Pairing:
TaishakutenXAshura-o
Raiting:
NC-17
Note:
questa fic è stata voluta
dalla mia gemella Seimei per il suo compleanno (e si
sarà oltremodo pentita di avermela chiesta). Perdonami geme e ricordati che è
il pensiero che conta ç__ç. Auguroniiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!
di
Yurika
Agonia.
Giorni di interminabile agonia.
Ashura-o, Ashura-o
dove sei?
La battaglia è terminata, tuo figlio è stato fermato e
dunque perché io sono ancora qui?
L’aria fatica a uscirmi dalla
bocca, si trascina pesante e incerta come un guerriero mortalmente ferito
durante uno scontro. Il mio respiro è un rantolo penoso all’udito. La vista è
appannata e le gambe ormai non mi reggono più.
Finché ho potuto ho vegliato su tuo
figlio. Finché questo corpo decadente mi ha sostenuto
sono voluto rimanere a guardare Yasha-o mantenere la
sua promessa, così come io ho mantenuto la mia.
Da dove trae forza la determinazione che spinge un uomo a
continuare a vivere combattendo e uccidendo quando in realtà desidererebbe solo di morire? Dalla
stessa fonte che fa rimanere Yasha-o accanto al corpo
addormentato di Ashura
aspettandone il risveglio?
Mi manchi Ashura-o. Tanto che
alcune volte, nel vuoto della mia vita, ho sentito
distintamente il rumore del mio cuore spezzarsi in frammenti sempre più
piccoli. Quanto ancora potrà essere frantumato prima
di diventare sabbia e volare via trasportato dal vento?
La mia mente vacilla, Ashura-o.
Questa stanza soffocante sta perdendo i suoi contorni e si sta trasformando in
memorie del passato. E io non posso impedirlo.
Così ti rivedo nuovamente vivo, bello e fiero, racchiuso
nella tua convinzione a perseguire il tuo obiettivo nonostante tutto e tutti.
Sei sempre stato irraggiungibile per me. Per ottenere il
tuo scopo avresti fatto qualunque cosa, persino concederti ad un essere
inferiore qual’ero io. Perché è solo questo che io sono stato per te: un mezzo per
realizzare un destino che tu avevi voluto.
Ti sei dato a me, ricordi? E mentre possedevo il tuo corpo non ho mai smesso di chiedermi dove diavolo fosse la
tua anima.
Ancora adesso non ho una risposta a questo
interrogativo. Ora che ho avuto anche la tua forza, la tua anima dove
l’hai lasciata?
Sei nuovamente qui, di fronte a me. Quante volte ho già rivissuto questa scena? Ogni notte, prima di
coricarmi, tu vieni da me sotto forma di sogno e mi chiedi di cambiare il corso
delle stelle. È una promessa che ho rinnovato ogni
giorno della mia interminabile vita.
“Taishakuten... tu pensi che il
destino si possa cambiare?”
Sempre questa domanda, sempre la stessa ossessionante
domanda! E tu con sguardo altero e regale, i capelli neri e lunghi che amo
tanto a ombreggiarti il volto delicato e gentile, gli
occhi d’oro liquido che mi accecano e mi graffiano l’anima facendola sanguinare
e creando ferite lievi che non si vogliono cicatrizzare.
“Io pur di ottenere ciò che desidero... sono disposto
anche a cambiare il corso delle stelle”.
Ma tu ascolti solo quello che vuoi
sentire e non comprendi le mie parole, mai le comprendi!
E ora no, basta! Di nuovo quell’espressione che mi
tormenta e mi lacera dentro facendo brandelli della mia ragione!
Conosco già la domanda che stai
per pormi e l’inevitabile risposta che ne seguirà. Non voglio più sentirla, non
voglio più che mi affidi ciò che hai di più importante lasciando me con le
braccia vuote ad abbracciare un’illusione più inconsistente di un sospiro. Ma non riesco a muovermi, non riesco a scappare, non riesco
a ribellarmi. Posso solo rimanere inchiodato dal tuo sorriso malinconico e dal
tuo sguardo traboccante fiducia.
Oh, ma perché sei venuto da me? Perché
hai scelto me?
“Se è così... mi aiuteresti a
cambiare il corso delle stelle?”
Chiudo gli occhi. Sono perduto. Di nuovo.
Devo essermi appisolato, ricordo solo figure vaghe e piene
di luce che mi circondavano, ma poi una fitta più dolorosa mi ha riportato alla
realtà.
Ancora agonia. Per quanto tempo continuerò così, ridotto
ad una larva, io, il potente Taishakuten, il supremo
Imperatore Celeste? Il solo pensiero di come mi sia ridotto
mi fa venir da ridere. Ma ormai fa male ridere, tutto
mi fa male, i polmoni si contraggono in uno spasmo violento e rimango
boccheggiante lottando contro questa maledetta aria che proprio non vuole
saperne di trascinarsi fino alla mia bocca.
A fatica riesco a recuperare il rantolo che mi tiene
compagnia da svariati giorni. Finchè lo udirò saprò di essere vivo.
È triste morire da soli, sai Ashura-o?
Sono circondato solo dall’odio che mi sono creato attorno. Persino mio figlio
preferisce passare il tempo a pregare per il suo fratello addormentato.
Ti sei mai chiesto di me cosa ne sarebbe stato? No,
probabilmente altri pensieri più grandiosi occupavano la tua mente. Posso
fartene una colpa? No, l’ho sempre saputo e l’ho accettato.
Ma ora – ora – dopo tanto tempo ho
paura. Se anche dopo morto non dovessi più averti
accanto? Se semplicemente mi dissolvessi e non potessi
più incontrarti, nemmeno nei miei sogni?
Questi tormenti mi fanno impazzire!
La vista di nuovo mi difetta e accanto al mio letto si
presentano tutte le persone che hanno sofferto e sono morte a causa mia.
Ryu-o, piccolo intrepido. Temevi di
non essere all’altezza della tua gloriosa madre e io ti ho dato la possibilità
di morire come un eroe. Sopravvivere non avrebbe potuto portarti altrettanta
splendente fama!
Karura-o, bella e fiera, ciò che più
desideravi era restare accanto alla tua sorellina in un posto dove lei potesse stare bene ed essere felice. Non è forse ciò che ti
ho donato? Ora siete assieme e nessuno più vi potrà separare.
Soma, triste guerriera solitaria, il tuo posto era accanto
alla tua stirpe e io non ho avuto cuore di tenerti ancora lontana dalla tua
gente. Se io non avessi sterminato la tua razza pericolosa
tu non avresti mai potuto conoscere l’amore della tua vita. Non guardarmi con quell’aria sprezzante! Non sai che spesso l’amore deve
passare attraverso la sofferenza per crescere forte e vero? Credimi,
io lo so bene. Io lo so molto bene...
Kendappa-o, la tua leggiadria non
avrebbe mai fatto sospettare nessuno della tua vera identità: tu, il misterioso
generale dell’est! Cercavi la forza nelle altre persone, ma chi mai avrebbe
potuto reggere il tuo confronto? Il tuo prezioso amore sarebbe
stato sempre inferiore a te e questo alla lunga ti avrebbe fatto provare
noia verso di lei e odio verso te stessa. Puoi non odiarti quando non riesci ad
impedirti di essere troppo distante dalla persona con
cui vorresti stare? No, non puoi. E così sei morta con lei, mia cara, e nessuno
potrà farvi una colpa per aver giaciuto l’una tra le
braccia dell’altra.
Le ombre sono svanite, volubili apparizioni forgiate con
la stessa materia dei sogni che si dissolvono alle prime luci del mattino.
Anche tu sei con loro, Ashura-o? Anche tu ormai sei
troppo distante da questa realtà per poter ascoltare il pianto silenzioso del
mio cuore martoriato?
Nulla mi resta in questa vita. La mia promessa l’ho
compiuta e tu... ancora non sei qui per accogliermi nella tua riconoscenza.
Mi odi? In fondo ne avresti
ragione. Ho agito credendo di poter diventare padrone del fato, mi sentivo il tessitore delle trame del destino e non mi
accorgevo di essere solamente un burattino nelle mani di una volontà superiore
alla mia. Io, che volevo fermare la ruota che inesorabile non smette mai di
girare, non ho fatto altro che farla muovere più velocemente.
Dunque, questa è la mia punizione. Il
tuo silenzio, la tua mancanza, il tuo disprezzo...
La mia mente si infrange come
spuma sugli scogli. Desidero che tutto questo finisca al più presto, ma nel
contempo ho paura di ciò che mi può attendere se tu non ci sei e questo mi fa
aggrappare con tutte le mie forze ad ogni granello di vita che ancora mi
rimane.
Che ne sarà di me? Che qualcuno me lo dica, per favore!
Di nuovo ho perso conoscenza e a fatica riesco a riportare
i miei sensi alla realtà. Chissà quanto ancora potrò
resistere in queste condizioni. Eppure
basterebbe così poco per lasciarmi andare. Chiudere gli
occhi, smettere di respirare, sentire i battiti del cuore rallentarsi fino al
silenzio assoluto...
E poi? Cosa
sarà dopo? Chi deve pregare un dio morente per poter ottenere consolazione? A
chi devo innalzare le mie suppliche per ottenere, finalmente, pace?
Tu non mi ascolti, nessuno mi ascolta.
Solo il passo rispettoso dei servitori mi fa compagnia. E
le loro premure ipocrite. E i loro sguardi pietosi.
Io non voglio la pietà di nessuno!
Rabbiosamente provo ad alzarmi, i muscoli tremano nello
spasmo dello sforzo a cui li sto sottoponendo, un basso ringhio gutturale esce
dalla gola che non è più in grado di emettere parole.
Via, andate via! Non ho bisogno di voi! Non vi voglio qui,
non è il vostro l’ultimo volto che i miei occhi guarderanno nel momento della
fine!
Mi osservano stupiti e leggermente intimoriti dalla mia
figura esangue e arruffata che ancora riesce a dimostrare tanta determinazione.
Cosa credevate, che il mio spirito
fosse placato? Che il mio indomito orgoglio fosse stato
spezzato dalla malattia così come lo è il mio corpo debole e macilento? Questo corpo che mi disgusta con le sue membra fiacche e le ossa
che sporgono attraverso la pelle trasparente come i veli delle sacerdotesse
durante le cerimonie. Potresti seguire le linee azzurrine delle mie vene
e tracciarne ogni incrocio e deviazione tanto si è assottigliata
e indebolita l’epidermide. Ecco a cosa si è ridotto il possente Imperatore
Celeste!
Le braccia non mi reggono e cado riverso sui cuscini che
dovrebbero sostenermi. I servitori sono subito appresso a me, risistemandomi
compostamente come si addice ad un essere del mio rango. Le espressioni
tradiscono insofferenza per il compito che è stato loro assegnato. Accudire un vecchio malato che non si decide a morire non è mai cosa
piacevole.
Vorrei piangere, urlare e disperarmi, ma non posso permettermelo, non posso lasciare di me un ricordo
tanto ignobile!
Mi stai guardando Ashura-o? Ti
sei pentito di aver assegnato il compito per te più importante a questo essere
assurdo e patetico? Guardalo lì mentre giace sul letto senza avere neppure la
forza di sollevare la testa, eppure ancora s’intestardisce a ragionare d’orgoglio,
di possanza e... di amore. Ridicolo! Cosa ne potrà mai sapere questo omuncolo, questo vermiciattolo, dell’amore?
Eppure io lo so bene che cos’è. Ashura-o, davvero lo so bene. Sei stato tu ad insegnarmelo.
La passione bruciante che avevo per te, una passione
così travolgente e devastante che per appagarla avrei fatto qualunque cosa, in
un attimo si è trasformata in un sentimento saldo e inespugnabile nel mio cuore. Cosa mi ha portato questo sentimento? Dolore, tanto dolore,
dapprima lieve e costante come una fitta dentro al petto,
poi sempre più grande e opprimente, un macigno che m’impediva il respiro.
Quale magia hai operato su di me
quella volta? Non parlo di quando ho potuto sedare la mia sete di te possedendo
il tuo corpo. Anche se ancora sento sotto il tocco delle mie
dita la seta della tua pelle, anche se posso ancora sentire il dolce
profumo dei tuoi capelli, il gusto delle tue lacrime mentre scivolavo dentro di
te, l’ansito dei tuoi sospiri che chiamavano il mio nome quando la mia carne
sconvolgeva le tue viscere.
È stato bello e gratificante e la gioia che provavo sembrava voler scoppiare per lasciare le mie membra a
brandelli.
Ero felice e euforico, anche se
sapevo che quella sarebbe stata l’unica volta, anche se sapevo che da lì in poi
le cose si sarebbero fatte solo incombenti e inevitabili.
Ma la malia che hai usato per legarmi a te per sempre non era ancora approntata.
Hai aspettato l’ultimo momento. Hai atteso paziente
nell’ombra finché non hai avuto la tua preda a portata di mano e allora hai assestato
il colpo decisivo. Hai mantenuto degna gloria del tuo titolo di miglior
guerriero di tutto il Mondo Celeste!
Lo scontro che ci ha visti rivali,
te lo ricordi? Per te io avevo ucciso e sterminato chiunque si frapponesse tra me e il tuo desiderio. Già, il TUO desiderio
che ormai, a mio discapito, apparteneva anche a me.
Dovevo combatterti e dovevo ucciderti. Tu lottavi con
tutta la tua forza e io speravo che alla fine mi
difettassero la potenza o l’abilità e che fossi tu a vincere quel duello esecrabile.
Ma così non doveva essere e così
non fu.
Mi hai voluto donare la tua forza perché fossi pronto ad
affrontare il compito che mi avevi assegnato. Avevi pensato proprio a tutto! E io ti ho ucciso e dentro piangevo. Ti ho ucciso e morivo con te.
“Fammi tuo... completamente”.
Urlo.
Allora non l’ho potuto fare, per cui
lo faccio ora.
Urlo tutto lo strazio, la pena che ho provato nell’essermi
reso conto di avere un cuore solo nel momento in cui me lo sono trovato ancora
vivo e pulsante tra le mani. Lo vedevo spegnersi lentamente. Ed
era stato mio l’artiglio che me lo aveva strappato dal petto.
Quale maledizione hai lanciato su
di me in quel momento? Attraverso quale oscuro rituale hai
permesso che continuassi a vivere orbato di quel cuore che aveva imparato da
così poco a battere all’unisono con il tuo?
Conosco il nome del tuo incantamento. Si chiama ‘amore’, è così?
C’erano momenti in cui credevo di non farcela più e
prendevo la mia spada – la stessa che ha trafitto il tuo niveo petto adorato –
mi procuravo ferite che mi permettessero di trovare
l’ubicazione del tuo maleficio per poterlo infine divellere dal mio essere. E poi mi sentivo in colpa per ciò che stavo facendo perché
in quel modo venivo meno alla promessa che ti feci sulla mia stessa vita... no,
sulla TUA stessa vita, per me infinitamente più preziosa.
Sono stanco adesso, così tanto stanco. Il
rantolo che mi ha accompagnato fin’ora
si è molto affievolito, tanto che devo tendere l’orecchio e restare a lungo in
ascolto per riuscire ad udirlo. Luci e ombre passano davanti ai miei occhi
freneticamente senza mai unirsi andando a creare forme che abbiano
un senso.
Qualcuno mi sta toccando? Forse in un’altra vita e in un
altro tempo qualcuno mi tasta il polso per sentirne i battiti. O forse è una cosa che è già successa e che io sto solo
ricordando.
Illusi! Il mio cuore è morto già da molto tempo, cosa
sperate di trovare?
E adesso sono stanco... così
stanco...
-Puoi riposare ora.
Sorrido.
Sei arrivato finalmente.
-Ti sbagli, ero già qui.
Provo ad aprire gli occhi anche se so che questo sforzo mi
costerà tantissimo. Ma, al contrario di ciò che mi
aspettavo, mi rendo conto che non è affatto difficile.
Ti vedo!
-Cosa ti aspettavi? Certo che mi
vedi, sono qui!
Mi sorride gentile come sempre mi sorrideva.
Ma le altre volte... le altre volte eri
solo un sogno.
-Perché tu pensavi che lo fossi.
Bugiardo!
-Sono sempre stato con te.
Bugiardo!!!
Sospira abbassando la testa e i capelli che tanto amavo
gli scendono a coprirgli il viso ad un tratto
tremendamente triste.
-Non mi vuoi credere e non volevi
vedermi. Non mi ami più?
Non tormentarmi con una simile domanda, sai già qual’è la risposta!
-Eppure faresti bene ad odiarmi. Ti ho
fatto soffrire così tanto!
Avrei così voglia di toccarlo! Ma
ho paura che allungando la mano, essa rimanga a stringere l’aria come tutte le
altre volte.
Dove sei stato in tutto questo tempo?
-Te l’ho detto. Sono sempre stato con te.
Ma io non ti ho mai sentito!
-Eppure ti sorreggevo tra le mie
braccia. Non ti ho mai lasciato un solo istante.
Lacrime traditrici mi accarezzano le guance e singhiozzi
squassano l’andare già ansante del mio petto.
È così, so che è così! Se non mi fosse sempre rimasto
vicino non sarei riuscito ad andare avanti tutti
quegli anni, non sarei mai arrivato fino in fondo. Ma
ero così triste e amareggiato e solo con la solitudine potevo spiegare il mio
perenne malessere.
E ora? Che
sarà?
-Ora? Verrai con me.
Mi allunga una mano che io fisso incredulo con occhi
sgranati.
Dove andiamo? Io... sono troppo debole, non riesco a reggermi...
-Hai paura Taishakuten?
C’è dolcezza nella sua voce e anche una punta di ironia che riesce a risvegliare il mio spirito guerriero.
Sorrido.
Non ho paura se sei con me.
-Allora andiamo.
Afferro la sua mano meravigliandomi della sua effettiva
tangibilità. La stringo aggrappandomi a lei con tutte le mie forze. Provo ad
alzarmi e il mio corpo è leggero e risponde di nuovo con impeccabile
funzionalità.
-Che espressione buffa che hai! Non hai nulla di cui stupirti, le tue ferite sono completamente
guarite.
Lo so. La forza dei muscoli si tende sotto la pelle
tornata rosea ed elastica. Ricordandomi improvvisamente di qualcosa mi porto le
dita alla fronte, ma all’ultimo momento la mano esita.
Ashura-o mi sorride e si avvicina
posandomi un lieve bacio proprio dove dovrebbe esserci il terzo occhio... il
simbolo della mia colpa.
-Sei già stato perdonato. Non perdiamo altro tempo.
Andiamo.
Annuisco e sto per seguirlo.
Aspetta!
-Che c’è?
Mi guarda interrogativo, ma non contrariato.
Che ne sarà di tuo figlio e del prode
Yasha-o? In fondo, sono loro ad aver realizzato il
tuo desiderio, non io.
Scuote il capo sorridendo.
-Se non fosse stato per te, niente
di tutto questo si sarebbe mai realizzato e di questo ti sarò eternamente
grato. Ti mostrerò una cosa.
Mi passa una mano sugli occhi e quando la scosta mi rendo conto di non essere più nella mia stanza, ma
all’aperto. Mi guardo intorno un po’ frastornato finché
non metto a fuoco un gruppo di persone che riconosco.
Il giovane Ashura piange tra le braccia di Yasha-o. Per terra
giace il corpo privo di vita di Kujaku.
Che è successo?
-Kujaku ha dato la sua vita per
risvegliare mio figlio.
Questo è triste.
-Sì, lo è. Ma lui è morto felice.
In qualche modo, anche lui ha sconfitto il destino che era già stato scritto.
Osservo le due figure intimamente allacciate tra loro.
Saranno felici?
-Dipenderà esclusivamente da loro. Di sicuro resteranno
sempre assieme. Questa è la loro promessa.
Si volta verso di me e mi sorride e anch’io a lui, di
rimando.
Possiamo andare ora.
Annuisce e mi abbraccia appoggiando la testa sulla mia
spalla. Lo stringo a me inebriandomi di nuovo della sua presenza dopo tanto,
tanto tempo.
-Non ci lasceremo questa volta.
No. Né questa, né in futuro. Non ci lasceremo.
FINE