DISCLAMERS: I personaggi che appaiono in questa fic, a parte
Eny che è di mia pura e malsana invenzione, appartengono tutti al mitico
Takehiko Inoue che ringrazio tantissimo anche se non mi regala Ruru (LA
PREEEEEEEEEGOOO!!! LE FACCIO LE PULIZIE DI CASA PER 6 MESI!!!!! LE LAVO LA
MACCHINA!!!! LE PORTO LE CAMICIE IN TINTORIA!!!no ne? CATTIVO!!!)
Dimenticavo!! Jake e Luca (che per la storia prenderà il nome di Luke, scusa
Kit, ma Luca suonava male!! Mi perdoni vero? *_*) esistono realmente e
chiedo loro scusa perchè in questa storia non fanno una bellissima
figura..... ehmm....vvtttb ragazzi... non vogliatemene troppo a mele eh?
NOTE: allora, inizialmente era una Non-Yaoi, ma dato che mi
era uscita benino ho pensato di trasformarla!!^_-
Buona lettura a tutti!!
The red sun
of my end is rising
di Eny
Camminava da solo nell'oscurità di quel posto che non conosceva.
Attorno a lui solo tenebre fitte che non lasciavano trapassare nulla dalla
loro stretta oscura.
Quel
silenzio troppo inquietante per essere reale era rotto solamente dal
rieccheggiare dei suoi passi tremanti.
Non
correva, eppure il suo respiro era affannoso.
Angosciato.
Un'angoscia dipinta sul suo volto.
Stampata nei suoi occhi.
Rivoli di sudore percorrevano le linee morbide del suo viso, in quel momento
tirato.
I
suoi capelli neri come l'ebano scolpiti sulla fronte madida da quelle
goccioline che sembravano rugiada.
Gli
occhi blu come il mare e profondi come la notte erano sbarrati, spalancati
che spostavano il loro sguardo terrorizzato da un punto all'altro di quell'intensa
oscurità, nella speranza di vedere un bagliore tagliare le tenebre che lo
avvolgevano.
Ma
era tutto inutile.
Per
quanto si sforzasse, per quanto lottasse, le lunghe braccia della notte lo
ghermivano.
Lo
incatenavano.
Lo
asfissiavano.
Lo
opprimevano.
Mani
gelide intorno al suo collo gli uccidevano ogni parola.
Ogni
verso.
Dita
lunghe e affusolate entravano nella sua testa confondendone i pensieri e
formulando, come un anagramma, solamente frasi cariche di tormento:
"Dove
mi trovo...? Cos'è questo posto? Ho paura... "
Si
fermò in mezzo al nulla.
In
quel silenzio pesante come un macigno, gli parve di udire un lontano
lamento.
E lo
udì.
Un
pianto perso nel buio.
Distante.
Corse.
Prese
a correre verso quel gemito che era sempre più vicino.
E in
lontananza scorse una piccola fiammella di luce che tagliava come una lama
l'oscurità circostante.
Corse
più forte vedendo in quella fiammella un barlume di speranza di andarsene da
quel posto che sapeva di paura, di morte.
Una
sagoma a cui si avvicinava nella corsa per raggiungere e afferrare la
libertà.
Il
rumore dei suoi passi si mescolò al suo respiro pesante e ai tristi gemiti
di quella forma, che diventava più nitida man mano che si avvicinava.
A
pochi passi da lui di nuovo il terrore si impossessò del suo essere.
Stupore.
Paura.
La
sua speranza si spense.
Si
frantumò.
Lasciando come scia la disperazione.
La
sagoma era un bambino.
Un
bambino che piangeva con il volto seppellito nelle mani.
Un
bambino che aveva i suoi stessi capelli di ebano.
Che
aveva la sua stessa pelle di porcellana.
Che
aveva i suoi stessi lineamenti fini.
"N..non...Non può essere....non è vero..."
I
singulti di quel bambino arrivavano alle sue orecchie stridenti e acutti
come il suono di un vetro in frantumi.
Tremante si avvicinò al bambino.
Era
lui...
Non
aveva dubbi.
Era
se stesso da piccolo.
Non
poteva vedere il suo volto...
Ma
sentiva che era lui.
Ma
nonostante ciò... mentì...
-E..ehi piccolo... Cosa ti è accaduto....? Sai dirmi...Tu sai dove ci
troviamo?- Mentì
Mentiva a se stesso...
Chiedeva a se stesso la risposta alle sue stesse domande.
La
sua proiezione infante si limitò ad alzare un braccio...indicando un punto
impreciso di fronte a se.
Seguì
il dito di quel se stesso, annegando ancora una volta lo sguardo nella più
tetra oscurità...
-Li'
dove...? Dove devo andare....? Cosa c'è li'?- la sua voce di isterica paura.
Il
suo sguardo di pazza disperazione.
Tra i
singulti la sua stessa voce da bambino gli rispose:
-Di
la'....Vai la'-
Non
mostrava il suo volto...
Non
mostrava i suoi occhi.
-Perchè..? Cosa c'è la'?! Parla per Kami!!!- uno strillo acuto come lo
stridere dei freni.
Tremava di rabbia e disperazione.
E tra
i singhiozzi...si dette la risposta...
-Vai
la'...- Alzò il volto girandosi verso il se stesso adulto e tremante.
Trattenne un urlo limitandosi a cadere all'indietro terrorizzato.
Un
volto troppo grande per essere di un bambino.
Un
ghigno enorme.
Malefico.
Innaturale.
Che
copriva il volto intero.
E due
occhi enormi.
Rossi
come il sangue dalla pupilla nera come il catrame.
Il
suo respiro affannoso e terrorizzato...
Puro
panico....
-..Assassino...- sibilò il mostro per concludere la frase con una voce
sottile e tagliente volata a lui come un sussurro inquietante.
Barcollando si rialzò ancora con gli occhi sbarrati per l'orrore, mentre il
mostro tornava a singhiozzare nascondendo quel viso demoniaco tra le mani.
Scappò via da quell'immagine spaventosa correndo nelle tenebre fino a
sentirsi i polmoni scoppiare, voltandosi constatando che era tornato ad
essere circondato dal buio più fitto.
Si
fermò continuando a camminare mentre nella sua mente quel volto era inciso a
fuoco e quella parola marchiata nel suo cuore...
"assassino..."
Rimbombava...
Tuonava...
Bruciava...
"Assassino...Assassino!.... Assassino!!!"
Sull'orlo del tracollo esplose...
-Bastaa!!! Voglio andarmene!! Non ce la faccio più!!!! Fatemi andare
via!!!!!!-
Si
accasciò al suolo preso dalla pazzia e dallo sconforto.
-Voglio andarmene da questo incubo...-
Le
mani immerse nei capelli neri come le piume di un corvo.
Gli
occhi di zaffiro chiusi per non vedere il nulla.
Le
sue membra scosse dalle mani crudeli della paura che devastava ogni sua
cellula.
Un
cigolio accanto a lui gli fece alzare lo sguardo.
Vide
una sedia a dondolo che ondeggiava ritmicamente accanto a lui.
E su
quella sedia vide un ragazzo.
Capelli d'ebano.
Pelle
di porcellana.
Non
vedeva il volto, coperto da quei fili di seta nera.
"Ora
basta..." scatto in piedi furioso.
Ma
quando si portò di fronte a quel nuovo se stesso... ancora una volta non
potè che restare pietrificato.
Dondolava quel dondolo, col corpo mollemente abbandonato su di esso...
La
testa reclina su un lato....
Una
testa che non aveva volto....
I
capelli fini poggiavano delicatamente sul rosa pallido di un volto senza
occhi....
Senza
naso...
Senza
labbra....
Liscio e roseo come raso...
E
ancora una volta indietreggiò terrorizzato.
Per
poi constatare che quelle mani pallide reggevano in mano una maschera...
Una
maschera col suo viso...
Due
occhi profondi come l'universo persi nel vuoto.
Le
sue labbra rosee
La
sua carnagione bianca---
Un
sibilo uscì dalle labbra di quella maschera che arrivò alle sue orecchie
come un urlo inquietante:
-Sempre dritto....Assassino....-
"Assassino....Assassino..." rimbombava nella sua testa.
Martellava nel suo cuore.
Graffiava nella sua anima.
-Ora
basta!!!!!!- si scagliò contro quel se stesso senza volto ma che sparì
appena lui tentò di sfiorarlo.
Ancora una volta si accasciò su quel suolo che non vedeva.... che non
esisteva...
"Voglio solo uscire da qui... Voglio andarmene... Non ce la faccio più...."
Strinse i pugni.... doveva andare avanti...
Forse...Sarebbe uscito da quell'incubo...
Se
fosse andato sempre dritto.... forse se ne sarebbe andato da quell'incubo
Proseguì in quel buio che lo faceva sentire pesante...
Era
stanco.
Depresso.
Disperato.
Terrorizzato.
Ogni
passo che faceva si sentiva trascinare sempre più profondamente nell'oblio
della rassegnazione.
Avrebbe voluto morire...
E fu
allora che sentì una voce.
Una
voce allegra che cantava.
Titubante si mise a seguire quella voce che pareva lo chiamasse.
E in
lontananza vide un bambino che saltava con la corda.
E man
mano che si avvicinava le parole di quella filastrocca diventavano più
nitide...
Una
filastrocca macabra che arrivava alle sue orecchie come un violento boato...
-C'erano
una volta degli assasini
dai
lunghi e affilati canini
Il
più bello a me si avvicinò
e con
i lunghi canini mi addentò!!!
C'erano una volta degli assassini
dai
lunghi e aguzzi canini
Il
più alto a me si avvicinò
e con
un morso mi ammazzò!!! -
Si
avvicinò a quel bambino come una marionetta senza fili...
Come
un corpo senza anima...
Gli
occhi vacui che si perdevana nel nulla...
La
filastrocca gli suonava in testa come un'incessante ritornello.
Il
piccolo smise di saltare e di voltò sorridente.
-Ciao
assassino!- disse allegramente - Dai, vieni con me! Ci divertiremo!-
Si
lasciò prendere per la mano e trascinare nel buio da quel bambino.
E i
suoi occhi vacui e persi si posavano su di lui.
Gli
stessi occhi color del cioccolato...
Quegli occhi in cui tante volte era annegato, in cui tante volte aveva visto
quella luce innocente da bambino cresciuto...
Gli
stessi capelli rossi come il sole al tramonto...
Gli
stessi capelli fulvi tra cui, tante volte, aveva passato le sue mani
candide...
La
stessa pelle di bronzo...
Quella pelle che tante volte aveva accarezzato, morso, assaporato...
La
stessa voce allegra e calda.
La
stessa voce che gli aveva riscaldato il cuore....
Lo
stesso sorriso che gli cancellava ogni tristezza...
Le
stesse mani con cui lo accarezzava teneramente....
Ora... Lo agghiacciavano...
Guardava quel bambino senza vederlo veramente....
Ad un
tratto il ragazzino si fermò e lasciò la sua mano.
Allora si ridestò dal trans in cui era caduto.
Il
bambino gli sorrise.
E
indicò davanti a se.
Con
timore seguì il dito che puntava a una breve scalinata.
Dove
sulla cima giaceva una bara.
Il
suo cuore mancò un battito per poi martellare nel petto come se lo volesse
lacerare.
Una
cassa bianca come la neve.
-Avanti assassino! Vai!- lo incitò con un sorriso.
Senza
rendersene conto cominciò a salire quei gradini senza distogliere lo sguardo
dal feretro latteo.
Uno...
Due...
Man
mano gli scalini che lo separavano dalla meta diminuivano....
La
sua inquietudine aumentava.
Un
solo scalino lo separava da quella bara aperta in cui scorgeva solamente dei
fiori colorati.
Tremando salì l'ultimo scalino e si sporse per vedere il corpo esanime che
custodiva, tremante come un pulcino bagnato.
Una
sensazione di gelo gli pervase il corpo.
L'aria non arrivava ai suoi polmoni.
Tutto
il suo essere tremava spasmodicamente.
Versi
strozzati uscivano dalle sue labbra mentre i suoi occhi blu come la notte
osservavano terrificati il corpo.
I
suoi capelli rossi come i petali dei papaveri che cadevano sul poggiatesta
come un delicato lenzuolo.
Come
tanti graffi sul cuscino di seta bianca.
La
sua pelle solitamente dorata ora tanto pallida.
Il
suo dolce volto rilassato in un espressione serena.
Le
sue braccia adagiate al ventre mentre nelle sue grandi mani erano sistemate
delle rose azzurre...
-Ti
prego... apri gli occhi... non ci credo... ti prego non lasciarmi piccolo!!-
E per la prima volta pianse.
Lacrime di disperazione gli solcavano il viso sconvolto mentre accarezzava
veemente il volto di quel ragazzo e le braccia nel tentativo di scrollarlo
da quel sonno, da cui era impossibile ridestarlo.
-Hana...
Ti prego non lasciarmi... Non puoi morire... ti prego svegliati tesoro...-
Tra i singhiozzi invocava quelle preghiere dettate dalla disperazione.
E
mentre accasciato sul bordo della bara piangeva le sue lacrime stringendo la
mano fredda del suo Hana, un'ombra gli giunse accanto facendogli alzare il
volto stravolto.
Accanto a lui un ragazzo alto.
I
capelli a punta e gli occhi blu.
Lo
sguardo insolitamente serio..
-S..Sendoh!- singhiozzò
Ma
Akira lo guardava gelido con gli occhi fissi su di lui.
Le
sue labbra in genere piegate in un solare sorriso, ora erano chiuse in
un'espressione gelida velata d'odio...
E
quelle labbra si schiusero in un sussurro:
-Assassino...- e poi fu di nuovo inghiottito dalle tenebre da cui era
comparso.
I
suoi occhi si spalancarono per lo stupore balzando in piedi in preda alla
frustrazione e allo sconforto:
-Non
è vero!! Non l'ho ucciso!!!- Si girava di scatto per scrutare nell'ombra
giustificandosi all'oscurità.
-Assassino...- si voltò e vide Mitsui prima che anch'esso scomparisse
-Io...Io
l'amavo... Non...-
-Assassino...- dalla parte opposta anche Miyagi si dileguò.
-Assassino...-tuonò Akagi.
-Assassino...-sentenziò Ayako.
-Assassino...-bisbigliò Kogure.
Uno
dopo l'altro tutti i suoi compagni comparivano come fantasmi e si
dileguavano nell'scurità come tali dopo aver pronunciato la gelida parola.
-Io
l'amavo... Non lo volevo uccidere... è stato un incidente... Non volevo...
Non sono un assassino!!!-Urlava tra i singulti.
Ma
nessuno pareva credere a quelle parole.
In
uno stridio di violini un vortice di voci e di immagini confuse lo
avvolsero...
Tutte
quelle voci che ripetevano sempre la stessa parola:
-Assassino!
-Sei
un assassino!!!-
E
giravano sempre più veloci tanto che non si riusciva a distinguere nessuna
figura.
E lui
urlava terrorizzato e confuso mentre ancora nella mano stringeva quella del
ragazzo.
Ma le
sue urla si perdevano nel frastuono circostante.
Il
bambino che l'aveva condotto lì, camminava attraverso quelle forme e colori
vorticanti avvicinandosi a lui con sguardo serio.
E con
voce sussurrata riuscì a sovrapporsi alle altre:
-Sei
un assassino...Mi hai ucciso...- un sibilò che tuonava più di ogni altro
urlo.
-Tu
menti!!! Non sei lui!! Non volevo!! Io non volevo!!- Strillò disperato
mentre il bambino lo fissava con sguardo accusatore.
Gli
girava la testa...
Quei
colori...
Quelle urla...
Quel
sussurro...
Lo
stavano portando alla follia...
Mentre ancora strillava la sua disperazione, la mano che stringeva si mosse
zittendolo di colpo...
Si
girò di scatto verso quel corpo esanime...
Durò
tutto un secondo...
Quegli occhi chiusi per sempre si spalancarono di scatto fissando il vuoto
gelidi e impenetrabili...
Le
sue labbra pallide scandirono un sussurro che zittì il caos circostante..
-Assassino...-
Spalancò gli occhi...
Le
pupille si ridussero a due minuscole fessure...
Il
suo volto pallido diventare più bianco della luna...
E si
ritrovò madido di sudore ad urlare al nulla con le mani congestionate che
stringevano il candido lenzuolo che lo copriva.
Seduto sul letto ansimava come se avesse corso per chilometri.
Goccioline di sudore scendevano delicatamente sul suo volto descrivendone i
delicati lineamenti.
I
suoi sottilissimi capelli neri come la notte più scura erano scolpiti sulla
fronte.
Con
un sospiro si passò una mano tra i capelli e si alzò dal letto su cui si era
addormentato.
Andò
alla finestra senza neppure preoccuparsi di cambiare i vestiti ormai madidi.
Si
specchiò nel vetro su cui ondeggiavano goccioline di pioggia che scorrevano
sulla fredda superfice descrivendo disegni immaginari durante il loro
percorso.
Il
cielo plumbeo lavava quella città ormai silenziosa, versando tutte le sue
fredde lacrime.
Si
era addormentato ancora.
E
ancora aveva sognato.
Si
sentiva davvero distrutto e stanco negli ultimi tempi...
Bhè...dopo
tutto...era normale che fosse così... ormai...il tempo stava scadendo...
Sospirò nuovamente prima di lasciarsi scivolare lungo la finestra fino a
sedersi sul piccolo davanzale interno.
Appoggiò il volto al vetro freddo e con sguardo perso guardava la pioggia
cadere.
A lui
era sempre piaciuta la pioggia.
La
fredda e sottile pioggia che gli scorreva sul viso facendogli dimenticare
tutti i suoi guai e problemi.
La
fredda e sottile pioggia che gli scorreva sul corpo come una gelida carezza.
Camminare nelle strade deserte e tristi di una città ormai spenta da cui il
cielo tenta di risvegliare l'antico splendore con le sue tristi lacrime.
Ma
ormai il tempo ha spento una viva città come era Kanagawa.
Gli
sarebbe piaciuto uscire e calpestare il suolo di una capitale che dalla
pioggia veniva addormentata... sentire le dolci carezze della pioggia che
non erano lacrime ma bensì sottili goccie di tranquillità.
Ma
ormai Kanagawa non era più una città che con la pioggia si addormentava.
Kanagawa ormai era una città spenta.
La
pioggia non era più una piacevole carezza che coccolava la metropoli fino a
farla addormentare fino a che i caldi raggi del sole non la accompagnavano
al risveglio.
Ormai
la pioggia era solo un pianto del cielo, solo tristi lacrime.
Tristi lacrime in una città spenta.
O
forse lui la vedeva così solo perchè era il suo cuore spento e triste?
Forse
che la pioggia lui la vedesse come tristi lacrime, solo perchè quelle
goccioline erano come le sue di lacrime che scorrevano impetuoso sul suo
volto?
Era
ormai da tanto, forse troppo tempo, che nulla gli poteva donare emozioni
felici.
Non
una sola alba, non un solo raggio di sole riuscivano a riscaldarlo.
Era
da tanto che, ormai, sentiva freddo.
Un
freddo che veniva da dentro il suo cuore, dall'interno della sua anima e che
nulla sarebbe mai riuscito ad affievolire.
Guardò stancamente l'orologio a muro che segnava le sei del pomeriggio.
Per
l'ennesima volta sospirò rassegnato.
Mancava così poco, eppure dopo così tanto tempo che attendeva, quelle ultime
ore gli sembravano le più lunghe.
Il
suo sguardo spento si posò su una foto velata dalla polvere.
Una
foto che ritraeva lui ed Hana insieme.
Il
quella foto un leggero sorriso increspava le sue labbra mentre sul dito
faceva roteare una palla da basket arancione. Hanamichi era accanto a lui
col sorriso solare che lo caratterizzava. I suoi capelli rossi come il fuoco
scompigliati dal vento leggero.
Ed
era appoggiato a lui col braccio piegato che fungeva da appoggio.
Nel
momento esatto che i suoi occhi si posarono su quella foto,
i
suoi occhi si svuotarono e la sua mente cominciò a vagare infrangendo le
barriere del tempo...
###
Un
campetto deserto illuminato solo dal rosso fuoco del sole al tramonto.
Il
vento muoveva lievemente le foglie che rotolavano sull'asfalto rosato e
liscio di questo.
Un'ombra stagliata sull'asfalto si muoveva agile.
Il
suo proprietario con grazia ed eleganza insaccava nel canestro la sfera
arancione...
All'improvviso si bloccò e chiuse gli occhi abbassando le braccia
rassegnato...
Un
vento più forte degli altri, fece volare le foglie lontane...
Le
ombre sull'asfalto ora erano tre...
-Kaede, Kaede, Kaede! Come ti vanno le cose? Tu lo sai che giorno è domani
vero?- Cantilenò con scherno un ragazzo incredibilmente bello dagli occhi
verdi come smeraldi che brillavano di una luce malvaglia.
I
suoi capelli biondi lunghi fino alle spalle erano legato in un codino, anche
se la frangia gli cadeva ai lati del volto perfetto e pallido che
incorniciavano. Il suo fisico era slanciato e i jeans e la giacca di uguale
tessuto facevano risaltare le sue forme perfette.
Il
ragazzo accanto a lui era altrettanto bello e la somiglianza con Kaede era
impressionante. Gli occhi erano blu come la notte, i capelli neri come pozzi
di catrame tagliati corti, l'unica differenza con quelli di Rukawa era che
non aveva frangia ma ciuffi ribelli che gli poggiavano sui lati del volto
diafano. Era alto più o meno come il suo compagno e la sua espressione
sembrava piuttosto divertita.
"E
come faccio a non saperlo... Idiota...."
-Nh...- dalle sue labbra non uscì che quel verso freddo e distaccato, mentre
con lo sguardo tagliente fissava il biondo che gli si stava avvicinando con
fare arrogante
-Sempre di molte parole...vero Ruru?- le sue dita sfiorarono il suo volto,
mentre l'espressione del ragazzo non mutava
-Togliti dai piedi Jake...- Il ragazzo si scansò ridendo
-Il nostro volpacchiotto è nervosetto!!- Kaede strinse i pugni fino a
sentire le unghie penetrare nella pelle. Solo una persona poteva chiamarlo
così... e nessuno dei due ragazzi li presenti erano quella persona!
-Ti stai arrabbiando! Cos'è, non ti piace volpacchiotto? Eppure ci risulta
che il tuo soprannome sia proprio Kitsune... Vero Luke?- si voltò divertito
verso il suo amico che sorrise incorciando le braccia al petto e spostando
il peso sulla gamba destra
-Chiudi quella fogna!- sibilò Rukawa.Jake lo ignorò:
-Gira voce che ti sei trovato un rossino per domani! Come si chiamava..?-
disse pensieroso -Hiro...Hari...No! Hana...- disse con un ghigno. Kaede
afferrò il colletto di Jake fino a portare il suo viso, che non abbandonava
la sua aria strafottente , a pochi centimetri dal suo.
-Non nominarlo mai più...mai più, capito?- sibilò minacciosamente. Jake
abbassò le mani di Kaede senza smettere di fissarlo negli occhi.
-Attento Rukawa...Credo che la situazione ti sia sfuggita di mano... Vedi di
non fare idiozie...Non farci sfigurare, mi raccomando!- disse avvicinandosi
a Luke che aveva assunto un espressione seria
-Le voci che girano su di te non sono affatto piacevoli lo sai? A noi
francamente non importa nulla, puoi fare quello che ti pare, ma vedi di non
coinvolgere anche noi con le tue azioni...- per la prima volta parlò Luke
con voce calma e ferma, mentre Jake si portò accanto a lui. Quando terminò
la frase un vortice d'aria li avvolse facendoli sparire..
Guardò le foglie ricadere per terra mentre gli ultimi raggi del sole
scomparivano all'orrizzonte lasciando il campetto avvolto nella penombra...
Poi.... Durò tutto un'attimo... il tempo di un battito di ciglio...
Occhi anocciola spalancati dallo shock..
La
paura dipinta sul volto...
Un
sussurrò strozzato in cui si percepiva una frase carica di angoscia:
-Cosa sei tu?...-
###
Distolse lo sguardo dalla foto sfuggendo a quei ricordi dolorosi.
Sentiva gli occhi umidi, e, toccandosi la guancia, si sorprese di trovarla
bagnata. Una sola lacrima era sfuggiata al suo controllo scendendo sulla sua
guancia.
"Non
volevo lo scoprisse così... non volevo... è tutta colpa mia..." Un'altra
lacrima gli rigò il volto... un'altra...
Presto le lacrime tornarono a scorrere su quel volto pallido arrossandone le
gote.
E si
ritrovò seduto su quel davanzale con le ginocchia raccolte con la testa
sprofondate in esse, scosso dai singhizzi di un pianto dalle lacrime che non
pensava di poter versare ancora...pensava di averle ormai versate tutte...
E ora
invece si trovava ancora a singhiozzare...
Lacrime le sue, come quelle del cielo, lacrime su una città spenta e vuota
come ora era il suo cuore...
Immagini confuse di un passato che non si può dimenticare, parole di una
vita che ormai era morta da tempo...
Ricordi di un giorno dove alla sua esistenza era stata concessa la
possibilità di vivere, ma alla sua vita di spegnersi...
###
-Solo per questo sei stato con me?!- lacrime dopo un racconto che suona
assurdo.
Urla isteriche di disperazione e incredulità.
Una risposta...un conforto...una promessa..
-No...Non lo farò mai... Domani io morirò...- una decisione presa quando la
consapevolezza che non era un gioco ciò che sentiva, si era fatta largo nei
suoi pensieri...
Gli occhi chiari allargarsi dallo stupore.Non poteva lasciarlo...
Lui non poteva morire!
Il
suo mondo crollò inesorabilmente mentre ancora vedeva soltato lacrime in un
futuro dove lui non c'era...
Che lo mordesse!
Che lo uccidesse!
Che si sfamasse!
Che gli facesse quello che voleva!
Non aveva la forza, non aveva il coraggio di affrontare la sua morte...
Soprattutto se era a conoscenza che poteva fare qualcosa per salvarlo...
Era egoista...lo sapeva... ma non avrebbe sopportato altra sofferenza...
Lui doveva vivere!
E
volente o nolente...
Avrebbe continuato a farlo...
Le
scongiure e le preghiere per dissuaderlo dalla sua decisione:
-No!! Ti prego non farlo!!! Non puoi!! Cosa...-Un sorriso amaro a fermare
quelle suppliche.. un dito sulle labbra rosee
-Quando sarai vecchio, tra cent'anni...verrò a prenderti!- disse in tono il
più naturale e allegro possibile... ma sembrava che non servisse a placare
il dolore della persona che più di tutte contava nella sua esistenza...
-Basta che non mi vai con Mr.Smile...altrimenti ti porto via prima!- un
sorriso forzato...una sua risata nervosa. Un suo caldo e bisognoso
abbraccio.
-Non voglio diventare vecchio...Se la metti così...vado da Sendoh domani
mattina...- un sorriso amaro sul volti di entrambi.
Era egoista e lo sapeva...
Ma
l'idea di ucciderlo per continuare la sua vuota e interminabile esistenza lo
distruggeva...
Non poteva farla morire...
Non doveva...
Soprattutto se sapeva che avrebbe dovuto ucciderlo...
Volente o nolente...
Lui doveva vivere....
###
Si
asciugò le lacrime e si alzò dal freddo balconcino per sedersi su una
poltrona, rannicchiandosi mentre sprofondava in uno stato di dormiveglia, in
cui i ricordi erano i suoi unici sogni e compagni.
L'orologio scandì le nove di sera...
La
notte scendeva piano su quella città ormai spenta...
Il
cielo aveva smesso di piangere e ora quella distesa infinita era blu
trapuntata di stelle che risplendevano pallidamente in confronto alla
luminosa luna che quella notte vegliava sul quella città ormai morta.
Freddo.
Sentiva freddo.
Il
suo corpo scosso da violenti tremiti.
Nella
sua mente immagini passavano veloci martelandogli le tempie.
Pulsavano, dolevano.
Rieccheggiavano voci lontane, arcaiche che sembravano venire
dall'oltretomba.
###
Si
sentiva stanco...
Debole....
Sentì qualcuno battere alla porta...
La
sua voce stanca e lontana mandare via il visitatore...
Il
bussare più insistente, più pesante...
Finchè con un tonfo sordo, che nella sua mente rieccheggiò lontano, l'uscio
cadde a terra lasciando vedere un ragazzo dai capelli rossi....
Gli occhi castani...
Un
sorriso ironico....
E
qualcosa di lucente nella mano...
Stupore e confusione....
I
suoi sensi offuscati...
La
sua mente annebbiata...
Vide quel ragazzo tanto conosciuto e amato avvicinarsi ...
E
quell'oggetto argenteo risplendere ancora di più nella sua mano...
Una frase detta con ironica determinazione:
-Facciamo che sono io a venirti a prendere? Non ti lascerò morire...Mai!-
Il
freddo oggetto passare sul palmo aperto lasciando una scia rosso
carminio....
Un
rosso che colava sulla mano aperta davanti ai suoi occhi....
Panico...
Paura...
Terrore...
Le
mani arpionate alla poltrona...
Vedere quella mano avvicinarsi al suo volto...
Non doveva cedere...
Si
morse le labbra a sangue per non cedere a quella visione...
Ma
poi...
Quella mano scarlatta si posò sulle sue labbra...
E
li' la ragione lo abbandonò....
Sentiva la sostanza calda e dolce un po' metallica nella sua bocca
assetata....
Prese il polso con forza e poi...
Il
buio....
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Frammenti di emozioni...sensazioni vaghe invadevano le sua mente, i suoi
sensi mentre convulsamente girava la testa a scatti annaspando...
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nella sua mente solo la piacevole sensazione dell'ambrosia scarlatta
scendere lungo la sua gola arida...
La
tenera carne lacerarsi e il sangue scorrere ancora nella sua bocca
ritemprandolo...
Gemiti di dolore...
Un
respiro affannoso...
L'arto che prima gli artigliava la spalla che esanime mollava la presa
cadendo stancamente toccando il suolo con un fruscio...
Il
corpo, che con violenza teneva tra le sue braccia, accasciarsi senza
forze...
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Si
alzò di scatto dalla poltrona ancora in preda alle visioni...
Le
mani nei capelli mentre urlava disperato con gli occhi serrati...
Sbandava...
Cadeva e si rialzava...
Con
urla isterice e gesti violenti svuotava le mensole facendo cadere ciò che
reggevano schiantandosi al suolo con fragore mentre nella sua mente riviveva
quei momenti terribili....
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La
ragione ritornare in lui...
La
paura e lo sgomento impossessarsi della sua mente...
Inorridito guardare il corpo tra le sue braccia che tirava i suoi ultimi
respiri...
L'aria che non voleva arrivare ai suoi polmoni...
La
pazzia insinuarsi e avvolgere i suoi pensieri con le sue spire...
E
la voce delle sua salvezza e rovina:
-Non ti avrei mai lasciato morire per me... Vivi Kaede...ci vediamo tra
cent'anni...-
Uno stanco sorriso...
Le
palpebre farsi pesanti....
E
chiudersi per riposare per sempre...
-No...Non può essere...-
Uccisa...
L'aveva uccisa...
Un
urlo che faceva gelare il sangue nella vene rieccheggiò in quell'aria satura
di disperazione...
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Un
urlo che faceva gelare il sangue nelle vene rieccheggiò in quell'aria satura
di disperazione...
Si
acasciò al suolo in preda al dolore lancinante che gli squarciava il petto.
Si
alzò barcollando e con un pugno ruppe in mille pezzi uno specchio producendo
un suono agghiacciante.
Cadde
sui frammenti affilati che penetravano nella carne delle sue gambe e delle
sue mani mentre, in sincronia, riviveva i fatti di quel giorno atroce...
Questo era il suo castigo....
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Per la disperazione cominciò ad urlare e a distruggere tutto quello che gli
capitava tra le mani.
Con un pugno ruppe uno specchio e si accasciò sui frammenti lasciando che
gli penetrassero nella carne delle gambe e delle mani....
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Come
allora, come quel giorno, con mano tremante prese un frammento abbastanza
grande di quella superfice speculare, che ora rifletteva il suo volto
contratto dalla pazzia e dal dolore...
Come
quel dannato giorno, sollevò l'altro braccio tremante rivolgendo il palmo
all'insù sporco del suo stesso sangue costellato da piccoli frammenti
lucenti...
Tremando fece passare l'affilata scheggia sul polso recidendone la carne e
la vena....
e
come quel giorno un fiume di sangue cominciava a scorrere sulla pelle
candida....
Voleva moririre... come quel giorno....
Voleva raggiungerlo...come quel giorno....
Ma
come quel giorno.... la ferita scarlatta si rimarginò lasciando il suo polso
candido macchiato di sangue...
Altre
urla si aggiungevano a quelle del vento che impetuoso soffiava in quelle
strade deserte...
La
pendola appesa al muro scandì i dodici rintocchi della mezzanotte portando
su di se l'attenzione del ragazzo...
Altre
immagini...
Altre
parole si scandirono nella sua mente....
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Mentre dava voce alla sua disperazione due figure comparvero dietro di lui.
Si girò di scatto con lo sguardo pieno di dolore e, appena vide i suoi
coetanei, si alzò di scatto afferrando per il colletto il ragazzo dai
capelli biondi che rideva divertito
-Uccidimi!!!- ordinò.
Loro erano gli unici che potevano dare fine alle sue sofferenze...alla sua
agonia... solo uno della sua stessa razza poteva mettere fine ai suoi
giorni...
-E
perchè dovremmo farlo?- disse con scherno Luke
-Uccidetemi!!!- ripetè isterico -Voglio morire!!!- e i due continuarono
sadici a ridere.
La
rabbia lo divorò.
Si
scagliò contro Jake colpendolo con un pugno che lo fece schiantare contro il
muro. Il ragazzo si rialzò ridendo.
-Bel modo Rukawa! Ma puoi provocarci, picchiarci, ma non ti uccideremo mai!!
Vederti scomparire per sempre sarebbe una grande soddisfazione, ma vedi...-
-L'idea di vederti morire tra le sofferenze e il dolore in cent'anni...ci
alletta di più...- finì Luke la frase iniziata da Jake
-Bastardi!!- sbottò prima di scagliarsi contro quel ragazzo dagli occhi blu
come il mare per prenderlo a pugni... Doveva farsi ammazzare...anche per
errore...quei due dovevano ucciderlo...
Luke afferrò come se nulla fosse il polso di Rukawa bloccandolo a pochi
centimetri dal suo viso.
-Ricordati Rukawa- disse freddo il moro -Quando allo scoccare della
mezzanotte che scandisce la fine dei cent'anni...L'alba del nuovo giorno
accarezzerà con i suoi raggi il tuo volto...solo allora la tua esistenza
giungerà al capolinea...solo allora...- Kaede si lasciò cadere sulle
ginocchia mentre Luke concludeva la frase...Dopodichè i due sparirono
lasciandolo solo con la sua disperazione...
Scosso, sconvolto...
Totalmente annientato si guardava le mani tremuli sussurrando come una
mantra
-Che cosa ho fatto?-
E
poi quel suono lontano...
Quel gemito strozzato...
Quella mano grande sulla spalla...
Si
voltò completamente distrutto e incontrò quegli occhi azzurri lucidi per le
lacrime che tenava di trattenere...
Le
sue pupille si ridussero a due fessure per la paura...lo stupore...la
vergogna..
-Akira...- riuscì a sussurrare prima che questi non lo zittisse con un mesto
diniego del capo...
-Io...so tutto Rukawa...- disse in un soffio -O perdevo lui o te... e in
entrambi i casi avrei sofferto tantissimo...- Le lacrime che fino a quel
momento aveva trattenuto cominciarono a scorrergli sulle guance mentre si
rifiutava di distogliere lo sguardo dal parquet -Sei uno dei più cari amici
che abbia mai avuto, e che continuo ad avere, nonostante gli inizi non siano
stati dei migliori...- Rukawa continuava a guardarlo totalmente incapace di
proferire parola travolto dagli eventi.
-Chiunque dei due fosse morto sarebbe stato egoista nel farlo perchè avrebbe
privato la persona rimasta in vita dell'essere più importante della sua
esistenza, costringendolo comunque a vivere per non rendere vano il
sacrificio dell'altro... E so che tu sei costretto a farlo per altri cento
anni....Mi dispiace Rukawa...Mi dispiace tantissimo...Io...- Non terminò mai
la frase perchè iniziò a singhiozzare accasciandosi al suolo mentre Kaede
sembrava squotersi dall'apatia in cui era caduto...
-è
colpa mia, solo mia...- E si unì a quel pianto che straziava in cuore....
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Aveva
ucciso il suo Hana, il suo amore...
Aveva
consegnato il suo piccolo do'hao tra le braccia della morte che invidiosa e
invaghita del fuoco che ardeva in lui e che caratterizzava i suoi capelli,
aveva deciso ti tenerlo con se.
Aveva
deciso di serbare solo a se stessa quello sguardo di cioccolato fuso
screziato d'oro.
D'oro
come era lui stesso.
E lo
aveva visto morire...
Li
aveva visti morire tutti...
Uno
dopo l'altro consumati dal tempo...
Il
suo migliore amico dai capelli a punta morto a soli trent'anni per colpa di
un'auto pirata.
Morto
portandosi nel cuore il peso di quel segreto agghiaccante che nessuno
immaginava.
Altro
dolore per quei ragazzi che un tempo goicavano sereni a basket ignario del
dolore che il destino aveva in serbo per loro...
Prima
Hana morto in circostanze misteriose...
La
scomparsa di Rukawa che però aveva sempre continuato a seguirli di nascosto
anche aggiornato da Akira che era l'unico che lui a aveva voluto vicino dopo
ciò che era successo...
E
poi...
Akira...
Morto
anche lui senza un perchè...
Anche
lui abbracciato dalla fredda stretta della morte.
L'aveva sempre aiutato, capito, sopportato quando in una delle sue crisi
isterice, schiacciato dai sensi di colpa, lo aveva quasi ucciso...
E per
lui questo era stato davvero troppo....
Non
aveva più nessuno...
Non
avrebbe mai più avuto nessuno...
Ora
che anche l'ultimo suo appiglio lo aveva abbandonato...
Ma
aveva continuato a seguire i suoi compagni mescolandosi alle ombre nere
della sera per proteggerli come un angelo custode nero come il suo dolore...
E uno
dopo l'altro li aveva visti cadere sotto la falce del tempo...
Invecchiare, spegnersi... mentre lui restava sempre il sedicenne Kaede
Rukawa...
E gli
faceva male...
L'eternità...
Tanti
volevano l'eternità....
Ma
quanti di loro sapevano esattamente cosa volesse dire vivere in eterno?
Nessuno di loro sapeva...
Che
senso ha essere eterni se non si puo condividere il tempo infinito con chi
si ama?
Fa
male veder spegnersi tutte le persone a cui tu tieni mentre tu non cambi di
una virgola...
Fa
male...
Troppo male...
E
dopo che aveva perso anche loro, si era chiuso in quella casa osservando
dalla finestra il mondo che cambiava senza che lui potesse far nulla per
seguirlo...
Vedeva distrutti e cancellati per sempre i posti che lo avevano visto
crescere, innamorarsi e morire....
Perchè lui era morto...
Era
morto quando aveva ucciso Hana...
Era
morto di nuovo quando la morte aveva baciato Akira...
E si
era spento quando tutti i suoi cari erano stati sconfitti dal tempo...
E ora
non aveva nulla che testimoniava i momenti felici e tristi e strazianti
passati...
Solo
la sua memoria e il suo dolore...
Perchè il mondo era andato avanti...
Ma
lui non l'aveva seguito...
Ma
tra poco...
Avrtebbe potuto stare con loro per sempre...
Con
lui per un'eternità che questa volta anelava con tutta l'anima...
Solo
poco...
L'orologio che scandì le cinque lo riportò alla realtà...
Si
sentiva talmente stanco che annaspando e facendo leva sulle sue ultime
energie riuscì a trascinarsi fino alla poltrona accanto alla finestra su cui
si sedette aspettando la fine e l'inizio.
Una
luce bianca giunse ai suoi occhi stanchi...
Non
riusciva a distinguere la forma che la luce candida e calda stava
descrivendo...
Non
era il sole...
No..
Era troppo presto...
Ma
allora perchè si sentiva così caldo...
Così
protetto...
Così
leggero...
Così...felice...
Si
sforzò di tenere aperti gli occhi e di definire quella forma che si stava
delineando...
E la
vide...
Un
sorriso caldo...
Uno
sguardo dolce...
Due
candide ali bianche come la neve mentre una luce argentea risplendeva
attorno a lui mentre fluttuava a pochi centimetri da terra.
Il
suo corpo coperto da pantaloni di velluto bianco e un morbido maglione color
panna dal collo morbido e alto.
-Ciao- disse con tono soave
-Hana...-
un sussurro che si perse nell'aria a cui il ragazzo rispose con un sorriso
ancora più luminoso.
Guardò poi la pendola mentre le sue ali si dissolvevano facendo svolazzare
come un fantasma i capelli rossi che ricaddero leggeri sulla fronte. Si
diresse verso l'orologio e con un dito, senza toccare le lancette, le portò
avanti, così che l'orologio segnasse le sei meno venti.
Il
moro guardò fuori dalla finestra scomprendo che le tenebre di pochi istanti
prima aveva lasciato il posto a un cielo più chiaro tinto di colori dalle
tonalità pastello, segno che il ragazzo aveva portato avanti il tempo
rendendo l'alba ancora più vicina.
-So
che può sembrare un'affermazione sciocca dato che hai atteso un secolo, ma...almeno
non aspetterai ancora troppo...- disse riportandosi di fronte a lui che
rispose a quell'affermazione con un flebile grazie coronato da uno stanco
sorriso.
-Perchè sei venuto?-Il volto del rossino si rabbuiò e uno sguardo triste
comparve sul suo volto
-Ti
avevo promesso che sarei venuto a prenderti...dopo cent'anni ricordi? E poi
perchè...-lacrime luminose come piccole stelle scesero dai suoi occhi
tristi.
-Volevo chiederti scusa...Sono stato solo un egoista...Io non...-
-Shhh- la zittì dolcemente Kaede -Avrei comunque dovuto pagare per i sei
ragazzi che avevo ucciso prima di te...è stato il mio castigo...me lo sono
meritato...- Sul volto dell'angelo comparve di nuovo un tenero sorriso.
-Grazie Kaede...Grazie di tutto, ma ora...- gli tese un mano abbronzata
mentre dietro di lui si materializzavano tutti i suoi compagni con la divisa
rossa della squadra. Un sorriso si dipinse sul suo volto mentre una lacrima
di felicità rigava il suo volto. Hanamichi tese la sua mano dorata verso
Kaede mentre nell'altra teneva una palla da basket.
-Ma
ora...- ripetè Hana fissando lui poi Akira che si era portato accanto a
luiche ricambiò il suo sguardo per poi tornare a guardare entrambi il moro
-Vuoi
tornare a giocare con noi Kaede?- In quel momento un tiepido raggio di sole
si posò sul suo volto pallido mentre afferrava stancamente la mano del suo
amore.
-Si...- Fu appena un sussurro -Per sempre- continuò per lui Hanamichi mentre
anche altri timidi raggi gli illuminavano il viso.
Finalmente aveva ottenuto l'eternità che davvero desiderava...
Finalmente ora, non sentiva più freddo...
Ora i
raggi del sole illuminavano una poltrona vuota e una città che presto
avrebbe ripreso a vivere...
OWARI...
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