Disclaimers: tutti i
personaggi di GW appartengono alla Sunrise.
Note per chi legge: Vedi chap precedenti.
Spoilers: qua e là...
Tutto in
una notte
meteor III -
Black Pearl
di Choco
Treize si lasciò sfuggire
un sospiro tremante, mentre le sue orecchie percepivano il lievissimo suono
ovattato del bicchiere di Zechs che ricadeva sul copriletto.
Chiuse gli occhi, reclinando il capo all'indietro per dare più libero
accesso alle labbra del ragazzo, concedendo alle proprie mani di spostarsi
dalla schiena al torace di Zechs; accarezzarono, leggere come piume, gli
addominali scolpiti, permettendosi anche di sfiorare appena i piccoli
capezzoli rosa.
La bocca del giovane principe cercò un'altra volta la sua mentre si
stringeva ancora di più a lui; Treize continuò ad accarezzarlo dolcemente,
quasi con riverenza, prima di staccarsi da lui e costringerlo delicatamente
a cambiare posizione, in modo da fargli appoggiare la schiena contro al
proprio petto.
Il Colonnello appoggiò il mento su una spalla di Zechs, abbracciandolo
stretto e inspirando profondamente.
"Sei bellissimo, piccolo principe...", gli sussurrò all'orecchio, beandosi
nella meravigliosa sensazione di appagamento che gli dava anche soltanto
avere il suo adorato Milliardo così tra le sue braccia, languidamente
abbandonato contro di lui.
Zechs non rispose, limitandosi ad appoggiare una guancia contro quella di
Treize e a sospirare, cercando poi le mani del suo superiore e
accarezzandole piano.
I due rimasero così per qualche minuto, godendo semplicemente della
reciproca presenza; poi Treize si mosse e Zechs avvertì qualcosa che gli
solleticava le labbra ed aprì gli occhi, per trovarsi di fronte ad un altro
quadretto di cioccolato bianco offerto da dita affusolate appartenenti ad un
paio di bellissime mani che si erano appena sciolte dalle sue.
Il Tenente sorrise, schiudendo le labbra e accettando di buon grado il
piccolo dono; cercò alla cieca il calice abbandonato poco prima sul
copriletto di raso.
"Me ne verseresti ancora un po'?", Chiese una volta trovatolo.
***
Duo e Heero raggiunsero la grande sala da pranzo di Villa Winner, allestita
all'interno di una gigantesca veranda tutta circondata da immense vetrate
ovviamente tutte rigorosamente chiuse per permettere ai climatizzatori
installati di funzionare a dovere.
La vista sul giardino esterno, una specie di piccola oasi con tanto di
laghetto e palmizi, donava una sensazione di serenità e pace di cui nessuno
più dei cinque ragazzi aveva bisogno; la lunga tavola era già imbandita,
come se nella tenuta si dovesse tenere una cena ufficiale con ospiti
importanti: tre candelabri d'argento troneggiavano sulla tovaglia di lino
bianco, accompagnati da due imponenti portafrutta carichi di datteri, uva,
ananas e fette di cocco attorniate di ghiaccio tritato.
I grandi occhi di Duo si illuminarono come piccoli soli a quella vista.
"Waaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!!! Questo dev'essere il Paradiso… L'ho sempre
detto io che Quatre è un Angelo sceso sulla Terra, altro che erede dei
Winner venuto da una colonia!"
Il ragazzino con la treccia si avvicinò alla tavola con l'entusiasmo di un
bambino che veda per la prima volta la neve; cominciò a saltellare da un
angolo all'altro, studiando più da vicino la frutta esotica che riempiva i
grandi vassoi d'argento, sorridendo estatico come se fosse stato appena
beatificato.
Era talmente assorto ad ammirare le primizie disposte in bell'ordine sul
tavolo che si perse il sorriso di Heero, incredibilmente dolce e privo di
qualsiasi traccia di sarcasmo.
Un rumore di passi affrettati attirò l'attenzione dei due piloti; poco dopo,
dall'altissimo arco di forma bizantina che introduceva a quel salone da
Mille e una Notte entrò Quatre, quasi di corsa, con i capelli scarmigliati e
la camicia di lino nero, che gli scendeva fino a metà cosce, lasciata
sciolta fuori dai pantaloni color corda.
Heero lo squadrò con aria disapprovante; dopo qualche istante, fece il suo
ingresso nel salone anche Trowa nel suo lento ed elegante incedere molto
simile a quello di un agile e snello felino. C'era qualcosa, nel suo modo di
camminare, che ricordava il languido ancheggiare femminile e questo
particolare lo rendeva, se possibile, ancora più affascinante.
Heero sbuffò, un po' divertito ed un po' indispettito: se quei due avevano
qualcosa da nascondere, tanto valeva che almeno lo facessero con un certo
stile… Oppure che non cercassero di nascondersi affatto, tanto erano
talmente ovvi da non riuscire a dare adito a dubbi.
"Quatre!!! E' proprio vero che chi trova un amico trova un tesoro!!! Non
credo di essermi mai trovato di fronte a tanto cibo tutto assieme!" Esclamò
Duo correndo incontro al padrone di casa prendendogli le mani nelle sue; il
pilota arabo le strinse, pervaso da un immenso senso di appagamento per
essere riuscito a rendere felice il suo amico con così poco.
"E Wufei? Dov'è?", chiese però Heero all'improvviso, elettrizzando l'aria
conviviale e pacifica che si respirava nella veranda.
Duo sbatté le palpebre, guardandosi attorno come se qualcuno lo avesse
risvegliato da un bel sogno.
Trowa si avvicinò alle spalle di Quatre e gli infilò una mano nella tasca
destra degli ampi pantaloni, per estrarne un biglietto che tenne sospeso
davanti agli occhi del pilota del Wing.
"L'abbiamo trovato prima sul tavolo, accanto al segnaposto con il suo nome.
Credo che non ci farà compagnia, per stasera…."
***
Zechs giaceva supino sul letto di Treize, con gli occhi chiusi e le braccia
sollevate ed abbandonate ai lati del viso; le dita della mano destra erano
ancora mollemente avvolte intorno allo stelo del calice dal quale aveva più
volte bevuto.
La camicia di seta bianca era ormai completamente aperta e lasciava scoperti
i pettorali armoniosi e l'addome cesellato che le mani e le labbra del
colonnello Kushrenada stavano esplorando con infinita pazienza e metodica
lentezza.
Per Treize quello che stava accadendo aveva quasi del fantastico… Temeva
quasi che, se avesse toccato quel corpo meraviglioso senza il dovuto
rispetto, Milliardo avrebbe potuto scomparire, disintegrarsi tra le sue
mani.
Lo desiderava… Era eccitato, si, ma le sensazioni di dolcezza ed
appartenenza che lo stavano sopraffacendo erano ben più forti delle pulsioni
sessuali, in quell'istante; continuava ad accarezzarlo con la stessa
delicatezza con cui avrebbe sfiorato le ali di una bellissima farfalla,
godendo dell'espressione estatica di Zechs, delle sue labbra socchiuse dalle
quali il respiro usciva irregolare e tremante, del modo silenzioso e
discreto in cui riusciva ad esprimere il proprio piacere e ad esternare
quella passionalità troppo a lungo relegata in un remoto angolo della sua
anima…
Treize sentiva il corpo del ragazzo vibrare sotto alle sue mani e ogni tanto
alzava gli occhi per inebriarsi di ogni singola espressione che si dipingeva
su quel volto angelico; ogni raro, lievissimo gemito che riusciva a
strappare al suo ufficiale rappresentava un premio di inestimabile valore…
All'improvviso, però, tutto divenne ancora più silenzioso; Zechs si rilassò
improvvisamente ed il suo respiro si fece stranamente calmo e regolare.
L'incanto si ruppe.
Treize, che stava mordicchiando le creste iliache sporgenti dai pantaloni
immacolati, sollevò il viso preoccupato: cos'era successo? Aveva forse fatto
qualcosa di sbagliato? Aveva corso troppo?
Tutta la confusione del mondo vorticò nella testa del Colonnello come un
tornado impazzito, finché il nobiluomo non si rese conto, osservando il
volto serafico e disteso di Zechs, che il suo angelo di luce si era
pacificamente addormentato con un sorriso soddisfatto ad ingentilirgli le
fattezze già aggraziate.
Treize rimase per qualche istante congelato nella posizione in cui si
trovava, prono sul letto e sollevato sui gomiti; poi una sua risata, sincera
e liberatoria, si sovrappose alle note di Tchaikowsky che avevano continuato
a riempire la stanza.
"… Decisamente mi sono preso *un po' troppo* tempo, mio amato Principe…"
Il colonnello colse l'immagine della bottiglia ormai praticamente vuota sul
comodino e scosse leggermente la testa, passando le lunghe dita affusolate
tra i capelli leggermente ondulati; sedette sul letto, osservando la figura
addormentata di Zechs, una specie di nuvola bianca e oro distesa sul raso
celeste.
Povero Milliardo... Treize ricordava che il giovane principe gradiva qualche
assaggio vino pregiato ma, evidentemente, non era davvero abituato a bere...
In quel modo.
E, sicuramente, l'alcool doveva esser stato aiutato dal conflitto interiore
di cui era palesemente vittima il giovane principe quella sera, nonché da
quel piccolo assaggio di esperienza sessuale che per lui doveva essere del
tutto nuova... Almeno con un altro uomo.
Zechs esalò un lungo sospiro, per poi girarsi su un fianco ed assumere una
posizione quasi fetale; qualche ciocca dei lunghi capelli argentati gli
ricadde sul viso e Treize la scostò, portandola dietro ad un orecchio.
Era un vero peccato coprire quel viso nei pochi momenti in cui aveva
occasione di ammirarlo, senza che fosse celato da quella *maledetta*
maschera... Chissà quanto tempo sarebbe passato prima di poter perdersi di
nuovo in tanta bellezza... Chissà per quanto tempo non avrebbe più avuto
l'opportunità di stringere Milliardo tra le braccia... Magari quella sera
sarebbe stata la loro unica occasione...
Ma forse era giusto così, magari il Destino aveva voluto fargli capire che
doveva tenere le mani lontane da quell'inestimabile tesoro...
Le dita di Treize vagarono leggere come piume qualche istante sugli zigomi
cesellati, per poi scendere ad accarezzare le labbra socchiuse; dopodiché,
l’uomo si alzò con cautela dal letto e, sospirando, sciolse i legacci che
tenevano chiusi i tendaggi del baldacchino e li accostò.
Si diresse verso l’ampia porta finestra, aprendola e lasciando che la brezza
della sera primaverile entrasse a rinfrescargli un po’ le idee.
Si voltò, fissando le tende oltre le quali si trovava Zechs; rimase qualche
minuto così, fermo in piedi con le braccia incrociate sul petto ad
immaginare il suo Principe addormentato e realizzando una volta di più
quando profondamente lo amasse e chiedendosi se una persona con Milliardo,
incarnazione di bellezza, lealtà e nobiltà d’animo potesse suscitare in
qualcuno sentimenti diversi dall’amore e la devozione.
Si domandò quanti altri uomini, oltre a lui, sarebbero caduti vittima del
fascino di Zechs senza preoccuparsi minimamente del fatto che anche lui era
un uomo; poi sorrise tra se e se, dandosi mentalmente dell’ipocrita.
Perché, se era vero che una creatura tanto perfetta avrebbe potuto
facilmente far innamorare di sé chiunque, a prescindere dal sesso cui
apparteneva, era anche vero che per lui, Treize Kushrenada, le cose stavano
in modo *leggermente* diverso.
Il fatto che non lo turbasse essere innamorato di un altro uomo non
dipendeva solamente dalla straordinarietà di Zechs; a dire il vero, per lui
non aveva mai fatto differenza il sesso di qualcuno che lo interessava,
sotto i più diversi punti di vista… Trovava riduttivo ed invalidante
obbligarsi a ricercare un intesa esclusivamente con le donne.
E infatti…
Infatti, negli ultimi tempi, quando si era trovato a dirottare i suoi
pensieri riguardanti Milliardo su un’altra rotta… era finito a pensare a due
occhi neri come l’inchiostro e scintillanti di rabbia e orgoglio, a un paio
di labbra scure e carnose, ad un fascio di muscoli flessuosi…
Treize scosse la testa, disgustato da se stesso, passandosi un’altra volta
le dita tra i capelli, come se quel gesto potesse allontanare i pensieri
vagamente disturbanti che lo stavano assalendo; andò a recuperare il suo
calice, per poi dirigersi verso il frigo e scegliere un’altra bottiglia di
ottimo vino, questa volta bianco e dolce.
Ne assaggiò un sorso, appoggiandosi delicatamente alla credenza in
cristallo; il suo sguardo si perse su un punto lontano della parete di
fronte e le sue labbra si incurvarono in un sorriso malinconico.
Se pensava al suo desiderio nei confronti di Milliardo come qualcosa di
illecito, allora le sue perverse fantasie riguardo al pilota del Gundam 05
meritavano un posto d’onore nel girone dei lussuriosi all’inferno…
Chang Wufei.
Che ragazzino straordinario…
Aveva raccolto la sua sfida senza un attimo di esitazione, aveva accettato
di battersi a duello con lui quando avrebbe potuto facilmente disintegrarlo
con il suo Gundam… Gli aveva chiesto di ucciderlo per salvare il proprio
onore.
L’onore…
Qualcosa che la maggior parte degli uomini sembrava aver dimenticato così
magistralmente custodito da un bambino costretto a fare il guerriero…
A pensarci la situazione era talmente tragica e triste che Treize si sentiva
ancora più colpevole ad avere certi pensieri nei confronti del ragazzino.
Eppure…
Era più forte di lui.
Desiderava rivederlo con tutte le sue forze e sapeva che, in un modo o
nell’altro, ci sarebbe riuscito…
“Treize Kushrenada…”
Treize sussultò leggermente, sbattendo le palpebre, riportato bruscamente
alla realtà da quella voce che non avrebbe mai potuto dimenticare.
Si voltò lentamente, provando una stupidissima sensazione di assurda
felicità.
***
A villa Winner due paia di occhi erano intentissimi a leggere la nota che il
pilota del Gundam Shenlong aveva lasciato sulla tavola della sala da pranzo.
Heero si era seduto compostamente davanti al suo coperto e Duo gli si era
appiccicato, trascinando la sedia vicina vicina alla sua; Trowa e Quatre si
erano accomodati di fronte ai due compagni ed il posto di capotavola,
riservato a Wufei, era vuoto.
“Dove pensate possa essere andato?”, chiese Duo, palesemente in ansia
nonostante facesse del suo meglio per non darlo a vedere. “Questa storia
della missione solitaria non mi convince nemmeno un po’… Non è che si
metterà nei guai?”
Heero posò il biglietto che aveva studiato per qualche minuto sulla
tovaglia, alzando gli occhi per incrociare lo sguardo con quello di Trowa.
“A te ha detto niente? Sei stato tu l’ultimo che ha controllato gli hangar…
Non è che per caso l’hai incontrato?” , chiese il pilota del Wing al ragazzo
castano.
Trowa chiuse gli occhi ed abbassò lievemente il capo, mentre le sue labbra
si incurvavano in un impercettibile sorriso che però non sfuggì a Heero.
“Non mi ha detto dove stava andando… D’altra parte, io non gliel’ho
chiesto”, si limitò poi a rispondere il proprietario dell’Heavyarms,
ricambiando quindi lo sguardo indagatore del compagno.
Heero sorrise, lasciandosi sfuggire un mezzo sbuffo.
Era proprio tipico di Trowa rispondere così… Anche per quel motivo lo
ammirava tanto.
Duo si era un po’ allontanato, dondolandosi sulla sedia fino a riportarla
davanti al proprio piatto, che cominciò a riempire con tutto quello che
poteva starci dentro; Quatre aveva appositamente chiesto ai suoi domestici
di lasciarli da soli, un po’ per non mettere in imbarazzo i suoi amici, un
po’ per godersi quel momento di pace insieme agli altri ragazzi.
Il biondino guardò teneramente il pilota americano, sorridendo
incoraggiante:
“Dai, Duo… Non ti preoccupare, sono sicuro che non gli accadrà niente di
male… Lo sai, Wufei è un tipo in gamba e ha la testa sulle spalle! Sono
sicuro che prima di mezzanotte lo vedremo ritornare!”
“Si, magari con Shenlong trasformato in zucca…”, provò a sdrammatizzare Duo,
senza per altro autoconvincersi troppo.
“Spero solo che non si faccia seguire da qualcuno, rivelando la nostra
posizione… O lui e il suo Gundam faranno davvero una brutta fine.”, replicò
Heero, mentre prendeva il cibo dai vassoi con movimenti ordinati e metodici,
nello stesso modo in cui avrebbe innescato una bomba.
“Complimenti per l’originalità, Heero…”
“Taci e mangia, Maxwell…”
“Comunque secondo me possiamo stare tranquilli…”, sentenziò infine Trowa,
che non stava mangiando affatto ma seguitava a tenere le braccia incrociate
sul petto. Nel tono di quella frase c’era un’ombra quasi minacciosa, come se
in realtà avesse voluto esprimere un concetto del tipo: “siete pregati di
far cadere il discorso oppure potrei seriamente irritarmi”.
Quatre si affrettò a servire il suo ragazzo, sorridendo compiacente,
preparandogli un piatto di carpaccio e insalata, mentre parlava ai suoi
compagni.
“Massì, Trowa ha ragione! Perché non cerchiamo di stare bene assieme, finché
possiamo… Finché non verranno definiti gli obiettivi della nuova missione?
Sono sicuro che domani a quest’ora staremo volando chissà dove per
intercettare quei mobile suits… Cerchiamo di non pensare a nulla di
spiacevole per il momento, OK? Eh, vi va?”
Duo abbozzò un sorriso tirato a beneficio del suo sensibile amico, mentre
Trowa cominciava a mangiucchiare ciò che gli era stato parato davanti agli
occhi, senza obiettare né chiedere niente, come ogni volta che il dolce
Quatre gli *imponeva*, nella sua maniera gentile e tenerissima, di fare
qualcosa; questo riuscì a far sì che il pilota con la treccia potesse
sorridere in modo un po’ più sincero.
“Forse hai ragione tu, fratellino… Potremmo cambiare argomento… Sentite,
ragazzi, voi avete mai pensato a cosa farete alla fine della guerra? O
meglio… A cosa farete *se* questa nostra guerra avrà mai fine…” , buttò lì
il ragazzino americano tra un boccone e l’altro, guadagnandosi un’occhiata
indefinibile da parte di Heero.
Trowa sollevò appena gli occhi dal piatto, mentre il viso e lo sguardo del
padrone di casa si illuminarono.
“Io sono *sicuro* che prima o poi noi potremo ritornare a vivere come tutti
i ragazzi normali della nostra età, Duo… E potremo fare della nostra vita
quello che più ci piacerà!”
Heero gli rivolse un sorriso accondiscendente, senza peraltro guardarlo in
faccia.
“Hm. Forse *tu* potrai fare quello che più ti piace, dato che sei pieno di
soldi…”
“Ma potremmo fare *qualcosa* assieme! Adesso siamo amici, no?” Gli occhi di
Quatre vagarono da uno all’altro dei tre ragazzi seduti a tavola con lui,
mentre formulava quella domanda; Trowa smise per un attimo di mangiare,
prendendogli la mano nella sua e guardandolo con un sorriso dolcissimo
stampato in faccia; Duo si affrettò ad ingoiare il grosso pezzo di soufflé
al formaggio che stava masticando, per rispondergli un entusiasta “puoi
scommetterci”, mentre Heero si limitò ad un altro dei suoi “Mh”, che per di
più nascondeva un tono quasi derisorio.
“Sentite… Sapete a cosa stavo pensando, prima?” Continuò imperterrito Quatre.
“Mi è venuta un’idea grandiosa… Potremmo organizzare una Boy Band!”
Al pilota del Gundam Wing rischiò di andare per traverso l’acqua che stava
bevendo, mentre a Trowa scappò una risata intenerita, che nascose
graziosamente voltando il capo dall’altra parte.
L’unico ad essere entusiasta dell’idea era, ovviamente, Duo Maxwell.
“Sei un *grande*, l’ho sempre detto io!!!”
“Grazie per capirmi così bene, Duo! Non è un’ideona?!?! E bada, non saremmo
una boy-band di quelle per finta… Io e Trowa qualcosa di musica sappiamo… E
tu Duo canti così bene!”
“Eh? E quando mi avresti sentito?”
“Ascolta… Secondo me Wufei potrebbe imparare a suonare la batteria… Un
giorno devo assolutamente farti vedere dei pezzi che avevo provato a
comporre…”
“COOOOOOOOSA?!?! Hai composto della musica? Pop-music? Credevo ti piacesse
solo la musica classica!”
“No… La musica è musica. Mi piace e basta…”
Heero e Trowa ascoltavano i due sproloquiare sui loro progetti futuri, l’uno
con un’espressione d’incredulità mista a compassione, l’altro visibilmente
divertito.
“Si, scusa… Ma cosa facciamo fare a Heero?”, domandò quindi Duo, lanciando
un’occhiata di sfida al compagno seduto accanto a lui. “Te lo vedi *questo*
a far impazzire le ragazze?”, caricò la dose, con un palese cenno del capo.
“Beh, mi pare che ci riesca benissimo… Vuol dire che lui sarà il nostro
ragazzo-immagine! Gli insegneremo a suonare un po’ di chitarra…”
“Voi siete *malati*…” , sentenziò Heero, scuotendo la testa e tornando alla
sua cena.
***
“Chang Wufei… Non mi aspettavo di rivederti così presto…”
Wufei si sentì stringere qualcosa nella pancia quando udì quella voce
melodiosa e dolce che poco si addiceva ad un colonnello di OZ e che, al
tempo stesso, non poteva appartenere ad altri che a Treize.
Il pilota del Gundam Shenlong deglutì. Quell’uomo aveva il potere di
disorientarlo e confonderlo, facendolo sentire debole… E Wufei *odiava*
sentirsi debole.
Si era intrufolato nelle sue stanze dalla finestra, dopo aver eluso la
sorveglianza; era arrivato sin lì dopo qualche miglio percorso a piedi, dato
che era stato necessario lasciare Nataku nascosto in modo che nessuno
potesse notarlo; era rimasto appollaiato sul ramo di un’alta quercia che si
arrampicava ben oltre il terrazzo della stanza del Colonnello… Gli era
piombato in camera e lui si limitava a guardarlo, languidamente appoggiato
ad una credenza di cristallo, con un bicchiere in mano e… Sorrideva, gli
occhi di quel bellissimo azzurro intenso addolciti da una strana luce.
Come si permetteva di accoglierlo in quel modo, come se al suo posto
dall’albero di fronte fosse saltato giù un innocuo scoiattolino?
Wufei teneva le braccia tese lungo i fianchi ed i pugni talmente stretti da
sentire le unghie ferirgli i palmi della mani; i suoi molari stavano
pericolosamente stridendo l’uno contro l’altro.
Certo che Kushrenada era veramente… veramente…
*Bello*.
Anche con quei pantaloni sbiaditi e la camicia lasciata mezza aperta sul
petto, i polsini sbottonati e risvoltati in su. *Specialmente* così.
Il pensiero attraversò la mente di Wufei come uno sparo e gli occhi del
ragazzino si sgranarono inconsciamente.
*Bello come la sua voce… *
Il fanciullo si sentì improvvisamente girare la testa, mentre la vista
pareva annebbiarsi a causa della rabbia crescente che lo stava dilaniando…
Ma cosa gli stava venendo in mente?
Treize continuava a fissarlo, sorridendo; si era mosso, andando a posare il
calice che teneva in mano sul basso tavolino di fronte alla finestra.
“Questa è la serata delle visite inaspettate…” *Ma oltremodo gradite…* “…A
cosa debbo l’onore, giovane Dragone?”
Le sopracciglia perfettamente disegnate si aggrottarono, mentre
un’espressione indignata si dipingeva sul viso di Wufei.
“Ti avevo detto che sarei tornato… Sono venuto per uccide*l*ti, T*l*eize!”
Il cinesino si sentì avvampare le guance appena finito di parlare: proprio
in quel momento doveva fallire entrambe le ‘r’? Una vergogna infinita si
impossessò di lui, trasformata subito in rabbia bruciante e desiderio
incontrollabile di scagliarsi contro l’uomo di fronte a lui, apparentemente
tranquillissimo se non… Contento?
“Oh… E come avresti intenzione di uccidermi, mio nobile guerriero? Forse
continuando a lanciarmi dardi infuocati da quegli incredibili occhi a
mandorla?”, domandò il Colonnello con una voce più soave del solito, senza
smettere di sorridere e senza mostrare la minima preoccupazione per la
presenza di un terrorista delle Colonie nella sua camera da letto.
Wufei stava per replicare che gli avrebbe tagliato la gola con la sua nobile
spada cinese di famiglia ma…
La spada!!!
Non era possibile… L’aveva lasciata nell’abitacolo di Nataku!!!
*No… No!!! Questo dev’ essere un incubo…*
Era talmente eccitato all’idea di fronteggiare ancora Kushrenada da
lasciarsi distrarre dalle proprie emozioni e… Aver dimenticato la sua arma
nel Gundam?!?
Il giovane pilota si guardava le mani, come sa da esse potesse
effettivamente materializzarsi la sciabola; nella sua testa non riusciva più
a mettere insieme nessun pensiero coerente, c’era solo una gran confusione
che sembrava mescolarsi con il martellante battito del suo cuore impazzito.
La risata cristallina ed intenerita di Treize agì da interruttore ed il
ragazzino, dopo aver lanciato un grido di rabbia, si affidò d’istinto alle
arti marziali, lanciandosi sul suo acerrimo nemico con un calcio volante che
avrebbe potuto facilmente demolire un muro di mattoni…
…E che invece venne abilmente evitato da Treize che anzi, con un’abile mossa
di karate, riuscì a bloccare il ragazzino in ginocchio sul pavimento di
lucidissimo marmo, un braccio piegato dietro alla schiena ed il collo
imprigionato nella piega del gomito del Colonnello.
“La rabbia è cattiva consigliera in battaglia come in ogni altra occasione,
Wufei”, sussurrò il nobiluomo all’orecchio del pilota, allo stesso tempo
esterrefatto e terrorizzato da quanto era appena successo.
Il fiato caldo di Treize che gli soffiava sul viso gli aveva procurato un
lunghissimo brivido lungo la schiena, nonché un’altra, *spaventosa*
sensazione che cercò stoicamente di ignorare.
Qualcosa di *definitivamente* chimico spinse il corpo di Treize a muoversi
autonomamente: fu come se qualcuno avesse interrotto i contatti con la sua
parte razionale, aprendo invece le gabbie in cui aveva tenuto rinchiusi i
suoi ormoni fino a quell’istante.
Anche se non lo poteva vedere attraverso gli ampi pantaloni alla cinese,
l’uomo *sentiva* l’eccitazione di Wufei, la percepiva attraverso ogni
singola cellula.
Tutta la passione che aveva represso nei confronti di Zechs e che era
rimasta insoddisfatta esplose ed il Colonnello si trovò con le labbra
premute contro alla giugulare del ragazzo, la presa in cui l’aveva
immobilizzato tramutata in un possessivo abbraccio.
Gli occhi allungati del giovane pilota si sgranarono fino ad assumere una
forma quasi perfettamente rotonda, mentre il fiato gli scappò dai polmoni in
un breve gridolino di sorpresa; Treize aveva incrociato le braccia sul suo
petto e lo stringeva forte contro di sé, così forte che persino respirare
stava diventando un’impresa… La pelle su cui era poggiata la bocca dischiusa
del suo mortale nemico sembrava bruciare e la testa gli girava
vorticosamente.
“Che… Che cosa vuoi *farmi*?” Riuscì a chiedere, soltanto un tremante
sussurro un po’ stridulo uscitogli dalla gola costretta.
La risata di Treize gli vibrò sul collo, facendolo rabbrividire
violentemente; avvertì le labbra del Colonnello spostarsi in una
delicatissima carezza fino a raggiungere di nuovo il suo orecchio; un calore
intossicante lo pervase e si sentì improvvisamente come se stesse per
liquefarsi.
“Soltanto quello che il tuo corpo mi sta chiedendo, piccolo drago… E con cui
il *mio* corpo è assolutamente d’accordo.”
Wufei deglutì inconsciamente, rimanendo senza parole a quell’affermazione,
mentre una sensazione che credeva dimenticata lo assalì con prepotenza: il
naso che pizzicava e gli occhi che bruciavano, pieni di lacrime che
rischiavano di scivolargli sulle guance morbide.
Era tutto terribilmente *assurdo*: Treize non solo era il comandante delle
forze armate di OZ, ma era anche un uomo… Cioè, un *maschio*… Ed aveva circa
dieci anni più di lui.
E allora perché si sentiva in quel modo? E perché Treize gli stava facendo
questo?
L’uomo alle sue spalle cominciò a baciargli delicatamente il lobo, per poi
spostarsi sul suo viso paonazzo e riscendere nuovamente lungo il collo.
Panico, desiderio e vergogna investirono il ragazzino come uno tsunami; le
lacrime ruppero gli argini, scivolando cristalline sul volto congestionato.
“No… No! No, no… no…”
Il cinesino cominciò a ripetere quella singola sillaba, incapace di
formulare qualsiasi altra parola coerente; cercava di dibattersi, di
divincolarsi per liberarsi dalla stretta in cui era imprigionato… Ma le
forze sembravano averlo abbandonato, non riusciva a spostare di un solo
millimetro le braccia forti che lo stringevano. Le sue dita erano affondate
negli avambracci di Treize, in un misero tentativo di liberarsi di lui… Ma
*sapeva* che non ci sarebbe riuscito.
Il Colonnello aveva ragione: il suo corpo *desiderava* quello che stava
accadendo,
anche se il suo orgoglio lo negava con ostinazione.
Le labbra di Treize si posarono su una guancia, asciugando una lacrima in un
gesto tenero e gentile; poi si mossero nuovamente vicino all’orecchio,
continuando a sussurrare.
“Ssssh… Non aver paura, piccolo drago… Non voglio farti del male…”
Il nobiluomo si rendeva perfettamente conto di stare parlando inutilmente:
era *ovvio* che il ragazzino fosse spaventato da tutto quello che stava
accadendo ed era anche consapevole di stare approfittando in qualche modo di
lui ma, a differenza di come era solito riuscire a controllarsi, questa
volta dominare i propri istinti gli sembrava un’impresa veramente
impossibile. Anzi, per certi versi sentiva che *doveva* lasciarsi andare…
Che avrebbe fatto bene ad entrambi, che quel bambino bellissimo ed
orgoglioso che stringeva contro il petto aveva bisogno più di chiunque altro
di sentirsi amato e desiderato… Forse era solo una scusa che stava cercando
con se stesso, ma non gli interessava.
Fece in modo di far voltare Wufei tra le sue braccia senza lasciargli troppo
spazio per riuscire ad allontanarsi o di tentare qualche altra pericolosa
mossa di Kung Fu; il viso del fanciullo era un mosaico di emozioni
indefinibili e non sembrava più quello del coraggioso pilota che l’aveva
sfidato durante il loro primo incontro, ma di un ragazzino spaventato e
confuso dai suoi stessi sentimenti… Come un qualsiasi ragazzo di 15 anni
avrebbe dovuto essere.
Treize gli sfiorò la bocca dolcemente con la sua, mentre si adagiava sul
pavimento trascinandosi dietro il corpo al tempo stesso esile e muscoloso di
Wufei, che si
era immobilizzato tra le sue braccia tremando leggermente, il respiro
affannato.
Le labbra del suo piccolo drago erano morbide e bollenti, quasi come se
scottassero per la febbre; lo guardò negli occhi e si accorse che erano
spalancati, le pupille dilatate che guardavano il soffitto.
Il Colonnello appoggiò le labbra alla fronte di quel viso insieme delicato e
severo, indugiando in quel bacio rassicurante per qualche istante; lo
sguardo del cinesino si portò nel suo, sostenendolo, pieno di interrogativi.
Gli stava forse tacitamente domandando perché gli stava facendo una cosa del
genere… Se davvero lo desiderava o se quello era soltanto un modo per punire
la sua arroganza, per dimostrargli quanto era piccolo e debole in confronto
a lui… Ma non c’era bisogno, né tempo, di spiegarglielo a parole… L’avrebbe
capito da solo.
La bocca di Treize cercò di nuovo la sua, per accarezzarla dolcemente
qualche interminabile istante, muovendo piano le labbra contro le sue;
lentamente, sentì che il corpo sotto di lui si rilassava e che Wufei stava
timidamente ricambiando il suo bacio. Non ne rimase troppo sorpreso…
*Sapeva* che non avrebbe trovato troppa resistenza, ma comunque il cedimento
del ragazzino infuocò il suo già provato desiderio, spingendolo ad
approfondire il bacio violando quella bocca ancora così giovane ed
inesperta.
Wufei sussultò leggermente, ma non fece nulla per cercare di interrompere il
contatto; anzi, dopo alcuni secondi di rigidità il ragazzo reclinò il capo
all’indietro, concedendo al suo assalitore maggior accesso e presto Treize
lo avvertì rilassarsi completamente, lasciandosi andare ad un sospiro
tremante.
Per il Colonnello fu come assaporare uno dei cioccolatini alla rosa che
tanto gli piacevano: sentì sciogliersi dentro qualcosa di dolcissimo e caldo
e la passione che lo stava divorando si mescolò ad una sensazione di
tenerezza infinita.
Allentò un poco l’abbraccio in cui stringeva il corpo snello del ragazzino,
interrompendo il bacio con un’ultima carezza sulle labbra; cercò gli occhi a
mandorla, che erano lucidi e semichiusi e brillavano come due ossidiane.
“Se ti lascio libero mi prometti di non fare niente di stupido?” Chiese in
un sussurro.
Wufei lo fissava rapito e annuì lentamente, come ipnotizzato; Treize si
spostò un poco di lato, liberando il corpo del compagno dalla maggior parte
del suo peso e cominciò ad accarezzargli delicatamente la schiena con una
mano che insinuò senza indugi sotto alla camicia color cremisi che donava
così tanto all’incarnato bronzeo del giovane pilota.
Il cinesino dal canto suo sapeva bene che quello che stava accadendo aveva
dell’assurdo, ma più di questa considerazione il suo cervello non riusciva
ad elaborare: era perso tra le braccia di quello che da qualche tempo
considerava il suo più grande nemico e stava provando le sensazioni più
belle di tutta la sua vita.
Non riusciva più a ricordarsi nemmeno perché ce l’aveva tanto con lui, forse
nemmeno perché avrebbero dovuto essere nemici…
Quelle mani grandi e delicate sulla sua pelle che scottava erano l’unica
cosa di cui era cosciente, ormai, e dopo qualche attimo le sue braccia
avvolsero il collo di Treize, mentre le loro labbra si incontravano di
nuovo.
Il corpo del Colonnello era caldo ed accogliente e le sue mani sembravano
conoscere ogni più remoto punto sensibile del suo corpo; Wufei le sentì
armeggiare con i bottoni della camicia, sfiorargli delicatamente gli
addominali ed il petto scolpiti da anni di arti marziali, accarezzargli le
anche con i polpastrelli, infilandosi appena al di sotto della cintura dei
pantaloni.
Il ragazzino si staccò un attimo dalla bocca di Treize, guardandolo negli
occhi per cercare un po’ di sicurezza che ancora gli mancava e quello
sguardo colmo di passione e tenerezza cancellò in un istante tutti i suoi
dubbi; abbassò nuovamente le palpebre sulle iridi di ossidiana e si
abbandonò completamente, sussultando appena quando un ginocchio di Treize
gli si insinuò tra le gambe, tremando un poco quando il nobiluomo lo sollevò
leggermente dal pavimento per sfilargli del tutto la camicia.
Il cuore cominciò a martellargli nel petto più forte che mai, sentì il
bisogno di toccare a sua volta il corpo statuario sdraiato accanto a lui
sulla liscia e fresca superficie di marmo chiaro; affidandosi all’istinto,
lasciò che le proprie mani vagassero lungo l’ampia schiena del Colonnello,
suscitando uno strano suono gutturale che sembrava molto simile alle fusa di
un grosso gatto rosso.
L’improvvisa consapevolezza del potere che esercitava su Treize procurò al
giovane pilota un violento brivido di eccitazione; si allontanò di nuovo
dalle labbra che divoravano le sue, gettando la testa all’indietro ed
offrendo loro la gola.
Una mano del Colonnello risalì fino alla nuca, liberando i lucidi e sottili
capelli neri dall’elastico che li imprigionava; poi, le sue labbra scesero
dalla bocca fino al collo percorrendo la linea della mandibola, andando a
stuzzicare prima il lobo dell’orecchio e poi il collo lungo e sottile,
mordicchiandolo e sfiorandolo ad ogni morso con la punta della lingua.
Il respiro di Wufei si era fatto irregolare, dalle labbra gli uscivano
sospiri sempre più simili a gemiti; Treize era perso in una spirale di
sensazioni squisite, stava letteralmente *assaggiando* il suo bambino
guerriero, il suo Wufei, il ragazzo che aveva popolato le sue fantasie dal
giorno in cui lo aveva incontrato… Ed era ugualmente passionale ed intenso,
sia quando combatteva sia ora, perso così tra le sue braccia…
Le sue labbra scesero, scesero ancora fino ad incontrare un capezzolo scuro,
mentre le sue dita sfioravano l’altro facendo tendere tutto quel piccolo
corpo perfetto verso il suo; le mani sottili del cinesino si intrecciarono
ai suoi capelli mentre gli baciava l’addome e giocava con il suo ombelico.
Quando la bocca di Treize raggiunse finalmente il bordo dei pantaloni alla
cinese il Colonnello si fermò, soffocando il piccolo singhiozzo di protesta
che uscì dalla gola di Wufei con un bacio; si mise a sedere, trascinando con
sé il ragazzino, si avvolse le sue gambe intorno alla vita e, cingendolo con
sicurezza, si alzò in piedi sollevando il giovane pilota con lui.
Treize si sedette sulla poltrona accanto al tavolino di cristallo,
sistemandosi il flessuoso corpo di Wufei in grembo, a cavalcioni su di lui,
facendo così in modo che le loro erezioni si sfiorassero attraverso i
vestiti; il fanciullo si lasciò sfuggire un gemito torturato e allacciò le
braccia attorno alle spalle del colonnello, affondando il viso contro al suo
collo, baciandolo con la passione che solo un bambino alle prese con un
nuovo giocattolo potrebbe avere, spingendo i fianchi contro i suoi dapprima
quasi timidamente, poi con sempre più urgenza.
Treize sentiva la vista annebbiarsi, ogni rimasuglio di raziocinio
abbandonarlo mentre un suono roco e spezzato gli uscì dalla gola; avvertì le
mani sottili del ragazzino giocare con i bottoni della sua camicia, mimando
i suoi movimenti ed eccitandolo ancora di più, spingendolo ad osare: afferrò
con decisione i glutei del cinesino, massaggiandoli brevemente per poi
spostare le mani sull'abbottonatura dei pantaloni chiari e cominciare a
slacciarli.
I baci di Wufei si trasformarono in morsi delicati e molto presto anche il
colonnello si trovò senza camicia, con i jeans slacciati, la testa
abbandonata sullo schienale della poltrona mentre il suo giovanissimo amante
si muoveva sensualmente contro si lui.
Delicatamente, il nobiluomo insinuò le mani nei pantaloni ormai slacciati di
Wufei, sotto ai boxer di seta rossa (che tra l'altro erano vagamente
visibili sotto al tessuto chiaro); il ragazzino si sollevò leggermente per
concedergli maggior accesso, continuando a baciarlo e a morderlo ovunque
riuscisse a raggiungerlo, percorrendo il torace e l'addome scolpiti,
ricambiando il piacere che era stato donato poco prima a lui.
Wufei si sentiva come se qualcuno l'avesse drogato, come se fosse
impazzito... Era tutto come un sogno, come se quello che si stava
strusciando contro Kushrenada non fosse davvero lui; una parte di sé gli
stava gridando di smetterla, che era tutto sbagliato, che si sarebbe
vergognato a vita per quello che stava facendo; ma l'altra parte, quella che
ogni tanto concedeva al fuoco che giaceva in fondo alla sua anima di
incendiarsi ed esplodere non gli permetteva assolutamente di tirarsi
indietro.
*Voleva* Treize, lo desiderava con tutto se stesso; lui era bello, era
nobile, era coraggioso, era dolce e seducente come il profumo di rose che
emanava dalla sua pelle ed in quel momento Chang Wufei non desiderava altro
che appartenergli completamente. Lasciò che il Colonnello lo muovesse,
spostandolo in modo tale da riuscire ad accarezzarlo *ovunque*, anche dove
pensava che *nessuno* avrebbe mai potuto raggiungerlo e a baciarlo in quel
modo al tempo stesso tenero e sensuale, un modo in cui solo Treize avrebbe
potuto baciare... Quasi gridò quando Treize accarezzò il suo sesso e tremò
violentemente quando sentì le sue dita giocare con la piccola apertura tra i
glutei, insinuandosi poi dentro di lui, spaventandolo ed eccitandolo al
punto che desiderò di morire... Quasi svenendo quando quelle lunghe dita
agili sfiorarono qualcosa che ebbe lo stesso effetto di un elettroshock:
tutto il suo corpo venne percosso da brividi intensi, prima di tendersi e
prima che tutto diventasse sfocato e surreale quasi quanto il suo stesso
grido, che gli arrivò alle orecchie distante ed ovattato.
Wufei si accasciò contro il corpo di Treize, esausto e sconvolto,
terrorizzato ed appagato.
Certamente era finito all'inferno, perché faceva caldo, troppo caldo, come
in una fornace... Eppure era stato talmente bello e dolce e violento che...
Le labbra del Colonnello gli si posarono sulla tempia sudata, mentre quelle
braccia forti ma delicate lo abbracciarono con dolcezza, tenendolo stretto,
al sicuro...
Nella grande stanza non si udiva altro che i loro respiri appesantiti.
"Treize... Treize, cosa abbiamo fatto?" Riuscì a dire Wufei in un roco
sussurro, mentre sentiva le palpebre sempre più pesanti e ogni briciolo di
forza rimastagli abbandonare il suo corpo ancora scosso da leggeri fremiti.
"L'amore, piccolo drago...", fu la risposta che ricevette prima di essere
nuovamente sollevato in braccio all'uomo che lo stava cullando dolcemente,
quasi come avrebbe fatto un papà con il proprio bambino.
"Abbiamo bisogno di un bagno, mio bellissimo guerriero.", affermò quindi
Treize, prima di dirigersi con il suo leggero fardello verso l'arco a volta
che divideva il salottino da una piccola anticamera che introduceva alla
lussuosissima toilette del colonnello Kushrenada.
- end of chapter three -
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