A Mito
       amico, fratello.

Alle amicizie che durano per sempre, 
                                       che vanno al di là di tutto.


Tsunami

-Cuore in tempesta-

By elyxyz

 

Nota: Letteralmente, nella Lingua Giapponese,tsunami’ significa ‘maremoto’.
In questa fic, invece, assume un concetto più ampio, diventando quasi sinonimo di più eventi atmosferici: uragano, diluvio, tempesta…

 

L’uragano infuria minaccioso, esibendosi in una discreta rappresentazione di diluvio universale post-moderno.

Mito si accoccola meglio contro il divano, cambiando canale nella vana speranza di trovare un qualcosa di decente con cui passare il tempo, prima che lo tsunami decida di appropriarsi dell’energia elettrica di mezzo Giappone.

Ma il suo stomaco borbotta, ricordandogli che l’ora di cena è già passata, e che i programmi di cucina non fanno per lui.

Se ci fosse qui la sua dolce Keiko, saprebbe certamente come sfruttare il tempo in modo più proficuo e piacevole… magari alla luce di romantiche candele profumate…

E sogghigna un po’, fantasticando su come la potrebbe coccolare, con la scusa del temporale… ma lei non c’è. E la solitudine ritorna prepotente a tenergli compagnia.

Con un sospiro annoiato si alza dal caldo giaciglio, dirigendosi in cucina a passo svogliato.

Il frigo è una landa desolata di cibi inesistenti, qualche sterpaglia e ramen precotti già scaduti.

Non può fare a meno di darsi dello scemo, per aver dimenticato di fare la spesa, quella mattina, mentre la pioggerellina cadeva ancora in quantità fastidiosa, ma non proibitiva.

E, cosa più unica che rara, rimpiange anche il fatto che i suoi genitori ritorneranno solo lunedì, e che in 3 giorni si può morire d’inedia.

O forse no.

Ma Yohei Mito è troppo saggio per decidere di poter rischiare.

Mentre addenta l’ultima superstite polpetta di riso, probabilmente preparata con sapiente cura e devozione nella seconda decade del Periodo Edo, si affaccia alla finestra che dà sulla strada, ringraziando Kami di trovarsi al calduccio della sua dimora, e non sotto quell’apocalittico temporale.

 

A pochi giorni da Natale, si dice, le strade dovrebbero essere ricoperte di neve, non di pozzanghere enormi quanto la bocca di Takamiya…

E sbuffa, sorridendo al pensiero delle scorte di cibo preparate da quel ciccione, per paura di rimanerne senza, fino all’arrivo dell’Arca.

Cosa alquanto improbabile, certo…. in ogni caso, il moretto non potrebbe garantire per l’incolumità delle colombe….

Ma neanche la sua leggendaria fame può arrivare a sfidare simili intemperie, di questo Yohei ne è convinto.

“Nessuno può essere tanto idiota da passare il proprio tempo là fuori!” borbotta, sicuro di questa sua unica certezza.

Ma una zazzera conosciuta, sorprendentemente, lo smentisce.

Mito strizza gli occhi, certo di aver preso un abbaglio.

Ma quell’abbaglio ha nome e cognome, ed è il suo migliore amico.

 

Senza quasi riflettere, Yohei si fionda fuori casa, attraversa la strada senza nemmeno guardare -neanche un pazzo guiderebbe in quelle condizioni atmosferiche- e gli si accuccia accanto.

“Hana…?” 
sussurra spaventato e incredulo.

Sakuragi dirige lo sguardo verso di lui, ma Mito non è pienamente convinto che lo stia vedendo.

“Hana, che succede?” ritenta, mentre l’ansia gli monta dentro, mescolandosi alla paura.

 

Il rossino riprende a fissare il vuoto, come se non avesse nessuno accanto.

Yohei lo guarda smarrito, per 10 secondi, senza sapere che fare, poi il suo buonsenso si riaccende.

“Hana, vieni…. dai!” e cerca di strattonarlo, per tirarlo su, e trascinarlo in casa propria.

Ma il Do’aho non reagisce, non si muove.

Ora Mito è davvero spaventato, perché non capisce il comportamento dell’amico, e tante brutte ipotesi si affacciano alla sua mente, mentre capisce che la sua priorità è riportarlo al caldo e all’asciutto.

Tenta nuovamente di convincerlo, con i gesti, e con le parole….

“Yohei…. No” sussurra infine Hanamichi, destatosi dal suo torpore.

Il moretto, confuso, lo guarda: “Cosa, no?!.... avanti! Non ti lascio qua fuori… o ci resto con te.”

E a quelle parole il rossino rialza gli occhi, incontrando quelli scuri, profondi e dannatamente preoccupati del suo compagno. E si lascia condurre, docile, verso la porta d’entrata.

Quando sono dentro, Yohei si lascia sfuggire un sospiro di sollievo, ma se ne pente, e spera che l’altro non l’abbia sentito.

Lo accompagna verso il salotto, e corre a recuperare degli asciugamani, continuando a urlare ad Hanamichi che sta arrivando, di non preoccuparsi, che ha quasi finito.

Il suo tono è quasi stridulo, eccessivamente apprensivo, quasi temesse di non ritrovarlo sul divano, al suo ritorno, se fosse rimasto zitto.

Ma Sakuragi non si è mosso da lì, e Mito lo ringrazia mentalmente, non sa nemmeno bene il perché.

Ed inizia ad asciugarlo alla meno peggio, strofinandogli energicamente i capelli folti, prima; e il corpo, poi.

Hana lo lascia fare, arrendevole, senza collaborare né ostacolare quel lavoro su di lui.

Quando ha finito, si deterge malamente le gocce che scorrono sul suo viso, come se, comunque, avesse meno importanza prendersi cura di sé, piuttosto che del suo ospite.

E forse è proprio così.

Perché, davanti a sé, Mito ha il proprio migliore amico, una persona che ama di un affetto sconfinato, che per lui è come un fratello. E’ suo fratello.

Perché Mito ha capito da tempo che i legami di sangue sono un’inutile stronzata senza senso.

Che l’affetto si costruisce, non si eredita nel DNA.

E Mito ama incondizionatamente Keiko, di un amore assoluto, come solo per un’anima gemella si può avere.

E ama Hanamichi, quella strampalata testa rossa da cui non si è mai separato da che è nato. E’ parte della sua famiglia, a pieno titolo. Forse anche più di sua madre e suo padre, sempre assenti nella sua vita.

Mentre Hana c’era sempre.

C’è sempre stato.

 

Il fischio del bollitore lo distrae dalle sue riflessioni, e scusandosi -forse solo con se stesso, visto che l’altro non lo ascolta- sparisce; per poi tornare con due tazze di tè fumante e porgerne una, con delicatezza, tra le sue mani.

Hanamichi si riscuote a quest’improvviso calore.                                                              
Si fissa le mani, quasi a chiedere come il recipiente sia finito lì.

E Mito sorride benevolo, incitandolo: “Bevilo… ti riscalderà.”

Il rossino annuisce lento, ringraziandolo con gli occhi.

E Mito si rasserena un po’, a questa risposta.

Poi si alza, dirigendosi verso la propria stanza, e tornando, dopo qualche attimo, con una tuta nera in braccio.

Senza troppe storie, riesce a cambiarlo, togliendogli i vestiti fradici, e ghiacciati.

Se non avesse davanti a sé il Tensai, sa già che l’indomani quell’incauto sarebbe a letto con una febbre da cavallo, e un principio di broncopolmonite, ma si dice che anche le malattie abbiano la loro dignità, e che quindi quella scimmia stramba ne sarà sicuramente immune.

O, almeno, se lo augura.


Lui sa che Hanamichi è diventato forte nel corpo per proteggersi un animo troppo fragile.                        
E’ cresciuto con lui.                                                                                                                                
E’ un libro aperto, oramai.

Sa che le sue spacconate sono solo malcelata timidezza, mescolata sapientemente con insicurezze madornali, e un lieve senso di inferiorità, dietro un bel paravento da megalomane e buffone.

Con lui, Hanamichi non ha mai dovuto mentire, o dimostrarsi diverso da quello che è.

Yohei conosce la bontà di quel cuore, la capacità di commuoversi per un niente, la limpidezza e l’ingenuità che lo caratterizzano, la sua forza, il suo coraggio, e l’altruismo.

Purtroppo, conosce anche tutte le sofferenze che lo hanno colpito, come il grande dolore per la morte del padre, il suo lacerante senso di colpa, le incomprensioni con la madre, tutti i rifiuti amorosi che ha dovuto subire….

Mito si chiede come sia possibile che un cuore tanto bello non abbia ancora incontrato la persona giusta, che possa valorizzarlo davvero….

 

Sakuragi si muove, accoccolandosi meglio nel divano, sotto la coperta, richiamando la sua attenzione.

Vorrebbe sapere cosa è successo per ridurlo così, ma sa che non può chiedere.

Se Hana vorrà, sarà lui a parlarne. Se, e quando, sarà pronto.

E lui sarà lì, nuovamente amico e confidente, pronto ad ascoltare senza giudicare, a confortare, se servisse.

 

L’orologio alla parete indica le 21.30.

Se si tende un orecchio, si può sentire il mare in tempesta fin da qui.                                                          
Il tifone è nel pieno della sua corsa, e fra poco la luce salterà, gli suggerisce la sua esperienza.

“Hana…. Andiamo a letto, ok?!.... Riposerai meglio sul futon…”

“Nh.” un cenno di assenso.

“Vado a prepararlo…. Non ti muovere, OK?!” un velo d’urgenza gli colora la voce.

Un nuovo assenso col capo.

Mito fa per alzarsi e andare verso la camera da letto, quando un pensiero lo riporta vicino al divano

“Avviso tua madre che dormi qui?” chiede premuroso.

“………… No.” -Un bisbiglio, quasi inudibile- “Dorme dal suo nuovo compagno.” E richiude gli occhi. Sembra troppo stanco persino per tenerli aperti.

Mito si chiede quale nuovo peso gravi su quelle spalle, ora quasi troppo piccole e troppo ricurve.

 

I due si adagiano sul futon, ma il rossino si posiziona sul bordo, quasi a voler mettere quanta più distanza possibile fra sé e l’amico.

Mito lo nota, ma non vuole indagare. Non ora, almeno.                                                                           
E, quasi per dispetto, gli si accosta, per far sentire la sua presenza lì.

Inizialmente, gli sembra quasi di poter sentire la tensione per questa sua scelta, ma poi Sakuragi si rilassa, inevitabilmente stremato.                                                                                                         
Permettendo a Yohei di avvicinare i loro visi.

 

Hana sa che lo sta fissando; anche se ha le palpebre abbassate, sente lo sguardo del fratello su di sé.                                                                                                                                                
Sguardo carico di domande, di perché, di paure e di affetto.

Ma, in questo momento, è completamente stravolto dalle sue emozioni, e capisce di non riuscire a gestire lo tsunami che ha dentro sé; come sarebbe inutile tentare di arginare quello che sta imperversando fuori da quella finestra, del resto.

Sa che ha sbagliato a venire lì. A fermarsi davanti a quella casa.                                                       
Anche se è lì che abita la sua famiglia.                                                                                                     
La persona che gli è più cara.

Questa volta, Mito non lo può aiutare.

Semplicemente perché è lui la causa di quel cuore in tempesta.

Hanamichi ha appena realizzato di amarlo.  

 

Ed ora è in balia della consapevolezza di tutto ciò.                                                                          
Capisce che è sbagliato.

Dannatamente sbagliato.

E non perché Yohei è maschio, come lui.                                                                            
Semplicemente, è suo fratello.                                                                                                             
Non ci si innamora dei fratelli.

E’ un amore folle.

Autodistruttivo.

Non porterà a niente di buono.                                                                                                           
Hana se lo ripete, da questa mattina.

Da quando ha trovato il coraggio di dar un nome alla sua paura.

 

Mito lo abbraccia, nel futon, per scaldarlo, per fargli capire che c’è.

Ed è una presenza fin troppo intossicante, per i suoi sensi.

In questo momento, Hanamichi vorrebbe solo addormentarsi e svegliarsi domani, capendo che è stato solo uno strambo sogno, e riderci su, magari con gli altri.

Ma un fulmine caduto lì vicino lo ammonisce sulla realtà dei fatti.

Una giornata da incubo: smettere di mentirsi. il realizzare, e l’accettare una scomoda verità. Dare un nome a quella verità. Il disprezzo verso se stesso e la propria fragilità. E poi l’addio ad Haruko. Che almeno si risparmi un po’di sofferenza a chi non ne merita. E infine Yohei.

Inizio e fine di tutto.

Yohei.

E questo suo abbraccio caldo, la sua presenza discreta. Il suo affetto fraterno.

Hanamichi si rende conto di dovergli dire qualcosa. Qualsiasi cosa.                                                 
Sente che il moretto è spaventato. E che non lo forzerà.                                                                      
Ma gli deve una spiegazione, per quanto parziale e, forse, solo vera a metà.

“….lasciato….. Haruko.” Soffia piano. 

Tanto non serve ripetere, né un tono più alto.                                                                                     
Yohei è lì.                                                                                                                                         
Yohei capisce.

Mito non ne è completamente sorpreso.

Sa che da un po’ di tempo il rapporto tra quei due si è un poco guastato.

E che Haruko è una brava ragazza. Simpatica e piacevole, ma non perfetta.

 

Quando Hanamichi gli aveva annunciato, al rientro dalla riabilitazione, che si erano messi insieme, ne era stato sinceramente felice.

Ma Mito ha sempre saputo che era il suo amico, più che lei, a credere in quella loro storia.            
Sakuragi aveva investito molto di più, in quel rapporto.                                                        
Probabilmente, per desiderio di riscatto verso tutte le altre delusioni, chissà.

Ma una parte di lui, forse un po’ più egoista, suggerisce a Mito che non è, quasi, completamente un male che lei lo abbia lasciato.

Perché lui sa che la storia con la Akagi non lo stava portando veramente alla felicità.

E Hana se ne farà una ragione, prima o poi.

E soffrirà, certo.

Ma poi si riprenderà.

 

“Mi dispiace… non sa cosa ha perso.” gli risponde, con uguale sussurro.

E il rossino capisce il fraintendimento di Mito, che si è convinto che lei lo abbia lasciato.

Hana non ha cuore di spiegargli la verità.

In fondo, non cambia le cose.                                                                                                              
Non sono più una coppia. Ed è quello che conta sapere.  

Ed è l’unica cosa che Yohei deve sapere.

“Hana….credimi…. lo so che sembra una frase fatta, ma… se non ti vuole, non ti merita…. Non è all’altezza del tuo amore….”

Il rossino sorride amaro, chiedendosi se vale anche per lui, per Mito.

“No, Yohei, non è sempre così.”

-E chiude gli occhi, forse per non vedere una scomoda verità-

“Forse sono io a non meritare tanto.”

“Non dire sciocchezze!! Arriverà, Hana… Ne sono certo. Prima o poi, incontrerai la persona giusta.   
                                                                                                                                               
Non so dirti quando, ma succederà.”

“E se l’avessi già incontrata?”

“Beh, esiste un tempo e un luogo per tutto, Tensai.                                                                          
Magari la persona giusta ti è accanto, ma non è ancora pronta per esserlo… o, semplicemente, non lo sa ancora.

“Yochan… grazie.”

“e di cosa?! Delle mie perle di saggezza??!!... ma dai! Scemotto…” si schernisce lui, per sdrammatizzare.

Ma il grazie di Hanamichi ha significati ben più profondi, che nemmeno lui riesce a capire, che forse non è nemmeno il caso di indagare….

L’importante è che sia lì, come sempre.

Fin da piccoli, accoccolati in un futon, un tempo enorme, ora fin quasi troppo stretto, ma comodo, chissà perché.

E il rossino finalmente si rilassa, non perché la tempesta sia passata…. Semplicemente, l’affetto di Mito è la panacea di ogni male, e se anche Sakuragi sa di dover affrontare i suoi demoni da solo, questa volta, sa di avere l’appoggio incondizionato dell’amico.

Non desidera altro.  

 

Yohei gli si accoccola meglio contro, e lui non lo rifiuta.

Una mano gentile gli accarezza i capelli della fronte, con movimenti lenti, quieti. ipnotizzanti.

Affondando in essi, come non succedeva da tanto tempo, come quando erano piccoli, e lui temeva i temporali.

Mito realizza, sfiorandoli, che i suoi capelli sono già ricresciuti, come lo erano prima della sconfitta col Kainan, se non anche di più.                                                                                                                    
E che sono straordinariamente morbidi, e buffi.

Lui sa perché Hana ne va tanto fiero, perché sono tanto importanti, e quanto gli sia costato tagliarli quasi a zero, per espiare una colpa che ha preferito addossarsi.

Solo Mito ne conosce il valore. Il sacrificio.

E glieli arruffa, con tocchi calmi e gentili, rasserenanti.

 

Per stanotte, Hanamichi vuole solo perdersi in quel calore.

Una soluzione arriverà da sé, si dice, lasciandosi cullare da quella nenia silenziosa.

 ….

L’alba giunge a destare la città dormiente, giocando col profilo di Hana.

Lo tsunami è passato, ed è ora già solo un ricordo, ormai.                                                           
Bisognerà contare i danni.                                                                                                                
Certo.

Un uragano di quella violenza lascia un segno indelebile della propria venuta, ma la vita ricomincia a scorrere, timida, un po’ impacciata, ma volenterosa.

Il rossino si sveglia, realizzando un dolce peso sulla spalla destra. 

Lentamente apre gli occhi, Yohei ronfa pacificamente nel suo orecchio, e a lui vien quasi da sorridere.    
E’ una bella immagine, quella che ha davanti. Un buon risveglio.  
Forse l’ultimo che si può concedere.

E Hana se lo vuole gustare attimo per attimo.

Sa che oggi deve compiere una scelta, perché lui è un uomo d’azione, e perdersi in perifrasi non fa per lui.

E perché, arrossendo, ricorda di aver circumnavigato il problema per troppo tempo, ma ormai la ruota del destino si è già messa in moto, lui lo sa.

E, a conti fatti, non ha poi tante strade, tra cui scegliere….

 

Mito si muove leggermente, attirando la sua attenzione.

Il suo viso è rilassato, ora lo può vedere bene, dato che si è avvicinato al suo; ha le labbra socchiuse, da cui esce il suo caratteristico ronfare, mentre dorme placido.

Hanamichi si chiede se sta assistendo a quello che è comunemente definito ‘il sonno dei giusti’.

Mah.

Quelle labbra inducono in tentazione, più che promettere castità.                                                        
Hana le sente come un richiamo basso e continuo, che gli sta strisciando sottopelle.

Forse non è una mela, il frutto proibito, ma due boccioli di rosa bagnati dalla rugiada del mattino, o da un filo di saliva, chissà.

Vorrebbe toccarli, anche solo sfiorarli, per carpire la loro consistenza, per sentire se sanno davvero profumo….

Lentamente gli si avvicina, come spinto da una forza superiore….                                                          
ma ad un soffio si ferma.

Raccoglie il loro respiro, e poi indietreggia.

Senza quasi accorgersene, il suo indice sfiora la gota del ragazzo dormiente, in una leggera carezza, appena accennata. Quasi inconsistente.

“Kei…” borbotta il moretto, sorridendo nel sonno, in risposta a quel contatto, o ad un sogno di cui Hana non fa parte.

 

Le sue labbra si piegano in un sorriso amaro.                                                                                     
Ecco la risposta che cercava.

La soluzione al suo amore impossibile.

 

Con un sospiro, si alza, cercando di non svegliare chi gli sta accanto.

Si concede ancora un minuto per guardarlo dormire. L’ultimo.

Poi traffica sulla scrivania, posta lì di fianco.                                                                                        
Non ha nemmeno il problema di pensare a cosa scrivere, lo sa già perfettamente.

“Grazie, Yo. Ora ho capito.”

E glielo posa sul comodino, perché lo veda al suo risveglio.

E questa volta si piega su di lui, senza indugi, facendo sfiorare le loro labbra in un casto bacio triste.

Poi esce silenzioso, incontro al nuovo giorno.                                                                            
Sorridendo al nuovo sole, sapendo di aver fatto la scelta migliore.

 

Un dolore soffuso permea ancora il suo cuore, ma imparerà a conviverci, e già oggi il peso sulle sue spalle è meno gravoso di ieri.

Forse lo tsunami si è portato via anche un po’ della sua disperazione, chissà...

- si dice, scavalcando un ramo spezzato in mezzo alla strada-

Il rumore di una palla che rimbalza lo distrae dalle sue riflessioni, e un profilo famigliare, stagliato in lontananza, lentamente s’avvicina.

“Do’aho!”

“Buongiorno anche a te, Kitsune…” lo provoca, divertito.

“Nh.” come da classico copione.

“Dove vai?”

“In palestra, il campo del parco è inagibile…. One -on- one, Do’aho?”

Sakuragi sorride, a questa proposta. “Quanto rimani?”

“Nani?” Rukawa lo guarda confuso.

“Per quanto ti alleni?”

“Nh…. almeno un paio d’ore”

“Allora aspettami, fra mezz’ora sarò lì.” è la sua risposta.

E Ru non può che annuire, mentre ognuno prosegue per la sua strada, senza saluti.                              
Non è da loro, farsene.

 ….

“E’ davvero sicuro, signore?”

“Sì… a zero, come l’altra volta.”

Sì. Da oggi si riparte.

“E si sbrighi, per favore, ho un impegno importante, fra poco.”

 

-OWARI-

 

Disclaimers: Mito, Hana e Ru non mi appartengono, purtroppo…

Un grazie a N, per averla corretta, malgrado i tanti impegni…

NOTA: a titolo informativo, l’uso delle lettere maiuscole, delle minuscole e la punteggiatura in generale di questa fic, non sempre rispetta le regole imposte dalla Lingua Italiana. E’ una scelta consapevole, la mia, per assecondare una sorta di armonia interiore.... chiamatela “licenza poetica”, oppure ignoratela....

Se decidete di mandarmi C, C & C, mi trovate al solito divano blue navy: elyxyz@libero.it


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