Disclaimers:
i personaggi che compaiono in questa fanfic sono di creazione del più-che-mitico
Takehiko Inoue (aka Dt. T); tutti meno Yukiko, Rei, Kaede bambino, che sono nati
dalla mia testolina.
La
dedico a Francesco.
“[…]
mi prese del costui piacer sì forte, /che, come vedi, ancor non m’abbandona.
[…]”.
(Dante
Alighieri, canto V della Commedia, prima cantica).
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the hands of time parte
I - The past through the present
di Hotaru
Il
tempo passa. Il tempo è il tuo nemico. Nulla puoi contro il tempo.
Non
ti assale come una tigre, non ti divora come un avvoltoio. Semplicemente
si limita a trascinarti lungo la strada. A volte facendoti strisciare
lento come un verme. Altre facendoti sobbalzare lungo i sentieri come se
fossi legato ad un cavallo imbizzarrito. E non ti accorgi del tragitto che
hai fatto.
Ad
un certo punto ti volti e ti chiedi: “Cosa ho lasciato indietro? Cosa ho
con me?”.
In
questi momenti penso sempre a lui. Perso per sempre. Anzi: mai avuto. Il
tempo è stato inflessibile anche in questa situazione: un giorno ci ha
fatto conoscere, poco dopo ci ha fatto separare.
Cosa
sto facendo? Sono proprio io?
Mi
trovo sdraiato sul letto, sono le 23. Ventinove anni suonati.
Che
sensazione strana: mani incrociate dietro il capo, sguardo fisso nel buio
rivolto al soffitto; o quello che può sembrare il soffitto:
nell’oscurità tutto pare deformarsi e ciò che prima era, ora non è più.
Ho indosso solo un paio di jeans, leggermente sbottonati. Stavo per
ricascarci. Stavo per rifarlo: mi sarei masturbato pensando ancora a lui.
A
quanto sarebbe stato bello sciogliersi fra le sue braccia.
Sentire
il suo respiro chiedere sempre di più. Osare sempre di più.
I
suoi capelli sfiorarmi le guance. Le sue labbra incendiare il mio corpo.
Poche
settimane fa mi capitò di infilarmi le mani nei pantaloni, chiudere gli
occhi e… Kaede. Immaginarmi con lui. Sopra di lui. Sotto di lui.
Pronunciavo il suo nome bisbigliandolo. Eppure era come se fosse lì con
me, in quel momento. La fantasia può far fare strane cose!
E
poi le lacrime. Tante, tristi, disperate. Perché lui non c’era mai
stato. C’ero solo io.
La
vergogna. Cavolo, ho 29 anni. Una moglie. Due figli. Cosa mi salta in
mente di fare?
Già,
una moglie. La tenera Yukiko. Bella Yukiko. Chissà cosa penserebbe Kaede
se la vedesse! E’ una deliziosa ragazza, non c’è che dire. Quando ci
siamo conosciuti, esattamente? Ah già, eravamo all’università. Io
stavo per mettere le mani addosso ad un assistente, perché aveva valutato
la mia relazione appena sufficiente e, come al solito, mi ero scaldato e
volevo risolvere la questione con la forza, quando dalla porta
dell’ufficio era entrata lei: “ Ehi, non ti sembra di esagerare
rossino?!”. Ero stato colto in flagrante: stavo strattonando per la
camicia il ragazzo, che implorava pietà miseramente.
In
quel momento fui colto dell’estasi, più che dall’imbarazzo per la
scena degenere a cui la poverina stava assistendo… anzi Yukiko ne
sembrava quasi compiaciuta: “Al giorno d’oggi non succedono cose
strane in università… invece
mi sono divertita come una matta stamattina!!” mi confessò in seguito.
Io
invece fui rapito subito da lei… o meglio dai suoi capelli: lunghi, neri
come la notte, con dei riflessi che richiamavano il mare d’oltre
oceano… gli stessi capelli della mia adorata volpe. Di Kaede Rukawa.
Certo un taglio come il suo nessuno avrebbe potuto imitarlo, tanto meno
una ragazza carina come Yukiko, ma il colore, i riflessi, persino lo
spessore erano quelli della kitsune. La fissai sbalordito, lasciando
cadere il mal capitato sulla scrivania.
“Va
bene scaldarsi, ma non vedo il motivo di agire così assurdamente! Ti sei
fatto spiegare cosa c’era che non andava nel tuo compito?” continuò.
Scossi
la testa, lasciando il mio sguardo sempre fisso sui quei meravigliosi fili
di seta nera.
Il
discorso proseguì per alcuni minuti, nei quali ella parlò con
l’assistente che ogni tanto mi lanciava occhiate furtive del tipo: “Si
sarà calmato? Posso stare tranquillo?”, ma io non ricordo assolutamente
nulla di quello che si dissero.
Credo
che non mi interessasse nemmeno: io ero stato catturato da quel ricordo.
Pensavo di aver dimenticato Kaede Rukawa, invece mi bastò avere davanti
ai miei occhi qualcosa che potesse avere anche una minima attinenza con
lui perché subito la sua immagine potesse prendere vita di fronte a me.
Uscii
silenziosamente dalla porta, tentando di non pensare più al mio vecchio
sogno.
Più
tentavo di scacciarlo, più volevo pensarlo.
Più
volevo che il suo ricordo mi facesse male.
Sì,
ero cosciente di questa mia misera situazione, ma la desideravo.
Volevo
essere schiacciato dal peso di un’immagine così vivida dentro al mio
cuore.
Masochista?
Un po’, non c’è dubbio.
Erano
circa 4 anni che di Rukawa avevo perso ogni possibile traccia. Dov’era
finito. Cosa stava facendo. Chi aveva conosciuto.
Così
com’era entrato, allo stesso modo se ne era andato.
Dalla
mia vita, dalla mia testa, dal mio cuore.
Non
una cartolina. Figuriamoci una lettera. “Vado a giocare al vero
basket.” Ecco cosa mi era rimasto di lui.
“E
allora giocaci!!!” gli avevo gridato.
Cielo,
se solo avessi saputo… se solo fossi stato un po’ meno orgoglioso…
se solo… se.
Cominciai
tentando di cancellarlo dalla mia vita e forse riuscì a sopire il suo
ricordo dentro di me, almeno per qualche anno.
Poi
lei. Yukiko. I suoi capelli.
Yukiko
a quel tempo giocava a pallavolo. Era abbastanza alta e aveva un bel
fisico. Quello che le veniva molto bene era schiacciare. Saltava e
scaricava a terra una potenza spaventosa.
Precisa,
diretta, senza esitazioni.
Schiacciava
come solo Kaede Rukawa poteva fare.
In
quei momenti non percepivano nulla accanto a loro.
Non
c’erano avversari.
Solo
un canestro da centrare.
Solo
una rete da sovrastare.
Un
gesto rapido, perfetto, con il quale sembrava volesse gridare al mondo la
propria rabbia.
Yukiko
si distingueva comunque da Kaede. Ad esempio lei sapeva articolare un
discorso composto da più parole. Sorrideva e mostrava la gioia e il
dolore.
Sapeva
però anche usare le unghie se occorreva. E sapeva graffiare, come la mia
kitsune. Sì, in questo erano ancora simili. Talvolta si impuntava su
alcuni particolari e il suo modo di reagire mi ricordava troppo quello di
Rukawa. Allora io smettevo di litigare e mi perdevo a fissarla, o forse
sarebbe più giusto dire a
fissare l’idea di Rukawa che traspariva da lei.
“Dio,
quanto assomigli a Rukawa” un giorno le dissi.
“Cosa?!”
fu la sua risposta.
“Ho
detto che assomigli a Rukawa”.
“E
chi sarebbe ‘sto qui?” riprese lei con un tono un po’ seccato perché
l’avevo interrotta al culmine della sua predica.
“Solo
un mio ex-compagno delle superiori” mentii.
“Mpf”
accennò lei.
Strabuzzai
gli occhi: “Scusa?! Cosa hai detto?”
“Nulla!!
Ho solo sbuffato!! Ma Hanamichi c’è qualcosa che non va oggi?” chiese
lei ancora irritata a causa della mia domanda.
“No,
nulla… è solo che … anche al mio ex-compagno di superiori capitava di
sbuffare” chissà perché glielo dissi. Forse speravo che da sotto
quelle spoglie saltasse fuori il vero Rukawa.
“Chissà
a quanta gente capita di sbuffare, scusa!!!” la poveretta non sapeva più
come prendermi.
“Sì!!
Ma era il modo con cui l’hai fatto…. Era … come dire…. Da Rukawa!!!”
esclamai.
“Ancora
‘sto Rukawa!!! Me lo dovrai presentare!!” disse lei divertita.
“Sapessi
dove si trova… non starei certo qui…” bisbigliai.
“Come?
Hai detto qualcosa?”.
“Nulla!
perché?” mentii ancora.
Yukiko
mi guardò un po’ di sottecchi: “Comunque avevo ragione io!!”
concluse.
Dopo
il nostro primo incontro avvenuto in quell’ufficio, mi venne a cercare
il pomeriggio stesso. Mi chiese come mai me ne ero andato senza dire una
parola. Le risposi che avevo altro a cui pensare in quel momento e che
dopotutto del compito non me ne poteva importare più di tanto.
Così
iniziammo a conoscerci. Yukiko era gentile e incuriosita da me. Anche io
mi sentivo stuzzicato dalla sua persona: chissà cos’altro poteva avere
in comune con Rukawa! Ci frequentammo per un po’ di tempo e mi accorsi
che lei non cercava solo la mia amicizia. All’inizio non seppi che fare.
Certo, mi piaceva molto passare del tempo con lei. Studiavamo parecchio,
ma allo stesso tempo ci divertivamo come due bambini.
Alla
fine cedetti. Fu dopo 4 mesi dal nostro primo incontro. Era una serata di
aprile, frizzante. Nell’aria si sentiva ancora il sapore della pioggia
caduta poche ore prima. Come ogni sera la accompagnavo a casa. Giunto
quasi di fronte al cancello di casa sua mi fermai.
“Beh,
ci si vede domani Hana, ok?” sorrise.
Asserii
io. E la baciai. Fu un contatto molto dolce e delicato. Suppongo che lei
non se l’aspettasse. Passai le dita attorno al suo collo e sfiorai i
suoi capelli. Rukawa. Il suo ricordo non mi abbandonava nemmeno in momenti
così intimi e singolari. Sorrisi fra me e me. Quando mi staccai dal suo
corpo la vidi un po’ tremante e non del tutto conscia di quello che era
accaduto. “Chissà come è Kaede dopo aver baciato” pensai. Ma il
sorriso di Yukiko scalzò subito quel pensiero: “Buona serata, Hana!”.
Mi ricordo che sulla strada di ritorno a casa mia tentai di sovrapporre più
volte il viso della volpe al sorriso della mia attuale moglie… ma con
scarsi risultati.
Col
tempo riuscii a seppellire ancora una volta il ricordo di Kaede Rukawa
dentro di me. Mi promisi che se veramente volevo iniziare una storia con
Yukiko non potevo più mentirle. Non mi sembrava corretto. Inoltre chi
avrebbe più rivisto quel frigorifero? Certo… niente è impossibile…
ma non mi sembrava il caso di crucciarmi così tanto per una persona che
al momento dell’addio aveva pronunciato “vado a giocare il vero
basket” e nulla più. Poi ero stato veramente fortunato ad aver trovato
una ragazza come Yu… io che addirittura nel mio passato ricevetti più
di 50 no!! Sigh!
Da
quel giorno tentai di essere sempre sincero con lei e poco a poco crebbe
l’intesa fra noi.
Due
anni fa mi sposai. In questi anni ho avuto anche due bambini: la prima si
chiama Rei e ha 1anno e mezzo; è molto vivace e combina sempre qualche
disastro! Yu dice sempre che somiglierà a me… ma io dubito!! Certo è
un po’ difficile da dire come si evolverà in futuro, però i suoi
capelli per ora sono neri, neri come i suoi! L’altro è un maschietto,
ha 4 mesi e si chiama Kaede. Sono due batuffoloni e voglio ad entrambi un
mondo di bene!
Una
famiglia perfetta.
Ma
settimana scorsa il suo pensiero si accanì nuovamente contro di me. E con
più vigore di quanto mi potessi aspettare.
Accadde
tutto in un sogno.
C’eravamo
io, lui, Akira Sendoh e Hiroaki Koshino. Tutta gente che non vedo da
anni… a parte me, ovvio! Non ricordo bene; mi pare che fossimo tutti in
una sala giochi e ci stessimo sfidando. Quello di cui sono più sicuro è
che ad un certo punto Kaede mi si è avvicinato e mi ha preso in braccio.
Mi ha fatto appoggiare alla sua spalla e mi ha stretto con fermezza al suo
corpo. Ha anche sussurrato qualcosa al mio orecchio, ma non riesco proprio
a rammentare le sue parole.
Quando
mi sono svegliato era quasi l’ora di alzarsi e mia moglie dormiva beata
accanto a me. Io invece non sono più riuscito a prendere sonno: avevo il
volto di Rukawa appoggiato a me, sia tenessi gli occhi aperti, sia tenessi
gli occhi chiusi. Vedevo le sue labbra muoversi impercettibilmente ed
emettere delle sillabe. Sentivo le sue mani sfiorarmi la vita e cingermi i
fianchi. Di colpo ho avvertito una vampata accendersi dentro di me: il
desiderio che lui potesse materializzarsi proprio in quel momento era
divenuto insostenibile.
Non
potevo crederci: lo volevo.
Desideravo
Kaede Rukawa.
Pensavo
di aver vinto, di aver per sempre dimenticato tutto.
Ormai
è il mio passato, mi ripetevo.
Ed
era bastato un sogno innocente a fare riemergere antichi sentimenti.
Il
pianto di mio figlio Kaede svegliato mi riportò alla realtà.
“Vado
io, Yu! Continua pure a dormire!” le bisbigliai.
Andai
in camera dei bambini e presi in braccio il piccolo: “Che c’è Ka-chan?
Hai fame? Ti sei bagnato? O hai fatto un brutto sogno?- domandai senza
aspettarmi una qualsivoglia risposta- Sai, il papà ha appena finito di
fare un sogno meraviglioso… C’era un suo vecchio amico; si chiamava
come te: Kaede! Il papà voleva molto bene a lui, lo sai? Poi un giorno
lui se ne andò… e il papà
divenne molto triste…”.
Parlai
col bambino, ma in realtà fu
come parlare a me stesso.
Mentre
preparavo il biberon, continuavo a chiedermi fino a che punto poteva un
sogno influenzare la mia vita. Beh.. ebbi la risposta pochi giorni a
seguire, quando tormentato dai dubbi e dalle domande, o forse più
semplicemente desideroso di mettermi alla prova, feci quello che mai avrei
creduto di essere in grado di fare. O che mai avrei dovuto fare.
Ora,
qui sul letto, non posso fare a meno di pensare che fu bellissimo
provocarmi piacere pensando a lui.
Sentivo
il desiderio crescere dentro di me.
Era
come se un fuoco stesse bruciando tutte le mie membra.
E
lui l’acqua che mi avrebbe dissetato.
Alla
fine ho provato un enorme senso di colpa nei confronti di Yukiko.
Non
perché mi ero masturbato, al posto di fare l’amore con lei.
E
nemmeno perché l’oggetto dei miei desideri fosse stato un ragazzo.
Avevo
paura di tradire i sentimenti che provavo nei suoi confronti.
Quando
ho sposato Yu, l’amavo davvero.
L’amo
tutt’ora…
o
forse no?
Questo
pensiero mi sta distruggendo l’anima.
Rukawa
è stato il mio primo amore, anche se non ho mai avuto il coraggio di
dichiararmi.
Il
mio primo e unico ragazzo.
Come
Yukiko la mia prima e unica ragazza.
Nonché
moglie.
Kaede
eYukiko.
Yukiko
e Kaede.
Così
uguali, ma anche diversi.
Non
riesco a capire se ho più paura di riscoprirmi innamorato della kitsune o
di ferire i sentimenti della ragazza a cui voglio ancora un mondo di bene.
E
intanto me ne sto qui, sul letto, a rimuginare su tutta la mia vita,
sperando di trovare una soluzione.
Un compromesso, forse.
Quando so già che non ci sarà.
(continua)
*_*_*_*
Voglio
ringraziare tutti quelli che sono soliti leggere le mie fanfic.
Il
progetto iniziale era quello di scriverla in un solo, grande capitolo, ma
devo ammettere che i personaggi hanno iniziato a pretendere sempre più
spazio e la sottoscritta ha deciso di accordarglielo.
Così
ho pensato di pubblicare una prima parte per verificare le reazioni del
pubblico e di aggiungere le altre in seguito, sebbene lo story-bord sia già
delineato.
Aspetto
quindi i vostri commenti, giudizi,…
Alla
prossima (quando l’università mi permetterà di dedicare un po’ della
mia vita alla scrittura!!).
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