Sono sempre io e questa è
un’altra HanaRu… ehm, non riuscivo a stare troppo tempo senza scrivere di
Rukawa, perché mi piace troppo ^^, io adoro questo personaggio! I personaggi
non sono miei e io non ci guadagno niente, lo sapevate già… Un bacio a Ria!
There's
only you in my life di
Nausicaa
Parte
prima.- Ti ho mai detto che ti amo ?
Fra
poco inizieranno le partite delle eliminazioni della prefettura e gli
allenamenti saranno più faticosi. Anche la tensione aumenterà. Ma non me
ne importa un granché, mentre fischietto allegramente andando a casa di
Rukawa. Sto portando in spalla un gran borsone, perché mi fermerò da lui
almeno venti giorni e il bello è che mia madre lo sa! Cioè…piano…non
sa di me e della volpe, è
ovvio! Sa però che un mio compagno di squadra vive praticamente da solo a
causa del lavoro di suo padre, così quando le ho detto che magari sarei
potuto andare da lui nel mese in cui lei ha il turno di notte, è stata
entusiasta. Ha detto che ci faremo compagnia…
Ce
la faremo sicuramente, ma non come crede lei. Devo dire la verità, non mi
è piaciuto mentirle: non ci so fare con le bugie, la mia faccia mi
tradisce, non ho l’espressione impassibile di Rukawa… Ma era
necessario.
Per
un attimo mi chiedo se d’ora in poi dovrò abituarmi ad inventare scuse
con un sacco di gente… vabbè, non è il momento di pensarci. Voglio
concentrarmi sulla mia volpe e al diavolo tutto il resto!
Se
penso che c’è stato un tempo in cui avrei voluto spaccargli la
faccia…e invece adesso non posso fare a meno di baciarlo e di voler
passare la notte fra le sue braccia.
Pedalo
velocemente, per arrivare il prima possibile: sarebbe stato meglio abitare
più vicini. Quando arrivo a casa sua noto subito una grande macchina
scura che si mette in moto e poi parte piuttosto rapidamente; non
l’avevo mai vista prima, di chi può essere? E perché proprio davanti
alla casa di Rukawa? Affretto il passo…lui ha lasciato il cancello
socchiuso, come fa spesso quando mi aspetta. Io lo chiudo alle mie spalle,
poi trovo aperta anche la porta di casa.
Non
appena metto piede dentro, mi giunge la sua voce arrabbiata: “Ancora
qui?! Ti avevo detto di andare al diavolo!”.
Rukawa
sbuca nell’atrio e mi vede. Noto che i suoi lineamenti si rilassano.
“Ah,
sei tu! Sono contento…”.
“Non
mi ricordavo che mi avessi mandato al diavolo” gli dico sospettoso.
“Non
ce l’avevo con te. Vieni, ho preparato la tua stanza”.
Ora,
una persona normale mi spiegherebbe qualcosa, lui no: mi dice quello che
già sapevo, che non ce l’aveva con me, come se… ehi, fermi tutti!!
CHE HA DETTO?!
“Come,
la mia stanza?! Ma io pensavo di dormire con te!”.
Rukawa
mi guarda come se fossi particolarmente stupido.
“Ma
certo che dormi con me, do’aho! Però credevo che ti facesse comodo una
camera tutta per te, dove riporre quello che ti sei portato” e indica il
borsone.
“Ah,
già…sì…hai ragione” borbotto io, a malincuore.
Lo
seguo al piano di sopra, scopro che mi ha sistemato nella camera accanto
alla sua.
“Rukawa?”.
“Hn?”.
“Ti
fa davvero piacere che io stia qui?”.
“Certo”.
Una
parola di più no, eh? Non cambierà mai… ma i suoi occhi brillano e io
so che è contento.
“Perché
eri arrabbiato prima?” chiedo all’improvviso.
Non
è per farmi i fatti suoi, ehm… veramente sì, è che voglio sapere
tutto il possibile su di lui e a questo si aggiunge che sono curioso di
natura. Rukawa si appoggia al muro.
“Ho
litigato con mio padre”.
“Oh,
mi dispiace, kitsune. Ma quando è tornato?” per quattro giorni sono
stato a casa mia, ecco perché non lo sapevo.
“Ieri
pomeriggio. E’ appena partito per la Francia e la Germania”.
“E
la causa del litigio?”.
“Le
solite cose: i miei voti e la sua ipocrisia”.
Che
accidenti vuole dire? Ipocrisia…
“Scusa,
ma non ti seguo”.
“Io
e mio padre non ci sopportiamo e io lo odio quando fa l’ipocrita: mi ha
detto che era dispiaciuto di lasciarmi ancora una volta solo”.
Cavolo,
che faccia di bronzo quest’uomo! In tutti i giorni che sono stato sempre
con la kitsune, non ha telefonato neanche una volta! Ha ragione, bella
ipocrisia!
“Mi
immagino la tua risposta” sogghigno.
“Gli
ho detto di non preoccuparsi, perché il mio amante mi fa una compagnia
molto migliore della sua” dice tranquillamente.
“Ah
ah bravo, l’hai sistema-… CHE DIAVOLO GLI HAI DETTO, STUPIDA VOLPE?!!
MA COS’ HAI IN TESTA? LE PIGNE? Hai detto a tuo padre che hai un…
un…” sono in piena crisi di panico, credo di essere tutto rosso in
viso e la sua faccia inespressiva mi fa incavolare ancora di più.
“Un
amante” conclude lui.
“Hai
usato il maschile?” ho paura della sua risposta.
“L’ho
sillabato per bene, per essere sicuro che capisse”.
La
sua voce ha un leggero tono di trionfo: credo che per lui sia stata una
vera soddisfazione sbattere questa novità in faccia a suo padre. Ma io
sono davvero inca….ato!!!!
“Visto
che riguarda anche me, avresti dovuto avvertirmi che morivi dalla voglia
di dirglielo, non ti pare, volpe? Va bene che il silenzio è d’oro, ma
tu stai esagerando!”.
“Non
ho fatto il tuo nome, non gli ho neanche spiegato che sei un mio compagno
di squadra. Per quel che ne sa mio padre, potresti essere anche un mio
vicino di casa”.
Rukawa
mi fissa con uno sguardo da non- c’è- nessun- problema- che- cavolo-
ti- agiti- a- fare?
“Non
hai fatto il mio nome?”.
“No”.
“Ma
lui come ha reagito?” mi sta venendo un gran mal di testa.
“Ha
detto che posso rovinarmi la vita come voglio, basta che non intralcio la
sua”.
Queste
parole mi fanno male: come si permette questo borioso bastardo di dire che
io rovino la vita di Kaede?! Maledetto… e devo ancora tirargli un paio
di pugni per quella cattiveria che ha detto tanti anni fa... Ci credo che
Rukawa non vede l’ora di andarsene di qui! Però bisogna mettere in
chiaro un paio di cosette… stavolta mi devo imporre. Sono agitatissimo,
è inutile negarlo: sapere che qualcun altro sa di noi due mi stranisce,
anche se in realtà quest’uomo è una figura inesistente nella nostra
vita, nella nostra quotidianità. Non credo che sia vergogna del nostro
rapporto, non potrei mai vergognarmi di lui, anzi ne sono orgoglioso, ma
ho paura del giudizio degli altri. Per una persona estroversa come me è
normale aver paura del giudizio degli altri: potrei ritrovarmi senza
amici… chissà come si comporterebbe Yohei se lo sapesse… e a me non
piace quella solitudine che Rukawa sembra amare tanto.
Gli
punto addosso uno sguardo deciso: “Senti, kitsune, decidiamo una volta
per tutte: ce lo teniamo per noi. Ok? Dai retta a me, è la soluzione
migliore”.
“No”.
No?
NOOO???!!!
“QUANTO
NON TI SOPPORTO QUANDO FAI COSI’!! PERCHE’ NO??” gli grido contro.
“Tranquillo,
do’aho, non ho intenzione di mettere i manifesti, ma non voglio neanche
nascondermi come se avessi commesso un reato! Se qualcuno che conosciamo
bene, che so… Miyagi, dovesse farmi domande serie per motivi seri, io
non starei lì ad inventare bugie. Odio l’ipocrisia”.
“E
se qualcuno ti facesse domande sulla tua vita privata per scherzo?”.
“Io
non parlo con chi scherza in modo cretino” .
“Ma
se un estraneo…”.
“Io
non parlo con gli estranei”.
In
effetti lui non parla. Be’, mi sento più tranquillo, ho capito cosa
intende dire: riservatezza assoluta con gli estranei e limpidezza con le
persone a noi più vicine. Sì, è proprio da lui. Ma io non mi sento
pronto a fare altrettanto e credo che lui lo sappia.
“Tanto
a me nessuno chiede mai niente, lo sai” dice lui per rassicurarmi.
Certo, quando qualcuno si avvicina Rukawa lo scruta con uno sguardo da se-
mi- fai- la- domanda- sbagliata- sono- affari- tuoi. Ovvio, comunque, che
in caso contrario farà a testa sua… Grrr… mi sento molto alterato…
“Sentimi
bene, kitsune! Qui c’è decisamente qualcosa che non va! La nostra
coppia non rispetta certi importantissimi canoni… Tra noi due IO sono il
SEME, no? E infatti come tale sono forte, deciso e sicuro di me! E TU sei
l’UKE, giusto? Dovresti essere dolce, gentile e arrendevole!”.
Rukawa
mi lancia uno sguardo gelido, poi mi dice: “Scordatelo”.
Lo
sapevo… sigh… ora i suoi occhi diventano dolcemente ironici: “E poi
io sono gentile, do’aho: ti ho avvisato per tempo…”.
Non
è possibile, ci rinuncio…
“E’
questo il tuo concetto di gentilezza?”.
“Hn”.
Vabbe’,
meglio pensare ad altro, tipo la cena o cosa daranno in TV stasera.
Quale
cena ? Quale TV?
Ho
trascorso quattro giorni a casa mia e ora dobbiamo recuperare il tempo
perduto. Rukawa dolce e gentile? Non lo è, non nella maniera
convenzionale per lo meno. Ma allo stesso tempo lo è incredibilmente
quando mi tende le braccia e mi fa capire che il suo corpo è pronto ad
accogliermi ed è dolce quando io entro dentro di lui e lui mi stringe
forte, come se neanche quell’unione fosse abbastanza…
Mentre
riposiamo, io mi rilasso sul candore della sua pelle.
“Già
stanco, do’aho?”.
“IO
NON SONO AFFATTO STANCO, VOLPE!!!”.
“Si
dice sempre così…”.
Lo
tengo fermo sotto di me, lo bacio profondamente, poi gli sogghigno in
faccia: “Bene, Kaede, te la sei voluta… Mi sento in dovere di
avvertirti: alla fine mi chiederai tu di smettere…”.
Rukawa
mi fa un sorriso malizioso, di quelli che mi fanno impazzire, poi mormora:
“Non ti chiederò mai di smettere…”
E
sorrido anch’io, perché capisco che è molto più bisognoso d’amore
di quanto non si renda conto.
Alla
fine, scivoliamo entrambi nel sonno; veramente, IO ci scivolo… Rukawa
nel giro di due secondi crolla addormentato e non c’è verso di
svegliarlo. Così chiudo gli occhi anche io… Quando mi sveglio appena
prima dell’alba, mi ritrovo il suo corpo premuto a fianco al mio e di
nuovo vengo colto da brividi. Gli cingo la vita, lo accarezzo. Sento che
voglio farlo di nuovo. Mi sento un po’ un maniaco, a dire il vero! Ma
non riesco a resistere quando avverto su di me il tepore del suo corpo
muscoloso ma sottile… Guardo il suo viso addormentato e sono consapevole
che non vedrò mai più niente di altrettanto bello nella vita. E’ una
consapevolezza quasi dolorosa e io sono spaventatissimo da questo bisogno
che ho di fondermi con lui…
Mi
giro, finendogli addosso, e lo bacio con passione. Rukawa si districa dal
sonno, risponde al mio bacio; io gli faccio capire cosa voglio e lui
naturalmente non si tira indietro; sento le sue gambe avvolgersi intorno
ai miei fianchi e non riesco a controllarmi…Eppure stavolta è diverso.
Non c’è quella passione sfrenata che ci ha portato allo sfinimento
appena poche ore fa; è un desiderio intenso e bruciante, ma diverso…io
mi muovo lentamente dentro di lui, ci guardiamo negli occhi senza riuscire
a distogliere lo sguardo e alla fine mi sembra che si stiano stringendo
anche le nostre anime…
Scivolo
al fianco di Rukawa, gli accarezzo una guancia: “Ti ho mai detto che ti
amo, Kaede?”.
“Cinque
minuti fa”.
“Stupida
volpe!!! Come ti permetti di rovinare questa prova di alto romanticismo
del grande tensai?!!” salto su. Ma, cavolo, e pensare che fino a pochi
minuti fa era lì che mugolava sotto di me!
“Eh
eh…è inutile che cerchi di darti quest’aria indifferente, kitsune,
ormai non mi freghi più! Eri tu che …praticamente miagolavi, giusto,
adatto ad una volpe, e… oi Kaede! Ma che, dormi?”.
ARGH!
Io gli parlo contro e lui dorme! Che bastardo… ma mi fa tanta
tenerezza…
“Hanamichi…”.
Ooooh…
come non detto…
“Che
c’è, volpastro?”.
“Ti
ho mai detto che ti amo?”.
Sì
che me l’hai detto, scemo, ma a me non basta mai sentirlo. Lo abbraccio
e ci baciamo dolcemente sulle labbra, poi vedo i suoi occhi chiudersi.
“No,
Kaede, non dormire! Non abbiamo di meglio da fare?”.
“Ma
tra poco dovremo prepararci per andare a…”.
“Scusa
tanto, Kaede, ma chi ha deciso che noi oggi dobbiamo per forza andare alle
lezioni?!”.
“In
effetti…”.
E
così saltiamo la scuola. Ma naturalmente non c’è verso di fargli
saltare gli allenamenti.
“UAAAHHH!!!
Miyagi! Io ho fame e sono stanco e tu sei un vero aguzzino! Non mi va di
correre!”.
“Ma
stanco di che ? Hai detto che non sei neanche venuto a scuola
stamattina!” sbotta il nostro capitano.
Eh,
stanco di che…
Vorrei
vedere, anche lui sarebbe stanco avendo a che fare con Rukawa… Ed ecco lì,
invece, la mia volpe, che corre senza dar prova di stanchezza. Ma dove le
prende tutte queste energie?!
“Allora,
ti muovi?” mi grida Miyagi.
“Sakuragi,
se non ti dai una mossa la mia sventagliata ti staccherà la testa”
aggiunge Ayako.
“Ma
uffa, uffa e uffa!!! Ancora non avete capito che il grande tensai non ha
bisogno di tutti gli allenamenti che servono ai comuni mortali? E poi
io…”.
AAARRGGHHH!!
Mi
sono preso una pallonata in piena faccia! Che male… al diavolo, mi sento
una furia: “Chi è stato il dannato bastardo che… Rukawa!”.
Già,
è stato lui…sono arrabbiato, ma lui
sembra esserlo più di me. Si avvicina, fin quasi a sfiorarmi, e mi
sibila: “Datti una mossa, do’aho, e allenati perché mi stai dando
davvero sui nervi!”.
“Non
darmi ordini, kitsune”.
“Capitano,
mi occuperò io dell’allenamento di Sakuragi” dice Rukawa, in un tono
lapidario che non ammette obiezioni ( il suo solito, insomma…).
Miyagi
e Ayako sembrano sconvolti e fissano la mia faccia terrorizzata.
“Ah,
allora io penso agli altri…” borbotta Ryota, allontanandosi in fretta
e furia e lasciandomi nelle mani di questo invasato.
“Va
bene, do’aho, ci alleneremo insieme: per prima cosa dieci giri di corsa
e poi 500 tiri, poi vedremo”.
“CINQUECENTO!!!
Dillo che mi vuoi morto!!”
“Un’altra
parola e diventano 600”.
“Grrr…”
“Seicento”.
“Ma
dico, sei impazzito???”.
“Per
me “grrr” è una parola. E comunque credevo che il grande tensai
volesse impegnarsi a fondo”.
Cosa
c’è, volpacchiotto, vuoi sfidarmi? Accetto. E ricomincia anche oggi
quella bellissima e infinita gara fra noi due, qualcosa di così vitale e
appassionante da non poterci rinunciare, questa continua tensione che fa
scorrere l’adrenalina, le nostre schermaglie che rendono così piena la
vita… Scatto e inizio a correre: “Sbrigati, kitsune, vediamo chi corre
più in fretta!” gli grido, per ritrovarmelo al fianco, mentre corre
veloce e leggero. Alla fine siamo sempre fianco a fianco, noi due…
Inutile
dire che gli altri finiscono ben prima di noi: alla fine io mi siedo a
terra, appoggiandomi al muro e guardandolo biecamente.
“Dannata
volpe!”.
Gli
occhi di Rukawa brillano: “Non è colpa mia, se il grande tensai non ha
la resistenza che credeva di avere…”.
Ora
sono proprio arrabbiato!!!
“Senti,
Rukawa, tu non ne sai niente, vero? Guarda che non ero da solo nel letto
stanotte e non venirti a vantare di quanto sei stato bravo lo stesso…
Bella forza! Praticamente la fatica maggiore la faccio io…”.
“Vuoi
fare a cambio per risparmiare le forze?”.
La
sua risposta mi gela… no, non ho il suo coraggio, devo ammetterlo… e
devo avere una faccia stravolta: “No! –dico d’impulso- Io sto
benissimo così… tu no?” chiedo con sospetto.
Ma
Rukawa sorride leggermente: “Io sto più che benissimo, ma che faccia
spaventata hai fatto! D’accordo, per oggi abbiamo finito, vado a
cambiarmi”.
Uhm…però
sembra contento. Mi ricordo che qualche giorno fa mi ha detto: “Non
credere che io non ti stimi: io sono felice quando posso essere fiero di
te”.
Mi
alzo faticosamente per raggiungerlo, quando scorgo la testa di Yohei che
fa capolino nella palestra.
“Hanamichi!
Finalmente…”.
Questo
inizio non mi piace…
“Ciao”
gli dico, andandogli incontro.
“Senti,
Hanamichi, non per essere polemico, ma ultimamente è diventato difficile
passare un po’ di tempo con te e spesso non rispondi al telefono di casa
tua… ci sono problemi?”.
E
ora che faccio??!!
“No,
no… altrimenti ve lo avrei detto! E’ tutto a posto” questo riesco a
dirlo con tranquillità, perché non è una bugia: sono un campione di
basket e la volpe è il mio ragazzo… va veramente tutto bene.
Yohei
mi sorride: “Ne sono contento. Allora, perché non vieni con noi in sala
giochi? Quei tre scemi ci stanno aspettando al cancello della scuola.”
“D’accordo!”
lo dico di slancio, spontaneamente, ma mi taglierei la lingua subito
dopo… mi faranno un sacco di domande e io che accidenti dovrò
rispondere? Anche perché non si berranno a lungo le solite balle sugli
allenamenti pesanti! E non posso neanche dire che sto da Rukawa: loro sono
rimasti nel passato, alla nostra rivalità fatta di odio e antipatia.
“Va
bene, allora vai a cambiarti. Ti aspetto qui” dice Yohei.
Sigh…
ma perché tutti questi casini?
A
completare l’opera, nello spogliatoio trovo Rukawa seminudo che si sta
asciugando. Non è possibile… DI NUOVO???!!!
E’
terribilmente imbarazzante… Rukawa si gira verso di me, mi squadra
rapidamente e poi mi dice: “Maniaco”.
Se
n’è accorto… be’ è ovvio…
“A
CHI MANIACO? SBAGLIO O ERI TU CHE MI CHIEDEVI DI CONTINUARE
STAMATTINA?!”.
“Sbaglio
o eri tu che mi hai svegliato tre volte perché non riuscivi a
resistere?”.
D’accordo,
mi devo calmare… conto fino a dieci, no, facciamo cento …Il tensai ha
miracolose capacità di ripresa.
“Kitsune,
ti dispiace se vado in sala giochi con i miei amici?”.
“No”.
“Tra
l’altro, Yohei si sta insospettendo. Spero che non mi faccia molte
domande”.
“Hn”.
“Forse
farò un po’ tardi” lo avverto. Di sicuro lo sveglierò.
“Non
importa”.
Rukawa
finisce di vestirsi e fa per uscire, ma io mi sento un nodo in gola: è la
prima volta che non stiamo insieme la sera non per cause di forza maggiore
(tipo mia madre), ma perché io ho preso un altro impegno. Se l’avesse
fatto lui, forse mi sarei offeso.
“Kitsune,
proprio non ti dispiace?”.
“Hn?
Me l’hai già chiesto”.
Rukawa
mi scruta in silenzio, poi mi si avvicina e mi dice a bassa voce:
“Senti, prima di stare insieme io e te avevamo già una nostra vita,
delle abitudini. Tu hai i tuoi amici… non dobbiamo fare scomparire tutto
questo, quindi non ti preoccupare. Tanto stasera non avrei potuto darti
retta…”.
“EEHH?!
E perché mai?” mi arrabbio.
“La
Tv inglese fa un programma sul basket europeo”.
Pure
il basket europeo…
“Ah,
stavo diventando geloso!” dico.
Lui
ha una luce stupenda negli occhi, poi fa un altro passo verso di me e
dice: “Comunque, se guardi qualcun altro anche solo con la coda
dell’occhio… mettiamola così: la volpe tira fuori gli artigli e ti
squarta!”.
Lo
sta dicendo seriamente, ma io mi metto a ridere: mi fa troppo piacere
sapere che anche lui è geloso di me! Così non posso fare a meno di
premere le mie labbra sulle sue. Guardare qualcun altro? Allora sarei
davvero un do’aho…
Rukawa
si stacca da me ed esce dallo spogliatoio. Dopo essermi lavato e cambiato,
raggiungo finalmente il mio amico.
“Rukawa
sta bene?” mi chiede Yohei.
Io
impallidisco… ma che diavolo intende? Non gli avrà mica fatto capire
qualcosa? O forse sembrava triste? Ecco, l’ho rattristato… o forse no,
forse… Ma non farei prima a chiederglielo?
“Perché?”.
“L’ho
salutato e mi ha fatto un cenno col capo: di solito mi ignora
completamente”.
Faccio
un largo sorriso: “Rukawa sta bene. Voleva solo essere gentile”.
“Rukawa
gentile con me?” ride Yohei.
Già,
voleva essere gentile con gli amici a cui voglio bene. Adorabile volpe…
Una volta
Hanamichi mi ha detto che sono una persona contraddittoria: penso che sia
vero. “Sotto quel tuo strato di ghiaccio arde il fuoco più bruciante
che abbia mai visto” sono state queste le sue parole.
Ed ecco
un’altra contraddizione: nonostante io sia geloso e possessivo di ciò
che mi appartiene (compreso il do’aho), amo moltissimo la libertà. Sono
libero, proprio come una volpe nel suo ambiente naturale. Lo sport, i
sacrifici che comporta, e l’amore ( tra l’altro io sono assolutamente
fedele di natura) non mi sembrano di ostacolo alla mia libertà, anzi
forse è lì che riesco ad esprimerla al meglio.
Quando
gioco a basket sono libero di scatenare tutta la forza che sento dentro,
libero di soffiare sul fuoco che mi brucia; quando sono fra le braccia di
Hanamichi, mi sento libero di amarlo, libero di gridare…
Chissà,
forse è uno dei motivi per cui ho sempre sognato l’America: il paese
del basket, la terra della libertà…
Mi
attira molto l’idea di un viaggio coast-to- coast con Hanamichi:
distanze enormi, ore e ore di viaggio senza incontrare nessuno, saremmo
solo io, lui e il paesaggio…e lì potrei essere libero davvero.
E
questo do’aho mi chiede se mi dispiace che lui esca con gli amici!!
Amo
troppo la mia libertà per privarlo della sua, dovrebbe saperlo: credo che
in fondo bastino alcuni punti fermi, come la fiducia, il sapere che
nessuno di noi due guarderà mai un altro…Oh, naturalmente deve capitare
una volta tanto! Se domani sera prova a riuscire, lo incateno a me! Ma non
credo che ce ne sia bisogno…
Non
mi ero reso conto di quanto mi ama, ma ora avverto la gelosia e la
passione che emanano prepotentemente da lui e, a volte, quasi mi spavento.
Perché le ritrovo in me stesso. Mi spavento perché mi chiedo dove ci
porterà tutto questo…non ero preparato a provare un amore così
assoluto e totalizzante, né ad esserne oggetto, ma ora non potrei più
farne a meno e del resto non è da me tirarmi indietro di fronte a
qualunque cosa…Neanche lui potrebbe farne a meno ormai, ma c’è un suo
atteggiamento che mi irrita profondamente: questa paura costante che i
suoi amici gli chiedano qualcosa. Certo, io non ho amici e non posso
capirlo, ma credo che dovrei offendermi: è davvero qualcosa di così
brutto e riprovevole il suo legame con me? Sono io che non me ne rendo
conto? Lui dice che io non so cosa sia la vergogna e forse è vero. Non ho
il pudore che ha ancora lui nel mostrarmi nudo o nel gridare mentre
facciamo l’amore…mi piace farlo, lo sai Hanamichi, vero? Così come mi
piace chiamarti, gemere il tuo nome, sempre, per tutto il tempo. Se i
nostri compagni di squadra mi chiedessero cosa provo per te, io
risponderei senza abbassare gli occhi. Io ti amo, Hanamichi, perché
dovrei vergognarmene?
Ma
forse ti serve ancora un po’ di tempo per capire che per essere felici
io e te abbiamo bisogno solo del nostro amore e del basket. Tutto il resto
è un di più.
E’
l’ultimo pensiero che riesco a formulare prima che squilli il telefono.
Sono seduto sul divano, guardo la trasmissione sul basket e ,intanto,
gioco un po’ con il mio gatto.
Chi sarà a quest’ora? Non mi va di parlare…
ma alla fine alzo la cornetta.
Yohei
ha deciso di darmi il tormento mentre quegli altri tre sono incollati ai
videogiochi. Noi, invece, sediamo al banco del locale e beviamo una
bibita.
“Non
ho capito questo tuo nervosismo! Ti ho solo chiesto perché non riusciamo
più a vederci come prima” mi dice lui.
“Te
l’ho già spiegato! L’aiuto del grande tensai è fondamentale per la
squadra, senza di me sarebbero perduti, Miyagi non è affatto alla mia
altezza…ecco tutto”.
“Sì,
però ho provato a telefonarti a casa anche a sera inoltrata e tu non hai
risposto” insiste Yohei.
“Non
avresti dovuto! - salto su io- Hai rischiato di disturbare il riposo del
genio: quando mia madre ha il turno di notte, devo alzarmi io per
rispondere e capisci che dopo simili giornate…”
“Ah,
scusa. Non avevo capito che tu fossi così impegnato”.
“Già,
già!”.
“Allora
non ti rimane tempo neanche da dedicare alla tua Haruko” scherza Mito.
“Haruko?
Ormai non mi interessa più, credevo che te ne fossi accorto” argh!
Accidenti alla mia boccaccia! Non avrei dovuto dirglielo così, Yohei mi
conosce da troppo tempo e troppo bene, mi scoprirà subito…
“A
dire il vero avevo notato un cambiamento, ma non ne ero proprio sicuro.
Uhm…”
“Cosa
c’è?” mi sto innervosendo.
“Niente.
E’ che mi sembra strano, ne sei sicuro?”.
“Be’,
ora metti in dubbio le parole del tensai? Capita di cambiare idea, no? In
fondo, non avevo mica detto di volerla sposare!”.
“Veramente
sì. Un paio di volte l’avevi detto” precisa Yohei.
“Ah!”
parlo sempre troppo.
“Comunque,
contento tu…- Yohei sorride, non sembra troppo insospettito- Eppure il
mio sesto senso mi dice che c’è dell’altro…”.
ANCORA!!
Se solo sapessi mentire meglio…
“Ma
dai, te l’ho detto, no? Sono impegnatissimo con la squadra”.
“Tutto
qui?”
“Ma
sì, io…” le parole mi muoiono in gola nel vedere chi sta entrando.
“Guarda
guarda chi c’è!” mi saluta.
Akira
Sendoh! Vai all’inferno, tu e il tuo stupido sorriso!
“Salve,
campione” gli dice Yohei.
“Ehi,
ma che fai? Gli dai corda, lo saluti? - salto su io- Questo è un mio
rivale e io non lo sopporto e tu sei il mio migliore amico e per la
proprietà transitiva Sendoh è un tuo rivale, chiaro?”.
“Mi
sembra eccessivo” scherza Yohei.
“Eccessivo
un corno! Prova a ribattere e ti do una testata!” lo minaccio, poi mi
interrompe la risata del porcospino
“A
te piace divertirti così, Sakuragi? Non hai proprio di meglio da fare?
Eppure… io l’avrei se fossi in te”.
Mi
volto di scatto verso di lui: “Che diavolo dici?”.
“Che
potresti passare una serata migliore di questa”
“Yohei,
sparisci!” sibilo io.
“Scusate,
mi sono perso qualcosa per strada?” chiede lui.
“Parlavamo
di basket. Lasciaci soli” ormai il mio è un ringhio. Il mio amico
obbedisce e io e Sendoh ci guardiamo negli occhi e io conto fino a venti
per evitare di rompergli il muso a suon di pugni.
“Insomma,
preferisci stare qui con questi quattro buffoni invece di fare… ehm… di
divertirti con Rukawa!” Sendoh sorride, irritante.
“Sempre
il solito hentai! Io e Rukawa condividiamo ben altro che quello che credi
tu. Sappi che fino alla fine del mese resterò a casa sua, giorno e
notte… praticamente una convivenza!” glielo sbatto in faccia con molta
soddisfazione.
“Ah,
e immagino che questo ti renda sicuro di te, vero?”.
“Lo
ero anche prima, dannato porcospino!”.
“Mm…
ok,
ora vado, i miei amici mi aspettano” dice Sendoh, prima di voltarsi e
uscire senza rinunciare ad un ultimo sorriso.
Non
ho il tempo di riprendere fiato che subito, veloce come un falco, torna
Yohei.
“Allora,
ma che diavolo avevate tu e Sendoh? Sembrava che volessi saltargli alla
gola!”.
Magari
potessi…
“Non
è successo niente. Le solite rivalità”.
“Non
sembrava: non è che ha a che fare con il tuo strano comportamento?”.
“Yohei,
hai mai pensato di diventare un poliziotto? Perché mi sembra che col
terzo grado te la cavi bene…” scherzo io per distrarlo.
“Ah
ah buona questa!”.
“Vero?
Il grande tensai vede per te un brillante futuro ah ah ah”.
Facciamo
un po’ di battute e questo sembra distoglierlo dalle sue indagini; poi
ci dedichiamo ad alcuni videogiochi, ma dopo poco, come in un lampo, mi
rendo conto di quello che ho fatto: ho praticamente fatto capire a Sendoh
che Rukawa è da solo in casa! E credo proprio che quel bastardo sia
andato là! I suoi amici lo aspettavano? Stupido io, non era con gli
amici, è entrato da solo ed è uscito da solo, perché non l’ho notato
subito?! Bastardo… intendiamoci, non che Rukawa abbia bisogno di
protezione! Sa badare benissimo a se stesso, anzi, povero Sendoh se si
troverà a dire anche solo una parola fuori posto! Ma che questo tizio
voglia provarci con il MIO ragazzo... be’, io non lo sopporto!
“Yohei,
scusa ma mi sono ricordato…”.
“Di
che ?”.
“Niente
di grave, ma se non sistemo tutto mia madre mi uccide! Devo scappare, non
cercarmi, mi faccio vivo io!” raccolgo la mia roba e corro via,
scorgendo la faccia allibita dei miei amici. In strada continuo a correre,
incurante della fatica; probabilmente tutta questa energia mi viene dalla
grande rabbia che provo: ma perché diavolo devo ridurmi così? Perché
dobbiamo stare tutti così a disagio? Rukawa da solo in casa (vabbe’,
lui c’è abituato…); io che mi sento teso e devo inventare scuse e
bugie; i miei amici che di sicuro si domandano se non ce l’abbia
improvvisamente con loro…Mi chiedo: in nome di quale perbenismo devo
sentirmi così? Io voglio solo essere me stesso e vivere la mia vita
tranquillamente. Dov’è il male? Io non riesco a vederlo. Ma non ho il
menefreghismo di Rukawa, non sono ancora pronto a guardare gli altri e
dire che non mi importa niente di loro, così per ora devo accettare
questa situazione. Arrivo trafelato a casa sua; il cancello è aperto, io
lo chiudo e suono alla porta. Ora sicuramente vedrò nel salotto il
sorriso idiota del porcospino. Vediamo… cos’è meglio per cominciare?
Rompergli il setto nasale o dargli un gancio alla mascella?
All’improvviso la porta si apre e io mi ritrovo davanti all’insolita
visione di Rukawa al telefono portatile.
“C…ciao”
e ora con chi diavolo parla?
Lui
mi fa un cenno con la mano, poi lo sento rispondere al suo interlocutore.
“No,
a dire il vero è appena tornato… no, no lo sapevo… ma quali
allenamenti! Lo sapevo, me lo aveva detto…”
Sendoh!
Dannato
bastardo, si è subito attaccato al telefono pensando di mettere zizzania!
Mi sento furioso… Rukawa torna in salotto e io lo seguo, perché non
voglio perdermi neppure una parola della mia volpe (e quando dico MIA
intendo proprio MIA: proprietà privata di Hanamichi Sakuragi); lui si
siede sul divano raggomitolandosi, cosa che mi piace un sacco…
“Non
so che dirti… mi spiace, ma non ho niente da dire… no, io non sono un
tipo che ragiona con i “se”, non è da me…” dice Rukawa.
Ma
di che accidenti stanno parlando?
“Davvero,
non so che dirti… esagerato! Non ti si spezzerà il cuore per così
poco!”.
CHE
COOOSA??!! Il porcospino ci sta apertamente, sfacciatamente provando!
Io
sbotto: “Ehi, Sendoh, perché non vai ad affogarti se sei tanto
disperato? Passami il telefono, kitsune, passamelo!”.
Ma
la mia volpe mi fa cenno di tacere.
“Non
voglio stare zitto!!” urlo.
Rukawa,
imperturbabile, continua a parlare con lui: “Sì, queste urla sono
sue… hn… va bene, ci sentiamo… buonanotte, Akira” e spegne
l’apparecchio.
“AKIRA??
Perché lo chiami per nome? Dannazione, kitsune, non dovresti essere così
amichevole con lui!” ora lo prendo a pugni…
“Vorrei
finire di vedere questo programma: ne parliamo dopo”.
“Non
me ne frega niente del basket europeo! Quel porcospino ti ha telefonato
per fare la spia, vero? Pronto a gettarsi come un avvoltoio su ogni mio
sbaglio o presunto tale”.
“Prima
Sendoh mi ha tenuto mezz’ora al telefono e ora anche tu hai deciso di
stordirmi!” sbuffa la volpe.
“Voleva
fare la spia, vero? Cattivo, cattivo, cattivo!! Credeva che ti avessi
mentito, eh? L’ho incontrato alla sala giochi e subito ha cominciato a
fare battute da maniaco su di te! Che ti ha detto, eh? Che ti ha
detto?”.
“Voleva
dirmi che non eri in palestra ad allenarti, ma in sala giochi: credeva che
io non lo sapessi”.
“Che
bastardo, non fa altro che farmi stupidi dispetti, ma io…”
“Due
deficienti” sentenzia Rukawa.
“CHE
COSA HAI DETTO?” urlo.
“Non
è molto lusinghiero per me essere conteso
da due deficienti” replica tranquillo.
“Come
osi, stupida volpe! E poi qui non c’è un bel niente da contendere: tu
sei già mio, non c’è discussione a riguardo… VEEEERO????” mi sto
proprio inca**ando, con in più il tremendo sospetto che la kitsune si
stia invece divertendo.
“Vero.
Ma solo perché lo dico io” dice Rukawa.
Lo
so. E ti amo anche per questo: perché con te non si può mai dare niente
per scontato e non mi fai annoiare mai. Cerco di calmarmi, perché so che
a lungo andare questo discorso gli darebbe fastidio, gli sembrerebbe una
mancanza di fiducia in lui e nei suoi sentimenti, ma è difficile perché
la gelosia mi divora. Insomma, devo mostrarmi sicuro di me!!! So che posso
esserlo… Calma, devo respirare con calma…Va bene, ora cambio proprio
registro: “Io mi sono divertito un sacco. Kitsune… ho mangiato quattro
panini, ma ho ancora fame!”.
“Il
solito maiale!” sbuffa Rukawa.
“Stanotte
non ti dava fastidio, però!” rido.
“No,
infatti”.
Mm…
credo
che sia il suo modo per dimostrare apprezzamento.
“Vado
in cucina a prepararmi qualcosa”.
“Hn”.
E’
il suo modo per dire sì. Ormai riconosco tutti i tuoi segnali, kitsune…
Entro
nella cucina, rassegnato
all’idea di dover aspettare ancora del tempo prima di poter mettere
qualcosa nello stomaco, ma quando do un’occhiata al tavolo noto che è
apparecchiato per una persona e che c’è il cuociriso là vicino. Mi ha
lasciato la cena in caldo! Devo essere sincero, non me lo aspettavo: sono
quasi commosso, ma so che se andassi a ringraziarlo lui si schernirebbe,
perché Rukawa è una di quelle persone che non si aspettano mai niente in
cambio, neanche un ringraziamento, qualunque cosa facciano. Mi chiedo se
per caso ci provi gusto a nascondere il lato dolce del suo carattere…
Finisco
di mangiare e lo raggiungo nuovamente.
“Ti
ringrazio tanto, kitsune”.
“La
nazionale di basket jugoslava è molto forte”.
Che
c’entra?! D’accordo… ora sta pensando solo al basket, era un modo
neanche tanto velato per dirmi di tacere; io guardo con lui un po’ della
trasmissione, che in capo ad alcuni minuti finisce. Lui spegne la
televisione e si stira tutto, come un gatto, con un’adorabile aria
assonnata. Mi alzo anch’io: “Oi kitsune, non è incredibile che ora
discutiamo senza picchiarci? E’ passato molto tempo dall’ultima volta
che abbiamo fatto a pugni…”.
Me
ne arriva uno in piena faccia…
“RUKAWA!!!
Bastardo, cosa ti viene in mente?!” scatto io, contando mentalmente fino
a dieci per evitare di restituirgli il colpo.
“Volevo
accontentarti - dice lui con falsa innocenza- Volevi un uke dolce e
arrendevole, no? Mi sembrava che avessi nostalgia delle nostre risse e io
volevo accontentarti. Vedi come sono dolce?”
“Stupida
volpe, come hai osato?! Non cambierai mai, vero, Rukawa? Sempre bastardo
fino in fondo…” mi avvicino, lo guardo minacciosamente e mi protendo
fino a poggiare la fronte sulla sua.
“Grrr…
Rukawa…”.
Eppure non voglio nessuno dolce e arrendevole, voglio solo lui. La mia
voce si addolcisce: “Vorrei non adorarti così tanto…”.
“Vorrei non
adorarti così tanto…” mi dice la testa rossa. Mi diverto troppo a
provocarlo e a farlo arrabbiare! Lui si altera subito, in questo è
prevedibile come un ragazzino; invece le sue reazioni sono imprevedibili e
questo lo rende così fantastico ai miei occhi: queste sue inesauribili
esplosioni di vitalità…
“Hn”
è tutto ciò che dico, per irritarlo ancora di più.. E infatti il do’aho
mette il broncio, mentre io mi allontano per andare nella mia camera.
Inutile dire che è il posto che preferisco di tutta la casa: la mia vera
TANA, un luogo solo mio, dove da bambino ho iniziato a sistemare tutto ciò
che trovavo sul basket: libri, manuali, riviste, poster…
Io non ho
scoperto di avere una passione per il basket, ci sono nato; non ricordo un
solo momento della mia vita in cui non abbia sentito il desiderio di
giocare più forte di qualunque altro sogno o pensiero…E in questa
camera, in cui mi sono riposato dopo allenamenti di ore ed ore, in cui mi
sono concentrato per arrivare a battere qualunque avversario mi si fosse
parato davanti (anche te, amore mio…), qui, è il mio mondo, quando non
sono su un campo di basket. E qui ho fatto l’amore con lui per la prima
volta.
Il
do’aho mi raggiunge e crolla pesantemente sul futon; è stanchissimo e
si vede! Del resto, tra i nostri giochi erotici della mattina, gli
allenamenti prolungati del pomeriggio e la sua uscita serale, mi
meraviglio che non sia crollato prima. Io inizio a spogliarmi lentamente,
sento lo sguardo di Hanamichi su di me e lo scopro intento a fissarmi con
la stessa espressione dolcemente desiderosa che gli ho già visto
stanotte: “Kitsune, vorrei tanto baciare ogni centimetro della tua
pelle…” mi ha mormorato. Come gli ho risposto io? Ah, sì…
”Non te
lo sto mica impedendo…”. Ecco, mi sta guardando nello stesso modo.
Poi, all’improvviso, si arrabbia: “Oi kitsune, lo stai facendo
apposta!”.
“Hn?”.
“MI PROVOCHI!
Proprio stasera che sono praticamente a pezzi e non ce la faccio a fare
niente! E non provare a fare del sarcasmo o ti spacco la faccia!”
strepita, con il viso tutto rosso per la rabbia e l’imbarazzo.
“Io
non ho detto una parola” ribatto. Non lo faccio apposta, questo è il
mio modo di muovermi, ma è così piacevole sapere che non riesce a
togliermi gli occhi e le mani di dosso…
mi fa girare la testa come una
vittoria! Lui nota che io non ironizzo e si calma, limitandosi a guardarmi
imbronciato; resto in boxer e mi infilo sotto le coperte, accanto al do’aho,
poggiando la testa vicina alla sua.
“Io
credo…” mormoro.
“Che
cosa, stupida volpe?”.
“Credo
che sia bellissimo anche solo restare così, no?”.
Allora
lui mi cinge alla vita e si
rilassa addosso a me, bisognoso di calore.
“Una
cosa meravigliosa, Kaede…”
E io mi addormento
tranquillo.
Pare
seconda.- Di che hai paura?
Oggi Rukawa si è
svegliato quasi all’alba: vuole allenarsi, ci metterei la mano sul
fuoco. Lo trovo in cucina, che sta preparando una spremuta d’arancia.
“Oi
kitsune, buongiorno!”.
“…rno”
borbotta, ancora intontito dal sonno.
Io
gli poggio il mento sulla spalla e lo abbraccio: “La prepari anche per
me?”.
“Hn”.
Annuisce
leggermente , ma subito dopo si irrigidisce, di colpo completamente
sveglio.
“Do’aho,
ti spiacerebbe togliere le tue mani dal mio fondoschiena?”.
“Sì,
mi spiacerebbe… anche se posso sempre mettertele da qualche altra
parte…” sogghigno io. Da dove mi viene tutta questa sfacciataggine?
Non credevo che l’avrei mai avuta, forse mi sta contagiando lui. Ma non
posso dire che mi dispiaccia, in fondo è il mio pudore ad essere del
tutto fuori luogo, considerando ciò che abbiamo già condiviso e
condividiamo. Lascio scivolare le mie mani sul suo corpo, Rukawa si gira
nel mio abbraccio e mi getta le braccia al collo, baciandomi con foga,
mordendomi le labbra.
“Oi
kitsune, neanche tu sai controllarti, vedo…” e ridacchio, soddisfatto
per l’ardore che mi dimostra.
“Hn…
io
me ne stavo qui tranquillo… sei stato tu a farmi venire voglia di fare
l’amore, quindi…”.
“Quindi?”
“Quindi,
ora vedi di darti da fare!”.
Che
bel modo per cominciare la giornata…
“E
pensare che volevo allenarmi…” dice Rukawa, dopo.
“Ah
ah ah non puoi più fare a meno del grande tensai, eh kitsune? E poi di
che ti lamenti? Bisogna tenersi in forma anche in questo campo, no?”.
“Idiota!”
il suo viso è serio (per non darmela vinta), ma i suoi occhi ridono per
lui.
Così
arrivo a scuola di buon umore!
Come
prima cosa cerco Yohei , che quest’anno non è nella mia stessa classe,
e attendiamo insieme il suono della campanella, passeggiando per i
corridoi. Io ne approfitto per scusarmi del mio comportamento a dir poco
sospetto.
“Scusa
per l’altra sera, ma ero davvero nei casini”.
“Tutto
risolto, spero”.
“S…sì…”
se Sendoh avesse il buon gusto di stare fuori dai piedi… Ma non ce l’ha!
“Non
per ripetermi, Hanamichi, ma ti trovo strano ultimamente”.
“E’
un’impressione” ribadisco, cercando di stare calmo. Lo so che vuole
aiutarmi, ma perché non si fa i fatti suoi?! Mi accorgo che, camminando,
siamo arrivati di fronte alla classe di Rukawa e io non so resistere alla
tentazione di dare una sbirciata nell’aula.
“Uhm?
Perché ti fermi? – mi chiede Yohei- Ah, vuoi vedere se c’è la tua
nemesi?”.
Eccolo
lì!
E
naturalmente sta dormendo! Tiene la testa posata sulle braccia e dorme
placidamente, posso vedere il suo viso rilassato e lo trovo carino da
morire. Un momento… gli si sta avvicinando un compagno di classe e lo sta
svegliando… chi è questo tizio, come osa?!… ah, gli sta mostrando un
quaderno… sento che Rukawa borbotta qualcosa in inglese prima di chiudere
di nuovo gli occhi… be’ gli hanno chiesto aiuto nell’unica materia in
cui può darlo… però è migliorato, non lo ha preso a pugni, mi ricordo
di quando lo si svegliava e lui diceva: “Io non perdono chi disturba il
mio sonno”… Ora dorme di nuovo profondamente, me ne accorgo dal ritmo
del suo respiro.
All’improvviso,
mi ritrovo di fronte Yohei che mi agita la mano sulla faccia, quasi a
voler distogliere la mia attenzione dalla kitsune.
“Hanamichi,
ci sei?” mi chiama, fissandomi in modo strano.
“Eh?
Ah, sì…che c’è? Perché mi fissi?” scatto io, subito sulla
difensiva.
“Stavi
guardando Rukawa… come…” si ferma, quasi a dover trovare le parole più
adatte.
“Come?”
mi irrigidisco, ma voglio che finisca la frase se proprio deve dirla.
“Come
se fosse l’ultima cosa bella al mondo…” conclude Yohei, con
l’espressione di chi stia cominciando a mettere insieme i pezzi di un
puzzle.
Kaede
l’ultima cosa bella al mondo? Per me lo è, mi piace questa definizione.
Ma non ho il tempo di soffermarmici troppo, perché mi rendo conto che mi
sono tradito come un cretino! E ora che faccio?
“Hanamichi,
non è che potresti spiegarmi questa faccenda? Non hai mai guardato
neanche Haruko in questo modo” insiste Yohei.
Non
sembra arrabbiato o scandalizzato (ammesso che abbia capito tutto), ma so
che ormai non mi darà pace finché non avrà le risposte alle sue
domande.
“Ecco,
io…”
SALVATO
DALLA CAMPANELLA!!!
“Dobbiamo
andare in classe” dico precipitosamente, allontanandomi a grandi passi.
“Guarda
che stavolta non mi scappi! Ti aspetto dopo gli allenamenti, così ne
parliamo”.
Io
mi fermo e mi volto di scatto: “No! Senti… ne parliamo domani, va bene?
Ti telefono io… devo chiarirmi le idee” e corro via per il corridoio,
senza aspettare la sua risposta. Già, devo chiarirmi le idee: come si
inizia un discorso simile con un amico? E poi, si può realmente iniziare?
Vorrei chiedere consiglio a Rukawa, ma non so se riuscirebbe a capire i
miei dubbi: lui si sarebbe limitato a scrollare le spalle e a raccontare
tutto con voce fredda e impersonale, non sarebbe corso via. No. Non l’ho
mai visto tirarsi indietro di fronte a niente. Credo proprio che questo
pomeriggio passerò da casa mia, per stare un paio d’ore a riflettere
con calma nella mia stanza. Da solo.
L’allenamento
procede bene, poi, nello spogliatoio, io parlo con Rukawa e gli comunico i
miei programmi pomeridiani.
“Allora,
ci sono problemi?” chiedo.
“No-
risponde lui, tranquillo- Anzi, tieni…” e mi porge un mazzo di chiavi
che teneva nel borsone.
“Che
roba è ?”.
“Sono
le mie chiavi di casa, do’aho! Anzi, le TUE chiavi di casa mia… Mi ero
dimenticato di dartele ieri”.
Lo
dice così, con la sua solita espressione, come se fosse una cosa di poco
conto, ovvia magari…
“Kaede…”.
“Ho
pensato che così non avremo problemi di orario per rincasare anche
separatamente” mi spiega. Non parlarne così, kitsune, non sminuire
sempre tutti i tuoi moti di tenerezza, tutte le tue premure sempre così
discrete e delicate…Non liquidare il tuo gesto motivandolo con gli
orari! Per due ragazzi come noi, hai fatto qualcosa di veramente
grande… Io lo abbraccio di colpo: sono commosso, è inutile nasconderlo,
ma lui dopo un po’ si scioglie dalle mie braccia.
“Per
esempio, io ora voglio andare al campetto: se tu dovessi tornare a casa
prima di me, non rischieresti più di rimanere in mezzo alla strada”
spiega lui, con la sua voce profonda. Io sono davvero estasiato, ma la
kitsune si imbarazzerebbe se lo dimostrassi troppo, così mi limito a
dire: “Idea geniale!”.
“Lo
so. Infatti l’ho avuta io”.
“Mmm…veramente
il genio sono io, ma per questa volta te la lascio passare”.
“Hn”.
“Allora
ci vediamo più tardi, volpino” lo saluto, vedendolo uscire dallo
spogliatoio.
“Oi
do’aho, cerca di non perdere quelle chiavi! Io non te ne faccio
un’altra copia!”.
“Stupida
volpe!”.
Interrompo
i miei allenamenti quando mi accorgo che le mie mani cominciano ad
arrossarsi troppo. In effetti la palla da basket è molto dura, so che
alcuni giocatori professionisti tengono coperti i polpastrelli mentre si
allenano per evitare fastidiose escoriazioni. Io non lo faccio, ma so
quando fermarmi. Mi sto impegnando molto, ma non mi pesa affatto. Non ne
conosco il motivo, ma sono nato con questo particolare dono di poter
diventare un giocatore fortissimo e di certo non lo butterò via, non lo
sprecherò per dover poi vivere di rimpianti. Il mio orgoglio non lo
sopporterebbe. Ma non è soltanto questo, sarebbe quasi puerile. E’ che
io amo davvero con tutto il cuore questo sport e per amore si può fare
qualunque cosa, no? Se non mi impegnassi con tutte
le mie forze mi sentirei un traditore e questo è assolutamente contrario
alla mia natura. Sarebbe come…come se pensassi di tradire Hanamichi,
altra cosa impossibile…Il mio fine è giocare nell’NBA ed essere
convocato nella nazionale del Giappone. Sono stato fortunato, lo penso
veramente: un dono simile va ripagato con la più alta dedizione e il
bello è che non c’è fatica, non c’è stanchezza, perché poter
pensare continuamente a ciò che si ama è libertà e non costrizione. Ed
è stato fortunato anche il mio do’aho, con questa sua bravura
capitatagli fra capo e collo e sprecata per così tanto tempo…
Ma ci
penserò io a fargli recuperare ogni singola ora perduta.
Arrivo
a casa e comincia a sembrarmi strano il silenzio che mi accoglie: ormai mi
piace la sua voce rumorosa. Ripenso alle chiavi che gli ho dato…chissà
perché l’ho fatto…
No, è inutile fingere: l’ho fatto perché lui
possa raggiungermi sempre e comunque; perché in effetti comincio a
pensare a questa come a “casa nostra”.
Per
dirla tutta, se quel rompiscatole di mio padre si decidesse a non mettere
più piede a Kanagawa e a trasferirsi a Tokio, gli direi di venire a
vivere qui con me stabilmente…
Però lui ha ancora una madre…già, non
è come me, che penso a me stesso come a un orfano…
Non importa. Avremo
tutto il tempo di vivere insieme in America. Già, in America.
Devo
studiarmi per bene la situazione delle squadre di alcune università e
dovrò farlo anche per lui, che se lo lasciassi fare da solo si
ritroverebbe nel Maine! Non che abbia da ridire sul Maine, ma nel mondo
del basket conta molto poco…
E’
proprio un regolamento dell’NBA: ogni squadra deve schierare in campo
due giocatori presi dalle squadre universitarie. Ecco perché sto
esaminando con cura vari campus; l’avevo spiegato anche ad Hanamichi, ma
non credo che se lo ricordi. Anche i suoi progressi in inglese sono un
po’ lenti. Trovo il suo quaderno sulla mia scrivania e decido di
correggergli gli esercizi; di solito non lo faccio, preferisco fargli fare
pratica con la conversazione, ma ora non ho nient’altro da sbrigare…
Un
disastro!
Ossia,
non proprio, ma ci sono cinque errori terribili! Questo cretino non sa
neanche chiedere un bicchiere d’acqua! Morirebbe di sete…
E poi…
in
quasi ogni pagina c’è sempre lo stesso scarabocchio, ma cos’è?
Lo
osservo meglio e scopro un pupazzetto dai capelli neri con orecchie e coda
di volpe, che dovrei essere io nelle sue intenzioni…
Il
quaderno ne è pieno.
Sento
che il mio viso si addolcisce: mi sono intenerito, è inutile negarlo; per
fortuna il do’aho non è qui a vedere l’espressione che deve
sicuramente avere la mia faccia, non
mi piace che mi sorprenda in un simile atteggiamento. Forse
sbaglio; quando si ha consapevolezza della propria forza, non ci si
dovrebbe vergognare a mostrare dolcezza o gentilezza, ma è ancora
difficile per me. Rimango a fissare i suoi disegni e per un po’ la mia
testa si svuota da qualunque pensiero.
Vengo
riportato alla realtà dal suono del campanello. Mi alzo, svogliato,
chiedendomi chi possa essere. Il do’aho non può essere tanto idiota da
scordarsi subito le nuove chiavi; a meno che non abbia suonato per
abitudine, ma mi sembra strano: non è tonto fino a questo punto…
Infatti
non è lui.
“Salve,
Rukawa…
non c’è che dire, sei sempre uno splendore!”.
Be’
non ho scelto io di nascere con questo aspetto e anzi devo dire che
talvolta mi ha creato fastidi (troppe fan isteriche!); comincio ad essere
contento del mio viso e del mio corpo solo ora, dati gli stupendi effetti
collaterali che provocano su Hanamichi…
Già,
solo che vorrei li provocassero soltanto su di lui!
Torno
a casa di Rukawa fischiettando, un po’ rassegnato al pensiero di
un’imminente lite con Yohei, ma anche emozionato all’idea di poter
finalmente usare per la prima volta le MIE chiavi di casa. Apro il
cancello e mi appresto ad aprire trionfalmente anche la porta della villa,
quando mi accorgo che c’è qualcosa che non va. Posso udire fin da qui
la musica ad alto volume. Rock americano, ma non è questo il problema.
Rukawa lo ascolta molto, ma il volume è sempre basso, quasi un
sottofondo, adatto a lui che ama il silenzio. Entro e mi faccio furbo.
Vado verso il salotto senza fare rumore, sento delle voci… anzi, una
voce! E non è la sua. La porta è chiusa a metà, sbircio dentroper
dirla tutta voglio spiarlo!
Akira
Sendoh! Ecco chi è l’idiota a cui piace ascoltare la musica ad alto
volume!
E’
peggio di un incubo…
E
neanche la mia volpe dev’essere contento di questa improvvisata, perché
lo vedo che fissa torvamente il porcospino dal divano. Bene, se non fosse
che è terribilmente sexy quando ha quello sguardo torvo… e Sendoh la
pensa come me a riguardo…
Vorrei tanto
rompergli il muso a suon di pugni, ma stavolta devo essere davvero furbo,
così decido di rimanere nascosto e di ascoltarli.
“…Sakuragi si vergogna di
voi due, capito? Alla sala giochi si capiva benissimo che se la vostra
storia fosse saltata fuori di fronte al suo amico, si sarebbe sprofondato
dalla vergogna. Io non ho simili problemi: Uozumi e Koshino sanno
benissimo che mi piaci tu”.
Lo dice come se
potesse avere una qualche importanza per me, ma non ne ha. Tra l’altro
non sono contento all’idea di essere stato nominato nelle loro
conversazioni.
“Ognuno
è fatto a modo suo, Sendoh, e se sei venuto qui per parlar male di
Sakuragi, quella è la porta”. Lui è stranamente serio, neanche durante
le partite gli avevo visto un’espressione simile, che lo fa sembrare
molto più adulto.
“Lui
non ti merita” mi dice.
“Decido
io chi mi merita” ribadisco; posso sentire il mio sguardo che diventa
sempre più glaciale. Possibile che non abbia capito che io non sopporto
osservazioni e interferenze non richieste nella mia vita?
Ma
allo stesso tempo non mi va di trattarlo male: è il mio rivale numero
uno, è vero, ma ho un buon rapporto con lui. In fondo mi è simpatico. E
mi dispiace di piacergli proprio io, perché questo mi costringe a
comportarmi in modo brusco e, al di là di quel che si pensa di me, io non
voglio far soffrire nessuno, non ho mai voluto far del male ad anima viva.
“Mi
piaci, Rukawa” mi dice ora, apertamente.
“Ti
sembra. Ti ho già detto di non esagerare” replico.
“Non
è un’esagerazione: mi piaci da molto tempo…
è così difficile da
credere?”.
“Allora
mi dispiace per te: io sto con Hanamichi e non c’è niente che tu possa
dire o fare per cambiare questa situazione” sono stato chiaro, no?
“Non
ci credo…” sorride Sendoh.
Davvero
mi conosci così poco?
“Io
per natura sono fedele e non ho la minima intenzione di cambiare per te”
ti è più chiaro il concetto, ora? Questa conversazione mi sta stancando,
non mi va affatto di parlare, soprattutto non in un’atmosfera così
spiacevole. Akira sembra incredulo.
“Ma
è davvero una storia così importante?! Non lo avrei mai creduto, non con
quella scimmia rossa! Cioè…
lui lo capisco benissimo…
ma non capisco
te: cosa ci trovi in Sakuragi?”.
Non
sono tenuto a parlarne con te, Sendoh.
Lui sembra decifrare il mio silenzio.
“Scusa
per la domanda personale, ma devo fartela…
voi avete anche…” si
ferma, lasciando la frase in sospeso e guardandomi.
“Abbiamo,
cosa?”.
“Ma
sì, lo sai! Insomma, lo avete fatto?” sbotta .
Non
mi piacciono queste domande troppo intime, mi limito a fissarlo
gelidamente, poi dico con voce lenta: “Tu che dici?”.
Riconosco
la gelosia nei suoi occhi, una gelosia bruciante che mi fa capire che
forse ho sempre sottovalutato i suoi sentimenti per me; una gelosia
profonda, ma posso capirlo: in un modo o nell’altro, con noi due perdi
sempre, vero grande Sendoh? Ma non glielo dico, perché mi accorgo che non
la sta prendendo molto bene e a me dispiace che stia soffrendo per colpa
mia. Mi guarda fisso. Un po’ troppo fisso, per i miei gusti…poi
spalanca gli occhi: “R…
Rukawa…
non mi dire che…
non mi dire che gli
hai lasciato fare…”.
“Se
vuoi, non te lo dico” ma la cosa non cambia, aggiungo mentalmente; lui
fa la faccia affranta.
“Non
è possibile…
Rukawa, perché proprio lui???”.
Va
bene, ora basta!! Mi alzo di scatto dal divano e parlo con la mia voce più
fredda e impersonale: “Questo discorso è durato fin troppo! Sarà
meglio che tu vada”.
Uh?
Mi è sembrato di sentire un rumore nel corridoio. Sarà stato il mio
gatto…
Sendoh
non protesta, sa anche lui che è meglio chiuderla qui; ci salutiamo, lui
mi sorride come al solito.
“Vedrai,
ti farò cambiare idea…”.
“Non
ci contare” allora non ha capito niente?!
“Stanotte
non riuscirò a chiudere occhio per
quello che mi hai detto, lo sai?”.
“Non
è un problema mio”.
Lui
non si altera alla mia risposta, come avrebbe fatto Hanamichi; si limita a
guardarmi e a dirmi: “A presto”.
“Ciao…”
A
presto?! Come sarebbe a dire? Non ho intenzione di sopportare un’altra
conversazione simile! Chiudo la porta, mi giro e…
mi spavento! Mi trovo
davanti il ghigno del do’aho, che salta di gioia.
“Bravo,
kitsune! Gli hai dato il fatto suo! Hai visto che faccia ha fatto? E’
stato bellissimo vederlo con quell’espressione idiota!” mi salta al
collo, ma io lo scosto bruscamente: “Imbecille, mi hai fatto prendere un
colpo! Non mi ero accorto che tu fossi in casa, non ti ho sentito…”
mentre dico queste parole mi rendo conto di come siano andate le cose e
non mi piace per niente.
“Hai
origliato?” chiedo, con una punta di tristezza.
“Be’,
sì” ammette candidamente il do’aho, con un sorriso a trentadue denti.
“Non
ti fidi di me?” se fosse così, ci rimarrei davvero male…
Lui torna
serio.
“Di
te sì, anzi…
hai confermato che la mia fiducia è ben riposta. E’ di
quel porcospino maniaco che non mi fido affatto!”.
“Hn”
in altri tempi, fino a pochi mesi fa, non avrebbe resistito: alla prima
parola fuori luogo di Sendoh , Hanamichi sarebbe sbucato fuori e lo
avrebbe pestato a sangue…
forse sta imparando a controllare la sua
impulsività…
tutto sommato, capisco perché ci ha spiato e non mi va di
litigare con lui per questo.
“Ho
usato le chiavi nuove, sai kitsune? Mi è piaciuto un sacco!” e ride.
“Credevo
che le avresti perse subito” lo prendo in giro. Lui borbotta le sue
solite recriminazioni contro di me, mentre io lo trascino in salotto, ma
poi esclama di colpo: “Come si è permesso quel porcospino di farti
quelle domande così private?! Non devi più farlo entrare qui a casa tua,
kitsune!”
“Hn” mi fingo
indifferente, ma trovo bellissima la sua gelosia, che stranamente non mi
fa sentire costretto e legato, ma solo amato e desiderato. Lo spingo sul
divano e il do’aho mi fissa in modo allusivo: “Ooooh… ho capito il
motivo per cui mi hai buttato qui sopra, kitsune… vieni qui che… eh? E
questo cos’è?”.
“Il
tuo quaderno d’inglese” dico io, mettendoglielo sotto il naso e
sedendomi vicino a lui .
“E
allora?”.
“Da
domani studieremo inglese insieme per un’ora al giorno”.
Lui
non si altera, ma sorride accettando la sfida, sfoderando il lato della
sua personalità che preferisco.
“Insieme?
Va bene, sarà divertente…
andiamo, kitsune, vieni qui…
parlami in
inglese mentre lo facciamo…”.
“Idiota
! - sibilo io – Guarda qua: non sai chiedere neppure un bicchiere
d’acqua! E poi non sai neanche tenere una matita in mano…”.
“Cooosa?
Credi che il grande tensai non sappia disegnare?” si indigna, diventando
rosso.
Io
mi stringo più vicino a lui e indico il quaderno aperto fra le sue mani:
“Ho riconosciuto quello scarabocchio, sai? Ma non assomiglia affatto ad
una volpe, sembra un topo!”.
“Non
è vero! In fondo hai appena detto di esserti riconosciuto, no?”
protesta.
Io
non rispondo, mi protendo per prendere una penna posata sul tavolo e poi
inizio a disegnare sul suo quaderno, incurante delle sue lamentele.
“Ah,
ora voglio proprio vedere il campione di Belle Arti! Ehi, che cos’è
quello?!”.
“Hn”.
“Che
cos’è, fammi vedere! Oh…
è una scimmietta…”.
Finalmente
sta zitto; io finisco di disegnare un pupazzetto con orecchie e coda di
scimmia, che tiene per mano la volpe (che sarei io…questo sgorbio?! Mpf!).
“Ora
è perfetto” mormoro.
Hanamichi
lo guarda, poi sposta il suo sguardo su di me; ci fissiamo e dopo poco
scoppiamo a ridere e rido anche io, spontaneamente stavolta, senza bisogno
di solletico o di battute e questo perché è lui che mi fa stare bene.
All’improvviso il mio do’aho mi prende e mi stringe a sé, facendomi
posare la testa sulla sua spalla. Sembra
che voglia proteggermi, anche se sa benissimo che io non ne ho
bisogno. Ma glielo lascio fare ugualmente perché questo suo gesto è
davvero molto tenero.
Istintivamente
strofino il mio viso sul suo
collo e sento la sua risata soffocata: “Ma pensa…
una volpe che fa le
fusa…”.
“Hn”.
Rimaniamo
a lungo così, portando avanti un dialogo silenzioso, perché a volte ci
sono parole che non sono fatte di voce, anche se forse lui è troppo
estroverso per poterlo capire del tutto…
Quando,
alla fine, mi alzo, il do’aho non vorrebbe e mi mette il broncio; io
controllo che il mio gatto sia al caldo nella sua cesta, poi mi avvio
verso la scala.
“Kitsune,
dove stai andando?” mi chiama lui.
“Io
ho sonno, vado a letto. Tu che fai?” in effetti mi si chiudono gli
occhi.
Hanamichi
fa una corsa e mi raggiunge: “Eccomi, eccomi. Ma, kitsune…
non vorrai
mica dormire, vero?”.
Do’aho!
Certo che sì! Anche…
E’ una domenica
mattina.
Non
appena arrivo in cucina vedo la mia volpe che sta ancora dormendo, con la
testa appoggiata sul tavolo, davanti alla colazione. E’ vero che
stanotte l’ho tenuto sveglio parecchio, ma è peggio di un animaletto da
letargo!
“Oi
kitsune!”.
“Hn…”
alza il viso con una certa fatica.
Mi
dispiace, so che la mattina è il momento peggiore per lui, ma ora dovrà
starmi a sentire: oggi dovrò parlare con Yohei, ieri gliel’ho promesso;
ho appena parlato al telefono con lui e ci siamo dati appuntamento per
l’ora di pranzo, così gli darò le spiegazioni a cui tiene tanto:
diciamo pure che sono terrorizzato. E’ il mio migliore amico e io non
voglio perderlo. Lo racconto brevemente a Rukawa, mentre mangiamo, ma lui
sembra non capirmi.
“Di
che hai paura?” mi chiede.
“Di
litigare con lui, no? Pensi che sia facile per me dirgli che sono gay?”
mi sto innervosendo. Ma lo fa apposta?
“Perché?
Pensi di esserlo?”.
Forse
sta ancora dormendo…
“Sai,
kitsune, io sono un maschio e tu pure, non credo ti sia sfuggito…”.
“Io
non ho mai pensato a me stesso in questi termini, non mi sono neanche
posto il problema. Amo te, che incidentalmente sei un maschio: fine della
storia”.
Lo
dice con molta sicurezza. Troppa, per i miei gusti.
“Non
è così facile” replico. Ma perché vuole farla così facile??
“Ah,
no? Non è una tragedia, do’aho: sei tu che ce la stai facendo
diventare” la sua voce è molto dura.
“No…
no,
è che…”.
“Sai
cos’è che mi offende? Anzi, che mi ferisce?”.
Rukawa
ha parlato a bassa voce, ma io provo una fitta al cuore alle sue parole:
ecco, l’ho ferito, perfetto…
Lui
continua senza aspettare la risposta: “Posso capire il tuo nervosismo a
parlarne con Mito, posso capire la tua preoccupazione… Ma sento anche che
tu ti vergogni e questo non lo sopporto!”.
“Non
è vero!” scatto, ormai arrabbiato.
“Stanotte,
però, non ti vergognavi…” dice Rukawa, sarcastico. E io arrossisco.
“Ti
sei lasciato influenzare dalle scemenze di Sendoh!” grido io; ops… non
avrei mai dovuto dirlo: ora la volpe mi sta lanciando una delle sue
occhiate più glaciali!
“Io
non mi lascio influenzare mai da nessuno” mi sibila lui, con un mormorio
poco rassicurante. E questo lo so meglio di chiunque altro…
“E’
vero, ma il porcospino ieri ti ha detto…”
“Lo
so cosa mi ha detto e non me ne frega niente! Dici che non ti vergogni?
Benissimo. Ma l’impressione che dai è un’altra”.
Io
sono furibondo: “Ho paura di perdere i miei amici, va bene? A me non
piace stare solo, io non sono come te! Tu come ti sentiresti? Lo sai cosa
dicono di quelli come noi? Cosa proveresti se lo dicessero a te?”. Perché
non riesce a seguire altro che quel che c’è nella sua testa?!
“Dopo
quello che ha detto mio padre, credo di potermi sentir dire qualunque
cosa” replica lui, con il viso particolarmente inespressivo. Ma basta a
farmi tacere, mi morderei la lingua: accidenti, come ho potuto dirgli
questa sciocchezza senza riflettere?!
“Scusa…”.
Rukawa
sospira, poi mi guarda con i suoi bellissimi occhi blu: “Ora ti dirò
quel che penso, ma tu non interrompermi perché non voglio ripetermi”.
La
volpe che manifesta i suoi pensieri? Sono emozionato… così annuisco.
“Il
nostro legame riguarda solo noi. L’opinione degli estranei non deve
interessarci e quanto a …”.
“Il
mio problema sono gli amici, non gli estranei” ma allora proprio non
vuole capirmi!!!???
“Ti
ho detto di non interrompermi!”.
“Ops…d
’accordo,
sto zitto” voglio vedere dove andrà a finire il suo ragionamento…
“Quanto
agli amici, mi sembra che tu per primo non abbia fiducia in Yohei: hai già
deciso che litigherete e che la vostra amicizia ne sarà compromessa,
senza dargli alcuna possibilità. Io non ho amici. Non ne ho mai avuti,
sai? Neanche quando ero piccolo; ma so cosa dovrebbe essere l’amicizia:
se Yohei sarà realmente quel che dice di essere, un amico, non ti tratterà
mai male. Hanamichi, lui ti conosce da anni…sa chi sei, sa come
sei… Noi due non siamo solo questo: il nostro rapporto è parte di noi,
ma NON è noi. E Yohei dovrebbe capirlo. E anche se non dovesse fare salti
di gioia, che cambierebbe? Non si è amici solo di persone
perfette…amicizia è quando si conoscono i difetti dell’altro, quando
si ammette che ci sono aspetti che danno ai nervi, ma nonostante tutto ci
si vuole bene e si procede insieme nella vita. Perché un amico dovrebbe
sempre incoraggiarti, starti vicino e difenderti dagli altri…”.
Be’
la mia volpe parla poco, ma quando lo fa è meraviglioso; e il fatto che
mi abbia reso partecipe dei suoi sentimenti mi ha ridato coraggio. Ora le
nuvole sono meno fitte…
Io
sorrido: “Bene, kitsune, stranamente potresti avere ragione! Vedi com’è
tutto più facile quando si parla?!”.
“Hn”.
Niente…
il
momento magico è finito…
Lui
si alza: “Io passerò la mattina al solito campetto” mi annuncia.
“Va
bene, ti raggiungerò là” rispondo, mentre finisco di fare colazione.
Prima
di uscire dalla stanza Rukawa mi posa una mano sulla testa e mi scompiglia
i capelli ormai ricresciuti.
“Do’aho,
io starò sempre dalla tua parte”.
Dice
solo questo e poi scompare nel corridoio; dopo un po’ sento il rumore
della porta di casa che si chiude.
“Ti
amo, Kaede” gli dico, anche se non è più di fronte a me.
“No!
Non ci posso credere!”
Yohei
mi fissa con gli occhi sbarrati e la faccia allibita, concretizzando le
mie peggiori paure.
“Hanamichi,
mi stai prendendo in giro?”.
Vorrei
dargli una testata, ma tutto quel che mi esce dalla bocca è un: “No”
ringhioso.
“Non
è possibile!”.
“Ma
cosa diavolo non è possibile, eh?” grido. Ora esplodo…
“Mah,
sai… cinquanta rifiuti non sono uno scherzo, no? E non è che fossero
tutte carine oltretutto: alcune rispondevano alla regola “basta che
respirano”, eppure niente… ti hanno scaricato anche quelle! E ora
vorresti farmi credere che il ragazzo più bello non solo della nazione,
ma di tutto il continente…”.
“E’
il più bello del mondo!” ribatto io, seccamente.
“Giusto,
infatti, perché limitarci? Dicevo, il ragazzo più bello del mondo
avrebbe scelto te ?! Consapevolmente ?!”.
Ora
sono io quello allibito.
“Yohei…
per
questo parlavi così?”.
“Ma
certo, cosa credevi?” e mi sorride con sincerità.
“Be’…
io… lui… siamo
due ragazzi…” borbotto. Ma che mi prende? Sembra quasi che mi
dispiaccia la sua reazione tranquilla; ed io che mi ero preparato tutta
una serie di insulti e recriminazioni… fatica sprecata!
“Ah,
quello! – Yohei alza le spalle- Devi sapere che mi ero ripromesso da
tempo una cosa: se tu fossi arrivato al sessantesimo rifiuto, sarei stato
io a proporti di provarci con qualche ragazzo. Era più che evidente
l’incompatibilità fra te e le ragazze… svelato l’arcano!”.
“Scemenze!
Ero io che non mi impegnavo abbastanza… eheheh il grande tensai era
destinato a stare con il più bello!- rido, ma mi calmo subito e lo guardo
con uno speranzoso sospetto- Ma allora… per te non c’è problema?
Davvero?”.
Yohei
mi guarda scuotendo il capo: “Certo! Ma perché
pensavi che avrei avuto problemi? Mi conosci così poco? Sentimi
bene, Hanamichi: nessuno meglio di me può sapere quanto tu, nonostante la
tua irascibilità e la tua propensione a menar le mani, abbia bisogno di
avere qualcuno vicino. E ora finalmente ce l’hai. Ho una sola perplessità”.
Mi
sorprendo: “Quale?”.
“Rukawa
è bellissimo, ma ha un carattere… difficile… diciamo così. Ho sempre
pensato che per te ci volesse una persona dolce, gentile e affettuosa, ma
Rukawa non mi sembra esserlo, anche se è vero che io non lo conosco per
niente… Ehi, un momento! Per questo mi ha salutato pochi giorni fa!”
ride Yohei e sorrido anch’io: “Già!”.
Poi
penso alle sue parole.
Dolce,
gentile e affettuoso… Ma come si fa a definire bene la dolcezza? E poi,
CHE COS’E’ la dolcezza? Un modo di essere? Di parlare? di agire? Tutto
questo insieme? Il senpai Kogure è un perfetto esempio di ragazzo dolce,
gentile e affettuoso e sicuramente Mitsui non deve stare sul chi vive ogni
volta che apre bocca… Eppure è anche qualcosa di indefinibile. Dolcezza
non significa fragilità e neanche debolezza, questo l’ho capito; ma non
vuol dire neppure essere melensi! Alla fine , credo che la vera dolcezza
in realtà sia qualcosa di estremamente discreto…E la gentilezza? Che
cos’è la gentilezza? Al di là dei formalismi, intendo… Possono
coesistere la forza e la dolcezza? La volontà più ferrea e la
gentilezza? Può essere davvero così qualcuno tanto libero e
indipendente?
Nella
mia mente si sovrappongono molte immagini: i suoi occhi sicuri e vigili
che mi seguono con lo sguardo quando non sono vicino a lui; il silenzio
complice con cui mi assicura la sua presenza (perché quando si ha a che
fare con lui il silenzio parla più delle parole!); una cena lasciata in
caldo; la copia delle sue chiavi di casa data così, come se fosse
naturale; uno scarabocchio che tiene per mano quello disegnato da
me… E’ dolcezza questa?
E’
lo stesso ragazzo che quando si allena fissa tutti con uno sguardo da
chiunque- si- frapponga- tra- me- e- il- canestro- è- un- uomo- morto; lo
stesso che mi ha tirato un pugno senza motivo poco tempo fa e che mi ha
dato del deficiente pure mentre facevamo l’amore per la prima
volta… non prima o dopo, no… proprio DURANTE!! In fondo, perché mi
meraviglio?
La
mia volpe è forte e affettuosa allo stesso tempo. Penso al passionale
abbandono con cui si lascia possedere da me e mi convinco che ho ragione.
Non mi sono ancora abituato a questo: ogni volta mi stupisco come la
prima, non ho alcuna intenzione di darlo per scontato perché è un dono
talmente straordinario fatto da lui che merita soltanto stupore e
ammirazione.
E
il bello è che so che c’è ancora tanto da scoprire in lui… immaginate
questa scena: voi state inseguendo una volpe, che si ferma ai limiti del
bosco; la volpe non si muove, i vostri occhi si fissano nei suoi; voi
iniziate a camminare verso la volpe senza distogliere lo sguardo e lei
rimane immobile e silenziosa, ma quando siete a un passo da lei, quando
state per allungare la mano e credete di averla raggiunta…ecco che con
uno scatto scompare nel bosco, nella direzione opposta a quella che
pensavate. E voi dovete ricominciare daccapo.
Kaede
è così.
Ogni
volta che credo di essere arrivato a lui, alla vera kitsune, scopro che
c’è qualche altra cosa…e questo mistero non fa che renderlo più
affascinante. Ma come faccio a farlo capire a Yohei?
“I
tesori più belli sono i più nascosti” gli dico. Frase banale, ma che
rende l’idea.
“Sai,
a questo punto mi piacerebbe conoscerlo meglio. Credi che accetterebbe di
uscire con noi?” mi chiede.
Io
non gli rispondo, seguo il filo dei miei pensieri: “Non potrei amare
nessun altro. Non avrei mai potuto amare nessun altro”.
E’
ciò che ho detto con più serietà in tutta la mia vita; Yohei mi scruta
e annuisce, per farmi capire che ha compreso davvero.
Forse qualcuno si
annoierebbe ad allenarsi da solo, ma a me piace. E’ vero che è
importante la presenza fisica degli avversari, soprattutto per provare le
finte, ma in questi casi la mia immaginazione può benissimo porre rimedio
alla loro assenza. Davanti ai miei occhi si forma l’immagine di Akira
Sendoh che prova a difendere il canestro; io lo fisso come se fosse
realmente qui e scatto. Riesco a vedere anche le sue mosse: ecco, prova a
fermarmi, io sposto il pallone dalla mano destra alla sinistra facendolo
passare dietro la schiena e poi lo scarto con una mossa fulminea. Continuo
a correre. Ora di fronte a me c’è Maki e Sendoh scompare. Io corro; lo
supero con una finta e svanisce anche lui. Ormai è passato del tempo,
sono sopraggiunte vittorie importantissime, ma non ho ancora dimenticato
il sapore bruciante della sconfitta, quando perdemmo l’amichevole con il
Ryonan e la partita contro il Kainan. Quella frustrazione… quell’umiliazione…
Giurai
a me stesso che non sarebbe più capitato e mi ripeto anche ora quel
giuramento: io vincerò e voi non mi batterete… nessuno mi batterà mai
più!
Faccio forza sulle
gambe e salto, sentendomi veloce e leggero, e schiaccio il pallone nel
canestro con tutta la mia forza.
“Slam dunk!”
dice una voce allegra alle mie spalle; prima ancora di toccare terra so già
chi è…
Eccolo lì, il mio
do’aho, con una bella espressione sul volto e gli occhi scintillanti.
“Ben arrivato, scimmia rossa, sei venuto per ammirare il gioco di un
vero campione?” lo accolgo.
“No, no, no… oggi
non riuscirai a farmi arrabbiare, kitsune! Sono troppo contento!” e ride
di cuore, come un bambino.
Io non rido,
ovviamente, ma mi fa stare bene vederlo così su di giri, di nuovo
spensierato.
“Mm… niente
contusioni, niente occhi neri, niente testa fasciata… ne deduco che è
andato tutto bene” dico io, dopo averlo osservato.
Il suo sorriso ora
va da un orecchio all’altro: “Sì, sì… Yohei è stato grande, va
tutto benissimo!” e mi racconta nei minimi dettagli la loro
conversazione; io lo ascolto attentamente e annuisco: “Bene, bene… hai
visto? Tu fai sempre quello che dico io, do’aho, e non avrai mai
problemi”.
“Ha ha ha…buona
questa!”.
“Io non scherzavo
affatto” replico.
“CHE COOOOSA?! Io
non prendo ordini da nessuno, kitsune, nemmeno da te!” grida lui. Ma chi
glielo fa fare ad alterarsi sempre in un batter d’occhio? Così uno si
accorcia la vita di dieci anni…
“Resta il fatto
che avevo ragione io, no? Non avevi motivo di avere paura- lo guardo con
sfida – Niente liti e niente insulti”.
Il mio do’aho
diventa tutto rosso, borbotta qualcosa di indecifrabile, ma tanto lo so
che cosa ha detto… che lui odia darmi ragione! Gli dà ancora fastidio
ammettere che io avevo visto giusto e lui no! Rassegnati, amore mio, è
inevitabile…
Mi avvicino a lui e
lo bacio su una guancia: “Hai capito ora? Noi non facciamo niente di
male: se ci sono persone che si scandalizzano sono loro ad avere dei
problemi, non noi”.
“Ha ha ha figurati
se il grande tensai si fa intimorire dalle opinioni di gente frustrata e
repressa! Ci vuole ben altro!” e ride.
“Veramente eri tu
che stamattina avevi un’aria da tragedia greca” osservo io.
“Come osi, kitsune!
Io…”.
Non lo lascio
continuare, lo bacio sulla bocca per farlo tacere, non me ne importa
niente di essere visto da qualcuno.
“K…Kitsune…”
balbetta il mio do’aho, con un’espressione comicissima sulla faccia:
allarmata, imbarazzata ed eccitata…Quando lo capirai, testa dura? Se hai
la coscienza pulita, devi disfarti di tutte queste preoccupazioni per
l’opinione degli altri o non sarai mai libero…
Gli lancio
un’occhiata per metà seria e per metà maliziosa: “Torniamo a
casa?” gli chiedo a voce bassa.
Parte terza.- Giuramelo…
Ora
siamo arrivati a casa. Finalmente mi sento di nuovo rilassato: mi secca
dare ragione alla volpe, ma Yohei ha reagito proprio come aveva previsto
lui… da vero amico! Sarò ingenuo, ma il mondo si presenta rosa ai miei
occhi e io sono più che pronto ad affrontarlo! Ora stiamo nella camera
della kitsune, lui si sta cambiando e io mi sento la gola secca; Rukawa si
accorge che lo sto guardando, si avvicina a me e mi bacia. All’inizio
sono baci piccoli e molto dolci, che però diventano via via più
appassionati; le sue mani mi sbottonano la camicia, lui è già spogliato
tra le mie braccia, mi sussurra con voce roca: “Fai l’amore con
me…”.
“Kaede…”
gli prendo il viso tra le mani e i miei occhi si incantano a guardarlo.
Non so se sono io che sto uscendo di testa o se sia davvero così, ma mi
sembra che lui diventi ogni giorno più bello. Lo guardo bene e mi rendo
conto che ho ragione: non so come faccia, ma è sempre più bello ed è
esaltante pensare che tutta questa bellezza è MIA. Non è strano? Kaede
Rukawa è senza dubbio il ragazzo più fieramente indipendente che io
abbia mai conosciuto, eppure è anche l’unica persona al mondo che io
possa sentire come mia. E’ completamente mio e lui sa che io provo
questo sentimento di possesso e, nonostante tutto, non gli dispiace.
Ci
spogliamo. Credo di avere uno sguardo adorante, ma non mi importa più.
Non mi preoccupo più, Kaede, che tu scopra quanto io dipenda da te e
quanto ti adori, perché è la semplice verità. E ora voglio
dimostrartelo.
Be’
intanto lui lo dimostra a me nel suo solito modo… quando ha finito, il
suo viso risale lentamente lungo il mio corpo fino a trovare di nuovo la
mia bocca e di nuovo io trovo eccitante sentire il mio stesso sapore sulle
sue labbra.
“Dovresti
vedere la tua faccia, do’aho…” mormora lui con tenerezza .
Sì,
la immagino: beata e soddisfatta, come mi sento io…
“Merito
tuo…”.
“Lo
so che sono bravo…”.
Sempre
modesto, eh? Però, in effetti, è bravo. E mi rendo conto che io a lui
non l’ho mai fatto! Kaede si sdraia al mio fianco, io mi giro e gli
finisco sopra, baciandolo con passione. Voglio dargli piacere adesso,
voglio che si abbandoni completamente fra le mie braccia: inizio a
carezzarlo, a baciarlo e a mordicchiarlo sul petto e lo sento subito
sospirare. Stavolta è il mio volto a scendere lungo il suo corpo,
facendolo sussultare. Non sono imbarazzato come credevo che sarei stato, né
incerto, perché non c’è parte del suo corpo che non sia perfetta e io
voglio assaporarlo, possederlo totalmente. Proprio per questo mi
interrompo presto, a dire il vero: il desiderio è troppo forte. Entro
dentro di lui e rimango immobile, mentre il calore del suo corpo si
espande per il mio e io mi inebrio di questa unione totale. Non so cosa
sia, se il suo profumo o la morbidezza della sua pelle o
l’arrendevolezza con cui accoglie sempre il mio atto di possesso, ma
alla fine io sono completamente in suo potere… Non appena inizio a
muovermi, Kaede inarca la schiena, mi stringe forte, geme in quel modo così
sensuale che mi fa impazzire.
“Di
più…” mi dice, sospirando.
Di
più? Mi vuoi di più? Anche io ti voglio di più… Le mie spinte
aumentano come il mio desiderio, come le tue grida. Riuscirò mai a
spiegare cosa provo dentro di lui? Mi sento un privilegiato, il più
fortunato del mondo, perché sono l’unico a cui lui lo ha permesso,
l’unico a cui abbia dato fiducia, l’unico che possa guardarlo e dire
“mi appartiene”.
Ora
stai gridando, Kaede…
Le
tue dita affondano di più nella mia schiena come io affondo di più nel
tuo corpo.
Continua
a gridare, Kaede…
E’
bellissimo sentirti, è bellissimo sapere che tutto questo te lo procuro
solo io, e tu sei davvero sempre più bello, così sensuale e desiderabile
da farmi diventare pazzo…
Ti
adoro, Kaede…
Adoro
come mi fai sentire, importante e fortunato, perché hai voluto donarmi
qualcosa che fosse solo mio.
“Ancora…”
mi implori.
Ancora,
certo…Tu non mi basti mai, non ne ho mai abbastanza di te. Alla fine il
piacere arriva al limite: gridiamo insieme e io crollo su di lui, cercando
di prolungare la nostra unione, perché per me è un momento di dolce e
infinita malinconia quando devo separarmi da lui, mi sembra di lasciarlo
andare via…Ma alla fine è inevitabile. Mi rilasso su di lui, ogni tanto
bacio il suo petto, mentre il nostro respiro torna regolare.
“Hanamichi…”
mormora Kaede, stringendomi a sé.
“Ssst.
Aspetta, kitsune: sto ascoltando il suono più bello del mondo”.
“E
quale sarebbe?”.
“Il
battito del tuo cuore” sussurro. Perché mi dice che stai bene, che ci
sei, che mi ami… Lui mi stringe più forte, in silenzio. Non mi sono mai
sentito meglio in vita mia, finalmente ho capito una cosa importantissima:
prima credevo che fosse difficile dire a me stesso e agli altri “Andate
tutti al diavolo, io lo amo!” e invece ora non c’è niente di più
facile. Ce n’è voluto, ma alla fine ho capito la lezione, vero kitsune?
Il tensai che si tira indietro? Non sia mai…Non ora che, oltre che sulla
mia, posso contare anche sulla tua forza, Kaede! Insieme siamo
imbattibili, noi due, nella vita e nello sport! Gli unici che possono
crearci problemi siamo proprio noi stessi.
Poso
il capo nell’incavo della sua spalla e gli bacio il collo.
“Kaede…”.
“Hn?”.
“Giurami
che non mi lascerai mai, giurami che starai con me per tutta la vita!
Giuramelo…”.
ARGH!
Mi morderei la lingua subito dopo aver parlato! Sono stato troppo
impulsivo! Non per me, chiariamo! Io non ho alcuna paura di impegnarmi
seriamente con lui, ma Rukawa… Forse non è la cosa più furba da dire ad
una persona così libera e indipendente: so quanto detesti sentirsi
controllato e legato… Ora è capace di rivoltarmisi contro proprio dopo
essersi concesso a me con così tanto abbandono…
“Te
lo giuro” dice subito la mia volpe, spiazzandomi completamente. La sua
voce è profonda, calma e sicura come sempre. Non un tentennamento, non
un’incertezza. Non sarebbe da lui: lui pensa sempre quello che dice, mi
ha avvertito a riguardo….
Me
lo ha giurato…
“KITSUNEEE!!!”
urlo io, al colmo della gioia, stringendolo a me con tutte le mie forze.
“E
non gridarmi nell’orecchio, do’aho!” protesta lui. Ma lo fa
sorridendo.
Io
continuo a tenerlo abbracciato: “Ti amo, ti amo, ti amo…” non riesco
proprio a dirgli altro, nella mia testa non c’è nient’altro. E cosa
dovrebbe esserci?
Per
me al mondo ci sei solo tu.
Tu entri dentro di
me e mi fai gridare, di dolore e di piacere, ed è quanto di più bello mi
sia capitato nella vita.
Sono
un egoista egocentrico, è vero; ho pensato sempre e solo a me stesso (e
comunque a chi diavolo avrei dovuto pensare prima? A mio padre?) e sono
ancora così, non voglio fingere cambiamenti radicali che non ci sono
stati. Eppure, grazie a te, Hanamichi, ho scoperto qualcosa di nuovo: ho
imparato a pensare al plurale. Ora non sono più solo IO. Siamo NOI. Ho
imparato che non mi toglie niente ammettere che ora non penso più solo a
me stesso, ma anche a te...
anzi, soprattutto a te, sai?; ho provato quale
meravigliosa sensazione sia sapere di essere il centro del mondo per
qualcuno che non sia io stesso; ho scoperto che tu sei il centro del mio
universo…
insieme al basket, ovvio…!
“Ancora…”
ti chiedo.
Ho
bisogno di sentirti completamente nel mio corpo. E’ tuo, Hanamichi,
prendi ciò che ti spetta di diritto. Te l’ho regalato io. E’ ancora
il modo migliore che conosco per farti capire quanto ti sia grato, quanto
sia profondo il mio amore per te: offrirti tutto di me. Io mi muovo con
te, assecondando le tue spinte, finché il piacere diventa impossibile da
controllare e anche le mie grida… Tu crolli addosso a me e io ti
abbraccio. Mi raggiungono le tue frasi dolcissime, che fanno battere più
forte questo cuore che ti piace tanto ascoltare. E poi quella richiesta…
“Giurami
che non mi lascerai mai, giurami che starai con me per tutta la vita!
Giuramelo…”.
E
poi ti irrigidisci. Scemo! Hai paura della mia reazione, eh? Fai bene, ma
non per il motivo che credi. Io non lascio mai andare ciò che amo, non ci
rinuncio mai. Forse non hai ancora capito in cosa ti sei cacciato, scimmia
rossa…
“Te
lo giuro”.
Tu
passerai ogni giorno della tua vita con me, te lo giuro, Hanamichi.
“Ti
amo, ti amo, ti amo…”.
“Ho
capito” gli dico.
“Kitsune,
di’ la verità! Tu ce la
metti tutta per rovinare ogni mio slancio romantico!” borbotta lui.
“Non
sono un tipo sdolcinato” replico io.
“Lo
so, ma ti adoro lo stesso”.
“Hn”.
Il
do’aho si gira e scivola al mio fianco e solo ora noto un particolare
che non so se definire buffo o imbarazzante.
“Ehi!”.
“Che
c’è, kitsune?”.
“Hai
dei graffi sulla schiena…”
“Eh?
Com’è possibile? Non ricordo di essere caduto o essermi fatto
male…
forse hai visto male, stupida volpe” il do’aho sembra
perplesso.
“Devo
averteli fatti io, idiota! Prima, mentre…”.
“Ah,
mi era sembrato…”.
“Mmm…
scusa”
.
Ma
lui sbotta a ridere: “Ah ah ah! Ma figurati! Anzi, li considero un
complimento! Sono un’ulteriore prova della mia grande abilità
amatoria!” e continua a ridere.
“Della
tua, COSA??!” lo prendo in giro, anche se so che è molto suscettibile a
riguardo e infatti ora mi agita il pugno contro, visibilmente alterato:
“Ehi, kitsune, vedi di non ironizzare sull’argomento proprio tu o ti
riempio la faccia di schiaffi!”.
Mi
piace tanto quando fa così…
Io gli cingo il collo con le braccia e lo
attiro a me.
“Do’aho!
Non hai sentito le mie grida, prima?”.
“Mm…
devono
averle sentite fino in strada!” borbotta lui.
“Merito
tuo…” gli sussurro, restituendogli il complimento, prima di baciarlo
per togliergli dalla faccia quell’espressione compiaciuta!
Hanamichi
ricambia il mio bacio con il suo irruente desiderio, ma sembra quasi
pensieroso quando si separa da me e mi fissa negli occhi.
“Kitsune,
posso farti una domanda?”.
“Hn”
tanto posso sempre non rispondere…
“Hai
detto di amarmi…
perché?”.
“Cosa?!”
non gli starà venendo una crisi di sicurezza?! Non credo…
no, forse
no…
Aspetta in silenzio, stranamente paziente, che io mi decida a
parlare. Forse, dopotutto ha ragione: è vero che in amore sono le azioni
che dimostrano meglio l’autenticità dei sentimenti, ma anche le parole
sono importanti per chi ha bisogno di sentirsele dire
e a tenersele troppo dentro si può finire per smarrirle lungo la
strada.
“Insomma,
cosa ti piace di me?” insiste lui, quasi innervosito dal mio silenzio.
Forse pensa che ci sto riflettendo troppo e che non è un buon segno…
Ma
io sono sicuro della mia risposta: “Ricordi il nostro primo giorno al
club di basket? Akagi disse che la nostra meta sarebbe stata vincere il
campionato nazionale e tu gridasti subito che ce l’avremmo fatta…
Eri
un disastro, non conoscevi l’abc del basket, non sapevi neanche
palleggiare in modo decente, ma eri sicuro che avresti vinto. Non avevi
paura come le altre matricole. Tu non ti tiri mai indietro: in questo
siamo uguali, io e te. Ecco cosa mi piace”.
“Solo
questo?”.
Ha
l’espressione ansiosa di chi potrebbe ascoltare complimenti per tutta la
sera, ma io non voglio fornire altro materiale alla sua già spontanea
autoesaltazione.
“In
effetti dell’altro c’è…
ma te lo dirò col tempo…” dico in tono
allusivo.
Sembra
bastargli questa risposta, perché sorride e mi bacia; io sospiro sotto di
lui, sotto le sue carezze. Lo sento respirare profondamente, poi
ridacchiare: “Ora va davvero tutto bene, kitsune! E andrà sempre
meglio, me lo sento…
Sono proprio contento, e tu?”.
“Hn”.
“Ti
spiacerebbe ampliare il concetto?”
“Contento?
Direi di no” dico con indifferenza. Lui
si arrabbia, come prevedevo, e di brutto pure, dato che si sente
punto sul vivo.
“Stupida
volpe, solo tu riesci a farmi perdere le staffe! Perché non sei contento?
Cosa c’è che non va adesso?”.
“Stai
zitto, do’aho! Contento non è la parola adatta perché sono felice.
Sono davvero tanto felice…”
Il
suo viso si illumina tutto, cambiando espressione ad una rapidità
incredibile, che poi è un’altra delle cose che mi piacciono di lui;
leggo nei suoi occhi un’autentica gioia.
“Davvero?
Dici sul serio?” mi chiede, emozionato.
“No,
parlo perché mi piace il suono della mia
voce! – vorrei dirlo con il mio solito tono distaccato che gli dà
ai nervi, invece non posso fare a meno di sussurrarglielo come un
affettuoso scherzo – Idiota…
certo che dico sul serio”.
“Ooooh…
kitsune…
perché
ora non mi dici anche quelle due paroline magiche? E daaaaii…”.
“Hn?”
fingo di non capire, ma naturalmente so cosa intende. E’ vero, negli
ultimi giorni non gli ho detto che lo amo, lui me lo dice molto più
spesso.
“E
dai, dimmelo! Non essere dispettoso…”.
DISPETTOSO?!
Ancora con questa mentalità da asilo infantile? Mm…allora sarò
dispettoso davvero.
“Non
ho capito di che parli” dico, in modo vago.
“Stupida
volpe, hai deciso che ti devo tirare il collo? Mi stai prendendo in giro,
eh?”
“Sì,
mi piace tanto…” ammetto per provocarlo. E a lui piace essere
provocato.
Hanamichi
sorride a queste parole, mi accarezza il viso; ricominciamo a baciarci, le
sue mani calde si muovono su di me lentamente, procurandomi brividi, poi
inizia a baciarmi il collo, le spalle, il petto; mi bacia e mi mordicchia
là dove la mia pelle così chiara è più sensibile…
è qualcosa che mi
eccita da morire e il do’aho lo sa benissimo, infatti lo fa sempre
quando vuole fare l’amore con me.
“Mi
vuoi ancora, vero?” mormoro con voce roca, passandogli le mani tra i
capelli.
“Non
ti rispondo, faccio come te!” ride lui, solleticandomi la pelle con il
suo respiro. Ma io lo so che mi desideri, do’aho, come tu dovresti
sapere che io ti amo. Ecco, ora mi sento di dirtelo, mentre sono avvolto
dal tuo amore e voglio farti sentire anch’io amato e necessario, perché
per me lo sei.
“Ti
amo tanto, do’aho…”.
Ho
bisogno di te, Hanamichi, sei diventato indispensabile: mi hai fatto
sorridere, mi hai fatto ridere, mi hai fatto piangere. Io, che ho sempre
preferito stare solo con me stesso piuttosto che solo in compagnia, ora mi
sento strano quando non ti ho intorno.
“Anch’io
ti amo, Kaede”.
“Che
giornata! E’ stata bella, ma anche stressante…” il do’aho si
rilassa sul futon, mentre io gli lancio un’occhiata provocatoria.
“E’
stata utile: ha ribadito un concetto fondamentale” gli dico.
“E
sarebbe?” a volte è proprio tonto…
“Che
io ho sempre ragione” lo stuzzico.
“ARGH!!
Stupida volpe! E io no, vero? Non dirlo mai più, se ci tieni alla pelle o
io…”.
Ecco,
ora è capace di andare avanti così per ore, ma io sono contento: mi
addormenterò al suono della sua voce.
“Buonanotte,
do’aho”.
“Non
ignorarmi, Rukawa, e non chiamarmi così! E non dormire mentre ti parlo!!
E non…”.
Che
rumoroso! Ma basta un mio bacio per farlo tacere e per fare la pace.
Fine
( per ora? ^_^)
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