DISCLAIMERS: non sono miei, sigh sob! Ma del mitico Inoue!

La canzone da cui mi sono lasciata ispirare è delle Destiny’s Child…

C’è un omaggio a Chobits… riuscite a trovarlo?

Il titolo richiama quello di un racconto d’amore che fa parte di una raccolta che non mi stanco mai di rileggere.

DEDICHE: è tutta per Riachan, per ringraziarla di tutto quello che fa per noi!

Ti voglio bene, principessina!

Goditi questa sweet fic…spero ti piaccia!

FESTEGGIAMENTI: la mia trentesima fic su Slam Dunk!Ewiwa! festeggiamo!

Spumante, champagne, fragole, ostriche, chi più ne ha più ne metta insomma!

Grazie a tutte le ficwriter e le amiche che mi sono state accanto finora…

Senza il vostro appoggio non avrei mai raggiunto questo traguardo! Grassie! Vi voglio bene!

NOTE 01: tra gli asterischi i flash back, in corsivo il testo delle canzoni/poesie, i cambi di POV sono segnalati...tutto come sempre insomma!

NOTE 02: come sempre è tutto buttato a caso, non cercate riferimenti né temporali né di luogo né di nessun altro tipo!!!

NOTE 03: visto che oggi mi sento buona...lieto fine per tutti!!!! FORSE…

E ora (parappappà) la fiction! (da quant’era che non lo scrivevo ç_ç)

 

Non parlo più!





Te ne ricordi ancora

di Marty


Ricordi ancora la prima volta che ci siamo incontrati?

Sembra passata una vita intera, vero, do’hao?

Siamo cambiati tanto, da allora…o forse no.

Diciamo che guardandoti tra le lenzuola, abbandonato in un sonno che ti rende ancora più bello, l’unica cosa che riesco a pensare è la fortuna di averti al mio fianco.

E ricordo benissimo la prima volta che ci siamo incontrati: quel pomeriggio, sulla terrazza, dove io volevo solo schiacciare un pisolino per ritemprarmi in vista del primo incontro con il club di basket.

Avevo paura, lo ammetto.

Era quasi un esame, per me: sapevo di essere bravo, non dico di no, ma avrei davvero dato qualunque cosa per fare una buona impressione sui miei nuovi compagni di squadra.

Ero stanco di essere considerato asociale, arrogante e gelido.

Ero stanco di stare solo.

Iniziavo a desiderare di dividere il mio mondo (per quanto limitato) con qualcun altro.

Qualcuno che avrebbe saputo vedere dietro la maschera che mi ero costruito, qualcuno che avrebbe amato i miei (onnipresenti) silenzi quanto le mie (latitanti) parole ed i miei (numerosi) bronci quanto i miei (rari) sorrisi.

Qualcuno che mi avrebbe insegnato, semplicemente, cosa volesse dire amare.

Ma tutto questo allora non lo sapevo o forse non volevo accettarlo.

Quindi non ho fatto altro che punire chi aveva interrotto il mio riposo, senza chiedermi da cosa derivasse quell’improvviso fuoco dirompente dentro di me che m’incitava a scaricare la strana tensione che mi attanagliava.

Ma poi tutto è cambiato, quando sei entrato in scena.

Un dio della guerra.

Questo è stato quello che ho pensato la prima volta che ti ho visto.

I tuoi capelli rossi che il vento scarmigliava, i tuoi occhi nocciola screziati di pagliuzze d’oro, i denti che mordevano un angolo delle tue labbra, la tua pelle ambrata.

Tutto in te denotava ardore, passione, indomabilità.

Quell’indomabilità che avrei voluto per me dal primo istante.

Ma se tu avessi subito ceduto al mio fascino, non ci sarebbe una storia da raccontare giusto?

E così mi hai steso con una delle tue poderose testate, non prima però che vedessi il mio riflesso nei tuoi occhi spaventati e confusi.

Non prima che capissi di esserti entrato dentro.

 

***************************************************

 

Ricordo il giorno in cui per la prima volta mi hai sorriso.

Il momento che ha cambiato le nostre vite.

Era la fine dell’estate, tu eri tornato dalla riabilitazione più agguerrito che mai …ricordi il tuo “Maledetta kitsune, quest’anno sarò io ad essere eletto MVP e la Nazionale non me la toglie nessuno, capito? Preparati!”…?

Non ti andava giù che io fossi stato convocato e tu no.

Se ti fossi fermato a pensare agli enormi progressi che avevi fatto nei pochi mesi che hai passato nella squadra, avresti capito che senza quell’infortunio alla schiena anche tu saresti stato dei nostri!

Non ho mai avuto dubbi al riguardo!

Ma sul momento mi hai ferito.

Aspettavo con ansia il tuo ritorno, mi mancavi da morire.

Le mie giornate erano vuote senza di te.

Avevo lottato a lungo con me stesso, per rifiutare questa sensazione, ma quando ho capito che era inutile ho scrollato le spalle e l’ho semplicemente ignorata.

Eppure, ora che eri di nuovo a casa, le tue fanfaronate e il tuo atteggiamento sprezzante nei miei confronti mi facevano troppo male.

Non ero preparato ad emozioni così forti.

Quella sera ero seduto sul bagnasciuga, e guardavo il vento increspare le onde del mare che venivano ad infrangersi sui miei piedi nudi.

Avrei solo voluto che mi vedessi per quello che ero, uno sciocco che senza di te non sapeva stare.

Ma dopo gli ultimi sviluppi avevo deciso di rinunciarci.

Il tuo mondo era troppo grande per me, mi ci sarei perso prima di trovarti.

E forse non sarei riuscito neppure a dirti niente.

Così mi sono abbandonato a quel vento silenzioso, respirando a pieni polmoni lo iodio che in esso era contenuto, e mi sono lasciato avvolgere da un senso di pace incomprensibile ma meraviglioso.

Mancava solo una cosa, perché tutto fosse perfetto.

E, incredibilmente, il miracolo è avvenuto.

“Rukawa, sei qui?

Ti cercavo…”

Lentamente, per paura che fosse un’illusione, mi sono voltato.

Tu eri lì, e mi guardavi sorridendo.

Sorridevi.

A me.

Ed era così dolce quel sorriso che per un attimo ho dimenticato di respirare.

Ti sei avvicinato e ti sei seduto vicino a me.

Il silenzio non mi è mai sembrato così pesante e fastidioso come quel giorno.

“Perché mi cercavi?

Cosa vuoi?”

La mia voce è risultata più ansiosa e tremante di quanto avrei voluto, ma tu sei sembrato non accorgertene.

“Ti ho sognato” hai risposto semplicemente.

Credo di aver sgranato gli occhi all’inverosimile, dopo quell’affermazione.

Ma come!

Il mio nemico giurato, la persona che diceva di odiarmi, colui che se avesse potuto eliminarmi dalla faccia della terra sarebbe stato il più felice del mondo…

Se ne usciva tranquillamente con ‘Ti ho sognato’?!

Ma era impazzito?!

Questi più o meno i pensieri che hanno attraversato la mia mente nei secondi che hanno seguito le tue parole.

Naturalmente, dal mio volto impassibile non traspariva nulla e quindi tu, dopo aver aspettato un’eventuale reazione per un tempo ragionevole, hai continuato imperterrito: “Ogni notte. Dalla prima volta che ci siamo incontrati.

Ed ogni volta che mi sveglio vorrei averti accanto.

Sono qui proprio per sapere se questa cosa è successa anche a te oppure…”

Ti sei fermato mordendoti nervosamente il labbro inferiore, proprio come durante il nostro primo incontro.

La cosa mi ha fatto impercettibilmente sorridere: la sicurezza che avevi ostentato fino a pochi attimi prima si era sciolta come neve al sole.

Ora sì che ti riconoscevo.

Ho distolto lo sguardo da te e tornando a fissare l’orizzonte ti ho risposto “Forse.”

“Forse cosa?” mi hai chiesto sorpreso.

“Forse succede anche a me” ho concluso, lapidario.

“Io non ho mai voluto nessuno nella mia vita, e quindi non so dare né un nome né un senso a quello che provo in questo momento.

Però potremmo provare a conoscerci meglio, passare del tempo insieme e lasciare che le cose seguano il loro corso.”

Ti ho guardato aspettando la tua risposta.

La dolcezza sul tuo viso mi ha provocato un calore sconosciuto.

Mi hai sorriso ancora, scompigliandomi i capelli.

“Ehi, non ti si consumeranno le corde vocali con tutto questo sforzo, kitsune?”

“Hn, do’hao” ho borbottato più per abitudine che altro.

Ti sei alzato e poi mi hai teso la mano per aiutarmi.

Io ovviamente ne ho approfittato per tirarti giù, facendoti cadere sulla sabbia, dove abbiamo iniziato ad azzuffarci giocosamente, con i colpi che sembravano carezze.

Poi, col fiato corto, le gote arrossate e sabbia dappertutto, dopo esserci salutati, ci siamo incamminati verso casa.

Ed io, mentre ti guardavo allontanarti, ho capito che la mia vita non sarebbe stata più la stessa.

 

*************************************

 

Ricordi ancora la prima volta che mi hai telefonato?

Ero già pronto ad uccidere il colpevole di aver interrotto sul più bello il mio sogno della domenica mattina…

Le tue mani mi coprivano gli occhi, mentre mi sussurravi nell’orecchio “Non sbirciare…”

Io mi lasciavo docilmente condurre, curioso ed emozionato.

Poi con una carezza liberavi il mio sguardo.

C’eri tu, in costume da bagno, e un’enorme piscina idromassaggio incassata in un prato fiorito.

C’erano le stelle che trapuntavano il cielo notturno, e una brezza profumata che faceva correre scariche di brividi sulla mia pelle pallida.

Ti sorridevo, e tu ti avvicinavi con una luce maliziosa negli occhi…

A questo punto l’odioso apparecchio aveva iniziato a trillare impazzito.

Dovevo avere un tono poco gentile, quando ho ringhiato “Moshi moshi” nella cornetta.

Ma dall’altra parte si è sentita una risata cristallina che mi ha catapultato in un secondo nel mondo dei vivi.

“Ma kitsune!

Non dirmi che stavi ancora dormendo!

È una giornata meravigliosa…

Pensa che ero sicuro che non ci fossi neppure…

Senti…ehm…

Ti andrebbe di…

Fare due tiri a canestro nel campetto vicino a casa tua?

Sai, giusto per…eh?

Ci stai?”

Al mio cervello sempre più sconcertato erano occorsi vari minuti di silenzio per riordinare il torrente di parole con cui mi avevi investito.

Mi era sembrato di capire che volessi fare due tiri qua fuori…beh, ok…è sempre ora di giocare a basket!!!

“Ok”

Non avevo fatto in tempo a riagganciare che una furiosa scampanellata mi aveva fatto saltare.

E tu eri lì, rosso come i tuoi capelli, con la palla in mano, che sbraitavi perché non ero ancora pronto.

Mi sono cambiato in meno di un nanosecondo, e ti ho raggiunto.

In realtà poi, più che giocare, ci siamo studiati a vicenda.

È stata una mattinata (poi trasformata in “giornata” data la nostra decisione di pranzare insieme e restare nel parco ad oltranza) incredibilmente esaltante.

Il mio cuore batteva forte ogni volta che ti sorprendevo a fissarmi, soprattutto quando mi sorridevi timidamente come a scusarti di non riuscire a concedermi il tempo che ti avevo chiesto.

Ho ammirato incredibilmente il tuo rispetto per i miei sentimenti, in quell’occasione.

Oggi so quanto ti sia costato, e questo non fa altro che aumentare il mio trasporto verso di te.

La cosa più assurda è che ricordo che sentivo uno strano formicolio nello stomaco, che non era fastidioso, ma piacevole: non avevo mai provato una sensazione simile.

Lo sfarfallio interiore aumentava con il passare delle ore, ed è esploso quando sono riuscito a rispondere a quel sorriso.

Ho visto i tuoi occhi spalancarsi, mentre le tue guance s’imporporavano e tutto te stesso s’immobilizzava, concentrandosi sulla mia figura.

Abbiamo continuato a giocare, come avessimo un tacito accordo, fino al calar del sole.

Poi si sono accesi i lampioni, e per noi in realtà non sarebbe cambiato nulla se il tuo stomaco non avesse gorgogliato rumorosamente.

Imbarazzatissimo, mi hai proposto di andare a prenderci un panino al chiosco di fronte al parco.

Al che ti ho ricordato che casa mia era a due passi da lì, e che sicuramente avremmo potuto cucinare qualcosa di più nutriente e sano dell’hot dog cui volevi portarmi, quindi siamo passati al market per comprare gli ingredienti necessari.

Era così bello stare con te!

Tutti i luoghi in cui passavo ogni giorno sembravano cambiare completamente, ora che non ero più solo.

Persino fare la spesa si è rivelato divertente, discutendo con te su ogni singolo acquisto…

Sei adorabile quando ti arrabbi!

Non abbiamo smesso di punzecchiarci finché non ci siamo seduti a tavola a mangiare la zuppa di miso ed i gamberetti con salsa di soia che avevamo preparato; nonostante il mio stomaco fosse più silenzioso del tuo, anch’io stavo morendo di fame e così abbiamo fagocitato tutto in un baleno.

Una volta finito, per digerire, siamo andati a fare una passeggiata intorno all’isolato.

Tu avevi le mani in tasca e continuavi a parlare, raccontandomi dell’armata, dei tuoi anni alle medie, di Haruko…

“Sai, kitsune” hai detto “la sorella del Capitano è stata davvero la mia salvatrice.”

Ho inarcato un sopracciglio, guardandoti interrogativo.

Hai riso, gettando indietro la testa.

“Già, perché mentre ero in riabilitazione mi ha confessato di essersi innamorata di me”.

Io mi sono fermato di botto.

“…E?” ho ringhiato fra i denti.

Che vergogna, ero geloso e te lo stavo dimostrando senza pudore!

Ma bravo, Kaede!

Tu te ne se accorto e mi hai imitato, dopo aver fatto pochi passi avanti, e dandomi le spalle.

“…Ed io ho capito che in realtà non mi importava!

Beh, all’inizio mi sono sentito davvero felice, anche se non ne capivo il motivo visto che non volevo assolutamente stare con lei…

Così ho iniziato a pensarci, e dai che ti dai, alla fine ho capito: ero felice perché non si sarebbe più avvicinata a te.

Sapevo che non ti interessava, altrimenti una qualche mossa nei suoi riguardi l’avresti fatta, ma…invidiavo il fatto che lei potesse dimostrarti i suoi sentimenti mentre a me era vietato farlo…”

Un sentimento nuovo è fiorito dentro di me, a queste parole.

Un calore sconosciuto mi ha invaso il petto, e per un istante tutto ha avuto un senso.

Ma tutto è esploso quando ti sei voltato e, con lo stesso sorriso dolce che mi rivolgesti quella sera sulla spiaggia, hai teso la mano verso di me.

“Torniamo a casa?”

non so ancora dove io abbia trovato la forza di coprire quella distanza ed intrecciare le dita alle tue.

Camminare insieme è stata un’emozione incredibile.

Se me l’avessero detto, non ci avrei mai creduto.

Eppure sembrava tutto…giusto.

Non c’è altro modo per dirlo.

Io ho sempre odiato il contatto fisico, non mi facevo abbracciare neppure da mia madre; ma dopo la scossa profonda che mi ha causato il contatto con la tua pelle, ho capito che non avrei potuto più farne a meno.

Ho capito che eri tu.

L’uomo solo per me.

E se ti avessi perso, non me lo sarei mai perdonato.

Ricordi ancora il nostro primo bacio?

Qualcosa di così intenso che mi si sono piegate le gambe e ti ho afferrato la maglia per restare in piedi.

È stato il giorno stesso che abbiamo avuto la nostra prima lite “seria”.

Certo, fino a quel momento spesso avevamo litigato, ci eravamo picchiati e spesso fatti anche male.

Ma il dolore che ci siamo causati quel pomeriggio non lo aguguro neanche al mio peggior nemico.

Ho dimenticato il motivo della disputa, pensa che importanza poteva avere…eppure alla fine ti dissi “Sarebbe stato meglio se non ti avessi mai conosciuto!”

E tu, mentre gli occhi ti si riempivano di lacrime, mi hai gridato “Certo, così non avresti mai dovuto iniziare a VIVERE!”

Il peso delle nostre parole ci schiacciava, posso ancora sentirlo addosso se ci ripenso.

E alla fine sei scappato via.

Io, dopo un istante di lotta interiore con il mio orgoglio, ti ho rincorso e, per la prima volta, ti ho abbracciato di mia iniziativa.

Ci siamo chiesti scusa nello stesso momento, poi siamo scoppiati a ridere e abbiamo deciso che per litigare bisogna essere in due e quindi avevamo entrambi un po’ di ragione ed un po’ di torto.

Da allora non abbiamo più litigato.

Certo, le risse hanno continuato a far parte delle nostre giornate, ma nessuno di noi ha mai più dubitato dell’amore dell’altro o si è pentito di quanto avevamo e avremmo condiviso.

Infine, voglio ripensare alla prima volta che mi hai detto “ti amo”.

Spettavo di sentirtelo dire già da tempo, ma non avevo il coraggio di farlo per primo.

E se non mi avessi corrisposto, e se avessi riso di me, e se fossi stato solo uno svago temporaneo?

Ma hai spazzato via tutti i miei dubbi, presentandoti alla mia porta con le mani in tasca e il viso rosso.

E mentre guardavi da un’altra parte hai sussurrato “aishiteru, kitsune antipatica” dandomi poi le spalle.

Hai trattenuto il fiato in attesa della mia risposta.

Io ti ho girato intorno e poi ti ho abbracciato forte.

Ti ho risposto qualche ora dopo, mentre eravamo nel mio letto dopo aver fatto l’amore.

 

*************************************

 

Ed ora eccoci qua, nello stesso letto, a fonderci ogni volta con lo stesso trasporto di allora.

Tra poche ore sarà mattino, ed io devo finire questo papiro prima che tu ti svegli.

È il mio regalo per il nostro anniversario.

Ho pensato a lungo a cosa regalarti, ma non ti manca niente ed ogni volta che te lo chiedevo mi rispondevi “voglio solo te, kitsune”…

Così, ecco il mio maldestro tentativo di far rivivere la nostra storia d’amore.

Perché spesso io non riesco a dimostrarti il mio amore come vorrei.

Io so che tu mi ami, perché me lo dici, anche nel sonno, e poi in ogni tuo gesto, sguardo o atteggiamento traspare chiaramente l’amore che senti per me.

Lo so perché è ovvio e palese quello che ci lega, chiunque ci veda insieme non ha dubbi sulla natura del nostro rapporto.

E lo so perché è me che hai scelto.

Sei diventato un uomo meraviglioso, Hanamichi, dentro e fuori, ed avresti potuto avere qualcuno di migliore, più adatto a te, più facile.

Ma tu hai voluto me, hai riposto in me la tua fiducia e le tue speranze per il futuro.

Mi manchi quando non sei con me, mi mancano i tuoi baci.

Ed ogni volta che mi guardi, i tuoi occhi castani mi rivelano la tua anima e tutto quello che significo per te.

Mi sto per commuovere, e non è il caso.

Voglio solo dirti quanto mi renda felice l’averti nella mia vita, e il sentirmi parte della tua.

Ogni giorno cerchi d’insegnarmi una parte del vero significato dell’amore, inventando un modo diverso per mostrarmi il tuo.

Ma quello che non sai, e sorrido mentre lo scrivo, è che non ne ho bisogno.

Te lo leggo negli occhi.

 

* OWARI *

 

ç_____ç

 

no words…

 

spero vi sia piaciuta!

 

Fatemi sapere!

 

Marty