Pairing: HanaRu! ^^
Rating: non posso dirvi
nulla, solo che è qualcosa di diverso da quello che avete letto finora…(tsk
non si tromba neanche stavolta è_é ndHana)
Note:
POV Hana POV Ru (esclusa la lettera, che
però in corsivo mi piaceva di più). Tra gli asterischi i flashback. Tra “” i
discorsi diretti.
Disclaimers: i psg sono
di Inoue (ç__ç) ormai è chiaro, la storia è liberamente (mooolto
liberamente, non avevo voglia di andarmelo a rileggere ^^ ) ispirata al mito
di Deucalione e Pirra.
Il titolo è quello di una dolcissima canzone
di Leanne Rimes, che non ha niente a che vedere con la storia ma rendeva
l’idea con cui volevo aprire la fic.
Comunque, direi che la storia è mia…
Anzi, no.
La storia è di una ragazza meravigliosa,
dalle cui dita scaturisce poesia anche se lei candidamente non se ne
accorge.
La storia è di Tes.
Gliela regalo con tutto il cuore.
Together, forever, always
di Marty
POV HANA
Chissà se qualcuno si
ricorderà di noi.
Chissà se domani, sui
libri di scuola, ci sarà anche la nostra storia.
Ma in fondo, perché
dovrebbe?
Siamo solo due persone
che si amano, di un amore da qualcuno ritenuto perfino malsano, malato,
maledetto.
Eppure non si spegne,
questo amore.
Ci ho provato, lo sai
tesoro?
Ci ho provato a
rinnegarlo.
Tante volte.
Troppe.
Ferendo il mio cuore,
graffiandomi l’anima quando ti guardavo in quegli occhi così freddi che però
sembravano diventare gelidi quando li posavi su di me.
Eppure li amavo lo
stesso.
Ci credi?
So che ci credi.
Devi crederci.
Soprattutto adesso.
Adesso che è tutto
finito.
Adesso che quell’addio
che tante volte abbiamo paventato bussa finalmente alla nostra porta.
Per una volta non ero io,
quello che aveva paura.
Io credo nelle stelle, e
nella forza del nostro sentimento.
Non ho dubitato di quelle
parole neppure per un solo istante.
Ma tu…
Non sei mai stato un
fatalista.
Hai sempre creduto solo
in te stesso, e in quello che potevi fare.
Non hai mai più chiesto
aiuto.
Né prima né dopo di
allora.
Ti ho ammirato tanto, per
questo.
Io, che per essere felice
avevo bisogno di qualcuno che mi dicesse che valevo qualcosa, che nella sua
vita ero indispensabile.
Mio padre.
Lui mi diceva spesso che
un altro figlio avrebbe permesso al fuoco che ardeva nel suo cuore di
spegnersi, e che non avrebbe mai smesso di amarmi proprio perché sapeva che
io l’avrei impedito a qualunque costo.
Eppure…
Non c’è più.
Ricordi quanto questa
storia mi abbia ferito.
È morto per colpa mia...
Me lo ripetevo come un
mantra.
Neanche mia madre era
riuscita a togliermelo dalla testa.
E, come lei, ha fallito
chiunque ci abbia provato.
Solo io so quello che ho
provato quella sera di dicembre, quando, frugando tra le vecchie carabattole
di mio padre che riposavano in uno scatolone polveroso, mi sono ritrovato
tra le mani una nostra foto.
Tutti e tre.
Sorridenti.
Felici.
Ignari.
Le mie mani traditrici
hanno tremato, e la cornice mi è caduta, infrangendosi al suolo.
Mi sono chinato a
raccoglierla ed ho scoperto che c’era qualcosa incollato dietro la foto.
Una busta bianca.
La sua calligrafia
leggera aveva vergato su quel candore quattro lettere: Hana.
***********************
Caro Hanamichi,
non è mai facile dire
addio.
Salutarsi è sempre
complicato, ma di solito il fatto che l’altra persona condivida le ansie e
la tristezza aiuta a sopportare meglio il dolore sordo del distacco.
Questo a me non è
concesso.
Forse neanche leggerai
mai queste parole, ma io le affiderò al destino che, beffardo, mi ha negato
il diritto di vederti crescere e diventare un uomo di cui, sono sicuro,
sarei stato immensamente orgoglioso.
Sono certo che al momento
opportuno troverai quest’ultima prova del mio affetto infinito e, con essa,
il coraggio di fare tutto quello che è in tuo potere per essere felice.
La vita non è eterna,
Hanamichi.
So che un concetto simile
è difficile da affrontare per uno come te, che guarda sempre avanti.
Tu non dubiti mai che il
domani che ti aspetta sarà migliore del tuo oggi, che pure affronti a testa
alta, incurante delle difficoltà e degli ostacoli.
Io devo scusarmi con te.
E con tua madre.
Ma con lei parlerò.
Lo giuro, fosse l’ultima
cosa che faccio.
Non voglio andarmene
senza che sappia che l’ho amata più di me stesso, più di qualunque altra
cosa.
Non voglio che creda di
non essere stata sempre il primo e l’ultimo pensiero da ventidue anni a
questa parte.
Anche ora, il mio ultimo
pensiero va a lei: ma va anche a te.
Sì, perché siete le due
cose più preziose che ho.
Credo che ora tu inizi a
chiederti il perché di questa lettera:
bene, mettiamo le carte
in tavola.
Sono malato, figliolo.
Molto.
Il mio cuore è stanco.
Non ce la fa più.
E così si è arreso.
Ricordi quella sera che
sono rientrato tardi e vi ho detto che ero stato dal medico?
Un normale controllo di
routine.
State tranquilli.
Ma non era così.
Ero svenuto tornando a
casa, e il dolore al petto era stato così insopportabile da farmi piangere
come un bambino.
E così sono stato in
ospedale a farmi visitare.
Speravo…
Non lo so cosa speravo.
Ma sicuramente che i miei
timori fossero infondati.
Non lo erano.
Ho una malformazione
cardiaca, di cui nessuno si è mai accorto, perché è cresciuta con me.
C’erano buone possibilità
che non causasse problemi, ma purtroppo le ha disattese.
E il responso è stato
chiaro: mi restavano sei, sette mesi di vita.
Otto al massimo.
Io ero disperato.
Non sapevo come dirvelo.
Avrei potuto sopportare
di vivere le ultime battute della mia vita attorniato da sguardi angosciati,
tensione, dolore?
Avrei potuto rassegnarmi
a chiudermi in casa, confinato in un letto?
Io, che non ho mai
passato neppure una settimana senza lavorare?
No.
Ho capito che non era
possibile.
E poi, come avrei potuto
scaraventare sulle spalle di un ragazzino di quattordici anni il peso di
sostenere una famiglia con un padre in fin di vita?
Così ho deciso di
fingere.
Ho tirato avanti,
nonostante la fatica e il senso di colpa che non mi faceva dormire.
Dopo qualche settimana, i
dottori dell’ospedale (a cui avevo comunicato la mia decisione) mi hanno
fatto avere un farmaco.
Fantastico.
Prendendolo ogni sei ore
avrei potuto campare per almeno un anno, ancora.
Ma questo “elisir di
lunga vita” aveva le sue controindicazioni: dopo averlo preso, si
manifestava spossatezza, la mia testa si disconnetteva, non capivo più chi
fossi o dov’ero.
Il tutto durava solo una
trentina di minuti, ma era devastante per me.
Ho tirato avanti, ancora,
ci ho provato.
Ma ora basta.
Sono stanco.
Ho bisogno di riposare.
E così ho deciso di non
prendere la dose di questa mattina.
Mi hanno avvertito:
smettere di prenderla equivale ad accettare la morte.
Probabilmente il mio
cuore si fermerà prima che tu torni da scuola.
Questo mi fa male: non
voglio che mi trovi riverso sul pavimento, in preda alle convulsioni, e che
magari ti spaventi e cerchi disperatamente di salvarmi la vita…
Mi sembra di vederti,
mentre corri come sputato da un cannone, per trovare aiuto…
Sarà inutile, Hanamichi,
ormai ho deciso.
E non ci sarà niente da
fare.
Ma quello che mi ferisce
di più è pensare che sicuramente, se le cose andranno come prevedo, ti
addosserai la colpa della mia morte.
Penserai che se fossi
arrivato un momento prima, magari…
Se non fossi andato a
scuola, magari…
Se non mi avessi fatto
soffrire e preoccupare con i tuoi trascorsi da teppista, magari…
Non pensarlo!
Ti prego!
Non avresti potuto
cambiare la mia decisione, in ogni caso.
E voglio che non
dimentichi mai queste mie parole: in ogni luogo, in ogni istante, io sono
stato fiero di te.
Non smetterò mai di
esserlo.
Sii felice, ragazzone.
I miei occhi sono pieni
di te, e dell’amore che ti porto.
Non c’è spazio per i
rimpianti.
E anche se quello che
dico può sembrarti sciocco, sappi che è quello che sento.
Sei mio figlio.
Il mio bambino.
E sarai per sempre il mio
più grande successo.
Con tutto l’affetto che
posso.
Papà
********************************
POV HANA
Leggere questa lettera è
stato quanto di più bello Kami mi avesse concesso fino a quel momento.
Io avevo già compiuto i
diciassette, e mi avviavo verso i diciotto.
Il mio cuore aveva un
proprietario.
Eri tu.
Ma non avevo la forza, il
coraggio, o semplicemente avevo una fottuta paura di legarmi nuovamente a
qualcuno che avrebbe potuto lasciarmi.
Solo = sicuro.
Questo binomio era
impresso a fuoco dentro di me.
Soprattutto dopo la morte
della mamma.
I medici ne hanno
inventate tante per spiegare il deperimento interiore che me l’ha portata
via.
Ma io so bene cos’è.
Crepacuore.
Non poteva, non voleva
più vivere senza l’unico amore della sua vita.
Per questo io, fin da
quel giorno in cui i miei sentimenti per te sono cambiati, ho rinnegato e
calpestato quello che nella mia testa gridava che eri tu, che eri quello
giusto, che la mia vita senza di te non aveva senso.
Inutile.
Non volevo soffrire come
i miei.
Non volevo soffrire come
me.
Ma le parole di mio padre
mi hanno dato la forza di fare l’unica cosa che contava davvero.
Stringerti tra le mie
braccia.
********************
FLASHBACK
“Avanti, do’hao”
“Cosa c’è kit?”
“Dimmelo tu cosa c’è”
“Non capisco di che
parli”
“Lo sai benissimo”
“Illuminami, volpino”
“Hn”
“Se vuoi una risposta,
meglio che tu mi ponga la domanda corretta.
Anche se temo che per
questo le tue consuete sei sillabe o meno non basteranno”.
Hanamichi sedette,
accavallando le gambe e incrociando le braccia sul ventre, sulla panca dello
spogliatoio, osservando Rukawa che, immobile accanto alla porta lo fissava
come se volesse sbranarlo.
“Ok stupido idiota!
Perché non mi picchi?
Perché non mi insulti?
Perché non ti vanti di
essere migliore di me?
Perché mi fissi?
Perché invece di marcarmi
sembra che mi accarezzi?
Perché hai quella dannata
luce negli occhi?”
“Sicuro che vuoi saperlo?
Non potremo tornare
indietro”
Ad un cenno del capo del
volpino, che Hanamichi interpretò come affermativo, il rossino gli porse dei
fogli scritti a mano.
Lo sguardo interrogativo
di Rukawa per una volta era molto eloquente.
“Leggi”
Lo invitò Hanamichi.
Pur senza capire, Rukawa
iniziò a scorrere con gli occhi le parole di quelle pagine.
Mano a mano che
proseguiva nella lettura, il suo volto si andava colorando di tutte le
possibili emozioni umane.
Era così preso che non si
accorse neppure che Hanamichi gli stava alle spalle, e sussultò quando le
sue braccia gli strinsero la vita ed il suo mento marcato si appoggiò sulla
sua spalla.
Ormai era giunto in
fondo.
“Per qualcuno valevo
qualcosa”
Gli sussurrò Hanamichi.
Poi fece per scostarsi da
lui, ma due mani tremanti sulle sue glielo impedirono.
Il volpino si voltò
nell’abbraccio e fissandolo dritto negli occhi scandì lentamente “Non era
l’unico a pensarla così”
Il rossino sorrise, un
sorriso dolce e caldo, non il solito ghigno da buffone.
Era un vero sorriso.
Glielo stava regalando.
Rukawa trattenne il
fiato.
Non aveva mai creduto che
Hanamichi potesse essere così bello.
“Devo farlo oggi, Kaede.
Oggi, o lo rimpiangerò
per sempre.
Devo dirti che ti amo,
non so da quando, forse da sempre, ma la paura di perdere di nuovo qualcuno
che per me valeva più del cosmo intero era troppo grande.
Come se non bastasse, mi
sentivo sporco, inutile, una persona da disprezzare.
Avevo lasciato morire mio
padre, senza lasciargli neanche un misero barlume da portarsi via per
ricordarsi di me.
Non avevo mai fatto nulla
che valesse la pena di rimanere con lui in eterno.
Credevo mi odiasse, o
quantomeno che mi avesse dimenticato.
Che non avesse mai
contato su di me.
Ma ora…
È tutto diverso.
Ha scritto che mi ama,
che è fiero di me, che sono stato…
Un successo…
Il suo successo.
E soprattutto che non mi
odia per non averlo potuto aiutare.
Ad un secondo dalla fine,
ha salvato il mio cuore.
Stavo per sopprimerlo.
Ma non sono riuscito a
farlo, perché non è più mio da tanto tempo, kitsune.
È solo tuo.
Sei tu che devi decidere
cosa farne…”
Il ragazzo s’interruppe.
Negli occhi di mare in
tempesta del volpino si era accesa una luce così calda da obbligarlo a
distogliere lo sguardo.
Ma le dita pallide della
sua nemesi gli alzarono il mento, perché ci si perdesse di nuovo.
“Nei tuoi occhi brillano
pagliuzze d’oro”
Gli disse dolcemente.
“Sono i più belli che io
abbia mai visto”.
Hanamichi arrossì,
contento.
Rukawa si avvicinò al suo
volto, coprendo con lentezza esasperante ogni centimetro che li separava.
Ma quando già ognuno
avvertiva il respiro dell’altro, il rossino gli pose due dita sulle labbra e
lo spinse indietro dolcemente.
Il volpino aggrottò un
sopracciglio sorpreso.
“Io non potrò più vivere
senza di te” gli disse Hanamichi con la voce che tremava.
“Promettimi che non mi
lascerai solo…
Un’ora…
Un minuto…
Un secondo…
Prometti che non mi
permetterai di vedere che…
Te ne vai…”
Le sue dita vennero
afferrate da quelle del compagno, che le strinse, per poi appoggiarne il
palmo sul proprio petto all’altezza del cuore.
“Non posso prometterti
che vivrò più di te, se è questo che vuoi chiedermi.
E non solo perché non ho
il potere di farlo: non so cosa la vita mi riservi.
L’unica cosa che so” e il
palmo di Hanamichi passò sul suo petto, per sentire il suo
cuore “è che senza il tuo il mio non batte.
Neanche io potrei
sopportare di vederti andar via”.
E questa volta, le labbra
di Rukawa finalmente si fusero con quelle del rossino suggellando quella
reciproca promessa.
***********************************
POV HANA
Come due scolaretti ci
eravamo promessi qualcosa che era del tutto fuori dalla nostra portata,
ammettilo, Kaede.
Ma questo ci faceva
sentire bene.
Il sapere che per ognuno
dei due fosse impossibile vivere senza l’altro era una sicurezza che ci
impediva di vacillare.
Come quella volta in cui
una macchina ti investì mentre attraversavi, mezzo assonnato come sempre.
Eri ridotto male.
Eri in coma, e i dottori
disperavano che potessi uscirne.
Essendo tu figlio unico,
avrebbero voluto che dessi io l’autorizzazione all’espianto degli organi.
Ti consideravano già
morto.
Che sciocchi!
Non sapevano quanto fosse
potente quello che ci lega.
Così ho rifiutato,
aspettando paziente che tornassi da me.
E non mi sono sorpreso
più di tanto quando una mattina, all’improvviso, le tue dita mi hanno
accarezzato i capelli mentre la tua voce un po’ roca diceva “do’hao”…
Ti ho sorriso e, mentre i
dottori gridavano al miracolo, già contavo i giorni che mancavano per
riaverti a casa.
Non mi vergogno di dirti
che ti amo.
Dopo circa cinquant’otto
anni che stiamo insieme, direi che sarebbe piuttosto sciocco da parte mia.
Anche tu ormai hai perso
ogni inibizione al riguardo, anzi direi che ti sei rammollito con l’età
diventando quasi più coccolone di me!
Comincio a sentirmi
stanco.
Che sia già ora?
No…forse ho ancora il
tempo di ricordare quella notte che ha cambiato la nostra vita.
O forse preferisci farlo
tu?
**************************
POV RU
È una notte come tante
altre.
Forse solo un po’ più
speciale, visto che è quella in cui per la prima volta i nostri corpi
faranno quello che i nostri cuori hanno fatto fin dal loro primo battito:
legarsi in eterno.
Siamo piuttosto tesi,
soprattutto tu.
Cerchi di nascondermelo,
ma te lo leggo in faccia.
Niente più marcia
indietro.
Se ci doniamo l’un
l’altro, sarà per sempre.
E tu hai ancora paura di
rimanere solo.
Non posso fare niente per
rassicurarti, se non stringerti ancora un poco a me, mentre, avvolti in un
plaid, guardiamo uno stupido film alla tv dal mio divano color crema.
Tu mugoli di
soddisfazione e poi mi baci il collo, mentre le tue dita intrecciate alle
mie mi accarezzano il dorso della mano.
Sono felice, davvero…
TOC TOC TOC
Ma chi diavolo può
essere?
Siamo nel bel mezzo della
notte e fuori c’è un acquazzone torrenziale!
Io li lascerei marcire lì
fuori, ma tu, sempre buono ed altruista, mi fai notare che per bussare a
quest’ora dev’essere qualcuno che ha bisogno d’aiuto.
Annuisco e tu ti alzi
nascondendo imbarazzato gli effetti delle nostre prime, impacciate carezze.
Apri la porta.
Sulla soglia ci sono due
vecchietti, un uomo ed una donna, bagnati come pulcini e vestiti solo di un
saio sdrucito con cappuccio.
“Scusate il disturbo”
esordisce il vecchio con voce incerta “Ma abbiamo bisogno di un posto per
dormire.
L’ostello che avevamo
prenotato è pieno e ci hanno cacciati.
Se non potete per me,
almeno ospitate mia moglie.
Ha problemi a camminare,
e una brutta tosse…
Sono preoccupato per
lei…”
Hanamichi mi guarda come
un cucciolo abbandonato e io…
Non posso dirgli di no!
“Hn”
Rispondo alla sua muta
domanda.
Gli si illumina il viso,
mentre invita i due anziani ad accomodarsi.
Dà loro asciugamani
asciutti e qualche vestito pulito da mettersi, poi li indirizza alla vasca
da bagno.
Quando gli chiedo dove
dormiranno, mi risponde tranquillo “Nella tua stanza”
“E noi?” domanda lecita,
do’hao, è inutile che sghignazzi!
“Sul divano!
Mi pare che ci stessimo
benissimo no?”
E così mi rassegno a
cedere il mio comodo giaciglio a due babbioni con le pulci e a dormire
insaccato come una soppressata sul divano del salotto.
Però facendo buon viso a
cattivo gioco, devo dire che così saremo MOLTO vicini…
Il che potrebbe aiutarmi
domani quando dovremo riprendere il discorso interrotto…
***
È già giorno?
Chi ha aperto le
persiane?
Che risveglio brusco…
Però…
Che buon profumin…
EHI!
CHE CI FA QUEL RAGAZZO DA
URLO NELLA MIA CUCINA?!
E quella ragazza?
Ma come sono vestiti?
Sembrano appena usciti da
un cosplay del medioevo…
Ecco che lei si avvicina…
Si inchina compita…
“Buongiorno, Kaede-sama”
Come mi ha chiamato?!
Non sarà mica una di
quelle invasate del mio fan club?!
“Avremmo bisogno di
parlare anche con Hanamichi-sama.
Può svegliarlo?”
Ecco, a posto.
Ora io e il do’hao siamo
seduti al tavolo di cucina, su cui fa bella mostra di sé un’incredibile
varietà di cibi, dai pancakes all’aranciata, dal bacon al latte scremato,
dalle uova fritte al caffè caldo…
Ci invitano a mangiare,
con un sorriso.
Beh, allora buon appet…
Ma perché c’è solo una
porzione di ogni alimento?
E come faccio se poi lo
voleva Hana?
Lo guardo, ma lui
sorride.
“Facciamo a metà con
tutto” propone.
Capito perché lo amo?
Finita la colazione i due
annuiscono come soddisfatti.
“E ora veniamo a noi”
dice il ragazzo.
“Siamo i vecchietti che
avete ospitato ieri notte.
Siamo divinità minori,
che si occupano del cuore umano.
Coltiviamo i buoni
sentimenti ed aiutiamo chi li prova a farli germogliare.
Sapete, per non rischiare
che muoiano.
Il mondo in cui vivete
sta diventando sempre più freddo, cinico e spietato.
Ma finché c’è gente come
voi, c’è speranza.
Quindi il nostro compito
in questo caso era verificare l’effettiva intensità dei vostri sentimenti e,
fatto questo, premiarvi.
Il risultato è stato
decisamente positivo.
Tu, Kaede, ti sei messo
in secondo piano per far felice Hanamichi, rinunciando alla vostra intimità
e alla comodità del tuo letto.
Tu, Hana, ti sei messo in
secondo piano per dividere la felicità con Kaede, offrendogli la metà di
tutto quello che hai mangiato.
Sembrano sciocchezze, ma
i veri sentimenti vivono di piccole cose.
Avete superato il test.
Benediciamo il vostro
amore, che durerà finché Kami vorrà, e vi concediamo un desiderio.
Avete tutto il tempo per
pensarci.”
Ma io non devo pensare.
Ho visto come Hana ha
serrato la mascella alle sue ultime parole.
So qual è l’unica cosa su
cui non ho potere decisionale, l’unica che potrebbe spazzare via la nostra
felicità.
Stringo la mano di
Hanamichi e mi alzo in piedi.
Fisso la ragazza negli
occhi e dico lentamente “Voglio dividere con lui la mia vita fino all’ultimo
istante.
Nessuno dei due sarebbe
in grado di continuare a vivere se l’altro mancasse.
Vivere insieme.
Morire insieme.
È il mio unico
desiderio”.
La donna guarda come
luccicano gli occhi del mio amore, mentre annuisce senza distogliere lo
sguardo da me e mi stringe le dita.
“E sia” concede con un
sorriso.
“Ma il desiderio si
avvererà solo fra qualche anno.
Se voi sarete ancora il
Kaede e l’Hanamichi che abbiamo conosciuto oggi, vi sarà concesso di
sincronizzare le vostre vite.
Grazie ancora di tutto” e
così dicendo scompare, insieme al suo compagno.
**********************
POV HANA
E così, dopo l’incidente,
tu mi hai raccontato di aver parlato con loro mentre eri in coma.
Ti hanno fatto scegliere,
e tu sei tornato da me.
Per sempre.
Perché ti hanno detto che
questo nostro estremo atto d’amore dopo nove anni di vita insieme
significava che il sentimento tra noi era immortale.
E fino ad oggi è andata
proprio così.
I nostri battiti sono
perfettamente sincronizzati.
Le nostre emozioni
intercambiabili.
Ed è stato così bello
essere un tutt’uno, Kaede, non solo quando mi perdo dentro di te, ma in ogni
istante della mia vita.
Ma come tutte le cose
belle, è giunta al termine.
Mi sono svegliato
stamattina con un peso sul petto che mi fa respirare a fatica.
So che per te è lo
stesso.
Così abbiamo passato la
giornata sulla veranda della nostra casetta, a guardare gli alberi in fiore,
i cani che rincorrono la palla, i bambini che giocano spensierati, le donne
che passeggiano con le carrozzine, gli uomini d’affari al telefonino e
quelli che leggono il giornale.
Abbiamo seguito i
cambiamenti del colore del cielo durante le varie fasi del giorno.
Tu ti sei addormentato
con la tua testa candida sulla mia spalla, ormai debole come cartapesta, ma
sempre ampia quel tanto che basta perché tu ti ci possa appoggiare.
Le mie dita che ormai
tremano un po’, ti hanno riportato alla realtà accarezzandoti teneramente
una guancia ruvida.
Non ci vedo più molto
bene, ma riconosco ancora perfettamente ognuna delle tue espressioni.
Forse perché le conosco a
memoria.
Nel pomeriggio Ayako e il
piccolo Riuji sono venuti a trovarci.
Mi sembra ancora così
strano che Aya sia una nonna!
Certo i lunghi capelli
ricci, che ora porta a crocchia sul capo, le tolgono almeno dieci anni, ma
sul suo volto il passare del tempo è marcato inesorabilmente.
Come sul tuo, amore mio.
Ogni ruga, ogni segno
sulla tua pelle mi ricorda un nostro momento insieme.
Siamo sempre stati
insieme.
Non mi sembra neanche
così strano dividere con te anche questa tappa fondamentale dell’esistenza.
Sai, credo che siamo
stati fortunati a non finire in casa di riposo come Akagi e Kogure…
Dopotutto non avere una
famiglia serve a qualcosa!
E poi avevamo messo da
parte un bel gruzzoletto in America; bisogna dire che i cachet dei giocatori
dell’NBA è decisamente alto…
Mito è da un po’ che non
viene a trovarci.
Non si è mai ripreso
dalla morte di Mitsui.
D’altro canto, doveva
aspettarselo.
Quello era troppo
scapestrato!
Spesso dimenticava di
avere settant’anni, e si dava a cose spericolate, come quando a Riuji finì
la palla sulla quercia del giardino di casa di Ryota e lui volle a tutti i
costi arrampicarsi per recuperarla…
Anche io comunque ho
sofferto per lui, mi manca ancora sai?
Era un amico, e gli
volevo così bene!
Senza contare che Mito
per me è come un fratello e divido con lui tutto quello che prova.
Ma con nessuno ho mai
diviso tanto come con te, Kaede.
Ti guardo.
Mi stai sorridendo.
Sei bellissimo, come
sempre.
Sembri persino più
giovane…
Ehi!
Ma SEI più giovane!
Le tue rughe spariscono…
I tuoi capelli stanno
tornando neri..
Io sento il sangue
ruggire di nuovo nelle mie vene, e guardandomi le mani le ritrovo com’erano
il giorno in cui ti ho rivelato il mio amore.
Sono confuso.
Poi li vedo.
*********************
POV RU
Non capisco bene cosa
stia succedendo.
So solo che io ed Hana
dimostriamo di nuovo diciassette anni.
Sollevo lo sguardo e mi
perdo in quello dell’amore della mia vita, che sta fissando un punto alle
mie spalle.
Così mi volto, e
vedo…noi.
I “noi” che eravamo fino
a cinque minuti fa.
I nostri involucri con le
spalle incurvate dal peso di cinquantasette anni condivisi di battaglie, di
gioie, di lacrime e risate.
Ci avviciniamo.
I nostri volti sono
sereni e distesi, come se stessimo dormendo e dovessimo risvegliarci da un
momento all’altro.
Istintivamente, ognuno di
noi accarezza la guancia dell’altro.
La pelle è ancora calda.
Hana mette una mano
aperta sul “mio” petto, e l’altra sul “suo”.
Sorride, mentre la sua
figura assume contorni indefinibili, dato che una luce morbida lo avvolge.
Faccio lo stesso, e
capisco.
I nostri battiti stanno
rallentando, insieme, come due solisti di una melodia perfetta.
Intanto la stanza sfuma
intorno a noi.
Poi tutto tace.
*******************
POV HANA
E così è finita.
Mi volto alla mia destra
e trovo Kaede che fissa i nostri corpi, stretti nell’ultimo abbraccio.
Gli cingo le spalle.
Lui mi guarda e mi indica
col capo una porta luminosa che sembra chiamarci.
Gli tendo la mano, e lui
la stringe.
Mentre ci incamminiamo
insieme verso un vero “persempre” sento la sua voce che mi sussurra “Senza
il tuo, il mio non batte”.
* OWARI *
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