Disclaimers: tutti i personaggi di GW appartengono alla Sunrise e la Sunrise appartiene a Treize, ed essendo io la sua fidanzata… No, scherzo… Tutti i diritti alla Sunrise e nessun lucro per me!
Note per chi legge: in effetti ai tempi in cui Zechs stava ancora con Treize (e non ho usato a caso *con Treize* e non *con OZ* :p)i cinque fanciulli non si conoscevano ancora tanto bene, ma pazienza. Licenza poetica. Variazione sul tema. Tokita* docet. :p
Spoilers: qua e là...

Dedicata ad Alexiel e Hana ed alla nostra ritrovata amica Antonella, oltre a chiunque sappia apprezzare la bellezza di questa serie shonen-ai-tra-le-righe-ed-i-robottoni.
Una dedica speciale anche a Koichi Tokita*, per aver saputo magistralmente cogliere l'essenza dei personaggi di GW in un manghino che riassume 49 incasinatissime puntate in tre volumetti e per le sue esilaranti strip-comiche che hanno ispirato le parti *leggere* di questo racconto... Volevo ringraziare Tokita Sensei anche per aver dedicato le suddette strip pure a G-Gundam e al *nostro* Domon, istigando me e le mie amiche a comprarci la serie in DVD senza nemmeno sapere di che si trattasse! TI AMO, Tokita Sensei, anche se sei un MALEDETTO!!! *_____________________*

 


Tutto in una notte

meteor I - Behind the Mask

di Choco

 

Treize Kushrenada studiava il volto di Zeches Marquise, celato da quella maschera che ormai portava da anni.
Era incredibile come fosse facile, per lui, vedere attraverso quello schermo… Riuscire, con il suo sguardo, ad infrangere la barriera di plastica e metallo di quell'oggetto che nascondeva a chiunque la vera identità del Barone Splendente.
"Non mi chiami così, Eccellenza… Da adesso in poi, l'unico soprannome con cui verrò appellato dalla gente sarà Zechs l'Assassino…"
Il Colonnello aveva chiesto a Lady Une di ritirarsi insieme a Noin, lasciandolo un attimo solo con il suo sottoposto… Il suo intento non era certo soltanto quello di discutere riguardo alla presa di potere da parte di OZ, alla magnificenza del Tallgeese o alla perizia di Zechs nell'attuare i suoi piani…
Treize avrebbe fatto un ennesimo, esasperato tentativo di far aprire il cuore del ragazzo, di farlo confidare… Di strappargli un briciolo di fiducia per riuscire a fargli raccontare come viveva lui, il principe sopravvissuto di Cinq, dentro a quella divisa… Una divisa militare.
Ma la conversazione stava prendendo una piega che non gli piaceva per nulla.
Il tenente Marquise aveva una capacità tutta sua di disprezzarsi e demolirsi, noncurante della fama che lo circondava e del profondo rispetto, per non dire venerazione, che suscitava non solo nei propri uomini, ma in chiunque avesse la fortuna di imbattersi in lui.
Il Colonnello appoggiò i gomiti alla scrivania, incrociando le dita ed appoggiando il mento sul dorso delle mani guantate; continuò a tenere i suo penetrante sguardo incollato a quello di Zechs, mentre, sfoderando uno dei suoi mezzi sorrisi più ammiccanti, si rivolse al ragazzo in piedi di fianco a lui.
"In ogni caso… Dato che ora hai compiuto la tua vendetta, non credi che potresti toglierti quella maschera una volta per tutte… Milliardo Peacecraft?", lo apostrofò, accentuando le ultime due parole con consumata sapienza.
Come previsto, quella richiesta sortì l'effetto di una provocazione; Treize osservò Zechs sussultare leggermente, per poi voltarsi di spalle…
…Proprio come se non avesse affatto una maschera con la quale poter nascondere il suo imbarazzo al Colonnello.
"Sua Eccellenza… La prego…", sussurrò, impacciato come una collegiale alla quale un dispettoso soffio di vento avesse sollevato la gonna.
Il sorriso di Treize si allargò e, anche se il biondo tenente non poteva vederlo, il suo sguardo si riempì di tenerezza.
Solo davanti a lui Zechs si comportava come un cadetto imbranato e la cosa, a voler essere del tutto onesto, non gli dispiaceva nemmeno un po'.
Si divertì ad immaginare la pelle perfetta, bianca e rosata come quella degli angeli nei dipinti rinascimentali, assumere sfumature scarlatte a livello degli zigomi finemente cesellati e si compiacque di quella visione, lasciandosi andare ad un impercettibile mormorio di approvazione.
Ma Zechs si girò di nuovo ad affrontarlo, raddrizzandosi su tutta la sua ragguardevole altezza, facendo ondeggiare i lunghissimi capelli biondo-platino come un mare di luce.
"La mia vendetta, Eccellenza, non è ancora completa… Fino ad allora, sarò costretto a continuare a portare la maschera…"

***
Qualche tempo dopo…

Treize sbuffò leggermente, mentre accendeva il suo stereo puntando svogliatamente il telecomando verso la sofisticatissima apparecchiatura.
Aveva appena finito di fare un lunghissimo bagno a idromassaggio, arricchito con l'immancabile essenza di rose ed aveva indossato un paio di jeans chiari sotto ad una semplice camicia di cotone, chiusa solo da un bottone; i piedi erano scalzi, i capelli lasciati ricadere sul viso in morbide onde ramate.
Le sue stanze ormai erano diventate l'unico luogo in cui ancora gli era permesso di vestirsi in modo così comodo ed informale, quindi il Colonnello Kushrenada centellinava quei momenti di sana solitudine; mentre le note dell'ouverture della Nutcraker Suite si diffondevano nella stanza attraverso le potenti casse dell'impianto digitale, Treize si avvicinò al mobiletto in stile barocco al cui interno si celava un piccolo frigorifero.
Il vino preparato con l'uva dei vigneti di famiglia era qualcosa per cui valeva la pena aspettare un'intera giornata; l'uomo se ne versò un calice, ripose la bottiglia e si diresse verso la poltrona foderata di broccato blu sistemata di fronte alla finestra, accanto ad un basso tavolino di cristallo.
Il Colonnello vi si sedette con la sua tipica, impeccabile grazia e, accavallando le lunghe gambe fasciate di jeans, si sporse verso la liscia superficie del piccolo tavolo per prendere con la mano libera il libro precedentemente scelto dalla fornitissima libreria del suo salotto: si trattava di una raccolta di fotografie riproducenti i delicati quadri dei pittori rinascimentali italiani, conservati ancora nei musei di quella bellissima Nazione.
Gli era venuto in mente di sfogliare quel libro guardando Zechs, quel pomeriggio, dopo essere arrivato alla base… Guardando Milliardo.
Treize sorseggiò un po' di vino, deliziandosi alla sensazione del liquido scuro che, immediatamente, gli propagò il suo calore attraverso le vene, accendendogli gli zigomi; chiuse per un attimo gli occhi, perdendosi nei suoi stessi sensi, nel piacere che gli dava la musica, nel calore che gli regalava il vino, nel tepore di quella serata di fine primavera… nella bellezza delle poche immagini che aveva appena guardato, che si sovrapposero, prepotentemente, al viso di Zechs.
Un viso che, al pari di quei dipinti, lasciava trasparire purezza e nobiltà, bellezza ed innocenza…
Un viso che non ammirava da davvero troppo tempo, ormai.
Sospirò, sorridendo con tenerezza; si sporse per sollevare tra le dita un cioccolatino al latte tra quelli posati in una delle ciotoline di ceramica sistemate sopra al tavolino di fronte e lui.
Il piacere che gli dava quella miscela intossicante di zucchero e cacao era un degno palliativo, nel tentativo di scacciare dalla mente i pensieri che lo assalivano ogni qual volta pensava a Milliardo.
Lui amava la cose belle… Amava circondarsene, accudirle, preservarle… Insieme ai valori di cui lui stesso si faceva garante.
E Zechs Marquise, ovvero Milliardo Peacecraft, era senza dubbio l'esempio vivente di perfetta fusione tra bellezza e nobiltà d'animo.
Lui *amava* Milliardo Peacecraft… Lo amava forse sopra ogni altra cosa, anche sopra i suoi ideali… Lo amava in maniera totale.
Ma ogni volta che pensava a lui, a quanto avrebbe desiderato quella perfezione solo per sé… Ogni volta, sistematicamente, qualcosa nella sua mente scattava, dirottandolo su altre fantasie.
Non *poteva* avere Milliardo… Anche se il giovane ed integerrimo ufficiale non si fosse scandalizzato ai suoi modi libertini e alla sua morale molto elastica, lui non si sarebbe mai permesso di toccarlo… Di contaminare qualcuno di così assolutamente perfetto.
Un delicato bussare alla porta distrasse finalmente Treize dalle sue elucubrazioni.
Il Colonnello sbatté leggermente le palpebre, vagamente memore di aver rassicurato la Lady che non avrebbe avuto bisogno di nulla; un modo gentile per chiederle di non disturbarlo.
E chi poteva essere, dunque, a bussare alle sue stanze alle undici di notte passate?
"Si?", chiese semplicemente, avvicinandosi alla pesante porta di legno massiccio che divideva i suoi appartamenti dal resto della base.
"Sono Zechs… Ho bisogno di vederla, eccellenza…"
Treize sollevò un sopracciglio, mentre sul suo viso si disegnava il più evocativo dei sorrisi…

***

"YAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!! Ti ho battuto di nuovo, Quatre!!!!! Sono un genio!!!!"
"Uffa, ma non è giusto! Voglio la rivincita, Duo!"
L'esuberante pilota del Deathscyte ed il più pacato proprietario del Sandrock si stavano sfidando all'ultimo sangue giocando ad un violentissimo picchiaduro per consolle, sfruttando lo schermo gigante del televisore a cristalli liquidi che faceva bella mostra di sé in uno dei salotti privati della tenuta Winner, quella in mezzo al Sahara, dove i cinque ragazzi delle colonie si stavano prendendo un paio di giorni per organizzare la loro prossima missione; gli ordini arrivavano frammentari, subito prima di essere disconfermati da nuovi ordini.
C'era da eliminare un carico di mobile suits che avrebbero dovuto essere trasportati da una fabbrica in Nord America ad una non ben precisata base di OZ, con un non ben precisato mezzo di trasporto, seguendo una non ben precisata rotta… E così, nell'attesa che i dettagli venissero definiti, i piloti dei Gundams avevano deciso di riposarsi un po' , approfittandone per revisionare anche i loro suits.
"La rivincita? Di nuovo? Ma è la decima volta di seguito che vinco io!!!"
"Appunto per questo! Voglio batterti almeno una volta... Non me lo puoi negare!"
"Mmmmmmmhhh... OK, ti concedo la rivincita... Ma te la dovrai guadagnare! Regalami la tua fetta di crostata alle fragole..."
Duo Maxwell allungò il braccio verso il piattino di ceramica su cui era appoggiata la fetta di dolce spettante a Quatre, ancora pressoché intatta.
"Noooooooooo!!!! E' l'ultima fetta, Duo!!! E tu te ne sei mangiate almeno quattro da solo!!!"
Il biondino si lanciò sul compagno nell'intento di tenerlo lontano dalla sua crostata di fragole, con il solo risultato di cadergli addosso, sull'immenso Kashmere nei toni dell'azzurro che ricopriva il pavimento, sul quale i due ragazzi stavano seduti a gambe incrociate da ore.
"WAAAAAAAAAAAAH!!!!! Quatre, non è leale!!!"
"Non è leale che tu cerchi di rubare la *mia* crostata!!!"
"Allora... La rivincita te la guadagnerai con il solletico!"
Duo invertì facilmente le loro posizioni con un colpo di reni, cominciando a solleticare i fianchi del pilota arabo attraverso la stoffa della leggera camicia rosa in cotone che indossava.
"Nooooooooooooo!!!! Lasciami... Lasciaaaaaa...Ahahahah...Duo...Ihihihih..."
Le risate argentine di Quatre riempirono tutta la stanza, attirando l'attenzione degli altri ospiti del salotto Winner.
Trowa sollevò gli occhi dal flauto che stava suonando, abbassando poi lo strumento dalle labbra e accennando un vago sorriso; aveva lanciato furtive occhiate ai due tutto il pomeriggio, senza mai distrarsi troppo dalla melodia che stava cercando di riprodurre.
"Maxweeeell...", si limitò ad ammonire, dolcemente, per poi ritornare a focalizzare l'attenzione sul flauto.
"Non aver paura, Trowa, non te lo ammacco mica...", replicò il ragazzo con la treccia, continuando a torturare senza pietà l'amico che ormai giaceva appallottolato su un fianco, con le braccia strette attorno al corpo nel tentativo di difendersi dai suoi attacchi e con le lacrime agli occhi per il troppo ridere.
Anche Chang Wufei, che si stava svogliatamente allenando nei *kata* con la sua sciabola di famiglia, non poté fare a meno di incurvare le morbide labbra carnose in un sorriso alla vista dei suoi due compagni che giocavano alla lotta su un tappeto come due bimbi innocenti...
...Come se per qualche ora fossero riusciti a dimenticare l'orrore della guerra ed il dramma delle loro vite, votate ad essa...
Wufei però spostò subito i suoi occhi d'onice su un punto indefinito del muro di fronte, quando sentì un lieve calore diffondersi sul volto; di certo nessuno nella sua famiglia sarebbe stato contento di sapere che aveva fraternizzato con dei ragazzi che avevano l'abitudine di saltarsi addosso l'un l'altro e abbracciarsi alla prima occasione... La promiscuità che si stava creando tra loro cinque aveva quasi dell'allarmante, anche se il cinesino, da attento osservatore e conoscitore dell'animo umano qual era, riusciva a comprenderne perfettamente i motivi: in fondo, erano solo dei ragazzini... Ragazzini a cui era stata strappata una casa, una famiglia, che si erano ritrovati soli a reggere sulle spalle un fardello troppo pesante.
Un insistente ticchettio lo distrasse un attimo da questi pensieri.
Era naturale per tutti loro: per Trowa, che aveva trovato in Quatre quello che mancava a se stesso, la luce, la positività e la fanciullezza; per Quatre, che in Trowa riusciva a riversare tutto l'amore e la dolcezza di cui era capace; per Duo, che aveva un costante bisogno di attenzione, di approvazione, che aveva bisogno di *sentire* gli altri attraverso il suo corpo, che aveva bisogno di essere toccato e abbracciato... Per lui, che riusciva a nutrirsi delle qualità di ognuno di loro, traendone un'incredibile forza interiore...
Era naturale che si fossero aggrappati così l'uno all'altro...
Per tutti, tranne che per colui che stava incessantemente digitando sulla tastiera del suo inseparabile lap-top.
Il grugnito di Heero lo fece sorridere di nuovo. Era stato già abbastanza paziente, per i suoi standard...
"Volete stare un po' in silenzio, TUTTI E DUE?!?!?!?", ringhiò a denti stretti il pilota del Wing, rivolgendosi ovviamente a Duo e Quatre che, in quel momento, si stavano contendendo il piattino di ceramica su cui il ragazzo dagli occhi indaco era finalmente riuscito a mettere le mani.
I due si voltarono verso Heero, allarmati, come sempre accadeva ad entrambi quando udivano quel tono perentorio nella voce del loro ombroso compagno.
Quatre aveva la camicia completamente fuori dai pantaloni, tutti i capelli arruffati e la carnagione bianchissima del suo viso era accesa da una tonalità fucsia che lo faceva assomigliare ad un cherubino; la treccia di Duo era quasi totalmente disfatta e la sua T-shirt bianca super_aderente era finita di una buona spanna sopra all'ombelico.
"Ehm, scusa, Heero... Non intendevamo disturbarti...", cominciò Quatre, senza riuscire a mascherare la sua ilarità.
"Eddai Heero, cheppalle! Ma perché non la smetti di ticchettare su quell'affare, per almeno mezz'ora in vita tua?", sbottò invece Duo, esasperato dell'ennesima manifestazione di intolleranza da parte del ragazzo, il quale reagì chiudendo con uno scatto il portatile su cui lavorava.
"Perché *io* non sono un moccioso irresponsabile. Ho una missione da studiare, *io*. Non passo il mio tempo a fare il cretino rotolandomi su un tappeto... Tsk, ma perché perdo il mio tempo a parlare con te, poi." Heero si alzò dalla poltrona su cui era seduto a gambe incrociate, con il lap-top sulle ginocchia. "Me ne vado in camera mia.", aggiunse poi, cominciando ad incamminarsi verso l'alto arco che divideva l'elegante salotto dalle altre stanze della tenuta, sbattendo i piedi scalzi per terra ad ogni passo per rimarcare meglio il fatto che era terribilmente irritato.
Come sempre.
"Heero, aspett..." Duo stava per alzarsi e correre dietro al suo intrattabile compagno, ma l'occhiata che quest'ultimo gli lanciò da sopra una spalla lo congelò sul posto, facendogli morire in gola le parole. Il pilota del Deathscyte si sentì come se una grande mano gli stesse strizzando lo stomaco; ogni volta che Heero reagiva a quel modo, ogni volta che si rivolgeva a lui come aveva appena fatto, Duo si sentiva ferito. Nemmeno le sgridate di Sorella Helen riuscivano a mortificarlo così.
Il ragazzo guardò mestamente l'amico allontanarsi, un velo di tristezza ad offuscare i suoi ridenti occhi di quel particolare punto di blu che, a seconda della luce, virava dall'indaco al violetto; una sensazione di umido sulle labbra riportò Duo alla realtà, strappandolo alla malinconia che lo stava assalendo e facendolo quasi sussultare. Rivolse lo sguardo di fronte a se e si trovò a fissare incredibilmente da vicino una succulenta fragola rossa infilzata da una forchettina d'argento, offertagli da Quatre con un sorriso incoraggiante ed un'espressione comprensiva sul viso da bambino.
Duo sorrise a sua volta, accettando il frutto e cercando di cancellare, con il suo sapore, l'amarezza che stava provando in quel momento.

***

"Entra, *Milliardo*... E' aperto."
Il colonnello Kushrenada aveva l'abitudine di non chiudere mai le porte delle proprie stanze, in qualunque luogo fosse alloggiato.
L'idea era stata di Lady Une, veramente... La donna voleva infatti evitare qualsiasi ostacolo, qualora Treize si fosse trovato in pericolo di vita. Un sicario per uno dei più alti ufficiali di OZ era una mossa da non sottovalutare, da parte delle colonie…
Le due ante della massiccia porta in legno si aprirono contemporaneamente, rivelando un’elegante figura in pantaloni d’ordinanza bianchi e stivali neri; Zechs si era soltanto tolto la giacca dell’uniforme, sostituita da una leggerissima camicia di seta immacolata.
E indossando la solita, *maledetta* maschera.
Il tenente richiuse l’uscio alle sue spalle, senza voltarsi; i chiarissimi occhi acquamarina, visibili anche dietro allo schermo che celava il suo volto, erano fissi in quelli di Treize.
“Buonasera, Milliardo… Che piacere ricevere la tua visita... A cosa debbo l’onore?”, chiese quest’ultimo, invitando il suo secondo ad accomodarsi con un elegante cenno del braccio.
Zechs non rispose. Abbassò qualche istante lo sguardo luminoso sulle punte dei propri lucidissimi stivali, prima di risollevarli sull’intrigante viso del suo superiore.
“Sono venuto ad accondiscendere ad una sua richiesta, Eccellenza… Treize.”, disse poi, enigmatico.
Treize sollevò un sopracciglio. L’espressione del suo tenente era serissima, quasi tesa… E, nella sua voce calda e baritonale, credeva di aver percepito una nota di incertezza.
“Oh… Beh, ad ogni modo vedo che hai imparato a chiamarmi per nome, *almeno* quando siamo da soli.”, constatò il Colonnello, compiaciuto. “Ma, dimmi… Qual è la richiesta a cui ti riferisci?”
Il tenente Marquise sollevò le mani all’altezza del viso, appoggiandole ai lati della testa e azionando quindi un meccanismo che provocò un leggero rumore di ingranaggi. Poi, con un fluido movimento delle braccia, sollevò la maschera, scuotendo il capo e facendo ondeggiare la sua folta chioma platino.
“Questa.”, rispose semplicemente Zechs.

***

Wufei si accingeva a lasciare furtivamente la tenuta dei Winner, dopo aver fatto una doccia veloce ed essersi cambiato.
Non sapeva bene nemmeno lui perché, ma per quell’occasione aveva sentito il bisogno di scegliere con cura gli abiti da indossare, tra i pochi che aveva con sé; aveva optato per un paio dei suoi pantaloni alla cinese color crema ed una camicia cremisi, che gli aveva fatto guadagnare una profusione di complimenti da parte di Quatre una volta che gliela aveva vista indosso.
Il ragazzino aveva lasciato un biglietto di scuse, scritto in un perfetto inglese, sulla tavola già apparecchiata della sala da pranzo; in poche righe spiegava che quella sera non avrebbe fatto onore all’ospitalissima tavola di casa Winner a causa di una missione solitaria affidatagli improvvisamente ed in gran segreto.
Ma, quand’era sul punto di entrare nell’ hangar dov’erano custoditi i Gundams e salire su Nataku, una voce delicata ma ferma al tempo stesso lo bloccò.
“Dove stai andando, Wufei?”
Trowa apparì all’improvviso, quasi fosse un fantasma materializzatosi dalle ombre.
Il cinesino si irrigidì, mettendosi sulla difensiva.
“Vado… In ricognizione.”, provò a rispondere, guadagnandosi uno sguardo più penetrante di un pugnale. Il pilota dell’ Heavyarms parlava poco, ma comunicava in modo più che efficace con gli occhi.
“L’hai localizzato, vero?”
Wufei sentì il sangue salirgli prepotentemente alle guance a quella domanda così diretta e precisa. Abbassò lo sguardo, evitando le occhiate indagatorie di Trowa.
“…”
“Lo sai che è un errore… Stiamo organizzando la prossima missione contando anche su di te. Rischi di mandare a monte tutto per una rivincita personale… Solo per orgoglio.”
Gli occhi d’onice si risollevarono sul viso dei lineamenti delicati del ragazzo castano; Barton teneva le braccia incrociate sul petto, senza lasciar trapelare alcuna emozione sul viso serafico.
“Vai pure…”, disse quindi Trowa, accennando alla porta dell’hangar con il capo. “Ma cerca di tornare per colazione, domani… “, aggiunse, con l’accenno di un sorriso malizioso.
Wufei si inchinò leggermente, mentre una strana sensazione di vuoto allo stomaco lo assalì alle parole del compagno.
“G*l*azie”, rispose, prima di sparire al di là delle pesanti porte scorrevoli e rifugiarsi dentro al suo Gundam.

-fine prima parte-


Note a pié di pagina: Odio il correttore di Word >__<
 

 

 


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