All’uomo a cui ho dato il mio primo, vero, bacio

                                                           E tiene ancora un pezzo del mio cuore nella sua valigia…..

 


The Departure

di Elyxyz


Rukawa ha deciso di partire per gli USA, convinto che Sakuragi non potrà mai amarlo. Un’inaspettata confessione rimette tutto in gioco…. Rukawa partirà ugualmente?!

 

Attenzione: Autoconclusiva, genere yaoi, sentimentale…

Legenda: “  ”= parole

                < >= pensieri

 

 

L’allenamento quotidiano era appena giunto al suo termine.

Le matricole incaricate cominciavano già a pulire la palestra.

Sakuragi, per grazia ricevuta, era stato dispensato dalla tornata supplementare di fondamentali. Anche se era all’ultimo anno, si trascinava dietro la scomoda eredità di principiante.

Stanco e svogliato, si stava dirigendo verso gli spogliatoi.

< Strano!- pensò- anche la Kitsune non si ferma ad onorarci con i suoi tiri! Come mai?!>

In quel momento, stava oltrepassando la porta dell’ufficio del Sensei Anzai e la sua attenzione fu colpita da qualcosa…. 

-“ Sei proprio sicuro?”

-“ Certo, signore. E’ una scelta meditata a lungo e caldeggiata dalla mia famiglia….”

-“ Va bene, figliolo. Rispetterò il tuo desiderio. Lo dirò solo domani agli altri, dopo la tua partenza. Buon viaggio e fatti onore in America! Oh Oh Oh …”

Sakuragi era rimasto lì davanti, impietrito.

Non era possibile! La Kitsune- la sua Kitsune- stava per partire!!! Diede un forte pugno al muro e, incurante del dolore, corse fuori verso il cortile, infuriato come mai.

Rukawa uscì dall’ufficio poco dopo, ignorando la verità appena scoperta dal “suo Do’aho”.

Tutti erano già tornati a casa. Era solo.

Prese un pallone e si sedette al centro della lunetta sotto il canestro.

Iniziò a sfiorare la palla con le lunghe dita affusolate.

Un movimento lento… ritmico… regolare.

Gli occhi chiusi.

La mente in balia degli eventi:

La telefonata dei suoi genitori dall’America, la loro richiesta di raggiungerli lì, per stare insieme. La nuova possibilità di entrare nella squadra universitaria dove il padre insegnava.

…….Non voleva favoritismi. Sei mesi prima, aveva ampiamente dimostrato al coach, il signor Anderson, che meritava un posto in squadra perché era bravo, non perché figlio del grande Miroku Rukawa. E avrebbe combattuto ancora, per dimostrare il suo talento.

Avrebbe imparato le tecniche del basket americano, avrebbe potuto farsi un nome; entrare, un giorno non lontano, nell’NBA…

In Giappone era solo. Completamente. E lo sapeva.

Solo una cosa lo aveva fermato dal partire molto prima, anzi, una persona…

Quell’assurdo rapporto amore- odio che lo legava al “suo Do’aho”.

Ci aveva messo 3 anni per capirlo……

No, per capirlo era bastato un periodo di tempo relativamente breve…. Il grosso era accettarlo!

Accettare di chiamare il sentimento che, impertinente, affiorava in lui quando lo vedeva entrare in palestra; che lo animava negli scontri con lui; che lo faceva offendere con più cattiveria, per spronarlo a migliorare…. Ogni volta che gli diceva “Do’aho”, in realtà voleva digli: “ Ti amo”.

Anche quando glielo lanciava come rimprovero, significava:< fai lo stupido…. Ma ti amo lo stesso…>.

I loro rapporti erano migliorati, sì. Ma non quanto avrebbe desiderato Rukawa.

Era anche vero che il rossino sembrava aver da tempo sbollito la cotta per la Akagi, ma Kaede non sapeva quanto, effettivamente, quella gallina contasse ancora per Hanamichi.

Sembrava ci fossero periodiche vampate di ritorno, in concomitanza con i progressi che lui, faticosamente, compiva nell’avvicinarsi a Sakuragi.

Recenti discorsi, sentiti pronunciare dal “Tensai”, lo avevano definitivamente convinto:

Hanamichi amava ancora Haruko.

Forse il suo sentimento era meno plateale, ma altrettanto vero.

Immediata la reazione:

< La sua amicizia non mi basta più. Non posso sperare nemmeno nel suo amore. E io, non sono certo il tipo che va a mendicare un falso sentimento… Il mio orgoglio ne uscirebbe distrutto….. Un sì non è contemplato.>

Forte di queste convinzioni, il moretto aveva deciso di partire per gli USA. E ricominciare là una nuova vita. Senza Sakuragi.

Quando emerse dai suoi pensieri, si alzò stancamente da terra.

Si posizionò sulla linea dei 3 punti: gambe leggermente divaricate, ginocchia piegate, schiena lievemente inarcata, la mano sinistra in appoggio, la destra in posizione….. gli occhi brillano.

Tiro! Veloce, elegante, preciso, maestoso…

La palla fece una parabola discendente, si avvicinò sempre più al canestro, imboccò la rete…. Ferro! E cadde fuori.

Rukawa non reagì neanche.

Come se non gliene importasse.

Girò le spalle al cesto e, lasciando la palla rotolare lontano in un angolo, sussurrò tra sé: “ Mi mancherà questo posto…..” e se ne andò.

Era tardi. Entro 8 ore, sarebbe stato all’imbarco dell’aeroporto di Kanagawa, destinazione Los Angeles.

 

Hanamichi Sakuragi aveva corso all’impazzata per tutte le vie di Kanagawa.

I polmoni gli bruciavano. L’aria ghiacciata sembrava torrida. I muscoli avevano smesso, molto tempo prima, di dolere. Non sentiva male fisico. Si era rotto qualcosa dentro.

Fissava con occhi stralunati il campetto dove sapeva che Rukawa era solito venire ogni giorno ad allenarsi.

Con lo sguardo della mente, lo rivedeva in mille diverse azioni spettacolari.

Ammirazione e rabbia. Odio e amore.

< Non posso rivelargli che lo amo. L’ho nascosto finora.

Non sarebbe giusto.

Lui potrebbe interpretarlo come un ricatto morale da parte mia.

Non gliel’ho mai fatto nemmeno capire.

Anzi, visto che avevo paura di essermi scoperto troppo, ritiravo in ballo Haruko e il mio eterno amore per lei.

Le voglio bene, ma la mia è gratitudine.

Il sentimento che provo per Kaede è ben altro.

….. E quello stronzo parte senza dirmi niente?!

Neanche in nome di quella fragile amicizia che ci lega?! O in merito a tutti i nostri pestaggi e le risse?! Mi ha ferito più adesso, di tante scazzottate.

Spero solo che tu ora venga qui. A salutare almeno un campo da basket, che conta più di me.>

E si sedette per terra. La schiena appoggiata al muro.

Faceva freddo. L’aria sferzava come una lama tagliente.

Ma non era niente di paragonabile all’artico clima nel cuore di Hanamichi.

Dopo un tempo indefinito, che sembrò un’eternità, un’ombra familiare fece capolino sul rettangolo.

Iniziò a tirare a canestro: 1-2-3 volte…

“Così te ne vai con la coda tra le gambe, eh, volpino?!” lo apostrofò Hanamichi.

Rukawa rimase completamente disorientato dall’inaspettata presenza.

-“Perché non hai salutato nessuno?” riprese con rabbia il rossino.

-“Perché odio gli addii…”

-“E non te ne frega niente di noi?!” ringhiò Sakuragi.

-“Nh… tanto, a te, che importa?!” concluse secco Ru.

E tirò a canestro. Centro.

Hana riprese la palla. Cominciò un palleggio forte, quasi rabbioso.

I due iniziarono a giocare. One on one.

Sembrava più un duello a colpi di canestro.

L’aria si era fatta pesante.

Da ogni tiro trasparivano aggressività, cattiveria…. Voglia di infierire e umiliare, desiderio di prevalere e schiacciare l’altro.

Ogni azione sembrava decretare le sorti del mondo o la vita e la morte dell’avversario.

Alla fine, esausti, entrambi crollarono uno sull’altro al centro del campo….

Sdraiati supini, il respiro affannato che produceva eteree nuvolette di vapore; la pelle imperlinata di gocce di sudore, malgrado il freddo…

I due percepivano un’aria strana, vogliosa di parole, un’atmosfera adatta a confessioni.

Ma entrambi avevano paura.

Paura e orgoglio. Una miscela mortale.

Senza parlare, si alzarono e se ne andarono.

Insieme, nel silenzio, senza meta.

Giunsero a casa Sakuragi, quasi senza volerlo.

Hanamichi sbottò con un tono tra l’arrabbiato e il triste: “ Lo sai che il Tensai non sbaglia mai.

Perciò non ti chiederò scusa per quello che dirò.

Sei stato un fottutissimo stronzo a non dirmi niente prima. Sarei venuto in America solo per spaccarti il muso!!!”

“Sopravvivrai anche senza di me.” Rispose bruciante Ru, scottato dalla sua stessa affermazione.

“ No, dannazione!!! Perché ti amo, Baka Kitsune!… Ti amo- ripetè in un sussurro- e non so come resisterò senza di te.

E sono un idiota, pure io; perché, in fondo, lo sapevo che anche tu mi amavi.

Ma avevo paura. Una dannata, fottutissima paura.

Di quello che eri,

                             di quello che ero io,

                                                               di quello che saremmo diventati.

Haruko era il mio salvagente di comodo, per impedirmi di lasciarmi andare con te.

E tutto questo l’ho capito oggi. Ma non so, credimi, da quanto tempo io stia negando l’evidenza.”

Rukawa a pochi passi da Sakuragi, era mentalmente a migliaia di chilometri, troppo frastornato dalla recente rivelazione: Hanamichi lo amava…. E glielo confessava solo ora che lui stava partendo?!

Il rossino, leggendo la preoccupazione sugli occhi del compagno, gli disse: “ Non ti chiedo di rinunciare a partire. So che è troppo importante per te. Ed è un’occasione unica. Ti picchierei, se te la lasciassi sfuggire!!!- in un tono saccente e senza repliche. Poi, concluse più esitante- qui fa freddo, Kaede, ti va di entrare e di restare da me, stasera?”

Gli occhi di Rukawa brillarono di inconfondibile desiderio, per un attimo appena, poi, però rispose: “ Non posso. Davvero. Non voglio ricordarla come la notte in cui ‘ti ho trovato e abbandonato’.

Non deve essere una sola notte di amore e sesso…”

Hanamichi arrossì più dei capelli e balbettando lo assalì: “ Ehi, Kitsune! Hai frainteso!!! Il Tensai pensa solo che per te sia brutto passare l’ultima notte in Giappone da solo… forse preferivi trascorrerla con un amico….ecco tutto!!!”

Il puro pensiero di Sakuragi fece sbollire del tutto Rukawa, che, tuttavia, accettò l’ospitalità di buon grado.

I due si accomodarono in salotto, su un grande divano blue navy.

Dopo un veloce spuntino, una coltre di silenzio scese sulla casa.

I due ragazzi non sentivano la necessità di scambiarsi parole.

Avevano ritrovato la tranquillità assaporata al campetto, dopo lo scontro.

      Pace.

                               Silenzio.

                                                                   Quiete.

 

Non volevano sprecar parole.

Non ce n’era bisogno.

Quasi senza volerlo, si ritrovarono uno seduto vicinissimo all’altro, in un contatto primordiale, rassicurante e, per certi aspetti, commovente.

Più che di parole, probabilmente, entrambi necessitavano di una vicinanza fisica, per non sentire la solitudine di due persone così diverse e pure così simili.

Ru, in un sussurro timoroso, diede fondo alle sue convinzioni: “Non è giusto iniziare una relazione, se dovrò partire ed io, tu lo sai, se non tentassi, potrei rimpiangerlo per sempre…”

Hana annuì concorde, ma si abbassò lentamente a posare le sue labbra sulla tempia del moretto.

Un gesto semplice, dolce, carico di significati e di 1000 discorsi.

Così i due passarono la notte abbracciati, quasi a consolarsi a vicenda.

Ad un’ora imprecisata, Sakuragi si ridestò.

Senza svegliare il compagno, si diresse in cucina, dove scrisse una lettera a Ru:

“ Quando leggerai questa,

sarai già su quel volo che ti separa da me.

Anche se già soffro, sono contento per te.

Metà del mio cuore è già nella tua valigia.

Se mi chiedessero perché mi sono innamorato di te, ora so che risponderei che, in fondo,

   Io ero solo.

                       Tu eri solo.

                                            Insieme abbiamo annullato la nostra solitudine.

L’America, però, è il tuo sogno. La tua ossessione.

Il desiderio di tutti i basketmen del mondo.

L’America.

L’NBA.

L’El Dorado dei poveri.

Ma era il tuo scopo nella vita. Non il mio.

Non è vero che avrei rifiutato una notte di sesso con te.

Avrei voluto fare l’amore con te.

Stasera. Anche solo per una volta.

Avrei voluto che tu fossi mio.

                                                          Essere tuo.

                                                                                          Diventare tuo.

Ma non voglio che questo possa portarti a cancellare la partenza.

Non ti voglio obbligare a restare.

So che è un delitto rifiutare un’opportunità così.

Perciò rispetto il tuo sogno.

Sai che ti aspetterò. Intanto mi allenerò.

Non batterai mai il Tensai!

                                                         Ti amo, Baka Kitsune.

                                                                                                     Hanamichi

 

Chiuse con cura la lettera e la infilò nella tasca della divisa di Rukawa.

Poi tornò a sdraiarsi affianco al moretto che dormiva beatamente e iniziò ad accarezzargli i capelli setosi e morbidi.

Movimenti lenti, delicati.

Aveva quasi paura di svegliarlo o di ferirlo. Di rompere quell’incanto.

Però voleva imprimersi nella mente ogni più piccolo particolare del compagno; per colmare, almeno in parte, il dolore della lontananza.

Alla fine, la stanchezza colse Hanamichi, che si addormentò.

Il primo raggio del nuovo giorno svegliò Rukawa.

Questi, con gesti accorti e misurati, si levò dal sofà-uno splendido mare blue navy- senza disturbare il rossino, placidamente ronfante.

Ru sorrise. Poi un pensiero. Era tardi: doveva partire.

Si sporse verso il viso di Hana e gli sfiorò le labbra in un candido bacio.

Prima di uscire, scrisse e lasciò un bigliettino blue navy sul comodino

“ Lo sai, non sono bravo a parole,

ma il mio non è un addio….

                                                     …..giuro che tornerò.

                                                                 

                                                                                         Ai shiteru, Kaede”

 

Prese la giacca e uscì da casa in silenzio.

Si volse un’ultima volta verso l’abitazione appena lasciata, verso un tesoro affondato in un oceano blue navy.

Adesso, aveva una ragione in più per tornare…

 

 

 “Se ami qualcuno, lascialo andare.

  Se torna, è davvero tuo.

Se non torna, non è mai stato tuo.”*

 

                                                                    Owari

 

Disclaimer: Solita roba…. Io vorrei Kawachan per me, ma tutti i personaggi di Slam Dunk appartengono al Tensai Inoue & Co.

* La frase che ho riportato, mi è stata detta tanti anni fa, non so a chi appartenga. Ma ci ho messo una vita ad accettarne il suo significato…

So che questa ff è molto simile ad altre, che però ho letto dopo aver creato la mia bozza.

In ogni caso mi scuso se ho, involontariamente, offeso l’ego creativo di qualche autrice.

Un grazie enorme alla mia guida N, ad Anna, a Voce del Silenzio, a Lara & Micky spa…




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