Un’altra
HanaRu dedicata a Ria e a Calipso. Io non ci guadagno niente e
i personaggi sono del grande Inoue, che non ringrazierò mai
abbastanza (soprattutto per Rukawa).
Two Hearts
that beat as one di
Nausicaa
Parte
prima.- Fare qualcosa per qualcuno.
“Oi kitsune, è
vero che in Occidente in estate non si va a scuola?” gli chiedo, mentre
entriamo nel nostro istituto.
“Hn?
Generalmente è così…” risponde Kaede, prima di sbadigliare. Povero
amore, ha ancora sonno!!!
“Sempre
tutte a noi le fortune, eh?! Questo caldo mi fa passare anche la poca
voglia di studiare che ho!” borbotto seccato, davanti agli armadietti.
Avrei preferito di gran lunga restare al mare… Non so se si era capito,
ma a me non piace la scuola e l’unico motivo per cui non do in
escandescenze ogni mattina è che qui almeno ci sono i miei amici e la mia
squadra. E la mia volpe!!! E a me piace stare accanto a lui ogni istante
della mia vita… se lo dovessero bocciare, giuro che mi farei bocciare
anch’io!!! Non dovrei neanche sforzarmi…
Comunque,
oggi evidentemente il pensiero della scuola (e soprattutto dei test di
sessione ) incombe su tutta la squadra, perché in palestra troviamo
Miyagi che cerca di controllare una crisi di panico.
“Quest’anno
niente scherzi, eh ragazzi! Non ci sarebbero Akagi e Kogure ad aiutarci
con lo studio… io credo di avere solo due insufficienze e voi?” ci
chiede il capitano; anche se, detto tra noi, non mi sono ancora abituato a
considerare Ryota capitano…
“SOLO?!”
lo rimprovera Ayako, mostrandogli minacciosamente il ventaglio, sotto gli
occhi attoniti delle matricole, che si tengono a debita distanza.
“Aya-chan,
non essere severa…- lui arrossisce come un idiota - Vedrai che migliorerò,
per ora mi accontento... E voi due, ragazzi?” lo chiede a me e a Rukawa,
naturalmente; io, la mia volpe e Miyagi
siamo i titolari migliori dello Shohoku, anche se pure Yasuda e
Kakuta sono migliorati di molto. Ma certo nessuno può competere con me,
lo sanno tutti…
“Quest’anno
non dovrei avere problemi in inglese! Guarda, male che vada le mie
insufficienze saranno tre” gli dico orgogliosamente, dopo averci
riflettuto. Già, ho studiato bene l’inglese con la mia kitsune: perfino
il professore mi ha elogiato per il mio notevole miglioramento! E’ stato
bellissimo ricevere i giusti complimenti dovuti ad un genio davanti a
tutta la classe!!!
“E
tu, Rukawa?” insiste Miyagi.
“Hn.
Non lo so… credo di avere un paio di insufficienze, niente di
irrimediabile” dice con indifferenza il mio volpino.
“Solo?
Allora è vero che i miracoli esistono: prima riesci ad andare d’accordo
con Hanamichi e poi migliori anche lo studio!!!” scherza Ryota, ma vedo
Ayako guardarci in modo strano prima di scuotere la testa, rassegnata, e
di sospirare: “Sempre i soliti…”.
Ah,
già! Finora ho commesso l’imperdonabile dimenticanza di non accennare
mai alle nostre manager: Ayako e Haruko.
Dunque,
Ayako è sempre la solita: continua a sgridarmi per la minima cosa, a dare
sventagliate come fossero caramelle, a incitarci in ogni modo e a fingere
di non notare l’adorazione che ha Ryota per lei! Ma rimane la manager
migliore che ci sia, nonché unica ragazza della scuola ad essere stimata
da Rukawa, il che è tutto dire… Quanto ad Haruko… MA CHE DIAVOLO CI
TROVAVO IN LEI?!?! Va bene, è carina, ma ora mi sono accorto che è
davvero un po’ scema, cioè non è che lo faccia apposta… è così,
poverina! E anche quanto a bellezza, non può affatto competere con un
certo volpacchiotto che rende meravigliose tutte le mie giornate!
Mi mangerei le mani, se penso a quanto tempo ho sprecato dietro ad Haruko,
invece di far subito chiarezza nel mio cuore e di ammettere che in tutta
la vita l’unico di cui mi sono davvero innamorato è Kaede. Il quale non
sopporta Haruko! Hehehehehe… gli dà fastidio ammetterlo, ma è geloso
di lei, di quello che dicevo di provare per lei e questo mi fa davvero
piacere!!! La ignora costantemente come faceva prima, anche se ora è una
manager, e mi lancia occhiatacce se parlo troppo con lei.
Certo
che ha una bella faccia di bronzo, però!
Che
dovrei dire, io, allora, che sono circondato da schiere e schiere di fan
isteriche perse dietro al MIO ragazzo e che gli gridano costantemente
slogan a doppio senso?! Finora non le avevo mai nominate, forse pensavate
che fossero sparite, invece no! Ero io che cercavo di rimuovere la loro
presenza…
Intendiamoci,
le capisco benissimo e devo dire che le compatisco un po’, perché NON
SANNO… heheheheh…. Rukawa non le guarderà mai… ah, quanto sono
fortunato…
“Capitano,
non preoccuparti per i test, il problema è un altro: Sakuragi non riesce
ancora bene nei tiri da tre”.
La
voce della mia volpe mi riporta alla realtà… ehi, un momento!!! Cosa
diavolo sta dicendo?!?!
“KITSUNEEEE!!!!!!
Cosa vai farneticando? Io sono il re dei tiri da tre! Fa pure rima, sono
anche un genio poetico…” sto per lanciarmi in uno dei miei soliti
discorsi, ma vengo brutalmente interrotto da Ayako, che consulta i suoi
appunti: “Ti rendo noto, Sakuragi, che ancora durante l’allenamento di
ieri hai sbagliato il 70% dei tiri da tre punti!”. Quanto non la
sopporto quando ha quel tono di voce!!! E poi non voglio essere sgridato
davanti alla mia volpe…Così mi volto verso di lei e le grido in faccia:
“Sono solo la metà! Datemi un altro po’ di tempo e vedrete!!!”.
“E
la metà ti pare poco, do’aho?” borbotta Rukawa, accigliato.
“Avete
detto che potrebbero promuovervi?- ci chiede Ayako, ironica- Non è la metà,
è più della metà! Siete due ignoranti… Rukawa, tu eri una frana in
matematica anche alle medie, non c’è proprio speranza per voi
due…”.
Non
credo che la kitsune gradisca molto il commento, ma si limita ad alzare un
sopracciglio nel guardarla: “I numeri mi servono solo per contare i miei
canestri e i miei punti”. Giusto! Bella risposta, mi piace!
“Al
di là del fatto che la matematica è un’opinione!” proclamo io,
orgogliosamente. “Non ci posso credere…” sospira Ayako, con
rassegnazione.
“Non
fare così, Aya-chan! Consolati con me…” cinguetta Miyagi, mentre i
suoi occhi sembrano assumere la forma di un cuore.
“Oh
oh oh” e infine, ecco la risata che ci annuncia l’arrivo del signor
Anzai! Forse aveva ragione il Gorilla a dire che siamo una gabbia di
matti. O no?
Io
e Rukawa ci tratteniamo in palestra oltre l’orario di allenamento; la
mia volpe continua a tampinare con questi stramaledetti tiri da tre, ma
devo dire che proprio grazie ai suoi laconici suggerimenti sto migliorando
con una rapidità incredibile (lo so, lo so, sono il grande tensai…).
Tutto sembra procedere per il meglio, fin quando non sento un tonfo: mi
giro di scatto e vedo Kaede seduto a terra, che fissa la sua gamba destra.
“Kitsune!-
grido, correndo da lui e sedendomi al suo fianco- Che diavolo hai
combinato?!” la mia voce tradisce l’agitazione, non vorrei ammetterlo,
ma sono spaventato da morire…
“Niente,
è solo un crampo ad una gamba, Hana…” dice lui. La sua voce è ferma
come al solito, ma ho notato il lampo che ha attraversato i suoi occhi in
quei secondi necessari a rendersi conto che non è niente di grave…
“Un
crampo? Come durante l’amichevole contro il Ryonan lo scorso anno?”
giornata infausta, quella: ho conosciuto il porcospino e il mio volpino ha
avuto problemi…
“Sì,
come quella volta” mi rassicura; per fortuna… ma gli fa davvero male,
ha il viso tirato. Sono più agitato di lui, devo ammetterlo…
“Certo,
scommetto che ti sei disidratato! Non puoi chiedere troppo a te stesso,
stupido volpino! Be’, per stasera la finiamo qui e a casa ti costringerò
a bere e a mangiare di più…” mi piego sulle ginocchia, gli passo un
braccio dietro la schiena e un altro sotto le gambe e faccio per
sollevarlo, ma lui si irrigidisce.
“Che
credi di fare, do’aho?” mi chiede e cerca di scostarmi.
“Di
portarti in braccio fino allo spogliatoio, dove ci occuperemo della tua
gamba, stupida volpe!” gli replico, alterandomi.
“Se
mi prendi in braccio, t’ammazzo!” è la dolce risposta del mio
ragazzo.
“Oi
kitsune, non rompere! E’ solo che così non ti sforzerai” grrr…
quanto mi dà ai nervi la sua reazione da sono- tutto- di- un- pezzo anche
in queste circostanze. E infatti eccolo che scuote la sua stupida testa
(stupida ma bellissima…)!
“Piuttosto
striscio!” mi sibila.
Ora,
provate voi a sollevare di peso un ragazzo alto 1.90 e muscoloso che fa
resistenza… Non è facile, eh! Ma stavolta sono più forte io e lui non
riesce a opporsi in eterno… ehehehehe… lo sollevo e lui,
istintivamente, per non cadere, mi passa un braccio intorno al collo,
mentre i nostri visi sono pericolosamente vicini.
“Arrenditi,
Kaede…” gli mormoro, sorridendo. Ma quella parola non fa parte del suo
vocabolario.
“Ora
basta, siamo ridicoli!” protesta lui e, con una mossa fulminea, riesce a
tornare con i piedi per terra facendo quasi perdere l’equilibrio ad
entrambi. Inoltre vedo il suo volto contrarsi, probabilmente gli ha fatto
di nuovo male la gamba. Ma le sue braccia rimangono attorno a me e io lo
sostengo con un abbraccio.
La
porta della palestra si apre all’improvviso e noi ci ritroviamo sotto lo
sguardo moooolto malizioso di Ayako, che ci fissa dalla soglia. Con la
coda dell’occhio mi accorgo che Rukawa non ha cambiato espressione, ma
io so che sono diventato tutto rosso.
“Lo
sto reggendo perché ha un crampo!” quasi lo grido per giustificarmi; e
lei ora sembra preoccupata, guarda la mia volpe con aria interrogativa per
avere la conferma delle mie parole. E la volpe annuisce.
Basta
questo perché la manager si metta in moto: “Sakuragi, accompagnalo
nello spogliatoio, che aspetti? Io vado in infermeria, lì sicuramente
avranno qualche bibita ricostituente per sportivi…” e scompare,
velocissima.
Io
riprendo fiato, ma in fondo che mi agito a fare? Ayako non mi sembra un
tipo che si scandalizzi facilmente e comunque, grazie a lei, ho ottenuto
un risultato: Kaede non protesta più mentre lo porto finalmente nello
spogliatoio! Lì, lui si siede sulla panca.
“E
ora che devo fare, volpino?” gli chiedo. Ehm… nell’altra occasione
ricordo di avergli dato un calcio, ma ora decisamente non è più il
caso…
“Niente,
grazie. Ci penserà Ayako” la sua voce è normale e anche il suo viso,
ma credo che prima abbia sentito molto dolore. Sto per chinarmi e
baciarlo, ma proprio ora ci giunge all’orecchio il rumore dei passi di
Ayako, che sta arrivando. E, infatti, eccola.
“Trovato!
Bevi questo, Rukawa, mentre mi occupo della tua gamba. E tu, Sakuragi, vai
a mettere a posto la palestra, tanto di certo non continuerete…” dice,
porgendo il ricostituente al mio volpino. Super- efficiente come sempre…
Sì, però non è giusto, volevo essere io a occuparmi di lui!!!!! Voglio
dire, quando si ama qualcuno ci si vuole prendere cura di lui, no? E,
invece, devo andarmene…
“Ehi,
Ayako, ma tu che ci facevi ancora qua? Eri in cerca di qualcuno?” le
chiedo, prima di tornare in palestra.
“Ero
rimasta in biblioteca a studiare, stavo per uscire di scuola quando ho
sentito dei rumori provenire da qui e volevo curiosare… ma ora via,
Sakuragi: voglio fare quattro chiacchiere con il mio ex- compagno di
scuola delle medie!” e mi allontana scherzosamente, quasi spingendomi
fuori. Rukawa non fa una piega, devo specificarlo?
Già,
loro due si conoscono dalle medie… e io ringrazio il cielo che la
manager sia lei e non una di quelle invasate fan o non avrei mai potuto
lasciarli da soli nello spogliatoio! Torno a rivalutare un’idea che
avevo avuto qualche tempo fa: prima o poi farò un cartello con su scritto
“Questa volpe è proprietà privata di Hanamichi Sakuragi: si prega di
non toccarla e di non guardarla perché me la consumate”!! sì sì! Che
bella trovata… il genio colpisce ancora!
Ayako socchiude
la porta e mi si para davanti tutta esaltata, mentre io bevo il
ricostituente.
“Ah,
Rukawa! Da quanti anni ci conosciamo io e te? Avresti anche potuto
dirmelo, non credi? Veramente mi ero già accorta di qualcosa, ma oggi ne
ho avuto la conferma” parla a raffica e sembra contenta, ma decido di
rimanere sul vago per queste prime battute…
“Hn.
Sicura di aver capito bene?”.
Lei si inginocchia e inizia a massaggiarmi la gamba: “Ti fa male, Ru?
Tra un po’ andrà meglio…
Sì, sono sicura: devi sapere che io sono un’appassionata lettrice di
shonen ai e yaoi…
ho riconosciuto subito tutti i segnali! Scommetto che riesco anche a
indovinare i vostri ruoli…” mi guarda maliziosamente. Mm … qui
stiamo entrando in un campo minato…
“Ruoli?”
faccio un po’ il finto tonto.
“Sì,
chi è il seme e chi è l’uke! Dunque, a dispetto di tutto, scommetto
che…”.
“Questo
argomento è troppo intimo per parlarne” mi limito a dire, con voce
ferma, e lei capisce; ma qualcosa mi dice che ha compreso ben altro…
Ayako
si alza e si siede accanto a me. Per un po’ rimaniamo in silenzio, poi
sono io il primo a parlare per una volta.
“Da
che cosa te ne sei accorta?”.
“Oh, da tante cose…- il suo tono è gentile- Sapevo che spesso
restavate ad allenarvi, voi due da soli; una volta
vi ho visto nel laboratorio linguistico e tu gli stavi spiegando i
compiti di inglese; e, infine, l'espressione di Hanamichi lo tradisce: a
volte ti fissa in adorazione…
penso che ti ami davvero tanto”.
Già…
e non puoi immaginare quanto lo ami io…
“Come
va ora la gamba?” mi chiede, lievemente preoccupata.
“Ora
va bene, grazie” la rassicuro. Certamente non crollerò proprio a questo
punto.
Lei
annuisce: “Non era niente di serio: ricordo bene che, anche dopo il
crampo, giocasti benissimo nell’amichevole”.
“Lo
so” anche se ancora non ho mandato giù il risultato finale.
“Sai,
Ru…”.
Ha un attimo di esitazione, perfino lei: sa che non è facile parlare
con me; potrei anche approfittarne e interrompere qui la conversazione, ma
non voglio. Conosco Ayako dalle scuole medie e andiamo d’accordo. Forse
non la posso definire propriamente un’amica, perché in realtà non ci
vediamo mai fuori scuola, non ci telefoniamo, né ci confidiamo come fanno
gli amici. Ma vado d’accordo con lei: è l’unica ragazza con cui parlo
in tutta la scuola, probabilmente anche per via del suo atteggiamento un
po’ cameratesco. E poi lo sport e il basket le piacciono VERAMENTE! Non
come quelle cretine che vengono ad assistere alle partite solo per vedere
la mia faccia…
Tutto sommato, mi fa piacere parlarne con lei.
“Dimmi”
la incoraggio.
“E’ la prima volta che ti vedo fare qualcosa per qualcun altro”
dice gentilmente. Queste parole e la sua espressione affettuosa mi
colpiscono. Fare qualcosa per qualcun altro…
In effetti, tornando indietro nel tempo, non ricordo di essermi mai
interessato a qualcuno abbastanza da capire se avesse bisogno di
qualcosa…
“Vuoi
dire che, stando con lui, sono diventato migliore?”.
Ma lei scuote la testa: “Voglio dire che, secondo me, ora sei davvero
te stesso. Lo sai, vero?, che non è facile avere a che fare con te…
Eppure Hanamichi in qualche modo è riuscito a trovare il codice segreto
per entrare nel tuo cuore e ora tu, anche se solo con lui, sei finalmente
te stesso.
Ma non è una critica a quello che eri prima: è un complimento
a quello che sei ora. Ti sono affezionata, Ru, e sono contentissima per te!”.
“Grazie”
glielo dico sinceramente. Mi ha fatto piacere ciò che ha detto. Forse, in
un certo senso, è davvero un’amica.
“Quest’anno
sarai imbattibile, vedrai Ru!!” alza un po’ la voce, infervorandosi.
“Lo
penso anch’io” già, questo stupido crampo di oggi non significa
niente, io mi sento al massimo, molto più di quanto non mi ci sentissi lo
scorso anno.
“E
non lo dico solo perché ormai sei un giocatore fortissimo, ma perché
percepisco la nuova forza, la nuova calma che ti ha dato il sentimento di
e per Hanamichi. Quest’anno realizzerai il tuo sogno, vedrai!!” Ayako sembra davvero entusiasta. “Già. E l’anno prossimo
andremo in America” annuisco io.
“Insieme?”
per un attimo lei si meraviglia.
“Insieme”
confermo. Credi che me ne andrei senza di lui? Senza il MIO do’aho io
non andrei neanche a Tokio, figuriamoci in America…
Ayako mi sorride e si alza in piedi: “Bene! Sono davvero contenta di
aver parlato con te…
ehi, il ghiacciolo vivente ha parlato con me!…
ma ora è tempo che ti restituisca ad Hanamichi!”.
Fa
per andare alla porta, ma io la chiamo.
“Ayako”
non sarebbe da me, ma devo proprio farle un’osservazione.
Lei
si ferma prima di stringere la maniglia. E’ curiosa, lo so.
“Visto
che siamo in vena di confidenze…”.
“Sì?”.
“Quel
povero Miyagi…” inizio.
“Oh!
Dimmi” ora è un po’ imbarazzata.
“…mi
fa quasi pena” concludo.
Lei si appoggia alla porta, guarda a lungo il pavimento, poi torna a
fissare me: “Gli voglio un bene dell’anima, credimi, e anche qualcosa
di più. Ma non vorrei rovinare la nostra amicizia. L’amicizia è più
difficile da trovare dell’amore, non credi Ru?”. A questo non so
rispondere. Ma ho sempre pensato che la fortuna aiuti davvero gli audaci e
che il vero amore è fatto anche di amicizia. Hanamichi non è solo il mio
compagno, è anche il mio migliore amico. Ayako sembra interpretare il mio
silenzio, sorride leggermente: “Dovrò decidermi, prima o poi…
Stasera non stancarti troppo, mi raccomando!” mi dice maliziosa,
strizzando un occhio. Il mio do’aho sarebbe arrossito, ma io no. Lei se
ne va e mi arriva il suo grido nella palestra: “SAKURAGI! VIENI A
RIPRENDERTI IL TUO RUKAWA!!”. Meno male che ci siamo solo noi…
Hanamichi mi raggiunge, tutto rosso in viso: “Era ora!! Sempre al
centro dell’attenzione, eh volpino? Scommetto che se avessi avuto IO il
crampo, non sarei stato oggetto di tante premure!” borbotta lui, facendo
l’offeso.
“Se
fosse toccato a te, ci sarei stato io ad aiutarti” gli assicuro. Io e
nessun altro.
“Ooooh…il
mio volpino…vieni qui che ti porto in braccio fino alla bicicletta…”
ridacchia il mio do’aho.
CHE
COSA?!
Scatto
in piedi: “Se ci provi…”.
“…mi
ammazzi, sì, lo hai detto anche prima! Cerca di ampliare il tuo
vocabolario, stupida volpe” mi prende in giro. Scherza perché sa di
poterlo fare, sa che sto scherzando anche io.
“Do’aho!
Ora sto bene, ce la faccio a camminare da solo” ribadisco e, per
dimostrarglielo, cammino fino alla porta.
“Mm..
ok, torniamo a casa, volpino: ti farò un bel massaggio, proprio come in
quell’albergo…” Hanamichi mi guarda sorridendo. Vista la sua
ingenuità è capace di averlo detto in buona fede. Ma io apro la porta e
parlo con tono allusivo: “Proprio come in albergo?” mi ricordo come
andò a finire…
E,
infatti, ora mi ritrovo disteso sul futon, ma nudo, senza neanche
l’asciugamano che avevo l’altra volta; le mani di Hanamichi sono lente
e piacevoli su di me, ma ben presto si interrompono. Prima che possa
protestare, sento il bacio di Hanamichi sulla nuca e poi le sue labbra e
la punta della sua lingua che scivolano lungo la mia schiena. Io cerco di
soffocare una risata, lui si ferma, mi dà dei piccoli baci fra le
scapole: “Cos’hai da ridere, Kaede?” chiede fra un bacio e
l’altro.
“Mi
fai il solletico…” rispondo in un soffio.
“Uhm…
vediamo se ti fa ridere anche questo…” e di nuovo sento la sua bocca
e la sua lingua scivolare giù per la mia schiena e poi fare qualcosa che
mi lascia senza fiato e io inizio a sospirare, premo il viso contro il
cuscino. Lui si rialza, mi prende fra le braccia e mi volta, poi si china
a baciarmi profondamente: “Quando stiamo a letto voglio guardarti in
viso, Kaede” mi dice all’orecchio.
Gli
prendo il volto fra le mani, lo accarezzo: “Hn. Come mai sei così
audace, oggi?”.
Lui
arrossisce lievemente: “Ho il ragazzo più bello e sexy del mondo, non
è normale che mi vengano certe fantasie?”.
“Normalissimo…”
mi piace la sua risposta. Lo attiro a me e lo bacio, ma poi gli sussurro:
“Però questo è il massimo dell’hard che ci possiamo permettere
stasera” non ho bisogno di aggiungere altro, so che mi ha capito: sa
anche lui che dobbiamo riposare un po’ di più in questi giorni.
Hanamichi posa il capo nell’incavo della mia spalla, sento il suo
respiro sul collo.
“Sia
ben chiaro che io non sono stanco!” mi dice d’un tratto.
“Non
ho detto questo”.
“Puntualizziamo
che è un’idea tua, kitsune!” sembra quasi piccato…
“Lo
so”.
“Precisiamo
che potrei fare l’amore con te tutta la notte!” e continua, questo
cretino, come se ne dubitassi!
“LO
SO!! Mettiamola così: oggi siamo stanchi tutti e due…” in un altro
giorno forse lo prenderei in giro, ma oggi sono stranamente conciliante.
Lui
si rilassa, si sposta e tira il lenzuolo su di noi: “Non ti rivesti,
Kaede?”.
Mm…
mi è venuto un sonno terribile…
che ha detto il mio do’aho? Ah, sì… “No, stanotte no” dovrei
quanto meno muovermi per farlo e non mi va…
“Oooh…
meglio: così, se tra qualche ora cambiamo idea, tu sarai già
spogliato!” e sogghigna. Ti prego, amore mio, ora stai zitto e lasciami
dormire…
“Do’aho!”
è l’ultima parola che pronuncio prima di perdermi nel mondo dei sogni.
Beato
Kaede, che riesce a dormire sempre, dovunque e comunque! Questa scena mi
sa di già visto: io sveglio in contemplazione di lui che dorme… E’
vero, mi capita spesso, ma c’è un motivo. Ora lui è vulnerabile tra le
mie braccia. Sono gli unici momenti in cui IO ho tutto sotto controllo e
lui no. E non so se il Kaede che guardo adesso in realtà esista solo
nella mia fantasia o se sia vero. Ma in fondo, perché non dovrebbe essere
anche lui un po’ vulnerabile? So che ha sofferto, pure se non vuole mai
parlarne, e non so quanto quella ferita si sia rimarginata. Anche se
questo non ha importanza, perché Kaede è di quelle persone che diventano
più forti ogni volta che vengono ferite.
Osservo attentamente il suo viso, immobile nel sonno, e sorrido
pensando a quanto ci sia di inafferrabile in lui, a quanto sia
contraddittorio: Kaede è un egocentrico e anche un po’ egoista, ma
nessuno al mondo mi ha mai dato tanto come lui; mi rimprovera spesso e
volentieri, mi insulta tantissimo, eppure si fida completamente di me e
delle mie capacità; non gliene frega di niente e di nessuno, ma per me ha
saputo trovare uno spazio nel suo cuore dove solo il basket la faceva da
padrone… Potrei andare avanti per ore. Lo guardo e continuo a sorridere
e ne ho tutte le ragioni. Quest’anno realizzeremo il nostro sogno, lo
so. Sono veramente al massimo, mi sento fortissimo e il merito è di Kaede.
L’anno scorso, quando entrai a far parte della squadra, gridavo ai
quattro venti la mia bravura un po’ per convinzione, un po’ perché
farlo mi dava coraggio. Ma ora sono
completamente sicuro, perché so che Kaede mi ritiene bravo e si fida di
me e (diciamocelo!) uno come la kitsune non mi avrebbe mai guardato se non
fossi stato davvero un tensai… E’ per questo che sono sicuro. E visto
che il sonno proprio non ne vuole sapere di arrivare, torno con la mente
al campionato nazionale dello scorso anno… e vado a ricordarmi di quel
cretinissimo episodio! Cioè, cretinissimo… mica tanto… vi ricordate
di quel coso malefico del Toyatama ( come si chiamava? Minami? O qualcosa
del genere…) che fece un occhio nero al mio Kaede? Ecco, se qualcuno
riprova a fare una cosa simile io l’ammazzo, ve lo dico subito!!! Se la
mia volpe sapesse cosa vado pensando si arrabbierebbe, ma in questi
momenti sento un desiderio prepotente di proteggerlo e difenderlo;
lui mi direbbe che non ne ha bisogno, che ha la sua forza… A volte credo
che dovrei difenderlo dalla sua stessa forza… non so bene come
spiegarlo, è una sensazione irrazionale: proteggere qualcuno dalla sua
forza è un controsenso. Eppure ci sarà un motivo per cui provo tutto
questo… prima o poi capiterà qualcosa che mi illuminerà! E poi mi
sembra il minimo da parte mia, come se non sapessi che, in silenzio, lui
mi protegge sempre… Mi sento invadere dalla tenerezza, mi chino su di
lui e bacio a lungo le sue palpebre chiuse, lo bacio là dove
quell’animale gli aveva fatto del male…
“Hn…”
lui sospira, si muove appena.
“Stttt…
dormi, Kaede…- mi sdraio accanto a lui, che dorme su un fianco, e lo
guardo in viso, poi lo cingo alla vita- Dormi, amore mio…” .
Sono
l’uomo più felice del mondo!!!!
Parte seconda.- Fidati di me…
Canestro!
E
con questo fanno altri 200 canestri oltre a quelli dell’allenamento con
la squadra. Io e Hanamichi siamo al campetto del parco e ormai il tramonto
è vicino; lui è già seduto per terra e io lo raggiungo.
“Come
va?” gli chiedo, sedendomi accanto a lui.
“Con il basket bene, potrei continuare a tirare fino a mezzanotte…
ma prima abbiamo studiato troppo e ora ho un gran mal di testa!” si
lamenta lui.
Io alzo le spalle: “Neanche io mi sono divertito, ma è per limitare
le insufficienze…
credo di averle ridotte alle sole materie in cui davvero non capisco
niente. E poi…” mi interrompo perché parlare mi costa fatica dopo
tutti questi tiri, ma ormai dovrei saperlo che il mio do’aho non
sopporta le frasi lasciate a metà.
“E
poi, cosa? Ehi, kitsune, ti sei dimenticato il resto della frase?” mi
provoca. E io lo accontento, se non altro per farlo tacere.
“E poi, dobbiamo curare ogni cosa per questo campionato…non voglio
assolutamente ridurmi come Akagi e Kogure lo scorso anno” probabilmente
non mi sono espresso bene…
Infatti Hanamichi mi fissa accigliato e anche un bel po’ incavolato:
“Come sarebbe a dire, ridurti? Akagi e Kogure non erano certo due
persone da buttar via, stupida volpe presuntuosa!!”.
“Lo so benissimo- lo interrompo subito, per chiarire il
fraintendimento- Ma non ti ricordi lo scorso campionato? Erano già al
terzo anno, ogni partita poteva significare la fine del loro sogno…
Kogure era sempre in ansia per questo. Io non voglio assolutamente stare
nella stessa situazione l’anno prossimo, quindi dobbiamo dare il massimo
per vincere quest’anno! Dobbiamo ragionare come se fossimo QUEST’ANNO
studenti di terza”.
Gli occhi sgranati del mio do’aho si fissano nel mio sguardo deciso:
“Aaaah! Capisco, kitsune…
e l’anno prossimo, quando saremo davvero in terza, in che termini
dovremmo pensare a noi stessi?” ironizza lui.
“Nei termini di chi vincerà il campionato nazionale per due volte
consecutive” rispondo subito. Miro sempre in alto, io, ma so che anche
Hanamichi non è da meno; assume un’espressione di sfida, mentre nei
suoi occhi passa un lampo orgoglioso: “Ma certo, kitsune! Vinceremo
quest’anno e il prossimo…
entreremo nella storia del basket mondiale!!! Entrerò nel mito del
basket giapponese…”.
Sì,
sì…
Ho
bisogno di rilassarmi un po’: tiro fuori il walkman dal mio borsone e mi
metto le cuffiette, mentre lui continua a parlare dei titoli di giornale
che saluteranno le sue imprese…
“Mi
vuoi ascoltare, stupida volpe?!”.
No,
amore mio, non ora: ora la mia mente ha bisogno di musica. Mi piace
moltissimo ascoltare la musica. Soprattutto rock, giapponese o americano.
In genere ha un effetto estraniante su di me, mi aiuta ad estraniarmi dal
mondo; ma non tengo mai il volume troppo alto, un lieve sottofondo è più
adatto a me.
“KITSUNEEEE!!!
Non ignorarmi!! Come puoi
preferire ascoltare la musica piuttosto che le soavi chiacchiere del tuo
ragazzo preferito?”.
“Hn”
mi diverto a provocarlo, ma in effetti il mio do’aho ha ragione: la voce
di Hanamichi è musica per me…
Kaede getta indietro
la testa e ride, mentre io gioco con lui, accarezzo il suo corpo nudo e
gli faccio il solletico. E io sorrido felice: Kaede è tra le mie braccia
e RIDE con me; è ancora raro che lo faccia spontaneamente, devo sempre
ricorrere a qualcosa (tipo il solletico o qualcuna delle mie geniali e
originalissime battute), ma dato che prima che stessimo insieme non rideva
MAI, la considero una mia conquista personale! Mi chino a baciarlo e mi
sento raggiante, perché anche io ho un potere su di lui: sono l’unico
al mondo in grado di farlo ridere e sorridere e alla fine questo è
l’unico potere che mi interessa avere… perché è bellissimo sapere di
riuscire a rendere felice la persona amata.
“Kitsune,
ci siamo riposati parecchio in questi giorni…”.
“Sì”
i suoi occhi stupendi mi squadrano maliziosi.
Lo
faccio sdraiare sotto di me, gli mormoro: “Voglio fare l’amore con te,
voglio sentire il calore del tuo corpo… è sempre così caldo,
quando…” arrossisco un po’ nel dire queste cose, ma è quello che
provo e volevo che lo sapesse. Vorrei tanto chiedergli cosa prova lui,
quando facciamo l’amore, ma non credo che gradirebbe una simile domanda.
Non ancora, per lo meno…
Gli
occhi di Kaede mi fissano intriganti e provocanti, iniziamo a baciarci e
il mio desiderio di lui mi travolge come sempre.
Dopo,
restiamo a guardarci negli occhi, senza dire una parola: devo ammetterlo,
inizio a capire il fascino del silenzio e del non-detto; rifletto sul
fatto che in me sono cambiate molte cose da quando sto con Kaede, ma non
so neanche quanto sia esatto… forse sarebbe più giusto dire che il mio
adorato volpino mi sta permettendo di scoprire tanti aspetti di me che
ancora non conoscevo. Chissà se anche Kaede ha scoperto qualcosa di sé,
grazie a me…
Tanto
lo so che non lo ammetterà mai!!!
Ma
ora i suoi bellissimi occhi mi guardano e io scorgo la gratitudine in
loro; non la esprime facilmente a parole, ma sa che ormai riesco a leggere
nel suo sguardo. E mi si scalda il cuore.
La
nostra tranquillità si incrina la sera dopo.
Scendo
al piano di sotto e mi giungono le sue ultime parole sibilate contro il
telefono. “…ecco, bravo! Restatene a Tokio, finalmente l’hai
capito!” e poi sbatte giù la cornetta.
Rimango
interdetto; non ha gridato, non ha alzato la voce, ma il suo tono mi ha
raggelato. Chissà che effetto ha avuto su suo padre… Perché c’era
lui dall’altra parte del filo, non ho neanche bisogno di chiederlo. Mi
sa che si sta avvicinando la rottura definitiva tra padre e figlio e mi
sento un groppo in gola.
Lo
raggiungo; è in cucina e sta bevendo del latte direttamente dal cartone,
cosa che fa sempre quando è nervoso.
“Kitsune?”.
“Non
ora!” mi avverte, glaciale, per poi riporre il latte nel frigorifero.
Ci
rimango male, è inutile nasconderlo, ma decido di non dargliela vinta.
Ecco… adesso ho capito cosa intendevo quando dicevo di volerlo difendere
dalla sua stessa forza! Ha bisogno d’aiuto, ma non lo ammetterà mai,
crede di poter risolvere tutto da solo e così carica troppo il suo
animo… Ma ormai ci sono io nella tua vita, kitsune, e ti aiuterò a
qualunque costo.
Kaede
mi passa accanto e torna nel salotto; si siede sul divano e porta un
ginocchio al petto. Mi piace tanto questo gesto, fatto da lui, ma ora
esprime solo tristezza. Mi siedo vicino a lui, cercando qualcosa di
sensato da dirgli, poi mi rendo conto che noi due non abbiamo più parlato
di quel che mi raccontò in una notte di febbre alcuni mesi fa, quando non
stavamo ancora insieme.
“Forse…
forse non diceva sul serio” parlo d’impulso, guardando il suo profilo
perfetto. E Kaede si volta verso di me: ha capito che non mi sto riferendo
alla lite appena avvenuta, ma a quella frase infelicissima e cattivissima
pronunciata tanti anni fa…
Lui
scuote leggermente la testa: “No, diceva sul serio. Ma lo capisco,
sai?”.
“Cosa?!”
sono esterrefatto.
Rukawa
alza le spalle: “Lo capisco. Mia madre è morta che io avevo sette anni,
in quell’occasione vennero a trovarci dei lontani parenti che poi non ho
mai più rivisto… ricordavano tutti quanto fosse stato profondo e bello
l’amore dei miei genitori… E mio padre si è ritrovato da solo con un
bambino introverso e silenzioso… perché non avrebbe dovuto preferire di
volere lei?” la sua voce è assolutamente atona, come se stesse parlando
delle previsioni del tempo e questo mi preoccupa.
“Ma
è da allora che l’hai detestato…” gli faccio notare. Forse l’avrà
capito, ma di sicuro non l’ha accettato. E, del resto, come si fa ad
accettare che tuo padre avrebbe scelto la tua morte, se avesse potuto?
“Hn”
è tutta la sua risposta.
Tendo
le braccia e faccio per stringerlo a me: voglio consolarlo, voglio fargli
capire che può condividere il suo dolore con me, voglio proteggerlo. Per
una volta… almeno per una volta…
Ma
Kaede si divincola.
“Cosa
credi di fare?” mi chiede, irritato.
Mi
sto alterando… ma dovrei capirlo, in fondo: neanche a me piace svelare i
miei punti deboli.
“Kitsune,
so che sei forte e che non hai bisogno della mia consolazione. Ma io mi
sentirei meglio, se potessi starti vicino. Potresti farlo per me? Per una
volta, potresti farmi credere di aver bisogno di me?” la mia volpe non
dice una parola, non muove un muscolo e non cambia espressione, ma quando
tendo di nuovo le braccia si lascia stringere; dopo poco sento che il suo
corpo si rilassa contro il mio e io lo abbraccio più forte.
“Ti
fa ancora male, vero Kaede?”.
Sono
sicuro che questo sia il momento giusto per chiederglielo. Per favore,
Kaede, non credere che il mio amore possa sminuire la tua forza: io ho
smesso tanto tempo fa di pensare che il tuo amore avrebbe potuto
indebolirmi… Nessuno meglio di me sa quanto sia difficile trovare la via
giusta per uscire da un dolore e per chi è forte come noi forse è ancora
più difficile, perché non possiamo permetterci di chiedere l’aiuto
degli altri. Siamo forti, tutti si aspettano che ce la faremo da soli…
Ma io non sono gli altri. Fidati di me, ti prego…
“Ti
fa ancora male, vero?” chiedo di nuovo.
“Sì”
dice lui, in un soffio.
Si
è fidato di me.
Il
cuore mi batte forte. Nel silenzio assoluto che ci circonda riesco a
sentire il battito del suo cuore. Rimaniamo abbracciati, senza parlare,
per un tempo lunghissimo; Kaede ha appoggiato il viso al mio torace e io
lo stringo e provo la bellissima consapevolezza di poter fare qualcosa PER
LUI. Mi chino su di lui e gli mormoro all’orecchio: “Ti amo più di
qualsiasi altra cosa al mondo, Kaede”.
“Ti amo più di
qualsiasi altra cosa al mondo, Kaede”.
Il
mio do’aho sta imparando proprio bene a dire le cose giuste al momento
giusto. Io gli accarezzo una guancia: è il mio modo di ringraziarlo.
Sei così importante per me, Hanamichi…
Sei il mio migliore amico, il mio UNICO amico, il mio compagno di
squadra, il mio dolce innamorato, il mio appassionato amante. E,
soprattutto, sei colui che mi conosce meglio e io ora penso a te anche
come alla mia famiglia. Abbiamo avuto tutti e due problemi con la
famiglia, ma io ho perso la mia molto prima di lui. E ora mi sembra di
averla ritrovata. Improvvisamente prendo una decisione.
“Do’aho?”.
“Che
c’è?”.
Alzo
il viso e lo guardo dritto negli occhi: “Vieni a vivere con me”.
“Perché,
dove sto in questi giorni?” mi chiede con aria stupita. Ma perché a
volte è ancora così cretino?!
“Io
voglio che tu stia sempre qui, che ti ci trasferisca. Parla con tua
madre!” il mio do’aho non distoglie lo sguardo dal mio, ed è un buon
segno, ma lo vedo preoccupato.
“Dovrei
dire a mia madre di noi due?”.
Che
intuito, amore mio…
“Perché
no? In fondo, non reagirà certo peggio di mio padre” già, di quel
brav’uomo che ha saputo esprimere solo disgusto per le mie scelte di
vita.
“Poco
ma sicuro” sorride Hanamichi.
“Allora
le parlerai?” insisto. Voglio essere certo che lo farà e quando voglio
qualcosa sono abituato ad ottenerla subito.
“Andrò
a parlarle domani”.
Sembra
sicuro, ma non si sa mai, meglio sfidarlo…
“Per
caso hai paura, do’aho?” insinuo.
“Il
tensai non sa cosa sia la paura!” proclama lui.
Io lo abbraccio di nuovo, senza
dire altro. Restiamo così per il resto della serata.
Ho
parlato con mia madre e lei si è arrabbiata tantissimo, ma non per il
motivo che pensate voi. Quando ho ammesso di fronte a lei che io e Rukawa
stiamo insieme, si è infuriata con me: “Hanamichi, mi hai preso per una
rimbambita? Figlio irrispettoso!!!” mi ha sgridato. Io ho avuto quasi
paura…
“Pe…
perché dici così?” le ho chiesto, completamente spiazzato dalla sua
reazione. Chi le capisce le donne…
“Pensavi
davvero che fossi così cieca e stupida da non averlo già capito? Hai
proprio una bella opinione della tua mamma!”.
Io
l’ho guardata, esterrefatto: “E da che cosa l’avresti capito, scusa?
Io sono sempre stato attento a non tradirmi di fronte a te”. Ma lei ha
sospirato con rassegnazione : “Oh, da niente… Forse dal fatto che hai
trascorso gli ultimi mesi vivendo quasi sempre da lui! Secondo te questo
dettaglio avrebbe dovuto sfuggirmi? E poi ti innervosivi quando ti
chiedevo di lui…”.
Mm…
io ero incerto, non avevo capito come l’avesse presa in realtà, a parte
questa arrabbiatura per le sue capacità intuitive messe in discussione,
ma la domanda più difficile faticavo a fargliela.
“E
allora?” mi ha chiesto lei, approfittando del mio silenzio.
“Allora,
cosa?”.
“Avrà
un nome questo ragazzo, no? Il suo cognome già lo conosco…”.
“Si
chiama Kaede” le ho detto sorridendo. Adoro il suo nome, mi piace
tantissimo il suo suono forte e dolce al tempo stesso. Forte e dolce come
la mia kitsune…E mia madre sembra pensarla proprio come me: “Kaede…
è un bel nome. Voglio conoscerlo, devi presentarmelo”.
Io
ho deglutito: “Sì, be’… non subito, mamma, già ci metterò mesi a
riprendermi da questa conversazione… però ho una sua foto!” aggiungo,
per calmare la sua curiosità. Ehm… sì, ne tengo una nel portafoglio,
ma la volpe non lo sa. Non so se gli farebbe piacere. Comunque, mia madre
è curiosa come tutte le donne e quindi è impaziente che io gliela
mostri.
“Ma
quanto ci metti a prenderla?! Guarda che disastro quel portafoglio, è
disordinatissimo!” mi sgrida, si vede che oggi è in vena… Quando
finalmente le porgo la foto, lei la guarda a lungo e poi
mi fissa, mentre io aspetto il suo commento col fiato sospeso.
“E’
un ragazzo molto bello… E’ sicuro di voler stare con te?!”.
AAAARGHHH!!!
Anche lei !!!! Ma perché ?!?! E ora è il mio turno di arrabbiarmi : “Sì,
è sicuro!! Perché diavolo non dovrebbe?!- poi mi addolcisco- Ma hai
ragione, lui è bellissimo…”.
Altro
silenzio. A quel punto le ho fatto la domanda che avevo tanto temuto.
“Mamma,
sei arrabbiata con me?”.
Lei
ha guardato di nuovo la foto, poi mi ha sorriso leggermente: “Sai, non
è quello che una madre sogna per suo figlio… non ci si aspetta mai che
sia così… Quando ho capito, all’inizio non sapevo che pensare, ma in
seguito ho avuto molto tempo per riflettere e per guardarti. Sei sempre
stato allegro, Hanamichi, ma ora mi sembri radioso. Vedo che sei felice. E
se il merito è di questo ragazzo, a me va bene così”. Mia madre è un
genio!! Ha preso tutto da me… no, che dico?! Cioè, volevo dire che io
ho preso tutto da lei, ecco perché sono un tensai!! Comunque, queste sono
state le parti salienti della conversazione.
Torno
a casa e salgo istintivamente al piano di sopra: non ho bisogno di cercare
altrove per sapere che Kaede è lì. E infatti lo trovo in camera sua (a
questo punto dovrei dire “nostra”) che sta leggendo una rivista sul
basket, seduto per terra.
“Ooooh…
il volpino del mio cuore!” lo saluto, con un sorriso che mi va da un
orecchio all’altro.
“Hn”.
“Tutto
qui? Potresti anche sprecare due parole per salutare il tuo compagno,
considerando che da oggi conviviamo!” lo dico tutto d’un fiato e lui
comprende e per me è meraviglioso vedere l’effetto che questa notizia
ha su di lui. Kaede non sorride, ma non serve: il suo viso è raggiante. E
per merito MIO!!! Io gli racconto della conversazione con mia madre, di
quanto sia stata ben disposta (“Praticamente convivete già!”), di
quanto io sia contento di essermi confidato con lei…
“Avevo
di nuovo ragione, do’aho, visto?”.
Sarà
anche vero, ma mi sale ancora il sangue al cervello quando lo dice:
“Grrr… bada a come parli, kitsune! Solo un genio come me può avere
ragione!”.
Kaede
inclina il viso in un modo che mi fa impazzire: “Sicuro di aver preso da
tua madre? No, perché me ne parlavi come di una donna intelligente…”.
“KITSUNEEEE!!!”
mi slancio su di lui, ma alla fine è solo una scusa per ritrovarci
sdraiati, stretti in un bacio appassionato.
Gli
passo le mani fra i suoi capelli di seta e lui mi morde dolcemente le
labbra; poi mi sbottona la camicia e inizia a carezzarmi e baciarmi il
torace e io vado subito in tilt… Protesto un po’ quando lo sento
spostarsi: “Oi kitsune, e ora cosa vuoi fare?”. Ma lo capisco
immediatamente quando le sue mani sbottonano i miei pantaloni.
“Qualcosa
che so che ti piace…” mi dice maliziosamente, prima di sigillare la
sua bocca su di me. Piacermi? Divento matto quando lo fa, è terribilmente
bravo…
Ma
l’atmosfera più strana si crea durante la cena. Non è cambiato niente,
ma allo stesso tempo è cambiato tutto da ieri. Non c’è più quella
provvisorietà che ha caratterizzato la nostra vita fino ad adesso e
questa consapevolezza ci fa stare bene.
“Da
domani arriveremo a scuola un’ora prima, per fare qualche tiro in
palestra” mi dice all’improvviso la mia volpe, facendomi saltare i
nervi: “Stupida kitsune! Sai cosa mi manda in bestia? Che tu non domandi
mai, tu ANNUNCI e dai per scontato che io ti darò retta!”.
Lui
non si scompone minimamente: “Sarà bene che tu faccia proprio così per
quanto riguarda il basket…”.
“CHE
COOOOSA?!”.
“…
e dovresti farlo in generale, comunque”.
“STUPIDA
VOLPE!…” sto per insultarlo, ma me lo ritrovo addosso e i miei insulti
mi muoiono in gola e non posso fare altro che incollare le labbra alle sue
e baciarlo con ardore; gli mordo leggermente il labbro inferiore, faccio
in modo che la mia lingua cerchi e trovi la sua…
Quando
ci separiamo, lo guardo in viso, mentre le mie braccia lo cingono alla
vita. La sua espressione è straordinariamente sicura.
“Sai,
do’aho, questa è una giornata importante: si è chiuso un periodo della
nostra vita e ne è iniziato uno nuovo” mi dice con la sua bella voce
profonda.
Io
annuisco e gli bacio la punta del naso.
“Già…
è iniziata l’era del tensai!! Hahahahah…”.
“Do’aho!
Non farmene pentire subito!”.
Parte terza.- Un ultimo sforzo.
Per
oggi gli allenamenti sono finiti. Vorrei sonnecchiare un po’ prima di
riprenderli da solo con il mio do’aho, ma noto che Ayako mi si sta
avvicinando con un gran sorriso; spero solo che non voglia di nuovo
parlare della mia vita privata, davvero non mi va…
“Posso
chiederti un favore, Ru?” mi domanda a bassa voce. Con la coda
dell’occhio mi accorgo che anche Miyagi è a pochi passi da noi.
“Dipende”
rispondo io.
Hanamichi
sente le nostre voci e ci raggiunge in meno di due secondi netti, un po’
per curiosità, un po’ (credo) perché si sta rivelando anche lui
parecchio possessivo nei miei confronti.
“Che
c’è? Cosa dite? Che succede?” si agita subito, facendo casino.
E
dire che credevo di essere io quello geloso! Ma non gli bado, perché devo
ascoltare Ayako.
“Domani Ryota deve fare l’ultimo test di inglese della sessione:
sono sicura che avrebbe più possibilità se potesse ripassare con te”
mi dice lei, sempre sorridente. Uhm…
la cosa in sé non mi entusiasmerebbe affatto, ma anche il mio do’aho
domani ha il test d’inglese e, soprattutto, la squadra deve poter
contare sul capitano.
“D’accordo, ma si fa come dico io: ora io e Sakuragi faremo un
allenamento supplementare, poi raggiungeremo Miyagi nel laboratorio
linguistico e lì questi due faranno dei test di prova” dico con la mia
voce più fredda e impersonale. E infatti nessuno osa contraddirmi.
Miyagi ingoia amaro, ma annuisce; Ayako mi sorride compiaciuta; il mio
do'aho mi guarda un po' imbronciato, poi mi si avvicina quando gli altri,
a poco a poco, lasciano la palestra.
“Perché
gli hai detto che avremmo studiato qui a
scuola?- mi chiede- Non saremmo stati più comodi a casa?”.
Ma perché non pensa mai a niente?! Sei sempre impulsivo, Hanamichi…
e a me piaci tantissimo così!!
“Avremmo
dovuto dirgli di noi due: ormai per casa ci sono le tue cose sparse
praticamente ovunque…” gli rispondo a bassa voce.
Lui
la prende come una critica e si imbroncia ancora di più: “Per caso ti
dispiace, stupida volpe?”.
Io
mi protendo e lo bacio leggermente: “Affatto, do’aho! Ne sono
contento”.
E lui mi sorride di nuovo: “Ehehehehe…mi sarei stupito del
contrario! Però…- e ora si acciglia- …
però non vuoi che Ryota sappia di noi. Perché? Ormai ci ho preso gusto
nel raccontarlo, io…”.
Lo
zittisco con uno sguardo: “Non lo metto in dubbio, do’aho, ma io non
conosco abbastanza Miyagi da saper prevedere la sua reazione a questa
notizia”.
“E
allora?” e ridacchia con un atteggiamento di sufficienza che non mi
piace per niente.
“Finora siamo stati fortunati, ma non ci andrà sempre così bene…
e bada che a me non fregherebbe niente della sua sensibilità ferita, se
dovesse scandalizzarsi. Lo dico per la squadra”.
Il
mio do’aho mi fissa dubbioso: “E da quando ti preoccupi per la
squadra?”.
“E
va bene: lo dico per ME. E per te, anche. Per noi sarebbe molto seccante
perdere il campionato a causa di eventuali tensioni in squadra date da
questa rivelazione, no? Magari dopo glielo diremo, ma non prima”.
Hanamichi
sembra pensieroso.
“Ci
siamo capiti, vero do’aho?” gli sussurro, un po’ minaccioso.
“Ma certo! con chi credi di parlare?! E poi è vero: il nanerottolo
non ha i nervi saldi come il grande tensai, non vorrei che entrasse in
crisi…
ahahaha!!! Sì, meglio lasciarlo tranquillo, così non avrà scuse per
non essere alla mia altezza e…”.
Sì,
sì, amore mio, li so a memoria i tuoi bla bla bla…
“Adesso
alleniamoci” cerco di riportarlo con i piedi per terra.
“Forza,
volpino: ti sfido!”.
Dentro
di me sorrido: non ne vedevo l’ora, Hanamichi…
E dopo aver perso la
sfida contro la mia stupida volpe, mi ritrovo nel laboratorio linguistico,
seduto di fronte a Miyagi, mentre la kitsune dirige il nostro studio con
piglio militare. Io e Miyagi ci rilassiamo e chiacchieriamo solo quando
Rukawa si mette a correggere i nostri esercizi.
“Di’
un po’, scimmione: come avete fatto tu e Rukawa a trovare un accordo?”
mi chiede Ryota, sottovoce, con tono indagatore.
“Che
cavolo vuoi dire?” chiedo a mia volta, sulle difensive.
“Be’
le risse sono diminuite drasticamente, talvolta vi parlate e riuscite ad
accennare perfino un gioco di squadra… E’ così da molto tempo, lo
abbiamo notato tutti, ma come avete fatto?”.
Accidenti
a lui, di quante cose si è accorto!!! Dice che riusciamo a parlarci…
chissà che faccia farebbe se vedesse come “comunichiamo” quando
stiamo da soli!!!!! Ma ho assicurato alla mia volpe che non mi sarei
tradito e non voglio deluderlo.
“Semplice:
il grande tensai ha deciso di fare uno sforzo per sopportare
l’idiotissima volpe e c’è riuscito. Per me non esiste la parola
impossibile!” proclamo a voce alta. Sono credibile, no?
“Mm…
certo che…”.
La
frase di Miyagi viene interrotta da Rukawa, che ci mette sotto il naso i
test corretti.
“Non
vanno ancora troppo bene, provate a farne un altro: non ci devono essere
errori” e ci porge altri fogli di esercizi, guardandoci freddamente.
Miyagi
lo fissa e ridacchia:
“Rukawa, cerca di ammorbidirti un po’ per l’anno prossimo! Non è
bello quando le matricole hanno paura del loro capitano…”.
“Hn”
è il commento del mio Kaede.
Queste
parole mi insospettiscono, meglio indagare…
“Scusa,
tappetto, ma non afferro il senso del discorso”.
Ryota
si stringe nelle spalle: “Il solito tonto! L’anno prossimo sicuramente
Rukawa sarà capitano, ma le matricole scapperanno tutte, se sarà il
solito pezzo di ghiaccio intrattabile”.
“EHI,
FERMI TUTTI!!!!- esplodo, arrabbiatissimo- Che accidenti vuol dire che
Rukawa sarà il prossimo capitano?! IO sarò il capitano, il legittimo
successore del Gorilla, lo dicono tutti!! Lo hanno sempre saputo tutti!!!
Lo dicono dallo scorso anno!!” sono davvero arrabbiato.
“Eri
l’unico a dirlo, non l’ha mai pensato nessun altro” è il commento
sogghignante di Miyagi.
“CHE
COSAAAAARGHHH!!!” maledizione, sono finito di botto con la faccia
premuta sul tavolo e sento una mano forte che mi tiene ferma la testa. So
subito che è Kaede. Il mio adorato volpino si china su di me e mi
bisbiglia all’orecchio: “Non fare casino e studia l’inglese, do’aho!!!”
poi si raddrizza e mi lascia andare e io salto su, massaggiandomi il naso
dolorante (è un miracolo che non perda sangue!) : “Dannata volpe, come
ti sei permesso, non provarci mai più!” gli agito il pugno sul viso e
forse Miyagi si meraviglia che io non lo abbia ancora colpito.
Il
mio Kaede non fa una piega, si limita ad indicarci con gli occhi i fogli
dei test davanti a noi.
“Sigh…”
sospiro io.
“Sob…”
si lamenta Miyagi.
Torniamo
a casa che io ho i nervi a fior di pelle. Cioè, non proprio… sono molto
stanco e ho fame e mi urta parecchio che Kaede si preoccupi della cena dei
gatti prima che della nostra. Guardiamo nel frigorifero e nella credenza,
mentre i mici ci miagolano intorno.
“Stai
buono, Hana!” dice lui e basta questo per farmi saltare su .
“COSA
C’E’ ORA?? IO NON STO FACENDO NIENTE!!” sempre a rimproverarmi,
ecco…
“Stavo
parlando al gatto, do’aho!” taglia corto lui, prendendo in braccio il
suo batuffolo nero; se lo porta al viso e lo accarezza con la guancia,
mentre versa latte e croccantini nelle loro ciotole.
“Kitsune,
presta attenzione a me!- protesto io- Andiamo a cambiarci, dai…”
voglio che lui pensi solo a me, accidenti! Voglio essere al centro di
tutti i suoi pensieri!!
“Hn”
lui lascia perdere le due belve e, insieme, saliamo al piano di sopra per
lavarci e cambiarci. Sembrerà strano, ma questo è uno dei momenti della
giornata che aspetto di più (l’altro avete capito qual è, vero?): è
l’ora in cui chiudiamo il mondo fuori di casa e ci dedichiamo a noi come
coppia, senza pensare alla squadra o alla scuola; già il fatto stesso di
toglierci la divisa è come staccare la spina almeno per qualche ora e
durante tutto questo tempo io voglio che Kaede pensi solo a me.
Naturalmente
lui è più veloce di me, così quando torno in cucina scopro che la mia
volpe ha avuto l’idea di mettere nei nostri piatti un po’ di insalata,
insieme ad altre verdure.
“Kitsune,
che cos’è questa roba?!” sono davvero allarmato: la nostra cena non
si ridurrà mica a questa erbetta verde?!
“Le
verdure sono leggere e nutrienti, do’aho. Ma, se vuoi, possiamo cuocerci
due hamburger…”.
Già
questo mi suona meglio!!
Nel
complesso la cena scorre tranquilla, poi io e il mio meraviglioso volpino
ci trasferiamo sul divano del salotto; era tutta la sera che aspettavo
questo momento… oggi Kaede mi sembra più dolce del suo solito e mi
accorgo che io sono davvero al centro della sua attenzione… Stiamo per
baciarci, le nostre labbra si avvicinano… ma un tremendo fracasso
proveniente dalla cucina ci interrompe sul più bello!!! So già chi è il
colpevole… dannati gatti…
Arriviamo
sul luogo del delitto e scopriamo che le due pantere, probabilmente
giocando, hanno mandato all’aria le
ciotole con il loro pasto. Il pavimento è pieno di croccantini e di
latte… SIGH!!! Se avessi fatto io un disastro simile, sarei nel pieno di
una scazzottata con la volpe, invece lui non fa una piega contro i suoi
gatti e inizia a pulire, aiutato da me. Prima finiamo, prima torniamo sul
divano o meglio direttamente a letto...
“La
pazienza la riservi sempre agli altri, eh kitsune?!” gli chiedo, un
po’ polemico.
“Sono
molto paziente con te, do’aho”.
Mm…
forse dal suo punto di vista è vero, però vorrei si rendesse conto che
anche il grande tensai sta dando una magistrale prova di pazienza. Vi
faccio un esempio. Mettiamo che io debba uscire e Kaede non sia in casa…
che ne so, un improvviso invito di Yohei per andare in sala giochi o una
folgorante trovata dalla sicura riuscita per togliere di mezzo Akira
Sendoh una volta per tutte… comunque, io gli lascio sempre un biglietto,
tipo “Sono andato con Yohei alla sala giochi che sta nella strada x,
vicino alla traversa y, quella che ha al fianco il negozio xy…”
insomma, alla fine più che un biglietto sembra un tema! Tante volte
volesse raggiungermi o si preoccupasse, sapete…
Ecco
invece il biglietto- standard che
mi lascia Kaede se è lui a uscire mentre io non ci sono: “Sono fuori
casa K.”, dove non ho
ancora capito se la K. stia per Kaede o per kitsune!! Uhm, credo stia per
Kaede, però. Vabbe’, lui quando esce o va al campetto di basket o al
negozio di animali o a quello di musica, ma mi piacerebbe che tenesse in
conto la mia preoccupazione… mi sentirei più tranquillo…
“Hana…”.
La
sua voce mi distoglie dalle mie blande recriminazioni silenziose, ma non
farò due volte la figura del cretino, fraintendendo.
“Hana?”
ora Kaede sembra irritato.
“Stavolta
ce l’hai con me o con il gatto?” gli chiedo, sulla difensiva.
“Con
te. Senti… lo so che è faticoso…”
E
ti pareva, ho sbagliato ancora…ma che sta cercando di dirmi?
“Siamo
tutti e due sotto pressione, ma ormai la partenza è vicina e così il
campionato nazionale… dobbiamo fare un ultimo sforzo, ok?”.
Gli
sorrido, felice.
Hai
parlato al plurale, Kaede! Certo che farò un ultimo sforzo, è anche il
MIO sogno vincere questo stupido campionato! Vincerlo con te.
“Il
tensai è in grado di sostenere qualunque sforzo, stupida volpe” gli
ricordo, e rido.
“Do’aho…”
mi dici, ma il tuo sguardo mi accarezza, facendomi capire che conti su di
me. Non ti deluderò, Kaede. E non deluderò me stesso.
“Su,
Hana, vieni qui!”.
“Dove?”
gli chiedo subito. Magari vuole farlo sul pavimento della cucina, che cosa
romantica!!!
“Stavo
parlando con il gatto. Do’aho, possibile che ti sbagli sempre?” e
infatti ecco vicino a lui il micetto più piccolo in cerca di coccole e di
croccantini.
Sembra
ironico, il mio Kaede, quel tanto che basta per farmi arrabbiare: “E’
colpa tua, kitsune! Le persone normali hanno sfumature diverse nella voce
a seconda delle situazioni, invece tu sei atono e non sembra ci sia
differenza se parli con me o con il gatto o con il pallone da
basket!” gli dico in tono accusatorio. Lui mi fissa gelidamente, perché
non è bravo ad accettare le critiche del grande tensai; poi guarda il
gattino che si sta strusciando contro la sua gamba.
“Sembra
che questa omonimia ti crei troppi problemi, do’aho: va bene, gli
cambierò nome”.
Eh?
Kaede
si inginocchia e accarezza il micetto: “Su, vieni in braccio, Akira…”.
CHE
COOOOSAA?!?!
“KITSUNEEEE!!!
NON CI PROVARE, SAI?” urlo, con tutto il fiato che ho in gola. Lo dice
per punzecchiarmi, lo so, e so che posso fidarmi di lui, ma la mia gelosia
non è scomparsa, è sempre qui…
“Io
chiamo il mio gatto come mi pare” dice lui, con la sua più bella faccia
da schiaffi. Grrr… Con una mossa fulminea lo rovescio per terra
(terrorizzando il gattino, che finalmente si allontana) e incastro il mio
corpo sul suo, poi mi chino e lo bacio appassionatamente.
“Allora,
come hai detto che si chiama quello stupido gatto?” gli chiedo, a fior
di labbra.
I
suoi occhi brillano: “Hai ragione, è un gatto stupido… quindi non può
che chiamarsi Hana!” e fa una smorfia maliziosa, di sfida.
AAAARGH!!!
Perché mi si ritorce tutto contro? PERCHE’??
Ma
non ho tempo di lamentarmi: le braccia di Kaede mi avvolgono il collo,
premono sulla mia nuca per farmi chinare la bocca sulla sua. Mm… il
paradiso… E così anche da un incidente domestico può nascere qualcosa
di buono… ehehehehehe…
Parte quarta.- Era destino…
Per fortuna i
test di fine sessione sono finiti. Io, il do’aho e Miyagi ce la siamo
cavata tutti con due o tre insufficienze e questo non pregiudicherà la
nostra partecipazione alle attività del club e non ci costringerà a ore
di recupero per lo studio. Comunque io e Hanamichi avremo tutto il tempo
per migliorare i nostri voti nelle sessioni successive. Il fatto che ne
parli poco non significa che io non pensi più di tanto al nostro
obiettivo: andare a studiare e giocare negli Stati Uniti subito dopo il
diploma. E ora posso davvero dire “nostro”. Il mio do’aho si sta
impegnando davvero molto: il suo inglese è migliorato parecchio e ha
iniziato a leggere i miei libri sull’NBA. Ma mi
dispiacerebbe se
questo suo appassionarsi fosse dovuto solo al suo desiderio di far
contento me; invece vedo che ormai si è reso conto che quel traguardo è
degno di lui, delle sue potenzialità e che ha fatto sua questa ambizione
staccandola completamente da me: insomma, non vuole più partire per
l’America solo per starmi vicino, ma anche perché vuole vivere questa
sfida per se stesso.
I risultati degli esami ci hanno rassicurati e gli allenamenti sono
molto più calmi, nonostante le continue intemperanze del mio do’aho,
che ha ricominciato a proclamarsi arma segreta dello Shohoku…
Io sbuffo quando lo dice, ma in fondo mi fa piacere vederlo di nuovo così
spensierato, ora che si è un po’ allentata la tensione. Quando torniamo
a casa, lui mi viene vicino e mi abbraccia forte.
“Quasi ci siamo…
e tra un po’ inizieranno le vacanze…”.
Io ricambio la sua stretta: “Per fortuna che il prossimo sarà
l’ultimo anno delle superiori…
non ne posso più della scuola!”.
Lui
ridacchia, allegro: “A me non piace studiare, ma mi piace andare a
scuola! Così mi diverto con i miei amici e faccio casino!!! E poi è allo
Shohoku che ho conosciuto te, kitsune…”. Sì, questo è vero…
Rimango
in silenzio e lui ne approfitta subito per punzecchiarmi: “Considerando
che solo ora e per merito dell’immenso tensai il tuo carattere sta
diventando quasi umano, immagino che musone tu dovessi essere da bambino!
Secondo me, devi aver avuto sempre problemi, fin dall’asilo!” e ride,
il mio do’aho.
Io sto per replicargli con una delle mie risposte taglienti, ma mi
blocco. Le scemenze di Hanamichi mi hanno fatto tornare in mente alcuni
ricordi di mia madre. Irrazionalmente, veloci come un lampo. Era da tanto
tempo che non pensavo più a lei. Mia madre morì che io avevo sette anni.
Di malattia. All’inizio non avevo capito che stesse male, mi sembrava
soltanto più sciupata e triste. Poi da un giorno all’altro non la vidi
più: era in ospedale e non voleva che io la vedessi spegnersi a poco a
poco, voleva che la ricordassi com’era, bella e piena di vita. Da allora
non ho più posato gli occhi sul suo viso: io non sono un tipo che indugia
a guardare vecchie fotografie…
le ho lasciate lì, chiuse negli album, ad ingiallire…
In questi casi ci si ripete sempre che le persone che ci hanno lasciato
rimarranno incancellabili nel nostro ricordo, ma non è vero. Lentamente,
i contorni del volto iniziano a sfumare; nella mente rimangono solo alcuni
dettagli significativi, ma si perde l’insieme, l’unicità della
persona…
Io ho dimenticato la voce di mia madre. Certo, potrei dire che aveva un
tono dolce, ma che significa? Quasi tutte le madri hanno un tono dolce
quando parlano ai figli piccoli, ma cos’era che rendeva la sua voce SUA
e di nessun’altra? Non lo so più. Una cosa però non ho mai
dimenticato: i suoi racconti, le sue parole. Lei parlava tantissimo con
me, forse sperava che in questo modo avrei parlato di più pure io…
Quando compresi che non l’avrei rivista, iniziai
a ripetermi mille volte nella testa tutto ciò che lei mi aveva
raccontato. Ricordi di quando ero piccolo, di quando andavo all’asilo,
l’unica cosa che ancora mi leghi alla mia infanzia…
buffo, erano anni che non ci ripensavo! Mi appoggio alla mia scrivania e
incrocio le braccia, mentre tutto riprende forma nella mia mente…
era una delle cose che mi raccontava più spesso: “A dire il vero ho
avuto a che fare con degli emeriti rompiscatole fin da quando ero
piccolo” già, ora ricordo le parole di mia madre…
“Oi
kitsune, chi sarebbero tutti questi scocciatori?!” borbotta Hanamichi.
Hai
la coda di paglia , amore mio…
“Per
esempio, quando andavo all’asilo, io avevo l’abitudine di tenere in
bocca il ciuccio…” inizio.
“Me lo immagino, la
kitsune con il ciuccio!” ride il mio do’aho. Ma io non gli bado e
continuo: “Solo che c’era un bambino davvero imbecille…
mia madre mi aveva raccontato che fin dal primo giorno d’asilo
quest’altro bambino aveva iniziato a togliermi il ciuccio. Ora, lo sai
che non sopporto che qualcuno tocchi qualcosa di mio…”.
Hanamichi
sembra pensieroso: “Che strano! Pensa che la mamma, quando è in vena di
ricordi, mi racconta spesso che da piccolo io avevo l’abitudine di
togliere il ciuccio agli altri bambini…”.
“…e
quindi reagivo: insomma, ci picchiavamo e le maestre erano disperate e
anche mia madre…”.
“In
effetti, la mamma si ricorda che me la prendevo con un bambino in
particolare e che mi trovava sempre con dei lividi quando mi veniva a
prendere…” prosegue il mio do’aho.
“…
alla fine, dato che tanto dovevamo cambiare casa, per trasferirci in
questa, mia madre mi tolse da quell’asilo, così non avrei più fatto a
botte con quel cretino…”concludo.
“…
però poi lui non venne più: la mamma mi ha detto che piansi tutto il
giorno quando mi spiegarono che aveva cambiato casa e asilo…” conclude
Hanamichi. Rimaniamo in silenzio per un attimo, poi realizziamo in pieno
che i nostri discorsi coincidono perfettamente! Però…
no, sarebbe assurdo, eppure…
“Ma…”
Hanamichi mi fissa, con gli occhi spalancati.
“Allora…”.
“Eri
tu!!” ci diciamo in coro, un po’ sconvolti a questo pensiero.
“Non
è possibile” dico io, subito dopo.
“Perché
no? Coincide tutto!!!” scatta Hanamichi, sorridendo a trentadue denti.
“Tanto non lo sapremo mai, io non mi ricordo certo il nome del mio
asilo!” sbuffo. “Perché no? Non dimenticare che stai con un tensai!!
Ho già trovato la soluzione: hai presente quelle stupide foto di gruppo
che si fanno sempre nelle scuole? L’avevamo fatta anche noi, la mia
mamma ancora la conserva…
devi per forza averla anche tu, avanti cercala!!!” il mio do’aho è
tutto eccitato ed entusiasta.
Non ho bisogno di cercarla, so dov’è l’album con le mie foto di
gruppo scolastiche; non ci sono parole per dire quanto le odiassi, alla
fine sembravo sempre arrabbiato o addormentato…
Scendiamo al piano di sotto, arriviamo alla libreria dello studio di mio
padre e io trovo subito l’album giusto. Non ho tentennamenti
nell’aprirlo, so che qui non ci sono foto di mia madre. Ecco la
fotografia : un gruppo di stupidi marmocchietti dell’asilo, niente di più.
Indico un bambino in prima fila, con un caschetto nero e l’espressione
imbronciata.
“Questo
sono io” gli dico.
“Ooooh…
sembravi un volpino già da allora…- poi sbotta a ridere come un
pazzo- Ahahahahahaha…”.
“Che
ti prende ora, do’aho?” gli chiedo.
“Avevo
ragione!!! Sììì !!!! Eccomi qua! Te lo avevo detto, avevo ragione!!!
Guarda, io sono questo bambino in seconda fila, mi vedi? E questa è la
foto che conserva anche la mia mamma! KITSUNE!!! Kitsune, ma ci pensi?? Io
e te andavamo allo stesso asilo!!!”.
Io
guardo incredulo quell’immagine, mentre Hanamichi praticamente saltella
ed è tutto rosso in viso per l’emozione.
“Ti
rendi conto, kitsune?!” la sua voce è quasi un grido. Io mi scuoto.
“Mi
rendo conto che eri un deficiente fin da allora!” sbuffo.
“CHE
COOOOSA?!?!” ora grida davvero, sembra arrabbiato, il suo viso
espressivo cambia molto in fretta in simili momenti.
“Solo
un do’aho come te poteva avere l’abitudine di togliermi il
ciuccio…” gli sibilo, fingendomi irritato.
“Grrr…
non hai mai saputo stare agli scherzi, kitsune! E poi, tu…
sempre bastardo! Per colpa tua ho pianto tutto il giorno, quando non ti
ho visto più…” e mi mette il muso.
“Colpa
mia? Mia madre mi tolse da quell’asilo perché non voleva che io facessi
a botte con te!!” gli rammento contrariato.
“Sigh…
kitsune, pensa se avessimo fatto tutte le scuole insieme…”
piagnucola il mio do’aho.
“Ci
saremmo ammazzati a vicenda…” borbotto io. Lui mi guarda e penso che
stia per arrivarmi un pugno in piena faccia, invece mi sorprende e scoppia
in una bellissima risata.
“Hahahaha…
sono così felice, Kaede! Ma ti rendi conto? Sai cosa significa tutto
questo?” mi prende per le spalle e mi scuote.
“Hn”.
“Significa
che era destino, Kaede! Noi due. Io e te. Era destino…” e mi prende
tra le braccia, stringendomi sempre più forte, facendomi sentire
completamente avvolto dal suo amore.
“Era
destino…” mormoro, stretto al suo petto.
Siamo
nella camera di Kaede. Nell’aria c’è un familiare profumo di incenso.
Devo essere sincero: in quest’ultimo periodo, dalle finali per la
prefettura alla partenza per il Campionato nazionale, ci siamo buttati a
capofitto nel basket. Cioè… Kaede si è buttato a capofitto e io non ho
potuto fare altro che imitarlo, per evitare le sue pallonate in piena
faccia e per diventare sempre più bravo, naturalmente. Ormai lo sa tutta
Kanagawa che io sono un tensai, ma è sempre meglio ricordarlo, no? Ma ora
non voglio pensarci. Ora per me c’è solo Kaede. E non voglio
risparmiare energie, non voglio riposarmi in vista degli allenamenti,
voglio solo sfinirmi facendo l’amore con lui per tutta la notte. Credo
proprio che tutto questo mi si legga in faccia, perché la mia volpe mi
guarda e io riconosco un lampo malizioso nei suoi occhi… poi mi si
avvicina con quel passo felino così inconfondibilmente suo e stavolta è
lui a trascinarmi sul pavimento. Le sue mani mi bloccano a terra, mi
alzano la maglietta e sentire i suoi baci umidi sul torace e sull’addome
mi provoca brividi lungo tutta la schiena.
“Mi
piace il tuo sapore…” dice Kaede.
Mm…
comincio già a non essere in grado di parlare…
“Mi
piace TUTTO il tuo sapore…” mormora lui, mentre mi abbassa i
calzoncini, per poi sigillare la sua bocca su di me.
Kaede
mi fa arrivare al culmine, come sempre, e questo non fa che acuire il mio
desiderio: quando mi riprendo, lo attiro a me e lo bacio, esplorando la
sua bocca. Ho bisogno di sentirlo mio, ho bisogno di saperlo mio, più che
mai ora che sono convinto che era destino che stessimo insieme. E lui mi
capisce, guardandomi negli occhi, e mi lascia fare. Gli sfilo la maglietta
dai pantaloni, gliela tolgo e lui alza le braccia per facilitarmi il
compito; lo accarezzo lentamente, non ho fretta, anzi… Poi arrivo ai
pantaloni: via anche quelli… E mi ritrovo davanti alla creatura più
sensuale del mondo, e per esserlo gli basta solo restare fermo, non ha
bisogno di parlare, né di muoversi. Mi spoglio anch’io, mentre lui si
sdraia sul futon e mi guarda intensamente. Non l’ho ancora abbracciato,
ma posso ugualmente sentire il calore della sua pelle che diventa sempre
più intenso e questo mi fa girare la testa.
“Avanti,
Hanamichi…” la sua voce è un desiderabile invito. Lui è
desiderabile, più di chiunque altro. E’ il mio solo pensiero mentre mi
chino su di lui e mi sistemo fra le sue gambe. Il nostro respiro è più
rapido. Entro dentro di lui, ma cerco di frenarmi, di resistere al
desiderio di affondare subito in questo morbido tepore…ma è difficile
adesso che lo sento tutto intorno a me, caldo come solo il corpo di Kaede
può essere, caldo di un calore inebriante e intossicante…
“Sbrigati,
Hanamichi…” geme Kaede. Leggo il desiderio e l’impazienza nei suoi
occhi e questo mi esalta.
“Con
calma, kitsune…” lo provoco, accarezzandogli il torace. Lui socchiude
gli occhi, magari è irritato, ma mi sembra sempre più eccitato. Io
inizio a muovermi nel suo corpo e lui getta indietro la testa ed emette un
lungo gemito. Sto ansimando.
Kitsune…
Kaede…
“Più
forte, Hanamichi…” mi implora.
Per
un po’ continuo a muovermi lentamente, poi all’improvviso aumento il
ritmo delle spinte e Kaede inizia a gridare.
“Così…
va bene, kitsune…?” riesco a chiedergli, scherzando.
“Continua…
di più…” mi dice, gridando. E poi le sue gambe si avvolgono attorno
ai miei fianchi, le sue braccia forti mi attirano a sé e io affondo
sempre più in lui ed è questo che lui vuole…Ad un tratto mi sento
fuori dal mondo e non esiste nient’altro se non il suo corpo che
accoglie il mio e il mio avvolto dal suo e tutto il resto è niente... Le
sue mani mi accarezzano il torace, poi me le sento sui fianchi, a
implorare spinte sempre più forti… Quanto sei ardente, Kaede… sei
sempre stato ardente, come avevo fatto a non capirlo subito?
Io
lo accontento e affondo completamente in lui; Kaede grida il mio nome
mentre raggiunge il piacere e io grido il suo, mentre mi sciolgo dentro di
lui…
Kaede…
Kaede… Kaede… Kaede…
Continuo
a ripeterlo, mentre sono abbandonato sul suo petto; respiro profondamente,
ma come mi muovo subito le sue braccia mi fermano, trattenendomi in quel
particolarissimo calore.
“Aspetta,
non ancora…ho bisogno di te…”.
Hai
bisogno di me, kitsune? Credevo che non te l’avrei mai sentito dire…
Rimango immobile, ma alla fine è inevitabile: esco gentilmente dal suo
corpo e Kaede emette un gemito di rassegnazione… Sai cosa
vuol dire per me, kitsune? Sai cosa significa per me fare l’amore
con te? Significa tutto, significa amarti con l’anima e con il corpo…
E tu cosa provi? E’ da tanto che vorrei chiedertelo.
“Cosa
provi quando facciamo l’amore, kitsune?”
Cosa
provo?
All’inizio un po’ di dolore, è vero, ma poi tu sfiori un punto del
mio corpo, nel mio corpo, che mi fa perdere la testa e io non capisco più
niente…
E’ allora che comincio a gridare con tutto il fiato che ho e grido così
forte perché voglio farti sentire tutta la forza del piacere che mi
dai…
“Cosa provi?” mi chiedi di nuovo. Uhm…
ci tieni tanto a saperlo, eh?!
“E
tu?” ti provoco io. Lo so che ti dà fastidio quando rispondo ad una
domanda con una domanda, ma so anche che tu sai essere davvero paziente
con me…
Arrossisci
ma mi rispondi: “Io provo l’estasi dentro di te, Kaede” e poi mi
guardi in silenzio. Ora tocca a me.
“Io
provo gioia… ed estasi…e amore…” e non so aggiungere altro, ma
penso che tu mi abbia capito, vero do’aho? E infatti mi baci.
Ti
accoccoli addosso a me e ci rilassiamo insieme, ma poi d’un tratto mi
chiedi: “Kitsune, perché non mi fai mai dei complimenti quando stiamo a
letto?”.
Io
spalanco gli occhi che avevo appena chiuso. CHE COSA?!
Mi
volto verso di lui e devo avere una faccia molto interrogativa, perché
lui mi spiega con una prontezza sospetta.
“Voglio
dire, ormai hai ammesso che sono un genio assoluto del basket…”.
“Non
l’ho mai detto” replico io, ma lui non mi bada.
“…e
allora perché non mi dici mai che sono il miglior amante possibile?”.
Hn?
Che cosa diavolo sta dicendo?!
“Sì,
insomma, mi hai capito, no?” insiste.
“Ansia
da prestazione, do’aho? Credevo che il mitico tensai ne fosse
immune…” ora voglio divertirmi, amore mio…
Lui diventa tutto rosso e sbotta indignato: “Non ho nessuna ansia,
stupida volpe!!! Io lo dicevo per te…
voglio essere sicuro che tu apprezzi la tua fortuna, ecco, è così!”.
Ah
sì, eh?!
Lo
guardo con la mia faccia più impassibile: “Sai, do’aho, io potrei
anche dirtelo che sei il migliore, ma in realtà mi mancano i termini di
paragone, perché in vita mia l’ho fatto solo con te e, invece,
un’affermazione simile prevede un…”.
Lui
mi interrompe, già fumando nero: “Kitsune, ti avverto che stai sfidando
la sorte…” mi ringhia minaccioso.
Ma io mi diverto troppo e continuo: “Comunque a questo si pone
facilmente rimedio. Dunque, vediamo…
con chi potrei farlo? Sicuramente Akira! Mi basterebbe telefonargli
e…” devo schivare un pugno di Hanamichi, che mi fissa furibondo.
“DANNATA
KITSUNE! Che diavolo stai dicendo?! Vuoi proprio morire? Ma io ti..mpft!!!!”.
Lo bacio per farlo stare zitto, poi gli mormoro a fior di labbra: “Sei
proprio un do’aho, Hanamichi! Non capisci mai quando scherzo…
Non ho affatto bisogno di paragoni per sapere che sei il migliore e il
miglior complimento per te dovrebbero essere le mie grida quando lo
facciamo…”.
Lui
si calma subito, la sua espressione è visibilmente compiaciuta, anche se
si sforza di sembrare offeso.
“Vuoi
sempre farmi arrabbiare, stupida volpe! Ma, visto quello che hai detto, il
mitico tensai ti perdona…”.
Io
mi protendo e gli mordo le labbra: “Anzi, se proprio vuoi un
complimento, io ho tanta voglia di rifarlo ancora e ancora…”.
E’
divertente vederti così orgoglioso, do’aho! E lo sei davvero a queste
mie parole, ma arrossisci anche e io ti adoro quando lo fai.
“Ancora
cinque minuti, kitsune…”.
“Hn”
mi rannicchio contro di lui, mentre ci riposiamo un altro po’, ma questa
calma non dura molto; rialzo il viso
e lo guardo negli occhi: “I cinque minuti sono passati, Hanamichi”
mormoro sulla sua bocca.
“Ma
non è vero…”.
“IO
DICO CHE SONO PASSATI!!- faccio scivolare una mano lungo la sua pelle e
sorrido maliziosamente avvertendo l’immediata reazione del suo corpo-
Sai, dovresti avere più fiducia nelle capacità di ripresa del mitico
tensai…” lo provoco.
E
anche lui sorride: “Per una volta hai ragione, stupida kitsune! Io sono
sempre un genio, anche in questo campo…ahahahaha…”.
Con
un movimento veloce Hanamichi si volta, facendomi nuovamente finire sotto
di lui. E poco dopo i nostri corpi sono di nuovo uniti, proprio come
volevo…
Abbiamo
aperto la finestra e l’aria fresca delle notti estive arriva leggera
sulla nostra pelle ancora umida per la doccia. Siamo sdraiati su un
fianco, uno di fronte all’altro. D’un tratto Hanamichi china il volto
e inizia a baciarmi il torace, poi le sue labbra si fermano all’altezza
del mio cuore; io passo le mani fra i suoi capelli rossi, ma il mio do’aho
me ne prende una e se la porta al petto, facendomela appoggiare sul suo
cuore.
“Li
senti, Kaede?”.
Sì,
li sento, amore mio…
Il
nostri cuori. Il loro battito lento, identico, sincrono. Sembra che sia un
cuore solo, sembra che sia una melodia.
Fine
(per ora? ^_^ )
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