Christian
aveva detto che si sarebbero rivisti il giorno dopo.
Ma
a scuola non si presentò.
Miki
continuava a guardare il suo posto vuoto e sentiva che l’inquietudine lo stava
assalendo.
Lo
aspettò inutilmente tutta la mattina. Più le ore passavano e più i ricordi
felici dei giorni trascorsi insieme si affievolivano.
C’erano
solo due possibilità per spiegare la sua assenza.
O
non lo voleva più vedere.
Oppure
gli era successo qualcosa.
Miki
non sapeva proprio quale augurarsi. Anzi lo sapeva, l’importante era che
stesse bene. Al resto avrebbe pensato dopo. Gli aveva già fatto cambiare idea
una volta, poteva ancora riconquistarlo. Certo, sempre che tornasse, però.
Le
ore di lezione gli sembrarono interminabili, non seguì una parola, né dei
professori, né dei compagni. Non capiva più nulla. Almeno si fosse potuto
accendere una sigaretta. Ma in classe non poteva assolutamente farlo.
-
Sei un po’ pallido, sicuro di star bene? – Miki non rispose subito, sembrò
far fatica a mettere a fuoco il viso della ragazza che gli si era rivolta.
-
Mh, sto bene, sì -
-
Non si direbbe, hai una faccia…forse dovresti mangiare qualcosa -
-
No, no, non ho fame. E’ solo colpa di queste pallosissime lezioni. Sono
proprio stanco di non-studiare – si sforzò di farle un sorrisetto ironico, ma
ne venne fuori più una smorfia.
-
Scusa, non volevo farmi gli affari tuoi. Soltanto non ho potuto non notare la
tua brutta cera. E poi… non c’è neanche Christian -
-
E questo cosa cazzo c’entra! – le parole gli uscirono dalla bocca quasi
strozzate. Il suo volto doveva essersi sbiancato ancora di più a sentire quel
nome.
-
Non ti arrabbiare. Ho pensato che aveste litigato. Ultimamente mi era sembrato
che foste diventati amici. Ma forse lui non si è comportato bene con te -
-
Non capisco di cosa tu stia parlando... – stavolta le rispose con un filo di
voce.
-
Ho visto che lui ti piace. Si vede da come lo guardi, sempre da lontano e stando
attento che nessuno se ne accorga -
-
No ti sbagli. Lui non mi piace e non siamo neanche amici. Può darsi che lo
abbia guardato qualche volta. Ma solo perché è carino. Punto e basta, la cosa
non lo coinvolge per niente. Chiaro? -
-
Chiaro. Ma non ti credo. Comunque non hai nulla di cui preoccuparti. Non lo vado
certo a dire in giro. Puoi fidarti di me. Vorrei esserti amica -
-
E perché? Non sono certo un tipo molto popolare, qui nella scuola -
-
Sì che lo sei. Solo che non te ne sei mai accorto. Ci sono un sacco di ragazze
che hanno una cotta per te. E ci sono anche molte ragazze che come me non
mandano giù il modo in cui gli altri ragazzi ti trattano. Quindi, ti ripeto di
me ti puoi fidare -
Miki
non sapeva che dire. Si era tenuto così alla larga dalle persone che non aveva
mai pensato di poter restare simpatico a qualcuno. O addirittura di piacere a
qualcuno.
-
Ti chiami Marianne, vero? -
-
Sì. Molto onorata che tu conosca il mio nome -
-
Beh, grazie per le tue attenzioni, ma ti posso assicurare che sto benissimo e
non ho alcun problema sentimentale. Probabilmente ne ho uno allo stomaco – gli
fece l’occhiolino, un po’ di colore intanto gli stava tornando sulle guance.
-
Mh, sarà così…però se scopro che Christian ti ha fatto qualcosa, gli vado a
fare un discorsetto io -
-
Che cosa? Non pensar… -
-
Tranquillo. Lo lascio in pace. Scherzavo. Però vi controllo, ok? Comunque mi
sembra impossibile che lui ti abbia trattato male. E’ un bravo ragazzo. Anche
lui mi piace molto -
-
Sei una tipa un po’ strana, lo sai? -
-
Sì, me lo dicono in molti. Ma anche tu non scherzi, vero? – gli dette un
buffetto sulla testa e lo lasciò così, a bocca aperta per lo stupore.
Al
termine delle lezioni Miki non riusciva ancora a credere che Christian non fosse
venuto. Come suonò la campanella prese il suo zaino e guadagnò velocemente
l’uscita della scuola. Doveva assolutamente scoprire che cosa gli fosse
successo e se davvero non lo voleva più vedere. Sapeva dove abitava. Non era
mai entrato in casa sua, però c’era passato davanti diverse volte.
Era
rimasto colpito dalla trascuratezza dell’edificio che sembrava vecchio e
abbandonato a sé, i muri piuttosto rovinati, le scale esterne arrugginite e
pericolanti, il giardino pieno di erbacce e arbusti che invadevano la veranda
germogliando nei solchi fra le logore mattonelle. Le finestre erano chiuse. Non
si sentiva alcun rumore provenire dall’interno della casa. Suonò più volte
il campanello, ma non ci fu nessuna risposta. Rimase lì impalato, di fronte
alla porta sprangata, incapace anche solo di fare un passo. Avrebbe aspettato
che qualcuno rientrasse, non aveva nessuna intenzione di andarsene senza
scoprire la verità. Non temeva più le conseguenze, gli insulti o le delusioni
che lo aspettavano. L’unica cosa veramente importante per lui era di rivedere
Christian, anche solo per un secondo, anche se per l’ultima volta.
-
Che fai, ragazzo? Non c’è più nessuno in quella casa -
Miki
si voltò e vide un’anziana nello stradello di fianco a lui.
-
Li hanno portati tutti via. E’ stata la polizia. C’erano anche degli
assistenti sociali. Hanno fatto una gran confusione. Il padre era ubriaco,
urlava come un pazzo, pare che il figlio maggiore l’avesse rinchiuso in una
stanza. Ancora poco e la buttava giù la porta, per fortuna che i poliziotti
erano già arrivati -
-
Che cosa? Non capisco di chi sta parlando? – Miki non poteva credere a una
cosa simile.
-
Ma della famiglia, beh sempre che si possa definire così, che abita in questa
casa. Non sei qui per qualcuno di loro? -
-
Il figlio maggiore si chiama forse Christian? – la voce gli tremava, sperava
ancora nella possibilità di un errore.
-
Sì, mi sembra che sia quello il nome. E’ un ragazzo tanto carino ed educato,
sfortuna che si ritrovi con un padre del genere -
Allora
le cose stavano così. Era questo il grande segreto di Christian. Non era però
il momento di mettersi a pensare a tutto ciò. Lo avrebbe fatto più tardi, al
momento c’era solo una cosa importante da chiedere - Sa dove li hanno portati?
sono un amico, non lo dirò a nessuno, può stare tranquilla -
-
No, mi spiace, non ho la minima idea di dove siano finiti. Probabilmente in
qualche istituto -
No,
non potevano andare così le cose, doveva esserci un modo per rintracciarlo.
-
Aspetti, ci deve essere un modo per… - ma l’anziana aveva già varcato
l’uscio della sua casa sparendoci dietro.
Miki
si guardò intorno, non c’era anima viva, nessuno a cui chiedere aiuto. Provò
a bussare ad altre porte, ma o non ebbe risposta o fu trattato molto male. La
famiglia di Christian non era molto amata dai vicini e nessuno si era
interessato a quanto era successo il giorno prima. Anzi sembravano tutti ben
felici che se ne fossero andati via.
Fu
costretto a tornarsene a casa.
Provava
un senso di impotenza talmente grande che non riusciva neanche a piangere. Non
voleva arrendersi, ma ormai cos’altro poteva fare?
Almeno
sapeva che Christian stava bene ed era al sicuro.
Però
era stato costretto a lasciare la sua casa e anche la scuola, sicuramente stava
soffrendo per tutto questo, non era giusto, lui non aveva fatto nulla di male.
E
poi, finire in un istituto, al solo pensiero Miki provava un’angoscia
lacerante, non poteva evitare di chiedersi se lo avrebbero trattato bene, se il
posto fosse pulito e accogliente, oppure freddo e inospitale. E poi…si
domandava se lì si sarebbe ricordato di lui, dei momenti passati insieme a
parlare, a giocare, a studiare, a far l’amore. Forse tutto ciò gli sarebbe
apparso molto lontano, forse già stava pensando ad altro, ai suoi veri
problemi, alla sua nuova vita.
Senza
di lui.
Sentiva
di essere un grande egoista, ma era proprio questo pensiero quello che lo faceva
soffrire di più. Non riusciva ad accettare che lo potesse dimenticare.
Ormai
era troppo innamorato di Christian.
Ma
forse non era giusto causargli altri problemi ricordandogli la loro storia.
Tuttavia
non voleva perderlo, non in simili circostanze, e poi avrebbe voluto essergli
vicino almeno come amico, in fondo soltanto con lui aveva cominciato ad aprirsi,
non gli aveva rivelato il suo segreto, ma non glielo aveva neanche nascosto.
Certo,
poteva fare tutte le considerazioni possibili, ma restava il fatto che non era
in grado di raggiungerlo e quindi non poteva offrirgli né il suo amore, né la
sua amicizia o qualunque cosa avesse voluto.
Christian
però aveva il suo numero di telefono.
Avrebbe
potuto chiamarlo in qualsiasi momento. Non restava che aspettare. E questa
sarebbe stata la parte più dura. Aspettare. Senza sapere se la telefonata
sarebbe mai arrivata.
Miki
si sdraiò sul letto, mise il suo cordeless sul comodino, chiuse gli occhi e
comiciò ad aspettare.
-
Ti prego chiama, ti prego, ti prego…Christian -
Trascorse
una settimana d’inferno. La mattina non ce la faceva ad alzarsi dal letto, era
troppo stanco, la notte praticamente non chiudeva occhio. Si sforzava di andare
a scuola solo perché lì gli sembrava più probabile di vederselo riapparire di
fronte. Aspettava con impazienza il momento dell’appello, senza mai perder
d’occhio la porta, i professori leggevano la lista dei nomi e Miki tratteneva
il fiato, fino al punto che sapeva, poi quando il nome fatidico veniva letto
aspettava tutti i lunghissimi cinque secondi di silenzio che seguivano. Dopo,
sapeva che la sua nuova giornata senza Christian aveva inizio.
In
una sola settimana i suoi voti peggiorarono ancora. Delle lezioni e dei compiti
non gliene importava nulla, rispose male ad un professore che lo aveva ripreso
per la sua mancanza di attenzione e per questo finì in direzione. Non era la
prima volta che gli capitava di venir spedito dal preside, ma le altre volte
c’era finito a causa dei suoi voti insufficienti, oppure per qualche brutto
scherzo organizzato dai compagni non proprio “gay-friendly”. Questa era la
prima volta che ci finiva per indisciplina.
Il
preside non fu troppo duro con lui. In fondo sapeva che per Miki la scuola non
era facile. Dopo avergli fatto la ramanzina per il suo pessimo comportamento, lo
esortò a impegnarsi per terminare gli studi.
–
In definitiva si tratta di tener duro solo per un altro anno -
e si raccomandò anche che avesse più cura di sé – Hai un’aria
molto sciupata, sei troppo magro e pallido. Non vuoi andare in infermeria?
dovresti alimentarti meglio, non avrai di nuovo qualche problema con il cibo? Se
fosse così lo sai che mi vedrei costretto a chiamare lo psicologo e anche i
tuoi genitori –
-
No, signore. Le posso assicurare che non ci sono affatto ricaduto. Può stare
tranquillo. Mi impegnerò di più nello studio, ma non chiami i miei, la prego.
Sono fuori città per lavoro e si arrabbierebbero moltissimo -
-
D’accordo, aspetterò una settimana, ma se le tue condizioni non migliorano
dovrò prendere dei provvedimenti. Ora puoi andare -
Mentre
faceva ritorno a casa, ripensò a quanto il preside gli aveva detto. Forse non
era vero che aveva risolto i suoi problemi col cibo. In quella settimana, da
quando Christian era scomparso, non aveva mangiato quasi nulla.
Che
ci stesse per ricadere? Anche l’ultima volta lo aveva fatto per amore.
Ma
al confronto non aveva sofferto così tanto.
Era
molto debole, quindi la sua “malattia” poteva prendere di nuovo il
sopravvento.
E
probabilmente era già successo, mentre la guardia era abbassata.
Bene,
lo attendevano un inferno dietro l’altro. Ma ormai che importava?
Non
gli restava che aspettare, da solo.
Allora
meglio farlo con la compagna di sempre. La fame.
Soltanto
lei in definitiva non lo aveva mai abbandonato.
Domenica.
E dopo, un’altra schifosa, fottutissima, nuova settimana.
Era
a letto. Praticamente non si alzava da almeno 24 ore. E ancora non aveva
nessunissima intenzione di farlo. Al solito il vicino del piano di sopra aveva
messo su un disco di musica classica. Le quattro stagioni di Vivaldi. Era già
alla Caccia. Bellissima. Seguiva la musica, cercando finalmente di non pensare
ad altro, lasciandosi riempire solo da quelle note, da quelle sensazioni, da
quei colori autunnali. Con gli occhi chiusi si sentiva trascinato via dal suono
degli archi, finalmente un po’ di vita e di calore riuscivano a penetrare
nella sua anima, come un piccolo sole in mezzo a molte nubi grigie.
Quando
il pezzo finì, la malinconia dell’Inverno lo trasportò verso altre
sensazioni, più dolorose, più reali. Pian piano tornò al presente, ai soliti
pensieri, al solito squallore.
Ma
c’era un rumore. Non se ne era accorto finché aveva seguito l’allegro della
melodia, poi l’aveva recepito come un fastidio e l’aveva ignorato. Ma il
rumore era insistente. Veniva dalla porta. Qualcuno suonava il suo campanello.
Domenica mattina. Potevano essere solo scocciatori. In genere faceva finta di
non essere in casa. Ma stavolta il suono era troppo insistente. Chiunque fosse
non aveva intenzione di arrendersi tanto facilmente. Probabilmente aveva visto
le finestre aperte che la sera prima aveva dimenticato di chiudere.
Si
decise ad alzarsi.
Andò
nell’ingresso e fece scattare la serratura della porta. La aprì senza alcuna
esitazione.
-
Si può sapere che cazzo… - le parole gli morirono in bocca. Davanti a lui
c’erano due stupendi occhi neri che lo fissavano con grandissimo stupore –
Perché ci hai messo tanto ad aprire? -
-
Christian? – sentì che le gambe non lo reggevano più, fece a tempo ad
aggrapparsi alla porta per non cadere.
-
Cos’hai Miki? Non ti senti bene? – d’istinto lo afferrò per la vita e
facendolo appoggiare a sé lo fece rientrare in casa.
Il
cuore di Miki batteva talmente forte da fargli male. Non riusciva a credere che
gli fosse accanto, che lo abbracciasse. Anche se lo stringeva, quel contatto non
gli pareva una cosa reale, forse era solo frutto della sua fantasia. Neanche nei
suoi sogni era arrivato a tanto, ad immaginarselo di nuovo lì a casa con lui. E
invece era venuto, spontaneamente, senza bisogno di suppliche o di preghiere.
Non lo aveva dimenticato. E questo aveva davvero dell’incredibile.
Avrebbe
voluto manifestargli tutta la gioia che sentiva nel cuore, mostrargli la sua
felicità nel rivederlo, ma non ce la faceva a parlare. Tremava come una foglia,
si sentiva terribilmente debole e stanco, l’unica cosa che riusciva a fare era
di aggrapparsi a Christian più forte che poteva e trarre da lui quel calore che
ormai mancava al suo corpo.
-
Miki, che ti succede? Vuoi rispondermi? Sei così freddo e pallido -
-
No, non ti preoccupare ora starò bene, basta che mi stringi un altro po’, mi
sei mancato tanto. Sono stato molto in pensiero per te -
-
Lo vedo. Guarda come ti sei ridotto – gli sollevò il viso per costringerlo a
guardarlo negli occhi.
-
Sei dimagrito – lo disse con durezza, come a fargli un tacito rimprovero.
Lo
sollevò con estrema facilità (era davvero leggero) e lo adagiò sul divano.
Continuò a fissarlo aspettando da lui qualche spiegazione. Che strano,
inspiegabilmente le parti si erano rovesciate: si sarebbe aspettato una pioggia
di domande e di rimproveri da parte di Miki che invece continuava a non dirgli
niente, il volto fisso a terra, gli occhi rossi, le labbra sigillate.
-
Non ti sarai ridotto così per me, vero Miki? Avresti fatto malissimo. Non posso
stare a preoccuparmi anche di te – forse le parole erano un po’ dure, ma in
quel momento gli sembrò necessario provocargli una qualche reazione.
-
Perdonami, non volevo, ti giuro. Avevo una gran voglia di rivederti. Non riesco
ancora a credere che sia venuto tu da me. Grazie. Non lo dimenticherò mai –
affondò il viso nella spalla destra di Christian e lasciò che due calde
lacrime scendessero dai suoi occhi arrossati.
-
Non devi piangere, ok? Guarda che quello nei casini sono io! Non mi sei molto
d’aiuto così -
-
Sì, lo so. Sono uno schifoso egoista. Mi odio da morire. Però tu non farlo.
Almeno non adesso -
-
Ehi, guarda che non sono mica arrabbiato con te. E’ solo che anche tu mi hai
fatto prendere un bello spavento, stupido – lo strinse a sé più forte ancora
e con una mano gli carezzò la schiena, molto dolcemente, come a volte aveva
fatto con i fratelli quando erano spaventati. Quando lo sentì più calmo, si
staccò un poco e tornò a prendere il suo viso fra le mani.
-
Come vanno i tuoi voti? Scommetto che a scuola hai fatto qualche cazzata -
-
Guarda che i miei voti non sono affari tuoi! E poi lo sai che non me ne frega
nulla della scuola – era arrossito, un po’ contrariato dalla stupida
domanda, ma al tempo stesso felice che fossero tornati al tono e ai bisticci di
sempre. Allungò una mano verso Christian e
gli scompigliò i capelli tanto per farlo un po’ incazzare.
-
Stronzo. Così impari a prendermi in giro -
-
Ho detto solo la verità, che sei un asino, carino, ma scemo -
-
Vaffanculo, sapientone – lo prese per il collo della maglietta e lo trascinò
giù, sopra di sé, per riassaporare di nuovo il contatto tanto caldo dei loro
corpi, per unire di nuovo le loro bocche in uno di quei baci che gli erano
terribilmente mancati.
-
Adesso zitto. Facciamo altro -
Dischiuse
le labbra per poi riunirle e sigillarle a quelle di Christian. Si lasciò subito
invadere con gioia dalla sua lingua e le lasciò piena libertà di esplorare, di
assaggiare e di gustare la sua bocca come e quanto voleva.
Si
baciarono per un tempo lunghissimo, quasi a recuperare tutte le occasioni
perdute in quei giorni di separazione e quando si staccarono un poco per
riprendere fiato Miki aveva ancora il cuore a mille, ma stavolta non per
l’emozione o per la debolezza, ma per la felicità che le cose tra di loro
fossero di nuovo come prima.
Rimasero
abbracciati a fissarsi per un lunghissimo tempo.
-
Tu stai bene, vero? Se non vuoi parlarmene non importa. Sei libero di fare o
dire tutto quello che ti senti, oppure se preferisci sei libero di non dirmi
niente -
-
Se per te va bene lo stesso, per il momento preferirei non parlarne. E’ stata
una settimana di merda. L’istituto già lo odio e la scuola mi manca da morire
-
-
Mi dispiace, mi dispiace molto – gli prese la mano destra con la sua sinistra,
ci intrecciò le dita e gliela strinse forte.
-
Se tu volessi a casa mia c’è tanto posto e a me piacerebbe da morire averti
con me -
-
No, non posso lasciare da soli i miei fratelli, loro sono la mia vera famiglia e
poi non credo che i tuoi sarebbero contenti di trovarmi qui al loro rientro -
-
Probabilmente manco se ne accorgerebbero, tanto non ci sono quasi mai a casa -
-
Non è un motivo sufficiente. E poi gli assistenti sociali mi tengono
d’occhio. Devo rigare dritto altrimenti mi separano dai miei fratelli e fanno
cadere le accuse contro mio padre. Per questo non potrò vederti fuori della
scuola. Non ho detto nulla di noi due allo psicologo, sennò quello col cavolo
che mi avrebbe aiutato -
-
Ok, non ti preoccupare. Farò attenzione anch’io. Non voglio metterti nei
guai. Mi basta sapere che ci vedremo ancora e… che per te conto qualcosa -
-
Mh, se non mi fosse importato niente di te non sarei certo venuto qui, anche tu
mi sei mancato molto – gli baciò delicatamente la fronte, stringendo un po’
di più la mano intrecciata alla sua.
-
Posso chiederti un regalo visto che forse dovremo stare un altro po’ separati?
-
-
Va bene, se posso accontentarti e se non sei troppo esigente – chissà cosa
voleva, conoscendo Miki probabilmente qualche pegno d’amore o dei compiti da
copiare.
-
Ti va di scoparmi? – era tornato ai suoi soliti modi smaliziati e provocanti.
-
Lo sapevo, non sei molto originale. Ma ce la fai, mi sembri un tantino sciupato,
ti preferisco più in carne -
Si
beccò un pugno nello stomaco come risposta.
-
Stronzo. Non mi sembra di essere così debole -
-
Sarà. Però prima vorrei mangiare qualcosa se non ti dispiace. E’ da ieri
sera che non tocco cibo, per venire qui ho saltato la colazione – non era
vero, ma era convinto che fosse Miki a non aver mangiato e da un sacco di tempo.
-
Scusami sono un maleducato. Ti cerco subito del cibo commestibile -
-
Aspetta ti aiuto io -
Si
tirarono su dal divano e andarono in cucina. Ma non trovarono nulla che andasse
bene. Era da giorni che Miki non faceva la spesa. Christian fece finta di non
essersene accorto.
-
Mi dispiace. Devo aver finito tutto ieri sera. Vado a comprare qualcosa. Faccio
in un attimo -
-
La spesa la facciamo dopo. Mi sono portato dietro due panini, per emergenza. Non
sono un granché, ma per ora possiamo accontentarci. Scegli quello che
preferisci -
-
No, non pensare a me, sei tu quello a digiuno e io sono l’ospite, non posso
davvero -
-
Guarda che se non lo mangi, niente sesso, capito? E non ci saranno altre
occasioni per un bel pezzo -
Miki
lo guardò negli occhi per un lunghissimo istante, non disse una parola, aveva
capito che l’altro era preoccupato per la sua salute e questo lo commosse nel
profondo del suo cuore, perché era Christian quello che avrebbe avuto diritto
ad un aiuto, non lui, non lo schifoso egoista che era.
Anche
se non aveva alcuna fame prese in mano il panino che gli aveva offerto e
facendosi violenza si costrinse a mangiarlo tutto fino all’ultima briciola,
ignorando la nausea e il rigetto che sentiva salirgli su dalle viscere.
Lo
fece per lui.
Come
prova del suo amore.
Perché
anche lui voleva essere una persona migliore.
Poi,
quando ebbero finito di mangiare e Christian fu sicuro che stesse bene fecero
l’amore come aveva promesso a Miki.
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