Questa fic paga un grosso tributo ad una canzone di Elisa, "Dancing".

Riporto le parole del testo che mi hanno, per così dire, ispirato... leggetele, io le trovo semplicemente splendide.

Dedico questa fic a tre persone speciali:

Fra, che mi ha fatto conoscere la canzone di cui sopra (thank you sis^^... nonostante i chilometri che ci separano mi sei sempre vicinissima!);

M. e A., che a dispetto di tutto hanno pure la forza di leggere quello che scrivo ed incoraggiarmi (hold on boys and never give up!)

Come al solito vi ricordo che i personaggi non mi appartengono... nonostante tutte le mie insistenze Inoue non si è ancora deciso a vendermeli; ma è solo questione di tempo, io sono una tipa perseverante! Vedrete che alla fine cederà (anche per non rischiare un esaurimento nervoso) ^^

Un bacio a tutti, e un grazie sincero a Ria.

An_

 


The Night the Sky Fell Down

di Antares



"So I put my arms around you around you

my eyes are on you they're on you

and you see that I can't stop shaking

no I won't step back but I'll look down to hide from your eyes

'cause wath I feel is so sweet and I'm scared that even my own breath

Oh could burst it if it were a bubble

and I'd better dream if I have to struggle

so I put my arms around you around you

and I hope that I will do no wrong

my eyes are on you they're on you

and I hope that you won't hurt me

I'm dancing in the  room as if I was in the woods with you

no need for anything"

 

(E allora metto le mie braccia intorno a te intorno a te,

i miei occhi su di te, loro sono su di te

mentre vedi che non riesco a smettere di tremare

no, io non indietreggio ma guardo in basso per nascondermi dai tuoi occhi

perchè quello che sento è troppo dolce...

e ho paura che anche il mio respiro potrebbe farla scoppiare

se questa fosse solo una bolla di sapone

ed è meglio che io sogni quando so che dovrò combattere

allora metto le mie braccia intorno a te intorno a te

mentre spero di non sbagliare

i miei occhi su di te su di te

e spero che tu non mi faccia male 

sto ballando in una stanza come fossi nei boschi con te

nessun bisogno di niente)

 

 


Il respiro calmo e sognante.

Bi-bip.

Bi-bip.

Un mormorio confuso.

Bi-bip.

La presa di coscienza, seccata.

Bi-bip.

Il definitivo risveglio, palesemente di malumore.

“Maledetta!!”

Il ragazzo scostò leggermente le coperte ed un braccio lungo e muscoloso si allungò per spegnere l’odiata sveglia, che ancora trillava dal comodino.

Non si diede pena di aprire gli occhi, cercando a tentoni il diabolico macchinario… urtò qualcosa e il quasi contemporaneo tonfo lo informò della caduta dell’oggetto sul pavimento.

Il fastidioso bi-bip tacque.

La giornata improvvisamente tornò a sorridergli.

Meditò se rimanere ancora a crogiolarsi fra le coperte, restando al caldo per quei canonici “5 minuti”, àncora di tutti gli studenti del mondo.

Alzarsi la mattina era un vero trauma…

“Specie da quando certi pensieri mi ronzano in testa…”mugugnò, fra sé e sé. "Specie visto quello che mi attende..."

Il profumo del thè che saliva dalla cucina lo spronò a prendere la sospirata decisione.

“Ok, andiamo” si risolse, gettando all’aria le coperte, e catapultandosi giù dal letto con entusiasmo… se si doveva fare, almeno far finta che fosse una cosa piacevole.

Corse verso la finestra, spalancandola, aggredendo il mattino, forte della sua gioventù.

Inspirò l’aria fresca, appena appesantita dall’eco delle altre vite che si risvegliavano.

-Almeno non tocca solo a me- si consolò, osservando l’auto del suo vicino che già usciva dal posteggio e infilava, rombando piano, la strada.

Si diresse verso l’armadio, spalancandolo di malavoglia, e frugandovi dentro alla ricerca di un paio di calzini.

Impresa disperata, ma non impossibile.

Immerse la metà superiore del busto, la testa sprofondata fra capi di abbigliamento di vario genere, le mani che setacciavano qua e là, spostando a casaccio i maglioni, prima di intraprendere una meticolosa e capillare ricerca.

“Acchan, vieni, è pronta la colazioneeee!!!”

Lo squillante richiamo di sua madre e la parola magica “colazione” lo spronarono a darsi una mossa.

“Arrivo ‘kaasan…” rispose più per buona educazione che per altro; dubitava infatti che la sua voce avrebbe potuto giungere a sua madre, vista la sua attuale posizione.

Improvvisamente, li vide.

Afferrò trionfante i calzini ed emerse, scarmigliato e soddisfatto, dall’armadio, solo per accorgersi che ne aveva presi due spaiati.

Considerò brevemente l’idea di intraprendere un’altra ricerca, ma il brontolio rabbioso dello stomaco gli fece accantonare in un attimo quel pensiero.

“Poco male” sospirò “tanto con le scarpe non si vedono”

Velocemente indossò la divisa scolastica, i calzini, le scarpe… afferrò la cartella e volò giù per le scale.

Si presentò in cucina e la vista di quel che lo aspettava sulla tavola contribuì notevolmente a risollevargli l’umore.

"Ohayoo kaasan” salutò, andando a posare un bacio leggero sulle tempie di sua madre.

La donna sorrise in risposta.

“Bensvegliato… “

Guardò con affetto il figlio che cominciava a mangiare.

Kami, com’era cresciuto.

E non solo in altezza…

-E’ quasi un uomo- pensò orgogliosa, ma con una leggera punta di malinconia –Come vorrei che suo padre fosse qui a vederlo… sarebbe fiero di lui-

Eccolo lì, il suo perennemente allegro figlio, solare e pacifico… alle volte si chiedeva da chi avesse preso la sua indole tranquilla, da quel che ne sapeva, era l’unico in famiglia che non avesse mai creato alcun problema.

Persino lei in gioventù aveva fatto la sua parte…

Scosse la testa, e riprese ad affaccendarsi attorno ai fornelli, non prima di aver scompigliato con affetto i capelli del suo ragazzo, che alzò lievemente la testa e le sorrise, serafico.

Era veramente bello, suo figlio.

Non c’era da meravigliarsi se riceveva tutte quelle telefonate e la cassetta della posta fosse spesso piena di sospetti bigliettini profumati.

Ridacchiò fra sè nell'immaginarsi la futura fidanzata ufficiale di Akira (non attribuiva alcuna importanza alle storie che immaginava suo figlio avesse adesso... erano solo cotte adolescenziali, ci avrebbe pensato lei a scegliere quella giusta quando sarebbe venuto il momento)... avrebbe avuto il suo bel daffare per tenere a bada le ammiratrici del suo ambito figliolo!

“Non ti pettini, stamattina?” gli chiese all’improvviso, notando che, dopo averla salutata, si dirigeva tranquillamente verso la porta, per uscire.

Uno sguardo dapprima allarmato, poi terrorizzato passò sul viso del ragazzo.

“KAMI!!!”

E la donna rise, rise fino alle lacrime mentre il suo Akira divorava le scale a tre a tre…

 

-Ridi, ridi…- bofonchiò sottovoce mentre svitava il tubetto del gel – Guarda qua come stavo per andar via… che orrore-

Se ne versò un ingente quantitativo sulla mano e passò 10 minuti buoni a fissare l’acconciatura… se c’era una cosa che odiava questa erano i suo capelli… troppo dritti per essere lasciati scendere lungo il viso (“Sembri Calimero” lo prendeva in giro sua madre ogni volta che lo vedeva “al naturale”), troppo corti per essere portati in coda, il suo sogno segreto ("E proibito", gli ricordò corrucciata la sua mamma interiore).

L’unica soluzione sarebbe stata quella di tagliarli, ma ormai quella pettinatura era un suo segno distintivo, così come lo era il suo sorriso…

“Ed il fatto di essere considerato un hentai” sbottò, senza veramente prestarci troppa attenzione.. dopotutto non era che la cosa fosse completamente campata in aria.

Fino a poco tempo fa almeno. Fino a che non si era accorto di un piccolissimo particolare...

“Voilà”

Rimirò soddisfatto il risultato dei suoi sforzi, si regalò un sorriso a 32 denti e riavvitò il prezioso tubetto di gel, prima di avviarsi verso la scuola.

 

Camminò spedito verso il Ryonan… tra la ricerca dei calzini, la colazione e il rito della pettinatura aveva finito con l’essere in ritardo.

Decise comunque di prendere la strada più lunga, quella che attraversava i giardinetti… amava il profumo degli alberi di ciliegio in fiore, così intenso di prima mattina, e la nevicata di petali che riempiva l’aria.

Imboccò così il vialetto del parco; il vecchio custode gli fece un cenno col capo, riconoscendolo… naturalmente non poteva passare inosservato, un ragazzo alto un metro e novanta che aveva l'abitudine di passeggiare solo, di mattina presto, lungo i viali alberati.

Mentre seguiva la stradina di ghiaia si concesse di non pensare a nulla, gli capitava così di rado, ultimamente.

Ben presto si ritrovò alla fine dei giardini, e con un sospiro, prese a correre, macinando la strada in ampie falcate.

Arrivò ai cancelli della scuola proprio quando stavano per essere chiusi; fortunatamente per lui, riuscì a sfornare uno sguardo abbastanza supplice da indurre il custode a lasciarlo passare, guadagnandosi però una severa occhiata ammonitrice.

Mantenne un contegno dignitoso fino a che fu sicuro che nessun sorvegliate fosse nei paraggi… poi corse a rotta di collo verso la sua classe.

“SENDOH!”

Oh, no… beccato!

 

La mattinata trascorse lenta.

Sendoh aveva passato la prima ora in punizione, e le ore seguenti a seguire noiosissime lezioni… lo studio non era mai stato la sua passione, nonostante fosse dotato di una vivace intelligenza.

Fortunatamente si stava avvicinando il momento della pausa pranzo… ohhh, finalmente una buona notizia.

La campana della scuola si fece sentire, la classe intera sospirò impercettibilmente di sollievo, mentre il professore di giapponese usciva dall’aula.

L’aria si riempì di brusii, di rumore di sedie scostate, di studenti che richiamavano studenti.

Sendoh estrasse il cestino del pranzo dal banco e si diresse verso il cortile.

“Buon pranzo senpai!” gli augurarono varie voci femminili.

Il ragazzo si voltò verso ognuna di loro, indirizzando un sorriso.

“Grazie, anche a voi”

Si udirono vari sospiri, che rivelavano il diverso grado di “cottura” della ragazza in questione.

Sendoh sorrise fra sé, pienamente consapevole dell’effetto scatenato…

-Sarebbe davvero semplice- pensò – se solo…-

Riprese a camminare verso l’uscita, lo sguardo un po’ assente, perdendosi così gli ammiccanti sguardi ammirati che gli venivano lanciati e i gridolini di pura estasi delle ragazze che gli passavano accanto.

 

“Ehi, Sendoh, siamo qua!”

“Mh?”

Rimise a fuoco lo sguardo.

Oh, eccoli.

Aumentò l’andatura, e si diresse verso una panchina dove lo attendevano alcuni ragazzi del club di basket.

Scannerizzò il gruppo, mentre ancora era abbastanza lontano perché la sua occhiata non sembrasse rivolta a nessuno in particolare.

Uozumi… inconfondibile… Aida… che ci faceva col blocco degli appunti in mano?! Deformazione professionale, probabilmente… Fukuda… e… lui.

C’era pure lui.

-Magari farei meglio a fare dietro front- considerò.

-Oh, ma smettila! Non puoi perdere il senno come una ragazzina delle medie, su!-

-E tanto ormai li hai raggiunti, che razza di scuse ti inventeresti?-

“Sempai, ecco, siediti qui!” gli propose subito il manager, alzandosi dal suo posto.

Che naturalmente era proprio di fianco a…

-Che fortuna, eh?- ironizzò la sua mente.

“Tranquillo Aida…” nicchiò il ragazzo.

“No, no, tanto io ho finito e devo tornare in classe…” nel dire l’ultima parte della frase il giovane Hikoichi arrossì.

“Ahhhh, e come mai?” lo punzecchiò Fukuda.

Ormai tutti sapevano della storia fra la matricola ed una ragazzina della sua classe, ma nessuno intendeva rinunciare al divertente passatempo di mettere in imbarazzo il manager.

“Un appuntamento galante?” calcò la mano Uozumi.

“Ehm…”

“Dai, lasciatelo stare… siete proprio dei rompiscatole quando vi ci mettete.”

“Ok, Koshino, non scaldarti…”

Hikoichi, cogliendo al volo l'occasione, salutò i suoi compagni.

“Ci vediamo, Senpai”

E dicendo questo, la sorridente matricola si tolse definitivamente di torno, incamminandosi verso la scuola.

A Sendoh, che aveva seguito divertito il battibecco, non restò che prendere posto accanto a Koshino.

“Ehy” lo salutò.

“Ehy” gli rispose l’amico, improvvisamente concentrato sui resti del suo pranzo.

Per un po’ nessuno del gruppo parlò.

Normalmente era Sendoh a portare avanti la conversazione, ma oggi non era proprio aria.

Per nulla.

E lo capirono anche Fukuda e Uozumi.

C’era una strana elettricità tra i loro due compagni… che avessero litigato?

Si scambiarono un’occhiata veloce, prima di alzarsi contemporaneamente.

“Ok, noi andiamo” annunciò Uozumi, chiedendosi contemporaneamente il perché del lampo di panico che aveva attraversato gli occhi di Sendoh

-Forse la loro litigata è stata più seria di quanto immaginassi-

Si domandò se fosse meglio evitare di lasciarli soli, poi scrollò mentalmente le spalle.

-Prima risolvono, meglio è-

“Ci vediamo”

 

Sendoh rimase ad osservare i suoi due amici venire fagocitati dalla folla.

-E adesso?-

Tornò a concentrarsi sul pranzo, trovando improvvisamente interessantissimi i chicchi di riso.

-Non avrei mai pensato potessero essere così tanti... ohhh, guarda, un pezzo di frittata...-

“Sendoh”

La voce bassa e sicura del compagno lo riscosse.

“Si?” esalò, i chicchi di riso completamente dimenticati.

-Ok, è arrivato il momento... forza e coraggio Acchan... forza e coraggio-

“Dobbiamo parlare… lo sai, vero?”

“Mh-mh”

“Era un si?

“Si”

Koshino si alzò dalla panchina, dirigendosi verso un angolo riparato del cortile.

Dopo qualche metro si volse, incupendosi all’istante non appena si rese conto che l’amico non lo stava seguendo.

“Allora?” sbottò, irritato “Andiamo??”

-Adesso?-

Sendoh sentì improvvisamente venirgli meno il coraggio… affrontarlo così.. non si era neppure preparato qualcosa da dirgli.

Cioè, sapeva cosa dire, ma non sapeva come dirglielo.

“Sei improvvisamente diventato paraplegico o cosa?”

Prendendosi mentalmente a calci, Sendoh si alzò, non curandosi neppure di portarsi dietro la scatolina del pranzo.

-Tanto non credo che mi servirà più dopo che Koshino avrà finito con me- si disse- Sarò costretto a mangiare cibi molli per il resto della vita-

Peccato.

Aveva sempre tenuto ai suoi denti.

 

Il rumore del vento fra gli alberi.

Un costante fruscio ipnotizzante.

L’eco delle voci degli studenti, coagulato in un’unica voce, lontana, improvvisamente distante anni luce.

“Hiro-kun…”

“Akira…”

Si guardarono.

“Prima tu…”

“Dimmi…”

Accidenti.

Si conoscevano da quando erano piccoli, eppure tra loro non c’era mai stato questo imbarazzo, questa difficoltà a parlare.

-Colpa tua, grandissimo ed incommensurabile idiota- si insultò Sendoh –Se non avessi voluto fare il passo più lungo della gamba, ora non saresti in questa situazione-

 

 

*** Flash-back***

 

La sera prima.

A casa di Koshino.

 

Il dito incollato al campanello cominciava a risentire della scomoda posizione.

Ormai era più di un quarto d'ora che se ne restava lì, in quella stradina buia, ad imprecare contro il vento salmastro che gli arruffava i capelli… e quell’idiota non si decideva ad aprire.

Ed era in casa, lo sapeva che era in casa.

-D'accordo, altri due minuti e poi me ne vado- promise risoluto a se stesso, fingendo di scordare che quelle esatte parole le aveva pronunciate non meno di dieci volte negli ultimi venti minuti.

-Andiamo, ci sei, lo so…-

Sbirciò per l’ennesima volta le finestre, tentando, sperando di vedere qualche segno dell’arrivo del proprietario.

Niente, solo le tapparelle che riposavano immobili, il loro rivestimento argentato che faceva la gibigiana con la luce di lampioni… e la lontana risacca del mare sembrava essere l’unico rumore.

Staccò il dito dal pulsante, arresosi all’evidenza.

-Starà dormendo- sospirò.

Meditò di piazzarsi sotto la sua finestra e cominciare a chiamarlo… ma ben presto fu costretto ad ammettere con se stesso che gridare al vento il suo nome come un invasato, posto che questo sarebbe riuscito a smuoverlo dalla sua catalessi, non l’avrebbe certo bendisposto nei suoi confronti. E Kami sapeva quanto fosse fondamentale partire sempre con il piede giusto con quella zucca dura di…

-Hiro-kun!- esclamò, quando il cigolio della porta lo distrasse dai suoi pensieri.

E lui in effetti era lì, in piedi, ritagliato come una statua contro il rettangolo scuro della porta.

Si concesse qualche istante per osservarlo, quel suo scostante e freddo.. amico?… poteva definirlo così?

Si stava stropicciando gli occhi, come se si fosse appena svegliato, la faccia adorabilmente assonnata…

Sorrise fra sé.

“Ciao!” lo apostrofò, sbracciandosi in un esagerato saluto.

“Mh”

“Anche io sono contento di vederti!” il suo tono trasudava sarcasmo… possibile che gli fosse così difficile comportarsi come un essere umano?

“Che vuoi?” la sua voce lo raggiunse e per un solo, breve inesauribile istante, parve sormontare tutto il resto.

Quella voce bassa e cupa, inestricabilmente sua, perennemente imbronciata, capace di mettere in soggezione a volte anche il capitano…

Il ragazzo sventolò in aria dei fogli.

“Compiti di inglese”

Koshino sbuffò, rientrando in casa.

Subito dopo Sendoh udì il clic del cancelletto, quando il meccanismo di apertura si sbloccò.

A grandi falcate percorse il sentierino, salì le scale del piccolo portico ed entrò in casa, premurandosi di chiudere la porta alle spalle.

Sentì clangore di pentolame provenire dalla cucina; svelto, si intrufolò nella stanzetta e rimase senza parole.

Prima non l’aveva notato, dato che il ragazzo era rimasto in penombra, ma ora…

“Koshino, sei bellissimo” esclamò, prima di scoppiare a ridere.

Il soggetto di tale derisione, si voltò verso di lui, gli occhi serrati in un’espressione palesemente irata… che contrastava ridicolmente con il pigiama con i gattini blu che indossava in quel momento.

Sendoh era piegato in due, le lacrime che gli rigavano le guance… lentamente si appoggiò ad una sedia, tentando di riprendere il controllo.

“Smettila”

Un ordine, secco, senza repliche.

Tenendo a bada gli ultimi sussulti di ilarità, il giocatore numero sette del Ryonan si sedette.

“Forse è meglio se vai a cambiarti… non credo che riuscirò a controllarmi a lungo se mi giri sotto il naso conciato così!”

Koshino si diresse scocciato verso le scale, per salire in camera a vestirsi, borbottando qualcosa circa gli stupidi spilungoni che ti entrano in casa e pretendono pure di darti ordini.

-No, credo proprio che vederlo in pigiama sia una cosa non propriamente salutare... nè per lui, nè per me- ripetè Sendoh fra sé, lo sguardo che gli luccicava, malizioso.

Poco dopo Koshino ridiscese, la fronte ancora aggrottata.

Sendoh non potè fare a meno di notare quanto fosse carino con i jean chiari e la maglietta blu…

-Meglio riportare i miei pensieri in binari più casti-

“Allora, che cavolo vuoi per venire qui a quest’ora?”

“Hiro-kun, sono solo le otto, che ne sapevo io che tu vai a letto subito dopo il tramonto?”

“Avresti almeno potuto telefonare!”

“Vuoi dire che non sono un ospite gradito?” guaì Sendoh, esibendosi nella sua migliore interpretazione di cucciolo ferito “ Se è così me ne vado… sigh…” e fece per alzarsi.

Koshino sbuffò, esasperato, ma sotto sotto pure divertito.

Era impossibile restare arrabbiati per più di qualche secondo con quel ragazzo.

“Smettila di fare il deficiente Akira Sendoh” sbottò, prendendolo per un braccio “Siediti e dimmi a cosa devo l’ONORE di una tua visita”

“Così va meglio, Kosh-kun… onore è il termine esatto”

“Piantala”

“Guarda che sei tu che hai marinato la scuola, stamattina… e io, che sono buono e gentile, ho pensato di portarti i compiti…”

“Che uomo”

“Puoi dirlo forte… ora che i tuoi sono a Tokyo qui si festeggia, eh?”

I genitori di Koshino si erano infatti dovuti recare a Tokyo, dove la sorella di sua madre stava per avere un bambino… sarebbero rimasti lì quasi un mese, dato che il marito della donna era morto da poco in un incidente stradale.

“Avevo un po’ di febbre…”

“See… febbre malarica?”

“Akira…”

“Uh, no, scusa… magari era febbre gialla…”

“Sendoh…”

“Ci sono… allergia da studio! E nella forma più acuta! “

“Imbecille”

Si guardarono per un istante e poi scoppiarono a ridere.

“No, sul serio, stai male?” chiese Sendoh, la voce seria.

Koshino scrollò le spalle.

“Avevo qualche linea di febbre… niente di grave”

“Bene, allora… sotto con i compiti!”

“Sei sicuro di star bene?”

“Mh?”

“Tu che proponi a me di studiare… è un evento!”

“Bhè, neppure io gli ho fatti, così speravo in un tuo aiuto” confessò Sendoh, grattandosi il retro della testa con aria serafica.

“Ti pareva…”

 

Diverse ore di studio dopo…

 

“Uaaaaaaaa!!!”

L’alto giocatore del Ryonan si stiracchiò, allungandosi per tutto il suo metro e novanta, davanti agli occhi di un divertito Koshino.

“Già stanco?”

“E’ dalle otto che stiamo studiando, permetterai che io sia leggermente fuori uso…”

“Più fuori uso del solito, vorrai dire…” lo svillaneggiò senza pietà Koshino.

“Ah-ah-ah” ribattè fintamente offeso Sendoh “La tua simpatia non ha eguali”

Era bello scherzare così.

Sendoh lanciò un’occhiata veloce all’orologio.

“Kami! Sono già le undici!!”

Koshino aggrottò le sopracciglia.

Così tardi?

Non se n’era neppure accorto… il tempo era volato.

“Fermati a dormire da me, tanto ci sono ancora le tue cose in camera dall'ultima volta che sei venuto qui” propose d’impulso.

Improvvisamente si era reso conto di non volere che l’amico andasse via.

Sendoh strinse i pugni.

“No Hiro-kun, devo proprio andare…”

Si alzò in piedi, raccogliendo in fretta i suoi libri.

“Ti accompagno alla porta” si affrettò a dire Koshino, seguendolo.

“Hai paura che mi perda?”

“No, è solo che sono un ospite gentile ed educato… e poi, non si può mai dire… con la mente eccelsa che ti ritrovi potresti davvero perdere l’orientamento!”

“Sei in vena stasera, eh?”

“Solo perché ho un buon soggetto su cui lavorare…”

Sendoh si inchiodò sul posto.

Lentamente voltò il capo, gli occhi stretti in una fessura minacciosa.

“Hai detto, scusa?” domandò, modulando la voce nel tono più basso e roco che gli fosse possibile.

Inspiegabili brividi corsero lungo la spina dorsale di Koshino.

“Non fare il deficiente come il tuo solito…”

Silenzio.

“Akira…”

Il ragazzo si volse totalmente, un ghigno per nulla rassicurante dipinto sulle labbra.

-Oh oh- fece in tempo a pensare Koshino, prima di girarsi e mettersi a correre per la casa, con un sogghignante e determinato Sendoh alle calcagna.

“Idiota… fermati!!”

“Fermati tu!”

“Fossi matto!”

Koshino si rintanò in cucina, ancorandosi ad un lato del tavolo, aspettando l’arrivo di quel pazzo di Sendoh.

Ed il pazzo arrivò, scivolando lungo il pavimento e abbrancando una sedia, per non cadere a terra a causa dello slancio.

Rimasero a fissarsi, ansanti e divertiti.

E, non per  la prima volta Koshino si ritrovò a pensare a quanto fosse sexy il suo amico… probabilmente non se ne rendeva neppure conto, ma ciò non toglieva che vederlo così, gli occhi brillanti e i capelli scarmigliati fosse decisamente eccitante.

Eccitante?

Cavolo, forse la febbre gli stava tornando.

“Adesso sei fregato”

“Lo dici tu”

“Guarda che è tardi, devi andare a casa…”

“Paura, eh?”

“Vai al diavolo Akira Sendoh!” proclamò Koshino, prima di gettarsi di lato ed imboccare la porta.

Quando credeva di avercela fatta, sentì un braccio afferrarlo per la vita.

Accadde in un attimo.

Quel braccio forte e muscoloso lo trasse indietro e un secondo dopo si ritrovò con la schiena contro il petto di Sendoh.

Tentò di divincolarsi, inutilmente.

“Sta fermo!!”

“Non vale!”

“Ma che dici!?!”

“Mi hai preso di spalle!! Codardo!!”

“…”

Le braccia che gli circondavano la vita divennero due, schiacciandolo contro il corpo del compagno.

-E’ così caldo- pensò, prima di abbandonare ogni resistenza.

“Ti ho preso” sussurrò Sendoh, chinando il capo, e portando la bocca a pochi centimetri dal suo orecchio.

-Perché è così caldo?-

La stretta delle braccia divenne più salda… Sendoh stentava a credere a quello che stava accadendo… stava stringendo Koshino, poteva respirare il profumo dei suoi capelli… ed era tutto vero.

La sua mente cercò di avvisarlo, ma ormai il contatto era stato stabilito…

Kochino alzò il capo, incuneando la testa nella spalla del suo amico.

I loro sguardi si allacciarono.

Contatto.

Le labbra di Sendoh scesero ad incontrare quelle di Koshino, un bacio dolce, appena accennato.

- Morbide-

Per un istante tutto parve perfettamente a posto, come se finalmente fosse accaduto quell’evento perennemente in attesa di compiersi…

Lo avvertirono entrambi… la tensione che a volte ognuno di loro aveva sentito nell’amicizia che li legava improvvisamente svanita, appianata.

-Si sta così bene- pensò Koshino, assaporando la sensazione di pace che provava imprigionato in quell’abbraccio, farfalle svolazzanti che gli solleticavano lo stomaco mentre accarezzava le labbra del suo migliore amico…

Koshino si irrigidì.

Che diavolo stava succedendo???

Era il suo migliore amico!!

AmicO.

La magia si ruppe, l’atmosfera cambiò.

La mente di entrambi si riconnesse con la realtà nel medesimo istante.

-Che ho fatto!- fu il pensiero che sfolgorò rapido sia nell’uno che nell’altro.

Sendoh lasciò immediatamente Koshino, come se si fosse scottato, le guance in fiamme, il cuore che pestava nel petto.

“Io… io…”

Koshino lo guardava… non riusciva a decifrare il suo sguardo, forse neppure voleva provarci.

“Devo andare” disse, prima di afferrare la sua borsa e precipitarsi fuori dalla casa, lasciando un esterrefatto e molto confuso Hiroachi Koshino a fissare il nulla.

 

 

*** End flash-back***

 

“Akira…”

Il suo nome.

Un’improvvisa calamita che lo ritrascinò nella realtà.

Sospirò.

“Ho fatto una stronzata Hiro-kun, scusami”

Ciò che vide non lo rassicurò.

Le sopracciglia di Koshino si sollevarono in un’unica linea scura.

“Mi stai dicendo che è stato tutto uno scherzo?” indagò.

“No, ti sto dicendo che è stato un errore”

“Kami, parla chiaro Akira! Ti giuro che non ci sto capendo niente!!”

“Tu mi piaci, Hiroachi, molto.. e da molto tempo” confessò il ragazzo più alto, serio, senza sfuggire il suo sguardo.

La maschera di impassibilità di Koshino si frantumò.

Sendoh gli stava dicendo che…

“E non intendo come amico… mi riferisco a te come persona… come ragazzo…”

“Akira, tu sei…”

“Gay?” un altro sospiro “Bhè, visto che mi piaci tu, si, credo proprio di esserlo”

“No” scosse la testa Koshino, irritato “Intendevo dire se sei sicuro di quello che stai dicendo.”

-Sicuro come la morte, Hiro-kun- pensò Sendoh, riandando con la mente a tutte le notti in cui sognava di loro due… e i suoi sogni non erano esattamente quelli che si fanno su un semplice amico.

Proprio per nulla.

“Pensi che se non fossi stato sicuro, te l’avrei detto?”

Silenzio.

“Non è una cosa facile, Hiroaki, è una cosa su cui neppure io posso scherzare.” si costrinse ad aggiungere.

Ancora quel maledetto silenzio.

“Bene.. ora che lo sai, dimmi quando devo a venirmi a riprendere la mia roba”

Koshino gli rivolse uno sguardo interrogativo.

“Non credo vorrai avere ancora a che fare con me, no? Solo, ti prego… non dirlo agli altri…”

Detto questo si girò, voltando le spalle a Koshino e fece per andarsene.

Aveva puntato tutto su un'unica mano... e aveva perso.

“Sei sempre stato un deficiente Akira Sendoh, e sempre lo resterai!!!”

“Cosa?”

Tornò sui suoi passi, girandosi a guardare un infuriato Koshino.

“Fai tutto da solo!” gli urlò l’amico” Vieni qua, mi sbatti in faccia questa cosa e poi te  ne vai…”

“Hiro-kun..”


”Nessun Hiro-kun, Sendoh!”

“Hiroachi, senti…” riprovò Sendoh, sempre più spaesato.

Koshino prese a dare calci a vari, invisibili sassolini, tentando di sfogarsi per non ridursi a prendere a pugni quella faccia di bronzo.

“Io ti ho ascoltato” inveì ”E tu non mi hai nemmeno dato diritto di replica! Akira, non credi che meriterei almeno questo?”

“Non credevo avessi nulla da dirmi.”

“Sei un deficiente.”

“Oh, la smetti di insultarmi!?”

“Te lo meriti!”

Sendoh si prese la testa tra le mani, esasperato.

“Credevo stessi scherzando…”

“Cosa?” risollevò il viso, di scatto, posando lo sguardo sul capo abbassato di Koshino, il volto nascosto dai capelli.

“Credevo che ieri sera fosse tutto un scherzo…”

“Koshino…”

“E quando.. quando mi hai bac… si, insomma, quando è successo, io… io non ho più pensato a nulla, e ho lasciato che tu… anche se ero un po’ confuso, e…  ma poi, quando sei andato via ci ho ripensato, e… insomma, si.. non me la sono presa, ecco... io...”

Dolce, adorabile Koshino.

Com’era bello quando arrossiva.

“Ho capito.” Lo interruppe Sendoh, cercando di trarlo d'impaccio... glielo doveva ”Questo vuol dire che posso ancora sperare che tu mi voglia come amico?”

Koshino alzò lo sguardo.

Sendoh lo guardava, le mani in tasca, il solito sorriso birichino che era tornato a curvargli le labbra.. ma gli occhi… oh, i suoi occhi...

Schegge di un nero avvolgente e scintillante...

-Vorrei che fossero sempre su di me- pensò, ammaliato, prima di insultarsi silenziosamente.

-Sei uno scemo, Hiroachi… era così evidente…-

“Allora…amici?”

“No”

Il sorriso di Sendoh vacillò.

“Non avevo finito”

Il ragazzo più alto sospirò.

“Finisci”

“Quando sei andato via… io.. ecco, avrei voluto che tu fossi rimasto” disse Koshino tutto d’un fiato.

“Hir...”

Non fece a tempo ad aggiungere altro.

Koshino gli andò incontro, abbracciandolo e seppellendo il viso nel suo petto, avvertendo contro le guance la stoffa ruvida della sua divisa, aspirando il suo odore… non si era mai sentito così bene.

E quando le forti braccia dell’amico ( poteva ancora chiamarlo così? Perché no? In fondo sarebbero sempre stati amici... anche…)lo circondarono ebbe la certezza di aver fatto l’unica cosa giusta… l’unica scelta possibile.

“Hiroachi…”

La voce di Sendoh gli giunse stranita, incredula…

“Non sai dire altro che il mio nome?” gli chiese, parlando direttamente contro il suo petto.

“Hiroachi.”

Questa volta percepì il suo sorriso.

“Ti voglio bene, lo sai piccoletto?”

Koshino alzò lo sguardo, arrabbiato, ma senza sciogliersi dall’abbraccio.

“Piccoletto a chi? Come osi??”

La sua risata lo colse impreparato… vederlo così felice, così vicino, il suo bel viso, il suo caro viso così vicino al suo, il calore sulla pelle…

“Ti voglio bene anch’io…” sussurrò.

La risata di Sendoh si spense lentamente, lasciando come unica traccia un sorriso.

Abbassò il volto, fino ad incontrare le labbra del compagno, ancora una volta… esitò un istante, poi sorrise, di nuovo.

Koshino... era così adorabile... salì ad accarezzargli i capelli con le labbra, sfiorandogli la fronte con una guancia.

Così adorabile.

Lentamente percorse il suo viso, seminando il suo cammino di soffici baci, fino ad alla sua bocca...

Leccò leggermente quelle splendide labbra, il cuore che capriolava nel petto...erano calde e morbide esattamente come aveva immaginato fossero, come velluto... e sapevano di paradiso.

"Akira..." mormorò Koshino.

Sendoh colse al volo l'occasione.. nell'attimo in cui il ragazzo separò le labbra per invocare il suo nome, la sua lingua si intrufolò nella sua bocca, esplorando, toccando, accarezzando...

Koshino sentì il mondo tremare, completamente in balia di quelle sensazioni.

Non aveva mai sperimentato una cosa del genere, e non avrebbe mai immaginato che a fargliela provare sarebbe stato il suo migliore amico, ma ora... Le braccia di Sendoh attorno a lui, le sue mani sulla schiena, il suo corpo contro il suo, la sua bocca sulla sua...

Il suo odore.

Il suo sapore.

Si separarono, bisognosi d'aria.

Koshino aprì leggermente gli occhi, che aveva tenuto fissamente serrati, in pieno stordimento.. e lo vide che gli sorrideva, un bellissimo angelo tentatore, un angelo che ora lo stava cullando, come se fosse la cosa più importante del mondo.

 

"Forse è meglio andare, adesso"  annunciò Sendoh, ma senza alcuna fretta o sicurezza nella voce.

Come a confermare le sue parole, la campana della scuola fece sentire il suo richiamo.

"Kami! Ho lezione di biologia!! Se arrivo in ritardo il proff mi ammazza!!!" sbottò Koshino, improvvisamente tornato con i piedi per terra.

Sendoh sospirò.

"Ok, ok, ho capito!!!"

Di malavoglia lasciò libero il compagno, che si affrettò a correre verso la scuola. Neppure arrivato a metà strada, fece un rapido dietro front, e corse nuovamente verso di lui.

"Ci vediamo dopo, vero?"

"Abbiamo gli allenamenti.. logico che ci vediamo" gli rispose con un sorriso.

Koshino annuì, imbarazzato.

Che sciocco, come aveva fatto a dimenticarsi di una cosa del genere.

Si morse per un secondo il labbro inferiore, e fissò il suo sguardo su Sendoh, indeciso.

"Che c'è?"

Koshino scosse la testa, poi sembrò prendere la sua decisione.

Si alzò in punta di piedi, e posò un leggero bacio sulle labbra del ragazzo.

"Allora a dopo" disse, prima di ritornare sui suoi passi.

-Hiroaki Koshino... mi farai diventare matto- pronosticò Sendoh, sfiorandosi le labbra con la punta delle dita.

 

Gli allenamenti arrivarono e finirono in un baleno.

E, se a Sendoh e a Koshino fosse stato possibile chiederlo, avrebbero risposto che erano stati i più lunghi della loro vita. Quel toccarsi senza veramente potersi toccare era una tortura dolce e frustrante. Pelle che sfregava la pelle, durante le marcature, fiato che sfiorava il collo, mani che cercavano la palla ma finivano sulle mani...

"Insomma!! Sendoh! Koshino! Che diavolo vi prende!!!"

Taoka era leggermente alterato.. due dei suoi migliori giocatori che facevano fiasco completo su tutta la linea... come se non avessero mai giocato a basket.

-C'è tensione tra loro- pensò Uozumi, osservandoli - ma è diversa da stamattina-

Il capitano del Ryonan aggrottò le sopracciglia... aveva la sensazione che la risposta fosse lì, evidente, a portata di mano... ma lui non riusciva a coglierla.

"SENDOHHHHH!!! IMBECILLE!!"

"Mi scusi Coach..."

L'allenatore fumava e, tanto per calmarsi diede una sonora strapazzata al povero Hikoichi, colpevole non aver segnato il numero i tiri da tre effettuati da Uekusa.

Come Kami volle, alla fine li spedì tutti negli spogliatoi, cercando di incenerire con lo sguardo l'ala imbecille e l'inetto playmaker... cosa che peraltro fallì miseramente, dato che nessuno dei due lo stava fissando.

Il solito tram tram degli spogliatoi non servì comunque a disperdere la sorta di elettricità che si era creata tra i due soggetti in questione. 

Essere vicini e non potersi toccare.

Perchè se prima potevano farlo tranquillamente dato che si consideravano solo amici, ora la nuova consapevolezza che avevano acquisito quella mattina li rendeva più cauti. Chi poteva sapere come avrebbero reagito i loro corpi, adesso che sapevano che che quello che li spingeva a cercarsi non era più solo amicizia?

Meglio non indagare adesso, ci sarebbe stato tempo per scoprirlo.

Quello era il momento delle emozioni, del puro piacere di incontrare lo sguardo dell'altro e sapere di essere amato.

La doccia di Koshino fu veloce, rapida, sguardo a terra... per non vedere troppo.. e l'inconscio desiderio che invece spingeva ad alzare gli occhi, per scrutare, osservare... lui, solo lui...

Sendoh rimase sotto l'acqua a lungo, a suo agio, l'inquietudine che lo aveva tormentato per lunghi giorni dissipata come cenere nel vento. Lasciò che la stanchezza gli scivolasse via, rilassandosi sotto il getto, gli occhi chiusi, un leggero sorriso che gli increspava le labbra... un sorriso che era molte cose... soddisfatto, felice appagato... completo.

Koshino uscì dalla cabina doccia e non resistette... lanciò un fugace sguardo verso Sendoh e il respiro gli si mozzo in gola. Dalla sua posizione poteva vedergli solo la parte superiore del corpo, il torace cesellato, le spalle ampie, le braccia sollevate ad incrociarsi dietro la testa... e il volto. Pensò che non poteva essere esistita nessuna creatura più sensuale di lui. Aveva il capo gettato all'indietro, il viso teso verso il getto d'acqua, immagine erotica e innocente.

-Non lo sa l'effetto che fa guardarlo...- pensò.

Sendoh poteva pure essere il re degli hentai, ma non era un provocatore. Era il suo modo di muoversi, di atteggiarsi... e Koshino decise che avrebbe dovuto dirgli di darsi un contegno... ora che erano insieme (arrossì al pensiero... insieme...) ci avrebbe pensato lui! Nessuno avrebbe dovuto avvicinarglisi. Sendoh lo aveva spesso rimproverato per questa assurda gelosia anche quando erano amici...

-E non hai ancora visto nulla...- pronosticò.

Piano piano tutti finirono di vestirsi, lo stesso Sendoh chiuse la doccia e si avvicinò al suo armadietto, impaziente di andare fuori.

"Ok, noi andiamo.. Sendoh, Koshino, muovetevi... siete gli ultimi!!!"

"Non vi preoccupate, appena finiamo chiudiamo noi!"

Il chiacchericcio dei compagni di squadra che si allontanavano sembrò ipnotizzarli per un attimo.

Poi il silenzio... solo che non era imbarazzato, come invece era stato quello che era sceso fra di loro durante il precedente incontro. Era rilassato, disteso, complice.

"Allora, hai finito?" interloquì Sendoh, alzando gli occhi dalle scarpe che si stava allacciando e ritrovandosi a fissare il fondoschiena del compagno, che si era appena liberato dell'accappatoio.

"Uau!" bisbigliò, compiaciuto da quell'inaspettata ma benvenuta visione.

"Akira, che c'èeehhhhhhhh!!!"

Koshino si era finalmente accorto di cosa aveva attirato l'attenzione ammirata del compagno, e cercò di farsi schermo con l'anta dell'armadietto, mentre fulminava irato un estasiato Sendoh.

"Idiota!" gridò, furibondo.

"Io? Guarda che sei tu che vai in giro nudo... non puoi certo lamentarti se ti guardo..." si difese Sendoh, senza minimamente scomporsi, cercando anzi di allungare il collo per sbirciare l'anatomia del ragazzo che viceversa tentava di nascondersi.

"ERO SOVRAPPENSIERO!!!" si giustificò Koshino, arrossendo furiosamente.

In effetti, era talmente concentrato nel pensare a lui, che il cervello non aveva elaborato il fatto che era solo nello spogliatoio con l'oggetto delle sue elucubrazioni.

"E finiscila di tentare di spiarmi!! Maniaco!!"

Sendoh sospirò... accidenti, si era accorto dei suoi tentativi... Kami, non che lui avesse fatto questo granchè per nasconderli, ma sperava almeno di poter avere più tempo per... ehm.. esaminare la situazione.

Mugugnò fra sè, inveendo contro il suo fato avverso.

"Esmettila di borbottare da solo... sembri mio nonno!" lo rimbrottò Koshino

"Nonno a chi? Mi stai forse dando del vecchio?!" esclamò Sendoh, fingendosi punto sul vivo

"Più che altro di uno devastato dalla demenza senile..." commentò l'altro, in tono didattico.

"Hiroaki Koshino!" esplose il numero sette del Ryonan "Come osi..."

"See, see... vedi di girarti così mi vesto e ce ne andiamo!"

"Mai!" proclamò Sendoh, incrociando le braccia ed allungando le gambe dinnanzi a sè, come preparandosi ad una lunga attesa.

"Allora passami l'accappatoio..." ritentò Koshino, sempre bene attento a restare strategicamente nascosto allo sguardo inquisitore del compagno.

"Piuttosto la morte" reiterò convinto l'altro, non muovendosi di un centimetro

“Dai, smettila di fare il bambino, dammelo!!!” si inalberò Koshino, tendendosi, per quanto possibile, verso Sendoh e allungando una mano.

Lo sguardo che lui gli rivolse lo fece tremare… era sottilmente divertito, irresistibilmente sensuale…

“Oh- ohhh... Vai subito al sodo vedo”

Koshino lo fissò per qualche secondo, incerto.

Poi la sua faccia si tinse di un rosso acceso.

“Idiota!”sibilò, imbarazzato”sai benissimo quello che intendevo…”

“Certo” rispose lui, stavolta quasi sorridendo, mentre si alzava in piedi e si avviava verso la scala, preparandosi a lanciare l'ultima frecciatina ” Mi sembra ci siano dei materassini di sopra... aspetta che vado a controllare, almeno staremo più comodi.”

Totalmente spiazzato il ragazzo lo guardò uscire ridendo.

“AKIRAAA!!!!"

 

"Sei impossibile, lo sai, vero?" esplose Koshino appena lo raggiunse.

Sendoh lo attendeva, mollemente appoggiato al cancello della scuola, gli occhi chiusi, il solito leggero sorriso.

"Mh-mh"

"E non mugugnare!!!"

"Mh-mh" assentì ancora il ragazzo, incamminandosi accanto a Koshino.

"AHHHHHHH!! Non ti sopporto!!!"

"Mh-Mh"

"Baka!!!" sbottò frustrato il playmaker, assestando un pugno non propriamente leggero contro la spalla dell'amico.

Sendoh scoppiò a ridere, osservando il viso corrucciato dell'altro, e, non resistendo a quel musetto imbronciato, allungò una mano e gli scompigliò i capelli.

"E sta fermo!!" ringhiò Koshino allontanandosi di qualche passo e tentando di ripettinarsi con le dita.

-Adorabile- concluse il ragazzo.

Camminarono piano, fianco a fianco, fino a casa di Sendoh.

Koshino abitava poche vie più avanti, ma, arrivato davanti al cancello della casa del suo amico si fermò.

Restarono un istante a guardarsi, in silenzio.

"Bhè, io devo andare" cominciò a dire il ragazzo più basso.

"Mh-Mh"

"Ancora!!!!"

Sendoh sorrise.

"Vieni dentro un pò, tanto mia madre non è ancora tornata"

"Come? Ma se.."

Sendoh fece spallucce e agitò una mano come a dire di lasciar perdere.

"Il giovedì va sempre dalla nonna... sai, per farle le pulizie e cose del genere...."

"Ah..."

Rimasero ancora un attimo in silenzio, poi Sendoh si mise a trafficare con la borsa ed estrasse da una tasca laterale le chiavi del portone.

"Allora? Vieni?"

Koshino annuì.

Si diressero verso la cucina, e appoggiarono i borsoni sulle sedie attorno al tavolo. Sendoh aprì il frigo ed estrasse due lattine di Pocari Sweet. Ne lanciò una a Koshino, tolse la linguetta all'altra e prese a bere.

"Potresti almeno versarla in un bicchiere!" gli fece presente Koshino, arricciando il naso.

"Si mamma..." lo prese in giro Sendoh, prima di gettare il capo indietro e bere un'altra sorsata.

Koshino scosse il capo e si diresse verso gli sportellini sopra il lavello, alla ricerca di un bicchiere. Finalmente ne vide uno, fece per prenderlo, quando feroci colpi di tosse lo fecero voltare di scatto.

"Cosa cavolo.. Akira!!!"

"Mi... è... coff... andato... coffcoff... di traverso..." ansimò a fatica il ragazzo 

"Che deficiente" lo stigmatizzò Koshino, posando con un sospiro esasperato la lattina e aiutando l'amico a sedersi. Aveva il volto rosso, e gli occhi lucidi di lacrime, ma l'eccesso di tosse sembrava essersi placato.

"Va meglio?"

"Si... uff... e adesso non dire -te l'avevo detto-!" lo avvisò Sendoh.

Koshino fece il gesto di alzare le mani e si dipinse in volte la sua espressione più angelica.

"Fai tutto da solo" commentò, cercando di nascondere il sorriso che sentiva tirargli le labbra.

"Potevo soffocare..."

"Sai che perdita per l'umanità..."

"Non ti sarei mancato?"

"Neanche un po'!"

Sendoh allungò una mano e prese quella del compagno, intrecciando lentamente le dita alle sue.

"Insensibile" lo accusò, sorridendo, intrappolando il suo sguardo.

"Idiota" rispose Koshino, stringendo con forza la sua mano.

Come attirati da una calamita, i loro volti si avvicinarono... nel silenzio d'attesa potevano sentire il battito accelerato dei loro cuori...

"Akira?"

Una voce interrogativa li riscosse.

Entrambi si voltarono verso la porta della cucina, dove la signora Sendoh li fissava, incapace di capire cosa stesse accadendo, che cosa avesse interrotto.

Perchè suo figlio era mano nella mano con Hiroaki?

E perchè sembrava si stessero baciando?

Campanelli dall'allarme le squillarono nel cervello.

"Devo parlarti" interloquì Sendoh, la voce innaturalmente tesa "forse è meglio che ci sediamo in salotto"

La donna annuì, confusa, e dopo aver lanciato loro un'ultima, obliqua occhiata li precedette nell'altra stanza.

Sendoh si alzò dalla sedia, il volto improvvisamente pallido e tirato.

Koshino trattenne l'amico per la manica, spaventato.

"Akira... non pensi sia troppo presto?

Il ragazzo fece spallucce, ostentando una sicurezza che era ben lungi dal provare.

"Ormai ci ha visti, comincerebbe comunque a fare domande... e io non voglio nascondermi, nè mentirle"

Koshino per un attimo lo ammirò per il suo coraggio  e fu orgoglioso di essere con lui... di essere per lui.

"Se vuoi ti accompagno fuori..."

Koshino scosse la testa, segnalandogli che voleva restare.

Sendoh annuì brevemente, sollevato... averlo vicino gli avrebbe dato forza; sentì il suo affetto per lui crescere... Koshino non l'avrebbe abbandonato.

Si scambiarono un'ultima occhiata e si diressero verso il salotto.

 

“Gay?”

Sendoh annuì, incapace di profferire altre parole, la gola arsa.

“Gay…”

Lo sguardo smarrito della donna passò da suo figlio all’altro ragazzo che sedeva sul bordo del divano, gli occhi bassi, palesemente sulle spine... Koshino, il migliore amico di suo figlio, quello che lei stessa considerava più come un secondo figlio che un semplice conoscente.

“Akira… sei sicuro?”

Sendoh sussultò... ancora quella domanda.

Un altro cenno affermativo del capo.

Suo figlio.

Gay.

Il suo unico figlio, sorridente e dolce e forte e buono; che nei suoi sogni le avrebbe dato una nidiata di nipotini.

Gay.

Perché?

“Non capisco… davvero… dove ho sbagliato?” si chiese, gli chiese.

Sendoh aggrottò le sopracciglia.

“Tu non hai sbagliato.”

La donna scosse il capo, alzandosi in piedi e cominciando a passeggiare lungo la stanza, cincischiando con la camicetta, nervosamente.

I due ragazzi si guardarono di sottecchi… Sendoh era tentato di allungare una mano e sfiorare quella dell’amico, per rassicurarlo, ma desistette non appena vide l’espressione della madre.

“Non c’è niente da fare?” sbottò ad un tratto la donna, guadagnandosi un’occhiata interrogativa da parte del figlio.

“Per farti cambiare idea, intendo…”

Akira sospirò, il cuore gli faceva un male terribile mentre ascoltava il tono speranzoso e supplichevole con cui erano state pronunciate quelle parole.

"“Akira Sendoh, cerca di ragionare... sei in un periodo di crescita, è facile che ti si confondano le idee" tornò alla carica la donna, in tono ragionevole, ignorando di proposito il figlio che scuoteva piano la testa “E se ci pensi bene, sarai d’accordo con me... Tu non sei innamorato, Acchan, ti sembra di esserlo, a volte l’amicizia può sembrare quello che non è..”

Avrebbe voluto urlarle che desiderare di baciare il proprio miglior amico, o abbracciarlo, o fare l'amore con lui non è esattemente "avere le idee confuse"... ... Ma sarebbe servito solo ad irritarla ancora di più.

“Mamma, non è una cosa che si possa cambiare, così, perché lo voglio… io mi sono innamorato, di un ragazzo, si, ma sono innamorato. E non credo possibile cambiare idea.. non sui miei sentimenti…”

“E i miei, allora? Io ti ho cresciuto, e adesso tu.. tu… insomma Akira, non è normale, non…”

“Amare è normale.”

“No, questo amore non è normale, non è naturale, e lo sapete entrambi”

Un pesante silenzio scese sulle tre persone.

Se qualcuno avesse sbirciato dentro il salotto di casa Sendoh, quella sera avrebbe visto tre statue di sale.

"E tu, tu non hai nulla da dire?" il tono tagliente della donna fece sobbalzare Koshino.

"Io..."

"Midori e Tetsuo lo sanno?"

"No signora"

"Lo immaginavo" sibilò la donna, il tono velenoso e insinuante "E chissà quando vi sareste decisi a dirlo a me, se non vi avessi sorpresi in atteggiamenti volgari nella mia cucina!"

Tutte quelle parole, pronunciate in maniera veloce, sembravano staffilate, scudisciate che colpivano senza pietà i due giovani, che non osavano replicare. Sendoh teneva la testa bassa, incapace di comprendere come la donna irata che aveva ora davanti potesse coincidere con l'immagine che aveva di sua madre... i suoi sorrisi, le sue carezze, i suoi baci della buonanotte...

"E magari, se non fossi arrivata, sareste finiti pure in camera, vero Akira?" continuò imperterrita la madre "A fare i vostri comodi immagino..."

Sendoh sollevò la testa di scatto.

-No, non dirlo... non ti lascerò sporcare tutto quello che c'è di più prezioso nella mia vita...-

“MAMMA!” gridò, impedendole di andare avanti.

"Non alzare la voce con me ragazzo."

Calma, lapidaria.

"Non volevo, ma stavi per dire cose che non sono vere... "

Uno schiaffo lo interruppe a metà frase, uno schiaffo ben assestato.

Koshino trattenne il respiro.

"IO DICO COSE NON VERE??? IO???"

L'ultima frase l'aveva urlata, gridata in faccia a quel figlio che sembrava non capire, che stava facendo fascine della propria vita per poi apprestarsi a dar loro fuoco.

"Akira, adesso filerai in camera tua, e ne riparleremo domattina..." ancora quel tono snervante, autoritario... lo stesso che usava anni prima quando lui aveva combinato qualche guaio e a lei toccava l'incombenza di punirlo.

"No" rispose adesso, a voce ferma.

"Akira..." la sicurezza della madre sembrò tentennare...

"Non c'è nulla di cui parlare, nulla su cui decidere. Io ti ho detto ciò che sento e tu non puoi costringermi a soffocare quello che provo perchè tu pensi che sia sbagliato."

"Se vuoi vivere ancora sotto questo tetto farai come ti dico. E' per il tuo bene Akira..."

 “Questo non è giusto… non è leale che tu mi costringa a scegliere fra te e il ragazzo che am..”

“NON DIRLO!” la donna quasi si rattrappì su se stessa “Non osare dirlo. IO NON LO ACCETTO!”

Sendoh chiuse gli occhi, svuotato.

Non c'era altro da aggiungere.

Si alzò in piedi e si diresse verso la porta, seguito da un costernato Koshino.

Afferrò la maniglia, e uscì nel cortiletto antistante la strada... ormai non aveva più senso rimanere lì.

 “Tuo padre è stato fortunato, è morto prima di subire il riflesso della tua vergogna”.

Queste le ultime parole che udì da sua madre, mentre si chiudeva la porta alla spalle.

Dentro la casa, la signora Sendoh si accasciò sul divano, si prese il viso tra le mani e pianse.

 

"Vieni da me." propose Koshino, spezzando il silenzio.

Non una domanda.

"Mh?"

"Stasera, non puoi certo restartene fuori."

Sendoh, annuì, affiancandosi a lui.

"L'ha presa male, vero?"

"Si... ma non credevo possibile che mi parlasse così... io non..."

La voce gli tremò, pericolosamente vicina ad incrinarsi.

"Shhhh"

Koshino non sapeva che fare... consolare gli altri non era mai stato il suo forte, e adesso aveva paura di sbagliare... così lasciò agire il suo istinto.

Gli si avvicinò e lo strinse fra le braccia.

Così, spontaneamente, in mezzo ad una strada.

Non si era mai aspettato che fosse così facile abbracciarlo, non si era reso conto che anche se appariva grande e forte Sendoh in fondo era solo un ragazzino... un ragazzino, proprio come lui.

Avevano appena 17 anni, non erano pronti ad affrontare la vita da soli... certe cose erano troppo grandi anche per loro, nonostante spesso fingessero di non rendersene conto.

Gli sentiva battere forte il cuore sotto la maglietta, e lo sentiva vicino al suo. Non aveva mai conosciuto contatto fisico così intenso e struggente.

Sendoh si aggrappò a lui, come un naufrago ad un pezzo di legno per non affogare, le sue mani che gli artigliavano le spalle, in una morsa disperata.

"Shhhhh" ripetè, cullandolo piano, non appena avvertì qualcosa di caldo e umido bagnarli l'incavo del collo, proprio dove Sendoh aveva annidato la testa.

"Vedrai che capirà... ti vuole troppo bene..." gli sussurrò, prima di posargli un lieve bacio sulla guancia, assaggiando sulle sue labbra il sapore salato delle sue lacrime.

Rimasero così a lungo, e per quel lasso di tempo l'oscurità fu dolce.

 

Owari

 

Et voilà^^

Sendoh è il mio personaggio preferito, e volevo scrivere una fic dove non fosse raffigurato come il solito "porcospino maledetto"... e mi sono resa conto che forse l'ho dipinto un pò OOC...

Che volete farci, è la maledizione della mia vita!

Spero comunque che la fic vi sia piaciuta e mi raccomando: SENDOH FOREVER^^ (eheheh)

 

 


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