Disclaimers: la storia ed i personaggi sono una mia non molto originale invenzione avverto inoltre che questa è più o meno la mia prima fic e quel che è peggio potrebbe anche non essere l’ultima^^ i commenti saranno graditi, gli insulti un po’ meno, fate voi

Bunny^.^cat

 

Thank You

parte II

di Bunny Cat


My tea’s gone cold, I’m wondering why I got out of bed at all
the morning rain clouds up my window and I can’t see at all
and even if I could it’d all be grey, but your picture on my wall
it reminds me that it’s not so bad, it’s not so bad
 

lovers
 
A scuola non era cambiato nulla, si comportavano come se tra di loro i rapporti non fossero affatto mutati. Miki sapeva bene che Christian non voleva problemi. Quando lo vedeva con altri compagni gli girava alla larga, aveva troppa paura di fare qualche sciocchezza e finire col tradire i suoi veri sentimenti. Tutti i giorni non aspettava altro che il momento in cui sarebbero rimasti soli in biblioteca. Non aveva mai studiato tanto volentieri, persino la matematica gli sembrava una materia bellissima, però i suoi voti non erano affatto migliorati, anzi se possibile erano persino peggiorati.
- Mi spieghi come hai fatto a prendere 4 all’ultimo compito? Guarda che era facilissimo, praticamente bastava solo applicare il 1° principio della….. -
- Non fare il sapientone, lo sai che i postulati non riesco a ricordarmeli. E poi non era così facile, non l’ho presa mica solo io l’insufficienza -
- No infatti non sei l’unica testa dura della classe, ma non è una giustificazione. Il punto è che non ti concentri affatto, non hai un briciolo di forza di volontà -
- Te l’ho già detto, la matematica non mi interessa -
- Ma allora che ci vieni a fare in biblioteca? -
- Questo non me lo dovevi proprio chiedere, lo sai che ci vengo solo per pomiciare – e per chiarire il concetto gli mise un braccio intorno alle spalle e affondò il viso nel suo collo.
- Finiscila, che facciamo se entra qualcuno? ……..cazzo! leva le mani di lì – Christian era diventato rosso come un peperone, Miki gli aveva infilato la mano tra le gambe e glielo stringeva attraverso la stoffa dei pantaloni per farlo eccitare. Ma Christian fu più veloce e prima che succedesse l’irreparabile gli afferrò il polso e glielo girò dietro la schiena.
- T’ho detto di finirla, razza di pervertito – aveva ancora il fiato corto e la faccia tutta arrossata
- Accidenti che riflessi che hai, volevo solo un po’ giocare, non t’arrabbiare così – Miki aveva assunto la sua aria finto innocentina che sfoderava sempre dopo che ci aveva provato.
- Almeno un bacio me lo dai? Guarda che la mia pazienza ha un limite, è una settimana che voglio fare l’amore con te e non fai che mandarmi in bianco, il giorno o studi o lavori, la sera non sei mai libero, non venirmi a chiedere di mantenere il controllo anche qui – scherzava, ma c’era del vero nelle sue parole, lo sapeva anche Christian
Lo guardò accendersi una sigaretta con le mani che gli tremavano un po' per l’imbarazzo, quando fece per accostarla alle labbra gliela tolse di mano – Non fumare, ok? – Miki sorrise, sapeva che Christian lo avrebbe baciato, lo faceva sempre per convincerlo a non fumare, era un modo per fargli superare l’astinenza. Gli prese il viso fra le mani, guardò quegli occhi celesti così diversi dai suoi, guardò il suo viso dai tratti delicati e ancora un po’ infantili, la carnagione chiarissima con qualche piccola lentiggine sugli zigomi – Sei carino – glielo disse perché sapeva che gli piacevano i complimenti.
Gli andò incontro con le labbra, le dischiuse e si fece baciare, si divertiva a fingersi passivo per provocarlo maggiormente, ma una volta che la lingua di Christian era nella sua bocca ce la imprigionava e non la lasciava più andare finchè entrambi non restavano senza fiato.
- Ci vediamo stasera? -
- Lo sai che non posso -
Miki crollò la testa in segno di rassegnazione.
Christian gli sollevò il mento con una mano e con l’altra gli scostò i capelli dalla fronte
- Sabato e domenica sono libero, se puoi aspettare -
Miki gli fece una smorfia – Perché non l’hai detto subito? Sei un sadico bastardo, ma vedrai che te la faccio pagare – prese un quaderno in mano – E ora vedi di lasciarmi studiare – e dopo avergli fatto l’occhiolino si concentrò per la prima volta sui libri.
 
 
 
Sabato sera.
Il padre se ne sarebbe stato fuori tutto il fine settimana. Andava ad ubriacarsi in qualche pub e non sarebbe rientrato fino al lunedì. Due giorni di pace per tutti.
Miki gli aveva detto di mettersi in tiro. Voleva andare in un locale che conosceva lui. Chissà che posto era. Christian non si sentiva affatto tranquillo. Era la prima volta che uscivano insieme.
– Speriamo bene –
Si mise i suoi pantaloni migliori, di pelle nera, molto aderenti, se li era comprati con il suo primo stipendio da topo di biblioteca come diceva lui. Sopra indossò una camicia bianca di jeans, non era niente male. Si rasò perfettamente e si spruzzò anche un po’ di acqua di colonia
– Sono proprio ridicolo, si vede che è il mio primo appuntamento –
Si dette dello stupido, per uscire con un altro ragazzo non c’era bisogno di prepararsi tanto, ma quando Miki gli aprì la porta cambiò subito idea. Si era messo in giacca e cravatta, i capelli finalmente in ordine, la sigaretta già in mano.
– Andiamo a teatro? – Christian assunse un tono canzonatorio, tanto per non mostrare l’imbarazzo di trovarselo davanti così elegante. – No, che dici, te l’ho detto andiamo in un locale. A ballare. –
- Che cooosa? – Christian odiava ballare, si era sempre rifiutato con le ragazze, figuriamoci con un ragazzo. – Non se ne parla neanche -
- Accidenti come sei carino, fatti un po’ guardare – Miki cercava volutamente di cambiare discorso. Lo squadrò da capo a piedi e per mostrare il suo apprezzamento si passò la lingua sulle labbra.
– Forse potremmo anche restare a casa, …però era deciso che saremmo usciti, quindi...- lo baciò sulla bocca prima che potesse parlare e lo spinse fuori casa
– Su andiamo che ci vuole un po’ per arrivare -
- Lo sapevo che finiva così – Ormai era rassegnato. Anche al peggio.
 
 
Christian non era mai stato in un locale del genere. Era un club privato. L’uomo sulla porta sembrò riconoscere Miki e lo fece entrare senza neanche chiedergli i documenti.
Christian si domandò come Miki potesse far parte di un giro di quel tipo. In fondo non sapeva molto di lui. Sperò solo di non ritrovarsi in un posto pericoloso o di finire in qualche orgia. Guardò Miki, poteva fidarsi?
All’interno il locale gli fece una buona impressione, era una discoteca, ma non c’era tantissima gente e la musica non era poi così assordante, c’erano dei divanetti dove le persone conversavano o bevevano, tutto all’apparenza molto tranquillo, niente gioco d’azzardo o scene di sesso, solo che, ecco, le coppie, sì quelle erano strane, erano quasi tutte costituite da due ragazzi come lui e Miki, c’erano anche delle coppie di ragazze e solo due o tre avevano un’aria “regolare”.
Certo, era un locale gay. Ecco come mai Miki era così sicuro che lì loro due non avrebbero avuto problemi. Si sentì in imbarazzo. In fondo trovarsi in un posto così equivaleva a dichiararsi un finocchio. E a questo proprio non aveva voglia di pensare. – Su, non fare quella faccia. Avresti preferito andare in qualche tranquillo locale del centro? E poi che cosa ti saresti inventato? Che mi insegni matematica anche di sabato sera? Vedrai qui non ci scoccerà nessuno –
Aveva ragione. Ma Christian si sentiva ugualmente a disagio.
Miki se ne accorse e per reazione si accese subito una sigaretta. Ma questa volta Christian non lo baciò. Era troppo intento a guardarsi intorno con l’aria dell’animale chiuso in gabbia.
- Balliamo -
- Cosa hai detto? -
- Ho detto balliamo -
- Non ci penso neanche -
- E invece ballerai, così la smetterai di preoccuparti -   
- Non sono affatto preoccupato solo che non so ballare anzi sono negato, non voglio far ridere la gente -
- Qui nessuno farà caso a te – gli prese la mano e lo condusse sulla pista – Ecco segui la musica, devi solo lasciare andare il tuo corpo, non pensare a nulla e soprattutto non vergognarti di nulla -
- Non ci riesco è più forte di me – fece per allontanarsi ma Miki lo trattenne, gli mostrò come doveva muoversi – non è difficile ti prego fallo per me, a me piace tanto ballare ma mi piace farlo in compagnia – aveva uno sguardo implorante. Ma allo stesso tempo gli teneva molto saldamente la mano per non farlo scappare.
Christian si arrese – Ok, ci provo, però solo per poco, poi mi lasci andare –
Il volume nella sala aumentò progressivamente, le luci psichedeliche finirono con l’abbagliarlo, perse la nozione del tempo. Ballarono tutta la sera. A Christian sembrò di aver bevuto e di essere completamente ubriaco. Quando misero il lento finale praticamente si gettò fra le braccia di Miki tanto era sfinito e stordito.
– Questa è la mia canzone preferita – Miki lo stringeva forte, tutte e due le braccia a cingergli la vita – Che cos’è? –
- Come, non conosci Phil Collins? Si intitola another day in paradise -
- Mh, è bella, ma è un po’ triste -
- Proprio per questo mi piace – ballarono fino alla fine della canzone restando sempre abbracciati, Miki con la testa poggiata sulla spalla di Christian.   
 
- E’ ora di andare, fra poco chiudono -
Christian aveva un’aria talmente stanca e assonnata che Miki si pentì di averlo fatto ballare tanto.
- Beh sempre che tu riesca a camminare -
- Certo che ce la faccio. E’ soltanto colpa di quelle luci che mi hanno fatto girare la testa -
- Sì certo, come no – lo stava prendendo in giro – La realtà caro è che sei un intelligentone con poca resistenza fisica, ti basta un nulla e sei sfinito -
- Senti un po’ tu, com’è che qui sembra che tutti ti conoscano? Ho visto sai come ti ha guardato il buttafuori e poi anche il barista e uno dei camerieri. Non sono io un rammollito, sei tu che mi sembri un po’ troppo abituato a questa vita - 
- Diciamo che per un certo periodo ho frequentato parecchio questo posto -
- E come mai? -
- Vieni a casa mia? Puoi restare fuori la notte? – aveva cambiato discorso. Anche se era un po’ meno lucido del solito Christian se ne accorse lo stesso. Ma lasciò perdere. Aveva da riflettere sull’ultima domanda.
- Allora vieni o no? Mh, forse sei troppo stanco? -
No, non era quello il problema. Christian pensò a casa sua, ai fratelli. Poteva stare tranquillo, anche se non rientrava erano al sicuro. E lui? Che cosa voleva fare? Guardò Miki, aspettava la sua risposta. Sapeva che cosa sarebbe successo se fosse andato a casa con lui. Miki voleva fare l’amore. Glielo aveva detto tanto chiaramente. Pensò a come era stata l’altra volta, a quello che aveva provato. Stava a lui decidere. Poteva ancora ripensarci e lasciarlo andare.
Miki non diceva niente, probabilmente capiva molto bene la situazione. Forse troppo bene.
- Allora io vado. Ci vediamo. Magari domani, se sei libero – stava a testa bassa non ce la faceva a guardarlo, non ce la faceva ad incassare l’ennesimo rifiuto senza nascondere le lacrime che già gli salivano agli occhi. Si girò e si allontanò lentamente tenendo a freno la voglia che aveva di correre via.
- Aspetta – Christian lo aveva afferrato per le spalle. Ormai era fatta. Non sarebbe tornato indietro, alla sua vita di sempre. E forse era meglio così, non era stata un granché finora.
 
 
 
Arrivarono a casa. Christian si sentiva il cuore in gola. Si chiese se anche Miki provasse la stessa agitazione. Ma gli sembrò tranquillo come al solito. Già, per lui era più facile. Era gay. Non lo aveva mai negato. Anche a scuola lo sapevano tutti.
Miki gli fece strada fino alla sua camera. Senza dire una parola cominciò a spogliarsi. Christian si sedette sul bordo del letto, non sapeva bene cosa fare, si vergognava anche solo a guardarlo mentre si toglieva uno ad uno tutti gli indumenti. Alla fine rimase completamente nudo davanti a lui, gli si mise davanti, gli abbracciò la testa e la strinse contro il suo addome. Christian si sentì più calmo. Si aprì la camicia e abbassò la lampo dei pantaloni. Miki fece scorrere i palmi delle mani lungo tutto il suo petto, soffermandosi sui capezzoli e poi più giù sul ventre piatto. Poi si mise seduto sulle sue gambe e gli carezzò la schiena scendendo fino ai glutei. Christian si lasciò sfuggire un gemito al semplice tocco della mano sulla sua fessura. Mille brividi di paura e di piacere lo assalirono all’istante. Anche le sue mani cominciarono a muoversi su e giù lungo il corpo di Miki, soprattutto gli piaceva toccare il suo fondoschiena, la pelle era così liscia e invitante, temeva di lasciargli i segni da quanto imprimeva forte i polpastrelli in quella carne tanto morbida. Miki gemeva ad ogni carezza, ad ogni tocco delle sue mani e lo ripagava con baci infuocati e altrettante carezze nei punti più sensibili. Senza smettere di baciarlo si toccò la propria erezione, ma Christian gli tolse la mano di lì.
– Faccio io – e ci sostituì la sua di mano.
– Non è necessario, non devi se non….oh….sì, ti prego, continua – lo stava stimolando in una maniera incredibile, pompava il suo membro con forza e dolcezza allo stesso tempo, lasciandolo e riprendendolo al ritmo dei loro respiri affannati. Stava per venire.
Gli bloccò il polso.
– Fammi stendere – riuscì a dire. Si staccò un poco da Christian e si sdraiò sul letto, cosa non facile visto il suo grado di eccitazione. Poi, lo attirò sopra di sé.
– Veniamo insieme - 
Christian gli sorrise. Si distese su di lui cercando di non schiacciarlo, gli allargò le gambe e gliele fece allacciare intorno ai suoi fianchi, posizionando il proprio membro contro la sua fessura. Prima di entrare si allungò fino a baciarlo. Lottarono disperatamente come se uno dei due dovesse prendere il sopravvento sulla bocca dell’altro, finché Miki lasciò che gli invadesse la sua cavità e imprigionasse la sua lingua e le sue labbra. Con i fianchi intanto si muoveva contro di lui per provocarlo e per trasmettergli la sua impazienza. Christian lo strinse forte a sé, le bocche imprigionate nel bacio, ed entrò, piano, un po’ per volta, fino a che non lo ebbe riempito tutto. Miki cercava di rilassare tutti i muscoli per opporgli la minor resistenza, il dolore lo sentiva, ma c’era molto più forte il piacere che gli provocava quel contatto così intimo. Christian sentì l’impulso irrefrenabile di muoversi dentro di lui. Però aveva paura di fargli male. Riprese a stringere la sua erezione e quando vide che Miki era completamente in preda al piacere iniziò a ritrarsi per poi tornare a riaffondare dentro di lui, sempre più velocemente e con spinte sempre più intense. Miki stringeva spasmodicamente il lenzuolo sotto le sue mani, non ce la faceva più. Fu sopraffatto con violenza dal piacere e nel liberarsi rilasciò completamente tutti i muscoli. Christian lo penetrò ancora più a fondo e con un ultimo sussulto venne dentro di lui.
Erano entrambi sfiniti, ma nessuno dei due aveva ancora voglia di dormire. Continuarono a carezzarsi, con meno eccitazione ma con più dolcezza e più curiosità. Soprattutto per Christian tutto ciò era assolutamente nuovo, aveva sotto di sé un intero corpo da scoprire e da baciare, da cui a sua volta farsi toccare e amare.
– Hai uno strano sguardo, diverso dal solito – gli occhi di Miki avevano un’espressione più dolce e più intensa, gli aveva infilato le mani tra i capelli e ci stava giocando.
– E’ perché abbiamo appena fatto l’amore e mi è piaciuto molto – adesso stava anche ridendo. Si vedeva che era felice.
– Adesso dormiamo un po’, domani facciamo il bis – gli baciò la punta del naso, si girò su un fianco lasciandogli una mano sul petto e chiuse gli occhi.
Christian invece non prese subito sonno. Sapeva che doveva pensare a quello che era accaduto e a quelle che potevano esserne le conseguenze. Gli venne in mente il padre. Lo avrebbe ammazzato di botte se avesse saputo. Non doveva assolutamente scoprirlo.
Pensò anche al locale dove erano stati e a Miki che lo aveva frequentato molto in passato. Glielo avrebbe chiesto. La mattina seguente gli avrebbe domandato con chi altro era stato in quel posto.
 
Nonostante tutti gli sforzi per restare sveglio a riflettere alla fine il sonno e la stanchezza ebbero la meglio anche su di lui. Del resto aveva solo 17 anni. 
 
 
 
La mattina rimasero a letto fino a tardi. Nessuno dei due aveva voglia di alzarsi.
- E’ una bella giornata. E sono già le dieci. Non pensi che sarebbe il caso di uscire da questo letto? -
- No, perché? – Miki se ne stava rannicchiato al fianco di Christian, la testa appoggiata alla sua spalla, la mano sinistra a cingergli la vita.
- Allora, visto che non ci alziamo, potresti dirmi com’è che sei finito a frequentare quel locale – era dalla sera prima che aveva in testa quella domanda.
Capì subito che Miki era a disagio, lo sentì spostarsi un poco dal suo fianco. Temendo che volesse alzarsi, si girò completamente verso di lui, lo spinse indietro, premendogli la schiena contro il materasso. Gli imprigionò i polsi e gli schiacciò il corpo sotto il peso del suo – E no, adesso rispondi – Miki si agitò un po’, cercò di liberarsi, ma non ci mise troppo impegno, in fondo gli piaceva quel contatto così stretto. Solo che non aveva affatto voglia di rispondere alla domanda.
– Sto aspettando. Con chi ci sei andato? – quando voleva Christian aveva la testa molto dura.
– Con nessuno. Ci sono capitato per caso -
- Bugiardo, in posti così non ci si capita per caso. Non ti avrebbero neanche fatto entrare -
- Mi ci ha portato un amico. Una volta sola -
- E chi è questo “amico”? -
- Nessuno di importante. Ma perché ti interessa tanto? È successo un bel po’ di tempo fa, in un brutto periodo della mia vita. Quindi non ho voglia di parlarne. Facciamo altro – allungò il collo per incontrare la sua bocca e baciarlo. Ma Christian non aveva nessuna intenzione di rinunciare all’argomento
– Era una storia importante? –
Miki abbandonò di nuovo la testa sul cuscino – Ma di che parli? -
- Dell’amico con cui andavi a ballare, avevi perso la testa per lui? -
Miki scoppiò a ridere – Non ci posso credere, sei geloso? La cosa mi fa molto piacere. Allora sì, ho avuto parecchi amanti, però la testa l’ho persa solo per un tipo davvero impossibile, con un corpo fantastico, un amante molto dotato, ma con un cervello di troppo. E tu sai a chi mi riferisco, vero? – lo guardava in maniera molto provocante e allo stesso tempo si vedeva che faceva fatica a trattenere le risate.
Ma Christian l’aveva visto. Aveva esitato. Solo un secondo, ma aveva esitato, prima di mettersi a ridere e scherzare, qualcosa per una frazione infinitesimale era affiorata nel suo sguardo. Doveva trattarsi di un ricordo, forse spiacevole o peggio. Sì, doveva esserci stato qualcuno prima di lui, qualcuno che lo aveva fatto soffrire. Ed era stato importante per lui.
Ne avrebbero parlato ancora. Ma forse quello non era il momento giusto.
Anche Christian si lasciò andare. Gli liberò i polsi e passò a fargli il solletico. Miki non era in grado di sopportarlo. Si ribellò con tutte le forze.
– Vuoi la guerra? Ora ti accontento – si presero a cuscinate, lottarono corpo a corpo, ognuno cercando di prendere il sopravvento sull’altro così da fargli il solletico nel suo punto debole. In questo gioco Miki era più esperto. Quando si vide vicino a soccombere Christian schizzò giù dal letto.
- E’ ora di fare la doccia – e corse via nudo in bagno.
Miki lo guardò un attimo e poi lo seguì. Christian era già nella doccia quando se lo vide comparire davanti.
– Guarda che sono arrivato prima io – faceva finta di non capire le sue intenzioni.
– Veramente questo è il mio bagno. Quindi avrei diritto io per primo a fare la doccia. Però se vuoi c’è posto per tutti e due e così risparmiamo anche l’acqua calda – e si chiuse dietro la porta. Christian tentò di protestare, ma l’altro gli era già addosso – Ti insapono io, vuoi? -
 
 
 
Il resto della giornata passò incredibilmente veloce. Presero le biciclette e se ne andarono a fare un giro nella periferia della città. La giornata era davvero bellissima, era uno splendido settembre, caldo, ma con un leggero venticello a raffreddare la temperatura. Si fermarono in un bistrot a mangiare qualcosa, all’apparenza sembravano una coppia di grandi amici, ridevano, scherzavano, si prendevano anche un po’ in giro. Tutto assolutamente normale. Però ogni tanto Miki arrossiva guardando il compagno e senza farsi vedere dalle persone intorno gli sfiorava la mano.
Christian era molto tranquillo, si comportava con naturalezza, come se fosse stato in compagnia del suo migliore amico. E Miki lo era davvero, con nessun altro si era mai divertito così tanto, a nessun altro aveva mai permesso di avvicinarsi così tanto a lui. Riusciva persino a dimenticare le sue paure di tutti i giorni. Senza dover mentire. Anche di questo gli era grato. Non gli aveva domandato nulla della sua famiglia e dei lividi che si ritrovava sul corpo.            
Quando rientrarono a casa di Miki si era fatta sera. Christian gli restituì i vestiti che gli aveva prestato per la gita, si riinfilò i suoi pantaloni di pelle e poi fece per abbottonarsi la camicia di jeans, ma Miki lo bloccò
– Te la chiudo io – prima però gli accarezzò il torace nudo – Sei così bello. Sicuro di non voler restare? – lo baciò sulle labbra e questa volta fu lui a forzargli la bocca per invaderla con la sua lingua. Christian lo lasciò fare, ma solo per un po’, poi tornò lui a prendere il comando, gli afferrò la nuca piegandogli il collo indietro, lo costrinse a ritirarsi e a cedere spazio nella sua bocca. Dopo un assalto da togliere il fiato lo lasciò andare.
Finì di vestirsi da solo, mentre Miki lo osservava con occhi pieni di desiderio e di amore.    
- Non fare così, ci vediamo domani a scuola -
- Non è la stessa cosa. Mi chiedo quando potrò riaverti tutto per me. Non so mai se con te ci sarà o non ci sarà un domani -
- Certo che sì, almeno finché i tuoi voti non migliorano – con una mano gli arruffò un poco i capelli – Sei uno sciocco, di che ti preoccupi? -
- Ecco io, io vorrei sapere che cosa provi per me. Sono solo un amico? Un diversivo in un momento di confusione? Perché se è così preferisco che tu me lo dica subito. Non voglio farmi delle altre illusioni -
Christian fu colto alla sprovvista. Anche se la notte prima aveva un po’ riflettuto, non era venuto a capo di nulla quindi non poteva ancora rispondere ad alcuna domanda. Neanche lui capiva i suoi sentimenti. Certo, di problemi ne aveva già molti, aggiungerci la storia con un altro ragazzo voleva dire un casino in più nella sua vita. Per il momento era molto meglio non pensarci e lasciare che le cose accadessero da sole.
- Per ora non posso risponderti. Però non ti preoccupare, non sono pentito di nulla. Stai tranquillo, staremo ancora insieme – gli accarezzò il viso e poi gli passò un dito sulle labbra – Posso andare ora?-
Miki gli fece cenno di sì con la testa, baciò la mano che era già a portata della sua bocca e poi le sue labbra quando Christian lo attirò a sé.
Non avrebbe voluto lasciarlo tornare a casa. Aveva molta paura che potesse cambiare idea riguardo al loro rapporto. Ma non era solo questo a spaventarlo. C’erano quei lividi e quelle cicatrici. Non sapeva con assoluta certezza come se li fosse procurati, un’idea però se l’era fatta. Per questo non voleva separarsi da lui. Avrebbe voluto tenerlo sempre con sé al sicuro. Ma questo non era purtroppo possibile.
Christian si staccò definitivamente da lui, prese le sue cose e se ne andò. Senza voltarsi gli fece un cenno di saluto con la mano. Miki invece non gli tolse gli occhi di dosso finché poté seguirlo con lo sguardo.
Ormai ne era sicuro. Christian avrebbe potuto cambiare idea in un qualunque momento, poteva ancora tornare alla “normalità”, alla vita che aveva condotto prima di conoscerlo.
Per lui invece tutto questo non era più possibile, certe scelte le aveva fatte già da tempo e l’incontro con Christian non aveva fatto altro che confermare la realtà dei suoi desideri e dei suoi sentimenti.
 
 
 
Christian si bloccò davanti alla porta di casa. Era spalancata. Brutto, anzi bruttissimo segno. Il padre doveva essere già tornato. Prima di lui, purtroppo. Entrò. Aveva il fiato corto, il battito del cuore a mille, un sapore acido già in bocca.
Il padre era in cucina. Stava picchiando con la cinta il più piccolo dei due fratelli, il ragazzino non gridava neanche, si copriva il volto con le mani.
- Lascialo stare immediatamente – Christian fece uscire tutto il fiato che aveva nei polmoni per gridare la sua rabbia
- E tu dove sei stato fino ad ora? Te ne vai in giro come un teppista lasciando i tuoi fratelli soli a casa a far casino. Ma non ti preoccupare, poi viene anche il tuo turno -
- Ma che cazzo dici? Devi stare lontano da noi, te l’ho già detto, altrimenti…-
- Altrimenti cosa, mi denunci? Non sei ancora maggiorenne. Vuoi finire con i tuoi fratelli in qualche istituto? E’ questo che vuoi per te e per loro? Cosa credi di fare? -
- Non ti permetterò più di continuare a picchiarci. Ti denuncerò e ti farò sbattere in galera per sempre -
- Non è neanche detto che ti crederebbero, sei poco più che un ragazzino, mentre io sono vostro padre. L’unico parente che vi resta. E finché sono io a mantenervi sotto il mio tetto dovete fare quello che dico -
- Se non lo lasci subito chiamo davvero la polizia. Questa volta lo faccio sul serio – Christian aveva afferrato la cornetta del telefono e la teneva saldamente in mano. Ora o mai più.
- La vuoi chiudere quella fottutissima bocca? - Il padre si slanciò verso di lui, era più alto e robusto, gli avrebbe potuto spezzare il collo con una sola mano se solo avesse voluto. Ed era abbastanza folle per farlo. Poteva essere pericoloso anche da sobrio, ma quando era ubriaco diventava davvero una bestia.  
Per fortuna quella sera non aveva del tutto smaltito la sbornia e il suo movimento fu lento e grossolano. Christian riuscì a schivarlo. Con tutte le sue forze lo spinse lontano da sé contro la parete posteriore, facendogli sbattere la testa nel muro. Perse i sensi all’istante.
Forse era morto. Con terrore gli ascoltò il battito. Il cuore pulsava ancora. Il respiro era lieve e irregolare, l’alito gli puzzava d’alcol. Il colpo non era stato così violento.
Stavolta però le cose erano andate troppo vicine alla catastrofe.
Christian si rese conto che non era più in grado di sopportare il degrado in cui viveva.
Neanche per un anno. Ormai voleva essere libero e voleva che lo fossero anche i fratelli.
Lui non poteva più difendere nessuno.
Compose un numero sulla tastiera del telefono. Ce lo aveva già da un po’.
All’altro capo della cornetta rispose un’assistente sociale.
- Stai tranquillo, ora verrà subito un medico con alcune persone del nostro servizio che si prenderanno cura di voi. Dimmi, sei maggiorenne? -
- No -
Adesso era pronto. Avrebbe pagato tutto il prezzo necessario per la loro libertà.
E forse per pagare questo prezzo sarebbe stato costretto a lasciare la sua casa, la sua scuola e anche Miki.



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