I personaggi sono e rimarranno sempre di Akimi Yoshida, come il merito di aver disegnato un manga così bello. La storia si svolge a New York e mi dispiace se ho sbagliato la geografia dei luoghi, ma io non ci sono mai stata e mi sono dovuta affidare a carte geografiche e alla mia fantasia. Chiedo venia anche per qualunque altro tipo di errore o imprecisione che potrebbe esserci

 



Ti sto cercando

di Ash

 

Felice.

Stando con te, mio caro Eiji, ho imparato ad esserlo. Per la prima volta in tutta la mia vita ho provato qualcosa di buono. Non credevo che fosse possibile, non mi credevo più in grado di provare dei sentimenti. Fino al giorno in cui ti incontrai non ero altro che un bambolotto vuoto, usato da tutti, che cercava invano la libertà. Ma come può una bambola di plastica ottenere la libertà? Per cosa, poi? Prima di te non avevo nulla per cui rischiare veramente tutto. Niente per cui valesse la pena essere libero.

Mi hai dato molto di più di quanto tu possa immaginare.

Mi hai donato l'umanità.

Quante volte credi che mi sia sentito un ragazzo normale, prima di incontrarti? Al massimo potevo fingere di essere così, come mi sono sempre atteggiato da duro. Tu hai saputo leggere in me ciò che ho tenuto a tutti nascosto.

Hai letto il mio dolore.

Lo ammetto, non sempre mi è piaciuto e, alcune volte, mi sono pure arrabbiato, però è stata la cosa più bella che qualcuno abbia mai fatto per me. Sei l'unico che abbia compreso la mia fragilità e che mi abbia sempre sostenuto. Te ne sarò per sempre debitore.

So che il periodo che hai passato qui in America per te è stato un inferno. Dopotutto, la vita in Giappone deve essere molto diversa. Per questo ho deciso di mandarti via, lontano da me, anche se contro la tua esplicita volontà. Non volevo per perdessi ancor di più l'innocenza che ti contraddistingue da tutti gli altri.

Negli ultimi tempi in cui eri qui, mi sono accorto di dipendere completamente da te e di non poter sopportare la più piccola lontananza tra noi. Così ho cercato di tenerti il più vicino possibile a me, comportandomi con un vero egoista. Questo è stato il mio più grosso errore.

Ho rischiato di farti uccidere.

L'ultima cosa che vorrei è il tuo dolore. Darei la mia stessa vita per te.

Ora soffro, ma sono più sollevato. Tu non rischi più la tua preziosa vita e so che starai benissimo a casa tua non appena avrai dimenticato tutto ciò che hai passato. Non appena ti sarai scordato di me.

Dimenticami e vivi la tua vita senza tutte queste preoccupazioni. Fallo, perché non riuscirei a vivere sapendo d'averti fatto solo del male.

Per quanto riguarda me, me la saprò cavare, anche se, ora più che mai, Dino Golzine è potente.

Venderò cara la pelle.

Abbi sempre cura di te,

Ash

 

21 FEBBRAIO WXYZ- APPARTAMENTO DI Manhattan ORE 21:30

La gioia dei compagni di Ash si era protratta allungo durante tutta la giornata. Avevano girato per la città in macchina e in moto, facendo casino e riuscendo a divertirsi veramente, come non succedeva da molto.

Quella mattina, saranno state le quattro, Ash Lynx, conosciuto come il demone bianco, era riuscito finalmente ad eliminare Dino Golzine. Il piano per uccidere il boss era stato curato nei minimi dettagli da molto tempo ed era stato finalmente portato a termine alla fine di una festa dove Golzine era l'ospite d'onore. Un colpo in piena fronte. E Ash era uscito indenne dallo scontro. Dopotutto non è così difficile uccidere un vecchio senza alcun tipo di difesa, durante un party in cui è proibito il possesso d'armi. Naturalmente la festa era stata organizzata dallo stesso Ash, sotto il nome del minore dei fratelli Lee, ucciso in gran segreto pochi giorni prima. Il corpo, probabilmente, non verrà mai più ritrovato.

Però il biondino non era affatto felice. Avrebbe voluto avere il suo Eiji vicino, mentre, invece, questi si trovava aldilà dell'oceano inconsapevole di tutto. Era passato poco più di un mese da quando lo aveva messo, drogato, su un aereo per il Giappone e ce lo aveva spedito. La lettera colle spiegazioni gliela aveva mandata solo più tardi.

Ora che era tutto finito desiderava più che mai stringere tra le sue braccia quel ben giapponese dall'aria tanto infantile che l'aveva colpito al primo sguardo.

Chiuso nella sua stanza del nuovo appartamento pensava a lui, mentre, nella stanza accanto, i suoi compagni ancora festeggiavano, bevendo birra e super alcolici e ridendo felici e ormai spensierati. Ash aveva dato loro l'ordine di non disturbarlo per nessun motivo perciò non si stupiva che nessuno entrasse a portargli qualcosa da bere, anche se, ormai, aveva la gola piuttosto secca. Non si sentiva affatto in vena di festeggiare.

Dall'altra sala provenne il rumore delle squillo del telefono e riuscì a sentire Alex rispondere e gridare entusiasta "IBE!!" stupito allo stesso tempo.

Ibe...da quanto tempo non lo sentiva né aveva sue notizie. Era calato il silenzio tra tutti, così riuscì a sentire Alex dire:

<Mi dispiace, ma il capo non vuole essere disturbato...>

A quel punto Ibe doveva stare urlando, perché Ash riuscì a sentire la sua voce, anche se non riusciva a comprendere ciò che diceva.

<...ho capito...si...si...me lo hai detto che è importante...però...>

Ash decise che quello che Ibe voleva dirgli era davvero importante e che, con molte probabilità, riguardava Eiji, perciò uscì dalla stanza e andò verso Alex porgendo la mano per farsi dare la cornetta.

<Ha cambiato idea...ora te lo passo...>

Ash prese in mano il telefono e fece segno agli altri di lasciarlo un momento da solo. Senza osare contraddirlo uscirono tutti velocemente dalla stanza.

<Cosa è successo?> chiese immediatamente Ash

<Sarò diretto: Eiji è sparito>

<Cosa!?>

<E' scappato di casa circa una settimana fa, senza lasciare nessun biglietto. La polizia lo sta cercando, ma io credo che stia cercando di venire da te. Anzi, potrebbe essere già in America>

<Maledizione! Ma non dovevi badare a lui!?>

<Si, però...vedi...sono successe delle cose in questo mese...cose non molto belle...>

<Di che si tratta?> cominciando a preoccuparsi molto seriamente.

<Non ha mai perdonato né a me né a te l'essere stato rispedito in Giappone. Sai che, appena vi siete conosciuti, sei venuto a sapere che era in depressione per via dello sport? All'epoca la cosa non era molto grave. Da quando gli ha mandato la lettera le cose sono peggiorate. Non era più lui. Non mangiava e, dopo un po', è stato ricoverato in ospedale. Non che ciò l'abbia aiutato a riprendersi, anzi...direi che era peggio di prima. Era come un vegetale. Ho provato più volte a farlo ragionare, ma lui si comportava come se non ci fossi, e lo stesso faceva con tutti. É arrivato al punto in cui non riusciva a reggersi in piedi da quanto debole era. Stava molto male e ho paura che gli sia successo qualcosa di molto brutto dalla sera in cui è scappato>

<E non potevi dirmelo prima!?>

<E cosa avresti fatto? Stavi sistemando i conti con Golzine e questa faccenda...insomma....te lo dico ora perché quella cosa è risolta...>

<Questo è più importante di Golzine!! Pensa se lui fosse arrivato qua e quello fosse ancora in circolazione: non avrei avuto modo di proteggerlo! E poi mi spieghi come avrebbe fatto a scappare se non si reggeva neanche in piedi!!??>

<Questo non lo so, ma non è necessario che ti arrabbi. Oltretutto non siamo nemmeno certi che sia partito per l'America, anche se conoscendolo potrebbe fare questo ed altro>

<Ho capito. Chiederò a Max di controllare le liste dei passeggeri di navi e aerei di questa settimana e lo cercherò nei posti di qui dove potrebbe essere. Tu tienimi aggiornato se scopri qualcosa>

<Lo farò. A presto>

<Si>

E riagganciò il telefono preoccupato come non lo era mai stato in vita sua.

 

22 GENNAIO- UNA PARTE IMPRECISATA DI N.Y. ORE 01:16

Era stanchissimo. Aveva girovagato per quell'immensa città per tutto il giorno, ma non era riuscito a trovare nessuno dei posti che conosceva e, ancor meno, qualcuno il cui viso non fosse nuovo. Ed erano tre lunghi giorni che si trovava lì. Stava finendo i soldi e non aveva mangiato nulla da 48 ore a questa parte. In più aveva molto freddo e non riusciva più a camminare, né a formulare qualche pensiero coerente. Si sedette su una panchina della via illuminata da rari lampioni, pronto a non rialzarsi più, ben sapendo che, con tutto quel freddo, la sua situazione non sarebbe affatto migliorata. Anzi, se gli andava di lusso non sarebbe morto assiderato. Era stato uno sciocco a scappare in quel modo, senza portarsi abbastanza soldi- ne aveva avuti solo per un economico biglietto aereo e qualche scarno pasto- e almeno un cambio di abiti. Ma non ce la faceva più stare rinchiuso in quell'ospedale a sentire i medici ripetergli di mangiare e Ibe dirgli che Ash aveva ragione e che avrebbe dovuto dimenticarlo, mentre i suoi unici pensieri erano rivolti a lui e quella atroce lontananza lo stava uccidendo. Non poteva vivere senza Ash. Lo amava troppo per rinunciare a lui in questo modo.    

Una macchina frenò bruscamente davanti a lui e un uomo si sporse dal finestrino. Doveva avere circa quarant'anni, con pochi capelli sulla testa e l'aria di chi ha bevuto troppo.

<Hey, ragazzo! Me lo fai un servizietto? Pago bene...>

"Cosa...? Vuoi vedere che mi ha preso per..."

<Sei carino. Sali in macchina. Ti porto al caldo>

"Al caldo...magari... qua fuori fa veramente freddo..."

<Scommetto che hai freddo. Su, vieni...ci penso io a scaldarti>

In quel momento l'unica cosa che Eiji seppe fare fu alzarsi dalla panchina e raggiungere la macchina, per salire a bordo. Sapeva ciò che quel tizio voleva da lui, e il suo orgoglio gli diceva di rifiutare, ma non sopportava più il freddo, la stanchezza e la fame che da giorni lo attanagliavano. Doveva sopravvivere per incontrare Ash e, anche se poi se ne sarebbe vergognato, quello era l'unico modo che aveva per guadagnare dei soldi in fretta.

"Una volta sola...una volta sola..."

L'auto sfrecciò per le vie di New York fino ad un palazzo, dove si fermò.

<Vieni, casa  mia è al terzo piano> lo incitò l'uomo aprendogli la portiera per farlo scendere.

Tremante, Eiji lo seguì dentro l'edificio e su per le scale. C'era odore da marcio in quel sudicio posto ed ora avrebbe senz'altro preferito stare al freddo piuttosto che fare ciò per cui l'avrebbe pagato.

Gli era già successo una volta, con Papa Dino e quel Lee, di trovarsi in una situazione simile, legato al letto sotto le loro "effusioni", e si era sentito sporco, ma non aveva provato vergogna. Perché non era stato lui a decidere, a volerlo, e non gli era piaciuto. Ora che stava per prostituirsi di sua iniziativa aveva il terrore di non riuscire più a guardare in faccia Ash, di vergognarsi di sé stesso. Il biondino, per quanto volte l'avesse fatto, c'era sempre stato obbligato e mai aveva deciso che quella era l'unica via. Mentre Eiji si era arreso e aveva seguito il primo porco che gli aveva proposto dei soldi "facili" e "sicuri". Che poi non c'era nulla di facile e sicuro.

"Ne vale davvero la pena?" si chiese mentre il tizio apriva la porta della sua stanza e lo faceva entrare.

Si guardò un attimo in giro. Era un monolocale, con un letto matrimoniale in un angolo, un armadio e un cucinino dall'altra parte della stanza. Lì affianco c'era una porta che doveva dare sul bagno.     

Sentì le mani dell'uomo su di lui e si irrigidì.

<Che aspetti a spogliarti?>

"No..." non poteva farlo

<No...> sussurrò.

<Cosa?> chiese l'uomo che non aveva capito bene e cercava di togliergli i pantaloni.

Con una mano Eiji lo bloccò e ripeté la negazione a voce più alta e decisa.

<Mi prendi in giro? Ormai ti ho portato fino a qui e devi fare tutto ciò che io voglio!>

<Lasciami! Voglio andarmene...> cercò di divincolarsi.

<No, tu non te ne vai prima di aver finito!>

<Mollami!>

Lo colpì con un calcio al linguine. Il tizio gridò di dolore e mollò la presa. Eiji si allontanò da lui raggiungendo la porta, ma, prima che potesse uscire, gli arrivò un pugno in pieno viso. Vide tutto bianco intorno a se e cadde a terra come un cencio. Era debole, si sentiva distrutto, ma il suo istinto lo obbligava a muoversi, urlandogli di scappare da quel posto. Riuscì a mettersi carponi, ma un calcio sullo stomaco gli stroncò il respiro, facendolo a cadere addosso ad un mobiletto lì affianco, che gli si ribaltò addosso. Riaprì gli occhi dolorante e vide, a pochi centimetri dalla sua mano destra, un portafoglio. Lo afferrò senza pensarci due volte, proprio mentre l'uomo gli toglieva di dosso il mobiletto e lo metteva violentemente in piedi. Nascose il portafoglio nella tasca della giacca e i preparò ad essere colpito di nuovo.

<Stronzo di un giapponese!!> lo sbatté con tutta la forza che aveva in corpo contro il muro e, accecato dalla rabbia, aprì la porta d'ingresso e lo buttò fuori di malagrazia.

Eiji non si rese nemmeno conto di trovarsi fuori dalla stanza fino a quando non riaprì gli occhi. Il dolore che aveva ovunque gli imponeva di stare fermo. La testa gli girava ed era certo di sentire del liquido scorrergli lungo il collo. Probabilmente sangue. Era così stanco e debole. Ora voleva solo lasciarsi andare. Così si lasciò avvolgere dalle tenebre senza fare nulla per impedirlo.

Quando riaprì gli occhi non si trovava più nel corridoio, ma in un confortevole letto di una bella stanza illuminata dal sole. Scostò le coperte e si mise seduto, incurante del dolore allo stomaco e alla testa. La camera era bianca, linda, senza nessun vestito sparso in giro. La finestra era grande e si poteva vedere la città dall'alto. Doveva essere come minimo al quarto piano di un grande edificio. I suoi vestiti era appoggiati con cura su una sedia, mentre addosso aveva solo i boxer. 

La porta d'ingresso si aprì ed entrò un ragazzo di circa vent'anni. Era bello, con corti capelli neri, occhi scuri, alto, l'aria allegra. Eiji ne fu subito colpito. 

<Allora ti sei ripreso> constatò sorridendo.

<Già>

<Hai fatto un'enorme sciocchezza a voler fregare il vecchio Jerry. Hai visto come ti ha ridotto, no?>

<Come sono finito qua?>

<Ti ci ho portato io, che domande. Sono tornato tardi da lavoro e ti ho visto svenuto e ridotto in uno stato pietoso. Dall'appartamento di Jerry provenivano le sue urla contro un ragazzo giapponese molto difficile, così ho capito che eri tu. Se ti avessi lasciato lì avresti fatto una brutta fine>

<Grazie>

<Hai fame? Ho giusto fatto ieri la spesa>

"Fame? Da quanto è che non mangio?"

<Ti preparo qualcosa> disse senza aspettare una risposta.

<Non so se voglio mangiare>

<Scherzi? Se non mangi quando cresci?>

Si diresse al cucinino e cominciò a trafficare ai fornelli.

<Mi sai dire dove siamo?>

<Nell'Upper West Side, proprio vicini a Central Park. Conosci qualcuno qui?>

<No> sospirò

<E allora come mai sei venuto?>

<Sto cercando una persona>

<E questa persona dove sta?>

<Potrebbe essere ovunque, a dir la verità. Prima che me ne andassi, il mese scorso, stava a Chinatown>

<Chi è? Magari lo conosco.>   

<Ash Lynx>

<Ne ho solo sentito parlare. É il capo di una banda, dico bene?>

<Esatto>

<E come mai lo stai cercando?>

<E'...un mio amico> mentì.

<Però, a quanto pare, ti sei perso>

<Non conosco bene la città. Non l'ho mai visitata tutta>

<Ti sarà un po' difficile trovarlo se non sai dove andare. Tieni> e gli porse un piatto con dentro del cibo.

Eiji lo prese e cominciò a rimirarlo come se fosse nelle sue mani solo per fare esposizione, senza alcuna intenzione di mangiare, troppo intento a crogiolarsi nei suoi problemi. Come avrebbe fatto a trovarlo? Questa suo enorme pazzia aveva un senso? Aveva sentito per i vari notiziari della morte di Papa Dino e della sparizione del giovane Lee, però si immaginava che quegli non fossero gli unici nemici di Ash e che ce ne fosse qualcuno pronto a colpirlo. Poteva essere pericoloso girare a New York senza un'arma...non che lui sapesse sparare...ma almeno si sarebbe sentito meno indifeso, Certo che, di questo passo, non sarebbe arrivato a capo di nulla.

Il ragazzo, spazientito dal fatto che non toccava cibo, si sedette sul letto affianco a lui e disse:

<Non so se hai notato che hai un aspetto orribile, almeno oggi. Sei pallido come un cencio, coperto di lividi, le labbra tendono ancora al viola, hai l'acetone e questa notte l'hai passata con qualche linea di febbre. Tu sei indubbiamente un bel ragazzo, ma se non ti curi un po' di più finirai per rovinarti per sempre. Scommetto che hai passato dei momenti molto brutti e che non tocchi cibo da giorni- e non dire di no perché si vede benissimo- perciò o tu ora mangi e poi vai a farti un bagno, oppure sarà costretto ad imboccarti e a metterti nella vasca a forza. E poi...in questo stato come pensi di riuscire a trovare il tuo amico?>

<Parli come i medici>

<Lo so, e mi dispiace>

Lo fissò negli occhi e, accortosi di non averlo convinto affatto, sospirò e disse:

<Ti faccio una proposta: tu promettimi di prenderti cura di te ed io ti aiuterò a trovare questo Ash. Io ci sono nato a New York e la conosco bene. Ti sarò d'aiuto. Accetti?>

Eiji non poteva credere alle sue orecchie! Quel ragazzo, di cui non sapeva neanche il nome, si stava preoccupando per lui che, per quanto ne sapeva, poteva benissimo essere un poco di buono. E, in più, aveva promesso di aiutarlo, a patto che si trattasse meglio. Ma chi poteva essere per avere una tale bontà d'animo? Di persone così generose al mondo se ne incontrano poche, possibile che lui, che di sfortuna addosso ne aveva parecchia, avesse trovato un ragazzo così bendisposto nei riguardi di un ragazzo giapponese di cui non sapeva nulla e che la prima volta che l'aveva visto era svenuto su un corridoio coperto di botte? Di uno che, da quel che aveva capito, era gay e faceva marchette. Non che fosse vero, ma lui non poteva saperlo.

Ancora incredulo gli porse la mano e il ragazzo gliela strinse sorridendo.

<Mi chiamo Eiji Okumura. Grazie per ciò che fai per me>

<Tom Harris, molto piacere>

 

STESSO GIORNO- HOTEL DI LUSSO SULLA COSTA ATLANTICA

<Volevi parlarmi, Moris?> disse Blanca appena ebbe avvicinato il telefono pubblico all'orecchio

<Ho delle importanti novità> rispose la voce maschile dall'altro capo del telefono <novità che riguardano il giovane Ash Lynx>

<Cosa ti fa pensare che mi importi più qualcosa di lui?>

<Se non gliene importasse nulla, come mai non l'ha ucciso quando poteva?>

<Smettila di parlare a vanvera: mi da fastidio>

<Allora, vuole sapere cosa è successo o no?

<Avanti parla, non farla tanto lunga>

<Il suo "ex" pupillo ha eliminato Papa Dino Golzine e, si presume, anche il giovane Lee>

<Interessante. Era ora che questa storia finisse>

<Ma non è tutto>

<Sai qualcos'altro?>

<Certo, ma la parcella aumenterà appena glielo dirò>

<Se i soldi saranno un problema ti farò un buco in piena fronte, non preoccuparti>

<Il mese scorso Ash rispedì il suo amico giapponese, Eiji Okumura, a casa, dicendogli di non farsi più vivo...>

<Lo so...> lo interruppe l'altro.

<Non sia così impaziente. Il fatto è che Eiji è tornato in America ed è a New York già da 4 giorni. Precisamente nell'Upper West Side in compagnia di un certo Tom Harris. Li ho visto con in miei occhi. Pare che il Giapponese si sia messo in  testa di cercare Ash e che sia scappato dall'ospedale dove era ricoverato in Giappone...>

<Ospedale?>

<Pare che abbia cominciato a non nutristi. Lui voleva Ash...lei non è l'unico a tenere a quel biondino...>

<Non parlare di me come se mi conoscessi>

<Scusi>

<E Ash sa di Eiji?>

<Il signor Ibe, il tipo che era con Eiji, lo ha informato ieri dopo che aveva ucciso Golzine. Però non si sono ancora trovati>

<New York è grande e il giapponese non la conosce>

<Harris ha promesso di aiutare a trovare Ash, per quanto ne so>

<Sai anche se hanno una pista da seguire>

<No. Ma, dato che la maggior parte del tempo che Eiji ha passato qui è stato a Chinatown, è probabile che si diriga lì. In fondo il giovane Sin lo conosce bene e potrebbe aiutarlo>

<Ash dove si trova?>

<Al momento della telefonata di Ibe era in un appartamento a Manhattan>

<E' tutto?>

<Per ora si. Le farò avere la parcella al solito indirizzo di posta elettronica>

<E io la pagherò al solito indirizzo non appena avrò confermato la veridicità delle sue informazioni>

<Addio>

La conversazione fu interrotta.

"E ora cosa faccio?" non poté fare a meno di chiedersi il sicario, che era profondamente attratto dal demone bianco e cominciava a provare della gelosia per quell'assurdo giapponese che sembrava aver aperto il cuore del "suo" Ash,

 

23 FEBBRAIO WXYZ- CENTRAL PARK ORE 17:35

Eiji era stato male tutto il giorno e la sera prima perciò, dato che aveva promesso di trattarsi bene e che Tom non voleva farlo alzare dal letto, era rimasto tutta la giornata fermo in quella stanza, impaziente di poter uscire alla ricerca di Ash. Il suo nuovo amico era rimasto a fargli compagnia fino a tarda sera, quando era uscito per incontrasi con della gente che forse sapeva dove si trovava Lynx, senza successo, Di lui si sapeva solo che aveva ucciso Golzine. Era pur sempre vero che le sue conoscenze non erano strette con il ragazzo, ma aveva sperato in qualcosa di più dato che era una leggenda, ormai. Tuttavia era un po' felice di ciò: avrebbe potuto passare più tempo con quel nuovo e strano ragazzo. Lui non era gay, ma Eiji gli stava molto simpatico e la sua gentilezza era una forza bella e rara a New York. Sentiva d'essersi già affezionato molto a lui, come amico, e non intendeva abbandonarlo prima d'averlo visto al sicuro, La città è un posto pericoloso per chi non ne fa parte e quel ragazzo era un pesce fuor d'acqua nella grande mela.

In quel momento si trovavano a sud Central Park, appena dopo il Central Park Zoo. Tom aveva voluto fargli visitare il parco, dato che, comunque, per andare verso Chinatown si doveva passare lì vicino. Non era molto convinto di volerci andare quel giorno, dato che ormai era tardi, ma sentiva il bisogno di far muovere Eiji dal letto perché, se fosse stato richiuso ancora in quella stanza, era sicuro che gli sarebbe venuto un attacco di nervi e sarebbe scappato.

Il giorno prima gli aveva raccontato della sua vita e lui era rimasto molto colpito dal fatto che praticasse salto con l'asta, anche se diceva d'aver smesso da tempo. Gli aveva anche parlato del tempo che aveva passato con Ash e, anche se non gliel'aveva detto esplicitamente, era sicuro che ci fosse qualcosa tra i due. Aveva capito subito che Eiji non era etero perciò la cosa non lo stupiva più di tanto, dato che anche suo fratello aveva il fidanzato.

<Allora, ti piace?> chiese Tom all'amico appena uscirono dal parco.

<E' molto grande. In Giappone non ce ne sono di parchi così>

<Una volta mi ci sono perso dentro. Avevo cinque anni e vagai lì dentro per tre ore senza trovare l'uscita. Fu un barbone a pormici fuori. In cambio mi ricordo che mia madre gli offrì un pasto completo>

<Allora siete molto particolari tu e tua madre. Non ho mai incontrato nessuno così aperto e disponibile con gli sconosciuti>

<Già. Sai, alcuni ci chiamano sprovveduti, sciocchi, ma a noi va bene così, perché pensiamo che nessuno meriti il nostro disprezzo senza che abbia fatto qualcosa per meritarselo>

<E' un buon ragionamento>

<Naturalmente c'è chi se ne approfitta, però va bene anche così>

Rimasero in silenzio. Eiji aveva una domanda sulla punta della lingua, ma esitava a farla, per non ferire in qualche modo Tom, Però sapeva che prima o poi la questione sarebbe venuta fuori, perciò tanto valeva togliersi subito il dubbio:

<Quando pensi di portarmi a Chinatown?>

Tom si bloccò. Si aspettava una domanda del genere prima o poi, ma non si era preparato a rispondere.

<Avrei dovuto portartici oggi, lo so. Però ormai è tardi e quando saremo là, con il traffico che c'è, sarà buio e non è prudente muoversi con l'oscurità, soprattutto in quel luogo. Ammetto anche d'avere un po' paura ad andarci, perché vi capitano spesso cose brutte>

<Se non vuoi non ti costringo a venire. É vero: è pericoloso. Capiscimi però: non posso rinunciare ad andarci>

<Quel tipo ti ha fatto proprio perdere la testa, eh?>

Eiji arrossì. "Come l'ha capito?" si chiese.

<Senti, sono le sei e qualcosa. Che ne dici se andiamo in un bar a prenderci da mangiare. E' vero che è presto,  ma oggi abbiamo pranzato solo con un panino e ho fame>

<D'accordo. Però domani...>

<Nessun problema. Domani saremo a Chinatown>

E si diressero verso un bar dall'altro lato della strada.

Per Eiji il cibo non era più in grande problema, anche se mangiava ancora poco, e non protestava più durante i pasti. Il fatto che Tom gli avesse promesso d'aiutarlo e che avesse scoperto d'avere un alleato, quando credeva che tutti avrebbero voluto fermarlo, era rassicurante e non aveva più senso la sua forma di protesta.

Ordinarono da mangiare e si sedettero su un tavolo vicino alla grande finestra che dava su una grande strada. Davanti a quella zona del grande bar c'era un palazzo altro e in fase di ricostruzione. Eppure non c'era nessun a lavorare.

Quando arrivarono i loro piatti cominciarono a mangiare affamati parlando, tra un boccone e l'altro di loro e della loro vita. Così Eiji venne a sapere, dopo molti sforzi per convincerlo a parlare, che Tom faceva il poliziotto, ma che era stato deposto dal servizio a tempo indeterminato per alcune faccende poco pulite. Sembrava impossibile che un tipo come lui potesse aver avuto tra le mani degli affari sporchi, ma lui lo rassicurò dicendo che non era nulla di tanto grave. Aveva solo fatto uno stupido errore.

Dopo un po' esaurirono gli argomenti e, mentre Eiji beveva un amaro caffè, Tom guardava fuori dalla finestra, senza qualcosa di preciso. E fu così che lo vide. C'era un uomo al primo piano dell'edificio davanti, con lungi capelli neri raccolti in una coda, alto, colle spalle larghe, indubbiamente un bell'uomo. A parte lo sguardo. Quello era di un pazzo. Fissava loro due...anzi, fissava Eiji con odio. Tra le mani, appoggiato al piccolo davanzale e ben coperto dalla vista dei passanti e di chiunque avesse guardato solo superficialmente, teneva un fucile da precisione. Prima che potesse reagire, lo vide abbassarsi e prendere la mira. Stava per sparare...stava per uccidere Eiji. Si sentì avvolgere da una folata gelida che gli strinse il cuore. Per un attimo la paura lo immobilizzò. Ma lui era un poliziotto e quello un suo amico: non poteva non fare nulla. Si alzò in piedi e, senza cercare di proteggersi, prese l'amico per le spalle per spingerlo di lato.

Fu un attimo.

Non sentì il rumore del colpo appena sparato, ne quello del vetro in frantumi. Avvertì, invece, solo un forte dolore.

Eiji cadde a terra spinto da Tom proprio mentre i vetro si rompeva. L'amico gli cadde addosso privo di sensi. Preso dal panico, come quella volta in cui Shorter morì, e non sapendo cosa fare, lo scosse per ricevere una qualche reazione. Una volta. Due. Niente. Un proiettile bucò il pavimento alla sua destra. Uno gli sfiorò il viso. Lo scosse ancora. Poi lo girò e vide gli occhi spalancati dal terrore, doloranti. Ma, soprattutto, il buco in piena fronte.

Fredde lacrime cominciarono a scendergli lungo le gote, mentre le labbra formavano una strana smorfia e gli si formava un asfissiante nodo alla gola.

<TOOOOOOMMM!!>

Urlò abbracciandolo disperatamente. In quello arrivò l'ennesimo proiettile, che, invece di colpire lui, prese in piena schiena il morto. Eiji alzò il viso e lo vide.

Blanca.

Era stato lui. Lui aveva ucciso Tom!

<FUCKIN BASTARD!!> urlò come se le sue parole potessero colpirlo.

Si accorse che stava per sparare di nuovo e che, questa volta, non lo avrebbe mancato. Come una furia mossa dal dolore e dalla rabbia, si liberò del corpo dell'amico e si buttò a destra, verso altro tavoli. Sentì la vetrata sopra di sé rompersi, ma non seppe mai dove finì il proiettile. Si gettò di nuovo più a destra e, senza fermarsi, riuscì a rifugiarsi dietro il bancone. Era solo: tutti era scappati. Sentì altri spari raggiungerlo, ma non colpirlo.

Vide l'uscita del personale. Era poco più a destra ancora, dietro il bancone. A pochi metri da lui. C'erano le chiavi appesa alla toppa, ma sarebbe morto se avesse perso tempo usandole. Doveva solo sperare che la porta fosse aperta. Era la sua unica speranza. Oppure poteva aspettare la polizia, però...Blanca ne frattempo poteva ucciderlo...oppure la polizia l'avrebbe fermato per interrogarlo e non voleva perdere altro tempo. Era troppo arrabbiato e disperato per ragionare razionalmente. Aveva solo bisogno del suo Ash. Perciò, guidato dall'istinto, si avvicinò carponi alla porta e, dopo aver raccolto tutto il suo coraggio, con uno scatto la raggiunse girò la maniglia.

I pochi secondi che passarono durarono come minimo dieci minuti, nella sua mente. Mentre la porta si apriva sotto il suo frenetico tocco, un proiettile gli passò accanto, ancora una volta vicino alla testa. Senza fermarsi, capendo che una qualsiasi esitazione avrebbe provocato la sua morte, passò oltre e chiuse la porta alle sue spalle con forza. Sentì dapprima alcuni spari, poi solo il suono delle sirene della polizia. E decise di scappare.

 

STESSO GIORNO- CHINATOWN ORE 22:40

Ash era seduto in un bar e sorseggiava della birra. Erano due giorni che cercava Eiji per tutta New York, ma ancora non lo aveva trovato, L'unica cosa certa era che era arrivato in aereo tre giorni prima della telefonata di Ibe e che lo stava cercando. Possibile che ancora non fosse venuto a Chinatown? Sarebbe stata la mossa migliore da fare ed era certa che Eiji, non essendo stupido, lo aveva capito. Che gli fosse successo qualcosa di brutto? In fondo non conosceva la città e, per quanto ne sapeva, poteva trovarsi ovunque. Gli sarebbe stato utile avere un indirizzo di un conoscente di Eiji che lui non conosceva, ma sapeva che era impossibile: le uniche persone con cui aveva avuto un contatto lì erano le stesse di Ash. Era molto preoccupato: Ibe gli aveva rivelato che stava male e era certo che non possedesse molti soldi. Probabilmente li aveva finiti per il biglietto aereo. Sperava che non avesse fato nulla di cui pentirsi.

Allo stesso tempo, però, era ammirato per quello che Eiji aveva fatto. Aveva dimostrato un coraggio che lui, forse, non avrebbe mai avuto. Dopotutto, era scappato in un altro continente, alla ricerca di un ragazzo che poteva essere anche morto, fregandosene del fatto che Lee o Papa Dino avrebbero potuto fargli del male. Ma questa, in fondo, era la sua natura ed anche ciò gli piaceva di lui. Era buono e audace allo stesso tempo; timido, ma a volte deciso; era gentile, ma sapeva offendere. Quanti al mondo come lui c'erano? Di quanti altri si sarebbe potuto innamorare?

In quel momento l'immagine sullo schermo del televisore davanti a lui cambiò e, dal busto di una donna sui quaranta, si passò alla visione dall'alto di un locale distrutto vicino Central Park. Lo speaker cominciò a parlare:

<Erano le sette e cinque minuti quando qui, nel Central Park Bar, un uomo è stato freddato da un colpo di pistola in piena fronte, per poi essere di nuovo colpito alla schiena. Il ragazzo, Tom Harris, di vent'anni, era stato visto in compagnia di un suo amico, un giovane giapponese, dalla cameriera che li aveva serviti. Il ragazzo, probabilmente lui in vero obbiettivo dell'assassino, è scappato prima dell'arrivo della polizia. L'assassino pare si trovasse dentro l'edificio abbandonato situato proprio davanti al bar. É riuscito a scappare, ma un passante dice di averlo visto e ha fornito questo identikit alla squadra investigativa>

Sullo schermo comparve il viso di un uomo che Ash conosceva fin troppo bene: Blanca. Così, quella notizia che sarebbe stata senza senso per molti, era una traccia che portava dritta a Eiji. Doveva trovarlo al più presto: si trovava veramente in pericolo. Se Blanca aveva deciso di eliminarlo era chiaro che da solo non sarebbe riuscito a scappare. Adesso era vivo solo perché quel Harris era stato colpito al suo posto, anche se non capiva come fosse potuto succedere: quello che era stato il suo istruttore aveva una mira a dir poco perfetta e da quella distanza era impossibile per lui sbagliare. A meno che non fosse tranquillo...in quel caso tutto era possibile,

"Chi diavolo l'avrà assunto?" si chiese.

Blanca aveva sempre lavorato per qualcuno, non uccideva per vendetta personale o divertimento...almeno non l'aveva ancora fatto. Chi poteva avercela con Eiji e avere abbastanza soldi per pagarlo? Nessuno che conoscesse. Possibile che stesse agendo per proprio conto? Ma perché poi? Forse era geloso del rapporto tra lui e il ragazzo? Possibile, dato che l'uomo gli aveva dimostrato di non essergli indifferente.

Se era vero ciò...Blanca era un uomo pazzo di gelosia. Avrebbe potuto fare qualunque cosa. Ma lui conosceva meglio Eiji e sapeva che, dato che era riuscito a scappare e che sicuramente si era reso conto del pericolo che stava correndo, si stava allontanando dalla zona. Forse per venire proprio a Chinatown, dove probabilmente avrebbe trovarlo chi l'avrebbe aiutato. 

Dio...quanto voleva riabbracciarlo...sentire il suo respiro...la sua voce...vedere i suoi occhi...le sue labbra...

Non sapeva come aveva fatto a resistere fino a quel momento, ma ora voleva solo tenerlo al sicuro stretto a sé.

Bevve l'ultimo sorso di birra, si alzò e uscì dal bar lasciando i soldi sul bancone.

Se i suoi ragionamenti erano esatti, Eiji si trovava tra l'Upper West Side e Chinatown...non che ciò aiutasse molto. Non se la sentiva, però, di aspettarlo. Non con Blanca in giro, almeno. Doveva avvertire qualcuno che stava a Chinatown e di cui Eiji si fidava di prendersi cura di lui nel caso fosse arrivato. Sin era la persona adatta, sempre che avesse accettato. Ma non poteva mandare nessuno, se non lui stesso, incontro al giapponese. Con il sicario in giro non sarebbe stato affatto prudente e non se la sentiva di rischiare la vita di quei ragazzi in quel mondo.

Si avviò verso la cabina telefonica più vicina e compose il numero di telefono della casa dove stava Sin colla sua banda. Contava di trovarlo lì e ci azzeccò.

<Ash? Cosa è successo?> chiese subito il ragazzo mettendosi in allarme: il demone bianco non chiamava mai nessuno se non per questioni urgenti.

<E' probabile che Eiji si faccia vivo qui a Chinatown tra oggi e domani. Io vado a cercalo nell'Upper West Side. Se lo trovassi dovresti accertarti che stia bene>

<Il giapponese? Ma non lo avevi rispedito a casa?>

<Si> pensò dolorosamente a quell'occasione <ma è riuscito a scappare alla sorveglianza di Ibe e ad arrivare a New York. É qui da prima che uccidessi Papa Dino>

<Accidenti, che tipo testardo. C'è qualcos'altro, vero?>

<C'è anche Blanca e sta dandogli la caccia. Lo ucciderà senza dubbio se non trovo prima>

<Uff...mai un attimo di pace! Va bene, farò sorvegliare Chinatown e ti chiamerò appena lo troviamo, se lo troviamo>

<Bene. Io parto adesso. Per metterti in contatto chiama a questo numero> e gli diede il numero del cellulare che aveva fregato giorni prima.

<Ci vediamo>

E la telefonata venne chiusa là.

 

24 FEBBRAIO-  STRADA PER CHINATOWN ORE 00:15

Eiji camminava nascosto dalle tenebre, ancora tremante per ciò che era successo. Non poteva credere che Tom fosse morto. A causa sua. L'aveva salvato rimettendoci la sua stessa vita. Era la seconda volta che qualcuno veniva ucciso per colpa della sua stupidità. Non poteva sopportare quest'orrore. Non da solo. Voleva Ash. Voleva stringerlo a se, sentirlo, ricevere quel suo affetto che, purtroppo, non era mai andato oltre l'amicizia.

Sospirò. No, non doveva abbattersi così, ma essere forte. Si era reso conto di correre un grave pericolo, che Blanca non era un tipo d'essere preso sottomano...persino Ash aveva avuto paura di lui. Doveva scappare, raggiungerlo a Chinatown, o dovunque si trovasse. 

Se avesse avuto un po' di soldi avrebbe potuto comprarsi un biglietto della metropolitana e arrivare presto al quartiere, ma con Jerry non aveva concluso niente e...un attimo! Gli aveva fregato il portafoglio! Si mise velocemente le mani in tasca e ne tirò fuori l'oggetto in pelle scura. Senza esitare lo aprì: oltre alla carta di identità c'erano cinquanta dollari in pezzi da cinque. Bene, si sarebbe potuto permettere il metrò e non avrebbe più dovuto camminare per strada al freddo. Ora doveva solo trovare una stazione.

Una macchina gli passò accanto velocemente. La guardò di sfuggita rendendosi conto che era un taxi. E gli venne un'altra idea, più costosa, ma anche più sicura: perché non chiamare un taxi? Dopotutto, i soldi per pagare li aveva e New York ne era piena anche a quell'ora.

La strada che percorreva non era affatto vuota, c'era gente che gli camminava affianco e molte macchine che giravano. Era ancora presto perché la gioventù andasse a dormire. Perciò non sarebbe sembrato strano se un ragazzo fosse montato su un taxi. Probabilmente non avrebbe attirato l'attenzione di nessuno.

Si mise al margine del marciapiede e cominciò ad agitare le braccia tutte le volte che un taxi passava di lì. Al terzo tentativo uno si fermò e lo fece salire. Non prestò nessuna attenzione al guidatore e montò sul sedile posteriore scandendo la destinazione.

<Chinatown non è piccola. C'è un posto in particolare dove vorresti andare?>

<No, mi porti là. Le dirò io quando farmi scendere>

Il guidatore non gli rivolse più la parola e lui si rilassò sul sedile prendendosi quel riposo che fino ad allora si era negato.        

      

STESSO GIORNO- STESSO LUOGO STESSA ORA

Se l'era lasciato sfuggire. Che errore da principiante! La prima volta aveva mirato bene, ma l'altro si era messo in mezzo ed era morto, salvando l'obbiettivo. Poi non era più riuscito ad avere una mire decente: ogni volta che sparava vedeva davanti a sé Ash e si deconcentrava, Infine, quando ormai era certo di riuscire a colpirlo, il giapponese era riuscito a scappare da quella porta. Come poteva essere stato tanto idiota?

Ma ora non c'era tempo da perdere. Eiji quasi sicuramente si stava dirigendo a Chinatown e anche Ash era sulle sua tracce. Doveva agire prima dell'arrivo del biondino.

Stava percorrendo in macchina la strada più breve per Chinatown, quella che quasi sicuramente anche Eiji stava usando. Con un po' di fortuna e d'attenzione l'avrebbe trovato e, questa volta, non si sarebbe distratto. Doveva eliminarlo una volta per tutte e l'avrebbe fatto anche davanti ad un centinaio di persone, ma aveva bisogno di saperlo morto, di essere certo che Ash non l'avrebbe baciato e toccato come tante volte aveva immaginato di fare lui al ragazzo. Mai avrebbe permesso che il suo cuore fosse occupato da qualcuno che non fosse lui e se Ash non provava nulla nei suoi riguardi di quel genere, allora gli avrebbe impedito di amare qualcun altro.

<Dove potrebbe andare ora Eiji?> si chiese.

E subito pensò al ragazzo cinese che una volta aveva incontrato a casa di Lee e che aveva organizzato la fuga di Ash quando questi era stato prigioniero di Golzine. Sin...

Certamente avrebbe cercato Ash a Chinatown, ma sapeva che non l'avrebbe trovato perché lui sarebbe stato nell'Upper West Side a controllare la zona, resosi conto, avendo ascoltato i notiziari, di ciò che stava accadendo "all'amico". Perciò sarebbe andato a chiedere aiuto a Sin. Non poteva fare altrimenti. Poteva ucciderlo in quella occasione, quando ancora sarebbe stato lontano dalla protezione del demone bianco. Sbarazzarsi di Sin e di quelli della sua banda sarebbe stato un gioco da bambini, forse anche divertente.

 

STESSO GIORNO- CHINATOWN ORE 01:40

<Sin! Eccolo: lo abbiamo trovato!>

Due ragazzi della banda di Sin avevano trovato Eiji non appena questi era sceso da taxi e lo avevano portato al "quartier generale", dove il loro capo stava bevendo birra e facendosi gli affari suoi. Appena il giapponese venne fatto entrare nella stanza che già conosceva, fu accolta di un Sin piuttosto esasperato:

<Era ora che ti facessi vivo! É da giorni che Ash ti cerca>

<Dov'è ora?>

<Nell'Upper West Side. Mi ha avvertito dicendo che probabilmente saresti venuto qua, ma è voluto andare a controllare che tu non fossi rimasto in quella zona. Hai combinato un bel casino>

Gli passò una birra e lo fece sedere attorno al tavolo. Nella stanza c'erano solo loro due, perciò Sin parlò senza esitare:

<Blanca ti sta cercando. Chissà cosa hai combinato perché voglia la tua morte>

<Niente>

<Sei stato un pazzo a voler tornare: adesso potresti essere morto. Lo sapevi che Ash ha ucciso Golzine e Lee?>

<No. Quando è successo?>

<Il 19 o il 21 di questo mese. Hai avuto del fegato a venire qua pensando che quei due fossero ancora vivi>

Rimasero in silenzio per un po', poi il cinese disse:

<E' meglio che chiami Ash, così verrà a prenderti. Non è prudente che tu resti qui con Blanca che ti cerca>

<Non lo è per me o per te?>

Ignorò quest'ultima domanda e si attaccò al telefono.

Eiji ascoltò ciò che disse guardando fuori dalla finestra.

<Ash, era ora che rispondessi! Eiji è qui con me, a Chinatown...sta bene...no, lui non si è ancora visto... per chi mi hai preso, cero che sto facendo tener d'occhio la zona!?>

Un attimo di pausa. Eiji osservò la strada e vide un taxi fermarsi davanti all'edificio. Per un attimo sperò che fosse Ash, anche era impossibile che fosse già arrivato. Guardò l'uomo che stava uscendo dalla vettura e il suo cuore perse un battito. Si allontanò di scatto dalla finestra, terrorizzato.

<Sin...è qui...Blanca è…> disse.

<Cosa!?> si allontanò dal telefono.

<E' appena sceso da un taxi qui davanti. Ne sono sicuro>

<Shit!> poi si riavvicinò alla cornetta e disse velocemente <Muoviti ad arrivare: Blanca è già qui e non so per quanto tempo riuscirò a tenerlo occupato!> Poi sbatté già il telefono e si avviò veloce verso un armadio. Lo aprì e ne tirò fuori una pistola carica. La diede ad Eiji dicendo "prendi bene la mira prima di sparare e non esitare mai" e si affrettò ad armarsi.

<Che facciamo?>

<Tu te ne vai. Scappa e vedi di rimare vivo almeno fino all'arrivo di Ash. La vedi quella finestra? Esci di là e segui la scala antincendio. Muoviti!>

Eiji si diresse verso la finestra, l'aprì e ed usci dalla stanza.

<E tu cosa farai?>

<La vuoi smettere di perdere tempo? Corri! Maledizione, vattene!>

<Non morire>

E cominciò a scendere le scale il più velocemente possibile, conscio del fatto che non sarebbe uscito vivo da un secondo scontro con Blanca.

Si fermò solo per un attimo in mezzo alla strada, giusto in tempo per sentire il suono di un proiettile.

<Sin...>

Sin stava rischiando la vita in quel momento e lui l'unica cosa che sapeva fare era scappare. Cosa non avrebbe dato per sentirsi utile a qualcuno, perché nessuno si mettesse più nei guai per proteggerlo. "Ma che posso fare io?"

Così la vide. Era una casa diroccata, a tre piani, completamente sprangata da assi di legno. Non avrebbe potuto fare molto contro Blanca all'aria aperta, senza protezione, ma quella casa...poteva essere una buona postazione e, se anche lui fosse entrato, avrebbe avuto a disposizione molti nascondigli. Correva il rischio di fare la fine del topo in trappola, ma almeno sarebbe morto facendo qualcosa di utile, per una volta.

Senza pensarci oltre la raggiunse e cercò un'entrata. La trovò sul retro. C'era una finestra dove le sbarre non erano state messe bene e si riuscivano a sfilare in modo tale da permettere l'entrata ad una persona abbastanza piccola. Era perfetta per Eiji, che entrò dopo essersi guardato un attimo le spalle. Blanca ormai doveva essere uscito dall'edificio- "fa che Sin sia vivo, ti prego"- e probabilmente lo stava cercando. Non avrebbe potuto sapere che era entrato in quella casa, a meno che non l'avesse visto. Ma era comunque prudente ideare un piano.

"Se tutte le entrate sono chiuse, per entrare Blanca dovrà romperle, facendo rumore. Per me sarebbe una specie d'allarme, così saprò dove si trova. Ho la pistola, ma non sono molto...portato...ad usarla. Mi serve un'arma che sappia usare bene"

Cominciò a girare per la grande e buia casa facendo il  più piano possibile. Ogni volta che entrava in una stanza, si trovava di fronte ad una grande desolazione, senza contare alle gigantesche ragnatele che cercava in tutti i modi di evitare, non sempre riuscendoci. Quell'abitazione doveva essere disabitata da parecchio tempo e la cosa lo stupiva molto. Era senz'altro meglio dell'edificio dove stava Sin colla banda, perché non aveva pensato ad usarla? Doveva esserci un motivo, e doveva essere anche molto serio. La cosa lo preoccupava un tantino...

Prese le scale verso il basso e le percorse arrivando davanti ad una porta. La aprì con poco entusiasmo, mentre lunghi brividi freddi gli percorrevano la schiena. Aveva paura, ma sapeva che non doveva dare un nome a ciò che lo spaventava, perché, se fino a quel momento era stata solo una sensazione del corpo, capendo cosa l'avesse provocata, anche la sua mente sarebbe stata d'accordo sul fatto di scappare il più lontano possibile. 

Entrò nella stanza, desiderando d'avere una torcia. C'era pochissima luce, che entrava per delle piccole finestrelle a raso del cortile. L'odore di polvere era forte, quasi insopportabile, unito a quello di muffa, di chiuso e di...morto. Quest'ultimo odore sovrastava tutti gli altri, si era ormai impregnato in tutto ciò che c'era in quel luogo. Odore di putrefazione. Faceva venire voglia di vomitare.

Eiji si mise un fazzoletto davanti al naso, non celando una smorfia di disgusto, mentre, a passi lenti e misurati, cercava qualcosa che potesse essergli utile contro il sicario, semmai fosse arrivato. Ma, prima di trovare un'arma, trovò il cadavere. Era disteso supino dietro un tavolo, ormai senza pelle né occhi, mentre alcune mosche gli giravano attorno. Disgustato, Eiji distolse lo sguardo. Era decisamente troppo per i suoi gusti. Sarebbe uscito da quella stanza e sarebbe andato altrove.

Stava per raggiungere la porta, quando una domanda comparì assieme al rumore di assi rotte al piano sopra. "Di cosa è morto? Niente buchi, ne proiettili, e non credo sia morte naturale." Blanca era lì, al piano sopra, lo sentiva camminare, mentre le assi del pavimento scricchiolavano sotto il suo peso, ma questo dubbio non lo lasciava, superava persino la paura. Recuperando un filo di coraggio, tornò indietro verso il cadavere e si accorse che c'era qualcosa vicino al morto. Qualcosa che gli sarebbe stato molto utile.

 

STESSO GIORNO- STESSO LUOGO STESSA ORA

Ash scese dalla macchina senza neanche preoccuparsi di spegnere il motore. Era arrivato solo ora, guidando come un pazzo dall'Upper West Side su una macchina rubata, schivando ben tre incidenti e seminando due volanti della polizia. Eppure credeva di non essere arrivato in tempo. Dove potevano essere Eiji, Blanca e Sin? Non a casa del cinese, sperava, altrimenti avrebbe solo trovato dei cadaveri.

Si guardò un attimo intorno e il suo sguardo si fermò sulla porta della casa abbandonata, quella dove nessuno voleva vivere perché era creduta maledetta. Le sbarre che la chiudevano erano state spezzate. Qualcuno doveva essere entrato e, dato che la sera prima era tutto in ordine. Questo voleva dire che era stato Blanca. Eiji no di certo, almeno.                  

Strinse la sua pistola e si diresse verso l'apertura. Guardò all'interno, ma non vide nessuno. Sentì, però una voce. Voce che assomigliava a quella del suo ex maestro. Proveniva dalle scale che davano verso il basso. Entrò senza esitare e, camminando senza far scricchiolare nessuna asse, seguì quella voce, desiderando solo di potergli sparare.

<Lo so che sei qua, piccolo Eiji. Vieni fuori e non ti farò del male. Devi solo sparire per un altro po' e startene buono lontano dal mio Ash. Lo so che sei qua, non serve che ti nascondi...tanto ti trovo>

"Non dargli ascolto, non uscire allo scoperto" implorava silenziosamente Ash.

Intanto Blanca raggiunse la porta e l'aprì. Quando l'odore di morto lo avvolse, si coprì il viso con una mano.

<Che schifo! Eppure, tu sei qui. Chissà se sopporti bene questa puzza!>

Entrò nella stanza e Ash cominciò a scendere le scale dietro di lui. Lo vide cercare Eiji nella stanza. Aveva in mano una pistola. Doveva agire adesso, prima che lo trovasse. Alzò la pistola, prendendo la mira e...

<Salve, Blanca! Da quanto tempo...>

Blanca si girò, preso alla sprovvista, solo per trovarsi una pistola puntata in piena fronte. Da quella poca distanza, Ash lo avrebbe colpito certamente. Il suo Ash. Morire per mano sua sarebbe stato comunque accettabile, ma prima doveva uccidere quel moccioso.

<Ash...>

<Getta a terra la pistola>

<Spareresti ad un uomo disarmato?> si finse stupito.

<Si. E ora gettala a terra>

<Ti accontento subito>

Blanca non aveva nulla da perdere, perciò decise di tentare una mossa in extremis. Anziché gettare la pistola ai suoi piedi, la gettò addosso ad Ash. Nel momento in cui il ragazzo si spostò per non essere colpito, con un solo calcio, Blanca lo disarmò.

<La situazione si è ribaltata, mi pare>

Lo colpì in pieno stomaco con un destro lancinante. Ash si piegò in due dal dolore l'uomo ne approfittò per colpirlo nuovamente, facendolo cadere a terra. Poi gli puntò la pistola addosso.

<Chiama il tuo amico. Digli di venire fuori. Digli che se non viene io ti ammazzo>

Non aprì bocca. Non aveva intenzione di consegnargli il ragazzo che tanto amava.

<Stupido. Sai, io non voglio veramente ucciderti, ma di questo passò sarò costretto a farlo. E sai bene che lo farei>

<Perché?>

<Cosa? Il piccolo genio non ha ancora capito!? Bene, ti spiego tutto subito. Io ti amo, Ash Lynx, e vorrei stare con te per sempre. Però tu ami quello stupido ragazzino. Che fare, allora, se non ucciderlo. E chissà che dopo non mi venga voglia di uccidere anche te. Ti amo, si, ma so che non potrò mai averti>

Stupito. Sapeva di piacergli almeno un po', ma da qui all'amore...la strada è lunga.

<Tu sei pazzo>

<Forse, ma non posso vivere sapendovi insieme>

<Noi non stiamo assieme>

<Adesso, ma appena vi sarete ritrovati non vi separerete mai più>

<E chi ti dice che anche lui ami me?>

<Se non perché sarebbe venuto fin qua. E, comunque, per me non fa differenza che lui ti ami o meno. Io voglio ucciderlo perché sei tu ad amarlo. Sarai tu la causa della sua morte. Ora, fallo venire fuori>

<No.>

<VALLO VENIRE QUI, HO DETTO!!>

<NO!>

<Benissimo. Vorrà dire che morirai tu per primo>

Avvicinò il dito al grilletto e cominciò a fare pressione. Il colpo stava per partire, quando il suo corpo cominciò a muoversi, come scosso da violenti brividi.

Ash vide i suoi occhi farsi bianchi, i suoi muscoli irrigidirsi e la bava cominciare ad uscire dalla sua bocca. Contemporaneamente cominciò a sentire un forte odore di carne bruciata e il suono dell'elettricità che gira. Piccole scosse blu cominciarono a farsi vedere attorno al corpo di Blanca. La pistola, ancora stretta nella sua mano minacciava ancora di sparare, ma era puntata altrove, nella stanza.

Era uno spettacolo orribile. Blanca stava morendo così, davanti ai suoi occhi, e lui non riusciva a capacitarsene. Cosa gli stava succedendo?

Finalmente, dopo alcuni minuti, il suono dell'elettricità si interruppe e Blanca si accasciò a terra, morto. Il suo corpo, però, ancora si muoveva violentemente, percorso dalle scariche. In piedi dietro il cadavere, Eiji teneva in mano una grossa pinza collegata ad un filo dell'alta tensione.

<Eiji...>

Ash non poteva credere ai proprio occhi. Si alzò in piedi proprio quando il giapponese cadde a terra, in ginocchio. Gli si avvicinò di corsa, preoccupato, ma felice di vederlo. Lo abbracciò togliendogli di mano l'arma. Tremava con una foglia, ma era troppo scioccato per piangere.

<...l'ho ucciso...> sussurrò solo.

<Va tutto bene, non preoccuparti> lo consolò l'altro.

<Ma io...>

<Non avevi scelta. Per fortuna stai bene>

<Ash>

Invocando il suo nome lo strinse forte attorno a se. Finalmente lo aveva trovato. Finalmente lo sentiva di nuovo. Finalmente poteva sentire il suo profumo, la sua pelle, vedere il suo occhi, ascoltare il suono della sua voce, cibarsi dell'affetto che gli mostrava.

<Mi sei mancato tantissimo...>

Riuscì solo a dire prima di lasciarsi svenire tra le sue braccia.

Quando ciò accadde, Ash se lo strinse di più addosso, non accorgendosi di stare piangendo. Era felice. Eiji era lì con lui e, sebbene avesse perso i sensi, stava bene. Non era ferito, non era morto. Il suo respiro e il calore della sua pelle ne erano le prove. Quanto gli era mancato. Quanto aveva sognato il momento in cui l'avrebbe stretto ancora tra le sue braccia. Aveva un disperato bisogno di lui. Ora che era tornato si rendeva conto che, per tutto quel mese, non aveva fatto altro che impegnarsi fino all'osso del collo pur di non sentire il peso lacerante della sua mancanza distruggerlo.

<Ti starò sempre accanto>

Disse, prima di prenderlo in braccio e portarlo fuori da quella casa maledetta.

 

DUE GIORNI DOPO- CHINATOWN ORE 23:57

Ash entrò nella camera dove Eiji stava dormendo e si sedette sull'orlo del suo letto. Lo guardò un attimo dormire tranquillo, poi cominciò ad accarezzargli la testa. Piano, Eiji aprì gli occhi per godersi appieno quelle carezze così rassicuranti ed amorevoli.

<Scusa, non volevo svegliarti> si scusò Ash

<A me fa piacere che tu l'abbia fatto, invece> rispose l'altro mettendosi seduto vicino ad Ash.

<Come stai?>

<Meglio>

<Mi hai fatto preoccupare molto>

<Scusami, non volevo>

<Hai rischiato troppo venendo a New York>

<Non riuscivo più a sopportare di starti lontano> arrossì violentemente.

<Saresti potuto morire>

<Anche tu. E, comunque, meglio morire cercando di starti affianco piuttosto che vivere sapendoti perso>

Ash lo abbracciò e continuò:

<Non dire queste cose. Farai di tutto perché non ti accadesse qualcosa di male, a costo di tenerti lontano da me, a costo di soffrire io stesso>

<Ma così soffrivamo entrambi. Ash, io voglio starti per sempre vicino. Non mandarmi più via. Qualunque cosa accada io voglio rimanere con te>

Ash sciolse l'abbraccio di pochi centimetri, sufficienti per guardare Eiji negli occhi. Era tutto rosso in viso, ma non abbassò lo sguardo. Adesso voleva quell'amore che per un mese e più aveva solo sognato, desiderato. Quell'amore che gli aveva fatto commettere pazzie enormi, ma giuste. Pazzie senza le quali sarebbe impazzito. Voleva quell'amore di cui solo il pensiero era riuscito a tenerlo in vita.

Così lo baciò.

Baciò Ash con tutto l'affetto che provava e lui rispose dando prova d'amarlo allo stesso modo. Sentì una mano tornare ad accarezzargli i capelli, mentre un'altra era ferma sul suo petto.

Quel bacio...da quanto tempo entrambi avevano bramato di impossessarsi delle labbra dell'amato, rimandando sempre! Non potevano aspettare. Così la lingua di Ash cominciò a giocare con quella di Eiji, mentre i loro corpi ribollivano di quella passione che avevano sempre repressa e le loro virilità si eccitavano.

<Ti amo> riuscì a dire Eiji, in un momento di respiro <Non posso vivere senza di te>

<Eiji...darei la mia stessa vita per te da quanto ti amo>

Poi tornò a baciare quelle labbra così soffici e saporite, per poi passare a posargli teneri baci sul collo, fino alla spalla e poi di nuovo su fino all'orecchia.

Eiji non poteva credere che stava succedendo. Era così felice, bramoso, eccitato...voleva il suo Ash più di qualsiasi altra cosa al mondo e si lasciò cadere in un turbinio dei sensi, mentre un'ondata di piacere lo colpiva e sommergeva fino a fargli perdere la ragione.

Ash velocemente si tolse la maglietta, mentre Eiji non la smetteva accarezzarlo lungo la schiena e di baciarlo ovunque. Poi, tornato a baciare quella pelle così liscia e vellutata, gli tolse la camicia e lo spinse disteso sul letto.

<Ash...>

Non era un'invocazione che pretendeva una risposta, tuttavia lui si fermò e tornò a baciarlo sulle labbra, come prova del fatto che stava pensando solo a lui.

<Se non lo vuoi...basta che dici ...di no...> sussurrò Ash al suo orecchio

<Do'hao...certo che...lo voglio>

Non perse tempo a chiedergli cosa significasse quell'espressione giapponese. Tornò a posargli baci sul petto, tracciandone una scia fino al ventre, ne posò uno sull'ombelico e ritornò su, per cominciare a stuzzicare il capezzolo destro. Ne baciò il contorno, per poi passare la lingua sulla punta ormai indurita. Eiji gemeva di piacere ai suoi baci, mentre le sue mani si erano soffermate sui capelli di Ash e sul suo collo, accarezzandolo ovunque arrivassero.

Colla lingua, Ash fece una scia fino al capezzolo sinistro, dove ripeté la stessa operazione. Scese ancora baciandolo fino all'ombelico, mentre le mani andarono sui bottoni dei suoi pantaloni, aprendoli e sfilandoli. La stoffa dei boxer di Eiji era così tirata che minacciava di rompersi da un momento all'altro. Ash passò una mano sull'indumento, mentre l'eccitazione s'induriva ulteriormente a quel tocco. Eiji per poco non gridò preso alla sprovvista, ma gemette forte quando il ragazzo gli sfilò i boxer e cominciò una dolce tortura colla lingua. Dapprima baciò l'interno coscia, procurando brividi per tutto il corpo al moretto, che ormai non riusciva più a trattenere le urla di puro piacere. Poi colla lingua passò e si soffermò sui testicoli, disegnando dei piccoli cerchi.

<A..Ash...muo...viti> gemette Eiji.

Ash cominciò a passare la lingua su e giù per la virilità dell'altro, soffermandosi a baciare le parti dove era più sensibile. Eiji arcuò la schiena quando lui, finalmente, si decise a prenderlo interamente in bocca e guidò la sua testa su e giù, ritmicamente, fino a che il piacere che provava passò quella sottile linea e venne nella sua bocca, svuotandosi.

Ash bevve quel liquido e tornò a baciare passionalmente Eiji, che rispose colla stesso entusiasmo.

<Non ti fermerai mica, spero> disse

Ash sorrise e lo baciò di nuovo mentre il giapponese cominciò a togliergli i pantaloni, ormai soffocanti. Prima che riuscisse a togliergli anche i boxer, Ash tornò giù a baciare l'asta di nuovo rigida e si tolse l'ultimo indumento. La sua virilità pulsava come non mai e non gli dava pace. Doveva concludere ciò che aveva iniziato o sarebbe impazzito.

<Lo vuoi sul serio?> chiese come ultima conferma

<Ti sembrano domande da fare adesso!?> Ok, era un si.

Senza esitare oltre, ma pur sempre con un certo riguardo, lo penetrò con un dito. Lo sentì irrigidirsi per il dolore.

<Tranquillo, adesso passa tutto> lo rassicurò baciandolo.

Avvolse di nuovo l'eccitazione con tutta la bocca e cominciò a pompare, a ritmo con movimento del dito. Molto presto aggiunse un secondo e un terzo dito, fino a quando seppe che Eiji era quasi giunto al limite una secondo volta e che anche lui stava per venire. Così tolse le dita e, avvertendo un po' di disappunto da parte di Eiji per l'interruzione, le sostituì con la sua virilità. Eiji si irrigidì nuovamente, ma poi alcune parole dell'amato giunsero alle sue orecchie e si rilassò. Ash cominciò a muoversi su e giù dentro Eiji, mentre colle mani pompava la sua eccitazione, che ormai pulsava all'inverosimile.

Anche lui si sentiva allo stesso modo. Era così eccitato...il suo corpo era invaso da mille emozioni, sentimenti, non era più in grado di controllarsi. Vide gli occhi di Eiji stringersi a fessure dall'enorme piacere. Si mosse ancora e seppe, da un urlo di piacere dell'altro, d'aver trovato quel magico punto. Continuò a muoversi guardandolo arcuarsi sempre più, colla teste ormai piegata all'indietro e le mani che stringevano con forte le lenzuola. Sentiva di non farcela più. Ancora qualche istante e sarebbe venuto. Guardò ancora una volta l'Eiji arcuato ed eccitato sotto di lui e si sentì esplodere. Tutto il calore andò in un unico punto, lì nel basso ventre, ed uscì liberandolo.

Eiji si sentì riempire da Ash mentre lui veniva. Ormai era al limite anche lui, non sarebbe resistito oltre, e si lasciò andare, venendo nelle sue mani. Si lasciò cadere sul letto liberando la schiena da quella posizione. Era sfinito. Ma felice. Sentì Ash uscire da lui e distendersi al suo fianco, coprendoli entrambi. Lo abbracciò baciandolo con le poche energie rimaste.

<Te l'ho detto prima, ma te lo ripeto anche adesso: ti amo, Ash. Tu non immagini neanche quanto>

<Anche io ti amo, oltre l'inverosimile. Non ti abbandonerò mai più>

Si strinsero di più mentre il sonno calava su di loro e li faceva addormentare così come avrebbero sempre desiderato stare: l'uno avvolto nelle braccia dell'altro, a sentire il suo calore fino al mattino.

 

OWARI.

 

Evviva! L'ho finita! Facciamo festa! Questa ff l'ha dedico a Koji, che sta facendo gli esami di maturità. Le ho detto che gliela dedicavo solo se li passava, ma sarà così anche se (poco probabile, se non impossibile) rimanesse in quinta...per consolazione!

Vi piace, non vi piace? Sappiate però che è la prima lemon che scrivo...mi dispiace se è venuta male. E sottolineo appunto il "se". Sapete, la speranza che sia venuta bene c'è sempre...

Un bacione a tutti coloro che l'hanno letta. Accetto commenti di tutti i tipi, perciò fatemi sapere come vi sembra, per favore: è importante per me sapere cosa ne pensiate, quantomeno per migliorare.

Ash.   




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