Disclaimers: I personaggi
proprietà della Namco…Seyala e Sebastian Milton, però sono nostri ^_______^
Note: Ma lo fate
apposta?Insomma ci decidiamo ad arrivare al punto dove io e Hwo lo facciamo?
NdJin
Hentai >///////////<! Ma pensi solo a quello? NdA14
Tutti i
miei sbagli parte
VI
di Akira14 &
Miyuki
Seyala, dopo aver
scaraventato tutti i suppellettili possibili ed immaginali che si
trovavano nella sua camera, capì di essersi comportata troppo
impulsivamente. D'accordo, non aveva mai considerato sua madre una santa,
ma certo non poteva immaginare che quella donna fosse stata capace di
compiere un simile atto di viltà.
Aveva sbagliato.Lo
sapeva.
Non avrebbe dovuto essere
così aggressiva.
Con il suo atteggiamento
arrogante aveva ferito il fratello, l'ultima persona che meritasse di
soffrire, dopo tutto quello che aveva passato.
Si rendeva quindi conto
che era lei a dovere delle scuse.
Il suo orgoglio avrebbe
dovuto scendere a compromessi, almeno per questa volta.
Perciò usci dalla sua
camera e si diresse verso il soggiorno. Tutti la osservavano, aspettando di
sapere se in quella capoccia dura come il marmo fosse entrata l'idea che
"forse" nn era stata poi così amabile, e che doveva delle spiegazioni, o se
non altro delle scuse per la sua maleducazione.
Seyala guardò negli occhi
suo fratello. Il suo sguardo era severo, come se si aspettasse che sua
sorella non sarebbe stata capace di dire qualcosa di intelligente per
giustificarsi.
Ricordava sua madre. Sey
si era sempre vista mediocre e priva di talento, quando la signora Milton la
guardava così.
Si fece coraggio. Dire
stupidaggini e amenità era sempre meglio che stare zitta.
“Mi dispiace Hwoarang.
Sono stata egoista e infantile ad impuntarmi a quel modo. Tu non ne hai
colpa. Io sono felice che tu esista, non so spiegarti perché.
Ma sappi che per me non
sarai mai un fratello. Per questo sono contenta che tu non pretenda di
entrare nella nostra famiglia.
Prima ce l'avevo con mio
padre e non con te, Hwoarang. Perché io non meritavo tutte quelle bugie. E
su questo non sono disposta a tornare indietro.
Papà, sei tu a dovermi
delle spiegazioni. E se non sei disposto a darmele...Beh, vorrà dire che mi
troverò un altra casa in cui abitare!”
Hwoarang sorrise.
Aveva apprezzato ciò che sua sorella aveva cercato di dire. Se davvero era
orgogliosa e testarda almeno un decimo di quanto lo era lui (e te ne vanti
pure? O_o NdA14), doveva essere stato difficile per lei ammettere di avere
sbagliato.
Mentre si scusava, aveva
abbassato lo sguardo, ma di questo gli era grato. Solitamente preferiva che
gli si parlasse guardandolo in faccia, però in questo caso non poteva che
ringraziare Seyala di non averlo fatto.
Quegli occhi azzurri,
così freddi e cristallini, gli facevano tornare in mente un volto che non
voleva ricordare.
Inoltre era incuriosito
da quello che gli aveva raccontato Gordo, e non gli sarebbe dispiaciuto
conoscere meglio Seyala, dal momento che se ne presentava l’occasione.
Sempre che il signor
Milton fosse d’accordo. Aveva già una marea di problemi, e non voleva
crearsene altri mettendosi contro Sebastian. Anche se comprendeva, e
condivideva, le accuse di Sey, avrebbe sprecato energie inutilmente; quando
invece era meglio risparmiarle per litigare con Kazama.
Si voltò, per osservare
la reazione del padrone di casa.
Sebastian si trovò
contemplamene spiazzato. Era difficile spiegare a sua figlia che non gliene
aveva parlato perché credeva di agire per il suo bene.
Era cosciente di essere
in errore; avrebbe dovuto indagare sul passato di Maisha. Solo che diciotto
anni fa, quando si era innamorato di lei, si era preoccupato unicamente di
tirarla fuori dal suo stato depressivo e le aveva promesso di non
interrogarla sulla sua vita prima di arrivare a New York. Lui stesso aveva
ignorato per anni l’esistenza di Hwoarang.
Di certo, l’essere stata
una ragazza madre era qualcosa di cui non andava fiera e non poteva
aspettarsi che andasse a sbandierare in giro il fatto di aver avuto un
figlio quando ancora era in Corea.
In seguito, non n’aveva
avuto il tempo. Tra i turni stremanti all’ospedale e l’occuparsi
dell’educazione di Seyala, era divenuta una questione sempre più marginale.
Ed ecco che ora, quasi a
punirlo della sua superficialità, si trovava in un vicolo cieco. Sua figlia
aveva tutti i diritti di essere adirata, ma d’altra parte se cedeva ai suoi
ricatti psicologici era come approvare il comportamento che stava tenendo in
quel momento, che a suo parere si dimostrava molto immaturo.
C’era modo e modo di dire le cose. Sey parlava sempre come se stesse
proferendo il Verbo, la parola Divina. Come se tutti gli altri dicessero un
mucchio di cazzate, e lei sola una cosa intelligente.
Doveva imparare che non
si può avere tutto semplicemente minacciando le persone, e che certe cose
bisogna sudarsele non aspettarsele come dovute su un piatto d’argento.
Sapendo che sarebbe andata da un’amica, non prese molto sul serio questa
minaccia.
Era impossibile che
riuscisse a farsi ospitare per più di una settimana, anche passando in
rassegna tutte le sue compagne. Dopo pochi giorni sarebbe tornata con la
coda fra le gambe, e allora sarebbe stato più semplice farsi ascoltare.
A questo punto si
trattava solo di essere freddo e lapidario.
“Bene. Quella è la porta,
vai pure per la tua strada.
SE è questo ciò che vuoi.”
Seyala non si scomodò
nemmeno a rispondere, ma tornò in camera sua, apparentemente senza alcun
motivo.
Intanto Hwoarang era
passato ad una questione più importante, nonché il suo passatempo preferito:
prendersela con Kazama.
Dentro di lui, era nato un sospetto su tutta la faccenda e non ce la faceva
più a tenerselo per sé.
“Se qui c’è qualcuno che
deve ancora delle spiegazioni, quello sei tu, Kazama!
Potrei anche tornarmene in Corea, se non fosse per te, brutto bastardo!
Immagino che tu ti diverta ad immischiarmi nelle tue sporche faccende!
Non mi sorprenderei di scoprire che quell’agguato di stamattina non fosse
altro che una finta. Sapevano benissimo chi fossi, ma hanno recitato
magistralmente facendo credere di avermi scambiato per te, così da farti
sembrare la vittima di quell’imboscata. In realtà sei stato tu ad assumerli
per liberarti di me!
Ammettilo!”
Tiger si coprì il volto
con le mani. Oggi Hwoarang era intenzionato a dimostrare di essere l’uomo
più stupido di tutto l’universo? Beh, perché ci stava riuscendo
perfettamente!
Da dove aveva tirato
questa cazzata? Davvero pensava che Jin fosse capace di architettare un
piano così efferato, sadico, così contorto che non poteva che essere stato
elaborato che da una mente malata o da una persona del tutto priva di alcuna
remora e di sentimenti? Non si accorgeva di quanto fosse emotivo?
Uno così non sarebbe certo riuscito a mentire spudoratamente come voleva dar
a intendere la frase di Hwoarang.
Rispettava così poco il
suo nemico? E allora, perché sembrava quasi ossessionato dalla sua nemesi,
se lo considerava un essere così meschino?
Eddy trepidava, sperando
che Jin riuscisse a controllarsi. Ci mancava solo più che liberasse la sua
parte demoniaca lì di fronte a tutti.
Nonostante amasse quell’orgoglioso
ragazzino coreano, si rendeva conto che aveva detto una stronzata dopo
l’altra e che se Kazama avesse voluto spaccargli la faccia, aveva ragioni
plausibili per farlo.
C’era da augurarsi che
ora Hwo avesse il buon gusto di starsene zitto, e di non stuzzicare il
giapponese.
Punzecchiare Jin ora, sarebbe stato come giocare con il fuoco. Come gettare
un fiammifero su una scia di benzina, per intenderci.
Quelle parole ferirono
Jin, molto più di quanto si aspettasse.
Fino a pochi giorni
prima, gli avrebbe chiuso quella boccaccia a suon di pugni. Ora invece si
sentiva svuotato, pugnalato al cuore da quel cretino dai capelli rossi.
La sua unica reazione fu
uno schiaffo che risuonò con chiarezza nel silenzio della stanza. Non fu la
furia a guidare quel gesto. In esso vi era delusione, disperazione, ma non
rabbia.
“Sei uno stupido.
Un egocentrico!
Davvero credi di essere
al centro dei miei pensieri?
Pensi che io sprechi il mio tempo a cercare di liberarmi di te?
Che tu esista o meno, a me non cambia la vita, Hwoarang!” (CHE BANFATA!!!!!!!!!!!!!!
Non te l’ ha detto la mamma che non si dicono le bugie, Jin? NdA14)
Nella stanza scese un
silenzio quasi irreale. Una totale assenza di rumore, quasi funerea.
Inaspettatamente,
Hwoarang non reagì alle dure parole di Kazama.
Oggi non faceva altro che
comportarsi da coglione, e il bello era che se ne accorgeva anche lui! Solo
che gli veniva istintivo, e davanti al suo acerrimo nemico perdeva qualsiasi
freno e diceva quello che gli passava per la mente, senza minimamente
soppesare le sue parole né tantomeno calcolarne le conseguenze.
Odiava che Jin riuscisse
a metterlo in soggezione soltanto con uno sguardo. Che facesse in modo che
lui dovesse ammettere a sé stesso di aver sbagliato, cosa che solitamente
non faceva mai.
Odiava mostrarsi così
dannatamente imperfetto di fronte alla sua nemesi.
Non bastava che avesse
scoperto il penoso segreto sul suo passato? Perché diavolo mostrargli anche
i lati peggiori del suo carattere?
Come se non li conoscesse già abbastanza!
Ma in fondo che cosa gliene fregava di cosa pensava quel figlio di papà di
lui? Uno che aveva avuto tutto dalla vita, e che osava rinnegare la sua
famiglia, la stessa famiglia che non gli aveva mai negato niente. Viveva nel
lusso, e presto sarebbe diventato il presidente di una delle società più
ricche del mondo, la Mishima Zaibatsu!
Il suo comportamento si definiva con una sola parola: ipocrita.
Facile sputare nel
proprio piatto. Disdegnare quello che il destino ti ha dato, solo per
sembrare umile e modesto!
La verità era che Kazama non sapeva cosa volesse dire vivere senza una
famiglia! Ignorava come si potesse sentire un bambino trattato alla stregua
di un oggetto. Abbandonato perché ritenuto ormai inutile.
Lo detestava! Lo
disprezzava! Lo odiava più di qualsiasi cosa!
Perciò, pur
riconoscendo il suo errore, la sua alterigia gli impediva di chiedere scusa.
Inoltre Jin, aveva pronunciato con voce fredda e atona quelle parole e
questo gli aveva provocato una fitta al cuore, che non sapeva come spiegare.
E questo non saper
trovare una motivazione a quelle strane emozioni, lo mandava ancora più in
bestia.
“Hwo-kun, ti sta sanguinando il labbro.” Disse
Eddy, rivolgendosi a Hwoarang. Certo, avrebbe potuto intervenire nella
discussione, ma non gli era parso il caso. Riappacificare i due era
impensabile.
Almeno poteva spostare il discorso su
argomenti più neutri, in modo da raffreddare quegli animi incandescenti.
“Non penso che morirò dissanguato per questo,
Gordo.”
“Naturalmente, Hwo-kun. Questo non significa
che sia bello da vedere, dal momento che ti si sta anche, discretamente
gonfiando. Quindi, permetti che io faccia qualcosa per quella povera vittima
della tua aggressività repressa.”
Hwoarang perse così tanto tempo a capire che cosa gli aveva appena detto
Eddy, nonché ad alterarsi per essere stato chiamato con uno stupido
vezzeggiativo; che non prestò assolutamente alcuna attenzione a cosa stesse
facendo il brasiliano, salvo poi ritrovarselo a due centimetri dalle sue
labbra.
Eddy infatti, approfittando dello stato di
confusione (che sembrava regnare sovrano nella testa di Hwoarang quel
giorno) del ragazzo più giovane, si frugò nelle tasche e ne estrasse un
fazzoletto. Inumidendolo con la saliva (ma che skifoooooooooooooooooooo
NdA14) lo poggiò con cautela sul labbro inferiore del coreano.
A nessuno, nemmeno a Sebastian, sfuggì
l’intimità di quel gesto. Non che giudicasse male il suo figliastro perché
era omosessuale…Ma tenere nascosta una cosa del genere! Gli era passato per
la mente che Hwoarang non avesse capito le intenzioni di Gordo, ma il fatto
stesso che non avesse reazioni testimoniava che subiva quel trattamento non
proprio a malincuore.
Piuttosto che rimanersene lì a guardare quella
scena patetica, decise di tornare nel suo studio per sistemare le cartelle
di alcuni suoi pazienti.
Lo stesso pensiero attraversò la mente di Jin,
e questi si accorse di provare un irrefrenabile voglia di spaccare il naso
al Maestro di Capoeira.
Era geloso di Hwoarang?
Impossibile!
D’accordo, in lui era nata una certa
ammirazione per il suo coetaneo attaccabrighe, ma questo non stava certo a
significare che lui provasse qualcosa per quella testa di cazzo!
Tutto ad un tratto, sentirono lo scatto della
maniglia.
In quell’istante Hwo si svegliò dal suo stato comatoso, condizione in cui
era caduto a causa delle parole di Kazama e dalle quali non si era ancora
completamente ripreso, e buttò Gordo a terra con violenza.
“Ma che cazzo credevi di
fare, stronzo!
Sono mica una verginella sprovveduta!” gli gridò tra il furioso e
l’imbarazzato.
Nella sala entrò Seyala,
con in mano un borsone che a prima vista sembrava straripante di roba.
Senza dir niente, si
diresse verso Eddy Gordo e gli sputò in faccia.
Questi non sembrò gradire
molto la cosa, ma si ripulì il viso senza replicare.
“Giù le mani da Hwoarang,
brutto porco!”
Sey non sapeva spiegarsi
perché, ma non appena aveva visto Gordo accarezzare con le sue luride mani
il volto di suo fratello, si era sentita ribollire il sangue dentro le vene.
Pensava che Eddy fosse un uomo per bene, invece si era rivelato uno come
tutti gli altri: per far sesso era pronto a qualsiasi bassezza.
Era convinta che un tipo
del genere sarebbe arrivato perfino ad offrire dei soldi a Hwoarang, per
ottenere il suo amore.
E Hwoarang, da come era
sempre vissuto…Con problemi finanziari, non tra gli stenti ma nemmeno
conoscendo mai il lusso…C’era da aspettarsi che fosse alquanto venale.
Non che lei ritenesse il
comportamento di Hwo immorale. Lo conosceva da poco più di qualche ora, e di
primo acchito era convinta che uno come lui sarebbe arrivato tanto in basso
solo in caso di estremo bisogno, per quanto adorasse l’odore dei soldi.
Era troppo orgoglioso per
abbassarsi a un atteggiamento così vile.
D’altronde restava che
quella scena l’aveva proprio disgustata, e non poteva tenersi certe cose per
se!
Grazie a quell’uscita,
che Jin aveva apprezzato molto visto che anche lui era rimasto un poco (ma
solo un poco) schifato da quello che aveva visto tra Eddy e Hwo, Kazama
prese Seyala in simpatia.
Notò la borsa che la
sorella del rosso aveva appoggiato a terra. Da quanto era piena, intuiva che
Sey avesse preso sul serio la minaccia di suo padre di sbatterla fuori di
casa.
Si mise ad osservarla.
Doveva ammettere che la sorella del suo rivale era molto carina, e che
possedeva lo stesso caratterino del fratello. Peccato che a lui le donne non
piacessero.
Ormai lo aveva detto
perfino a sua madre, che continuava a rompergli le scatole chiedendogli
quando aveva intenzione di trovarsi una fidanzata.
Nonostante questo,
preferiva avere amiche piuttosto che amici…Con le ragazze si trovava meglio.
Loro apprezzavano la sua sensibilità, e lui si sentiva libero di mostrarsi
per quello che era…Anche debole e fragile. Con Hwoarang invece era un
continuo sentirsi valutato come una persona falsa e ipocrita!
Come poteva giudicare una situazione che non conosceva affatto! Non aveva
detto niente, ma glielo leggeva negli occhi.
Hwoarang possedeva gli occhi più espressivi che Jin avesse mai visto…Peccato
che in essi non vedesse altro che odio e disprezzo.
Se solo avessero potuto parlarsi con calma, scambiarsi le opinioni
pacificamente…Era sicuro che avrebbero scoperto di avere molte cose in
comune, e magari avrebbero addirittura potuto diventare amici.
Invece, per colpa della
loro dannatissima boria non si rassegnavano al fatto che ormai si odiavano
più per abitudine che per altro.
NO!
NO!
NO!
Perché diavolo i suoi monologhi interiori dovevano sempre finire con il
trattare il tema “Hwoarang”?
“Ti andrebbe di venire a
stare a casa mia, finché le acque non si saranno calmate, Seyala?” chiese
per interrompere il flusso dei suoi pensieri.
“Certo! Sempre che non
disturbi troppo, la mia presenza…” rispose Sey con un sorriso a trentadue
denti che illuminò tutta la stanza.
“Figurati…Non mi costa
niente, quindi non vedo perché non dovrei riavvicinare due fratelli che non
si vedono da sedici anni…” disse alzando le spalle.
Hwoarang capì di essere
stato tirato in ballo nel discorso tra sua sorella e il suo avversario per
antonomasia. Non stava seguendo lo scambio di battute tra i due, ma dopo la
sfuriata di Sey si era messo a discutere con Eddy Gordo sul suo
comportamento di poco prima e arrossì nel sapere che il brasiliano non aveva
alcun secondo fine, ma aveva agito d’istinto. E poi Gordo gli aveva fatto
chiaramente capire di essere attratto dalle donne, e in Brasile aveva
perfino una ragazza, Christie Monteiro…Era stato lui a travisare il tutto.
(e tu ci credi! Ma Hwo…Sei scemo??? NdA14)
“Dov’è che dovrei andare,
Kazama?” gridò all’indirizzo di Jin, senza nemmeno voltarsi per guardarlo in
faccia.
“Beh…Se vuoi scoprirne di
più sull’agguato di stamattina c’è una sola persona che può saperne
qualcosa!” gli strillò Jin di rimando, irritato dalla nota di arroganza
nella voce di Hwoarang.
Notando che il coreano
non aveva intenzione di schiodare dal soggiorno di casa Milton, lo prese per
la manica, trascinandolo letteralmente via di peso.
A nulla servirono le
proteste di Hwoarang e i suoi strepitii. Meno di un minuto dopo si trovava
sulla limousine che Sebastian aveva gentilmente offerto loro per tornare a
casa, alla volta di casa Kazama.
Prima di salire sulla macchina, Jin fu fermato da Eddy Gordo.
“Non pensare che te lo
lascerò senza colpo ferire, Kazama.”
“E tu non aspettarti di
continuare a fare i tuoi porci comodi Gordo!”
FINE SESTO CAPITOLO
Hwo: Ma come -_______-
Jin: Certo che fa proprio skifo questo capitolo!
Aki: ;_______;
Eddy: Già…Soprattutto quando Sey mi sputa in faccia…
Hwo: Terribile!
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