DISCLAIMER: I pg sono miei, anche se Niane ha deciso di rapire
Lucas^^
Ultimo quarto di lunaparte
I
di Nuel
Il profumo della pioggia.
Cammino e sento l’umidità attaccarsi alla mia carne fredda. Tra poco incontrerò la mia vittima. Molti miei simili cacciano solo determinate categorie di uomini. Io segui il mio istinto predatorio, caccio uomini soli, desiderosi di incontrarmi. Non sono la morte, ma sono un suo valido aiutante.
Griselde ride quando me ne esco con affermazioni di questo tipo, ma Griselde cosa ne sa? Lei ha seicento anni ed aveva giurato di non fare mai un figlio, invece, ha creato me: il vampiro Lucas.
Apparteniamo ad epoche così lontane che non chiedo la sua comprensione.
Vargas, il vampiro che ha fatto lei, l’ha sempre definita un errore. Griselde era la sua concubina, ma non correva troppo buon sangue tra loro, quando lui decise di ucciderla... lei... lo morse....si impadronì del suo sangue demoniaco senza che lui se lo aspettasse. Da allora, per oltre un secolo, lei divenne il suo braccio destro. Poi si separarono e lei continuò a vagare per il mondo sola.
Anche io ero solo. Forse fu questo a guidarla da me. Ma questa non è una storia interessante, lei è molto più interessante di me, molto più affascinante. Varrebbe la pena conoscerla e parlare a lungo con lei, ma lei ama terminare una conversazione banchettando e non sono molti quelli che possono raccontare di averla conosciuta.
Sento avvicinarsi dei passi.
Inconsapevole di venire incontro al suo destino lo vedo sbucare da dietro un angolo.
Cammina a testa bassa, le mani profondamente cacciate nelle tasche di una giacca di pelle nera. I capelli corvini, ispessiti dalla pioggia grondano sulle spalle. Non deve avere neppure vent’anni.
Stai venendo da me, in questa notte fredda di pioggia?
E’ un lampo. Tutto accade così in fretta che neppure io lo capisco.
Forse è il destino che fa accadere certe cose, forse sono predestinate da sempre e noi non possiamo fare nulla per evitarle.
Conficco i miei denti come spade nel suo collo e lui alza lo sguardo carico di lacrime.
Ha gli occhi verdi.
E’ sorpreso, ma non spaventato. Forse non capisce..... no, lui “sa”. Lo sento nel suo sangue che inizia a scorre nelle mie vene. Mi chiede di fare in fretta.
Se esaudissi il suo desideri forse apparirei come un angelo caritatevole, disceso con la sua spada a strappare le sofferenze da questo giovane cuore dilaniato.
Ma io non sono un angelo. Al contrario. Sono una creatura demoniaca, che si nutre di sangue caldo donando in cambio solo il gelido abbraccio della morte.
Non so perché, ma mi ferisco al collo e costringo le sue labbra sulla mia ferita, lo faccio nutrire del suo sangue che gli ho appena rubato.
Sento le sue labbra continuare a succhiare, la sua lingua passare sulla mia ferita e decido di lasciare questa squallida periferia urbana prima che per lui giunga il momento della rinascita.
Fuggo lontano, lo porto vicino al mio rifugio. Lo trasporto tra le braccia. E’ leggero come un bambino per le mie braccia dai muscoli morti, senza sinapsi che mi facciano avvertire il suo peso, la fatica, la stanchezza.
E’ svenuto e comincia a tremare. Prego che non si svegli, che la morte lo colga e non gli dia la forza di risvegliarsi, poiché non so perché l’ho fatto. Come non so a chi rivolgere le mie preghiere. Non conosco nessun dio pietoso alla corte dai dannati.
Con un rantolo si contorce, inarca la schiena e poi spalanca gli occhi.
Per qualche secondo sono vuoti, poi riprendono coscienza della realtà e mettono a fuoco il mondo. O meglio: il mondo delle ombre che vedranno ora. E sempre.
-Sono Lucas- Gli dico. Spero che per ora basti e non mi faccia domande.
Una volta in più nella mia non vita desidero il sopraggiungere dell’alba. Mi trarrà d’impaccio e mi darà tutto un giorno di sonno per riflettere.
Lui annuisce lentamente e si alza.
L’ho ucciso per prolungare la sofferenza dei suoi occhi verdi.
La consapevolezza mi coglie come un fulmine a ciel sereno.
Ecco la conferma della mostruosità della mia natura.
Lui alza lo sguardo al cielo e pronuncia una sola parola: -Lucifero-
Per un istante penso si riferisca a me, poi capisco: guardo il cielo e la vedo: Lucifero, la stella del mattino. E’ meglio andare.
Gli porgo la mano e lui la prende. La sua pelle conserva ancora il calore. Domani notte, al nostro risveglio, l’avrà perso totalmente.
Lo conduco al mio nascondiglio. Forse non è prudente, ma non sarà questo ragazzo a segnare la mia ora. Lo so per istinto.
Camminiamo lentamente verso la villa. E’ di Griselde, non mia. Io ci vivo solamente, mentre lei si sposta in continuazione.
Arriviamo alla stanza sotterranea che è quasi l’alba. Lo capisco da come gli si stanno chiudendo gli occhi. Fatica a tenerli aperti, proprio come un bambino.
Lo faccio adagiare sul mio letto e non protesta neppure quando mi stendo accanto a lui. Anzi: mi abbraccia e poi anche per me giunge il momento dell’incoscienza.
Un’altra notte inizia nella mia non vita, ma ora non sono più solo.
Non so perché l’ho fatto. Perché ho preso con me questo ragazzo ignaro e l’ho trascinato nel mio mondo di tenebre.
Lo osservo, allontano una ciocca di capelli corvini dal volto pallido e freddo come il mio.
Dorme ancora, ma presto si sveglierà ed avrà fame.
Ieri notte non c’è stato tempo per farlo mangiare, ma questa notte dovrà farlo. Dovrà nutrirsi. Diventare un assassino.
Mentre ancora penso a cosa dirgli scorgo i suoi occhi verdi fissarmi da uno spiraglio tra le lunghe ciglia.
Se potessi invocare un dio ora urlerei il suo nome. Cos’è questa sensazione di tristezza?
Mi attira con una bellezza che non ho mai visto prima in un mortale.
Ancora più splendido nella morte.
Non mi ero accorto, ieri notte della sua bellezza. Tratti delicati e sottili, una simmetria quasi perfetta, forse gli antichi così avrebbero ritratto un giovane Bacco incoronato di pampini, con l’uva rossa tra le labbra... rossa come il sangue.
Si accorge che ho notato il suo sguardo e si mette a sedere sul letto.
-Ora usciamo. Avrai fame....-
Annuisce appena con il capo.
Lo guido nella notte.
Ancora non mi fa domande e non capisco perché. Ho sentito di fratelli che perdono il senno nel momento del trapasso, ma lui è lucido e cosciente.
-Quale è il tuo nome?-
-Keauny-
Ha una bella voce. Musicale.
-E’ un nome insolito-
Lui annuisce in silenzio e rivolge lo sguardo alla notte.
-Qui- Mi dice poi. Non mi aspettavo di sentire la sua voce così, all’improvviso.
-E’ qui- Mi dice di nuovo. So che dovrei capire, ma non capisco.
Lui si allontana da me e si dirige verso una meta che io non conosco.
Si avvicina ad una casa. Non sa se suonare al campanello.... mi fa quasi tenerezza.
Gli appoggio una mano sulla spalla e gli indico una finestra socchiusa al piano superiore. Mi guarda senza capire. Stavolta tocca a lui. Spicco un salto e, leggero, atterro sul davanzale. Non ho grandi poteri, ma sono molto agile.
Lo osservo prendere lo slancio e spiccare il salto. Atterra rovinosamente al mio fianco. Ancora incredulo si affaccia alla balaustra e guarda giù. Non è molto alto. Poco più di tre metri, ma un normale essere umano non avrebbe mai potuto farlo.
Ora entriamo in casa. Stanze buie si susseguono una all’altra ed ora lo sento anch’io.
Odore di morte.
Scendiamo le scale senza incontrare nessuno, senza percepire nessuno.
E’ una casa piccola, che avrebbe urgente bisogno di lavori di mantenimento.
Il flebile ronzio di un televisore acceso mi conduce verso una stanza che odora di chiuso. Su una poltrona rattoppata c’è una vecchia. Il respiro è solo un rantolo. Credo che già da un po’ abbia rinunciato a salire le scale. Intorno a lei c’è il suo mondo intero: una coperta sulle ginocchia, un vecchio cesto di vimini con dentro i ferri e della lana vecchia, sicuramente riutilizzata più volte. Scatole di medicinali stanno ammonticchiate in un angolo. Dubito che recentemente le abbia prese dato lo strato di polvere accumulato sopra.
Keauny mi guarda. C’è panico nei suoi occhi. Lo stesso dolore di ieri notte.
-Devi morderla sul collo- Gli sussurro così piano che nessun orecchio umano potrebbe sentirmi, la mia voce si mescola agli scricchiolii della casa. Eppure la donna pare sentirmi. Si agita appena nella poltrona.
Keauny le si avvicina, le si inginocchia accanto e... il mio coraggio vacilla per un momento. Le prende la mano e lei lo mette a fuoco nonostante gli occhi intorbiditi dalla cataratta e gli sorride.
Keauny le parla, lei gli risponde ed annuisce, gli accarezza il viso con una mano rinsecchita e tremante e non si ritrae inorridita dalla sua freddezza mortale.
Keauny le bacia la fronte e la morde.
La prosciuga fino all’ultima goccia, non l’ho avvisato di staccarsi da lei prima che muoia, non riesco a muovermi od a parlare e non lo posso avvisare. Vacilla, conosce di nuovo la morte, ciondola la testa due, tre volte, poi si alza.
Mi rendo conto di non aver sentito una sola parola del loro dialogo e ciò non è possibile.
Ma ora capisco.
Non sapevo che la morte avesse gli occhi verdi.
Altri occhi verdi compaiono davanti alla mia memoria. Gli occhi di Griselde. Incorniciati da una cascata di riccioli castani, sopra labbra dipinte di rosso fuoco.
Anche lei è la morte.
Keauny è di fronte a me, il viso appena colorito, irrorato dal nuovo sangue, il suo respiro è corto e gli occhi vagamente torbidi. So cosa sta provando ora. E’ desiderio. Convulso, soffocante. Desiderio come fuoco liquido nelle vene. Non lo ha mai sentito così, come non ha mai percepito il resto del mondo in questo modo.
-Aspetta che mi nutra anch’io- Gli dico e lo sento sospirare. Soffre, lo so.
Usciamo rapidamente dalla casa, cerco la mia vittima senza tante pretese. Troviamo un uomo ubriaco che cammina malfermo per la strada, lo afferro e lo trascino dietro un tabellone pubblicitario. Non mi è mai piaciuto il sangue di chi ha bevuto, ma questa è un’emergenza.
Lascio cadere l’uomo a terra prima che trapassi, rantola, ma non ho il tempo di curarmene, Keauny mi afferra le braccia ed i suoi occhi, in silenzio, mi chiedono di liberarlo da queste nuove sensazioni.
-Non qui. Torniamo a casa-
Geme. Quasi uno squittio, tanto è acuta la sua voce.
Lo circondo con le braccia e lo sollevo. Tra pochi minuti saremo a casa. Posso correre molto velocemente, quando voglio.
Quando giungiamo al sicuro del mio rifugio, lui è smarrito, ma si riprende in fretta, si stringe a me, si solleva sulle punte dei piedi e mi bacia.
Lo spingo poco gentilmente sul mio letto e sono subito sopra di lui.
Geme ancora, inarca la schiena e preme il bacino contro il mio. Sento la sua eccitazione, lo libero dei vestiti ed altrettanto faccio coi miei.
Keauny mi stringe, mi pianta le unghie nella schiena, ci baciamo quasi rabbiosamente e vedo il panico comparire nel suo sguardo.
Si sta rendendo conto che il corpo non lo appaga, che il sesso non ha alcun effetto su di lui.
Lo stringo. Sono ancora io il più forte. Lo stringo tanto che potrei spezzargli le braccia. Gli faccio male e gli conficco di nuovo, a tradimento, le zanne nel collo.
Urla. Viene.
Lo lascio. Ora i nostri ventri sono coperti di sangue. Inorridisce, singhiozza, piange.
Era ora.
Il suo viso si copre di scie di sangue.
Gli asciugo una lacrima e gli mostro le mie dita. Sangue.
Mi guarda chiedendomi aiuto.
-Non piangere più o dovrai nutrirti di nuovo stanotte-
I suoi bellissimi occhi verdi si allargano a dismisura.
Guarda il suo corpo nudo e poi il mio e si adagia nel letto, facendomi cenno di stargli accanto.
Mi sdraio accanto a lui, che intreccia le sue gambe con le mie e lo abbraccio.
-Sei un vampiro adesso- Gli mormoro, baciandogli i capelli.
-Lo so- La sua voce è appena un fremito. Una vibrazione contro il mio collo.
-Chiedimi tutto quello che vuoi sapere- Lo incoraggio a farmi delle domande.
Per un po’ non dice nulla, poi una mano comincia una carezza languida sul mio fianco e le sue labbra cercano di nuovo le mie. Sento la sua lingua cercare i miei canini. Forse non ha il coraggio di compiere questa esplorazione nella sua stessa bocca.
-Lo ero anche prima..... ma mi nutrivo di anime anziché di sangue-
I suoi occhi sono puntati nei miei e sono io a non capire, a dover fare domande.
-Cosa?-
Lui sospira. -Anche prima ero simile ad un vampiro...- Conficca di nuovo la testa contro la mia spalla. -Quella donna: sarei andato da lei anche senza di te. Le avrei tolto l’anima ed i ricordi e l’avrei accompagnata oltre la porta della vita in ogni caso, anche se non avessi avuto bisogno del suo sangue-
-Come?-
-Così- Dice, guardandomi di nuovo negli occhi e prendendomi una mano.
Sento il battito del suo cuore. Sento il battito del mio cuore ed è... impossibile. Semplicemente impossibile! Perché i nostri cuori sono morti!
Poi una scarica elettrica mi assale, mi scuote sin nelle viscere e vedo in un fiume volti, immagini, luoghi, sento voci, pianti, risa. Tutti il mio essere si mischia al fiume, ma non ne viene travolto. La corrente passa e io lo guardo e lui mi guarda. La corrente non mi ha trascinato via perché sono già morto. O forse perché Keauny non ha voluto.
-Empatia-
Non so chi dei due abbia parlato.
-Se è empatia non ho mai conosciuto qualcuno che la possedesse più forte- Mormoro.
-Per tutti loro io sono stato l’angelo della morte. Li ho sollevati dalle pene dei loro corpi mortali ed ho insegnato loro la via-
Le sue parole sono semplici e io, ora, posso veramente dire di essere l’aiutante della morte.
Continua...
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