominciare a muoversi lungo il
suo corpo e scoprire il suo vergognoso segreto, maneggiarlo con lenta
perizia, strappandogli una lunga gamma di suoni che non sapeva nemmeno di
poter modulare. Mentre le mani dell’ elfo scuro scoprivano qualsiasi segreto
del suo corpo cominciarono a baciarsi con una foga che non lasciava spazio a
null’ altro, la bocca di Akragas lo stava letteralmente divorando e lui
stava rispondendo febbrilmente ai suoi baci come se non avesse fatto altro
nella sua vita, anche il contatto bollente ed umido del suo sesso eretto
contro il suo ventre gli sembrava stranamente naturale. Ansimanti si
staccarono per riprendere fiato un istante e ricominciare subito ad
aggrovigliarsi l’ uno all’ altro fino a raggiungere entrambi il piacere solo
nel vorticoso strusciarsi dei loro corpi.
Sudati ed impiastricciati si staccarono di
nuovo e cominciarono a parlare in simultanea.
-Cosa mi hai fatto? Mi hai drogato o hai
usato qualche magia per....-
-Oggi dobbiamo partire per forza...-
Col respiro corto si interruppero entrambi.
-Cosa vuol dire che dobbiamo partire oggi?-
-Avrei voluto drogarti, alla palude, ma ora
no, non ce n’è più bisogno- si interruppe per accarezzargli il viso su cui
si stava dipingendo un’ espressione sorpresa ed un po’ contrita. -Non era
nei miei programmi iniziare così la giornata- si mise seduto con una smorfia
sentendo finalmente i lamenti arrabbiati delle sue costole- prendi delle
provviste, raccogli le tue cose e partiamo.- Si chinò a baciarlo, ma Keira
non rispose al suo bacio, le labbra socchiuse in un’ espressione sempre più
incredula.
-Perché? Non puoi ancora.... e poi, per
andare dove?-
-Perché se rimango qui non guarirò mai, a
meno che tu non mi leghi e non mi impedisca di saltarti addosso come
stamattina.- Keira arrossì di nuovo, anche lui aveva bisogno di una pausa
per capire quella nuova situazione, quella delirante attrazione che provava
per l’ elfo scuro che non sapeva quando si fosse insinuata in lui. -Ti
cavalcherò dietro, così mi sosterrò a te e torneremo alla locanda dove ci
siamo incontrati. Lì ti prometto che non mi muoverò finche non sarò
guarito.- Concluse scavalcandolo per uscire dal letto e recuperare i suoi
vestiti.
Keira lo seguì con lo sguardo, era alto per
essere un elfo, con un fisico imponente e muscoloso, aveva un’ ampia
cicatrice sulla spalla sinistra, dove la pelle risultava più chiara e tesa,
la schiena era nascosta da una cascata di capelli bianchi arruffati ed i
glutei sembravano scolpiti nell’ ebano, quando si girò, sussultò suo
malgrado. Dovette alzare lo sguardo, davvero quella cosa enorme la notte
prima....? Un brivido gli corse lungo la schiena, il ventre piatto, con gli
addominali che tendevano la pelle, i pettorali guizzanti che si allargavano
verso le spalle ampie, per non parlare delle braccia forti che lo avevano
tenuto abbracciato, non era un uomo, era un corso di anatomia approfondita!
Non aveva mai visto un corpo così perfetto, su cui torreggiava, su un collo
proporzionato, il viso attraente di un demone. Sentì il suo stomaco
chiudersi dolorosamente, quella creatura troppo bella per essere vera voleva
lui? Non era molto convinto. Akragas si ripulì alla bene e meglio e si
infilò pantaloni e stivali.
-Sei ancora lì? Sbrigati! E poi sarà meglio
che mi rimetti a posto la fasciatura prima di salire a cavallo... se non ti
dispiace.- Gli aveva parlato con un sorriso stupendo sul volto scuro, con
una voce che sembrava non perdere mai il tono caldo che aveva assunto dal
risveglio, qualche giorno prima.
Keira si sbrigò ad ubbidire, vergognandosi
un po’ di essere nudo e di portare ancora addosso le tracce ormai fredde
dell’ amore dell’ altro. Akragas dovette capirlo perché si inginocchiò
davanti a lui e cominciò a leccargli l’ addome ed il petto. Keira si sentì
incredibilmente a disagio in quella posizione, ma la lingua di Akragas lo
carezzava in modo tale da impedire qualsiasi protesta. Assaporò quel nuovo
piacere ad occhi chiusi attendendo che si fermasse, e quando avvenne, fu
come ridestarsi da un dolcissimo sogno. -Sei tu che mi droghi.- Mormorò.
Evidentemente quelle parole dovevano essere state apprezzate perché Akragas
lo baciò a lungo e dolcemente.
-Lasciami prima che non capisca più
niente.- Lo implorò alla fine e, con la testa che un po’ gli girava, si
rivestì.
Partirono un paio d’ ore dopo, con
provviste a malapena sufficienti per il viaggio di circa una settimana che
li doveva portare alla locanda. Akragas si reggeva dietro di lui, benché non
spingessero il cavallo, il suo passo oscillante non risultò molto opportuno
alla situazione di Akragas: ad ogni passo gli sembrava che qualcosa di
ruvido grattasse contro tutto ciò che incontrava: organi interni e pelle,
era un’ agonia a cui non riusciva a resistere per più di qualche ora, poi
dovevano fermarsi, Keira lo fasciò più stretto che poteva, il corpo dell’
elfo scuro era imperlato di sudore freddo, Keira si rese conto che,
nonostante la sua soglia del dolore fosse piuttosto alta non poteva
continuare così.
-Ti ucciderai da solo se ti ostini a
proseguire in questo modo, ci vorrebbe un carro.- Gli disse la seconda sera,
mentre rifaceva per l’ ennesima volta la fasciatura e si era arreso alla
tentazione di accompagnare i movimenti delle sue mani sul torace malandato a
lievi baci che placavano la sua sete e sembravano calmare il suo dolore.
Akragas non rispose, si era fatto via via
più taciturno mano a mano che il dolore aumentava. Keira si era rassegnato a
stargli accanto in silenzio, ad occuparsi del cibo ed a passare buona parte
della notte in bianco a sorvegliare il respiro affannoso del suo compagno,
sempre con l’ angoscia che potesse peggiorare.
Akragas aveva cominciato ad addormentarsi
anche di giorno, pericolosamente avvinghiato a lui, in sella, allora Keira
cavalcava tenendo le redini con una mano sola, tenendo l’ altra sulle sue
incrociate sul suo addome.
Arrivare alla locanda fu un sollievo
incredibile, quando pensava che non ce l’ avrebbero mai fatta. Arrivarono di
notte. Akragas diresse i suoi passi verso un ingresso sul retro e cercò in
un vecchio vaso sbrecciato e pieno di ortiche una chiave sporca di terra e
ruggine, la pulì e l’ infilò nella serratura della porta. Entrarono, erano
nella cucina. Akragas si accasciò su una sedia e gli disse di andare al
piano superiore e svegliare la donna che occupava la prima stanza del
pianerottolo. Keira ubbidì e corse di sopra, bussò e dopo un po’ comparve
una donna accigliata in camicia da notte.
-Chi diavolo sei tu?- Gli chiese subito.
-Akragas mi ha detto di venire a
chiamarla...-
-Akragas?- Chiese subito la donna, Keira
aveva immaginato che lei lo conoscesse e non aveva esitato a fare il suo
nome. -Dov’ è? Cosa gli è successo?- La voce della donna era preoccupata e
carica di affetto e lei aveva accompagnato le parole prendendo la spalla del
ragazzo con forza in una mano.
-E’ giù, ha le costole...- Iniziò, ma la
donna stava già correndo giù.
Le andò dietro. Lei si fermò ad accendere
una lampada nella sala comune e raggiunse il ferito che, intanto, si era
spostato lì
-Ciao, Mamma!- La salutò lui col miglior
sorriso di cui era capace.
-Benedetto ragazzo! Cosa ti è successo?-
Gli andò vicino lei accostando le loro fronti. -Almeno non hai la febbre.-
Borbottò.
-Non preoccuparti, vedi se puoi rattopparmi
un po’-
Lei gli tolse subito la giacca e vagliò la
fasciatura con occhio critico.
-Questa chi l’ ha fatta?-
-Lui.- Indicò col mento Akragas.
-Buon lavoro ragazzo, bravo.- Sentenziò
cominciando a scioglierla ed a tastare il petto ed i fianchi dell’ elfo
scuro, che ogni tanto sussultava trattenendo un gemito.
-Adesso prendo il necessario e ti ribendo,
poi fili in camera tua , io ti preparo una tisana. Una bella dormita in un
letto ti farà meglio di qualunque altra cosa, a questo punto. E ringrazia il
tuo amico: è stato bravo a fasciarti così!- Brontolò andando a prendere
garze pulite e listelli di legno. Lo fasciò talmente stretto che faceva
fatica a respirare e poi lo accompagnò di sopra, fece cenno a Keira di
raccogliere un po’ di legna, nella camera di Akragas, scoprì, c’ era un
piccolo caminetto, di fronte ad un ampio letto perfettamente rifatto. La
donna gli chiese di accendere il fuoco e sfilò gli stivali ad Akragas, lo
aiutò a togliere i pantaloni e con una sonora sculacciata lo mise a letto,
rimboccandogli le coperte fino alle orecchie. Keira era incredibilmente
sorpreso da tanta confidenza.
-Puoi dare una stanza anche al mio amico?-
-Ci mancherebbe! Ti ha riportato qui, razza
di delinquente! Vieni giovanotto, ti meriti un trattamento da re per averlo
sopportato!- E così dicendo lo spinse fuori dalla camera e richiuse la
porta.
La mattina dopo Keira scese nella sala
comune e trovò Akragas circondato da un crocchio di ragazze che lo baciavano
e lo imboccavano riempiendolo di chiacchiere e gridolini entusiasti. Appena
lo vide Akragas gli sorrise e lo invitò a sedere al tavolo, imbandito con
una sostanziosa colazione.
-Dovete ringraziare lui, ragazze, per
avermi trascinato di nuovo da voi!-
Subito quelle cominciarono a circondarlo e
ringraziarlo, riempiendogli il piatto di ogni ben di dio. Quelle, apprese
più tardi, erano le ragazze del bordello collocato nella locanda. La donna
della sera prima ricomparve per portare un po’ d’ ordine in quella
confusione. Anche le ragazze la chiamavano "mamma", era una donna dai
fianchi larghi ed un enorme seno un po’ cascante, i capelli erano neri come
i suoi occhi e doveva avere una quarantina d’ anni, sembrava essere la più
vecchia lì dentro.
-Se hai finito di fare colazione adesso
torna a letto! Devi restare immobile, capito?-
-Ai tuoi ordini, Mamma!- Scherzò Akragas,
che sembrava stare già meglio.
-Quando hai finito raggiungimi.- Disse
rivolto a Keira.
Per quanto gli fu possibile, lui cercò di
liberarsi appena poté e raggiunse Akragas nella sua stanza. Quando entrò
Akragas si mise a sedere, sotto la coperta che scivolò fino ai suoi fianchi,
lasciando scoperta la stretta fasciatura che gli ingabbiava il torace.
-Siediti accanto a me, dai.- Lo invitò col
suo miglior sorriso. Keira si sedette sul letto, guardando la stanza
illuminata dalla luce del giorno. Era una stanza accogliente, ma ridotta
all’ essenziale.
-Come stai?- Gli chiese con una serenità di
cui non credeva di essere capace.
-Decisamente meglio.- Si protese a baciarlo
e Keira si spostò in avanti andandogli incontro. Le loro labbra si
sfiorarono appena, ma si ritrovarono entrambi con un sorriso soddisfatto sul
viso.
-Dubito di poterti dedicare più attenzioni
sotto l’ occhio vigile di Mamma!- Scherzò prendendogli il viso tra le mani
ed accarezzandogli gli zigomi con i pollici e sospirando. -Basta che
guarisci.- Gli mormorò in risposta Keira, stavolta senza arrossire mentre
abbassava un po’ lo sguardo.
-A questo proposito...- Cominciò l’ altro
interrompendo quel contatto -...domani io parto, starò via due settimane,
all’ incirca, tu stai qui e fai come fosse casa tua, tornerò a prenderti...-
Girandosi a guardarlo di nuovo scoprì un’ espressione sconvolta sul viso del
ragazzo, che lo guardava a bocca aperta.
-Mi avevi promesso che saresti rimasto qui
finché non fossi guarito!- Protestò con fin troppa decisione Keira.
Akragas scoppiò a ridere, -E tu ti fidi
delle promesse di un elfo scuro?!-
Keira con un’ espressione offesa e ferita
distolse lo sguardo.
-Così non posso sapere quando crederti e
quando invece mi prendi in giro...-
Akragas allungò un braccio sul suo collo e
lo trasse a sè, appoggiando la propria fronte alla sua e guardandolo dritto
negli occhi. -Credimi sempre quando ti dico che non ho mai desiderato
nessuno quanto desidero te e che non c’è al mondo donna o uomo che mi
separerà da te e che non ci sarà mai.-
Akragas aveva parlato con una voce così
profonda da farlo tremare e lo teneva così vicino che poteva sentire il suo
respiro caldo sul viso. I suoi muscoli si rilassarono a quella piacevole
sensazione e lui accennò un sì. A quel punto la mano dietro la sua testa si
ritrasse, lasciandolo libero.
-Devo recuperare alcune cose dalla tenda,
ci penserà il mago che me la dette, non preoccuparti, non correrò alcun
rischio- Gli spiegò.
-Ora voglio riposare fino a domani, per cui
tu è meglio che ti trovi qualcosa da fare lontano dai miei occhi.- Gli
sorrise.
Keira assentì nuovamente col capo, ma
avrebbe voluto restare lì mentre i suoi piedi lo conducevano fuori dalla
porta.
L’ indomani mattina Akragas era scomparso
senza salutare nessuno. Mamma si era arrabbiata ed aveva brontolato per
tutta la mattina, prima di dirigere le ragazze nelle attività quotidine: le
ragazze si alzavano poco prima di mezzogiorno, dopo il lavoro notturno,
mangiavano tutte assime, allegramente, e poi rassettavano le camere, la sala
comune, e la cucina, quando avevano finito si sedevano tutte assieme ed a
turno leggevano qualche libro che Akragas aveva procurato loro. In quei
giorni la donna che chiamavano "Mamma" prese il giovane elfo sotto la sua
ala protettrice e spese molto del suo tempo ad impartirgli lezioni su come
eseguire medicazioni improvvisate, tamponare ferite, ricucire tagli e
preparare medicamenti con le erbe, asserendo che, se fosse rimasto con
Akragas gli sarebbe servito, e poi, che dimostrava un certo talento per quel
genere di cose. Keira accoglieva volentieri i suoi consigli perché lo
tenevano impegnato e gli permettevano di non pensare ad Akragas.
Una sera, mentre dalla locanda arrivava il
consueto baccano, lei lo raggiunse fuori, sul retro, dove si era seduto su
un ceppo a guardare le stelle che, via via che l’ autunno avanzava
diventavano più belle.
-Non preoccuparti per lui!- Esordì lei.
-Sarà da Booth, prima di te quel mago sgangherato era il suo unico amico- Si
sistemò su uno sgabello a tre gambe e fissò il cielo in cerca del punto che
fino a poco prima guardava il ragazzo.
-Tu lo conosci da tanto?- Gli chiese lui
con un po’ d’ imbarazzo.
La donna tacque per qualche minuto, poi
sospirò.
-Venne qui una quindicina d’ anni fa. Era
giovane, avrà avuto la tua età. Un cliente ubriaco cominciò a picchiare una
delle ragazze, noi eravamo tutte spaventate. Lui lo prese a pugni e lo buttò
fuori, urlandogli di non azzardarsi mai più a levare le mani su una donna!
Ci pensi! Divenne il nostro eroe e siccome quando c’era lui i clienti non ci
maltrattavano più, sai, per quelle del nostro mestiere è abbastanza normale
prendere qualche botta, così, poco dopo lo convincemmo a comprare il
bordello e la locanda...-
-E’ suo?- Chiese incredulo.
-Non te l’ ha detto?- Rise lei.
-No..- Mormorò Keira chiedendosi quante
cose in realtà sapesse sull’ elfo scuro.
-Già, lui comprò e rivoluzionò tutto: da
quel momento scelse lui personalmente le ragazze da far lavorare qui:
dovevano essere intelligenti, prima che belle, e ha voluto che tutte
imparassimo a leggere, scrivere e far di conto, in modo che nessuno ci
potesse fregare!- Keira era sempre più sbalordito, la donna gli sorrise
divertita da quell’ espressione che comprendeva fin troppo bene. -E anche un
mestiere: che sia cucire o rattoppare i feriti, perché non faremo sempre le
puttane! Se una ragazza trova qualcuno pronto a sposarla, qualche volta
succede, lui le fa la dote e provvede anche all’ istruzione dei figli. Anche
i miei li ha fatti studiare presso delle buone botteghe, i due che sono
vissuti. Ai tre che sono morti ha pagato i funerali. Per questo mi chiamano
così, sai, perchè sono qui da tanti anni ed ho avuto cinque figli, di cui
non potrò mai identificare i padri.- La donna si alzò sospirando e
lamentandosi del fresco e del mal di schiena. -Ma non credere che sia un
filantropo, imparerai a conoscerlo!- Ridacchiò avviandosi alla porta.
-Cosa vuoi dire?- Si affrettò lui a
chiedere prima che entrasse.
-Qui è protetto, e trova quel calore che
non ha mai avuto, ma deve essere lui a dirti certe cose. Adesso entra, non
vorrai essere ammalato per quando torna, vero?-
Passò qualche altro giorno, ed un
pomeriggio tornò una delle ragazze, che si era assentata la stessa mattina
che Akragas era partito, corse a cercare Keira e lo trascinò fuori, seguita
da quante altre aveva incontrato sul suo cammino.
Fuori dalla locanda era legato alla
staccionata un cavallo elfico. Keira rimase sbalordito a fissarlo
riconoscendo la sua cavalcatura. Le ragazze, in coro, gli dissero
"sorpresa!", ridacchiando e saltellandogli intorno. Lui era senza parole,
allora la ragazza gli si accostò e gli spiegò che Akragas l’ aveva mandata a
ricomprarlo dai contadini a cui lo aveva venduto. Lui la ringraziò ed andò
ad accarezzare la bestia, che strofinò con affetto il muso contro la sua
spalla.
Mentre erano riuniti tutti assieme a
festeggiare il ritrovato cavallo di un Keira sempre più imbarazzato dai loro
modi fin troppo amichevoli, nella locanda entrò Akragas.
Le donne corsero ad abbracciarlo lanciando
gridolini eccittati. Akragas le raccolse nel suo abbraccio rispondendo alle
loro domande e dispensando baci e leccate sui colli nudi.
Mamma lo accolse con uno sguardo furente ed
affettuoso al contempo, ringhiandogli che era un irresponsabile, ma lui
scoppiò a ridere ed a battersi un pugno sul petto.
-Lo vedi, Mamma, la magia fa miracoli! Sono
più solido di questa baracca! E il mio cucciolo d’ elfo dov’é ?- Chiese
cercando con lo sguardo Keira.
-Ben tornato.- Gli disse lui, senza
spostarsi da dove si trovava.
I loro sguardi si incontrarono e rimasero a
fissarsi senza parole. Keira era felice e sollevato di rivederlo, ed anche
di scoprirlo in quella veste meno ferina, il cuore gli batteva forte nel
petto e si vergognava di sentire una punta di gelosia nel vederlo così
avvinghiato a quelle belle ragazze adoranti.
-Allora, vi ha fatto buona compagnia il mio
cucciolo?- Tornò a scherzare lui rivolgendosi alle ragazze.
Ancora una serie confusa di gridolini e
risatine: -Nianche per idea! Si è tenuto ben alla larga dai nostri letti! Ha
passato le notti a sospirare solo per te!- Le loro risposte si mischiavano
facendolo arrossire.
-Ma così non va bene! Ora lasciatemi, così
che possa alleviare le sue pene!- Scherzò di rimando divincolandosi da loro
e raggiungendo il ragazzo, che sentì vagamente qualche altro commento dalle
voci acute, mentre Akragas lo afferrava per un braccio e lo trascinava nella
sua camera.
Chiusa la porta alle loro spalle le vocette
fastidiose cessarono, facendo sparire anche il suo imbarazzo.
-Hai recuperato le tue cose?- Gli chiese,
confortato dal silenzio della stanza.
Akragas gli rispose distrattamente di si,
iniziando a spogliarsi ed attirandolo a sè.
-Ti sono davvero mancato così tanto?- Gli
chiese con fare sornione cominciando a baciargli il lobo di un’ orecchio.
Keira non rispose, sentendo tutta una serie di piccoli brividi scendergli
lungo il collo e la schiena.
-Perché non hai approfittato delle ragazze?
Loro sarebbero state contente di passare una notte con un ragazzo bello,
giovane e che non puzza di letame o birra-
Keira lo fissò incredulo, chiedendosi se lo
stesse prendendo in giro.
-Ma... io..- Mormorò incerto.
-Non sarà per il loro mestiere, spero!-
Akragas lo guardava con un rimprovero negli occhi e lui si sbrigò a scuotere
il capo.
-Meglio, perché sono delle brave ragazze.-
Mormorò attirandolo sul letto, sopra di sè. Finalmente Keira aveva una
visione d’ insieme di quell’ampio torace, ora risanato e lasciò indugiare
uno sguardo carezzevole sulla pelle scura, desiderando toccarla, ma essendo
ancora troppo indeciso per farlo.
Akragas si alzò di scatto, sbilanciandolo e
reggendolo per non farlo cadere.
-Non è che tu non sei mai stato con una
donna, vero?- Sbottò con fare accigliato.
Keira annuì senza capire cosa centrasse.
Akragas distolse lo sguardo e sbuffò contrariato, facendolo alzare ed
alzandosi a sua volta.
-E io che stavo per dirti di venire con
me!-
-Ma io voglio venire con te.- Accennò Keira
sentendosi particolarmente goffo.
-Tu non sai quello che vuoi!- Ringhiò l’
altro. -Ma stanotte provvederemo. Scegli una ragazza, quella che vuoi, per
me non ha importanza!-
Keira sentì il pavimento sprofondare sotto
i suoi piedi.
-Cosa? Perché? Io non voglio!- Riuscì a
dire in un lasso di tempo sufficientemente lungo.
-Se non scegli tu, lo farò io!- Ribatte
afferrando la sua giacca di lucida pelle nera ed uscendo dalla stanza
lasciandolo solo.
Keira rimase per un po’ di tempo nella
stanza vuota, confuso e deluso dal brusco allontanamento dell’ altro. Non
incontrò Akragas per il resto del giorno, un nodo alla gola gli impedì di
affrontare qualsivoglia conversazione con le ragazze o con l’ oste, aveva
solo voglia di restare da solo.
All’ ora di cena la locanda era punteggiata
dei soliti avventori e lui scivolava da un tavolo all’ altro reggendo piatti
di cibo e boccali di birra, senza ascoltare brandelli delle solite
conversazioni, sempre le stesse, che passavano da una bocca all’altra senza
sosta. Quando i primi clienti cominciarono a salire al piano superiore con
le ragazze, lui si ritirò nella cucina per consumare la sua cena. Lì trovò
Akragas, intento a conversare con Mamma, davanti a due piatti fumanti di
spezzatino. Mamma lo accolse con un sorriso e si alzò per servirgli una
porzione di carne profumata.
-Hai deciso?- Gli chiese Akragas senza
nemmeno guardarlo.
Keira si morse le labbra e rimase in
silenzio, l’ appetito gli era scomparso.
-Mangia, ci penserò io.- Tagliò corto l’
elfo scuro.
Il ragazzo cominciò a mangiare il cibo,
incurante di temperatura e sapore. Al tavolo scese il silenzio.
Quando ebbe finito Akragas si alzò
borbottando qualcosa come "prima mi tolgo questo pensiero e meglio è", ma
Keira non era sicuro di aver colto le sue esatte parole. Scomparve per una
ventina di minuti e poi tornò a prendere il ragazzo. Mentre la donna
sparecchiava e lavava i piatti loro raggiunsero la camera di Akragas.
-Io non voglio fare nulla con nessuna
donna.- Gli mormorò Keira quando furono nella stanza.
Akragas gli alzò il viso prendendolo per il
mento e guardandolo negli occhi con molta risolutezza. -Tu farai come dico
io! E io voglio che stanotte tu scopi con una donna!-
Keira si sentiva mortificato, non capiva
quell’ atteggiamento, quel volerlo spingere tra le braccia di qualcun altro
dopo averlo forzato tanto per averlo.
Pochi minuti dopo entrò nella stanza Mamma,
Keira la guardò frastornato, con gli occhi un po’ gonfi, un po’ lucidi.
-Non fare così, non è mica la fine del
mondo sai!- Gli disse la dona accarezzandogli il viso, guardandolo con aria
preoccupata. Keira era sicuro che in quel momento la donna avrebbe voluto
strozzare quell’ insensibile elfo scuro che si era seduto sul davanzale e
guardava la notte stellata.
Con sua sorpresa Mamma cominciò a
slacciargli la veste ed a baciarlo. Lui fece un salto indietro, sconvolto,
capendo solo allora che la scelta era caduta su di lei.
-E’ meglio che vi lasci soli.- Disse
Akragas passandogli accanto per uscire, ma la donna lo afferrò per un
braccio e lo trattenne sfidandolo con lo sguardo a fare un altro passo. -Non
lascerai questo ragazzo solo in un momento del genere!-
Keira capiva vagamente che il ragionamento
non era dei più sensati: lui non voleva avere un rapporto con lei, ma se l’
avessero fatto non voleva certo che qualcuno stesse ad osservarli.
Akragas lo guardò come avrebbe potuto
guardare un cavallo per determinarne il prezzo. Si spostò dietro di lui e lo
afferrò per le spalle.-Mamma ha ragione, così non può andare!- Keira si
sentiva stranamente in trappola, con la donna davanti e l’ elfo scuro dietro
che gli impediva di ritrarsi. Sentì le mani di Akragas cominciare ad
accarezzarlo, aprendogli la casacca e la sua bocca cominciare a lambirgli il
collo. Un’ onda risalì fino alla sua testa, oltrpassando le sue difese e
sentì l’ eccitazione farsi avanti. Allora sentì altre due mani accarezzargli
il torace e labbra umide baciargli il petto e scendere verso il suo addome
che si alzava ed abbassava ora più velocemente. Ora capiva perché la donna
aveva trattenuto Akragas: anni di esperienza le avevano insegnato quello che
serviva a far eccitare i suoi clienti, e nel suo caso, sapeva che da sola
non ci sarebbe riuscita. Si sentì spingere sul letto, i vestiti gli venivano
tolti, le mani di Akragas ormai conoscevano ogni punto debole del suo corpo
e lo esponevano alle carezze esperte della donna, i cui abiti andarono a
raggiungere i suoi per terra. Benché non fosse più giovane era ancora
piacente, il corpo morbido si premeva contro il suo e scoprì il piacevole
solletichio della peluria che lo copriva , ricordando vagamente di aver
sentito che gli umani erano coperti di peli, a differenza degli elfi.
Le carezze di Akragas si facevano più
lievi, tanto ormai aveva raggiunto il suo scopo, ma l’ uomo si teneva
premuto contro la sua schiena, il respiro che gli scaldava il collo.
Keira scoprì di poterlo quasi maledire
mentre la donna prendeva le sue mani e le faceva scorrere sul proprio corpo
facendoglielo esplorare. La pelle era liscia e calda, i seni così morbidi e
vellutati che gli fecero allargare le dita per godere di più di quel
contatto. Lei lo guidava lentamente e lui non riusciva a non seguire quei
movimenti fluidi con gli occhi. Lei si era sciolta i capelli ed una pesante
cortina nera ora le ricadeva sulle spalle, fino ai fianchi, allargati da
cinque parti, eppure ancora invitanti, doveva essere stata uno spettacolo da
givane, la preferita di... Si morse il labbro, era per questo che Akragas l’
aveva scelta per lui?
Lui non poteva vedere gli occhi ridotti a
due fessure puntati sulla sua testa bionda, che si sforzavano di non cedere
al desiderio di fissare quella scena, perché se lo avessero fatto, sapeva
che non avrebbe resistito: lo avrebbe stretto a sè e scacciato quella
splendida puttana che faceva solo quello che lui le aveva chiesto di fare.
Lei gli guidò una mano in basso, tra una
foresta di scuro pelo riccio che lo lasciò senza fiato... gli fece muovere
le dita e la sentì gemere, dove il suo sguardo rapito non poteva arrivare
sentì le sue dita affondare in un anfratto caldo e bagnato e sentì il suo
bassoventre giuzzare. Lei lo trasse a sè, e non dovette fare molta fatica, i
suoi sensi ormai inebriati gli impedivano di pensare razionalmente. L’
improvviso allontanarsi dal corpo stesso accanto a lui fece prevalere l’
istinto e senza neanche accorgersene si ritrovò sopra di lei, ad
accarezzarla ed ad assaporare la sua pelle, le gambe di lei gli
imprigionarono i fianchi e lui si immerse in quel corpo per la prima volta,
completamente inebriato da quella nuova e violentissima sensazione. Cominciò
a muoversi senza badare ad altro, senza accorgersi di Akragas che serrava
gli occhi e poi li riapriva costringendosi a gurdare. Eppure qualcosa non
andava, con fatica riuscì a venire, ma non fu come in precedenza: si era
svuotato, era stata una piacevole necessità, ma nulla di più, passato il
momento dell’ estasi, quel corpo non mostrava più alcuna attrattiva per lui.
Si accasciò di fianco a lei, sulla schiena di nuovo il calore del corpo di
Akragas, la stanchezza si fece pesante e lui si fece cullare dal tepore che
gli invadeva le spalle, si girò un po’, cercando un contatto con lui e si
addormentò tenendolo per mano.
Passarono almeno un paio d’ ore. Mamma si
alzò lentamente, per non svegliare il ragazzo profondamente addormentato.
Mentre si rivestiva sentì la voce di Akragas ringraziarla, era una voce un
po’ roca, forse aveva pianto un po’ in silenzio, come faceva spesso, lei lo
sapeva, e sapeva che non avrebbe dovuto saperlo nessuno, così faceva sempre
finta di niente, come quando erano stati amanti per tante notti, quando lei
era giovane.
-Sei uno sciocco, sai, Akragas?- Gli
sussurrò lei restando dalla sua parte del letto.
-Potevi risparmiargli una cosa simile, ti
ama.- Alzò la coperta su di loro e si trattenne dal posare una carezza sulle
loro teste. -Forse non lo sa ancora, ma è tuo, non ti lascerà mai. E tu
faresti bene a dirgli quello che provi per lui o impazzirà nel dubbio.
Domattina diglielo!- Si avviò verso la porta e li lasciò soli.
Akragas abbracciò il ragazzo e cercò di
dormire, affondando il viso nei suoi capelli.
All’ alba Keira si girò nell’ abbraccio di
Akragas, svegliandolo. Ricordando gli avvenimenti della sera prima trattenne
il fiato, non sapendo cosa aspettarsi, ma Akragas si limitò a fissarlo in
silenzio, con un misto di colpa e tristezza nei lucenti occhi rossi.
-Vuoi ancora venire con me?- Gli chiese
dopo un po’.
Keira non sapeva cosa rispondere. Akragas
attese, attese ancora e poi si alzò da letto, era ancora vestito. -Lo
immaginavo.- Disse strofinandosi gli occhi con le mani.
-Spiegami perché hai voluto una cosa
simile-
-Perché stare con me è difficile! E volevo
essere sicuro che non mi avresti lasciato per la prima donna che ti avesse
fatto gli occhi dolci!-
-E adesso credi che non accadrà più?-
-No, dal momento che ti rispedirò a casa
tua.-
Keira saltò sul letto, aggrappandosi in
ginocchio alla sua giacca, con fare risoluto.
-Ti liberi di me?- Gli sbottò arrabbiato
come non era mai stato in vita sua.
-Non mi pare di averti sentito dire che
vuoi restare con me!-
-Io..io non sono un cavallo che puoi far
montare da chi ti pare! Ho dei sentimenti!- Ora singhiozzava. Akragas gli si
fece più vicino, accarezzandogli la testa.
-Io voglio restare con te!- Piagnucolò
nascondendo il viso contro il suo petto.
-Vivo in una tenda, con qualsiasi tempo ci
sia fuori, Keira, mi guadagno da vivere facendo la guida ogni tanto, ma per
lo più ammazzando i nemici degli altri per denaro, e non parlo d’ amore o
fesserie del genere...-
Keira aveva alzato le testa e si era
proteso a baciarlo, due grosse scie che gli scendevano dagli occhi. -Voglio
venire con te.-
Akragas lo spinse nel letto, con uno dei
suoi baci focosi da togliere il fiato. Keira lo tratteneva con le braccia,
aggrappato a lui come un bambino e rispondeva al suo bacio senza esitazioni.
-Ti voglio!- Gli sussurrò Akragas
cominciando a scivolare sul suo corpo.
-Spogliati, allora.- Gli rispose Keira
sorprendendosi di tanto coraggio.
In men che non si dica Akragas incombeva su
di lui, lo baciava, lo mordeva e lo accarezzava con la consueta passione. Si
liberarono della coperta, che ostacolava i loro movimenti, e subito l’ elfo
scuro fece scivolare la sua bocca sull’ erezione del suo giovane amante.
Keira riconobbe subito le lappate decise e forti, i movimenti calmi con cui
lo faceva arrivare fino in fondo al palato per poi farlo uscire e
rabbrividire per la diversa temperatura, i giochi della lingua e i delicati
piccoli morsi, questa era la sua estasi, e non c’ era nulla di sbagliato in
essa. Akragas salì a baciarlo, il sapore che aveva in bocca era diverso
dagli altri baci, sapeva il perché, ma non lo infastidiva. Si chiese se
avrebbe dovuto adattarsi anche lui a quella pratica, in futuro, ma per il
momento si limitava a farsi rigirare da Akragas che dopo una accurata
preparazione lo penetrò con foga, riempiendolo di altra estasi, i suoi
movimenti e gli ansimi sempre più veloci lo fecero eccitare di nuovo e la
sua erezione trovò conforto nella mano esperta dell’ uomo che si dibatteva
dentro di lui, alle sue spalle. Era davvero contro natura una cosa così
bella? Non poteva crederci mentre veniva di nuovo, mentre Akragas si
incuneava di più in lui per l’ ultimo affondo che lo avrebbe fatto gridare
di piacere.
Si girò di nuovo nelle sue braccia.
Ansimavano entrambi, sudati e con i capelli scomposti. Rabbrividì per il
freddo ed Akragas ritrovò la coperta e ricoprì entrambi.
Keira allungò una mano per accarezzare il
petto del suo amante, inspirando quell’ odore forte ed afrodisiaco che
emanava da lui. Era la prima volta che esplorava quella pelle, l’ accarezzò
a lungo, lentamente, mentre i loro respiri tornavano normali e prese a
ricoprirla di piccoli baci, stringendosi più forte a lui e facendo scivolare
la mano sul suo fianco, spostandolo poi sul braccio muscoloso e risalendo
fino alla spalla, al collo, al bel viso che lo fissava estasiato. Accarezzò
lo zigomo, lo labbra morbide, era elettrizzante esplorare quel corpo. La
mano prese a scendere, seguita stavolta dagli occhi curiosi di scoprire le
meraviglie che aveva accarezzato. Tornò sul fianco, scese lungo la coscia
fin dove le sue dita affusolate arrivavano, poi risalì e gli accarezzò a
lungo il petto, prima di fermarsi.
-Hai dimenticato qualcosa.- Gli disse
Akragas in un sussurrò che gli fece accapponare la pelle, prendendogli
delicatamente la mano ed appoggiandola sul suo pene a riposo. Keira arrossì
debolmente, ma sapeva che non era il caso di farlo, lo accarezzò un po’,
timidamente, guardando le labbra di Akragas socchiudersi in un sospiro.
Akragas lo abbracciò e scherzando gli
sussurrò all’orecchio che se continuava così avrebbero passato l’ intera
giornata a scopare.
Keira si ritrasse, spingendolo lontano.
-Non usare quella parola con me!- Si girò dall’ altra parte. Dopo un po’
Akragas lo abbracciò di nuovo, intuendo il suo stato d’ animo, appoggiò il
petto contro la sua schiena sussurrandogli all’ orecchio. -Dovrei forse dire
"fare l’ amore"?-
Keira accennò un timido ed imbronciato "si"
che lo fece sorridere. Gli leccò la punta dell’ orecchio stringendolo un po’
di più.
-Adoro le tue orecchiette!- Un’ altra
leccata. -Ma gli elfi scuri non amano nessuno, Keira, ti ci dovrai
adattare.- Lo baciò sulla spalla. -Posso dirti solo che ho capito una cosa:
non so se sia quello che voi chiamate amore o qualcos’ altro, ma non ho mai
trovato un luogo che potessi definire mio, a cui appartenere. Non ho una
patria od una famiglia da cui tornare. Forse sono solo da troppi anni, ma ho
sempre pensato che una casa fosse più di quattro mura ed un tetto: che fosse
qualcuno che ti aspetta sempre a braccia aperte e si preoccupa per te... io
non ho mai avuto niente di tutto questo, Keira. Ma stando con te, ho trovato
il mio posto: la mia casa è tra le tue braccia e da nessun’ altra parte.-
Il cuore di Keira sobbalzò. Non sapeva che
si potessero dire parole simili. Si girò a baciarlo e stringerlo a sè,
quella era la dichiarazione d’ amore più bella che potesse immaginare.
IL PRINCIPIO- FINE
(ma la storia continua......)
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