Sono sempre io e questa è un’altra HanaRu… ehm, non riuscivo a stare troppo tempo senza scrivere di Rukawa, perché mi piace troppo ^^, io adoro questo personaggio! I personaggi non sono miei e io non ci guadagno niente, lo sapevate già… Un bacio a Ria!


There's only you in my life

di Nausicaa



Parte prima.- Ti ho mai detto che ti amo ?

 Fra poco inizieranno le partite delle eliminazioni della prefettura e gli allenamenti saranno più faticosi. Anche la tensione aumenterà. Ma non me ne importa un granché, mentre fischietto allegramente andando a casa di Rukawa. Sto portando in spalla un gran borsone, perché mi fermerò da lui almeno venti giorni e il bello è che mia madre lo sa! Cioè…piano…non sa di me  e della volpe, è ovvio! Sa però che un mio compagno di squadra vive praticamente da solo a causa del lavoro di suo padre, così quando le ho detto che magari sarei potuto andare da lui nel mese in cui lei ha il turno di notte, è stata entusiasta. Ha detto che ci faremo compagnia…

Ce la faremo sicuramente, ma non come crede lei. Devo dire la verità, non mi è piaciuto mentirle: non ci so fare con le bugie, la mia faccia mi tradisce, non ho l’espressione impassibile di Rukawa… Ma era necessario.

Per un attimo mi chiedo se d’ora in poi dovrò abituarmi ad inventare scuse con un sacco di gente… vabbè, non è il momento di pensarci. Voglio concentrarmi sulla mia volpe e al diavolo tutto il resto!

Se penso che c’è stato un tempo in cui avrei voluto spaccargli la faccia…e invece adesso non posso fare a meno di baciarlo e di voler passare la notte fra le sue braccia.

Pedalo velocemente, per arrivare il prima possibile: sarebbe stato meglio abitare più vicini. Quando arrivo a casa sua noto subito una grande macchina scura che si mette in moto e poi parte piuttosto rapidamente; non l’avevo mai vista prima, di chi può essere? E perché proprio davanti alla casa di Rukawa? Affretto il passo…lui ha lasciato il cancello socchiuso, come fa spesso quando mi aspetta. Io lo chiudo alle mie spalle, poi trovo aperta anche la porta di casa.

Non appena metto piede dentro, mi giunge la sua voce arrabbiata: “Ancora qui?! Ti avevo detto di andare al diavolo!”.

Rukawa sbuca nell’atrio e mi vede. Noto che i suoi lineamenti si rilassano.

“Ah, sei tu! Sono contento…”.

“Non mi ricordavo che mi avessi mandato al diavolo” gli dico sospettoso.

“Non ce l’avevo con te. Vieni, ho preparato la tua stanza”.

Ora, una persona normale mi spiegherebbe qualcosa, lui no: mi dice quello che già sapevo, che non ce l’aveva con me, come se… ehi, fermi tutti!! CHE HA DETTO?!

“Come, la mia stanza?! Ma io pensavo di dormire con te!”.

Rukawa mi guarda come se fossi particolarmente stupido.

“Ma certo che dormi con me, do’aho! Però credevo che ti facesse comodo una camera tutta per te, dove riporre quello che ti sei portato” e indica il borsone.

“Ah, già…sì…hai ragione” borbotto io, a malincuore.

Lo seguo al piano di sopra, scopro che mi ha sistemato nella camera accanto alla sua.

“Rukawa?”.

“Hn?”.

“Ti fa davvero piacere che io stia qui?”.

“Certo”.

Una parola di più no, eh? Non cambierà mai… ma i suoi occhi brillano e io so che è contento.

“Perché eri arrabbiato prima?” chiedo all’improvviso.

Non è per farmi i fatti suoi, ehm… veramente sì, è che voglio sapere tutto il possibile su di lui e a questo si aggiunge che sono curioso di natura. Rukawa si appoggia al muro.

“Ho litigato con mio padre”.

“Oh, mi dispiace, kitsune. Ma quando è tornato?” per quattro giorni sono stato a casa mia, ecco perché non lo sapevo.

“Ieri pomeriggio. E’ appena partito per la Francia e la Germania”.

“E la causa del litigio?”.

“Le solite cose: i miei voti e la sua ipocrisia”.

Che accidenti vuole dire? Ipocrisia…

“Scusa, ma non ti seguo”.

“Io e mio padre non ci sopportiamo e io lo odio quando fa l’ipocrita: mi ha detto che era dispiaciuto di lasciarmi ancora una volta solo”.

Cavolo, che faccia di bronzo quest’uomo! In tutti i giorni che sono stato sempre con la kitsune, non ha telefonato neanche una volta! Ha ragione, bella ipocrisia!

“Mi immagino la tua risposta” sogghigno.

“Gli ho detto di non preoccuparsi, perché il mio amante mi fa una compagnia molto migliore della sua” dice tranquillamente.

“Ah ah bravo, l’hai sistema-… CHE DIAVOLO GLI HAI DETTO, STUPIDA VOLPE?!! MA COS’ HAI IN TESTA? LE PIGNE? Hai detto a tuo padre che hai un… un…” sono in piena crisi di panico, credo di essere tutto rosso in viso e la sua faccia inespressiva mi fa incavolare ancora di più.

“Un amante” conclude lui.

“Hai usato il maschile?” ho paura della sua risposta.

“L’ho sillabato per bene, per essere sicuro che capisse”.

La sua voce ha un leggero tono di trionfo: credo che per lui sia stata una vera soddisfazione sbattere questa novità in faccia a suo padre. Ma io sono davvero inca….ato!!!!

“Visto che riguarda anche me, avresti dovuto avvertirmi che morivi dalla voglia di dirglielo, non ti pare, volpe? Va bene che il silenzio è d’oro, ma tu stai esagerando!”.

“Non ho fatto il tuo nome, non gli ho neanche spiegato che sei un mio compagno di squadra. Per quel che ne sa mio padre, potresti essere anche un mio vicino di casa”.

Rukawa mi fissa con uno sguardo da non- c’è- nessun- problema- che- cavolo- ti- agiti- a- fare?

“Non hai fatto il mio nome?”.

“No”.

“Ma lui come ha reagito?” mi sta venendo un gran mal di testa.

“Ha detto che posso rovinarmi la vita come voglio, basta che non intralcio la sua”.

Queste parole mi fanno male: come si permette questo borioso bastardo di dire che io rovino la vita di Kaede?! Maledetto… e devo ancora tirargli un paio di pugni per quella cattiveria che ha detto tanti anni fa... Ci credo che Rukawa non vede l’ora di andarsene di qui! Però bisogna mettere in chiaro un paio di cosette… stavolta mi devo imporre. Sono agitatissimo, è inutile negarlo: sapere che qualcun altro sa di noi due mi stranisce, anche se in realtà quest’uomo è una figura inesistente nella nostra vita, nella nostra quotidianità. Non credo che sia vergogna del nostro rapporto, non potrei mai vergognarmi di lui, anzi ne sono orgoglioso, ma ho paura del giudizio degli altri. Per una persona estroversa come me è normale aver paura del giudizio degli altri: potrei ritrovarmi senza amici… chissà come si comporterebbe Yohei se lo sapesse… e a me non piace quella solitudine che Rukawa sembra amare tanto.

Gli punto addosso uno sguardo deciso: “Senti, kitsune, decidiamo una volta per tutte: ce lo teniamo per noi. Ok? Dai retta a me, è la soluzione migliore”.

“No”.

No? NOOO???!!!

“QUANTO NON TI SOPPORTO QUANDO FAI COSI’!! PERCHE’ NO??” gli grido contro.

“Tranquillo, do’aho, non ho intenzione di mettere i manifesti, ma non voglio neanche nascondermi come se avessi commesso un reato! Se qualcuno che conosciamo bene, che so… Miyagi, dovesse farmi domande serie per motivi seri, io non starei lì ad inventare bugie. Odio l’ipocrisia”.

“E se qualcuno ti facesse domande sulla tua vita privata per scherzo?”.

“Io non parlo con chi scherza in modo cretino” .

“Ma se un estraneo…”.

“Io non parlo con gli estranei”.

In effetti lui non parla. Be’, mi sento più tranquillo, ho capito cosa intende dire: riservatezza assoluta con gli estranei e limpidezza con le persone a noi più vicine. Sì, è proprio da lui. Ma io non mi sento pronto a fare altrettanto e credo che lui lo sappia.

“Tanto a me nessuno chiede mai niente, lo sai” dice lui per rassicurarmi. Certo, quando qualcuno si avvicina Rukawa lo scruta con uno sguardo da se- mi- fai- la- domanda- sbagliata- sono- affari- tuoi. Ovvio, comunque, che in caso contrario farà a testa sua… Grrr… mi sento molto alterato…

“Sentimi bene, kitsune! Qui c’è decisamente qualcosa che non va! La nostra coppia non rispetta certi importantissimi canoni… Tra noi due IO sono il SEME, no? E infatti come tale sono forte, deciso e sicuro di me! E TU sei l’UKE, giusto? Dovresti essere dolce, gentile e arrendevole!”.

Rukawa mi lancia uno sguardo gelido, poi mi dice: “Scordatelo”.

Lo sapevo… sigh… ora i suoi occhi diventano dolcemente ironici: “E poi io sono gentile, do’aho: ti ho avvisato per tempo…”.

Non è possibile, ci rinuncio…

“E’ questo il tuo concetto di gentilezza?”.

“Hn”.

Vabbe’, meglio pensare ad altro, tipo la cena o cosa daranno in TV stasera.

Quale cena ? Quale TV?

Ho trascorso quattro giorni a casa mia e ora dobbiamo recuperare il tempo perduto. Rukawa dolce e gentile? Non lo è, non nella maniera convenzionale per lo meno. Ma allo stesso tempo lo è incredibilmente quando mi tende le braccia e mi fa capire che il suo corpo è pronto ad accogliermi ed è dolce quando io entro dentro di lui e lui mi stringe forte, come se neanche quell’unione fosse abbastanza…

Mentre riposiamo, io mi rilasso sul candore della sua pelle.

“Già stanco, do’aho?”.

“IO NON SONO AFFATTO STANCO, VOLPE!!!”.

“Si dice sempre così…”.

Lo tengo fermo sotto di me, lo bacio profondamente, poi gli sogghigno in faccia: “Bene, Kaede, te la sei voluta… Mi sento in dovere di avvertirti: alla fine mi chiederai tu di smettere…”.

Rukawa mi fa un sorriso malizioso, di quelli che mi fanno impazzire, poi mormora: “Non ti chiederò mai di smettere…”

E sorrido anch’io, perché capisco che è molto più bisognoso d’amore di quanto non si renda conto.

Alla fine, scivoliamo entrambi nel sonno; veramente, IO ci scivolo… Rukawa nel giro di due secondi crolla addormentato e non c’è verso di svegliarlo. Così chiudo gli occhi anche io… Quando mi sveglio appena prima dell’alba, mi ritrovo il suo corpo premuto a fianco al mio e di nuovo vengo colto da brividi. Gli cingo la vita, lo accarezzo. Sento che voglio farlo di nuovo. Mi sento un po’ un maniaco, a dire il vero! Ma non riesco a resistere quando avverto su di me il tepore del suo corpo muscoloso ma sottile… Guardo il suo viso addormentato e sono consapevole che non vedrò mai più niente di altrettanto bello nella vita. E’ una consapevolezza quasi dolorosa e io sono spaventatissimo da questo bisogno che ho di fondermi con lui…

Mi giro, finendogli addosso, e lo bacio con passione. Rukawa si districa dal sonno, risponde al mio bacio; io gli faccio capire cosa voglio e lui naturalmente non si tira indietro; sento le sue gambe avvolgersi intorno ai miei fianchi e non riesco a controllarmi…Eppure stavolta è diverso. Non c’è quella passione sfrenata che ci ha portato allo sfinimento appena poche ore fa; è un desiderio intenso e bruciante, ma diverso…io mi muovo lentamente dentro di lui, ci guardiamo negli occhi senza riuscire a distogliere lo sguardo e alla fine mi sembra che si stiano stringendo anche le nostre anime…

Scivolo al fianco di Rukawa, gli accarezzo una guancia: “Ti ho mai detto che ti amo, Kaede?”.

“Cinque minuti fa”.

“Stupida volpe!!! Come ti permetti di rovinare questa prova di alto romanticismo del grande tensai?!!” salto su. Ma, cavolo, e pensare che fino a pochi minuti fa era lì che mugolava sotto di me!

“Eh eh…è inutile che cerchi di darti quest’aria indifferente, kitsune, ormai non mi freghi più! Eri tu che …praticamente miagolavi, giusto, adatto ad una volpe, e… oi Kaede! Ma che, dormi?”.

ARGH! Io gli parlo contro e lui dorme! Che bastardo… ma mi fa tanta tenerezza…

“Hanamichi…”.

Ooooh… come non detto…

“Che c’è, volpastro?”.

“Ti ho mai detto che ti amo?”.

Sì che me l’hai detto, scemo, ma a me non basta mai sentirlo. Lo abbraccio e ci baciamo dolcemente sulle labbra, poi vedo i suoi occhi chiudersi.

“No, Kaede, non dormire! Non abbiamo di meglio da fare?”.

“Ma tra poco dovremo prepararci per andare a…”.

“Scusa tanto, Kaede, ma chi ha deciso che noi oggi dobbiamo per forza andare alle lezioni?!”.

“In effetti…”.

 

E così saltiamo la scuola. Ma naturalmente non c’è verso di fargli saltare gli allenamenti.

 

“UAAAHHH!!! Miyagi! Io ho fame e sono stanco e tu sei un vero aguzzino! Non mi va di correre!”.

“Ma stanco di che ? Hai detto che non sei neanche venuto a scuola stamattina!” sbotta il nostro capitano.

Eh, stanco di che…

Vorrei vedere, anche lui sarebbe stanco avendo a che fare con Rukawa… Ed ecco lì, invece, la mia volpe, che corre senza dar prova di stanchezza. Ma dove le prende tutte queste energie?!

“Allora, ti muovi?” mi grida Miyagi.

“Sakuragi, se non ti dai una mossa la mia sventagliata ti staccherà la testa” aggiunge Ayako.

“Ma uffa, uffa e uffa!!! Ancora non avete capito che il grande tensai non ha bisogno di tutti gli allenamenti che servono ai comuni mortali? E poi io…”.

AAARRGGHHH!!

Mi sono preso una pallonata in piena faccia! Che male… al diavolo, mi sento una furia: “Chi è stato il dannato bastardo che… Rukawa!”.

Già, è stato lui…sono arrabbiato, ma  lui sembra esserlo più di me. Si avvicina, fin quasi a sfiorarmi, e mi sibila: “Datti una mossa, do’aho, e allenati perché mi stai dando davvero sui nervi!”.

“Non darmi ordini, kitsune”.

“Capitano, mi occuperò io dell’allenamento di Sakuragi” dice Rukawa, in un tono lapidario che non ammette obiezioni ( il suo solito, insomma…).

Miyagi e Ayako sembrano sconvolti e fissano la mia faccia terrorizzata.

“Ah, allora io penso agli altri…” borbotta Ryota, allontanandosi in fretta e furia e lasciandomi nelle mani di questo invasato.

“Va bene, do’aho, ci alleneremo insieme: per prima cosa dieci giri di corsa e poi 500 tiri, poi vedremo”.

“CINQUECENTO!!! Dillo che mi vuoi morto!!”

“Un’altra parola e diventano 600”.

“Grrr…”

“Seicento”.

“Ma dico, sei impazzito???”.

“Per me “grrr” è una parola. E comunque credevo che il grande tensai volesse impegnarsi a fondo”.

Cosa c’è, volpacchiotto, vuoi sfidarmi? Accetto. E ricomincia anche oggi quella bellissima e infinita gara fra noi due, qualcosa di così vitale e appassionante da non poterci rinunciare, questa continua tensione che fa scorrere l’adrenalina, le nostre schermaglie che rendono così piena la vita… Scatto e inizio a correre: “Sbrigati, kitsune, vediamo chi corre più in fretta!” gli grido, per ritrovarmelo al fianco, mentre corre veloce e leggero. Alla fine siamo sempre fianco a fianco, noi due…

Inutile dire che gli altri finiscono ben prima di noi: alla fine io mi siedo a terra, appoggiandomi al muro e guardandolo biecamente.

“Dannata volpe!”.

Gli occhi di Rukawa brillano: “Non è colpa mia, se il grande tensai non ha la resistenza che credeva di avere…”.

Ora sono proprio arrabbiato!!!

“Senti, Rukawa, tu non ne sai niente, vero? Guarda che non ero da solo nel letto stanotte e non venirti a vantare di quanto sei stato bravo lo stesso… Bella forza! Praticamente la fatica maggiore la faccio io…”.

“Vuoi fare a cambio per risparmiare le forze?”.

La sua risposta mi gela… no, non ho il suo coraggio, devo ammetterlo… e devo avere una faccia stravolta: “No! –dico d’impulso- Io sto benissimo così… tu no?” chiedo con sospetto.

Ma Rukawa sorride leggermente: “Io sto più che benissimo, ma che faccia spaventata hai fatto! D’accordo, per oggi abbiamo finito, vado a cambiarmi”.

Uhm…però sembra contento. Mi ricordo che qualche giorno fa mi ha detto: “Non credere che io non ti stimi: io sono felice quando posso essere fiero di te”.

Mi alzo faticosamente per raggiungerlo, quando scorgo la testa di Yohei che fa capolino nella palestra.

“Hanamichi! Finalmente…”.

Questo inizio non mi piace…

“Ciao” gli dico, andandogli incontro.

“Senti, Hanamichi, non per essere polemico, ma ultimamente è diventato difficile passare un po’ di tempo con te e spesso non rispondi al telefono di casa tua… ci sono problemi?”.

E ora che faccio??!!

“No, no… altrimenti ve lo avrei detto! E’ tutto a posto” questo riesco a dirlo con tranquillità, perché non è una bugia: sono un campione di basket e la volpe è il mio ragazzo… va veramente tutto bene.

Yohei mi sorride: “Ne sono contento. Allora, perché non vieni con noi in sala giochi? Quei tre scemi ci stanno aspettando al cancello della scuola.”

“D’accordo!” lo dico di slancio, spontaneamente, ma mi taglierei la lingua subito dopo… mi faranno un sacco di domande e io che accidenti dovrò rispondere? Anche perché non si berranno a lungo le solite balle sugli allenamenti pesanti! E non posso neanche dire che sto da Rukawa: loro sono rimasti nel passato, alla nostra rivalità fatta di odio e antipatia.

“Va bene, allora vai a cambiarti. Ti aspetto qui” dice Yohei.

Sigh… ma perché tutti questi casini?

A completare l’opera, nello spogliatoio trovo Rukawa seminudo che si sta asciugando. Non è possibile… DI NUOVO???!!!

E’ terribilmente imbarazzante… Rukawa si gira verso di me, mi squadra rapidamente e poi mi dice: “Maniaco”.

Se n’è accorto… be’ è ovvio…

“A CHI MANIACO? SBAGLIO O ERI TU CHE MI CHIEDEVI DI CONTINUARE STAMATTINA?!”.

“Sbaglio o eri tu che mi hai svegliato tre volte perché non riuscivi a resistere?”.

D’accordo, mi devo calmare… conto fino a dieci, no, facciamo cento …Il tensai ha miracolose capacità di ripresa.

“Kitsune, ti dispiace se vado in sala giochi con i miei amici?”.

“No”.

“Tra l’altro, Yohei si sta insospettendo. Spero che non mi faccia molte domande”.

“Hn”.

“Forse farò un po’ tardi” lo avverto. Di sicuro lo sveglierò.

“Non importa”.

Rukawa finisce di vestirsi e fa per uscire, ma io mi sento un nodo in gola: è la prima volta che non stiamo insieme la sera non per cause di forza maggiore (tipo mia madre), ma perché io ho preso un altro impegno. Se l’avesse fatto lui, forse mi sarei offeso.

“Kitsune, proprio non ti dispiace?”.

“Hn? Me l’hai già chiesto”.

Rukawa mi scruta in silenzio, poi mi si avvicina e mi dice a bassa voce: “Senti, prima di stare insieme io e te avevamo già una nostra vita, delle abitudini. Tu hai i tuoi amici… non dobbiamo fare scomparire tutto questo, quindi non ti preoccupare. Tanto stasera non avrei potuto darti retta…”.

“EEHH?! E perché mai?” mi arrabbio.

“La Tv inglese fa un programma sul basket europeo”.

Pure il basket europeo…

“Ah, stavo diventando geloso!” dico.

Lui ha una luce stupenda negli occhi, poi fa un altro passo verso di me e dice: “Comunque, se guardi qualcun altro anche solo con la coda dell’occhio… mettiamola così: la volpe tira fuori gli artigli e ti squarta!”.

Lo sta dicendo seriamente, ma io mi metto a ridere: mi fa troppo piacere sapere che anche lui è geloso di me! Così non posso fare a meno di premere le mie labbra sulle sue. Guardare qualcun altro? Allora sarei davvero un do’aho…

Rukawa si stacca da me ed esce dallo spogliatoio. Dopo essermi lavato e cambiato, raggiungo finalmente il mio amico.

“Rukawa sta bene?” mi chiede Yohei.

Io impallidisco… ma che diavolo intende? Non gli avrà mica fatto capire qualcosa? O forse sembrava triste? Ecco, l’ho rattristato… o forse no, forse… Ma non farei prima a chiederglielo?

“Perché?”.

“L’ho salutato e mi ha fatto un cenno col capo: di solito mi ignora completamente”.

Faccio un largo sorriso: “Rukawa sta bene. Voleva solo essere gentile”.

“Rukawa gentile con me?” ride Yohei.

Già, voleva essere gentile con gli amici a cui voglio bene. Adorabile volpe…

 

Una volta Hanamichi mi ha detto che sono una persona contraddittoria: penso che sia vero. “Sotto quel tuo strato di ghiaccio arde il fuoco più bruciante che abbia mai visto” sono state queste le sue parole.

Ed ecco un’altra contraddizione: nonostante io sia geloso e possessivo di ciò che mi appartiene (compreso il do’aho), amo moltissimo la libertà. Sono libero, proprio come una volpe nel suo ambiente naturale. Lo sport, i sacrifici che comporta, e l’amore ( tra l’altro io sono assolutamente fedele di natura) non mi sembrano di ostacolo alla mia libertà, anzi forse è lì che riesco ad esprimerla al meglio.

Quando gioco a basket sono libero di scatenare tutta la forza che sento dentro, libero di soffiare sul fuoco che mi brucia; quando sono fra le braccia di Hanamichi, mi sento libero di amarlo, libero di gridare…

Chissà, forse è uno dei motivi per cui ho sempre sognato l’America: il paese del basket, la terra della libertà…

Mi attira molto l’idea di un viaggio coast-to- coast con Hanamichi: distanze enormi, ore e ore di viaggio senza incontrare nessuno, saremmo solo io, lui e il paesaggio…e lì potrei essere libero davvero.

E questo do’aho mi chiede se mi dispiace che lui esca con gli amici!!

Amo troppo la mia libertà per privarlo della sua, dovrebbe saperlo: credo che in fondo bastino alcuni punti fermi, come la fiducia, il sapere che nessuno di noi due guarderà mai un altro…Oh, naturalmente deve capitare una volta tanto! Se domani sera prova a riuscire, lo incateno a me! Ma non credo che ce ne sia bisogno…

Non mi ero reso conto di quanto mi ama, ma ora avverto la gelosia e la passione che emanano prepotentemente da lui e, a volte, quasi mi spavento. Perché le ritrovo in me stesso. Mi spavento perché mi chiedo dove ci porterà tutto questo…non ero preparato a provare un amore così assoluto e totalizzante, né ad esserne oggetto, ma ora non potrei più farne a meno e del resto non è da me tirarmi indietro di fronte a qualunque cosa…Neanche lui potrebbe farne a meno ormai, ma c’è un suo atteggiamento che mi irrita profondamente: questa paura costante che i suoi amici gli chiedano qualcosa. Certo, io non ho amici e non posso capirlo, ma credo che dovrei offendermi: è davvero qualcosa di così brutto e riprovevole il suo legame con me? Sono io che non me ne rendo conto? Lui dice che io non so cosa sia la vergogna e forse è vero. Non ho il pudore che ha ancora lui nel mostrarmi nudo o nel gridare mentre facciamo l’amore…mi piace farlo, lo sai Hanamichi, vero? Così come mi piace chiamarti, gemere il tuo nome, sempre, per tutto il tempo. Se i nostri compagni di squadra mi chiedessero cosa provo per te, io risponderei senza abbassare gli occhi. Io ti amo, Hanamichi, perché dovrei vergognarmene?

Ma forse ti serve ancora un po’ di tempo per capire che per essere felici io e te abbiamo bisogno solo del nostro amore e del basket. Tutto il resto è un di più.

E’ l’ultimo pensiero che riesco a formulare prima che squilli il telefono. Sono seduto sul divano, guardo la trasmissione sul basket e ,intanto, gioco un po’ con il mio gatto.

Chi sarà a quest’ora? Non mi va di parlare… ma alla fine alzo la cornetta. 

 

 

Yohei ha deciso di darmi il tormento mentre quegli altri tre sono incollati ai videogiochi. Noi, invece, sediamo al banco del locale e beviamo una bibita.

“Non ho capito questo tuo nervosismo! Ti ho solo chiesto perché non riusciamo più a vederci come prima” mi dice lui.

“Te l’ho già spiegato! L’aiuto del grande tensai è fondamentale per la squadra, senza di me sarebbero perduti, Miyagi non è affatto alla mia altezza…ecco tutto”.

“Sì, però ho provato a telefonarti a casa anche a sera inoltrata e tu non hai risposto” insiste Yohei.

“Non avresti dovuto! - salto su io- Hai rischiato di disturbare il riposo del genio: quando mia madre ha il turno di notte, devo alzarmi io per rispondere e capisci che dopo simili giornate…”

“Ah, scusa. Non avevo capito che tu fossi così impegnato”.

“Già, già!”.

“Allora non ti rimane tempo neanche da dedicare alla tua Haruko” scherza Mito.

“Haruko? Ormai non mi interessa più, credevo che te ne fossi accorto” argh! Accidenti alla mia boccaccia! Non avrei dovuto dirglielo così, Yohei mi conosce da troppo tempo e troppo bene, mi scoprirà subito…

“A dire il vero avevo notato un cambiamento, ma non ne ero proprio sicuro. Uhm…”

“Cosa c’è?” mi sto innervosendo.

“Niente. E’ che mi sembra strano, ne sei sicuro?”.

“Be’, ora metti in dubbio le parole del tensai? Capita di cambiare idea, no? In fondo, non avevo mica detto di volerla sposare!”.

“Veramente sì. Un paio di volte l’avevi detto” precisa Yohei.

“Ah!” parlo sempre troppo.

“Comunque, contento tu…- Yohei sorride, non sembra troppo insospettito- Eppure il mio sesto senso mi dice che c’è dell’altro…”.

ANCORA!! Se solo sapessi mentire meglio…

“Ma dai, te l’ho detto, no? Sono impegnatissimo con la squadra”.

“Tutto qui?”

“Ma sì, io…” le parole mi muoiono in gola nel vedere chi sta entrando.

“Guarda guarda chi c’è!” mi saluta.

Akira Sendoh! Vai all’inferno, tu e il tuo stupido sorriso! 

“Salve, campione” gli dice Yohei.

“Ehi, ma che fai? Gli dai corda, lo saluti? - salto su io- Questo è un mio rivale e io non lo sopporto e tu sei il mio migliore amico e per la proprietà transitiva Sendoh è un tuo rivale, chiaro?”.

“Mi sembra eccessivo” scherza Yohei.

“Eccessivo un corno! Prova a ribattere e ti do una testata!” lo minaccio, poi mi interrompe la risata del porcospino

“A te piace divertirti così, Sakuragi? Non hai proprio di meglio da fare? Eppure… io l’avrei se fossi in te”.

Mi volto di scatto verso di lui: “Che diavolo dici?”.

“Che potresti passare una serata migliore di questa”

“Yohei, sparisci!” sibilo io.

“Scusate, mi sono perso qualcosa per strada?” chiede lui.

“Parlavamo di basket. Lasciaci soli” ormai il mio è un ringhio. Il mio amico obbedisce e io e Sendoh ci guardiamo negli occhi e io conto fino a venti per evitare di rompergli il muso a suon di pugni.

“Insomma, preferisci stare qui con questi quattro buffoni invece di fare… ehm… di divertirti con Rukawa!” Sendoh sorride, irritante.

“Sempre il solito hentai! Io e Rukawa condividiamo ben altro che quello che credi tu. Sappi che fino alla fine del mese resterò a casa sua, giorno e notte… praticamente una convivenza!” glielo sbatto in faccia con molta soddisfazione.

“Ah, e immagino che questo ti renda sicuro di te, vero?”.

“Lo ero anche prima, dannato porcospino!”.

“Mm… ok, ora vado, i miei amici mi aspettano” dice Sendoh, prima di voltarsi e uscire senza rinunciare ad un ultimo sorriso.

Non ho il tempo di riprendere fiato che subito, veloce come un falco, torna Yohei.

“Allora, ma che diavolo avevate tu e Sendoh? Sembrava che volessi saltargli alla gola!”.

Magari potessi…

“Non è successo niente. Le solite rivalità”.

“Non sembrava: non è che ha a che fare con il tuo strano comportamento?”.

“Yohei, hai mai pensato di diventare un poliziotto? Perché mi sembra che col terzo grado te la cavi bene…” scherzo io per distrarlo.

“Ah ah buona questa!”.

“Vero? Il grande tensai vede per te un brillante futuro ah ah ah”.

Facciamo un po’ di battute e questo sembra distoglierlo dalle sue indagini; poi ci dedichiamo ad alcuni videogiochi, ma dopo poco, come in un lampo, mi rendo conto di quello che ho fatto: ho praticamente fatto capire a Sendoh che Rukawa è da solo in casa! E credo proprio che quel bastardo sia andato là! I suoi amici lo aspettavano? Stupido io, non era con gli amici, è entrato da solo ed è uscito da solo, perché non l’ho notato subito?! Bastardo… intendiamoci, non che Rukawa abbia bisogno di protezione! Sa badare benissimo a se stesso, anzi, povero Sendoh se si troverà a dire anche solo una parola fuori posto! Ma che questo tizio voglia provarci con il MIO ragazzo... be’, io non lo sopporto!

“Yohei, scusa ma mi sono ricordato…”.

“Di che ?”.

“Niente di grave, ma se non sistemo tutto mia madre mi uccide! Devo scappare, non cercarmi, mi faccio vivo io!” raccolgo la mia roba e corro via, scorgendo la faccia allibita dei miei amici. In strada continuo a correre, incurante della fatica; probabilmente tutta questa energia mi viene dalla grande rabbia che provo: ma perché diavolo devo ridurmi così? Perché dobbiamo stare tutti così a disagio? Rukawa da solo in casa (vabbe’, lui c’è abituato…); io che mi sento teso e devo inventare scuse e bugie; i miei amici che di sicuro si domandano se non ce l’abbia improvvisamente con loro…Mi chiedo: in nome di quale perbenismo devo sentirmi così? Io voglio solo essere me stesso e vivere la mia vita tranquillamente. Dov’è il male? Io non riesco a vederlo. Ma non ho il menefreghismo di Rukawa, non sono ancora pronto a guardare gli altri e dire che non mi importa niente di loro, così per ora devo accettare questa situazione. Arrivo trafelato a casa sua; il cancello è aperto, io lo chiudo e suono alla porta. Ora sicuramente vedrò nel salotto il sorriso idiota del porcospino. Vediamo… cos’è meglio per cominciare? Rompergli il setto nasale o dargli un gancio alla mascella? All’improvviso la porta si apre e io mi ritrovo davanti all’insolita visione di Rukawa al telefono portatile.

“C…ciao” e ora con chi diavolo parla?

Lui mi fa un cenno con la mano, poi lo sento rispondere al suo interlocutore.

“No, a dire il vero è appena tornato… no, no lo sapevo… ma quali allenamenti! Lo sapevo, me lo aveva detto…”

Sendoh!

Dannato bastardo, si è subito attaccato al telefono pensando di mettere zizzania! Mi sento furioso… Rukawa torna in salotto e io lo seguo, perché non voglio perdermi neppure una parola della mia volpe (e quando dico MIA intendo proprio MIA: proprietà privata di Hanamichi Sakuragi); lui si siede sul divano raggomitolandosi, cosa che mi piace un sacco…

“Non so che dirti… mi spiace, ma non ho niente da dire… no, io non sono un tipo che ragiona con i “se”, non è da me…” dice Rukawa.

Ma di che accidenti stanno parlando?

“Davvero, non so che dirti… esagerato! Non ti si spezzerà il cuore per così poco!”.

CHE COOOSA??!! Il porcospino ci sta apertamente, sfacciatamente provando!

Io sbotto: “Ehi, Sendoh, perché non vai ad affogarti se sei tanto disperato? Passami il telefono, kitsune, passamelo!”.

Ma la mia volpe mi fa cenno di tacere.

“Non voglio stare zitto!!” urlo.

Rukawa, imperturbabile, continua a parlare con lui: “Sì, queste urla sono sue… hn… va bene, ci sentiamo… buonanotte, Akira” e spegne l’apparecchio.

“AKIRA?? Perché lo chiami per nome? Dannazione, kitsune, non dovresti essere così amichevole con lui!” ora lo prendo a pugni…

“Vorrei finire di vedere questo programma: ne parliamo dopo”.

“Non me ne frega niente del basket europeo! Quel porcospino ti ha telefonato per fare la spia, vero? Pronto a gettarsi come un avvoltoio su ogni mio sbaglio o presunto tale”.

“Prima Sendoh mi ha tenuto mezz’ora al telefono e ora anche tu hai deciso di stordirmi!” sbuffa la volpe.  

“Voleva fare la spia, vero? Cattivo, cattivo, cattivo!! Credeva che ti avessi mentito, eh? L’ho incontrato alla sala giochi e subito ha cominciato a fare battute da maniaco su di te! Che ti ha detto, eh? Che ti ha detto?”.

“Voleva dirmi che non eri in palestra ad allenarti, ma in sala giochi: credeva che io non lo sapessi”.

“Che bastardo, non fa altro che farmi stupidi dispetti, ma io…”

“Due deficienti” sentenzia Rukawa.

“CHE COSA HAI DETTO?” urlo.

“Non è molto lusinghiero per me essere conteso  da due deficienti” replica tranquillo.

“Come osi, stupida volpe! E poi qui non c’è un bel niente da contendere: tu sei già mio, non c’è discussione a riguardo… VEEEERO????” mi sto proprio inca**ando, con in più il tremendo sospetto che la kitsune si stia invece divertendo.

“Vero. Ma solo perché lo dico io” dice Rukawa.

Lo so. E ti amo anche per questo: perché con te non si può mai dare niente per scontato e non mi fai annoiare mai. Cerco di calmarmi, perché so che a lungo andare questo discorso gli darebbe fastidio, gli sembrerebbe una mancanza di fiducia in lui e nei suoi sentimenti, ma è difficile perché la gelosia mi divora. Insomma, devo mostrarmi sicuro di me!!! So che posso esserlo… Calma, devo respirare con calma…Va bene, ora cambio proprio registro: “Io mi sono divertito un sacco. Kitsune… ho mangiato quattro panini, ma ho ancora fame!”.

“Il solito maiale!” sbuffa Rukawa.

“Stanotte non ti dava fastidio, però!” rido.

“No, infatti”.

Mm… credo che sia il suo modo per dimostrare apprezzamento.

“Vado in cucina a prepararmi qualcosa”.

“Hn”.

E’ il suo modo per dire sì. Ormai riconosco tutti i tuoi segnali, kitsune… Entro nella  cucina, rassegnato all’idea di dover aspettare ancora del tempo prima di poter mettere qualcosa nello stomaco, ma quando do un’occhiata al tavolo noto che è apparecchiato per una persona e che c’è il cuociriso là vicino. Mi ha lasciato la cena in caldo! Devo essere sincero, non me lo aspettavo: sono quasi commosso, ma so che se andassi a ringraziarlo lui si schernirebbe, perché Rukawa è una di quelle persone che non si aspettano mai niente in cambio, neanche un ringraziamento, qualunque cosa facciano. Mi chiedo se per caso ci provi gusto a nascondere il lato dolce del suo carattere…

Finisco di mangiare e lo raggiungo nuovamente.

“Ti ringrazio tanto, kitsune”.

“La nazionale di basket jugoslava è molto forte”.

Che c’entra?! D’accordo… ora sta pensando solo al basket, era un modo neanche tanto velato per dirmi di tacere; io guardo con lui un po’ della trasmissione, che in capo ad alcuni minuti finisce. Lui spegne la televisione e si stira tutto, come un gatto, con un’adorabile aria assonnata. Mi alzo anch’io: “Oi kitsune, non è incredibile che ora discutiamo senza picchiarci? E’ passato molto tempo dall’ultima volta che abbiamo fatto a pugni…”.

Me ne arriva uno in piena faccia…

“RUKAWA!!! Bastardo, cosa ti viene in mente?!” scatto io, contando mentalmente fino a dieci per evitare di restituirgli il colpo.

“Volevo accontentarti - dice lui con falsa innocenza- Volevi un uke dolce e arrendevole, no? Mi sembrava che avessi nostalgia delle nostre risse e io volevo accontentarti. Vedi come sono dolce?”

“Stupida volpe, come hai osato?! Non cambierai mai, vero, Rukawa? Sempre bastardo fino in fondo…” mi avvicino, lo guardo minacciosamente e mi protendo fino a poggiare la fronte sulla sua.

“Grrr… Rukawa…”. Eppure non voglio nessuno dolce e arrendevole, voglio solo lui. La mia voce si addolcisce: “Vorrei non adorarti così tanto…”.

 

 

“Vorrei non adorarti così tanto…” mi dice la testa rossa. Mi diverto troppo a provocarlo e a farlo arrabbiare! Lui si altera subito, in questo è prevedibile come un ragazzino; invece le sue reazioni sono imprevedibili e questo lo rende così fantastico ai miei occhi: queste sue inesauribili esplosioni di vitalità…

“Hn” è tutto ciò che dico, per irritarlo ancora di più.. E infatti il do’aho mette il broncio, mentre io mi allontano per andare nella mia camera. Inutile dire che è il posto che preferisco di tutta la casa: la mia vera TANA, un luogo solo mio, dove da bambino ho iniziato a sistemare tutto ciò che trovavo sul basket: libri, manuali, riviste, poster… Io non ho scoperto di avere una passione per il basket, ci sono nato; non ricordo un solo momento della mia vita in cui non abbia sentito il desiderio di giocare più forte di qualunque altro sogno o pensiero…E in questa camera, in cui mi sono riposato dopo allenamenti di ore ed ore, in cui mi sono concentrato per arrivare a battere qualunque avversario mi si fosse parato davanti (anche te, amore mio…), qui, è il mio mondo, quando non sono su un campo di basket. E qui ho fatto l’amore con lui per la prima volta.

Il do’aho mi raggiunge e crolla pesantemente sul futon; è stanchissimo e si vede! Del resto, tra i nostri giochi erotici della mattina, gli allenamenti prolungati del pomeriggio e la sua uscita serale, mi meraviglio che non sia crollato prima. Io inizio a spogliarmi lentamente, sento lo sguardo di Hanamichi su di me e lo scopro intento a fissarmi con la stessa espressione dolcemente desiderosa che gli ho già visto stanotte: “Kitsune, vorrei tanto baciare ogni centimetro della tua pelle…” mi ha mormorato. Come gli ho risposto io? Ah, sì… ”Non te lo sto mica impedendo…”. Ecco, mi sta guardando nello stesso modo. Poi, all’improvviso, si arrabbia: “Oi kitsune, lo stai facendo apposta!”.

“Hn?”.

“MI PROVOCHI! Proprio stasera che sono praticamente a pezzi e non ce la faccio a fare niente! E non provare a fare del sarcasmo o ti spacco la faccia!” strepita, con il viso tutto rosso per la rabbia e l’imbarazzo.

“Io non ho detto una parola” ribatto. Non lo faccio apposta, questo è il mio modo di muovermi, ma è così piacevole sapere che non riesce a togliermi gli occhi e le mani di dosso… mi fa girare la testa come una vittoria! Lui nota che io non ironizzo e si calma, limitandosi a guardarmi imbronciato; resto in boxer e mi infilo sotto le coperte, accanto al do’aho, poggiando la testa vicina alla sua.

“Io credo…” mormoro.

“Che cosa, stupida volpe?”.

“Credo che sia bellissimo anche solo restare così, no?”.

Allora lui mi cinge alla  vita e si rilassa addosso a me, bisognoso di calore.

“Una cosa meravigliosa, Kaede…”

E io mi addormento tranquillo.

 

 

Pare seconda.- Di che hai paura?

 

Oggi Rukawa si è svegliato quasi all’alba: vuole allenarsi, ci metterei la mano sul fuoco. Lo trovo in cucina, che sta preparando una spremuta d’arancia.

“Oi kitsune, buongiorno!”.

“…rno” borbotta, ancora intontito dal sonno.

Io gli poggio il mento sulla spalla e lo abbraccio: “La prepari anche per me?”.

“Hn”.

Annuisce leggermente , ma subito dopo si irrigidisce, di colpo completamente sveglio.

“Do’aho, ti spiacerebbe togliere le tue mani dal mio fondoschiena?”.

“Sì, mi spiacerebbe… anche se posso sempre mettertele da qualche altra parte…” sogghigno io. Da dove mi viene tutta questa sfacciataggine? Non credevo che l’avrei mai avuta, forse mi sta contagiando lui. Ma non posso dire che mi dispiaccia, in fondo è il mio pudore ad essere del tutto fuori luogo, considerando ciò che abbiamo già condiviso e condividiamo. Lascio scivolare le mie mani sul suo corpo, Rukawa si gira nel mio abbraccio e mi getta le braccia al collo, baciandomi con foga, mordendomi le labbra.

“Oi kitsune, neanche tu sai controllarti, vedo…” e ridacchio, soddisfatto per l’ardore che mi dimostra.

“Hn… io me ne stavo qui tranquillo… sei stato tu a farmi venire voglia di fare l’amore, quindi…”.

“Quindi?”

“Quindi, ora vedi di darti da fare!”.

Che bel modo per cominciare la giornata…

“E pensare che volevo allenarmi…” dice Rukawa, dopo.

“Ah ah ah non puoi più fare a meno del grande tensai, eh kitsune? E poi di che ti lamenti? Bisogna tenersi in forma anche in questo campo, no?”.

“Idiota!” il suo viso è serio (per non darmela vinta), ma i suoi occhi ridono per lui.

Così arrivo a scuola di buon umore!

Come prima cosa cerco Yohei , che quest’anno non è nella mia stessa classe, e attendiamo insieme il suono della campanella, passeggiando per i corridoi. Io ne approfitto per scusarmi del mio comportamento a dir poco sospetto.

“Scusa per l’altra sera, ma ero davvero nei casini”.

“Tutto risolto, spero”.

“S…sì…” se Sendoh avesse il buon gusto di stare fuori dai piedi… Ma non ce l’ha!

“Non per ripetermi, Hanamichi, ma ti trovo strano ultimamente”.

“E’ un’impressione” ribadisco, cercando di stare calmo. Lo so che vuole aiutarmi, ma perché non si fa i fatti suoi?! Mi accorgo che, camminando, siamo arrivati di fronte alla classe di Rukawa e io non so resistere alla tentazione di dare una sbirciata nell’aula.

“Uhm? Perché ti fermi? – mi chiede Yohei- Ah, vuoi vedere se c’è la tua nemesi?”.

Eccolo lì!

E naturalmente sta dormendo! Tiene la testa posata sulle braccia e dorme placidamente, posso vedere il suo viso rilassato e lo trovo carino da morire. Un momento… gli si sta avvicinando un compagno di classe e lo sta svegliando… chi è questo tizio, come osa?!… ah, gli sta mostrando un quaderno… sento che Rukawa borbotta qualcosa in inglese prima di chiudere di nuovo gli occhi… be’ gli hanno chiesto aiuto nell’unica materia in cui può darlo… però è migliorato, non lo ha preso a pugni, mi ricordo di quando lo si svegliava e lui diceva: “Io non perdono chi disturba il mio sonno”… Ora dorme di nuovo profondamente, me ne accorgo dal ritmo del suo respiro.

All’improvviso, mi ritrovo di fronte Yohei che mi agita la mano sulla faccia, quasi a voler distogliere la mia attenzione dalla kitsune.

“Hanamichi, ci sei?” mi chiama, fissandomi in modo strano.

“Eh? Ah, sì…che c’è? Perché mi fissi?” scatto io, subito sulla difensiva.

“Stavi guardando Rukawa… come…” si ferma, quasi a dover trovare le parole più adatte.

“Come?” mi irrigidisco, ma voglio che finisca la frase se proprio deve dirla.

“Come se fosse l’ultima cosa bella al mondo…” conclude Yohei, con l’espressione di chi stia cominciando a mettere insieme i pezzi di un puzzle.

Kaede l’ultima cosa bella al mondo? Per me lo è, mi piace questa definizione. Ma non ho il tempo di soffermarmici troppo, perché mi rendo conto che mi sono tradito come un cretino! E ora che faccio?

“Hanamichi,  non è che potresti spiegarmi questa faccenda? Non hai mai guardato neanche Haruko in questo modo” insiste Yohei.

Non sembra arrabbiato o scandalizzato (ammesso che abbia capito tutto), ma so che ormai non mi darà pace finché non avrà le risposte alle sue domande.

“Ecco, io…”

SALVATO DALLA CAMPANELLA!!!

“Dobbiamo andare in classe” dico precipitosamente, allontanandomi a grandi passi.

“Guarda che stavolta non mi scappi! Ti aspetto dopo gli allenamenti, così ne parliamo”.

Io mi fermo e mi volto di scatto: “No! Senti… ne parliamo domani, va bene? Ti telefono io… devo chiarirmi le idee” e corro via per il corridoio, senza aspettare la sua risposta. Già, devo chiarirmi le idee: come si inizia un discorso simile con un amico? E poi, si può realmente iniziare? Vorrei chiedere consiglio a Rukawa, ma non so se riuscirebbe a capire i miei dubbi: lui si sarebbe limitato a scrollare le spalle e a raccontare tutto con voce fredda e impersonale, non sarebbe corso via. No. Non l’ho mai visto tirarsi indietro di fronte a niente. Credo proprio che questo pomeriggio passerò da casa mia, per stare un paio d’ore a riflettere con calma nella mia stanza. Da solo.

L’allenamento procede bene, poi, nello spogliatoio, io parlo con Rukawa e gli comunico i miei programmi pomeridiani.

“Allora, ci sono problemi?” chiedo.

“No- risponde lui, tranquillo- Anzi, tieni…” e mi porge un mazzo di chiavi che teneva nel borsone.

“Che roba è ?”.

“Sono le mie chiavi di casa, do’aho! Anzi, le TUE chiavi di casa mia… Mi ero dimenticato di dartele ieri”.

Lo dice così, con la sua solita espressione, come se fosse una cosa di poco conto, ovvia magari…

“Kaede…”.

“Ho pensato che così non avremo problemi di orario per rincasare anche separatamente” mi spiega. Non parlarne così, kitsune, non sminuire sempre tutti i tuoi moti di tenerezza, tutte le tue premure sempre così discrete e delicate…Non liquidare il tuo gesto motivandolo con gli orari! Per due ragazzi come noi, hai fatto qualcosa di veramente grande… Io lo abbraccio di colpo: sono commosso, è inutile nasconderlo, ma lui dopo un po’ si scioglie dalle mie braccia.

“Per esempio, io ora voglio andare al campetto: se tu dovessi tornare a casa prima di me, non rischieresti più di rimanere in mezzo alla strada” spiega lui, con la sua voce profonda. Io sono davvero estasiato, ma la kitsune si imbarazzerebbe se lo dimostrassi troppo, così mi limito a dire: “Idea geniale!”.

“Lo so. Infatti l’ho avuta io”.

“Mmm…veramente il genio sono io, ma per questa volta te la lascio passare”.

“Hn”.

“Allora ci vediamo più tardi, volpino” lo saluto, vedendolo uscire dallo spogliatoio.

“Oi do’aho, cerca di non perdere quelle chiavi! Io non te ne faccio un’altra copia!”.

“Stupida volpe!”.

 

 

Interrompo i miei allenamenti quando mi accorgo che le mie mani cominciano ad arrossarsi troppo. In effetti la palla da basket è molto dura, so che alcuni giocatori professionisti tengono coperti i polpastrelli mentre si allenano per evitare fastidiose escoriazioni. Io non lo faccio, ma so quando fermarmi. Mi sto impegnando molto, ma non mi pesa affatto. Non ne conosco il motivo, ma sono nato con questo particolare dono di poter diventare un giocatore fortissimo e di certo non lo butterò via, non lo sprecherò per dover poi vivere di rimpianti. Il mio orgoglio non lo sopporterebbe. Ma non è soltanto questo, sarebbe quasi puerile. E’ che io amo davvero con tutto il cuore questo sport e per amore si può fare qualunque cosa, no? Se non mi  impegnassi con  tutte le mie forze mi sentirei un traditore e questo è assolutamente contrario alla mia natura. Sarebbe come…come se pensassi di tradire Hanamichi, altra cosa impossibile…Il mio fine è giocare nell’NBA ed essere convocato nella nazionale del Giappone. Sono stato fortunato, lo penso veramente: un dono simile va ripagato con la più alta dedizione e il bello è che non c’è fatica, non c’è stanchezza, perché poter pensare continuamente a ciò che si ama è libertà e non costrizione. Ed è stato fortunato anche il mio do’aho, con questa sua bravura capitatagli fra capo e collo e sprecata per così tanto tempo… Ma ci penserò io a fargli recuperare ogni singola ora perduta.

Arrivo a casa e comincia a sembrarmi strano il silenzio che mi accoglie: ormai mi piace la sua voce rumorosa. Ripenso alle chiavi che gli ho dato…chissà perché l’ho fatto… No, è inutile fingere: l’ho fatto perché lui possa raggiungermi sempre e comunque; perché in effetti comincio a pensare a questa come a “casa nostra”.

Per dirla tutta, se quel rompiscatole di mio padre si decidesse a non mettere più piede a Kanagawa e a trasferirsi a Tokio, gli direi di venire a vivere qui con me stabilmente… Però lui ha ancora una madre…già, non è come me, che penso a me stesso come a un orfano… Non importa. Avremo tutto il tempo di vivere insieme in America. Già, in America.

Devo studiarmi per bene la situazione delle squadre di alcune università e dovrò farlo anche per lui, che se lo lasciassi fare da solo si ritroverebbe nel Maine! Non che abbia da ridire sul Maine, ma nel mondo del basket conta molto poco…

E’ proprio un regolamento dell’NBA: ogni squadra deve schierare in campo due giocatori presi dalle squadre universitarie. Ecco perché sto esaminando con cura vari campus; l’avevo spiegato anche ad Hanamichi, ma non credo che se lo ricordi. Anche i suoi progressi in inglese sono un po’ lenti. Trovo il suo quaderno sulla mia scrivania e decido di correggergli gli esercizi; di solito non lo faccio, preferisco fargli fare pratica con la conversazione, ma ora non ho nient’altro da sbrigare…

Un disastro!

Ossia, non proprio, ma ci sono cinque errori terribili! Questo cretino non sa neanche chiedere un bicchiere d’acqua! Morirebbe di sete… E poi… in quasi ogni pagina c’è sempre lo stesso scarabocchio, ma cos’è?

Lo osservo meglio e scopro un pupazzetto dai capelli neri con orecchie e coda di volpe, che dovrei essere io nelle sue intenzioni…

Il quaderno ne è pieno.

Sento che il mio viso si addolcisce: mi sono intenerito, è inutile negarlo; per fortuna il do’aho non è qui a vedere l’espressione che deve sicuramente avere la mia faccia, non  mi piace che mi sorprenda in un simile atteggiamento. Forse sbaglio; quando si ha consapevolezza della propria forza, non ci si dovrebbe vergognare a mostrare dolcezza o gentilezza, ma è ancora difficile per me. Rimango a fissare i suoi disegni e per un po’ la mia testa si svuota da qualunque pensiero.

Vengo riportato alla realtà dal suono del campanello. Mi alzo, svogliato, chiedendomi chi possa essere. Il do’aho non può essere tanto idiota da scordarsi subito le nuove chiavi; a meno che non abbia suonato per abitudine, ma mi sembra strano: non è tonto fino a questo punto…

Infatti non è lui.

“Salve, Rukawa… non c’è che dire, sei sempre uno splendore!”.

Be’ non ho scelto io di nascere con questo aspetto e anzi devo dire che talvolta mi ha creato fastidi (troppe fan isteriche!); comincio ad essere contento del mio viso e del mio corpo solo ora, dati gli stupendi effetti collaterali che provocano su Hanamichi…

Già, solo che vorrei li provocassero soltanto su di lui!

 

 

 Torno a casa di Rukawa fischiettando, un po’ rassegnato al pensiero di un’imminente lite con Yohei, ma anche emozionato all’idea di poter finalmente usare per la prima volta le MIE chiavi di casa. Apro il cancello e mi appresto ad aprire trionfalmente anche la porta della villa, quando mi accorgo che c’è qualcosa che non va. Posso udire fin da qui la musica ad alto volume. Rock americano, ma non è questo il problema. Rukawa lo ascolta molto, ma il volume è sempre basso, quasi un sottofondo, adatto a lui che ama il silenzio. Entro e mi faccio furbo. Vado verso il salotto senza fare rumore, sento delle voci… anzi, una voce! E non è la sua. La porta è chiusa a metà, sbircio dentroper dirla tutta voglio spiarlo!

Akira Sendoh! Ecco chi è l’idiota a cui piace ascoltare la musica ad alto volume! 

E’ peggio di un incubo…

E neanche la mia volpe dev’essere contento di questa improvvisata, perché lo vedo che fissa torvamente il porcospino dal divano. Bene, se non fosse che è terribilmente sexy quando ha quello sguardo torvo… e Sendoh la pensa come me a riguardo…

Vorrei tanto rompergli il muso a suon di pugni, ma stavolta devo essere davvero furbo, così decido di rimanere nascosto e di ascoltarli.

“…Sakuragi si vergogna di voi due, capito? Alla sala giochi si capiva benissimo che se la vostra storia fosse saltata fuori di fronte al suo amico, si sarebbe sprofondato dalla vergogna. Io non ho simili problemi: Uozumi e Koshino sanno benissimo che mi piaci tu”.

Lo dice come se potesse avere una qualche importanza per me, ma non ne ha. Tra l’altro non sono contento all’idea di essere stato nominato nelle loro conversazioni.

“Ognuno è fatto a modo suo, Sendoh, e se sei venuto qui per parlar male di Sakuragi, quella è la porta”. Lui è stranamente serio, neanche durante le partite gli avevo visto un’espressione simile, che lo fa sembrare molto più adulto.

“Lui non ti merita” mi dice.

“Decido io chi mi merita” ribadisco; posso sentire il mio sguardo che diventa sempre più glaciale. Possibile che non abbia capito che io non sopporto osservazioni e interferenze non richieste nella mia vita?

Ma allo stesso tempo non mi va di trattarlo male: è il mio rivale numero uno, è vero, ma ho un buon rapporto con lui. In fondo mi è simpatico. E mi dispiace di piacergli proprio io, perché questo mi costringe a comportarmi in modo brusco e, al di là di quel che si pensa di me, io non voglio far soffrire nessuno, non ho mai voluto far del male ad anima viva.

“Mi piaci, Rukawa” mi dice ora, apertamente.

“Ti sembra. Ti ho già detto di non esagerare” replico.

“Non è un’esagerazione: mi piaci da molto tempo… è così difficile da credere?”.

“Allora mi dispiace per te: io sto con Hanamichi e non c’è niente che tu possa dire o fare per cambiare questa situazione” sono stato chiaro, no?

“Non ci credo…” sorride Sendoh.

Davvero mi conosci così poco?

“Io per natura sono fedele e non ho la minima intenzione di cambiare per te” ti è più chiaro il concetto, ora? Questa conversazione mi sta stancando, non mi va affatto di parlare, soprattutto non in un’atmosfera così spiacevole. Akira sembra incredulo.

“Ma è davvero una storia così importante?! Non lo avrei mai creduto, non con quella scimmia rossa! Cioè… lui lo capisco benissimo… ma non capisco te: cosa ci trovi in Sakuragi?”.

Non sono tenuto a parlarne con te, Sendoh.  Lui sembra decifrare il mio silenzio.

“Scusa per la domanda personale, ma devo fartela… voi avete anche…” si ferma, lasciando la frase in sospeso e guardandomi.

“Abbiamo, cosa?”.

“Ma sì, lo sai! Insomma, lo avete fatto?” sbotta .

Non mi piacciono queste domande troppo intime, mi limito a fissarlo gelidamente, poi dico con voce lenta: “Tu che dici?”.

Riconosco la gelosia nei suoi occhi, una gelosia bruciante che mi fa capire che forse ho sempre sottovalutato i suoi sentimenti per me; una gelosia profonda, ma posso capirlo: in un modo o nell’altro, con noi due perdi sempre, vero grande Sendoh? Ma non glielo dico, perché mi accorgo che non la sta prendendo molto bene e a me dispiace che stia soffrendo per colpa mia. Mi guarda fisso. Un po’ troppo fisso, per i miei gusti…poi spalanca gli occhi: “R… Rukawa… non mi dire che… non mi dire che gli hai lasciato fare…”.

“Se vuoi, non te lo dico” ma la cosa non cambia, aggiungo mentalmente; lui fa la faccia affranta.

“Non è possibile… Rukawa, perché proprio lui???”.

Va bene, ora basta!! Mi alzo di scatto dal divano e parlo con la mia voce più fredda e impersonale: “Questo discorso è durato fin troppo! Sarà meglio che tu vada”.

Uh? Mi è sembrato di sentire un rumore nel corridoio. Sarà stato il mio gatto…

Sendoh non protesta, sa anche lui che è meglio chiuderla qui; ci salutiamo, lui mi sorride come al solito.

“Vedrai, ti farò cambiare idea…”.

“Non ci contare” allora non ha capito niente?!

“Stanotte non riuscirò a chiudere occhio  per quello che mi hai detto, lo sai?”.

“Non è un problema mio”.

Lui non si altera alla mia risposta, come avrebbe fatto Hanamichi; si limita a guardarmi e a dirmi: “A presto”.

“Ciao…”

A presto?! Come sarebbe a dire? Non ho intenzione di sopportare un’altra conversazione simile! Chiudo la porta, mi giro e… mi spavento! Mi trovo davanti il ghigno del do’aho, che salta di gioia.

“Bravo, kitsune! Gli hai dato il fatto suo! Hai visto che faccia ha fatto? E’ stato bellissimo vederlo con quell’espressione idiota!” mi salta al collo, ma io lo scosto bruscamente: “Imbecille, mi hai fatto prendere un colpo! Non mi ero accorto che tu fossi in casa, non ti ho sentito…” mentre dico queste parole mi rendo conto di come siano andate le cose e non mi piace per niente.

“Hai origliato?” chiedo, con una punta di tristezza.

“Be’, sì” ammette candidamente il do’aho, con un sorriso a trentadue denti.

“Non ti fidi di me?” se fosse così, ci rimarrei davvero male… Lui torna serio.

“Di te sì, anzi… hai confermato che la mia fiducia è ben riposta. E’ di quel porcospino maniaco che non mi fido affatto!”.

“Hn” in altri tempi, fino a pochi mesi fa, non avrebbe resistito: alla prima parola fuori luogo di Sendoh , Hanamichi sarebbe sbucato fuori e lo avrebbe pestato a sangue… forse sta imparando a controllare la sua impulsività…  tutto sommato, capisco perché ci ha spiato e non mi va di litigare con lui per questo.

“Ho usato le chiavi nuove, sai kitsune? Mi è piaciuto un sacco!” e ride. 

“Credevo che le avresti perse subito” lo prendo in giro. Lui borbotta le sue solite recriminazioni contro di me, mentre io lo trascino in salotto, ma poi esclama di colpo: “Come si è permesso quel porcospino di farti quelle domande così private?! Non devi più farlo entrare qui a casa tua, kitsune!” 

“Hn” mi fingo indifferente, ma trovo bellissima la sua gelosia, che stranamente non mi fa sentire costretto e legato, ma solo amato e desiderato. Lo spingo sul divano e il do’aho mi fissa in modo allusivo: “Ooooh… ho capito il motivo per cui mi hai buttato qui sopra, kitsune… vieni qui che… eh? E questo cos’è?”.

“Il tuo quaderno d’inglese” dico io, mettendoglielo sotto il naso e sedendomi vicino a lui .

“E allora?”.

“Da domani studieremo inglese insieme per un’ora al giorno”.

Lui non si altera, ma sorride accettando la sfida, sfoderando il lato della sua personalità che preferisco.

“Insieme? Va bene, sarà divertente… andiamo, kitsune, vieni qui… parlami in inglese mentre lo facciamo…”.

“Idiota ! - sibilo io – Guarda qua: non sai chiedere neppure un bicchiere d’acqua! E poi non sai neanche tenere una matita in mano…”.

“Cooosa? Credi che il grande tensai non sappia disegnare?” si indigna, diventando rosso.

Io mi stringo più vicino a lui e indico il quaderno aperto fra le sue mani: “Ho riconosciuto quello scarabocchio, sai? Ma non assomiglia affatto ad una volpe, sembra un topo!”.

“Non è vero! In fondo hai appena detto di esserti riconosciuto, no?” protesta.

Io non rispondo, mi protendo per prendere una penna posata sul tavolo e poi inizio a disegnare sul suo quaderno, incurante delle sue lamentele.

“Ah, ora voglio proprio vedere il campione di Belle Arti! Ehi, che cos’è quello?!”.

“Hn”.

“Che cos’è, fammi vedere! Oh… è una scimmietta…”.

Finalmente sta zitto; io finisco di disegnare un pupazzetto con orecchie e coda di scimmia, che tiene per mano la volpe (che sarei io…questo sgorbio?! Mpf!).

“Ora è perfetto” mormoro.

Hanamichi lo guarda, poi sposta il suo sguardo su di me; ci fissiamo e dopo poco scoppiamo a ridere e rido anche io, spontaneamente stavolta, senza bisogno di solletico o di battute e questo perché è lui che mi fa stare bene. All’improvviso il mio do’aho mi prende e mi stringe a sé, facendomi posare la testa sulla sua spalla. Sembra  che voglia proteggermi, anche se sa benissimo che io non ne ho bisogno. Ma glielo lascio fare ugualmente perché questo suo gesto è davvero molto tenero.

Istintivamente strofino il mio  viso sul suo collo e sento la sua risata soffocata: “Ma pensa… una volpe che fa le fusa…”.

“Hn”.

Rimaniamo a lungo così, portando avanti un dialogo silenzioso, perché a volte ci sono parole che non sono fatte di voce, anche se forse lui è troppo estroverso per poterlo capire del tutto…

Quando, alla fine, mi alzo, il do’aho non vorrebbe e mi mette il broncio; io controllo che il mio gatto sia al caldo nella sua cesta, poi mi avvio verso la scala.

“Kitsune, dove stai andando?” mi chiama lui.

“Io ho sonno, vado a letto. Tu che fai?” in effetti mi si chiudono gli occhi.

Hanamichi fa una corsa e mi raggiunge: “Eccomi, eccomi. Ma, kitsune… non vorrai mica dormire, vero?”.

Do’aho! Certo che sì! Anche…

 

 

E’ una domenica mattina.

Non appena arrivo in cucina vedo la mia volpe che sta ancora dormendo, con la testa appoggiata sul tavolo, davanti alla colazione. E’ vero che stanotte l’ho tenuto sveglio parecchio, ma è peggio di un animaletto da letargo!

“Oi kitsune!”.

“Hn…” alza il viso con una certa fatica.

Mi dispiace, so che la mattina è il momento peggiore per lui, ma ora dovrà starmi a sentire: oggi dovrò parlare con Yohei, ieri gliel’ho promesso; ho appena parlato al telefono con lui e ci siamo dati appuntamento per l’ora di pranzo, così gli darò le spiegazioni a cui tiene tanto: diciamo pure che sono terrorizzato. E’ il mio migliore amico e io non voglio perderlo. Lo racconto brevemente a Rukawa, mentre mangiamo, ma lui sembra non capirmi.

“Di che hai paura?” mi chiede.

“Di litigare con lui, no? Pensi che sia facile per me dirgli che sono gay?” mi sto innervosendo. Ma lo fa apposta?

“Perché? Pensi di esserlo?”.

Forse sta ancora dormendo…

“Sai, kitsune, io sono un maschio e tu pure, non credo ti sia sfuggito…”.

“Io non ho mai pensato a me stesso in questi termini, non mi sono neanche posto il problema. Amo te, che incidentalmente sei un maschio: fine della storia”.

Lo dice con molta sicurezza. Troppa, per i miei gusti.

“Non è così facile” replico. Ma perché vuole farla così facile??

“Ah, no? Non è una tragedia, do’aho: sei tu che ce la stai facendo diventare” la sua voce è molto dura.

“No… no, è che…”.

“Sai cos’è che mi offende? Anzi, che mi ferisce?”.

Rukawa ha parlato a bassa voce, ma io provo una fitta al cuore alle sue parole: ecco, l’ho ferito, perfetto…

Lui continua senza aspettare la risposta: “Posso capire il tuo nervosismo a parlarne con Mito, posso capire la tua preoccupazione… Ma sento anche che tu ti vergogni e questo non lo sopporto!”.

“Non è vero!” scatto, ormai arrabbiato.

“Stanotte, però, non ti vergognavi…” dice Rukawa, sarcastico. E io arrossisco.

“Ti sei lasciato influenzare dalle scemenze di Sendoh!” grido io; ops… non avrei mai dovuto dirlo: ora la volpe mi sta lanciando una delle sue occhiate più glaciali!

“Io non mi lascio influenzare mai da nessuno” mi sibila lui, con un mormorio poco rassicurante. E questo lo so meglio di chiunque altro…

“E’ vero, ma il porcospino ieri ti ha detto…”

“Lo so cosa mi ha detto e non me ne frega niente! Dici che non ti vergogni? Benissimo. Ma l’impressione che dai è un’altra”.

Io sono furibondo: “Ho paura di perdere i miei amici, va bene? A me non piace stare solo, io non sono come te! Tu come ti sentiresti? Lo sai cosa dicono di quelli come noi? Cosa proveresti se lo dicessero a te?”. Perché non riesce a seguire altro che quel che c’è nella sua testa?!

“Dopo quello che ha detto mio padre, credo di potermi sentir dire qualunque cosa” replica lui, con il viso particolarmente inespressivo. Ma basta a farmi tacere, mi morderei la lingua: accidenti, come ho potuto dirgli questa sciocchezza senza riflettere?!

“Scusa…”.

Rukawa sospira, poi mi guarda con i suoi bellissimi occhi blu: “Ora ti dirò quel che penso, ma tu non interrompermi perché non voglio ripetermi”.

La volpe che manifesta i suoi pensieri? Sono emozionato… così annuisco.

“Il nostro legame riguarda solo noi. L’opinione degli estranei non deve interessarci e quanto a …”.

“Il mio problema sono gli amici, non gli estranei” ma allora proprio non vuole capirmi!!!???

“Ti ho detto di non interrompermi!”.

“Ops…d ’accordo, sto zitto” voglio vedere dove andrà a finire il suo ragionamento…

“Quanto agli amici, mi sembra che tu per primo non abbia fiducia in Yohei: hai già deciso che litigherete e che la vostra amicizia ne sarà compromessa, senza dargli alcuna possibilità. Io non ho amici. Non ne ho mai avuti, sai? Neanche quando ero piccolo; ma so cosa dovrebbe essere l’amicizia: se Yohei sarà realmente quel che dice di essere, un amico, non ti tratterà mai male. Hanamichi, lui ti conosce da anni…sa chi sei, sa come sei… Noi due non siamo solo questo: il nostro rapporto è parte di noi, ma NON è noi. E Yohei dovrebbe capirlo. E anche se non dovesse fare salti di gioia, che cambierebbe? Non si è amici solo di persone perfette…amicizia è quando si conoscono i difetti dell’altro, quando si ammette che ci sono aspetti che danno ai nervi, ma nonostante tutto ci si vuole bene e si procede insieme nella vita. Perché un amico dovrebbe sempre incoraggiarti, starti vicino e difenderti dagli altri…”.

Be’ la mia volpe parla poco, ma quando lo fa è meraviglioso; e il fatto che mi abbia reso partecipe dei suoi sentimenti mi ha ridato coraggio. Ora le nuvole sono meno fitte…

Io sorrido: “Bene, kitsune, stranamente potresti avere ragione! Vedi com’è tutto più facile quando si parla?!”.

“Hn”.

Niente… il momento magico è finito…

Lui si alza: “Io passerò la mattina al solito campetto” mi annuncia.

“Va bene, ti raggiungerò là” rispondo, mentre finisco di fare colazione.

Prima di uscire dalla stanza Rukawa mi posa una mano sulla testa e mi scompiglia i capelli ormai ricresciuti.

“Do’aho, io starò sempre dalla tua parte”.

Dice solo questo e poi scompare nel corridoio; dopo un po’ sento il rumore della porta di casa che si chiude.

“Ti amo, Kaede” gli dico, anche se non è più di fronte a me.

 

“No! Non ci posso credere!”

Yohei mi fissa con gli occhi sbarrati e la faccia allibita, concretizzando le mie peggiori paure.

“Hanamichi, mi stai prendendo in giro?”.

Vorrei dargli una testata, ma tutto quel che mi esce dalla bocca è un: “No” ringhioso.

“Non è possibile!”.

“Ma cosa diavolo non è possibile, eh?” grido. Ora esplodo…

“Mah, sai… cinquanta rifiuti non sono uno scherzo, no? E non è che fossero tutte carine oltretutto: alcune rispondevano alla regola “basta che respirano”, eppure niente… ti hanno scaricato anche quelle! E ora vorresti farmi credere che il ragazzo più bello non solo della nazione, ma di tutto il continente…”.

“E’ il più bello del mondo!” ribatto io, seccamente.

“Giusto, infatti, perché limitarci? Dicevo, il ragazzo più bello del mondo avrebbe scelto te ?! Consapevolmente ?!”.

Ora sono io quello allibito.

“Yohei… per questo parlavi così?”.

“Ma certo, cosa credevi?” e mi sorride con sincerità.

“Be’… io… lui… siamo due ragazzi…” borbotto. Ma che mi prende? Sembra quasi che mi dispiaccia la sua reazione tranquilla; ed io che mi ero preparato tutta una serie di insulti e recriminazioni… fatica sprecata!

“Ah, quello! – Yohei alza le spalle- Devi sapere che mi ero ripromesso da tempo una cosa: se tu fossi arrivato al sessantesimo rifiuto, sarei stato io a proporti di provarci con qualche ragazzo. Era più che evidente l’incompatibilità fra te e le ragazze… svelato l’arcano!”.

“Scemenze! Ero io che non mi impegnavo abbastanza… eheheh il grande tensai era destinato a stare con il più bello!- rido, ma mi calmo subito e lo guardo con uno speranzoso sospetto- Ma allora… per te non c’è problema? Davvero?”.

Yohei mi guarda scuotendo il capo: “Certo! Ma perché  pensavi che avrei avuto problemi? Mi conosci così poco? Sentimi bene, Hanamichi: nessuno meglio di me può sapere quanto tu, nonostante la tua irascibilità e la tua propensione a menar le mani, abbia bisogno di avere qualcuno vicino. E ora finalmente ce l’hai. Ho una sola perplessità”.

Mi sorprendo: “Quale?”.

“Rukawa è bellissimo, ma ha un carattere… difficile… diciamo così. Ho sempre pensato che per te ci volesse una persona dolce, gentile e affettuosa, ma Rukawa non mi sembra esserlo, anche se è vero che io non lo conosco per niente… Ehi, un momento! Per questo mi ha salutato pochi giorni fa!” ride Yohei e sorrido anch’io: “Già!”.

Poi penso alle sue parole.

Dolce, gentile e affettuoso… Ma come si fa a definire bene la dolcezza? E poi, CHE COS’E’ la dolcezza? Un modo di essere? Di parlare? di agire? Tutto questo insieme? Il senpai Kogure è un perfetto esempio di ragazzo dolce, gentile e affettuoso e sicuramente Mitsui non deve stare sul chi vive ogni volta che apre bocca… Eppure è anche qualcosa di indefinibile. Dolcezza non significa fragilità e neanche debolezza, questo l’ho capito; ma non vuol dire neppure essere melensi! Alla fine , credo che la vera dolcezza in realtà sia qualcosa di estremamente discreto…E la gentilezza? Che cos’è la gentilezza? Al di là dei formalismi, intendo… Possono coesistere la forza e la dolcezza? La volontà più ferrea e la gentilezza? Può essere davvero così qualcuno tanto libero e indipendente?

Nella mia mente si sovrappongono molte immagini: i suoi occhi sicuri e vigili che mi seguono con lo sguardo quando non sono vicino a lui; il silenzio complice con cui mi assicura la sua presenza (perché quando si ha a che fare con lui il silenzio parla più delle parole!); una cena lasciata in caldo; la copia delle sue chiavi di casa data così, come se fosse naturale; uno scarabocchio che tiene per mano quello disegnato da me… E’ dolcezza questa?

E’ lo stesso ragazzo che quando si allena fissa tutti con uno sguardo da chiunque- si- frapponga- tra- me- e- il- canestro- è- un- uomo- morto; lo stesso che mi ha tirato un pugno senza motivo poco tempo fa e che mi ha dato del deficiente pure mentre facevamo l’amore per la prima volta… non prima o dopo, no… proprio DURANTE!! In fondo, perché mi meraviglio?

La mia volpe è forte e affettuosa allo stesso tempo. Penso al passionale abbandono con cui si lascia possedere da me e mi convinco che ho ragione. Non mi sono ancora abituato a questo: ogni volta mi stupisco come la prima, non ho alcuna intenzione di darlo per scontato perché è un dono talmente straordinario fatto da lui che merita soltanto stupore e ammirazione.

E il bello è che so che c’è ancora tanto da scoprire in lui… immaginate questa scena: voi state inseguendo una volpe, che si ferma ai limiti del bosco; la volpe non si muove, i vostri occhi si fissano nei suoi; voi iniziate a camminare verso la volpe senza distogliere lo sguardo e lei rimane immobile e silenziosa, ma quando siete a un passo da lei, quando state per allungare la mano e credete di averla raggiunta…ecco che con uno scatto scompare nel bosco, nella direzione opposta a quella che pensavate. E voi dovete ricominciare daccapo.

Kaede è così.

Ogni volta che credo di essere arrivato a lui, alla vera kitsune, scopro che c’è qualche altra cosa…e questo mistero non fa che renderlo più affascinante. Ma come faccio a farlo capire a Yohei?

“I tesori più belli sono i più nascosti” gli dico. Frase banale, ma che rende l’idea.

“Sai, a questo punto mi piacerebbe conoscerlo meglio. Credi che accetterebbe di uscire con noi?” mi chiede.

Io non gli rispondo, seguo il filo dei miei pensieri: “Non potrei amare nessun altro. Non avrei mai potuto amare nessun altro”.

E’ ciò che ho detto con più serietà in tutta la mia vita; Yohei mi scruta e annuisce, per farmi capire che ha compreso davvero. 

 

 

Forse qualcuno si annoierebbe ad allenarsi da solo, ma a me piace. E’ vero che è importante la presenza fisica degli avversari, soprattutto per provare le finte, ma in questi casi la mia immaginazione può benissimo porre rimedio alla loro assenza. Davanti ai miei occhi si forma l’immagine di Akira Sendoh che prova a difendere il canestro; io lo fisso come se fosse realmente qui e scatto. Riesco a vedere anche le sue mosse: ecco, prova a fermarmi, io sposto il pallone dalla mano destra alla sinistra facendolo passare dietro la schiena e poi lo scarto con una mossa fulminea. Continuo a correre. Ora di fronte a me c’è Maki e Sendoh scompare. Io corro; lo supero con una finta e svanisce anche lui. Ormai è passato del tempo, sono sopraggiunte vittorie importantissime, ma non ho ancora dimenticato il sapore bruciante della sconfitta, quando perdemmo l’amichevole con il Ryonan e la partita contro il Kainan. Quella frustrazione… quell’umiliazione… Giurai a me stesso che non sarebbe più capitato e mi ripeto anche ora quel giuramento: io vincerò e voi non mi batterete… nessuno mi batterà mai più!

Faccio forza sulle gambe e salto, sentendomi veloce e leggero, e schiaccio il pallone nel canestro con tutta la mia forza.

“Slam dunk!” dice una voce allegra alle mie spalle; prima ancora di toccare terra so già chi è…

Eccolo lì, il mio do’aho, con una bella espressione sul volto e gli occhi scintillanti. “Ben arrivato, scimmia rossa, sei venuto per ammirare il gioco di un vero campione?” lo accolgo.

“No, no, no… oggi non riuscirai a farmi arrabbiare, kitsune! Sono troppo contento!” e ride di cuore, come un bambino.

Io non rido, ovviamente, ma mi fa stare bene vederlo così su di giri, di nuovo spensierato.

“Mm… niente contusioni, niente occhi neri, niente testa fasciata… ne deduco che è andato tutto bene” dico io, dopo averlo osservato.

Il suo sorriso ora va da un orecchio all’altro: “Sì, sì… Yohei è stato grande, va tutto benissimo!” e mi racconta nei minimi dettagli la loro conversazione; io lo ascolto attentamente e annuisco: “Bene, bene… hai visto? Tu fai sempre quello che dico io, do’aho, e non avrai mai problemi”.

“Ha ha ha…buona questa!”.

“Io non scherzavo affatto” replico.

“CHE COOOOSA?! Io non prendo ordini da nessuno, kitsune, nemmeno da te!” grida lui. Ma chi glielo fa fare ad alterarsi sempre in un batter d’occhio? Così uno si accorcia la vita di dieci anni…

“Resta il fatto che avevo ragione io, no? Non avevi motivo di avere paura- lo guardo con sfida – Niente liti e niente insulti”.

Il mio do’aho diventa tutto rosso, borbotta qualcosa di indecifrabile, ma tanto lo so che cosa ha detto… che lui odia darmi ragione! Gli dà ancora fastidio ammettere che io avevo visto giusto e lui no! Rassegnati, amore mio, è inevitabile…

Mi avvicino a lui e lo bacio su una guancia: “Hai capito ora? Noi non facciamo niente di male: se ci sono persone che si scandalizzano sono loro ad avere dei problemi, non noi”.

“Ha ha ha figurati se il grande tensai si fa intimorire dalle opinioni di gente frustrata e repressa! Ci vuole ben altro!” e ride.

“Veramente eri tu che stamattina avevi un’aria da tragedia greca” osservo io.

“Come osi, kitsune! Io…”.

Non lo lascio continuare, lo bacio sulla bocca per farlo tacere, non me ne importa niente di essere visto da qualcuno.

“K…Kitsune…” balbetta il mio do’aho, con un’espressione comicissima sulla faccia: allarmata, imbarazzata ed eccitata…Quando lo capirai, testa dura? Se hai la coscienza pulita, devi disfarti di tutte queste preoccupazioni per l’opinione degli altri o non sarai mai libero…

Gli lancio un’occhiata per metà seria e per metà maliziosa: “Torniamo a casa?” gli chiedo a voce bassa.

 

Parte terza.- Giuramelo…

Ora siamo arrivati a casa. Finalmente mi sento di nuovo rilassato: mi secca dare ragione alla volpe, ma Yohei ha reagito proprio come aveva previsto lui… da vero amico! Sarò ingenuo, ma il mondo si presenta rosa ai miei occhi e io sono più che pronto ad affrontarlo! Ora stiamo nella camera della kitsune, lui si sta cambiando e io mi sento la gola secca; Rukawa si accorge che lo sto guardando, si avvicina a me e mi bacia. All’inizio sono baci piccoli e molto dolci, che però diventano via via più appassionati; le sue mani mi sbottonano la camicia, lui è già spogliato tra le mie braccia, mi sussurra con voce roca: “Fai l’amore con me…”.

“Kaede…” gli prendo il viso tra le mani e i miei occhi si incantano a guardarlo. Non so se sono io che sto uscendo di testa o se sia davvero così, ma mi sembra che lui diventi ogni giorno più bello. Lo guardo bene e mi rendo conto che ho ragione: non so come faccia, ma è sempre più bello ed è esaltante pensare che tutta questa bellezza è MIA. Non è strano? Kaede Rukawa è senza dubbio il ragazzo più fieramente indipendente che io abbia mai conosciuto, eppure è anche l’unica persona al mondo che io possa sentire come mia. E’ completamente mio e lui sa che io provo questo sentimento di possesso e, nonostante tutto, non gli dispiace. 

Ci spogliamo. Credo di avere uno sguardo adorante, ma non mi importa più. Non mi preoccupo più, Kaede, che tu scopra quanto io dipenda da te e quanto ti adori, perché è la semplice verità. E ora voglio dimostrartelo.

 

Be’ intanto lui lo dimostra a me nel suo solito modo… quando ha finito, il suo viso risale lentamente lungo il mio corpo fino a trovare di nuovo la mia bocca e di nuovo io trovo eccitante sentire il mio stesso sapore sulle sue labbra.

“Dovresti vedere la tua faccia, do’aho…” mormora lui con tenerezza .

Sì, la immagino: beata e soddisfatta, come mi sento io…

“Merito tuo…”.

“Lo so che sono bravo…”.

Sempre modesto, eh? Però, in effetti, è bravo. E mi rendo conto che io a lui non l’ho mai fatto! Kaede si sdraia al mio fianco, io mi giro e gli finisco sopra, baciandolo con passione. Voglio dargli piacere adesso, voglio che si abbandoni completamente fra le mie braccia: inizio a carezzarlo, a baciarlo e a mordicchiarlo sul petto e lo sento subito sospirare. Stavolta è il mio volto a scendere lungo il suo corpo, facendolo sussultare. Non sono imbarazzato come credevo che sarei stato, né incerto, perché non c’è parte del suo corpo che non sia perfetta e io voglio assaporarlo, possederlo totalmente. Proprio per questo mi interrompo presto, a dire il vero: il desiderio è troppo forte. Entro dentro di lui e rimango immobile, mentre il calore del suo corpo si espande per il mio e io mi inebrio di questa unione totale. Non so cosa sia, se il suo profumo o la morbidezza della sua pelle o l’arrendevolezza con cui accoglie sempre il mio atto di possesso, ma alla fine io sono completamente in suo potere… Non appena inizio a muovermi, Kaede inarca la schiena, mi stringe forte, geme in quel modo così sensuale che mi fa impazzire.

“Di più…” mi dice, sospirando.

Di più? Mi vuoi di più? Anche io ti voglio di più… Le mie spinte aumentano come il mio desiderio, come le tue grida. Riuscirò mai a spiegare cosa provo dentro di lui? Mi sento un privilegiato, il più fortunato del mondo, perché sono l’unico a cui lui lo ha permesso, l’unico a cui abbia dato fiducia, l’unico che possa guardarlo e dire “mi appartiene”.

Ora stai gridando, Kaede…

Le tue dita affondano di più nella mia schiena come io affondo di più nel tuo corpo.

Continua a gridare, Kaede…

E’ bellissimo sentirti, è bellissimo sapere che tutto questo te lo procuro solo io, e tu sei davvero sempre più bello, così sensuale e desiderabile da farmi diventare pazzo…

Ti adoro, Kaede…

Adoro come mi fai sentire, importante e fortunato, perché hai voluto donarmi qualcosa che fosse solo mio.

“Ancora…” mi implori.

Ancora, certo…Tu non mi basti mai, non ne ho mai abbastanza di te. Alla fine il piacere arriva al limite: gridiamo insieme e io crollo su di lui, cercando di prolungare la nostra unione, perché per me è un momento di dolce e infinita malinconia quando devo separarmi da lui, mi sembra di lasciarlo andare via…Ma alla fine è inevitabile. Mi rilasso su di lui, ogni tanto bacio il suo petto, mentre il nostro respiro torna regolare.

“Hanamichi…” mormora Kaede, stringendomi a sé.

“Ssst. Aspetta, kitsune: sto ascoltando il suono più bello del mondo”.

“E quale sarebbe?”.

“Il battito del tuo cuore” sussurro. Perché mi dice che stai bene, che ci sei, che mi ami… Lui mi stringe più forte, in silenzio. Non mi sono mai sentito meglio in vita mia, finalmente ho capito una cosa importantissima: prima credevo che fosse difficile dire a me stesso e agli altri “Andate tutti al diavolo, io lo amo!” e invece ora non c’è niente di più facile. Ce n’è voluto, ma alla fine ho capito la lezione, vero kitsune? Il tensai che si tira indietro? Non sia mai…Non ora che, oltre che sulla mia, posso contare anche sulla tua forza, Kaede! Insieme siamo imbattibili, noi due, nella vita e nello sport! Gli unici che possono crearci problemi siamo proprio noi stessi.

Poso il capo nell’incavo della sua spalla e gli bacio il collo.

“Kaede…”.

“Hn?”.

“Giurami che non mi lascerai mai, giurami che starai con me per tutta la vita! Giuramelo…”.

ARGH! Mi morderei la lingua subito dopo aver parlato! Sono stato troppo impulsivo! Non per me, chiariamo! Io non ho alcuna paura di impegnarmi seriamente con lui, ma Rukawa… Forse non è la cosa più furba da dire ad una persona così libera e indipendente: so quanto detesti sentirsi controllato e legato… Ora è capace di rivoltarmisi contro proprio dopo essersi concesso a me con così tanto abbandono…

“Te lo giuro” dice subito la mia volpe, spiazzandomi completamente. La sua voce è profonda, calma e sicura come sempre. Non un tentennamento, non un’incertezza. Non sarebbe da lui: lui pensa sempre quello che dice, mi ha avvertito a riguardo….

Me lo ha giurato…

“KITSUNEEE!!!” urlo io, al colmo della gioia, stringendolo a me con tutte le mie forze.

“E non gridarmi nell’orecchio, do’aho!” protesta lui. Ma lo fa sorridendo.

Io continuo a tenerlo abbracciato: “Ti amo, ti amo, ti amo…” non riesco proprio a dirgli altro, nella mia testa non c’è nient’altro. E cosa dovrebbe esserci?

Per me al mondo ci sei solo tu.

 

 

Tu entri dentro di me e mi fai gridare, di dolore e di piacere, ed è quanto di più bello mi sia capitato nella  vita.

Sono un egoista egocentrico, è vero; ho pensato sempre e solo a me stesso (e comunque a chi diavolo avrei dovuto pensare prima? A mio padre?) e sono ancora così, non voglio fingere cambiamenti radicali che non ci sono stati. Eppure, grazie a te, Hanamichi, ho scoperto qualcosa di nuovo: ho imparato a pensare al plurale. Ora non sono più solo IO. Siamo NOI. Ho imparato che non mi toglie niente ammettere che ora non penso più solo a me stesso, ma anche a te... anzi, soprattutto a te, sai?; ho provato quale meravigliosa sensazione sia sapere di essere il centro del mondo per qualcuno che non sia io stesso; ho scoperto che tu sei il centro del mio universo… insieme al basket, ovvio…!

“Ancora…” ti chiedo.

Ho bisogno di sentirti completamente nel mio corpo. E’ tuo, Hanamichi, prendi ciò che ti spetta di diritto. Te l’ho regalato io. E’ ancora il modo migliore che conosco per farti capire quanto ti sia grato, quanto sia profondo il mio amore per te: offrirti tutto di me. Io mi muovo con te, assecondando le tue spinte, finché il piacere diventa impossibile da controllare e anche le mie grida… Tu crolli addosso a me e io ti abbraccio. Mi raggiungono le tue frasi dolcissime, che fanno battere più forte questo cuore che ti piace tanto ascoltare. E poi quella richiesta…

“Giurami che non mi lascerai mai, giurami che starai con me per tutta la vita! Giuramelo…”.

E poi ti irrigidisci. Scemo! Hai paura della mia reazione, eh? Fai bene, ma non per il motivo che credi. Io non lascio mai andare ciò che amo, non ci rinuncio mai. Forse non hai ancora capito in cosa ti sei cacciato, scimmia rossa…

“Te lo giuro”.

Tu passerai ogni giorno della tua vita con me, te lo giuro, Hanamichi.

“Ti amo, ti amo, ti amo…”.

“Ho capito” gli dico.

“Kitsune, di’ la  verità! Tu ce la metti tutta per rovinare ogni mio slancio romantico!” borbotta lui.

“Non sono un tipo sdolcinato” replico io.

“Lo so, ma ti adoro lo stesso”.

“Hn”.

Il do’aho si gira e scivola al mio fianco e solo ora noto un particolare che non so se definire buffo o imbarazzante.

“Ehi!”.

“Che c’è, kitsune?”.

“Hai dei graffi sulla schiena…”

“Eh? Com’è possibile? Non ricordo di essere caduto o essermi fatto male… forse hai visto male, stupida volpe” il do’aho sembra perplesso.

“Devo averteli fatti io, idiota! Prima, mentre…”.

“Ah, mi era sembrato…”.

“Mmm… scusa” .

Ma lui sbotta a ridere: “Ah ah ah! Ma figurati! Anzi, li considero un complimento! Sono un’ulteriore prova della mia grande abilità amatoria!” e continua a ridere.

“Della tua, COSA??!” lo prendo in giro, anche se so che è molto suscettibile a riguardo e infatti ora mi agita il pugno contro, visibilmente alterato: “Ehi, kitsune, vedi di non ironizzare sull’argomento proprio tu o ti riempio la faccia di schiaffi!”.

Mi piace tanto quando fa così… Io gli cingo il collo con le braccia e lo attiro a me.

“Do’aho! Non hai sentito le mie grida, prima?”.

“Mm… devono averle sentite fino in strada!” borbotta lui.

“Merito tuo…” gli sussurro, restituendogli il complimento, prima di baciarlo per togliergli dalla faccia quell’espressione compiaciuta! 

Hanamichi ricambia il mio bacio con il suo irruente desiderio, ma sembra quasi pensieroso quando si separa da me e mi fissa negli occhi.

“Kitsune, posso farti una domanda?”.

“Hn” tanto posso sempre non rispondere…

“Hai detto di amarmi… perché?”.

“Cosa?!” non gli starà venendo una crisi di sicurezza?! Non credo… no, forse no… Aspetta in silenzio, stranamente paziente, che io mi decida a parlare. Forse, dopotutto ha ragione: è vero che in amore sono le azioni che dimostrano meglio l’autenticità dei sentimenti, ma anche le parole sono importanti per chi ha bisogno di sentirsele dire  e a tenersele troppo dentro si può finire per smarrirle lungo la strada.

“Insomma, cosa ti piace di me?” insiste lui, quasi innervosito dal mio silenzio. Forse pensa che ci sto riflettendo troppo e che non è un buon segno…

Ma io sono sicuro della mia risposta: “Ricordi il nostro primo giorno al club di basket? Akagi disse che la nostra meta sarebbe stata vincere il campionato nazionale e tu gridasti subito che ce l’avremmo fatta… Eri un disastro, non conoscevi l’abc del basket, non sapevi neanche palleggiare in modo decente, ma eri sicuro che avresti vinto. Non avevi paura come le altre matricole. Tu non ti tiri mai indietro: in questo siamo uguali, io e te. Ecco cosa mi piace”.

“Solo questo?”.

Ha l’espressione ansiosa di chi potrebbe ascoltare complimenti per tutta la sera, ma io non voglio fornire altro materiale alla sua già spontanea autoesaltazione.

“In effetti dell’altro c’è… ma te lo dirò col tempo…” dico in tono allusivo.

 Sembra bastargli questa risposta, perché sorride e mi bacia; io sospiro sotto di lui, sotto le sue carezze. Lo sento respirare profondamente, poi ridacchiare: “Ora va davvero tutto bene, kitsune! E andrà sempre meglio, me lo sento… Sono proprio contento, e tu?”.

“Hn”.

“Ti spiacerebbe ampliare il concetto?”

“Contento? Direi di no” dico con indifferenza. Lui  si arrabbia, come prevedevo, e di brutto pure, dato che si sente punto sul vivo.

“Stupida volpe, solo tu riesci a farmi perdere le staffe! Perché non sei contento? Cosa c’è che non va adesso?”.

“Stai zitto, do’aho! Contento non è la parola adatta perché sono felice. Sono davvero tanto felice…”

Il suo viso si illumina tutto, cambiando espressione ad una rapidità incredibile, che poi è un’altra delle cose che mi piacciono di lui; leggo nei suoi occhi un’autentica gioia.

“Davvero? Dici sul serio?” mi chiede, emozionato.

“No, parlo perché mi piace il suono della mia  voce! – vorrei dirlo con il mio solito tono distaccato che gli dà ai nervi, invece non posso fare a meno di sussurrarglielo come un affettuoso scherzo – Idiota… certo che dico sul serio”.

“Ooooh… kitsune… perché ora non mi dici anche quelle due paroline magiche? E daaaaii…”.

“Hn?” fingo di non capire, ma naturalmente so cosa intende. E’ vero, negli ultimi giorni non gli ho detto che lo amo, lui me lo dice molto più spesso.

“E dai, dimmelo! Non essere dispettoso…”.

DISPETTOSO?! Ancora con questa mentalità da asilo infantile? Mm…allora sarò dispettoso davvero.

“Non ho capito di che parli” dico, in modo vago.

“Stupida volpe, hai deciso che ti devo tirare il collo? Mi stai prendendo in giro, eh?”

“Sì, mi piace tanto…” ammetto per provocarlo. E a lui piace essere provocato.

Hanamichi sorride a queste parole, mi accarezza il viso; ricominciamo a baciarci, le sue mani calde si muovono su di me lentamente, procurandomi brividi, poi inizia a baciarmi il collo, le spalle, il petto; mi bacia e mi mordicchia là dove la mia pelle così chiara è più sensibile… è qualcosa che mi eccita da morire e il do’aho lo sa benissimo, infatti lo fa sempre quando vuole fare l’amore con me.

“Mi vuoi ancora, vero?” mormoro con voce roca, passandogli le mani tra i capelli.

“Non ti rispondo, faccio come te!” ride lui, solleticandomi la pelle con il suo respiro. Ma io lo so che mi desideri, do’aho, come tu dovresti sapere che io ti amo. Ecco, ora mi sento di dirtelo, mentre sono avvolto dal tuo amore e voglio farti sentire anch’io amato e necessario, perché per me lo sei.

“Ti amo tanto, do’aho…”.

Ho bisogno di te, Hanamichi, sei diventato indispensabile: mi hai fatto sorridere, mi hai fatto ridere, mi hai fatto piangere. Io, che ho sempre preferito stare solo con me stesso piuttosto che solo in compagnia, ora mi sento strano quando non ti ho intorno.

“Anch’io ti amo, Kaede”.

 

“Che giornata! E’ stata bella, ma anche stressante…” il do’aho si rilassa sul futon, mentre io gli lancio un’occhiata provocatoria.

“E’ stata utile: ha ribadito un concetto fondamentale” gli dico.

“E sarebbe?” a volte è proprio tonto…

“Che io ho sempre ragione” lo stuzzico.

“ARGH!! Stupida volpe! E io no, vero? Non dirlo mai più, se ci tieni alla pelle o io…”.

Ecco, ora è capace di andare avanti così per ore, ma io sono contento: mi addormenterò al suono della sua voce.

“Buonanotte, do’aho”.

“Non ignorarmi, Rukawa, e non chiamarmi così! E non dormire mentre ti parlo!! E non…”.

Che rumoroso! Ma basta un mio bacio per farlo tacere e per fare la pace.

 

 

Fine ( per ora? ^_^)  




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