Disclaimers: Niente di quanto usato nel corso
di questa fanfiction appartiene a noi.I personaggi di Slam Dunk appartengono a
Inoue-sama, e Jarod non sappiamo, ma sopperiremo presto a questa mancanza.
Note: Crossover tra Slam Dunk e Jarod il Camaleonte (titolo originale: "Jarod
The Pretender"), serie che poco tempo fa era trasmessa su Rai Due.
The
Pretender capitolo
I
di Akira14
& Natsume
Akira sorrise.
Per la prima volta, un vero sorriso, non uno di circostanza, di dipinse
sulla sue labbra.
Ottenere il ruolo di allenatore del club di basket del Ryonan era stato
piuttosto facile.
Era bastato leggere qualche manuale di basket giusto due ore prima del
colloquio.
Ed immediatamente si era trasformato in un esperto della pallacanestro. Un
Tensai, come si auto-definiva spesso Hanamichi.
Un genio, come spesso chiamavano Aki.
Con la differenza che Akira lo era per davvero.
Hanamichi..
L'unico amico che avesse mai avuto.
O l'unico che si fosse mai interessato a lui, passando oltre al suo dono.
Amico forse era un po' troppo. Lui però non aveva esperienza in quel
nuovo mondo, a lui quasi sconosciuto, e non sapeva bene che valore dessero
le altre persone all'amicizia.
Dove aveva vissuto, era qualcosa di completamente astratto.Non si
domandava se esistesse o no, l'amicizia, quando era là dentro.
Sarebbe stato come chiedersi se ci fosse veramente un Dio.
Domande inutili, che l'avrebbero distratto dalla sua fuga.
Ma ora che era fuori.Poteva anche chiedersi perché il cielo fosse blu.
Si avvicinò alla palestra.Moichi Taoka, l'uomo che avrebbe dovuto
sostituire, stava tenendo un discorso davanti ai suoi ragazzi.
Loro lo ascoltavano rapiti, pendendo dalle sue labbra, come se stesse
pronunciando il Verbo.
<Come si vede che non hanno mai sentito parlare Anzai.Lui sì che
sapeva parlare al cuore..> penso Kira-kun.
No- si disse Aki- non devo.non posso pensare a quell'uomo! Dopo tutto
quello che mi ha fatto.-
Il basket.
Si ricordò come Koshino si esaltasse, ogni qual volta parlava di quel
gioco.
Come se non ci fosse niente di più divertente che tirare una palla in uno
stupido anello metallico.
Quel bastardo.Gli spiattellava in faccia ogni suo attimo passato fuori del
Centro.
Per farlo morire d'invidia. Per gioire delle sue lacrime di frustrazione.
Beh.Quei momenti erano finiti. Per sempre.
Non provava il benché minimo desiderio di vendicarsi.
Quel poco che aveva imparato nella sua vita, da quei criminali che
l'avevano cresciuto, e specie da Toru, era che la vendetta era un piatto
che andava servito freddo.
Ed ora lui era troppo occupato a scoprire il mondo, per sedersi e
progettare a tavolino quale sarebbe stata la migliore strategia per
fargliela pagare.
Sapeva bene che ogni giorno che lui mancava alle simulazioni, il Centro
perdeva milioni di yen, e siccome per quegli individui il denaro era
tutto, non c'era modo migliore di restituirgli il dolore che gli avevano
provocato causando loro la più gran perdita di liquidi che avessero mai
ricordato.
No.
Basta.
Doveva smettere di pensare a quello che aveva passato, e guardare avanti.
Lasciarsi il passato alle spalle.
Dimenticare il sorriso cattivo di Hiroaki, quando lo rinchiudeva in una
gabbia, e faceva su di lui strani esperimenti, oppure si divertiva nel
vedere come reagiva a una coatta prigionia.
Non sapeva perché Koshino si accanisse così su di lui.
Era la sua valvola di sfogo, il suo hobby preferito quando rabbia e
frustrazione si accumulavano dentro il suo corpo.
Poteva anche scordare, per qualche attimo, che cosa fosse successo, e chi
fosse lui in realtà.
Rimaneva il fatto che ciò che era stato non si poteva cancellare, e che
lui avrebbe passato tutta la sua vita a scappare.
Non avrebbe mai potuto innamorarsi, avere una famiglia, e tutte quelle
cose lì.Che invece erano una realtà di fatto per la gente comune.
<Animo, Akira. Non è questo il momento di deprimersi.>
Aprì le porte scorrevoli delle palestra.
"Alla buon ora, signor.Chi è lei?" domandò Taoka, aspettandosi
di trovare il nuovo coach, ed invece dalla porta era entrato un giovane
dall'acconciatura alquanto singolare.
Siccome la pazienza non era una delle sue virtù, l'allenatore in carica
del Ryonan stava cominciando a fumare dalla rabbia.
L'avevano quasi buttato fuori,perché da quanto pareva, il tizio che aveva
fatto domanda si era dimostrato non solo un ottimo stratega, ma anche un
fomentatore di spirito combattivo nonché uno spettacolare giocatore di
basket.
Beh.Poteva anche avere tutti i pregi di questo mondo, ma questo non lo
autorizzava a presentarsi così tardi il suo primo giorno di lavoro.
"Buongiorno a tutti!" disse il giovane inchinandosi davanti ai
suoi
spettatori. "Sono Akira Mudo, ho 21 anni e sono il vostro nuovo
allenatore."
Aveva prestato attenzione a scegliere un cognome falso che non fosse
comune, per evitare che qualcuno potesse chiedergli se era fratello di
Tizio o cugino di Caio, e non destare sospetti.
Sperava solo che non risultasse troppo strano.
Moichi Taoka restò senza parole per la prima volta nella sua vita.
Desiderò di potersi sotterrare sotto qualche metro di terra.
Anche i suoi giocatori, restarono sorpresi da questa stranezza, e per
questo non riuscirono a proferir parola.
"A quanto vedo, quasi tutti sono arrivati.
Penso che sia il caso di dirvi addio.
Aida, finisci tu le presentazioni per me.
Siamo intesi?
Sayonara, ragazzi." Si accomiatò Taoka.
Prima ancora che potessero formulare la risposta, era sparito nel nulla.
Si era come volatilizzato.
Hikoichi Aida, lasciò cadere il block-notes per terra, e lo fissò.
Quando incontrò due zaffiri freddi e taglienti, abbassò lo sguardo.
Leggeva dentro di loro un immenso dolore.
Si chiese da cosa fosse portato.Magari la disperazione che provavano,
aveva la stessa causa.
Lo avrebbe studiato, e avrebbe scoperto che tipo di persona era.
Misteriosa era la ragione per cui sentiva di potersi fidare di lui.
"Ascolta il tuo cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi, ma il
cuore non può ingannarti.
Fidati di quello che ti mormora." così sua sorella giustificava le
sue azioni, le sue decisioni impulsive a se stessa.
Qualcuno avrebbe trovato strano il fatto che parlasse ad uno specchio.
Lui no. Dopotutto, l'autocritica era la critica più feroce ed obiettiva
che ci potesse essere.
Anche se uno tende a giustificarsi, almeno sa su che metri giudicarsi.
Ed ora il suo cuore sussurrava che avrebbe dovuto avere fiducia di quel
giovane.
"Benvenuto Mudo-Sensei.
Io sono Aida Hikoichi, rappresentante degli studenti del primo anno, nonché
riserva del Ryonan."
"Si potrebbe affermare che è l'addetto alle statistiche, qui."
aggiunse scherzoso Ikegami.
"Non prendermi in giro, Ikegami-sempai!
Mi piace solamente essere informato sui punti di forza dei nostri
avversari." "Sì, certo.
Perché se non sapessimo che Miyagi è stato rifiutato per ben 9 volte in
due anni di superiori, non potremmo sconfiggerlo, vero?"
Tutti risero, e cominciarono a sbeffeggiare Aida.
Hikoichi arrossì.
Era decisamente irritato, non gli piaceva che qualcuno leggesse i suoi
appunti senza il suo permesso.
D'altronde doveva anche ammettere che le sue news sconfinavano spesso e
volentieri nel pettegolezzo.
Su quell'agenda erano segnate tutte le più piccole stranezze che Aida
notava durante il giorno.
Era preziosa quanto la sua vita.
Per questo detestava essere preso in giro a causa sua.
"Smettetela." Tuonò il capitano, entrando con passo solenne
nella palestra.
"Vi state coprendo tutti di ridicolo!"
Il locale ripiombò improvvisamente nel silenzio più assoluto.
Akira squadrò il nuovo arrivato, studiandolo con molta attenzione.
"Questo è Jun Uozumi, il nostro capitano, nonché il miglior centro
di Kanagawa." Spiegò Hikoichi al suo nuovo insegnante, con tono
pieno di ammirazione.
"Ben arrivato, Uozumi.
Sono lieto di conoscerti."
Jun osservò quello strano individuo dai capelli a punta.
Chi si credeva di essere per stare fuori delle file, con quello sguardo
boriosamente accondiscendente?
"Spiacente di non poter dire la stessa cosa.
Non pensi che dovresti metterti in fila come i tuoi compagni?
E poi dov'è il famoso e pluridecorato allenatore che ha fregato il posto
al nostro coach?
Eh?
Chissà, magari gli è venuto il rimorso per tutte le palle che ha scritto
nel suo curriculum!"
A quell'affermazione, tutti gli occhi, anche di chi già si stava
allenando, si spostarono sulla coppia Uozumi- Mudo.
Se tanto dava tanto, vale a dire se il nuovo coach era paziente e
comprensivo come Taoka, c'era d'aspettarsi un grido disumano, seguito da
qualche centinaio d'imprecazioni e poi da un ordine di fare 50 o 60
scatti.
"Io e te ci intenderemo a meraviglia, Jun.
Neanche a me piacciono le persone che si nascondono dietro a delle inutili
bugie.
Lascia che mi presenti, sono Akira Mudo, il tuo nuovo commissario
tecnico."
lasciò cadere queste parole, mentre con un sorriso tendeva la mano al
sempre più imbarazzato capitan Uozumi.
<Questo sorriso è così falso che fa quasi paura.> si ritrovò a
pensare quest'ultimo, accettando la stretta di mano con Mudo- sensei.
Naturalmente, visto l'esito che le sue affermazioni avevano avuto poco
prima, se ne stette zitto.
"Beh.Mi sembra che abbiamo perso già abbastanza tempo.No?
Mi sembra di aver detto tutto.Ah, gradirei che mi chiamaste Akira. Siccome
non sono molto più vecchio di voi, mi sembra inutile perderci in inutili
fronzoli, vero?
Ed ora cominciamo l'allenamento.
Manca ancora qualcuno, Hikoichi?"
A sentirsi chiamare per nome, per di più da un uomo così bello e
gentile, il cuore di Aida cominciò ad accelerare, tanto da rasentare la
tachicardia.
"Sì, manca ancora il nostro rookie.
E' stato espulso per aver aggredito Taoka.Si chiama-"
"Non importa.
Sembra un soggetto interessante, se ha avuto il coraggio di fare quello
che io ho solo pensato a quell'uomo incartapecorito!
Non vedo l'ora di conoscerlo!"
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Maledizione!
Possibile che con tutti i mezzi a loro disposizione non erano ancora
riusciti a trovarlo?
Dove poteva essersi cacciato quel maledetto?
Il consiglio gli stava col fiato sul collo, suo padre voleva dei risultati
ed ora ci si mettevano anche Rukawa e Haruko, gli ultimi arrivati, a
impartire ordini a destra e a manca, come se non bastasse la presenza
sgradevole di Koshino, quel sadico bastardo, a farlo infuriare.
A passo svelto si diresse verso l'ufficio di Anzai, l'uomo che si era
occupato di Akira sin da piccolo e che lo conosceva quasi come un padre,
sperando che il ragazzo si fosse messo di nuovo in contatto con lui.
Entrò nel piccolo ufficio, le tende tirate davano un tocco di tetro
all'ambiente rendendolo un luogo angusto, sorrise a quel pensiero, il
Centro non era di certo un luogo accogliente, anzi, con tutti i suoi
segreti e stranezze era uno dei posti meno attraenti che conoscesse.
Tutto faceva pensare ad un carcere di massima sicurezza, anche se, per chi
vi entrava per la prima volta, doveva apparire un bell'ambiente, questo
solo finché non si scendeva nei piani inferiori...
Quell'ala del palazzo era un vero mistero e lui aveva la ferma intenzione
di scoprire tutte le debolezze che vi erano celate, riportarle a galla ed
utilizzarle nel migliore dei modi.
Tornando con i piedi per terra andò nella grande sala dove lui e i suoi
compagni di ricerca analizzavano tutti gli indizi lasciati da quel geniale
ragazzo.
Quando entrò Kogure era al computer, cercando di decifrare le ultime
informazioni trovate sul conto di Akira, Anzai era in un angolo in
compagnia di Kiyota; il ragazzo moro, che era perennemente perso nei suoi
sogni ad occhi aperti, anche se certe volte gli dava molto l'impressione
di essere perso più in incubi che in altro, era seduto per terra, le
gambe piegate contro il petto e si dondolava avanti e indietro, come i
bambini autistici quando si estraniano dal mondo reale per perdersi in
quello che si sono costruito.
Mentalmente maledisse Koshino per averlo reso in quello stato, ancora non
si capacitava di quanto quell'uomo potesse essere spietato e sadico nel
suo lavoro.
Ecco, lo aveva fatto di nuovo, si stava perdendo in pensieri che non
centravano niente con il compito che gli era stato affidato.
Sospirando si portò accanto a Kogure e si abbassò per guardare lo
schermo del pc.
"Allora che cosa hai scoperto?"
Il ragazzo castano sobbalzò sulla sedia quando sentì quella presenza così
vicina, era uno di quei tipi che si agitavano per un non nulla.
"Mi hai fatto paura Hanamichi!"
"Sarebbe stato un evento se ciò non fosse accaduto, ora dimmi cosa
hai trovato."
Affermò ritornando sull'argomento che più gli interessava.
"Niente di particolarmente importante. Ho analizzato tutte le
informazioni raccolte nell'ultimo posto in cui ha vissuto, il luogo non
presentava niente di anomalo e come al solito non ha lasciato tracce a
parte uno dei suoi soliti regalini diretti a te."
Già quella era proprio una mania di Akira.
Quei ricordini era l'unico mezzo che li teneva in costante contatto.
Akira...
Quel ragazzo sempre sorridente gli mancava, anche se, a dirla tutta, era
più che certo che quel sorriso fosse solo una maschera per nascondere la
sua insofferenza a tutto ciò che lo circondava, raramente gliene aveva
visto uno estendersi sino agli occhi.
Non doveva fallire, era di estrema importanza trovarlo e riportarlo al
Centro e doveva assolutamente essere lui a farlo, qualcun'altro avrebbe
potuto fargli del male e lui non se lo sarebbe mai perdonato, era suo
amico e aveva l'obbligo di proteggerlo.
Sorrise ironico, se qualcuno avesse potuto scrutare tra i suoi pensieri lo
avrebbe preso per pazzo: proteggerlo... Akira non sarebbe mai stato al
sicuro tornando al Centro, ma questa era l'unica soluzione a tutti i loro
problemi, solo che quel testone non c'era ancora arrivato.
Voleva essere libero, ma dal Centro non si può uscire senza pagarne le
conseguenze, soprattutto per gente come Akira, merce più preziosa dei
soldi.
Che vita era quella, allontanato da tutti e da tutto, soggetto ad
esperimenti di ogni genere... e adesso continuamente braccato da uomini
senza scrupoli... no, per uscire da quel giogo bisognava distruggere il
sistema alle radici e ciò di cui avevano bisogno era lì, al Centro, a
portata di mano, bisognava solo riuscire a trovarlo e sarebbe stata la
fine di quel luogo.
Avrebbe voluto informarlo prima del suo piano, ma era stato impossibile,
qui anche i muri avevano orecchie, se qualcuno avesse scoperto le sue
intenzioni non avrebbe avuto scampo, neanche suo padre avrebbe potuto fare
qualcosa per salvarlo da una morte immediata; era così che si eliminavano
i traditori, aveva imparato molto bene la lezione e non sarebbe ricaduto
negli stessi errori commessi da altre persone prima di lui.
Il viso di una bellissima donna dalla chioma rossa e dal sorriso
dolcissimo gli si parò davanti; strinse i pugni in maniera incontrollata
finché non senti le unghie penetrargli la carne.
Basta!!!
Non doveva più pensarci, ora si doveva solo concentrare sul presente e
sulle azioni immediate.
Servivano prove, testimoni, ma era impossibile recuperarli dal di fuori,
nessuno esce vivo da lì; Akira doveva capirlo, doveva riuscire ad
incontrarlo e parlargli prima che qualcuno gli mettesse i bastoni tra le
ruote.
Avevano tutta una vita da vivere, tante cose da sperimentare, ma sotto il
controllo di quest'ente malefico ciò non sarebbe mai accaduto.
Anche lui bramava la libertà, ma non quella limitata in cui era costretto
il moro, quella non era autonomia, era solo un'altra forma di prigione.
Lui ambiva al controllo, il controllo totale sulla sua vita, non
desiderava essere soggetto agli altri, voleva poter scegliere non essere
soggetto al volere altrui.
Aveva una vita e la rivoleva indietro.
Riportò la sua attenzione allo schermo, alla lista degli oggetti
ritrovati nell'appartamento affittato da Akira; sorrise mentalmente nel
pensare alle ingenti somme di denaro perse dalla compagnia a causa di
Aki_kun: vai Akira mandali in bancarotta, portagli via tutto così almeno
sarà difficile risollevarsi dal crollo finanziario e io avrò più
possibilità di distruggerli quando le difese saranno abbassate.
Qualcosa lo attrasse all'improvviso.
Scansò le mani di Kogure dalla tastiera e tornò indietro di una decina
di righe... eccolo!!!
Un indizio così innocuo e impensabile per chiunque, ma non per lui che lo
conosceva bene.
Akira non faceva mai nulla per caso e se quella cosa si trovava lì vi
doveva essere certamente un motivo.
Il suo cuore esultò di gioia, forse erano più vicini di quanto pensasse.
Per confondere le acque e non far trapelare niente dalle telecamere che li
tenevano costantemente sotto controllo, passò oltre e poi ridiede il
computer a Kogure, allontanandosi di qualche passo.
"Non c'è niente in quella maledetta casa che ci possa aiutare a
scovarlo, cerca ancora"
Ordinando ciò si allontanò dalla stanza, non prima di aver scambiato uno
sguardo di complicità con Anzai, aveva bisogno di aiuto e chi meglio di
lui.
Guardò Kogure un'ultima volta ed uscì.
No, lui non era ancora pronto a far parte del suo progetto di distruzione,
era emotivamente troppo fragile e poi aveva famiglia, fratellini piccoli
di cui occuparsi, non poteva rischiare di metterlo in pericolo.
Gli dispiaceva tenerlo all'oscuro, ma era necessario per il bene di tutti.
Scacciò quel pensiero, la sua mente già occupata da altro.
Doveva condurre delle ricerche approfondite in quella direzione, capire il
messaggio nascosto dietro a quell'oggetto insignificante ma, che secondo
lui, era la chiave per trovare il genietto.
Lui era un Tensai e ci sarebbe arrivato alla fine.
Si diresse verso la stanza in cui tenevano tutte le cose che Akira
lasciava dopo il suo passaggio in qualche luogo.
Aprì la porta e cercò lo scaffale che gli interessava.
Sopra vi erano un mucchio di oggetti, il suo sguardo fu attratto da una
scatola di medie dimensioni. La prese e la pose sul tavolo lì accanto,
l'aprì ed iniziò la sua ricerca.
Estrasse a mano a mano gli oggetti che i suoi arti sfioravano, infine
eccolo; così piccola da stare nel suo palmo.
Una piccola calamità di forma circolare, rappresentante un pallone da
basket.
Avrebbe scommesso qualsiasi cosa che era sulla buona strada.
La ripose nella scatola e rimise tutto a posto.
Uscì dalla stanza e chiuse la porta dietro di se.
Sortì dall'edificio, salì in macchina e se n'andò a casa; appena
arrivato accese il suo computer e si collegò ad internet per una ricerca
accurata di tutto quello che potesse essere inerente a quello sport e poi,
dopo alcune ore..... Bingo!!!!!
Fine I capitolo ^^
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