Disclaimers: i personaggi di Slam Dunk non sono miei (se così fosse adesso
sarei su un'isoletta del pacifico a bere coktail anziché qui in un
ufficio a cercare di far funzionare l'office XP), ma appartengono a
Takehiko Inoue che ne detiene tutti i diritti. Questa fic non è stata
scritta a scopo di lucro (anche perché nessuno pagherebbe un euro per
leggerla)
Troppo tardi
di Naika
Una giornata come tutte
le altre.
Ci si alza la mattina, si fa colazione e si esce per andare a scuola
sperando che le ore di lezioni passino il più in fretta possibile.
E poi gli allenamenti.
Hanamici sospirò.
La cartella negligentemente buttata sulle spalle.
Ormai viveva solo per gli allenamenti.
Erano passati.
Sarebbero andati alle nazionali.
Un altro sospiro.
Sarebbe dovuto essere felice, tutti erano felice, persino quella stupida
volpe giocava meglio del solito.
La sua stupida volpe.
Non faceva che pensare a lui, ormai i suoi insulti suonavano inconsistenti e
fasulli persino a lui.
Aveva paura di avvicinarglisi, di cercare di stopparlo, perché se l'avesse
toccato anche solo durante il gioco tutti si sarebbero accorti di quello che
provava. Accidenti a quella stupida volpe e al suo sguardo glaciale e
incomprensibile.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere che cosa pensava di lui.
Ma non poteva scoprirsi, sarebbe significato la fine, l'addio alla squadra,
non sarebbe rimasto se Rukawa l'avesse rifiutato apertamente.
E così continuava a fingere giorno dopo giorno.
Il gorilla non faceva che riprenderlo in continuazione.
Perfino Kogure l'altro giorno l'aveva avvicinato per chiedergli se andava
tutto bene.
Ma come faceva?
Come faceva a confidare il proprio tormento.
"Hei Hanamici ti sei addormentato?" ruggì Akagi.
Si era imbambolato di nuovo in mezzo al campo.
Riprese a correre riprendendo la sua posizione.
L'allenamento fu un inferno.
Non riuscì a concludere niente.
Non poteva continuare così.
Doveva dirglielo e se lo avesse rifiutato… avrebbe lasciato la squadra,
forse avrebbe lasciato anche il paese, tanto continuare così non aveva
proprio senso.
Sua madre cominciava seriamente a preoccuparsi per la sua mancanza di
appetito e i suoi amici avevano ormai rinunciato ad invitarlo fuori,
rifiutava sempre comunque.
Era diventato lo spettro di se stesso.
Rimase appoggiato al muro della palestra aspettando.
Rukawa era sempre l'ultimo ad andarsene.
Rimase per un attimo immobile nell'ombra ad osservarlo mentre usciva dalla
palestra, la sacca in una mano, dirigersi verso la sua inseparabile
bicicletta.
Rimase per un attimo a godersi la sua figura slanciata, i capelli scuri
ancora umidi e poi con un sospiro si fece avanti.
"Rukawa"
L'interpellato si voltò sollevando un sopracciglio stupito.
"Che vuoi?"
Serafico e glaciale come sempre.
'Sono senza speranza'.
Rimase in silenzio colpito da quel pensiero improvviso.
Rukawa lo fissò come se fosse uno scarafaggio che si scopre nella cartella
e poi senza una parola inforcò la sua bicicletta e se ne andò.
Hanamici lo guardò allontanarsi le mani strette a pugno.
Una giornata come tutte le altre.
No.
Adesso aveva avuto la risposta alla domanda che cercava.
Quello sguardo freddo non dava adito a dubbi.
Non aveva speranza.
Non avrebbe saputo dire quale forza misteriosa l'aveva spinto ad alzarsi
quella mattina.
Non aveva voglia di andare a scuola.
Non aveva voglia di niente.
Non aveva voglia di vederlo.
E invece eccolo lì.
La solita aria addormentata.
I capelli scuri scossi dal vento.
La sacca sulla spalla.
Gli si spezzava il cuore.
Perché diavolo era andato a scuola?
Rimase immobile ignorando gli altri studenti attorno a lui.
C'era solo Rukawa.
Rukawa che camminava con il suo passo felino.
Rukawa che si fermava sul marciapiede.
Rukawa che attraversava la strada sbadigliando.
E quel furgoncino che veniva avanti a tutta velocità.
"Rukawa!!!!!"
Rukawa si voltò troppo tardi.
Vide il furgoncino piombargli addosso.
Aveva sentito Hanamici gridare.
Aveva sentito la disperazione nella sua voce.
Tutto il suo dolore in quel grido.
E si era riscosso dal suo sonno, voltandosi.
Aveva sentito il furgoncino frenare.
Il rumore delle gomme sull'asfalto.
Le grida degli altri studenti.
E poi l'impatto con l'asfalto.
Duro.
Nero.
Macchiato di sangue.
Sangue che non era il suo.
Scattò in piedi, voltandosi.
Hanamici era a terra.
Immobile.
Si era lanciato contro di lui.
Aveva attraversato la strada come una furia, gridando il suo nome e l'aveva
spinto con tutta la sua forza.
L'aveva spinto via.
Aveva avuto il tempo di fare solo quello.
Era stato investito in pieno.
Al posto suo.
"Hana…"
La voce gli tremava.
Non aveva mai avuto tanta paura in vita sua.
La divisa scolastica era macchiata di sangue.
I suoi capelli rossi erano macchiati di sangue.
Il suo volto era macchiato di sangue.
Gli sfuggì un singhiozzo.
"Hana…."
Il ragazzo si mosse debolmente tra le sue braccia e aprì gli occhi.
Quegli occhi nocciola che tormentavano i suoi sogni.
Erano sempre così luminosi.
Così carichi di vita.
Anche adesso nelle loro profondità brillava una piccola luce dorata.
Il suono di un'ambulanza in lontananza.
"Ru…"
Era tra le sue braccia.
Dolore.
Tutto il suo corpo gridava dal dolore.
Ma non aveva importanza.
Era tra le braccia di Rukawa e i suoi occhi erano carichi di preoccupazione.
Preoccupazione per lui.
Rukawa allungò una mano ad accarezzargli il volto, scostando delicatamente
alcune ciocche sporche di sangue.
"Ru…."
"Non parlare."
Gli disse dolcemente.
"Non sforzarti"
"Ru … io"
Doveva dirglielo.
"…. ti amo….."
era solo un rantolo.
Ma seppe che l'aveva sentito.
Vide gli occhi di Rukawa spalancarsi e poi il buio.
Rukawa rimase immobile ad osservare gli infermieri in camice bianco.
Misero un respiratore sul volto di Hanamici.
Si affaccendavano attorno a lui, mentre la polizia teneva lontano i curiosi.
E poi il medico alzò il volto pallido e scosse il capo.
Troppo tardi.
Avrebbe voluto gridare.
Avrebbe voluto correre lì e spaccare la faccia a quel medico sconosciuto.
Avrebbe voluto fermare i barellieri che coprivano il volto di Hanamichi con
il lenzuolo.
Avrebbe voluto piangere.
Avrebbe voluto dirgli….
"Anch'io ti amo Hana…"
ma era …
…. troppo tardi.
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