DESCLAMERS: I personaggi non sono miei ma della brava Yoko Kamio, sperando che quando si accorgerà di ciò che ho fatto, non mi faccia a fette! ç___ç

Per Herika e Daiki, beh… loro sono miei!^^

 

DEDICHE: la dedico a tutti quelli che l'hanno letta e commentata! Una dedica speciale va a Pam-chan e Tesla che l'hanno commentata per prime! Infine alla mia Roby, spero ti piaccia questo ultimo capitolo!^O^

 

NOTE: finalmente dopo tanto tempo eccomi con l'ultimo capitolo. Spero vi piaccia!^^

 

Bacioni Lucy

 


TI AMO SCIOCCHINO 

 

II Parte 

 

di Lucy

 

Non poteva ancora crederci!

Il suo Akira assieme a quel tipo!

Carino e dolce, gli fece ricordare la sua coscienza che neppure dopo otto bicchieri di gin lo lasciva stare. E neppure la sua mente, dato che gli faceva rivedere di continuo il sorriso luminoso, allegro e caldo del biondino.

Quel sorriso che una volta era suo.

Suo!

Quel sorriso era suo, ed ora... ora... ora apparteneva a un altro.

Un altro ragazzo avevo quel sorriso.

Strinse il bicchiere, lo portò alla bocca e lo scolò in un attimo, buttando giù senza remore il contenuto che, fresco, gli fece bruciare i polmoni. Se si ubriacava, forse, avrebbe dimenticato e quel dolore al cuore si sarebbe dissolto.

Lo sperava davvero.

Strinse gli occhi, sigillandoli mentre appoggiava la testa alla stoffa della poltrona e le mani crollavano inermi sui braccioli scuri e il bicchiere cadeva a terra, ma non gli importava.

Tutto il suo essere soffriva.

Stava male.

Non sopportava di sapere il suo... il suo Akira con un altro uomo.

Era inconcepibile.

Quante volte aveva sofferto perché non poteva amarlo?

Tutte le volte in cui faceva sesso con una ragazza.

Sesso.

Solamente sesso.

Non amore.

Con loro era solo sesso perché l'amore l'avrebbe voluto fare con il suo ricciolino, con lui sarebbe stato amore.

E mentre una lacrima scivolava lenta sulla sua guancia, i ricordi di quel giorno gli si presentarono nella sua mente.

 

Rideva con quel tipo.

Come un automa iniziò a pedinare i due ragazzi, che se la ridevano e scherzavano sempre di più.

E lui, nel suo cuore fumava di rabbia e dolore. Un dolore immenso nel vedere Akira così felice, così libero e... e... bello.

Non l'aveva mai visto così, mai, neppure nei suoi sogni più nascosti.

Eppure, ora che aveva scorto quel suo lato... ogni sorriso, ogni carezza, ogni luccichio negli occhi, era una pugnalata al cuore… una vera pugnalata al cuore. Doveva scoprire chi fosse quel ragazzo!

Non poteva credere che quei due stessero insieme, eppure ogni attimo che passava quell'ipotesi diveniva reale.

Il vero e proprio colpo di grazia arrivò un attimo dopo.

Il rosso, quel Daiki come l'aveva chiamato il suo amore proibito, stava appoggiando un braccio sulla vita di Akira per poi stringerlo a sè.

Sperava di vedere partire un bel pugno invece... invece il volto del biondino si volse verso il ragazzo e sorrise dolcemente, in un modo tutto diverso.

In un modo speciale.

Particolare.

Un sorriso... un sorriso d'amore.

E ogni sua più piccola e vana speranza cadde definitivamente a terra quando li vide stringersi di più.

Con il cuore a pezzi ritornò a casa, iniziando a bere per dimenticare, per cancellare quel sordo dolore che non gli dava tregua.

 

La porta del salotto si aprì piano lasciando all'ospite di vedere il suo interno.

La stanza semi-oscura si avvolgeva di un'aria densa di dolore, se lo poteva percepire a pelle. Non si riusciva a vedere bene, eppure alcune forme di mobili e oggetti si potevano intravedere, solo una poltrona era ben visibile dato che stava accanto alla finestra.

E lì seduto, stava Nishikado.

L'ospite entrò piano e chiudendosi la porta alle spalle ebbe l'attenzione del moretto.

Era Herika.

La ragazza indossava dei semplici pantaloni azzurri con una maglia nera, mentre i capelli erano stretti una treccia che si posava sulla spalla sinistra. Con lo sguardo serio si avvicinò alla poltrona, ma il ragazzo, nonostante l'avesse vista, non dava segni di vita, si limitava a guardarla con occhi vacui.

Fece ancora qualche passo e uno strano rumore attirò la sua attenzione, abbassò il volto e vide dei frammenti di vetro.

Non sapeva come comportarsi.

Quel pomeriggio, verso tardi, stava tornando a casa dopo essere stata in biblioteca e per un gioco del destino si era quasi scontrata con due ragazzi.

Uno rosso e l'altro biondo.

I suoi occhi si erano spalancati nello scoprire che il biondino altri non era che il suo amico d'infanzia! Lui fece finta di non vederla e la lasciò stranita. Ancora sotto shock li aveva osservati con occhi perplessi, ma le bastò poco per riprendersi e correre verso la macchina che l'aspettava, ma, proprio quando stava per salire, delle grida divertite attirarono la sua attenzione.

"Oggi sarai mio!"

Si era girata di colpo.

Quella voce non era di Akira, ma del suo accompagnatore, il quale strinse a sè il corpo del ricciolino che, tutto imbarazzato, si appoggiò a lui.

Non doveva accadere.

Solo questo fu il suo pensiero.

Così ordinò a una propria guardia di seguire i due, intanto lei sarebbe corsa dal suo ragazzo.

Ma ora?

Ora cosa avrebbe fatto?

Come poteva dirgli quello che aveva sentito e visto?

Persa nei suoi pensieri non si accorse degli occhi puntati su di sè, solamente la voce cupa di Sojiro ebbe il potere di riscuoterla.

"Cosa vuoi?"

Alzò il viso e i suoi occhi si puntarono in quelli della ragazza.

"Prima... ho incontrato Akira con un rossino..." e si bloccò, notando l'irrigidimento della mascella del ragazzo.

Ci furono attimi di silenzio, poi continuò incerta.

"... li ho visti abbracciarsi, e..." ma non riuscì a terminare la frase, che due mani forti le strinsero le braccia.

Accadde tutto in un attimo.

Sojiro la spinse contro la libreria, la bloccò con tutto il suo peso facendo aderire i loro corpi, poi strinse forte le braccia lasciandole, probabilmente, dei lividi. Ma poco importava ora, tutto il suo corpo fremeva di rabbia allo stato puro. La sua mente aveva cancellato tutto, tranne Akira e il rosso che ridevano e scherzavano.

Ora il Nishikado che tutti conoscevano era sparito lasciando al suo posto una belva furiosa e assetata di vendetta.

"La... lasciami, mi fai male" gridò Herika, cercando di liberarsi da quel vero e proprio placcaggio, ma era tutto inutile, per quanto forza usasse, per quanto cercasse di muoversi non succedeva nulla.

La presa restava forte e immutata,  a un tratto però la forza aumentò facendo gridare la moretta.

"Ahi! Mi fai male!"

A quella frase piena di paura e dolore, il ragazzo ritornò in sé. Osservò la ragazza che si massaggiava le braccia, cercando in qualche modo di riattivare la circolazione.

"Scusami." mormorò il membro degli F4, indietreggiando fino alla parete libera alle sue spalle, dove solo un quadro, rappresentate il nonno del giovane,  osservava i due con aria severa, si appoggiò alla al muro cercando di calmarsi, ma il dolore era forte.

"Non preoccuparti. Ora dobbiamo andare, Aki-chan sta per fare una grossa cavolata!" disse la moretta appoggiando una mano sulla maniglia della porta, socchiudendola.

"Cosa...?" chiese senza forze Sojiro, ancora sotto shock per aver fatto del male ad una ragazza.

"Si concederà a quel rosso” mormorò pianissimo la giovane, ma poi continuò forte "..... sono sicura che ama te!"

Lunghi istanti di silenzio, dove solo il  ticchettio rompeva quella calma irreale.

Una scelta difficile: andare o lasciare.

Ancora attimi di grande aspettativa.

"Andiamo!" decise il moro, prendendo delicatamente per un braccio Herika, che lo seguì accondiscendete.

Dovevano fare presto, intervenire prima del disastro.

Scesero velocemente le scale e uscirono, lì, davanti a loro la macchina era già pronta per partire. Salirono immediatamente. Era una corsa contro il tempo, ma forse era ancora possibile fermarli.

Quel pensiero fece scaturire una breve domanda.

"E se avessero già....." ma la voce del ragazzo venne bloccata dalla risposta.

"Non è possibile, gli ho messo un mio uomo alle costole. Se succedesse qualcosa gli ho detto di avvertirmi!"

"Nh..."

E tutto fu silenzio.

Quel viaggio in macchina l'avrebbe portato dal suo Akira, una volta lì, cosa avrebbe fatto?

I suoi occhi assunsero un'espressione strana, quasi diabolica per poi sfociare in una colma di odio e cattiveria. Per prima cosa avrebbe cambiato i connotati a quel Daiki, poi avrebbe preso per un braccio il biondino e gli avrebbe fatto capire a chi apparteneva.

Non gli importava se il biondino avrebbe avuto delle rimostranze.

Lui era suo.

Era questo che  doveva capire, e se non ce l'avesse fatta, beh, lui aveva tutta una vita davanti a sè per fargli entrare in testa che si appartenevano. Non gli importava che si amassero.

Lui rivoleva Akira accanto a sè.

E l'avrebbe avuto.

Eppure sapeva bene che se Aki era innamorato di quel rosso... l'avrebbe lasciato andare. Questa era la verità, l'avrebbe lasciato andare via, lasciato a quel tipo, pur di non vedere le sue lacrime.

Sospirò.

Le sue lacrime.

Solo una volta le aveva viste, ed erano state lacrime tristi, piene di odio e rancore. Non ricordava bene, erano ancora piccoli eppure gli avevano fatto male. Da allora aveva deciso che l'avrebbe difeso e aiutato, non avrebbe permesso alle lacrime di coprire quel sorriso candido e dolce... eppure aveva fallito.

 

La macchina si fermò davanti a un locale.

Era giunto il momento.

Entrambi i ragazzi uscirono e osservarono la porta nera. Era una semplice porta nera, niente cartello, niente orari di apertura o chiusura, nulla a parte un butta fuori, grosso e molto gorillesco.

L'omaccione li guardava da capo e piedi.

"Desiderate?" parlò, osservandoli attraverso gli occhiali scuri ed incrociando le braccia al petto.

Poco rassicurante, quel tipo era davvero poco rassicurante.

"Vogliamo entrare!" fece Herika, sfidandolo con i suoi pozzi verdi.

Un ghigno derisorio si dipinse sul volto dell'uomo in nero, che ora si stava davvero divertendo.

"Vi ha invitato qualcuno?"

"No. Ma so bene che ci sono due minorenni in questo locale... solo tre quindi, se non vuoi che chiami la polizia, facci entrare!" parlò autoritario Sojiro, passando davanti agli occhi del butta fuori alcune banconote.

Era disposto a tutto pur di entrare.

"Ok. Ma se vi prendono non sono affari miei!" detto ciò aprì la porta e nello stesso momento nascose i soldi.

I due entrarono.

Luci soffuse per tutto il locale, piccoli angoli nascosti dove giovani coppiette si trattenevano in dolci effusioni. Quelle coppiette però erano anche omosessuali, e allora entrambi capirono.

Era un locale friendly.

Consci di non dover essere scoperti si addentrarono, scoprendo altri dettagli del luogo, come ad esempio che a quell’ora c'erano poche coppie, musica lenta e dolce, e una pista da ballo dove due ragazzi ballavano abbracciati.

Gli occhi neri di Sojiro si puntarono su quelle figure, analizzando e scoprendo chi fossero.

Erano Akira e Daiki.

A passo di marcia si avvicinò alla pista, pronto anche a lottare, ma la mano gentile di Herika lo fermò per un braccio, sussurrandogli piano.

"Non fare sciocchezze, ok?"

"Si, ma ora lasciami!" brontolò, continuando verso la coppietta che ballava sorridendosi felice.

Era giunto il momento di chiarire le cose.

Arrivati al bordo della pista la coppietta si fermò, Akira si sciolse da quella presa ed osservò i suoi due amici.

Cosa ci facevano lì?

Daiki osservò i due ragazzi avvicinarsi, capì subito chi fossero e velocemente portò un braccio alla vita del biondino, che ancora sotto shock osservava Herika e Sojiro.

Occhi negli occhi.

Occhi chiari in occhi scuri.

"Sojiro... Herika..." pigolò il biondino, non sapendo cosa fare o dire.

La sua mente era bianca, completamente vuota.

"Akira, vieni con me!" disse perentorio il moretto prendendo il ragazzo per un braccio e tirarselo contro, cercando di trascinarlo, dato che Mimasaka non si muoveva di un millimetro.

"No, io... non voglio." disse deciso.

Non avrebbe permesso a nessuno di rovinargli la vita, non ora che era felice.

"Vieni!" gridò, alterato Sojiro.

"Lascialo. Non vuole venire con te, quindi smettila di rompere e vattene, tu con la tua bella bambina viziata!" sussurrò Daiki, pronto anche ad arrivare alle mani pur di difendere il ricciolino.

"Cosa vorresti dire!?” gridò alterata Herika.

Come osava quello dirle quelle cose? Neanche la conosceva e le dava della viziata?!

Ma gliela avrebbe fatta pagare, molto cara!

"Sparisci ragazzina!"

"Senti teppistello! Tu cosa ne sai? Eh? Mi vedi e mi dici che sono viziata, ma mi conosci?"

"Non ci tengo a conoscerti!"

La moretta sprigionò fiamme dagli occhi.

Stava per schiaffeggiare il rosso il quale, velocemente bloccò il suo attacco, stringendo appena la presa. Purtroppo ciò che non si aspettava era il pugno diretto al suo mento che lo fece cadere a terra.

"Ma sei scemo Soji?!" gridò istericamente il biondo accucciandosi a terra accanto a Daiki.

Nishikado osservò i due.

La preoccupazione sul viso del ragazzo che amava, era... era innamorato di quel rosso.

E il suo mondo si infranse, era arrivato troppo tardi. Strinse i pugni e uscì senza più voltarsi indietro. Stava malissimo e voleva ritornare a casa, sfogarsi e... sperare che tutto finisse.

 

"Acc... certo che quel tipo picchia forte!" borbottò il rosso, passandosi una mano sulla guancia.

"Scusalo. Non so cosa gli sia preso!" disse dispiaciuto Akira, accarezzando dolcemente la guancia offesa del ragazzo che, ancora a terra, osservava la ragazza di fronte a sé.

I suoi occhi si spalancarono.

Cosa...

Akira si accorse del suo irrigidimento, si voltò e restò shockato.

Davanti a lui Herika piangeva.

Piangeva come una bambina piccola, alla quale hanno portato via la bambola preferita.

"Perché... perché Aki..." singhiozzava incapace di trattenere quelle stupide lacrime, ma voleva che Akira sapesse la verità.

"He-chan, ma..." chiese spiazzato il ricciolino, che si rialzò con Daiki.

"Perché gli fai questo?" disse trattenendosi dal gridare. Aveva un voglia matta di urlargli contro, di ferirlo e fargli male.

Daiki, ormai al limite della sopportazione, disse. "Siete stati voi due ha fargli del male! Vi siete messi assieme ed ora venite qui e..."

"TI SBAGLI!" lo interrupe la ragazza, stringendo occhi e pugni, doveva trattenersi eppure la voglia era tanta, voleva ferire Akira per aver fatto soffrire sia Nishikado che lei.

"Noi abbiamo solo finto! Era un piano per vedere se aki era geloso, perchè Nishikado è cotto di lui!" gridò senza più poter fermare le lacrime.

Akira la fissò.

Sojiro era...

... il suo So-chan era...

... era innamorato di lui…

Il suo cuore batté più forte.

Doveva fermarlo e dirgli la verità, ma prima si volse verso Daiki e sorrise.

"Mi dispiace... devo andare!"

Detto ciò corse via.

Doveva ritrovare il suo amore e spiegargli come stavano le cose, dirgli che l'amava da sempre e che… Daiki era solo… solo un modo per dimenticarlo, ma non c'era risuscito! Lui l'amava con tutto il suo cuore.

Si mise a correre: doveva trovarlo assolutamente.

Uscì fuori dal locale e si guardò attorno, c'era ancora la macchina di Herika, ma di Nishikado neanche l'ombra, dov'era finito?

Aggrottò le sopracciglia, non poteva essere scappato via così velocemente! Insomma l'aveva subito seguito, quindi dove si era cacciato?! Girò la testa a destra e vide, poco lontano, un scia di fumo.

Una scia di sigaretta.

Con il cuore in gola si avvicinò al vicolo, temeva di sbagliarsi, anzi era sicuro che non fosse lì, ma la speranza era l'ultima a morire. Arrivato si girò e vide un uomo di circa trent’anni seduto a terra, non era lui. Stava per andarsene quando l'uomo indicò con una mano la parte opposta del vicolo, un segno che lo rese felice.

"Grazie." disse solo, addentrandosi in quell'antro oscuro con l'unica speranza di trovare il suo amore.

La cosa in sé era difficile, odiava tutto quel buio,  quell'angoscia di non trovarlo, quella paura di quel luogo, tutto gli metteva un senso di inspiegabile cupa agitazione. Guardava davanti e vedeva distante l'uscita.

Eppure quel vicolo era lungo pochi metri, mentre per lui erano chilometri.

Strinse i denti e camminò avanti...

... finalmente la luce della notte lo abbracciò.

Davanti a sé una piccola piazzetta, delimitata da alcune case e da un campo da basket, e nel centro un ragazzo che con il volto in alto osservava le stelle.

Akira ebbe un tuffo al cuore.

Non attese oltre, era troppo la gioia che provava gli corse incontro abbracciandolo da dietro, facendo aderire i loro corpi.

Sentì per un attimo il ragazzo irrigidirsi.

Le sue braccia si strinsero alla vita dell’altro, mentre le mani si posavano sulla cintura dei pantaloni.

"Vattene, torna da quel tipo... so che lo ami, quindi lasciami stare..." un piccolo bisbiglio, solo poche parole per restare in pace.

Sentì la fronte di Akira appoggiarsi alla sua spalla, la stretta della braccia aumentare.

"Ti amo, sciocchino!"

Una frase e una un calore improvviso avvolse i due ragazzi, ma Sojiro aveva bisogno di certezze, di spiegazioni.

"E quel tipo?"

"Non amo Daiki, lui è solo un caro amico..."

E finalmente l'amore nacque.

Sojiro si girò in quel caldo abbraccio, portò le mani sulle spalle del suo, finalmente, ragazzo il quale, per tutta risposta sorrise dolcemente.

Un sorriso colmo d’amore, affetto e speranza nel loro rapporto.

Quel sorriso era stupendo, diverso da quello per Daiki, diverso da tutti gli altri, quel sorriso era per lui.

Solo per lui.

Quel pensiero gli riscaldò il cuore.

"Ti amo Akira" bisbigliò, appoggiando le labbra su quelle dell'altro. Delicati baci di farfalla, leggeri come pioggia primaverile. Piccoli strusciamenti e finalmente fu amore. Amore vero, puro, dolce e cristallino che nasce dal cuore e che fiorisce in tutto il corpo.

Un bacio per  suggellare il loro amore appena nato, sapevano che ci sarebbero stati alti e bassi, rabbia e ripicche, liti e sfuriate, e tant'altro, ma ce l'avrebbero fatta... insieme.

E lì, sotto quel cielo stellato, si promisero che niente e nessuno li avrebbe divisi.

Sotto le stelle di quel cielo magico due paia d'occhi guardavano incantati i due ragazzi, entrambi sorrisero.

Finalmente si erano messi assieme.

Con il cuore un po' più leggero presero una stradina che portava via da quel luogo, e sotto la luce magica della notte le loro voci si incontrarono.

"Ti eri innamorato di Akira, eh?" chiese la voce femminile che, osservando il ragazzo accanto a lei, portava le mani dietro la schiena.

"Si, e tu Herika?" rispose il rosso, incrociando le braccia al petto sorridendo enigmatico.

"Si, ma sapevo di non avere speranza! Ti va di andare a prenderci da bere?" lo invitò la morettina, sorridendo apertamente.

"Ok! Ma offri tu!" disse Daiki con tono giocherellone.

"Cosa? Ma io sono una ragazza!"

"E allora? A me piacciono i ragazzi, solo a loro offro da bere!"

"Cattivo!" piagnucolò la fanciulla un po' più serena.

Entrambi avevano perso un amore, erano soli, e non sarebbe accaduto nulla tra di loro, eppure quello era l'inizio di una nuova, splendida amicizia. E si sa l'amore viene e va, cambia e si trasforma, ma la vera amicizia resta per sempre.

 

 

 

 

 

FINE

 

 

 





Fictions Vai all'Archivio Fan Fictions Vai all'Archivio Original Fictions Original Fictions