PREMESSA:
I personaggi di questo racconto non sono di mia proprietà, ma degli aventi
diritto.I personaggi di Saint Seiya sono proprietà di Masami Kurumada.
Questo scritto non è a scopo di lucro
Too good,
too bad parte
I - The Singing Sea
di CastaliaRimu
Non ricordo nemmeno
quanto tempo sia passato.
Giorni, mesi, forse anni.
Da solo, in questo posto così buio, senza via d'uscita, come un magma
nero che avvolge tutto, compreso il mio cuore e la mia anima che stanno
ormai sfuggendo al mio controllo, divorate da tanta tristezza.
Mi sento vuoto, come un guscio senza il frutto dentro, gettato a terra e
calpestato da tutto e tutti dopo essere stato sfruttato e usato senza un
minimo di considerazione per quello che sono, senza pietà né nessun
altro sentimento se non il disprezzo.
Che esistenza miserabile.
Anche se sono così piccolo, anche se ho cercato con tutte le mie forze di
aggrapparmi ad un sogno, ad un'illusione di vita che comunque non sarebbe
mai stata mia, la vita stessa mi odia.
Voglio mio fratello.
Perché devo essere così solo?
Ho forse scelto io di nascere, di venire a questo mondo solo per
distruggere la vita di coloro che ho amato, di repellerli a tal punto da
desiderare la mia morte.?
Ma devo vivere,devo andare avanti nonostante tutto, non mi è concesso di
morire.
Io non voglio che lui abbia guai di nuovo per colpa mia.Perché io
esisto.
No!Non voglio che soffra!Lui no!
Tutte le notti mi viene a trovare, portandomi da mangiare i dolci che gli
sono avanzati, qualche giocattolo anche, uno dei suoi, uno di quelli che
lui usava quando era bambino nell'affetto e nell'amore di tutti. Anche se
io gli voglio bene, a volte lo odio. Lui, il mio fratellino, colui che è
amato, a volte lo invidio a tal punto che sento come un fiume di lava
scaturire da ogni mio poro, entrare in circolo nel mio corpo,
incendiandomi il cuore che sanguina senza un attimo di sosta, lacerandomi
dentro, tagliando ogni mio sentimento anche solo umano, impietosamente.
Sì, io lo amo è il mio adorato fratello, l'unico che mi voglia bene; Il
mio più grande affetto ed il mio più grande odio.
Questa sera compio sette anni e sono molto felice.
E' una fredda sera d'inverno, il sedici di gennaio. La mia prigione si
trova vicinissimo al mare, un mare bellissimo, che ha lo stesso colore dei
miei occhi, di un verde profondissimo, come i campi di notte, che
riverberano i loro riflessi argentati con pacata tranquillità.
Rido.
Questo me lo dice sempre mio fratello.
Il mio Ikki.
Con quei suoi capelli d'ebano e gli occhi più neri della pece, quella
carnagione che sa di sole, scura come l'orzo.
La sua mamma mi odia perché sono troppo diverso, troppo fragile,
troppo.Non saprei nemmeno elencare tutte le cose brutte che mi dice ogni
volta che incontra il mio volto, schifata da me.
Sì, beh, noi non siamo certo fratelli di sangue. E come potremmo?
Sembriamo il giorno e la notte, io così pallido e femmineo e lui così
scuro e sano, come ogni bambino dovrebbe essere alla sua età.
No, forse lui non è come gli altri.
Ha una forza ed una vitalità quasi possente, che si avverte nell'aria
quando ti si avvicina, come una scarica elettrica trasportata dal vento.
Lui è la mia forza, il mio sorriso, la mia vita. Sì, la mia vita.
Perché se non ci fosse lui, io a quest'ora non sarei nemmeno più qui.
Quando ero in fasce, fui trovato davanti alla porta di quell'immensa villa
che è la casa dei miei "genitori"- termine sbagliato dato che
non mi hanno nemmeno adottato, ma non saprei nemmeno come definirli.- non
avevo che un mese o due, con i miei capelli biondo ricci e gli occhi
verdi, un "bianco" per eccellenza insomma. Il padre di Ikki fu
il primo a trovarmi, e fu lui in seguito, che tentò di rintracciare i
miei veri genitori.
Ma dopo ricerche di mesi, senza l'ombra anche vaga di un risultato,
quell'uomo si arrese e decise, col consenso della moglie che non se la
sentiva di accollarsi il peso di un altro bambino-troppo presa dalla sua
scintillante vita mondana e di lusso- , di affidarmi ad un orfanotrofio,
entusiasta di questa sua soluzione al "problema". Ma Ikki si
oppose. Gli piacevo proprio per quella mia stranezza, per quell'affarino
che ero, tanto delicato da sembrare una femmina più che un maschio, se
non ci fossero stati i miei attributi a dimostrarlo. Lui voleva un
fratellino, mi disse qualche tempo fa, e ora che l'aveva ottenuto se lo
voleva tenere a tutti i costi.
E così fu. Lui si chiuse con me nella sua camera e non ne uscì se non
quando i suoi acconsentirono a quell' assurda richiesta di tenere un
bianco, un gaijin, in casa di aristocratici come loro.
La famiglia di Ikki è infatti molto ricca, suo padre è padrone di una
catena di industrie famose a livello nazionale e internazionale.
Per il primo anno di vita vissi nella sua stessa casa, ma quando ne compii
due fui trasferito nella casa della domestica che mi aveva cresciuto
durante quel periodo, quella stessa casa in cui vivo ora, un monolocale in
riva al mare.
Quando è notte fonda scappo fuori dalla recinzione e mi siedo sulla
sabbia della spiaggia ad ascoltare il mare ed ad osservare le stelle.
Com'è bello quel momento di pace che vivo con me stesso, dedicandomi alla
caccia dei molluschi che con la notte popolano la riva, tormentandoli con
un bastoncino oppure semplicemente guardando il loro modo buffo di
camminare.
Loro sono proprio come me, non vivono, si limitano ad andare avanti
esistendo, in un giorno uguale all'altro, la stessa routine di noia e
movimenti meccanici, ripetuti come un mantra, poiché tutto quel che
possono fare è quello.
Tutte le notti, quando la luna sovrasta in lucentezza le stelle, mio
fratello mi raggiunge in quella spiaggetta, tenendomi compagnia con la sua
sola presenza, divertito della mia semplice gioia di bambino di sette
anni.
Mio fratello ha sette anni più di me, perciò ne ha quattordici.
Li compie esattamente il giorno prima del mio, il quindici di gennaio.
Quella sera, aspetto che la signora Imashita, la cameriera che mi ha preso
in casa con lei, si addormenti come suo solito nella poltrona vicino alla
pesante stufa di bronzo e scappo silenziosamente verso il mio adorato
mare, stringendo al petto il cavallo di legno che avevo intagliato tre
giorni prima come regalo a mio fratello per il suo compleanno.
Sento l'agitazione che mi scorre addosso per l'ansia del dono.
Che faccia farà quando glielo darò?
Corro felice, con un sorriso ebete stampato in faccia, ascoltando la
canzone delle onde nella notte farsi più forte man mano che mi avvicino
alla spiaggia.
Ma quando arrivo non trovo nessuno.
In effetti erano già quattro notti che mio fratello non si faceva più
vivo. Ma il mio giovane cuore non si lascia abbattere facilmente. Lo
aspetterò.
Lui verrà, ne sono certo.
Passano diverse ore ed il freddo gelido della notte comincia a penetrarmi
a fondo nelle ossa, con l'aria umida e salmastra del mare che mi inzuppa i
vestiti rendendoli appiccicosi. Stringo forte a me il mio regalo.
Lui verrà.
**********
Corro, corro, con una disperazione che non riconosco nemmeno alle mie
gambe piene di lividi.
Lo sapevo che prima o poi mio padre se ne sarebbe accorto.
No. La colpa è mia.
Non dovevo farmi beccare come un cretino l'altra notte.
E mi sono preso le botte.
Cretino, cretino, cretino.
Ma scuoto la testa.
Mio fratello mi aspetta,non mi sono fatto vedere per quattro notti dietro
fila, chissà come si sente solo.
Non capisco perché io mi sia tanto legato a quello scricciolino di
bambino.In fondo cosa centra con me?
Io volevo solo un compagno di giochi, e quando non mi sarebbe servito più
l'avrei messo da parte come i giocattoli che gli porto.Perché dunque? Ma
in fondo al cuore ho già la risposta.anche se non mi piace l'idea di
provare qualcosa per qualcuno.
Sono stati quegli occhi.Quei magnifici occhi del colore dell'erba, quelle
manine sottili e pallide, quei capelli color del grano, tutto il suo
essere fragile che sa di fanciullezza, quell'affetto smisurato e senza
pari che mi riversa nel cuore, quel calore disinteressato che gli scalda
l'anima ogni volta che mi vede.
La sua essenza piccola e fragile che mi dona senza riserve si è radicata
troppo a fondo nel mio cuore per poterlo abbandonare ormai.
Quella sera quel piccolo compiva sette anni, proprio il giorno dopo il
mio. Così avevamo deciso entrambi, dato che essendo un trovatello non
sapevamo proprio in quale giorno fosse nato.
Povero bambino, nemmeno sua madre lo ha voluto.
Ecco ho raggiunto la spiaggia.
Mi guardo attorno.
Non c'è.
"Oddio" Penso spaventato. "Dove può essersi
cacciato?"
Però, qualcosa con delle fragole sopra attrae la mia attenzione.Una
giacca?
E lo vedo. Se ne sta tutto raggomitolato dietro ad un cespuglio. Dorme.
Mi avvicino per non spaventarlo, sollevandolo piano tra le braccia.
Sento una sgradevole sensazione di umido e bagnato sul petto e sulle
braccia. Sta tremando come una foglia e ha il viso pallido e tirato per il
freddo.
Allarmato gli poso una mano sulla fronte. Scotta!
La mia mente si agita, cercando di focalizzare il da frasi.
Gli tolgo la giacca, anzi, per meglio dire gliela strappo letteralmente di
dosso, dato che è talmente bagnata e appiccicaticcia che gli si è
completamente aggrovigliata al corpo. La butto a terra, me lo stringo nel
giubbotto pesante per scaldarlo meglio che posso e mi dirigo correndo
verso la casa della cameriera con cui vive.
Busso con violenza alla porta per quattro o cinque volte, facendomi quasi
sanguinare la mano.
Sento un borbottare sommesso provenire dall'interno, una serratura che
scatta e un'anziana faccia assonnata che si affaccia appena da dietro
l'uscio.
-Signorino Ikki! Ma cosa.- Balbetta poi realizzando con stupore che sono
io.
-Amane la smetta di blaterare! Apra questa porta e mi faccia entrare!-
La vedo spalancare la porta imbarazzatissima , mentre si fa velocemente da
parte per farmi passare.
-Ma...ma quello è Shun!- Disse poi lei, sgranando gli occhi, notando quel
che tengo tra le braccia.
Io non le faccio caso, dirigendomi verso il letto e appoggiando Il
corpicino tremante di mio fratello sul panno caldo, mentre lo spoglio dei
vestiti bagnati che tiene addosso.
Quando faccio per spostargli le braccia serrate sul petto lui emette un
mugugnio di protesta e le serra ancora di più.
-Andiamo Shun, devo toglierti questa roba bagnata altrimenti ti beccherai
un malanno!-
Gli sussurro con impazienza.
Lui socchiude faticosamente gli occhi, con un tremulo sorriso.
-I..Ikki..S..sei.venuto..- Un sorriso mi affiora sul volto.
-Sono qui fratellino.Lasciami fare ora.- Gli sussurro di rimando con
dolcezza.
Ecco perché è così bagnato. Mi stava aspettando da tutto quel tempo.
Mi tende poi le manine tremanti, porgendomi un bellissimo cavallo
impennato scolpito nel legno, ormai anch'esso tutto fradicio di umidità
salmastra.
-Bu..buon compleanno, fratello.- Mi sussurra felice.
Sento sciolgliermisi il cuore.
-Grazie Shun.- Gli risposi carezzandogli una guancia mentre lui si
strusciava felice di rimando contro la mia mano. In effetti è davvero
bellissimo quel cavallo.che strano bambino! Incredibile pensare che da
solo sia riuscito a fare una cosa così bella.
E pensare che mia madre lo chiama "piccolo demonio".
Riesco a sfilargli anche la felpa e la maglietta e lo infilo sotto le
coperte.
Mi rivolgo alla domestica.
-Amane!-
-Sì signorino?-
-Lascialo dormire lì per stanotte è quasi congelato là fuori. Per una
notte accontentati della poltrona.-
-Ma signorino Ikki! E' stato quel piccolo irresponsabile a buscarsi un
malanno non glie l'ho mica chiesto io!-
Mi arrabbio di fronte a quelle assurde lamentele. Come assomiglia a mia
madre quella donna.
-Prova ancora a contraddirmi ancora o a rivolgerti a me con quel tono e ti
faccio licenziare in tronco!-
La donna rabbrividisce.
-No! No per carità signorino non dite niente alla signora! Sarà come
volete.-
-Bene. Allora me ne vado. Bada che non stia male stanotte.-
-Sì.-
Mi chino a baciare la fronte rovente di Shun e sussurrandogli un
"Buonanotte" lo vedo sorridere nel sonno formulando piano il mio
nome.
Mi volto verso la porta e me la chiudo alle spalle, tornado verso casa
osservando il mio regalo e fischiettando una canzoncina di quando ero
piccolo.
**********
Il sole fa schioccare il vetro della finestra mentre quest'ultimo si
espande, emettendo quel lamento per il troppo calore che lo sta
deformando.
Anch'io soffro. Non appena cerco di muovermi dalla mia posizione vengo
travolto da un'ondata fortissima di dolore che mi percuote le membra
tirandole in uno spasimo.
Sento che le lacrime roventi mi sgorgano dagli occhi per il male.
-Ahia.- Sussurro, forse troppo forte, perché la figura appallottolata nel
lenzuolo sopra la poltrona si scuote con forza, facendo emergere una massa
scarmigliata di capelli, che rifulgono come argento a quel tenue sole del
mattino.
-Shun!- Esclama la signora Imashita, avvicinandomisi come suo solito
zoppicando, squadrandomi con malevolenza.
-Piccolo bastardello, guarda cosa mi è toccato sopportare per la tua
stupidità! Chissa come mai quel marmocchio del tuo "salvatore"
si affanna tanto per uno come te! E alla fine chi ci rimette sono sempre
io!-
Sento la testa girarmi vorticosamente. Comincio a tremare, le lacrime che
scorrono talmente copiose che gli occhi mi fanno male e la visione della
stanza mi si distorce.
So bene cosa succederà adesso.
No, non voglio ancora!
No no no ho paura!
Ikki!Ikki!
-L..la prego.non lo faccia ancora.!-Sussurro con voce stridula.
La sagoma marrone e nodosa che si allunga tra le sue mani mi si staglia di
fronte e a me pare come una montagna. Il braccio le si solleva di scatto e
tutto quel dolore mi si abbatte di nuovo addosso, come ogni giorno, ancora
e ancora e ancora.
-I.kki..-
........
Il vento mi scompiglia i capelli, tutti appiccicati alla testa.
Mi chino sulla superficie verdeazzurra che mi specchia, mentre mi getto
con un mugolio di sofferenza un'altra manciata d'acqua sul viso
congestionato dal pianto.
Vedo che molti dei miei riccioli si sono incastrati ad una grande crosta
di sangue coagulato che mi ricopre una parte della testa;un'altra profonda
striatura cremisi mi spacca a metà lo zigomo sinistro, non riesco nemmeno
a contare tutti i lividi e gli ematomi che ho sparsi per il viso e per il
corpo.
Sono scappato di casa urlando, riuscendo a coprirmi a malapena con un
lenzuolo che adesso mi fa da tunica.
Mi farà ancora più male, lo so, ma devo farlo.
Trattenendo il respiro mi getto nell'acqua salmastra, urlando come un
dannato per il bruciore del sale sulle ferite.
Rimango fermo sott'acqua per un po', le lacrime si mescolano a quella
grande massa liquida che mi lacera dentro, cullandomi però con una
dolcezza infinita.
Come riemergo, fatico ad aprire gli occhi, li sento secchi, asciutti e
ruvidi contro le palpebre.
Cammino lentamente verso la riva, e, come la raggiungo, mi godo il
piacevole calore della sabbia, che si mescola a quell'eruzione vulcanica
che espande la sua lava incandescente dentro di me. Emano calore come un
camino acceso.
Un brivido mi coglie impreparato, facendomi scuotere con forza, mentre con
uno scatto secco del capo, sollevo lo sguardo sulla collinetta di sabbia
davanti a me.
Un paio di occhi neri e lucidi, una pelle color orzo che risplende nel
sole del mattino.
Ikki.
-Sh..SHUN?!- Balbetta, però, urlando.
Rimane immobile a fissarmi con un'espressione di stupore tale dipinta in
volto, che la bocca gli si spalanca, pendendo inerte sul mento.
Sorrido debolmente, muovendo un passo verso di lui.
-Ikki.Bu..buon giorno, fratello.- gli sussurro, mentre me lo vedo volare
letteralmente addosso, sfiorandomi appena per paura di farmi male, rigido
come un pezzo di marmo.
-Che..che cazzo ti è successo, Shun?!- Mi alita sul volto sempre con
quella sua aria sconvolta.
-So..sono caduto da uno scoglio.- Rispondo piano.
Lui mi scuote con forza, mentre un'espressione di rabbia cieca gli deforma
quasi il volto.
-E TU CREDI CHE IO MI BEVA QUESTA BALLA?!Ma guardati Shun, sembri uscito
da un tritacarne!-
Mi mordo le labbra per il dolore che mi provocano le sue mani strette
sulle mie spalle.
-M-ma è la verità.io stavo seguendo un mollusco e.non ho visto bene dove
mettevo un piede.-
Gli occhi gli s'incendiano. Fa per tirarmi uno schiaffo. So che non lo
farà mai, ma mi spavento subito, nella mente il dolore del bastone che si
percuote sulla mi pelle mi strazia di nuovo la mente.
-Aaaahhh!! No!No! Aiutooooo...- Urlo senza ritegno, piegandomi su me
stesso in un tremito così violento che per poco non rotolo lungo disteso
sulla sabbia, le mani a coprirmi la faccia istintivamente.
Sento la mano di mio fratello sfiorarmi timidamente una ciocca di capelli,
mentre sussurra piano il mio nome.
-Cosa ti hanno fatto.? Dimmelo Shun, ti prego dimmelo.- La sua voce è
rotta dall'emozione e sento che la sua mano trema quando si china davanti
a me e mi accarezza la faccia.
-Io..Io.. Non voglio andare via da te! No no no.- Gli sussurro, alzando il
mio sguardo dolorante verso di lui, che come mi vede mi fissa per un
attimo confuso, probabilmente non capendo il senso del mio balbettare
confuso, poi con un'espressione di sofferenza mi prende delicatamente tra
le braccia e inizia a massaggiarmi la schiena con lenti e dolcissimi
movimenti. Non posso dirglielo. Non cambierebbe nulla e otterrei solo che
la sua mamma mi mandi via. E io non posso vivere senza di lui. Senza il
mio Ikki.
-No Shun, non ti mando via.tranquillo.sono qui con te fratellino.sono
qui.-
Tremo ancora, ho ancora paura. Lui non può salvarmi, anche se mi dice
quelle cose.Io lo so. Sospiro.
-Stringimi fratello, non lasciarmi solo.non lasciarmi solo.Ho solo te.Ti
voglio bene Ikki!-
Lui mi stringe un po' di più.
-Anche io Shun, anche io.-
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