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The Story So Far

di Kourin



 

 “Acqua?”
Il bambino lo guardò incredulo, quindi si chinò e raccolse a piene mani la neve.
Aggrottò le sopracciglia, concentrandosi poi si lasciò sfuggire dalle labbra un’esclamazione sorpresa.
“E davvero acqua.” disse quasi a se stesso.
Sion rise sommessamente. Sarebbe bastato aspettare che si sciogliesse ma Mu era così affascinato dalla complessità della materia che ormai si sentiva quasi in colpa a impedirgli di soddisfare la sua curiosità. Respirò a fondo l’aria fredda e rarefatta. Amava la solitudine e la pace di quei luoghi, solo la possibilità di potervi tornare di tanto in tanto bastava a rasserenarlo; eppure quella possibilità non aveva mai equiparato la dolcezza e il calore del fuoco mite che gli scaldava il cuore dal giorno in cui le sue braccia avevano sostenuto per la prima volta il peso insignificante del bimbo che ora osservava con troppa serietà le cime che si stagliavano contro il cielo.
“Lo vedete signore?”
Sion abbandonò i propri pensieri.
“Cosa?”
“Laggiù…”
L’uomo si avvicinò quindi sorrise.
“Gli uomini chiamano quella grande pianura India, laggiù vive una persona destinata a grandi cose.”
Mu emise un suono lieve appoggiandosi con la schiena alle gambe del suo maestro. Aveva compreso che si stava riferendo ad un altro Gold Saint, come aveva afferrato nella sua voce calda la lieve incrinatura che compariva ogni volta che nei suoi ricordi si affacciava il ricordo dell’ultima guerra. Socchiuse gli occhi per proteggerli dal vento. A volte si chiedeva quanto quell’uomo gentile avrebbe vissuto ancora; era un pensiero che non riusciva a scacciare.
“C’è un motivo preciso per cui ti ho portato qui.”
Sion si chinò per sollevarlo e il bimbo si accoccolò contro il suo petto. Mu non sentiva freddo, il controllo del corpo era stata forse la prima cosa che Sion gli aveva insegnato, ma nessuno dei due avrebbe rinunciato a qui gesti di semplice tenerezza.
“La nostra gente è stata sterminata dalla sua stessa alterigia.” disse il Sacerdote mentre camminava senza fretta “ Il ruolo che ora ci compete è la nostra opportunità per riparare a quanto è stato fatto. Ci è stato dato un grande potere, proporzionale alle nostre colpe e non dobbiamo mai più lasciarci conquistare da esso. La via per l’inferno è ripida e sterile…tanto invitante quanto più è insidiosa, e tanto più difficile da riconoscere nel momento in cui finge di essere la giusta via.”
Mu sbatté le palpebre.
“Dite che il male può fingere di essere il bene?”
“Sì.”
Sion sospirò lievemente. Provava una strana sensazione ogni volta che affrontava certi discorsi, aveva la netta impressione di togliergli ogni volta un frammento di innocenza. Temeva di crescere un ragazzo disincantato, perfino cinico eppure era dolorosamente consapevole del fatto che un Saint non poteva rimanere un bambino troppo a lungo.
“Intendo dire “ continuò “che spesso il male indossa l’abito del ragionamento più logico, e il filo dei pensieri convince di stare agendo per il bene comune. Nessuno compie con tanta devozione il male come coloro che sono convinti di agire nella giustizia.”
Avvertì il lieve stringersi delle dita del suo allievo sulla veste, lo faceva sempre quando rifletteva su cose che faticava a comprendere.
“Quindi, un uomo può sbagliare convinto di agire nel modo giusto…” la voce del bambino risuonò stranamente matura “Questo non ha senso... anche se gli uomini hanno pensieri diversi ci sono cose che tutti percepiscono come buone…”
Sion rise piano.
“Abitiamo un unico pianeta eppure i popoli vivono in mondi completamente diversi…e ciò che è bene o male cambia a seconda degli occhi di chi guarda.” strinse leggermente le braccia “Il Tempio è solo uno di questi mondi, non puoi usarlo come strumento di misura per valutare l’umanità.”
Mu si piegò su se stesso, raggomitolandosi. Le parole di Sion lo avevano messo in ansia, pur non comprendendone il motivo.
“Guarda.”
Quella richiesta gentile lo scosse dalle sue riflessioni. Si sporse leggermente in avanti: un palazzo dalla foggia orientaleggiante troneggiava contro il cielo azzurro, in bilico sull’orlo di un precipizio.
“Che posto è questo?”
Sion lo appoggiò a terra e aspettò paziente che lo studiasse. Il bambino rimase fermo a lungo, con le dita intrecciate dietro la schiena e gli occhi socchiusi per proteggerli dal vento.
“Oh siete tornato, sono felice di rivedervi.”
La voce gli giunse chiara e profonda, morbida e ricca come la ricordava. L’uomo si inchinò profondamente, sorridendo mite.
“Long, signore.”
Lo spirito lo salutò con un rispettoso cenno del capo quindi si affiancò a lui. Osservò divertito il ragazzino che poco più in là, con le sopracciglia aggrottate, era così concentrato nel leggere la storia delle pietre da non accorgersi nemmeno della neve polverizzata che gli si stava accumulando attorno alle caviglie, né della sua presenza.
“Appartiene al tuo popolo.” constatò.
“Sì…è il primo dopo così tanto tempo.”
L’uomo scrollò leggermente le spalle.
“E’ la dimostrazione che sono davvero vecchio…”
Long scrollò le spalle, piegando accondiscendete le labbra.
“Non sei né un monte né un albero, sei un uomo perciò hai l’età giusta.”
Il Sacerdote rise piano, scostando una ciocca di capelli, tornando a concentrarsi sul suo allievo.
“Ho vissuto molto più di quanto ad un essere umano sia concesso... il mio tempo sta finendo, desidero solo che accada quando Mu sarà abbastanza maturo per comprenderlo e sopportarlo.”
Long gli gettò un’occhiata di soppiatto. Si era chiesto spesso perché a Sion non fosse stato concesso il privilegio che invece era toccato al suo compagno d’armi, controllare il santuario poteva dirsi un compito altrettanto importante.
“Il piccolo è già un Gold Saint.” constatò, invece.
“Sì.”
“Non è il solo ad essere tornato sulla Terra…questo non ti allarma?”
Sion piegò le labbra in un sorriso mesto.
“Non posso negarlo…accadrà quello che dovrà accadere. Io non ho certo il potere di impedire il corso del destino.”
“Certo che no, a nessuno è dato impedirlo…tuttavia non devo essere io a ricordarti quanto potere abbia l’intenzione di fare qualcosa…”
Sion rise, riversando un poco la testa all’indietro. Long gli gettò un’occhiata carica di affetto. Amava profondamente l’uomo che gli era accanto, il suo animo così pacato e gentile lo aveva conquistato secoli addietro, quando lo aveva visto onorare con le lacrime agli occhi i caduti della guerra, amici o nemici che fossero. Solo i Saints che avevano conquistato il suo cloth erano riusciti a smuovere così tanto il suo animo.
Mu ascoltò sorpreso la risata del suo maestro, non l’aveva mai udita tanto spontanea e tanto meno rivolta a degli estranei. Osservò con circospezione l’uomo vestito di seta gialla, riconoscendone in un istante la vera natura. Si avvicinò in modo composto, con la stessa regalità che aveva imparato dal suo maestro, quindi si inchinò, con rispetto e senza timore. Long rise piano, poco più di un suono profondo che gli vibrò in gola, quindi si chinò a racchiuse fra le sue le dita sottili del bambino. Osservò con gli occhi socchiusi i segni del suo apprendistato quindi gli sorrise apertamente.
“C’è una grande forza nelle tue mani…sono davvero lieto di sapere che tanto potere non le abbia scalfite.”
Mu piegò leggermente le labbra, nel sorriso magnificente che riusciva a mettere a disagio molti fra gli adulti del Tempio.
“Io sono stato scelto per essere un mezzo attraverso cui esso si manifesta il perciò posso sostenerlo…e voi lo avete saputo fin dal primo istante altrimenti non vi sareste mai azzardato a toccarmi.”
L’uomo gettò un’occhiata furtiva a Sion, divertito dalla sua lieve impertinenza quindi rise di nuovo, apertamente.
“Non si può dire che non sia stato educato da te.”.
Il Sacerdote distolse un istante gli occhi, arrossendo leggermente.
“In verità, spesso accade il contrario... e molto di ciò che potreste udire non ha nulla a che fare con quanto posso avergli insegnato.”
Long aprì la mano e si alzò.
“Tutti hanno da imparare da qualcun altro, ma capirlo è sicuramente un privilegio di pochi.”


*****

Saga si fermò sorpreso, quindi arretrò di un paio di passi e rimase con le spalle appoggiate alla roccia e gli occhi chiusi. Sion stava parlando nel consueto modo pacato, ma la sue voce risuonava incredibilmente chiara ora che non indossava la maschera poggiata con cura al suo fianco. Saga espirò lentamente, concentrandosi. Amava la lingua melodiosa e sconosciuta con cui il Sacerdote si rivolgeva al suo allievo, riusciva a trasmettergli una strana serenità, come se potesse acquietare il suo animo turbato. Provava un dolore sordo al pensiero che Sion stesse finendo il proprio tempo, pur accettandone l’inevitabilità. Una voce infantile si intrufolò tra i suoi pensieri. Avrebbe dovuto immaginare che il Sacerdote stesse istruendo il suo protetto, era l’unica persona a cui si rivolgeva usando quel linguaggio. In molti avevano trovato disdicevole che un uomo di tale rango si occupasse di un bambino ma ora, dopo così pochi anni, quegli stessi ben si guardavano dall’ incrociare lo sguardo severo di Mu.
D’un tratto Saga avvertì una fitta al torace. Si piegò in avanti, lottando contro la costrizione che avvertiva alla gola. Pregò, dal profondo, che quanto provasse non fosse la conferma di ciò che temeva più di ogni altra cosa.

*****

L’aria era fresca e il cielo terso, la notte incredibilmente silenziosa, quasi stesse osservando quando accadeva. Saga sbatté le palpebre, cercando di riordinare i pensieri e poi avvertì qualcosa sulle mani, vischioso e ancora tiepido. Sangue. Emise un suono strozzato quando scorse la figura accasciata a terra. Si inginocchiò al suo fianco, meccanicamente. Non avrebbe mai immaginato che il viso di Sion potesse conservare ancora tanta avvenenza dopo così tanti anni, sembrava avere poco più di quarant’ anni ma la sua parte oscura aveva compreso prima e meglio di altri che si trattava solo di un guscio che nascondeva la fragilità di un corpo sottomesso allo scorrere del tempo. Non avrebbe mai osato attaccare se non avesse avuto la certezza di uscirne vittorioso. Passò una braccio sotto le spalle della sua vittima e poi si concesse alla disperazione, coprendosi il viso con la mano destra.

“Dèi…” mormorò “Dèi…”
Avvertì un movimento lieve e trattenendo il respiro, con un filo di speranza, abbassò lo sguardo. Sion alzò una mano fino a toccargli il viso.
“Povero Saga.” sussurrò.
“Signore…”
“A quale destino ti abbandono…” sorrise comprensivo “Se non fossi stato tanto vecchio forse avrei saputo vegliare meglio su di te.”
Saga chiuse gli occhi con forza, soffocando un singhiozzo.
“Perdonatemi...”
“L’unico a cui devi chiederlo sei tu stesso…abbi la forza di farlo…e di concedertelo…” abbandonò la mano a terra “ La Dea sarà sempre al sicuro…ma se ti è possibile proteggi almeno Mu… perché non sarà un pericolo per…voi.”
Saga rabbrividì, piegandosi su se stesso.
“Farò..quanto sarà in mio potere…”
Non seppe mai se Sion l’avesse udito.

*****

All’alba il clamore del Tempio stava ormai scemando, Aiolos era morto e Athena scomparsa, ma avrebbe sicuramente avuto il tempo per trovarla ed eliminarla. Rise sommessamente, maligno, mentre camminava in perfetto silenzio sul lungo tappeto che conduceva agli appartamenti di Sion. La sua notte in fondo era cominciata da poco: soffocare Saga era stato facile, era troppo affranto e sfinito per riuscire ad opporre una resistenza valida. Si levò la maschera e si ravviò i capelli con un gesto rapido. Era davvero una fortuna che nessuno conoscesse il vero volto del Sacerdote, le tradizioni potevano rivelarsi parecchio utili. Si fermò d’un tratto. C’era qualcuno che conosceva Sion troppo bene perché potesse trarlo in inganno. Affrettò il passo. Mu si era accorto sicuramente della morte del suo maestro, doveva trovarlo prima che manifestasse i suoi dubbi.
Spalancò la porta delle stanze del Sacerdote con violenza, certo di trovare ciò che cercava.
Mu, seduto sul letto, alzò lo sguardo su di lui. Non aveva paura e Saga seppe all’istante che sapeva ogni cosa. Gettò la maschera a terra con indifferenza.
“Tu sai troppo.” sentenziò.
Il bambino non si mosse nemmeno quando lo vide levare la mano ma prima che potesse scagliarsi su di lui qualcosa lo trattenne. Avvertì i muscoli irrigidirsi e riconobbe il tentativo disperato di fermarlo.
“Taci!” sibilò
Si piegò su se stesso, cadendo sulle ginocchia.
“Smettila!”
Mu assistette impassibile al tormento dell’uomo che aveva di fronte, al mutare del suo aspetto e al suo lamento che si fece improvvisamente flebile.
Saga alzò il volto, cercando di riprendere fiato. Il bambino osservò il suo viso sconvolto, gli occhi arrossati dal pianto e riconobbe finalmente la persona cortese che si accompagnava spesso a loro e ad Aiolos. E d’un tratto i complessi discorsi che aveva udito sul bene e sul male acquisirono una dolorosa chiarezza.
Scese dal letto e si avvicinò all’uomo per posargli una mano sulla spalla. Non avrebbe mai più incrociato uno sguardo tanto disperato.
“Ho ucciso molte persone questa notte... voglio salvare almeno te…”
La voce dell’uomo giunse insicura, spezzata dal respiro affannoso.
“Giurami...che esiste un luogo in cui io non possa arrivare…”
“Ve lo giuro.”
Saga lo guardò senza capire il perché di tanto rispetto nella voce.
“Lo giuro all’uomo che mi sta pregando ora... perché sono certo che sarà qualcosa che la sua parte oscura non riuscirà a sapere.”
Saga chinò mesto il capo.
“E’ ben poca cosa rispetto alle mie colpe.”
Il ragazzino socchiuse gli occhi e intrecciò tra loro le dita, rimanendo in silenzio qualche istante.
“Io credo “ disse infine “ che l’inferno che vi attende sarà la più triste delle condanne.”
Tese la mano verso di lui.
“Perciò promettetemi di non lasciarvi tentare dal porvi termine fino a che non potremo risolvere ogni cosa.”
Il viso sorpreso dell’uomo si aprì in un sorriso mite e dolce e intrecciò il proprio mignolo con quello del bimbo. Saga realizzò a quel leggero contatto di avere di fronte ancora un bambino, regale e composto, ma pur sempre un piccolo certamente più scosso di lui da quanto era accaduto, con il coraggio di offrirgli la sua fiducia attraverso quel giuramento infantile.
“Cercherò di rimanere fedele a questa promessa.”
Sciolse le dita dalle sue e si concesse di circondare la figura minuta con le braccia.
“Sparisci senza lasciare traccia...scompari ora, prima che io perda del tutto il controllo.”
Gli poggiò le labbra sulla fronte, con gentilezza quindi si alzò e gli diede le spalle, soffermandosi ad osservare il sole nascente. Quando gettò un’occhiata dietro di sé la stanza era vuota.

*****

“Oh! Ma è davvero acqua!”
Kiki osservò sorpreso la massa bianca che si stava sciogliendo lentamente tra le sue mani, osservando curioso il modo in cui l’acqua gli colava tra le dita. Ridacchiò e affondò le dita nella neve fresca, perdendosi nei suoi pensieri infantili. Mu espirò lentamente: quella scena gli riportava alla mente ricordi dolorosi, anche se intrisi di dolcezza. Avvertì una presenza familiare accanto a sé.
“Long, signore.”
L’ospite sorrise.
“Questa scena non mi è nuova.” commentò.
Il Saint chinò il capo, sorridendo appena.
“Sì, avete ragione.”
“Ma tu non ti degnasti nemmeno di aspettare che si sciogliesse, troppo preso com’eri dal comprendere come fosse fatta.”
Mu arrossì leggermente.
“Ma quel piccolo non diventerà mai un Gold Saint…è questo che ti turba?”
“Se significasse che non ci sarà bisogno del suo sacrificio ne sarei più che lieto.. e forse anche lui potrebbe accettarlo più serenamente quando verrà il momento...”
"Ma nella sue dita c’è la tua stessa dote.”
L’altro si appoggiò alle rocce, espirando profondamente.
“Riunire il Cielo alla Terra è il dono del nostro sangue, è il solo motivo per cui non veniamo uccisi dai cloth che non ci appartengono…spero che questo possa essergli di consolazione.”
Long sorrise con gentilezza.
“Ciò che gli sarà di consolazione è il fatto che non smetterai di amarlo a causa del suo fallimento.” chinò il capo “ E spero con tutto il cuore che gli venga risparmiato il dolore che tu hai dovuto affrontare.”
Mu scrollò le spalle.
“Ognuno ha la propria via da seguire.”
L’ospite annuì in silenzio. Ritrovava spesso le parole di Sion nei discorsi che scambiava col suo allievo, anche ora ne poteva riconoscere lo sguardo carico di affetto posato sul bambino che stava ancora giocando fra la neve, completamente all’oscuro dei ricordi e delle lacrime che erano sepolte sotto di essa.