Disclaimers: i soliti, Dragon
Ball non è mio, non ci guadagno nulla ecc. ecc.
Trunks &
Goten: a "PG" one
di Kei
Parte
1
“L’hai
mai fatto?”
Poggiò
i pesi e si voltò a guardare l’amico d’infanzia, che sedeva su una
panca inclinata a gambe incrociate e si asciugava dal viso il sudore con
una mano, sorseggiando del succo di frutta dalla lattina che teneva
nell’altra.
“Cosa?”
Lo
vide accigliarsi a quella domanda, e per un attimo scorse in lui
l’espressione tipica del padre: non lo si poteva negare, in certi
momenti si assomigliavano incredibilmente! Fece un mezzo sorriso di fronte
al suo malumore, felice di poter stare con lui, anche se era costretto a
sopportare i suoi discorsi noiosi ed interminabili e le sue immancabili
lamentele.
Era
da tanto tempo che non se ne stavano un po’ da soli per conto loro, e
questo gli era mancato davvero molto.
Trunks
era sempre stato il suo miglior amico, il suo confidente, quasi un
fratello da quando Gohan si era sposato, ma da quando erano entrati alle
superiori le occasioni di vedersi erano diminuite in modo drastico; quindi
l’occasione fornita dal prossimo torneo dava loro la possibilità di
rivedersi e stare insieme, grazie agli allenamenti che Trunks aveva
proposto di fare nella sua palestra personale.
Sembrava
incredibile per Goten anche solo l’idea di una palestra personale: la
sua famiglia non era mai stata molto ricca, anzi, erano a mala pena
benestanti, e l’immensa fortuna di cui sicuramente doveva disporre
l’amico, grazie alla madre e anche alla sua grande intelligenza (infatti
lavorava già attivamente nella Capsule Corporation da tempo), lo
spaventava sempre un po’.
Non
che Trunks fosse uno snob, anzi, era sempre alla mano e disponibile con
chiunque, ma Goten sentiva di avere comunque uno svantaggio su di lui. Però
la cosa aveva anche i suoi lati positivi: non capitava tutti i giorni di
avere una palestra tutta per sé, con attrezzature sofisticate, sauna e
bagno, o di poter usufruire di camere per gli ospiti enormi e dotate di più
comfort di una suite d’albergo.
E
poi sapeva che se Trunks fosse venuto a conoscenza di questi suoi pensieri
ne avrebbe sofferto e quindi con lui non ne aveva mai fatto parola. Anzi,
aveva accettato con gioia l’invito di un “ritiro” di una settimana
nel suo appartamento per allenarsi con lui per l’ormai imminente
torneo.
E
ora era lì con lui, nella sala pesi, dopo tre ore di combattimento nella
sala a gravità 300, che sollevava il pesante bilanciere per la centesima
volta, riflettendo su questo aspetto del suo rapporto con Trunks, che, nel
frattempo, stanco e annoiato, aveva iniziato come al solito a parlare
senza sosta.
E
Goten aveva presto perso il filo del suo discorso da tempo, riflettendo su
quell’amicizia indissolubile e duratura che era iniziata appena si erano
conosciuti e secondo lui sarebbe durata per sempre.
La
domanda di Trunks l’aveva però riportato bruscamente alla realtà.
Sospirò, pronto ad una ramanzina sulla sua mancanza d’attenzione.
“Non
mi stavi ascoltando, Goten!” l’amico si era gettato l’asciugamano
sulla spalla con un gesto stizzito, e si era poggiato con un gomito
all’estremità della panca.
“Allora,
cosa? Cos’è che dovrei aver fatto?”
L’altro
esitò un attimo a rispondere, chinando lo sguardo a fissare con
attenzione l’interno della lattina, come se vi si celasse un tesoro
meraviglioso.
Poi
alzò lo sguardo con decisione.
“Sesso,
no?”
Ah,
ecco di che si trattava!
Che
impiccione!
Una
cosa che spesso lo faceva irritare in Trunks era la sua curiosità
talvolta indesiderata, su argomenti di cui non si sarebbe neppure dovuto
sognare di parlare. Non che lo facesse apposta, ma era irritante.
E
il sesso era uno di quegli argomenti tabù. Era la prima volta che ne
parlavano e Goten si era meravigliato un po’. Non gli sembrava infatti
da Trunks una simile domanda, si era sempre dimostrato disinteressato alla
cosa.
E
poi…il ragazzo più corteggiato della scuola che chiedeva a lui se aveva
mai fatto sesso! Forse aveva capito dove Trunks voleva arrivare:
probabilmente voleva vantarsi della sua ultima conquista e cercava di
introdurre l’argomento, ma a Goten questo comportamento da spaccone non
andava affatto, e cominciava a percepire una punta di nervosismo. Sentiva
già che avrebbe dovuto dirgli che non erano affari suoi e troncare il
discorso, tuttavia gli rispose con la più completa sincerità.
“No.”
Rimise al loro posto i dischi di metallo tolti dai manubri, senza
guardarlo in faccia, aspettando la reazione alle sue parole, che non tardò
ad arrivare.
“No?!
Davvero?” Trunks pareva davvero stupito.
Raddrizzo
la schiena e posò i piedi al suolo, e lo fissò con insistenza, come se
cercasse un indizio che indicasse che mentiva. “Mai mai mai?”
“No.
Davvero.” aprì la borsa e tirò fuori una bottiglia d’acqua,
stappandola e bevendo a grandi sorsate, mentre qualche goccia scivolava su
mento e collo. Si aspettava un “Oh, io invece ho fatto…” e una
decina di noiosissimi racconti, ma fu presto deluso.
“Ma…hai
la ragazza da un anno, ormai! Sarete andati almeno un po’ oltre qualche
bacio!” Sembrava scettico, evidentemente ancora non si era convinto
della sua dichiarazione. Si portò alle labbra la lattina senza smettere
di fissarlo.
Goten
era sempre più infastidito dalla sua curiosità dilagante. Avrebbe
preferito sentirlo parlare di sé piuttosto che subire un simile terzo
grado, ma ormai il discorso l’avevano iniziato…
“A
dire la verità non l’ho neppure baciata. Sulla bocca, intendo.” Lo
vide deglutire e poi strabuzzare gli occhi mentre il succo gli andava di
traverso. Si alzò di scatto senza smettere di tossire.
“Cos…coff,
coff! Cooosa? Coff coff!!” Goten
sorrise e andò a dargli due pacche sulla schiena.
“Sempre
il solito esagerato! Che c’è di strano?” Lo fece riprendere, poi
andarono a sedersi su un divano ad angolo vicino alle panche.
“Io
sarei esagerato? E che mi dici di te e di quella poverina che ti deve
stare accanto? Ma la prendi per mano? La guardi almeno in faccia? Un anno
e non l’hai baciata! Tu devi essere pazzo!” Parlava agitatissimo, con
tono minaccioso, quasi lo stesse rimproverando per una grave colpa. “Un
anno, dico io! Ma che fate quando state insieme?”
Ancora
domande, accidenti a lui! Quando l’avrebbe smessa?
“Parliamo,
scherziamo, mangiamo qualcosa… Non c’è solo il sesso, caro il mio
Dongiovanni! Di certo non me ne sono portate a letto tante quanto
te!”
Sperava
con quest’ultima frecciatina di aver chiuso l’argomento.
Il
ragazzo al suo fianco arrossì e tornò a fissare l’interno della
lattina.
“Ti
sembro un Dongiovanni?”
L’argomento
non era nient’affatto chiuso…
Che
domanda strana! La stranezza stava più che altro nel fatto che Trunks
fosse così insicuro di sé, lui che era sempre il primo a proporsi in
qualsiasi situazione e non arretrava di fronte a nulla e nessuno. Che cosa
gli stava succedendo?
“Béh,
non sono certo io quello che torna a casa ogni giorno con la cartella
piena di lettere d’amore!” Trunks sembrava stranamente imbarazzato.
Non era da lui comportarsi in questo modo così schivo e riservato.
Goten
avvertì di nuovo la sensazione che ci fosse qualcosa di strano ma la
risposta di Trunks troncò tutte le sue riflessioni.
“E
questo cosa significa? Se vuoi proprio saperlo non le apro neppure quelle
lettere! E non ho mai avuto una ragazza!”
Ora
toccava a lui stupirsi.
“Perché?”
la domanda gli sfuggì improvvisa: tutto aveva immaginato ma non che
Trunks non avesse mai avuto esperienze in amore! Aveva tutto quello che si
poteva desiderare: era ricco, intelligente, simpatico, e bello.
Davvero
molto bello.
O
almeno così la pensava lui. Però si sentì stranamente sollevato,
nell’apprendere la notizia, anche se non sapeva dirsi perché.
Quasi
sorrise tra sé mentre lo guardava arrossire e cercare una risposta alla
sua domanda.
“Non
trovo nessuna che mi interessa. Se sono belle sono stupide, se sono
intelligenti e simpatiche sono orribili. Ma questo adesso non
c’entra.” Il rossore diffuso sulle sue guance diminuì mentre si
voltava a fissare Goten. “Non stiamo discutendo del mio problema, ma del
tuo. Perché devi avere qualche problema se non hai ancora baciato la
ragazza con cui stai da un anno!” Era di nuovo accigliato.
“Io
non vedo cosa ci sia di male!”
Era
stufo di tutte quelle domande, e stava per dirglielo, ma gli sembrava un
gesto scortese. Ma non avrebbe retto ancora per molto.
Intanto
Trunks non mollava.
“Ah,
no?!”
Quant’era
stressante!
Chissà
perché se la prendeva così a cuore! Non gli andava di essere subissato
di domande sulla sua relazione e soprattutto sul suo aspetto fin troppo
platonico, che lasciava dubbioso lui stesso.
Non
si era mai voluto chiedere perché non desiderasse qualcosa di più dalla
sua ragazza, nonostante stesse benissimo con lei. In realtà non sapeva
dare un esatto nome al rapporto che li legava. Amore? Forse, probabilmente
era la cosa che gli si avvicinava di più, o almeno questo era quello che
pensava. Però non c’era alcun dubbio che le volesse bene e stesse
magnificamente in sua compagnia. Era la sua migliore amica prima di essere
la sua ragazza, avevano un rapporto speciale e si intendevano a
meraviglia, ma Goten non avrebbe scommesso molto sul fatto che potesse
essere l’amore della sua vita.
Di
sicuro non avrebbe mai paragonato quel rapporto a quello che lo legava a
Trunks, molto più forte e consolidato da qualcosa che Goten non sapeva
spiegare, una sorta di completamento spirituale che avvertiva solo quando
era con lui. Da Trunks riceveva senza chiedere tutto quello di cui aveva
bisogno, ma spesso il comportamento dell’amico lo faceva sentire a
disagio.
Proprio
come ora.
Si
sentiva strano ad essere sottoposto ad un simile interrogatorio, proprio
perché gli si chiedevano risposte che avrebbe dovuto avere ma che non
possedeva.
E
sperava che l’amico lo intuisse e lo lasciasse in pace.
Magari
se gli avesse risposto in tono un po’ meno gentile l’avrebbe capita e
avrebbe smesso.
Strinse
le spalle con noncuranza.
“Non
credo sia poi questo granché infilare la lingua nella bocca di un’altra
persona!”
Trunks
lo fissò quasi inorridito. Poi perse del tutto la pazienza e gli diede un
sonoro pugno sulla testa.
“Ma
che discorsi fai? Riduci tutto a questo? E l’affetto? Il desiderio? E
poi, se se ne parla così tanto vuol dire che è piacevole, no? Dovresti
provarlo, tu che hai una ragazza a cui voler bene. Perché le vuoi bene,
vero?”
Goten
si massaggiò la testa dolorante, indeciso se rendere o meno il colpo a
quel rumoroso rompiscatole. Se lo meritava, primo per averlo colpito,
secondo per tutte quelle domande che lo stavano distruggendo; non aveva
ancora fatto chiarezza dentro di sé, e questo lo faceva sentire insicuro,
e Trunks stava battendo proprio su quel suo tasto dolente.
Stava
per rendergli il pugno ma, vedendolo così convinto di aver ragione gli
balenò un’idea. Gli avrebbe dato una bella lezione sulla curiosità in
eccesso.
“Ok,
proverò!”
Trunks
parve irrigidirsi per un attimo, ma poi sorrise.
“Devi
vederla stasera?”
“No,
ma lo farò lo stesso. Adesso!”
Lo
fece velocemente per non dargli modo di reagire e di spostarsi. Lo afferrò
dietro la nuca e premette le labbra sulle sue.
Sentì
Trunks sussultare sotto di sé, spalancare gli occhi, posare una mano sul
suo torace per respingerlo ma riuscì a forzarlo comunque ad aprire le
labbra. Vi infilò la lingua e si sentì come se il terreno gli fosse
mancato sotto i piedi. Quella sensazione di vertiginosa morbidezza, quel
caldo e vellutato contatto gli tolsero la ragione per un secondo.
Ora
il corpo dell’amico era più morbido e rilassato, i suoi occhi chiusi,
la mano stretta a pugno posata sul suo petto; con stupore si accorse che
le proprie mani non rispondevano più ai comandi: una giocava con i
capelli sulla nuca dell’amico, l’altra era andata a posarsi, quasi
agisse di propria volontà, sul suo fianco.
Non
aveva mai provato un’emozione così inebriante, che lo attraversasse
dappertutto, con quel calore indescrivibile che partiva dalla bocca per
espandersi in tutto il corpo, e anche nell’anima. Avrebbe voluto che il
tempo si fermasse per sempre in quell’istante, in modo da poter
conservare il sapore di Trunks sulle sue labbra.
Che
cos’era che gli riempiva così il cuore?
Era
come stordito, ma venne riportato alla realtà in malo modo, proprio
mentre stava per abbandonarsi del tutto. La mano sul suo petto riacquistò
forza, e lo spinse via mentre un liquido appiccicoso gli colava sul volto
e gli macchiava buona parte della tuta.
Con
la lattina ormai vuota e gocciolante in mano (cosa credevate che fosse, il
liquido, eh? NdA) Trunks lo fissava, in piedi, paonazzo e arrabbiato come
non lo aveva mai visto.
Goten
si passò un polso sugli occhi per ripulirli dal succo di frutta e lo
guardò tra l’irato e lo scherzoso.
“Béh,
che ti prende? Non hai detto che volevi provarlo? E ora l’hai
provato!” Trunks era ancora immobile, livido di rabbia, gli occhi
lucidi, i pugni stretti, la lattina ormai ridotta ad un’informe massa di
metallo e respirava a fatica. Non emetteva un suono.
“Non
te la sarai mica presa!”
“Tu…tu…”
le parole gli uscivano a scatti, la rabbia lo bloccava ancora.
“Stupido!” Gli urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. Si girò
di scatto, la testa china. Poi si avviò senza una parola verso il bagno.
Goten
lo guardò mentre si allontanava rapidamente, come se volesse scappare da
lui; guardando la sua schiena diventare sempre più lontana cominciò a
sentire una punta di rimorso. Forse aveva esagerato.
Anzi,
senza forse: gli aveva rubato il primo bacio con la forza, lo aveva
umiliato e preso in giro e senza nessun valido motivo.
Ora
che cosa avrebbe dovuto fare? Scusarsi, era logico, ma sarebbe bastato? Al
pensiero che forse aveva rovinato per sempre la loro amicizia, avvertì un
dolore sordo al petto, e decise che DOVEVA, a qualsiasi costo, porre un
rimedio a tutto.
Si
diresse anche lui verso il bagno (che, come per tutte le altre stanze
della casa, era grande abbastanza per una squadra di calcio) e poi bussò
alla porta.
“Vattene!”
fu l’unica risposta.
“Scusa,
ci sono andato un pò troppo pesante.”
“Pesante?!”
“Senti,
mi dispiace, è stato crudele da parte mia, sono stato un bastardo quindi
se vuoi…”
“Ho
detto di andartene!”
Si
spazientì, spalancò la porta ed entrò.
Trunks
era a mollo nell’enorme vasca d’acqua calda, più adatta ad un bagno
pubblico che ad una normale abitazione, e gli voltò le spalle non appena
lo vide.
“Ho
detto fuori di qui” ripeté con voce più calma ma ugualmente carica di
astio.
“E
io non me ne andrò finché non mi sarò scusato e mi sarò fatto
perdonare.”
Si
diresse verso il lato opposto della sala in modo da entrare di nuovo nel
suo campo visivo.
Ma
Trunks girò di nuovo il capo altrove.
“Oh,
insomma, guardami almeno! Ok, ho capito!” Si inginocchiò in quel punto
poggiando le mani e la fronte al suolo, e con voce veramente triste disse:
“Mi
dispiace, sono sinceramente pentito. Ho agito senza pensare, come al
solito, ma questa volta ho oltrepassato il limite. Mi sento un verme, ma
ti giuro che non rifarò mai più una cosa del genere!” Avvertì un
leggero movimento nell’acqua, segno che Trunks si era almeno voltato.
“E qualsiasi cosa tu mi chiederai di fare per riparare alla mia stupidità,
io la farò. Perché tengo troppo alla tua amicizia per buttarla via per
una stupidaggine come questa!”
Sentì
un sospiro.
“Sei
un cretino!”gli sfuggi un sorriso. Non osava però ancora alzare il
capo.
“Lo
so.”
“Un
imbecille.”
“So
anche questo.”
“Un
idiota.”
“Già.”
Si
sentiva enormemente sollevato, la voce di Trunks andava mano a mano
addolcendosi, la rabbia stava pian piano scomparendo.
“E
sei molto più debole di me.”
“E’
ver…Ehi, un momento!” Alzò la testa di scatto con espressione
indignata. “Questo non è affatto vero!”
Una
risata argentina echeggiò tra le pareti. Eccola li, l’espressione che
preferiva sul suo volto, quel luminoso sorriso che gli faceva risplendere
gli occhi.
Gli
venne istintivamente da sorridergli, mentre capiva che l’ultima frase
era stata detta apposta per provocarlo, e gli si avvicinò di qualche
passo.
“Ho
toccato il tuo punto debole! Non sono il solo con un orgoglio di ferro,
eh?” Trunks aveva smesso di ridere, ma il sorriso non era ancora sparito
del tutto dal suo volto. Goten arrossì, guardando quelle labbra e
ricordando che non molti minuti prima erano state sue.
Si
avvicinò ancora, rimanendo ad un passo da lui, e riprese un’espressione
seria.
“Scusami,
davvero, non so cosa mi sia preso prima…” era veramente pentito.
Trunks
se ne accorse e il sorriso si accentuò.
“Va
bene, non importa più. Anch’io ho la mia parte di colpa, mi impiccio
sempre degli affari altrui, e poi forse me la sono presa troppo. E tu hai
fatto il necessario per farti perdonare.” Gli tese la mano. Goten
sorrise felice e la afferrò stringendola con decisione. “Allora…amici
come prima?”
“Mmmh…Non
ancora…” Goten lo guardò allarmato, ma qualsiasi risposta avesse
deciso di dargli non riuscì a pronunciarla. Il braccio di Trunks lo
strattonò bruscamente e con un tonfo tremendo finì a testa in giù
all’interno della vasca, inzuppandosi completamente.
Riemerse
accanto all’amico che lo guardava con un ghigno soddisfatto: aveva
dimenticato quanto poteva essere vendicativo!
Ma
in fondo se lo era meritato e non protestò più di tanto.
“Accidenti
a te, questa te la potevi proprio risparmiare! Non bastava il succo di
frutta? Non ho neppure altre tute di ricambio! Mia madre mi ammazza se la
rovino, ha impiegato settimane per prepararla!” Sospirò con fare
seccato, ma nei suoi occhi non c’era traccia di rabbia.
Trunks
non aveva ancora smesso di fissarlo divertito, e aveva iniziato a
prenderlo in giro come al solito, spostando il discorso sulla sua ingenuità
e sul fatto che si sarebbe potuto far battere da tutti.
Ma Goten non se l’era presa, anzi, si era sentito rinato, questo
significava che davvero adesso era tutto sistemato, e che avrebbero potuto
dimenticare tutto entrambi.
Ma
sarebbe poi stato possibile?
Lui
di sicuro ci avrebbe messo molto, molto tempo
Parte
2
La
voleva e l’aveva avuta, ma mai come ora avrebbe voluto non cercarla
nemmeno.
E
invece la conferma era arrivata: gli voleva bene, si era proprio
innamorato, e del suo migliore amico.
Cosa
avrebbe fatto da quel momento in poi? Sarebbe riuscito a mantenere
l’autocontrollo, a non dirgli nulla e a non farsi scoprire?
Sperava
di si, ma nel suo cuore una vocina gli diceva che forse avrebbe dovuto
confessargli tutto. Già, e poi?
Perderlo
per sempre?
No,
non lo avrebbe sopportato, sarebbe stata una tortura peggiore di quella
che lo attendeva ora, comportarsi da amico celando i suoi veri sentimenti.
Dannazione,
ma perché era successo?
Calde
lacrime gli spuntarono agli angoli degli occhi, mentre si passava un dito
sulle labbra.
L’aveva
baciato, anzi, no, era stato Goten a baciare lui, ma per scherzo, per
prenderlo in giro, per umiliarlo! Se solo avesse saputo quello che
significava per lui quel bacio, se solo avesse immaginato quanto aveva
sofferto in quel momento, accorgendosi che non era un gesto dettato dal
cuore ma un modo per punirlo …
Si
diede dello stupido, dieci, cento, mille volte, per non averlo spinto via
subito, per aver voluto credere all’illusione che per Goten avesse un
significato particolare, per essersi fatto cogliere così impreparato e
soprattutto per averlo portato a quel gesto.
Perché
in fondo era tutta colpa sua.
Aveva
osato troppo, ma era da tempo che voleva sapere se Goten voleva bene o no
alla sua ragazza, in modo da potersi poi mettere il cuore in pace.
Ecco
il perché di quel terzo grado che gli era costato uno sforzo enorme, ma
lo aveva anche fatto sentire sollevato, quando si era sentito rispondere
che tra i due il rapporto era quasi più che platonico. Ne aveva gioito
internamente, e aveva continuato a punzecchiare Goten per sapere il motivo
di quella mancanza di parte fisica nella sua relazione. Aveva segretamente
sperato che gli dicesse che non la amava affatto, la sua ragazza. Ne era
geloso da tempo.
In
effetti era proprio quella una delle cose che gli aveva fatto sospettare
che quello che provava per Goten non fosse semplice amicizia. Era talmente
roso della curiosità che non aveva potuto fare a meno di
chiederglielo.
E
si era sentito felice quando aveva scoperto tutte quelle cose, quando
Goten gli aveva candidamente confidato di non aver mai baciato nessuno, e
si era perfino sorpreso a pensare a quanto gli sarebbe piaciuto ricevere
il primo bacio da lui…
E
ora che l’aveva veramente ricevuto gli veniva da piangere.
Certo,
una punta di felicità e di orgoglio per averlo avuto lui quel fatidico
primo bacio c’era, ma aveva lasciato presto il posto alla tristezza per
la mancanza di sentimenti in quel gesto tanto desiderato.
A
pensarci bene la cosa gli sembrava un po’ strana: gli era piaciuto
baciare un ragazzo, uno che oltretutto era il suo migliore amico e che non
provava nulla per lui; il suo corpo aveva reagito come se non aspettasse
altro da sempre, abbandonandosi e perdendosi fino a che la ragione non
aveva fatto capolino.
Ma
la cosa più strana era stata la reazione di Goten, che, dopo aver scelto
quel modo crudele per farlo smettere di curiosare negli affari suoi, aveva
perso il controllo della situazione e si era lasciato andare tanto quanto
lui. A livello fisico era stato bellissimo, ed era sicuro che anche a
Goten fosse piaciuto, ma tutto terminava lì, era stato un bacio bello ma
vuoto, che comunque aveva lasciato i suoi segni, almeno in Trunks.
E
ora, come si sarebbe dovuto comportare?
Era
questa la cosa che più lo spaventava: il futuro.
Avrebbe
dovuto dirglielo, o tacere e fare finta di nulla, per non rischiare di
vedere distrutta un’amicizia?
“Che
cosa devo fare?” sussurrò al corpo sdraiato e addormentato a circa
mezzo metro da lui.
Goten
dormiva, pacifico ed ignaro del duello mentale che Trunks stava conducendo
da quando erano andati a letto; Trunks si prese la libertà di guardarlo
con dolcezza, di scrutare tutti i particolari di quel viso addormentato
come a volerselo stampare in mente, trattenendosi a stento dall’impulso
di avvicinarsi e sfiorarlo con un dito.
Aveva
un volto così tranquillo…
Sicuramente
aveva già dimenticato l’incidente di due giorni prima.
Anzi,
dimenticato no, perché lo sorprendeva spesso a fissarlo per distogliere
lo sguardo quando veniva scoperto, o evitava di avvicinarglisi troppo, o
di fare il bagno quando lo faceva lui.
Di
sicuro era rimasto disgustato dopo essersi reso conto di cosa aveva fatto,
ma aveva lo stesso voluto dormire con lui, per rivivere un po’ i vecchi
tempi in cui, da bambini, passavano le notti a lottare con i
cuscini.
E
ora lo aveva al fianco, pacificamente addormentato, e sicuramente quel
pensiero non lo avrebbe lasciato dormire per tutta la notte, esattamente
come la notte precedente. Si avvicinò un po’ di più all’amico, che
respirava lentamente e regolarmente, ma Goten scelse proprio quel momento
per girarsi e quasi gli andò a finire sopra.
Trunks
riuscì per miracolo a scansarsi ed evitare che gli finisse addosso.
Ci
mancava solo quello!
Sentire
il suo calore, percepire col tatto i contorni del suo corpo, poterlo
stringere… le fantasie stavano facendosi sempre più audaci, e quando se
ne accorse scosse la testa disgustato di sé stesso. Stava pensando a
qualcosa che lo avrebbe portato solo a farsi disprezzare dalla persona che
più contava per lui.
Con
tutta l’attenzione che poteva, si alzò cercando di non fare rumore e di
non svegliarlo, gli sistemò meglio le coperte e afferrando una maglietta
uscì dalla camera. Si diresse verso il salotto, e apertane la
porta-finestra, uscì sulla veranda: un po’ d’aria fresca avrebbe
potuto fargli bene.
Ma
che gli era saltato in mente di concedergli di dormire nella sua stanza,
anche quella notte! D’accordo che era da tempo che non parlavano e non
stavano insieme per conto loro, però dopo quello che era successo,
sarebbe stato molto meglio per entrambi stare lontani.
Ma
come dirlo a Goten che sicuramente non si era accorto di nulla?
Avvolto
in un plaid si immerse nella frescura notturna, appoggiandosi al balcone
della grande veranda. Chiuse gli occhi godendosi la brezza, lasciando che
gli passasse sul viso e che soffiasse via tutti i pensieri per qualche
attimo.
Si
sentiva stanco e depresso, si chiedeva perché era capitato proprio a lui,
e poi perché proprio Goten, il suo migliore amico: era questa la cosa che
gli faceva più male, se fosse stato uno sconosciuto avrebbe perso forse
una storia d’amore, ma l’amicizia con Goten no, quella non poteva
metterla in gioco per nessun motivo, era troppo importante per lui.
“Prenderai
freddo così.” Trunks sussultò sentendo quella voce.
“Papà!”
qualche metro più sotto il padre, che si stava ancora allenando in
giardino, lo fissava con la solita espressione severa.
“Che
ci fai qua fuori? Non ti sembra ora di andare a dormire? Non vorrai
saltare l’allenamento di domani? Non pensarci neppure!” lo sgridava
sempre, ultimamente, ma il motivo era uno solo: voleva che si impegnasse
in modo da poter battere il figlio del suo acerrimo nemico.
Chissà
cosa avrebbe detto se avesse saputo…
“Volevo
solo…pensare.”
“Nh.
E a che cosa, posso saperlo?”
Senza
poterlo evitare, Trunks arrossì, prima di poter dire qualsiasi cosa.
“Questioni
di cuore?”
Ora
suo padre stava ad un metro da lui, sospeso in aria, con le braccia
conserte e un’espressione di scherno sul volto.
Come
prima, arrossì ma questa volta in modo decisamente più vistoso.
“L’avevo
immaginato. Di solito non c’è nulla che riesce a tirarti giù dal letto
a quest’ora. Comunque secondo me non è un gran problema, capita a tutti
di avere delle incomprensioni, vedrai che prima o poi lo capirà e ti
ricambierà.”
“Ma…se
non sai neppure come stanno le cose…”
“Non
mi importa niente se lo so o meno. Ora và a dormire, o domani ti
rinchiudo nella stanza a gravità 400 per tutta la mattinata.”
“O-ok…”
Vegeta
si voltò e si avviò verso casa.
“Ehi,
papà…”
“Nh?
Che c’è ancora?”
“Grazie….”
Il
padre sfoderò uno dei suoi rari sorrisi, quei sorrisi che destinava solo
alla sua famiglia.
“Nh.
Notte.”
Trunks
lo guardò allontanarsi, e lo arrivare alla porta dove lo attendeva sua
madre.
“Cos’ha
Trunks?”
“Problemi
di cuore.”
La
moglie sorrise.
“Oh,
vedrai che li risolveranno presto!”
“Nh.
Sperando che quell’altro non sia ottuso come suo padre.”
Parte
3
Trunks
li guardò entrare in casa, e con un sospiro si decise a seguire il loro
esempio.
Ma
il pensiero di tornare dentro non lo attraeva, e decise di rimanere ancora
un po’ a godere della brezza notturna.
Brezza?
Ma
chi voleva prendere in giro?
Il
vento che soffiava era decisamente freddo, e non suggeriva di certo una
permanenza prolungata all’esterno…
Il
motivo per cui rimaneva là fuori a gelarsi non era certo la “brezza”!
Incredibile,
aveva così tanta paura di trovarselo di nuovo vicino?
Non
avrebbe mai creduto di essere così vigliacco. Pensava di poter affrontare
qualsiasi cosa ormai, dopo tutto quello che aveva passato.
E
invece, un semplice (ma poteva definirsi semplice?) amore lo stava
portando alla depressione più nera.
Era
andato a cacciarsi in un problema davvero grande, e non riusciva ad
affrontarlo.
E
probabilmente risollevarsi sarebbe stato impossibile, a meno che non
dimenticasse Goten e quello che significava per lui.
E
logicamente non poteva, e non voleva.
Strinse
il capo tra le spalle, rassegnandosi a quelli che si prospettavano giorni
grigi, e fece per voltarsi e rientrare, ma un rumore alle sue spalle
congelò tutti i suoi muscoli. Qualcuno stava aprendo la porta finestra e
stava avanzando verso di lui. E visto che in casa c’erano solo due
persone, lui compreso, l’intruso poteva essere solo uno.
“Non
riuscivi a dormire?”
Trunks
ebbe un tuffo al cuore e sentì le ginocchia farsi improvvisamente molli.
Goten, lentamente, si faceva sempre più vicino. Andò a mettersi al suo
fianco, così vicino che si sarebbero potuti sfiorare se la coperta in cui
Goten era avvolto fosse sparita.
“Mi
sono…mi sono svegliato qualche minuto fa e sono venuto a guardare il
cielo.” Si voltò lentamente a guardarlo ma se ne pentì subito: lo
sguardo di Goten si fissò nel suo incatenandolo, e Trunks sentì una
fitta di dolore, nel constatare che al chiaro di luna era più bello che
mai.
E
che non sarebbe mai stato suo.
“Avresti
potuto svegliarmi.”
Gli
sorrise con affetto, e a Trunks parve di morire dentro; se continuava a
trattarlo con tutta quella gentilezza non avrebbe retto a lungo e avrebbe
finito per fare qualcosa di irreparabile, tipo inchiodarlo al pavimento e
non lasciarlo respirare fino a che non fosse stato sazio della sua bocca.
Arrossì al pensiero e cercò di dissimulare il suo imbarazzo con una
risatina nervosa.
“Ma
se non ti svegliano nemmeno le cannonate!”
“Trunks…”
Si
voltò a guardarlo di botto.
Aveva
avvertito nella sua voce un tono serio che lo fece sobbalzare.
E
aveva ragione, il sorriso di poco prima era sparito e aveva lasciato il
posto ad uno sguardo di preoccupazione mista ad ansia.
“Trunks…sei…sei
strano, in questi giorni. Sei…molto distante, ecco. E’ come se stessi
sempre pensando a qualcos’altro. E non mi guardi mai in faccia quando ti
parlo, e nemmeno mi ascolti.” Trunks fece per aprire la bocca e per
negare tutto, ma Goten lo fermò, posandogli un dito sulle labbra, cosa
che non migliorò di certo lo stato mentale di Trunks.
“Non
negare, credi che non me ne sia accorto? E questa storia va avanti
da…due giorni fa, da quel mio scherzo stupido…”
“Scherzo
stupido…” pensò Trunks, “ecco come la
vede lui…”
“Anzi,
da quel momento è peggiorato, credo, perché era da prima che qualcosa
non andava…Ora ti sorprendo spesso con lo sguardo assente e
terribilmente triste, come se volessi sparire e andartene per sempre.
Forse…forse tu non desideri più la mia compagnia come un tempo…e non
sai come dirmelo…No, lasciami continuare” gli disse appena vide che
stava per ribattere. “E poi da quando ti ho baciato la situazione è
degenerata…solo ora mi rendo conto di quanto sia stato meschino quello
che ho fatto, che probabilmente ti faccio schifo e mi disprezzi, e non
vuoi più vedermi, ma non voglio che tu stia male per colpa mia, quindi se
non mi vuoi più come amico, devi solo dirmelo. La verità. Qui e
adesso.”
Ora
lo fissava serio come non mai, ma era una serietà triste, quella di chi
è deciso a tutto ma che sa che il suo cuore potrebbe venire
spezzato.
Trunks
si commosse nel vederlo così deciso e sofferente.
Con
una qualche forza ultraterrena si trattenne dal gridargli che no, non lo
voleva più come amico, ma che voleva qualcos’altro, qualcosa di più da
lui, il suo amore, e sfoggiando il più radioso dei suoi sorrisi (del
tutto falso, perché avrebbe invece voluto piangere), si affrettò a
rassicurare l’amico, sentendo ogni parola che pronunciava come una
coltellata.
“Goten…mi
fa piacere che ti preoccupi per me, ma non è affatto colpa tua….la
colpa è tutta mia, di problemi personali che non posso confidare a
nessuno, e ho scaricato su di te la tensione. Mi dispiace che tu abbia
pensato che io ti disprezzassi per quel bacio rubato, perché in realtà
sei una delle cose a cui tengo di più al mondo.”
“La
cosa più importante…ma questo tu non devi
saperlo…”
Il
volto di Goten si illuminò improvvisamente in un sorriso, e a Trunks
sembrò che il sole fosse appena sorto.
“Io…sono
felice…sai, temevo che mi avresti detto di andarmene stanotte
stessa…però” il suo volto tornò a farsi scuro “quei problemi
personali a cui accennavi…non ti farebbe sentire meglio parlarne con
qualcuno? Con me, per esempio?”
Trunks
sentiva il cuore pesante come il marmo: tutta questa dolcezza, questa
preoccupazione, questo affetto da parte di Goten erano come pugnalate, più
cercava di dimenticarlo e più lui si rendeva desiderabile, e non avrebbe
retto per molto la sua commedia.
“No”
mormorò piano volgendo il viso altrove “mi dispiace, nemmeno con
te…”
Goten
posò una mano sul suo braccio: un tocco leggero, che lo fece
rabbrividire.
Pensando
che fosse per il freddo Goten allungò un braccio e divise il plaid che lo
copriva con lui, poggiando il braccio sulle sue spalle.
Trunks
era sull’orlo della disperazione; insomma, più cercava di tenerlo
lontano e più lui si avvicinava!
Cosa
avrebbe dovuto fare per farglielo capire?
Dirglielo
non poteva, lo avrebbe ferito…
Cercò
di sottrarsi a quell’abbraccio, era così caldo da soffocare, e il
torace di Goten che sfiorava la sua schiena gli faceva bruciare la
pelle.
Il
desiderio di stringerlo tra le braccia era troppo forte, avrebbe rischiato
di impazzire…
Cercò
di scostarsi un poco e sul volto di Goten si dipinse un’espressione
ferita. Trunks se ne accorse e gli sorride, con timidezza e notevole
sforzo.
“Non
posso, non posso proprio…” sentiva le sue resistenze ridursi in
briciole, la forza scemare. Avrebbe solo desiderato un luogo in cui poter
piangere a lungo e in pace.
Goten,
affianco a lui trattenne un po’ il fiato e poi sospirò.
“Capisco.
Ma, Trunks… anche se non puoi parlarmene, nessuno ti impedisce di dare
sfogo al tuo dolore…io non sopporto più di vederti così, perché…
anche per me tu sei una delle cose a cui tengo di più al mondo.”
Fu
più di quel che Trunks potesse sopportare.
Quando
si girò per dargli una risposta che potesse per lo meno sembrare
accettabile, aveva già il volto rigato di lacrime.
“Io…io…”si
sfregò gli occhi con rabbia “non so perché sto piangendo…non farci
caso, io…”
Ma
le lacrime non ne volevano sapere di fermarsi, e Trunks cercò con un
ultimo disperato sforzo di sfuggire, scappare lontano, ovunque purché
distante da chi lo faceva soffrire in quel modo.
Ma
due mani, decise e gentili, si serrarono con forza sulle sue spalle, e
quasi senza volerlo, balbettando confusamente si ritrovò a singhiozzare
come un bambino con la fronte poggiata sulla spalla del suo migliore
amico, le lacrime che scorrevano copiose cadendo sul pavimento, e la
tensione che lentamente scivolava via con loro.
Goten
non si era mosso, ma aveva accentuato un po’ di più la stretta, come a
fargli capire che gli sarebbe stato vicino, e iniziò dopo un po’ ad
accarezzargli i capelli con il dorso della mano, in silenzio,
trasmettendogli così tutto il suo calore, mentre con l’altra cercava di
avvolgerlo con lui nella coperta.
Passarono
alcuni minuti prima che i singhiozzi si trasformassero in ansiti profondi
e poi finalmente in respiri normali, e nessuno dei due si era ancora
allontanato. La mano di Goten continuava pigramente ad accarezzare i
capelli di Trunks.
Fu
una folata di vento freddo a riportarli alla realtà, facendoli
rabbrividire.
Il
momento magico si era spezzato.
Trunks
lo sentiva, da quel momento non avrebbe più dovuto cedere a simili
debolezze, sarebbe stata dura ma ce l’avrebbe fatta, per lui e per
l’amicizia che l’altro gli aveva appena dimostrato.
Anzi,
si sentiva terribilmente in colpa per essersi lasciato andare in quel
momento, abbandonandosi alla tristezza quando aveva deciso che essere
forte era l’unica cosa che poteva salvarlo.
Ora
doveva solo sapere che cosa aveva pensato Goten di lui per questo
sfogo.
E,
non potendo chiederlo, pensò di indovinarlo dal suo sguardo.
Alzò
gli occhi rossi di pianto, lentamente; aveva pensato di trovarlo un po’
arrabbiato per il suo comportamento infantile, e col sorriso sulle labbra
pronto a dimenticare tutto qualche minuto dopo come era solito fare e
quello che vide lo lasciò senza fiato.
Goten,
con gli occhi lucidi, lo fissava preoccupato, quasi come se sapesse di
essere il colpevole, mordendosi un labbro, come se non sapesse come fare
per proteggerlo, come se volesse farsi carico della sua sofferenza.
Pensando
a cosa avesse potuto digli si passò la lingua sulle labbra secche, e notò
con stupore che Goten aveva notato quel gesto e che ora non lo stava più
fissando negli occhi ma guardava la sua bocca.
Si
sentì avvampare, chinò lo sguardo per sfuggire a quello dell’amico.
“Mi
dispiace, non avrei dovuto…” rialzò la testa per cercare comprensione
negli occhi di Goten, ma vi vide solo uno scintillio particolare.
Non
ebbe tempo di analizzarlo bene perché Goten, con la mano ancora poggiata
sulla sua spalla, lo attirò a se, e con una lentezza ipnotica e quasi
esasperante depositò un leggero bacio sulle sue labbra.
Quel
contatto, seppure tanto dolce e casto ebbe l’effetto di una scarica
elettrica: bastò un secondo, un nuovo incontro di sguardi e le loro
labbra si sigillarono a vicenda, questa volta in modo più profondo.
Goten
avvolse le spalle di Trunks con le sue braccia, e quest’ultimo si
aggrappò alla vita dell’amico come se fosse stato l’ultimo e il più
sicuro appiglio per scampare ad una tempesta.
Sembrò
passare un’eternità prima che si staccassero, ansanti, ma dentro
stranamente sereni.
Goten
fece un piccolo passo indietro, e Trunks, sentendosi mancare quel contatto
tanto rassicurante, provò una fitta di vuoto allo stomaco.
“Scusami,
ti avevo giurato che io…invece l’ho fatto di nuovo…io…”
l’amico pareva disperato, e Trunks pensò che era disgustato da ciò che
era successo.
Goten
balbettava, le lacrime sul punto di sopraffarlo, e provò a fuggire; le
braccia dell’amico ancora avvinghiate alla sua vita lo trattennero, e
Trunks con sguardo triste lo attirò a sé e poggiò il viso nell’incavo
del suo collo.
“Ssh…resta
un po’ così, ti prego…non ti chiedo altro…poi, potrai fare quello
che vuoi, fuggire, disprezzarmi, deridermi, tutto. Ma ora, lasciami
restare un po’ abbracciato a te…sarà l’ultima volta”.
Le
parole gli vennero fuori con più facilità, ora che si rendeva conto che
probabilmente lo avrebbe perso in ogni caso, e rassegnato, pensò che
dovesse comunque dirglielo, in qualche modo.
“Ora
ti dirò quello che volevi sapere, quello che mi faceva tanto soffrire e
che ti tenevo nascosto, poi potrai andartene... Ma è giusto che tu lo
sappia. Io ti amo.”
Si
strinse più forte a lui, sentendolo sussultare un pochino, ma non osò
guardarlo in faccia.
Sapeva
che il disprezzo che vi avrebbe letto avrebbe potuto ferirlo come niente
al mondo.
Si
liberò dall’abbraccio senza neppure guardarlo, si tolse la coperta
dalle spalle e si voltò.
“Ora…lo
sai, e puoi fare quello che vuoi, insultarmi, prendermi in giro e anche
picchiarmi. Oppure andartene via. Insomma, fa come ti pare.”
Si
diresse verso la porta che dava all’interno, ma una mano forte,
stringendogli la spalla fino a fargli male, lo costrinse suo malgrado a
voltarsi.
“Credi
di cavartela così?” lo aggredì la voce di Goten con furia. “Mi dici
una cosa come questa e poi non stai neppure a sentire cosa ne penso?”
Trunks
si aspettava un pugno ma non aveva nessuna intenzione di schivarlo.
Probabilmente
l’avrebbe distolto un po’ dal dolore sordo che gli attanagliava il
cuore.
Chinò
per l’ennesima volta il capo.
“Ehi,
dico a te, guardami! Oh, accidenti!”con sua grande sorpresa Trunks si
sentì sollevare il mento da due dita decise e una bocca tornò a calare
sulla sua, cogliendolo impreparato e provocando un impatto non tanto
tenero.
“Ahi!”disse
“Ahi
lo dico io”, disse Goten con una mano sulle labbra. “Colpa tua che non
mi guardi mai in faccia!” lo immobilizzò avvolgendolo con le braccia
con tanta forza da lasciarlo senza fiato, e poi tornò dolcemente a posare
le labbra sulle sue. “Era questo che dovevo fare. E… avevi ragione tu,
è davvero bellissimo…”
Trunks
restò immobile ad assaporare quel contatto, sentendo finalmente tutti i
suoi desideri per realizzarsi.
Era
troppo bello per essere vero…e se non lo fosse stato?
Poggiò
delicatamente ma fermamente le mani sul torace di Goten e lo spinse piano
lontano da sé.
“Ho
capito…perché lo stai facendo, ma non è necessario. Non è la tua
compassione che mi serve” la sua voce non esprimeva astio, ma
rassegnazione e amarezza. “Non è colpa tua se mi sono innamorato di te,
non trovi? Quindi, non cercare di assecondarmi o di compiacermi solo perché
ti faccio pena.”
Mentre
parlava non aveva alzato lo sguardo una sola volta; era concentrato a
fissare il pavimento, cercando le parole giuste per far desistere
l’amico dal recitare quell’inutile commedia.
“Non
ho bisogno di questa stupida messinscena…Ahia, ma sei impazzito?”
Il
pugno di Goten lo aveva colto alla sprovvista, e ora si massaggiava il
capo dolorante fissandolo con rabbia.
L’espressione
di Goten non era molto diversa dalla sua.
Anzi,
pareva ancora più infuriato di lui.
“Ecco”,
pensò Trunks “è tutto finito…”e sentì la bocca dello
stomaco chiudersi in uno spasmo doloroso al pensiero che era stato
lui stesso a portarlo a quel punto di rottura.
“Ed
ecco il ritorno del baka Saiyan!”
Sussultò,
sorpreso da quell’esplosione di stizza dal sempre pacato Goten.
“Ma
mi prendi per scemo?! Credi sul serio che sia così imbecille da mettermi
a recitare su una cosa come questa? Insomma, non hai proprio nessuna
fiducia in me? Prima mi fai quella confessione e cerchi di andartene senza
darmi neppure il tempo di rispondere, poi te ne esci con questa storia che
mi fai pena e non vuoi che ti ricambi, pensi forse che sia tanto stupido
da non sapere cosa voglio e a cosa vado incontro?
Sono ancora un po’ confuso per aver scoperto che anch’io ti
voglio bene, ma questo non ti dà il diritto di dire tutte quelle scemenze
e…”
Trunks
era in preda alle vertigini, si sentiva precipitare in un abisso di
felicità: gli aveva detto che gli voleva bene!
Era
l’unica cosa che gli fosse rimasta veramente impressa di tutto quel
discorso: lo ricambiava!
Ed
era serio, non stava scherzando!
Lo
guardò con meraviglia, quasi come se avesse di fronte un fenomeno
inavverabile, mentre Goten ancora sbraitava inveendo sulla sua stupidità.
Ormai non lo stava più ascoltando, c’era solo una cosa che aveva
voglia, una voglia matta, di fare.
Mentre
stava ancora urlando agitato, Goten si ritrovò due mani intorno al viso e
due labbra arrivarono a bloccare le sue parole.
Era
un po’ seccato per quell’interruzione al suo doveroso sfogo, ma la
rabbia non durò che un attimo. Avvolse le braccia intorno alla vita di
Trunks e si appoggiò al suo corpo, ritrovandone il calore, che pervase
entrambi.
Trunks
lo stava baciando quasi famelico, facendogli pian piano schiudere le
labbra e affondandovi la lingua. Goten
alzò una mano ad afferrargli con dolcezza i capelli. Trunks fece
scivolare le mani dietro la nuca di Goten e distese le braccia poggiandole
sulle spalle, e dolcemente, con rammarico, interruppe un poco il bacio per
riprendere e far riprendere fiato.
“Non
posso ancora crederci”, mormorò, a voce bassa e roca, e gli sorrise con
dolcezza guardandolo negli occhi “ma ci proverò, dato che sembri
davvero tenere tanto a questo baka Saiyan.”
Goten
arrossì ed evitò il suo sguardo. “Scusa per quello che ho detto prima,
ero un po’ su di giri…”
“Non
preoccuparti, troverò il modo di vendicarmi…magari battendoti al
torneo!” Trunks sorrise, questa volta con suo sorriso abituale, senza
ombre o venature malinconiche.
Goten
si trovò perso in quel sorriso, ma solo il tempo di afferrare il senso
delle parole che l’altro aveva appena pronunciato.
“Questo
è da vedere. Potrei costringerti a lasciarmi vincere.”
Si
chinò a raccogliere la coperta che durante il trambusto precedente era
finita sul pavimento, e la passò attorno alle proprie spalle e a quelle
di Trunks, avviandosi con lui verso la porta d’entrata del salotto.
“Costringermi?
E come?”
Goten
lo strinse sé in un abbraccio improvviso e lo baciò con impeto,
buttandolo a sedere su un divano e raggiungendolo subito dopo, attirandolo
a sé e accarezzandogli dolcemente il torace e la schiena mentre lo
baciava con sempre crescente passione.
“In
questo modo…”
Trunks
sorrise tra sé mentre si lasciava andare e aderiva maggiormente al suo
corpo. Non c’era dubbio: per un premio del genere gli avrebbe
tranquillamente lasciato vincere tutti i tornei del mondo.
Owari
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