Fanfc deliberatamente ispirata al libro Post Mortem
I personaggi e alcuni accenni alla trama sono dei legittimi proprietario, io non ci guadagno nulla.
Tendo a precisare che questa fanfic è un Au composta in tutto da quattro capitoli e nonostante l’abbia scritta di getto in una notte ne vado parecchio fiera XD
Probabilmente i personaggi risulteranno parecchio OOC ma va bene anche così. C vediamo a fine fic ^O^/



 


 

 

Three Night

 

di ReiMurai

 



 

Ricordo ancora il sapore della sua pelle sulle mie labbra
Il suo respiro lento e regolare che si infrangeva contro il mio collo mentre mi possedeva facendomi urlare dal piacere.
Ricordo tutto di quelle notte tranne il nome della persona da cui mi feci scopare.

Incontro.

La biblioteca a quell’ora del pomeriggio solitamente era vuota.
Il gruppo di universitari, solito a passare la mattinata chino sui libri, si riversava con un chiacchiericcio sommesso al bar della via affianco dove le loro voci, solitamente rochi bisbigli impregnati dalla polvere dei libri e dall’intimità del posto, si disperdevano nell’aria in alti schiamazzi talvolta privi di senso e troppo alti per il suo fine udito.
Odiava quella zona ma non poteva fare a meno di tornarci ogni giorno.
Amava l’intimità di quel posto, il contatto della propria mano con la rigida copertina, la carta ruvida sotto i suoi polpastrelli, il profumo che si alzava dalle pagine dei libri e lo avvolgeva rendendo tutto ovattato, senza fine.
Prendeva sempre un posto nascosto, un angolo incastrato tra due alti scaffali ripieni di pile e pile di libri, con il suo nuovo amore sottomano, trattandolo esattamente come avrebbe trattato un amante.
Perché per lui i libri erano quello, teneri compagni con cui scambiarsi sogni proibiti che, per qualche breve attimo, erano solo suoi e di nessun altro e a cui, lui a parte, nessuno poteva avere accesso.
Si rintanava in quell’angolo nascosto dopo aver passato ore e ore tra gli alti scaffali cercando il compagno con cui avrebbe passato quelle lunghe ore che dividevano le sue mattinate di lavoro a lunghe e noiose serate attaccato alla televisione in cerca di qualcosa di decente da guardare.
Non qualcuno con cui parlare in casa fin da quando era piccolo, sua madre sempre troppo presa con il lavoro, sua sorella sempre troppo indaffarata a rincorrere e farsi rincorrere dai compagni di classe bramosi di carezzare il suo corpo.
Una volta o due si era soffermato dietro la porta della camera da letto della sorella, mentre sua madre era al lavoro, e si era fermato a spiare tramite la serratura quello che la teneva lontano da lui.
Fissare quei corpi in movimento, sdraiati sulle lenzuola bianche umide per il sudore, avvertire i gemiti di piacere fuoriuscire dalle belle labbra carnose della sorella e finire contro la barriera di quelle tirate di qualche amante occasionale che finiva nel suo letto…Non aveva mai capito.
Forse per una semplice mancanza d’esperienza.
Sapeva cosa faceva, sapeva quanto era piacevole – troppe volte si era soffermato dentro il bagno o nella propria camera da letto a “studiare” il proprio corpo e a carezzarsi l’erezione mattutina cercando di dare sfogo alla frustrazione che nasceva la sera prima, quando incontrava il corpo della sorella nascosto dalla semplice camicia da notte bianca e alla mente gli riaffiorava quello che i suoi occhi avevano visto solo qualche ora prima – ma mai si era soffermato a scegliere qualcuno tra le proprie innumerevoli pretendenti con cui scambiarsi quelle tenere effusioni che poi sfociavano in vero e proprio desiderio.
A diciotto anni compiuti si ritrovava ancora vergine, chiuso in quel mondo ovattato costituito solo dal piacere dato dalle proprie mani e dalla visione del corpo della sorella maggiore tesa allo spasmo del piacere, mentre le labbra si schiudevano in un muto grido e il compagno occasionale rilasciava il suo piacere ricoprendone la pelle ambrata, lasciandola stesa, ansimante, come una bambola rotta dopo un uso inappropriato, ricoperta dal liquido perlaceo che riluceva sotto la luce artificiale del neon che ne rischiarava la stanza.
Hana sapeva.
Sapeva che lui si soffermava dietro la porta, era a conoscenza della sua mano che s’intrufolava silenziosa dentro i boxer e frugava con gesti veloci la propria erezione unendo i propri sospiri di piacere agli ansimi e ai gemiti dei due amanti.
Hana sapeva ma non diceva mai nulla, si divertiva in quel sadico gioco, molte volte si voltava verso la porta, piantando gli occhi castani dentro i suoi pozzi dorati, torturando i propri capezzoli con le dita e inarcandosi sotto il corpo dell’altro, mimando senza voce il suo nome in una tacita preghiera che poi si spegneva in un urlo alto di piacere mentre gli occhi si socchiudevano senza staccarsi dai suoi.
Un sadico gioco tra fratelli che però non andava mai oltre, perché Hana non si era mai spinta più avanti di così e lui non aveva mai provato desiderio di possedere quel corpo.
Lasciò scorrere le dita lungo il dorso del libro, studiandone attentamente la consistenza e la colorazione, come se da essa dipendesse ogni cosa, ogni sua singola scelta.
Con la schiena poggiata contro lo schienale della sedia e le gambe accavallate scostò la parte superiore della copertina fissando la prima pagina bianca su cui, come enormi chiazze nere, facevano bella mostra di se, battute a macchina, le lettere che componevano il titolo del libro.
LISA & CÉCILE(1) mai nome gli era parso più banale, forse era proprio per quello che l’aveva tirato giù.
L’autrice Italiana, di cui forse aveva già letto qualcosa in precedenza, pareva perdere molto in confronto all’ultimo libro letto, di cui poteva ancora avvertire i brividi procurati lungo la schiena e la voglia sconfinata di trovarsi faccia a faccia con la protagonista della storia.
Amava leggere perché sentiva che in quello che leggeva si trovava il cuore dell’autore.
Amava i libri erotici perché gli lasciavano sempre una sensazione di soddisfazione e appagamento pari a quella che provava prendendo in giro le sue innumerevoli spasimanti facendo finta di concedersi per poi tirarsi indietro.
Perso nei meandri della lettura, mentre le due protagoniste davano sfoggio dei loro corpi perse nell’appagante piacere del fare sesso di fronte ad un tizio invitato a cena, non si era accorto della presenza alle sue spalle fino a che non aveva sentito qualcosa di leggero e caldo sfiorargli il collo.
Un lungo brivido disceso lungo la spina dorsale prima di rotare leggermente il capo incontrando due occhi di un blu intenso incorniciati da una lunga chioma nera.
Lo sconosciuto lo fissava con interesse, le mani poggiate sullo schienale dietro di lui, le dita affusolate poco distanti dalla linea delle sue scapole. Un dolce profumo d’arancia gli raggiungeva le narici irretendogli i sensi, facendogli perdere l’ostilità e portandolo a fissare quegli occhi con una sorta di totale accondiscendenza.
Quasi non si accorse della voce vellutata del nuovo arrivato che gli carezzava l’udito, se possibile, irretendolo ancora di più.
- Ti ho visto leggere di meglio e il tuo viso contrarsi in espressioni decisamente più appaganti -
Sobbalzò a quella affermazione tornando lucido, incontrando veramente quegli occhi chiari privi d’espressione.
Una delle dita affusolate scivolò lungo la tasca della giacca tirando fuori un pezzo di carta lucida, infilandogliela tra le pagine di un libro per poi consegnarglielo.
- Sono convinto che questo ti piacerebbe decisamente di più. Leggilo e se lo trovi di tuo gradimento – e so che lo farai – chiamami -  
Non ebbe tempo di ribattere, il moro silenzioso come si era avvicinato si allontano dalla sua persona sparendo dietro gli alti scaffali.

Forse da qualche parte doveva avere ancora quel biglietto ma che senso aveva, ora, rivangare in un passato così lontano?

 

1: http://www.cristianalonghi.com/
è il sito del libro menzionato XD

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La prima volta non era stato gentile.
Non ho idea del come ma sono sicuro che mi conoscesse, che conoscesse ogni più recondito dettaglio della mia anima.
Il mio corpo grida tutt’ora il suo nome, brama e freme per sentire nuovamente la sua carne affondare nella mia.
Mai piacere è stato più grande dell’orgasmo di quelle notti passate a farmi fottere da lui.

Prima notte.

Ci aveva messo meno di tre giorni a finire quel libro e più di tre settimane per decidersi a chiamarlo.
La voce calda e vellutata che gli aveva sfiorato l’orecchio quel pomeriggio pareva più fredda e distaccata dietro la cornetta del telefono, quasi scocciata nel venir disturbata di punto in bianco per una sciocchezza come un incontro di cui lui stesso poi ne aveva fatto richiesta.
Gli aveva chiesto in modo alquanto frettoloso l’indirizzo e poi aveva chiuso con un secco “ a più tardi” prima di chiudergli la chiamata in faccia.
Poco convito dell’affermazione dell’altro aveva cominciato a sistemare la casa in cui viveva da circa due anni completamente solo.
Sua madre lavorava ancora nel vecchio ufficio dismesso in cui faceva straordinari per una miseria.
Sua sorella si era trasferita in America in cerca di fortuna e si era ritrovata sposata con un ricco imprenditore che, a detta sua, la faceva vivere nell’oro ma di cui loro non avevano mai visto uno spiccio.
Per quanto riguardava lui, una volta finiti gli studi, si era trovato un lavoro stabile, ben retribuito e con orari abbastanza agevolanti e, raccolti baracca e burattini, si era trasferito in un piccolo appartamento, vicino al centro città, da cui gli era più semplice raggiungere  il lavoro.
Era ancora sotto la doccia quando, alle undici e mezza passate, il citofono emise un suono metallico distogliendolo dai suoi pensieri.
Allacciato l’asciugamano in vita, ormai totalmente sfiduciato dalla promessa di visita dell’altro, per poco non si prese un colpo quando se lo ritrovò di fronte.
Era decisamente più bello di ciò che era riuscito ad intravedere nel buio soffuso della biblioteca.
Gli occhi che da prima gli erano parsi blu per via del buio che in quel punto si faceva più denso, erano in realtà di un azzurro dannatamente chiaro, quasi ceruleo. La pelle si un rosa pallido, tendente al bianco, era in perfetto contrasto con i lunghi capelli neri che ricadevano morbidi attorno al viso ovale e al collo lungo arrivando quasi a metà schiena.
Un giapponese d’altri tempi, con occhi e labbra dal taglio affusolato e il corpo fasciato da uno stretto smoking nero che gli conferiva un aria signorile, probabilmente un uomo d’affari.
Si scostò dalla porta permettendo al proprio ospite di mettere piede all’interno dell’appartamento e permettergli così di chiudere la porta. Lo sguardo chiaro che pareva non voler lasciare nemmeno per un istante il suo corpo, seguendone ogni movimento con bramosia abilmente celata.
Gli permise il tempo per chiudere il chiavistello della porta e girarsi verso di lui prima d’inchiodarlo con un colpo secco contro il muro e poggiare voracemente le labbra sopra le sue.
Sentiva la lingua frugare all’interno della sua bocca in cerca della sua, sentiva le mani afferrarlo saldamente per i fianchi facendogli strusciare il bacino contro il suo.
In poco tempo asciugamano cadde a terra, davanti alla porta di casa,e lui venne trascinato lungo il corridoio da mani che lo afferravano e denti che lo assaggiavano affamate.
sentì qualcosa di morbido cedere sotto il suo corpo seguito da uno scricchiolio sinistro e dal corpo dello sconosciuto sopra il suo.
La bocca che si spostava dalle labbra al mento, per poi scendere lungo il collo e risalire fino al lobo strappandogli alti gemiti causati dall’abrasione della stoffa tirata dei pantaloni dell’altro contro la sua erezione libera e vogliosa di attenzioni.
Un ordine gli venne sussurrato in modo frettoloso direttamente nell’orecchio poi il moro si trasse in piedi slacciando la cintura e la zip dei pantaloni tirando fuori l’erezione dalla costrizione dei boxer.
S’inginocchiò davanti a lui poggiandogli le mani sui fianchi, indeciso sul da farsi.
Le dita affusolate passarono lentamente tra i suoi capelli castani spingendolo leggermente in avanti
- Prendilo in bocca -
Deglutì a vuoto una o due volte prima di chinarsi con la bocca aperta sull’erezione dell’altro.
Aveva un sapore strano, quasi dolce. Il forte profumo che però proveniva da quella pelle gli forniva un aspetto vagamente più virile di quello concesso dalla pelle pallida e dal viso vagamente effemminato.
Lo lasciò scivolare totalmente in bocca, cominciando a muoversi in modo goffo, con una lentezza esasperante.
Molto probabilmente preso il moro si sarebbe stancato della sua inettitudine e lo avrebbe allontanato da se rivestendosi furioso prima di lasciarlo li.
Era così convinto in quella teoria che si stupì non poco quando la mano poggiata sulla sua nuca stringendo forte alcune ciocche di capelli, non gli impose un ritmo più veloce, con meno pause all’interno, fino a quando non lo avvertì venire.
Si costrinse a mandare giù il liquido perlaceo che spesso aveva visto addosso ad Hana prima di finire di ripulire il l’erezione nuovamente turgida dell’uomo che doveva avere si e no una trentina d’anni.
Si sentì tirare su a forza il viso, incontrando quegli occhi azzurri ora leggermente scuriti dall’appagamento e dalla nuova eccitazione.
- ti piace vero? -
Annuì debolmente spostando lo sguardo
- Dillo. E guardami negli occhi mentre lo fai -
- S-si, mi piace -
- Cosa? -
- Quello che mi avete fatto fare -
Sentiva come un peso all’altezza dello stomaco, la propria erezione non appagata premeva contro la coscia coperta dalla stoffa dell’altro e niente impedì ad un gemito di uscire dalla sua bocca quando la gamba di questi vi si strusciò contro.
- Il tuo nome? -
- Kiba -
La “a” finale si spense in un altro gemito mentre ora al posto della gamba erano le lunghe dita affusolate a carezzare la sua erezione
- Sei ancora vergine vero? -
Sentì le guance andare a fuoco probabilmente ricoperte da un velo di rossore mentre lo sguardo si spostava dagli occhi del moro al pavimento.
Un ghigno si dipinse sulle belle labbra del moro prima che queste s’impossessassero nuovamente delle sue strappandogli un gemito di dolore.
Con movenze febbrili cominciò a slacciare la camicia dell’amante da dove questi gli aveva portato le mani, stando attento a non far saltare nemmeno un bottone, sfilandogliela seguita poi dai pantaloni e dai boxer.
Ora il moro stava nudo di fronte a lui, il fallo eretto tra le sue gambe, leggermente arrossato e bagnato in punta.
- Girati -
La voce non tradiva la ben che minima emozione mentre lo fissava voltarsi ed eseguire i suoi ordini.
Piegato a novanta, con le mani poggiate al divano e il viso affondato nel cuscino, il castano subì la violenta penetrazione lasciandosi andare ad un lungo grido di dolore.
Avvertiva il sangue colare lento lungo l’interno della sua coscia sinistra, avvertiva le mani del moro poggiate sui suoi fianchi e le sue labbra baciargli il collo lasciandogli lievi segni rossi che sparivano dopo pochi istanti.
Una delle mani scivolò lungo il suo fianco, poi sulle anche, fino ad arrivare all’erezione.
Qualche tocco leggero,dedito a fargli dimenticare il dolore appena provato, a fargli provare un piacere maggiore.
Al primo gemito di piacere, mentre sentiva il proprio fallo gonfiarsi dentro quella mano dalle dita lunghe, arrivò la prima spinta.
Gemiti di dolore misti a piacere, quel corpo che si muoveva ripetutamente contro il suo con affondi lenti e precisi, colpendo un punto imprecisato all’interno del suo corpo che sostituì il dolore  con il piacere, l’estasi con la paura.
Ben presto si ritrovò ad urlare chiedendo di più a quel corpo di cui conosceva l’aspetto ma non il nome del proprietario.
Si stava facendo fottere da un perfetto sconosciuto.
Stava godendo mentre quel perfetto sconosciuto lo scopava sul suo divano.
Se fosse morto in quel momento non gliene sarebbe importato nulla.

Sdraiato sul divano, ansante, fissava il corpo dalla pelle lattea sparire dietro gli strati di vestiti e le dita affusolate allacciare con minuziosa cura i bottoni facendoli scivolare dentro le asole.
Gli piacevano quelle mani; le dita lunghe, le unghie curate, i palmi piccoli…era quasi sicuro che sapevano fare male tanto quanto erano brave a carezzare e dare piacere ai  punti giusti.
Il moro alzò lo sguardo su di lui, un vago sorrisetto storto mentre, con aria di compiacimento, gli lanciava un fogliettino sul petto sporco di sperma.
- Domani ti farai trovare in questo posto, all’ora segnata, vedi di non mancare -
Poggiò lo sguardo vacuo prima sul pezzo di carta e poi su di lui
- Mi hai capito Kiba? -
Annuì debolmente prima di crollare in uno stato d’incoscienza, prima di perdere i sensi pensò che non sarebbe mancato per nulla al mondo.

 

 

 

 

 

Al nostro secondo incontro mi ritrovai in una villa di lusso ma di tutto quello che avevo attorno non m’importava nulla.
Il mio sguardo cercava lui, i suoi occhi chiari, il suo modo di padroneggiare.
Ero già in balia delle sue mani, un perfetto burattino comandato da un abile burattinaio e la cosa non mi dispiaceva per nulla.

Seconda Notte.

La residenza del moro si trovava appena fuori città, attorniata da un ampio giardino che presentava ovunque si guardasse cespugli di rose d’ogni sorta di colore che spargevano nell’aria un odore vagamente primaverile.
Rimase parecchi dietro il cancello in ferro battuto chiedendosi cosa ci facesse lì, se non era il caso di tornare sui propri passi e chiudere li quello strano gioco che sapeva sarebbe diventato troppo pericoloso una volta varcata quella soglia, ma nonostante la vocina nella sua testa gli desse ragione e consigliasse di scappare, il suo corpo aveva scelto tutt’altra via e la mano, come se mossa da vita propria, si era poggiata sul cancello sospingendolo con lieve forza e sentendolo cedere sotto la pressione.
Ormai il dado era tratto, era impossibile tornare indietro dopo aver varcato quella soglia che pareva dividere un mondo, quello in cui aveva sempre vissuto crogiolandosi nell’accogliente sensazione di benessere che si era riuscito a creare, da un altro fatto di misteri e peccati di cui lui ignorava la conoscenza.
Come Alice attratta dal coniglio bianco aveva preso coraggio ed era saltata dentro il buco ora lui si avvicinava con passo lento all’imponente villa che gli si stagliava di fronte incurante del pericolo che stava correndo.
E già avvertiva il proprio corpo protendersi verso quello pallido dell’altro e la sete dei suoi baci anche se ancora non ne conosceva il nome.
- Sei in ritardo -
La voce vellutata lo colse di sorpresa più o meno a metà tragitto, non aveva nemmeno avuto il tempo di raccogliere le idee che già si trovava di fronte al proprietario di casa che pareva chinato a potare le rose.
Il profumo di agrumi lo colpì in pieno viso stordendolo misto a quello delle rose che si propagava per tutto il giardino.
Con movenze lente il suo ospite gli si avvicinò, carezzandogli distrattamente una guancia durante l’opera di sfilamento di una foglia dai suoi capelli, prima di poggiare gli occhi dentro ai suoi. La luce della luna si rifletteva sullo specchio d’acqua della piscina inondando il corpo della’altro di una pallida luce bianca che si apriva attorno a lui come l’aureola di un santo.
Rimase affascinato da quella visione solo qualche secondo, il tempo concessogli dall’altro prima che le labbra tornassero sulle sue voraci, dilaniando quelle carnose del castano e cibandosi del suo sangue.
Le mani frugarono nuovamente il suo corpo, questa volta coperto da una misera maglietta chiara e un paio di pantaloni scuri, lasciando segni  e graffi lungo tutta la pelle, piegandolo pian piano al suo volere, attirandolo meglio a se in modo da non farlo sfuggire.
Le unghie lungo la sua schiena gli procurarono scariche incontrollate di brividi di piacere mentre le labbra,scese sul suo collo, parevano affondare nella morbida carne strappandogli gemiti di piacere.
Teso nel compimento del primo orgasmo si chiese come fosse possibile che a quell’uomo bastassero solo pochi attimi per portarlo all’estasi e poi lascarlo ricadere, prendendolo al volo e portandolo a ricominciare tutto da capo.
Sentì il proprio corpo afflosciarsi contro quello dell’altro, il proprio respiro frammentato contro il suo collo, poi le braccia dell’altro che lo sollevavano portandolo all’interno della villa.

La camera da letto era composta solo ed unicamente da una grande finestra con balcone a vista e un ampio letto matrimoniale a baldacchino da cui ricadevano morbidi tendaggi trasparenti dal colore nero.
Chiuse e aprì più volte gli occhi – doveva essersi addormentato – per abituarsi all’oscurità che pareva essere scesa attorno a lui.
Qualcosa di non ben definito gli solleticava in modo distratto il petto, lasciando vaghe scie di colore carminio che parevano propagarsi dal suo corpo e scendere fino alle lenzuola dal colore indefinito, mischiandosi con esse.
Il moro si trovava steso accanto a lui, anche se non ne avvertiva il corpo poteva sentire il respiro lento e regolare che sfuggiva da quelle labbra morbide arrivando fino a lui.
Così lieve da fargli dubitare che ci fosse veramente.
- Siete qui? -
Un frusciare indistinto, poi una mano si poggiò sul suo ventre nudo risalendo in una lunga carezza fino al petto.
- Si -
Sospirò sommessamente quando le dita fredde – lo erano sempre state? – andarono a sfiorare un capezzolo, giocandoci per qualche istante fino a farlo indurire
- qual è il vostro nome? -
Una ventata di aria gelida scosse le tende sovrastando le parole del moro, la finestra, da cui ora filtrava la pallida luce lunare, era spalancata sulla vegetazione attorno a loro, sul pavimento in marmo del balcone scorse un tavolino con quattro sedie e qualcosa poggiato sopra.
Un mobile a muro s’intravedeva appena nella parete di destra, cos’altro c’era in quella stanza che era cambiato da quando aveva aperto gli occhi?
Le dita si spostarono sull’altro capezzolo indurendo anche quello per poi scendere giù, passando per il ventre e i fianchi
Non glielo chiese più.
Il suo nome in fondo non era così importante e, anzi, veniva ad essere qualcosa di superfluo che forse avrebbe rovinato quell’alone di mistero che tanto lo faceva eccitare.
La mano carezzò la coscia per poi spostarsi al suo interno strappandogli un piccolo gemito, sentiva nuovamente la propria erezione svettare verso l’alto in attesa dell’appagamento che pareva solo quel corpo potesse dargli.
Poco dopo le labbra sottili del moro scesero lungo il collo, il corpo sopra il suo che lo teneva bloccato impedendogli ogni movimento, le mani che carezzavano ora i fianchi, ora le cosce, il bacino che strusciava contro il suo.
Inarcò la schiena chiedendogli di più, gemendo più forte sotto quelle carezze lievi mirate a torturarlo, mordendosi il labbro inferiore a sangue.
Lo sentì risalire sinuoso come un serpente lungo il suo corpo andando a leccare via il sangue portandogli le gambe piegate al petto e prendendolo in un solo colpo mentre le labbra coprivano le sue in un ennesimo bacio al sapore di ferro e un vago sentore di fragola.
Spinte veloci, mirate a farlo impazzire mentre la mano lo carezzava allo stesso ritmo strappandogli altri gemiti.
L’orgasmo violento e poi di nuovo l’oblio dell’incoscienza, avvertiva vagamente la figura dell’altro sopra di se spegnersi lentamente come la luce di una lucciola che muore.
- Oggi rimarrai qui, dormirai con me…domani sarà l’ultimo giorno, Kiba –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Terza Notte

Aprì nuovamente gli occhi solo parecchie ore dopo.
Il sole era sorto e tramontato, il suo stomaco borbottava in cerca di cibo e la sua gola riarsa per la mancanza d’acqua.
Con passo malfermo si alzò dal letto, poggiando le piante dei piedi nudi sul freddo pavimento di marmo.
Nessuna luce a parte quella pallida della luna che inondava la stanza.
Dei suoi vestiti e del suo ospite nemmeno l’ombra.
Sul tavolino al centro della stanza si trovava un vassoio con della frutta e una caraffa d’acqua, ma qualcosa gli diceva che la notte prima quel tavolino non fosse li.
Mandò giù tre lunghe sorsate d’acqua prima di addentare una mela e fissarsi attorno;
Il letto a baldacchino dai tendaggi neri e le lenzuola rosso scarlatto, l’armadio a muro posto in un angolo, il piccolo tavolino con le quattro sedie sul balcone dalla pavimentazione in marmo rosato…solo quel tavolo al centro della stanza gli pareva fuori luogo, quasi fosse stato messo li per lui.
Si avviò verso la porta deciso ad uscire ed andare a cercare il suo ospite, quando la porta della camera si aprì e il ragazzo moro entrò con addosso solo una lunga vestaglia nera e i capelli legati in una coda bassa.
Gli sorrise poggiando la mela sul tavolo e avvicinandosi in modo da allacciargli le braccia attorno al collo trovando rifugio in quell’abbraccio.
C’era qualcosa di dannatamente sbagliato in tutto ciò ma proprio non riusciva a capire cosa.
Alla fine la dolce cappuccetto rosso era finita tra le fauci del lupo malefico e no, non c’era più nulla che potesse salvarla.
Inclinò il capo sotto la lieve pressione di quelle labbra fameliche che avevano preso a baciarlo in modo vagamente volgare.
Nessuna carezza per quel corpo che due notti prima era stato violentato e ora veniva degnato di una minima attenzione, giusto ciò che bastava per farlo eccitare e piegare sotto il suo volere.
Gemette impercettibilmente quando le dita affusolate andarono a toccare la sua schiena, scivolando con sensuale lentezza fino alle natiche, affondando le unghie in una di esse, facendo zampillare sangue.
Kiba si lasciò andare ad un breve gemito di dolore prima di strusciarsi contro il corpo dell’altro.
Il moro lo riportò verso il letto gettandocelo sopra e salendogli addosso a carponi, il viso affondando su ogni centimetro della pelle che gli capitava a tiro segnandola con piccoli morsi e graffi che mandavano in estasi il castano senza però dargli il giusto appagamento.
Un morso, un gemito.
Un graffio, un ansito.
Il bacino dell’Inuzuka si strusciò nuovamente contro quello dello sconosciuto con cui stava consumando quell’atto carnale che presto si sarebbe trasformato in tragedia.
Qualcosa scintillò nel buio, sotto la sinistra luce lunare che entrava dal balcone lasciato aperto.
I tendaggi si raso si mossero sotto il prepotente soffio del vento coprendo l’urlo di piacere che fuoriuscì dalle labbra del castano quando, con un fluido movimento, il moro entrò nuovamente dentro di lui cominciando a muoversi.
Corpi avvinghiati nella spasmodica ricerca di piacere, quello di Kiba che assecondava i movimenti del compagno mentre questi ondeggiava fuori e dentro di lui, strappandogli gemiti alti e leccando la pelle del corpo.
Un ultimo improvviso scintillio prima che i denti del moro affondassero all’interno della carotide del castano in modo definitivo.
Un gemito strozzato mentre Kiba, ebbro di piacere ed ignaro di ciò che stava accadendo, continuava a muoversi contro di lui assecondando il movimento del bacino e della mano.
Il sangue che fuoriusciva copioso dissetando il compagno occasionale che ormai era certo sarebbe stato il primo e l’ultimo della sua misera vita.
Nel momento dell’orgasmo anche l’ultima stilla di sangue fuoriuscì da quel corpo ormai troppo debole per muoversi.
Con la mente annebbiata tanto quanto la vista gli occhi dorati si poggiarono un ultima volta in quelli azzurri del moro per poi perdere quella pallida luce che li aveva contraddistinti fino all’ultimo e che l’aveva attirato verso di sè.

 

Lo avverto muoversi lento nella stanza anche se il mio corpo ormai non dovrebbe avvertire più nulla.
Sono passi leggeri i suoi, simili a battiti d’ali.
I capelli corvini svolazzano appena mentre il corpo viene ricoperto dal fresco tessuto di lino,ora quella pelle troppo candida ha ripreso un colore quasi naturale.
Ora quegli occhi di ghiaccio non parranno più tanto freddi a chi vi poserà lo sguardo dentro.
Ora Neji non sembrerà più un cadavere.
Si, me lo sono ricordato in fine il suo nome…
Neji, il vampiro che mi ha tolto la vita  da domani tornerà a caccia per placare la propria sete e, nonostante lui rimarrà impresso in me per sempre, io per lui sarò solo uno dei tanti stupidi umani di cui si è cibato.

 

Owari


 

Che dire? Sono le 5 del mattino e finalmente ho concluso questa cosa cominciata circa alle due per mancanza di sonno e con il rischio di essere beccata da mamma.
Neji Vampiro…era una vita che volevo scrivere una cosa simile e alla fine mi è uscita proprio nel periodo in cui non era programmata XD
Forse prima o poi scriverò una spinoff post questa fic intanto mi aspetto la casella dei commenti con almeno UN commento…>.> non vi si staccano le ditina se lo scrivete dovreste saperlo no?
Perfetto. Ora mi ritiro a ninnare almeno un ora XD
Ja Nya e alla prossima
Rei ^O^/
Uh un ultima cosa XD
Siete amanti delle NejiKiba?
Cercate un punto di rifermento?
Venite a trovarci al forum dedicato a questa coppia ^O^
http://Nejikiba.forumfree.net
Perché il White Passione è per sempre ^__^