Note: i personaggi di questa fic sono un parto della mia mente quindi non si toccano u__u (una volta ogni tanto posso vantare questo diritto*__*). Jean Cloud è tutt’ora uno dei primi vampiri che io abbia mai creato e siccome mi piaceva troppo la storia che gli avevo creato quando era ancora umano ho deciso di scriverci sopra una fic…vorrei dire che eventuali regole o termini di gioco appartengono a Vampire the Masquerade ma ad essere sinceri non ci sono molti riferimenti ai vampiri in questa fic^^;;;; solo verso la fine u__u
di Miyuki La carrozza era pronta. La sua eleganza e la sua pregiata fattura la facevano risaltare come una gemma preziosa tra un cumulo di sassi in quel povero villaggio di provincia sperduto nei campi, utile solo a dare riposo per una notte agli stanchi viaggiatori che si trovavano nei paraggi. Il cocchiere se ne stava seduto nella sua alta postazione fissando davanti a sé con faccia stoica, avvolto nella sua impeccabile divisa…nelle mani reggeva le redini che guidavano due meravigliosi cavalli bianchi, che se ne stavano tranquilli e mansueti in attesa di ricevere l’ordine di partenza. Affacciato al finestrino della carrozza stava un ragazzo di circa quindici anni dai soffici capelli biondi che gli ricadevano sulle spalle e dai brillanti occhi verdi, aveva dei lineamenti fini e delicati, quasi eterei…stava fissando con espressione triste i suoi famigliari, che erano immobili davanti alla porta della loro abitazione come ultimo saluto ad un figlio che probabilmente non avrebbero più rivisto. Fosse stato per loro non lo avrebbero mai venduto, Jean Cloud lo sapeva…sapeva che i suoi genitori lo amavano nonostante le sue stranezze e tutti i problemi che aveva arrecato loro. Lui aveva provato con tutto sé stesso a controllarsi, a non attirare più su di sé le attenzioni malevole degli altri paesani ma tutto si era rivelato inutile…non poteva fingere di essere ciò che non era. Per questo erano stati costretti a venderlo a quell’uomo, un nobile di nome Philbert, che lo aveva casualmente notato durante il suo viaggio di ritorno a Parigi e voleva portarlo con sé per farlo lavorare al servizio di qualche altro nobilotto come servo…non capiva come mai avesse scelto proprio lui ma in fondo la sua era stata un’offerta molto generosa, gli stava praticamente permettendo di avere una vita più sicura ed agiata di quella che avrebbe avuto restando con i suoi genitori (che erano dei semplici artigiani) ed in oltre aveva offerto loro una bella somma di denaro come “risarcimento” alla loro perdita…una somma a cui neppure uno sciocco avrebbe saputo dire di no. Si…quella era la cosa giusta da fare…in questo modo avrebbe liberato i genitori da una presenza problematica e non avrebbero più dovuto soffrire per causa sua e temere che influenzasse in modo negativo la piccola Charlotte. Così, nonostante la tristezza nel cuore e la paura di dover lasciare la sua casa per affrontare un mondo a lui sconosciuto, sorrise dolcemente alla sua famiglia e li rassicurò. “Non temete, starò bene…” Sua madre lo fissò e scoppiò a piangere sulla spalla del marito, che stava osservando il proprio figlio con orgoglio per il fatto che aveva accettato il suo destino senza battere ciglio. “Jean Cloud…ricordati sempre dove sei nato e sappi che noi ti amiamo…e ti ameremo sempre.” “Lo so padre…” rispose il ragazzo con lo stesso sorriso anche se, in realtà, aveva una gran voglia di cedere alle lacrime che stavano chiedendo di uscire. Il nobile, che era un uomo sulla quarantina dai ricci capelli neri e dal bell’aspetto, si affacciò alla finestra della carrozza dietro a Jean Cloud e fissò a sua volta i signori Blanchard con un sorriso cordiale. “Non abbiate timore signori, vostro figlio è in ottime mani…” disse Philbert facendo un inchino col capo prima di rivolgersi al proprio cocchiere “André…a Parigi!” A quell’ordine l’uomo diede un sonoro colpo alle redini dei cavalli, che partirono di gran passo con un nitrito. Jean Cloud indugiò ancora qualche istante a studiare quel paesaggio che scorreva rapido fuori dalla carrozza e che probabilmente non avrebbe più rivisto. Fu Philbert a distogliere la sua attenzione da esso, tirando le tende dell’abitacolo. “Non ci pensare più ragazzo…presto avrai un’altra casa.” disse l’uomo con voce dolce e premurosa “Ora riposati e goditi il viaggio, c’è ancora molta strada da fare prima di arrivare a Parigi.” “D’accordo monsieur…” rispose prima di accomodarsi meglio nel sedile, quasi avesse intenzione di sonnecchiare un po’…in fondo la notte prima per l’agitazione della partenza non aveva chiuso occhio ed ora stava cominciando a sentire un po’ la stanchezza. “Dormi pure Jean Cloud…penserò io a vegliare il tuo sonno.” disse una voce femminile molto vicina a lui. Il biondino alzò un poco lo sguardo e vide davanti a sé il volto sorridente di Saphyne, la sua più cara amica (ed anche unica), che aveva giurato di seguirlo ovunque sarebbe andato e di non abbandonarlo mai, qualunque cosa fosse successa. Il ragazzo non disse niente ma lo spirito lesse la sua gratitudine nello sguardo prima che i suoi occhi di chiudessero e si lasciasse andare al sonno.
##L’aria era impregnata dalle risate allegre e spensierate di un gruppo di bambini la cui età variava dai cinque ai nove anni…questi stavano giocando a nascondino nel piccolo boschetto ai confini del villaggio. I loro genitori non temevano che si perdessero o che accadesse loro qualcosa di male perché più che un bosco vero e proprio quello non era altro che quattro alberi piantati qua e là in una pianura. Una ragazzina era stata messa a contare contro una palizzata…gli altri se la stavano svignando sghignazzando sommessamente per andarsi a nascondere da qualche parte. Un bimbo di cinque anni dai brillanti capelli biondi ed occhi verdi trotterellò sorridendo a rifugiarsi dietro un piccolo cespuglio, sperando di non essere scoperto subito da Giselle. La sentì finire di contare e la intravide attraverso i rami cominciare a cercare i suoi amici nella direzione opposta alla sua. Sorrise mentre aspettava il momento adatto per saltare fuori e correre fino alla staccionata per dichiarare la sua salvezza…stava per farlo quando un rumore attirò la sua attenzione. Allora si fermò e cominciò a guardarsi attorno con espressione curiosa chiedendosi che cosa fosse stato a produrlo. Poi il rumore si riprodusse di nuovo e più nitidamente…la sua origine era molto vicina a lui…ora doveva decidere cosa fare a riguardo. Qualcun altro al posto suo avrebbe semplicemente ignorato la cosa e continuato per la sua strada ma lui non poteva farlo, la sua mentalità semplice di bambino non sapeva e non poteva spiegargli il motivo di ciò però sentiva il bisogno di andare all’origine di quel rumore. Così, gattonando sul terreno per non essere visto da Giselle, avanzò nella boscaglia verso quel suono. Man mano che si avvicinava il suono divenne sempre più chiaro…non era un rumore qualunque bensì il pianto agonizzante di qualcuno che stava soffrendo. Questo non demoralizzò il fanciullo anzi rese più salda la sua convinzione di stare facendo la cosa giusta…e continuando a gattonare scorse finalmente la persona che stava emettendo quei lamenti di dolore. Era una donna…se ne stava seduto raggomitolata ai piedi di un albero mentre si stringeva al petto le gambe e si dondolava avanti ed in dietro con fare inquieto. I suoi abiti erano sgualciti e rovinati, sembravano quasi essere stati ridotti a brandelli. I suoi capelli erano lasciati liberi sulle spalle con fare disordinato ed alcune ciocche le ricoprivano il volto e rendevano impossibile riconoscerla. Il bambino si alzò in piedi ed avanzò lentamente con espressione preoccupata verso la donna che continuava a singhiozzare sofferente, fin’ora non si era accorta della sua presenza ma era del tutto intenzionato a rimediare alla cosa. “Signora…si sente male?” chiese il bambino con voce dolce e infantile. La donna si irrigidì di colpo sentendosi rivolgere la parola ed i versi del pianto cessarono…rimase immobile a lungo prima di voltarsi lentamente verso di lui. Quello che gli si presentò davanti agli occhi non era tra gli spettacoli più consigliabili per un bambino che avrebbe potuto rimanerne terribilmente impressionato e spaventato. La sconosciuta aveva infatti il volto lacerato da profonde ferite che la rendevano terribilmente sfigurata e nelle stesse pessime condizioni era il resto del corpo, quasi come le fossero stati izzati contro un branco di cani affamati. Solo ora che gli era molto vicina poteva notare le strane bordature traslucide che segnavano la sua sagoma…ma al bambino non interessava quel dettaglio ne tanto meno fu spaventato dalla sua orrida figura anzi, le si avvicinò ancora di più, preoccupato. “Si è fatta male signora?” ripetè di nuovo con la sua vocettina candida. “Ho paura…tanta paura…” disse con una voce che sembrava ovattata ed un po’ distante “Il padrone mi vuole uccidere…ma io i gioielli della signora non li ho toccati…non sono stata io…lo giuro!” E nei suoi occhi colmi di lacrime rosse di sangue si potè leggere il terrore puro. Il bambino le si avvicinò maggiormente con espressione triste e sollevò una mano come se volesse toccarle il volto per cancellare via le sue lacrime. Il suo arto avrebbe di sicuro attraversato la figura della donna se si fosse spinto troppo oltre ma lo fermò perfettamente a livello della sua guancia, creando l’illusione che la sua mano stesse toccando per davvero la sua pelle. “Non pianga signora…se è triste lo divento anche io…vedrà che andrà tutto bene…” Lo spirito lo fissò con occhi grandi e disperati che però sembrarono farsi lentamente più calmi. “Dici che il padrone m-mi…perdonerà? Crederà alle mie parole?” Il ragazzino fece un cenno affermativo col capo. “Anche mamma e papà quando faccio qualcosa di male dopo un po’ mi perdonano e mi danno un dolcetto per farsi perdonare di essersi arrabbiati con me…- sorride un po’ – E poi le belle signore non fanno cose cattive.” La donna studiò a lungo quello strano bambino che non aveva paura di lei. Una parte della sua mente comprendeva il fatto che era già morta e che non avrebbe più dovuto provare dolore e paura ma l’altra era ancora attaccata alla realtà e le impediva di lasciarsi andare e raggiungere il mondo degli spiriti. Entrambi rimasero in silenzio a lungo mentre il biondino sorrideva con innocenza e dolcezza così profonde che solo un animo puro poteva generare. Ad un certo punto anche lo spirito si concesse un leggero sorriso su quelle labbra dilaniate. “Sei un bravo bambino lo sai?” I suoi occhi verdi si illuminarono come due smeraldi colpiti dai raggi del sole a quelle parole ed un’espressione felice comparve sul suo volto. “Grazie! E lei è una signora tanto simpatica!” disse allegramente…poi una voce alle sue spalle attirò la sua attenzione. “Jean Cloud! Vieni fuori…hai vinto tu questo turno, sei rimasto l’unico ancora nascosto! Tocca a Pierre stare sotto ora!” lo chiamò uno dei suoi amici da non molto lontano. “Va bene! Arrivo subito!” rispose a voce alta per poi voltarsi verso lo spirito “Mi dispiace signora ma devo tornare dai miei amici…mi promette di non piangere più?” “D’accordo…ora vai…non vorrei che fossi anche tu punito per qualcosa…” Il bambino si alzò, allontanando le mani dallo spirito, e sorrise contento. “Mi raccomando…sia felice!” disse facendole un saluto con la mano prima di correre via. La donna lo fissò allontanarsi fino a quando non lo vide scomparire in lontananza…rimase immobile a lungo prima di scuotere il capo ed alzare il viso verso l’alto…poi la sua forma cominciò a dissolversi come il fumo in balia del vento nel quale si disperse un’unica parola…”grazie”. ##
Il viaggio per Parigi durò due giorni e furono costretti a soggiornare per una notte in una taverna in cerca di riparo, non era mai consigliabile per un nobile senza scorta viaggiare dopo il calare del sole anche se Philbert non aveva con sé nulla che potesse attirare l’interesse di un gruppo di briganti. Jean Cloud potè così riposare pacificamente in un comodo letto dopo aver mangiato come mai prima di allora e si ritrovò in carrozza alle prime luci dell’alba pronto a ricominciare il loro viaggio versò la grande capitale. Raggiunsero Parigi il giorno seguente nel tardo pomeriggio…il biondino rimase letteralmente a bocca aperta nel vedere quegli enormi edifici in pietra e quelle strade affollate di gente di ogni tipo e di carrozze splendide e maestose come quella nella quale era seduto. Il suo sguardo attento scrutava popolani e nobili con minuziosa attenzione, volendo memorizzare più dettagli possibili di quel mondo caotico che incontrava per la prima volta. I suoi occhi, ormai abituati a vedere quello che i comuni mortali non potevano, non fecero molto caso agli spiriti che vagavano per la città ma ce n’erano…e ce n’erano molti di più di quelli che avrebbe potuto immaginare. Si aggiravano tra i vivi conducendo la loro inquieta esistenza…un’esistenza a metà…tenendosi aggrappati ai ricordi ed ai rimorsi di quando erano ancora umani. Non v’era però traccia di spiriti della natura…sembravano essere fuggiti da quel luogo “sconsacrato”…ed infatti Saphyne non tardò a farsi sentire. “Non mi piace questo posto…guarda come hanno rovinato il paesaggio! Dove sono i miei alberi!? Questi barbari hanno tolto i miei amici alberi! Ed io con chi gioco adesso!!” protestò la ragazza mentre fluttuava fuori dal finestrino guardandosi attorno. Jean Cloud sorrise divertito alle sue buffe lamentele. Saphyne infatti era uno spirito elementare d’aria…a lui si presentava come una ragazza dai lunghi e ricci capelli neri che indossava un abito semitrasparente e svolazzante color verde prato…era strano dare una descrizione fisica a qualcosa che in verità non dovrebbe avere una fisicità però era così che lui la vedeva…come riusciva a vedere qualsiasi altro spirito della natura. Solitamente erano sfuggevoli e non amavano farsi vedere dai mortali, anche se con lui facevano delle eccezioni, ma Saphyne era davvero un’eccezione della sua specie. “Ti piace quello che vedi ragazzo?” disse ad un certo punto Philbert affiancando Jean Cloud, che si voltò a fissarlo con un sorriso raggiante. “Oh si, molto! Non ho mai visto una città così grande e bella!” Il nobile rise leggermente. “Lo immagino…hai passato tutta la vita in quel piccolo villaggio di provincia. Vedrai…ti piacerà stare a Parigi.” “Non ne dubito!” La carrozza continuò a marciare strada dopo strada, oltrepassando i quartieri poveri per salire verso la zona dove risiedevano le case dei nobili. L’abitazione di monsieur Philbert si trovava un po’ fuori dal centro cittadino e proprio per questo poteva vantare uno splendido giardino ricco di alberi e fiori, nonché fontane e numerose statue in marmo bianco posizionate strategicamente qua e là. Questo elettrizzò non poco Saphyne, che vide finalmente un po’ della natura che stava cercando e non perse tempo a congedarsi da Jean Cloud per andare alla ricerca di possibili amici con cui giocare. Il suo ‘padroncino’ intanto era troppo preso ad ammirare quella che il suo benefattore definiva una semplice ‘casa’ ma che per lui aveva più le sembianze di una reggia o di un palazzo. Era un edificio enorme quasi completamente bianco che vantava tre piani, la facciata mostrava numerose decorazioni e le finestre e balconate che si potevano contare…beh…erano davvero troppe da contare ad essere sinceri. La carrozza si fermò ai piedi di una scalinata, troneggiata da due angeli in pietra che brandivano delle spade, quasi fossero i custodi di quella dimora. Subito un valletto, vestito di tutto punto come il cocchiere, si avvicinò al portellino dell’abitacolo e lo aprì, permettendo così ai due di scendere. “Bentornato monsieur Philbert.” Il nobile scese senza degnare di più di uno sguardo il valletto mentre dietro di lui Jean Cloud regalò un sorriso di ringraziamento a quel ragazzo che doveva avere solo qualche anno in più di lui. “Vieni Jean Cloud, entriamo in casa…così posso farti mostrare la tua stanza e potrai metterti subito a tuo agio.” disse Philbert avviandosi verso l’entrata con passo elegante. La porta fu aperta dal maggiordomo, che li accolse con un composto inchino. “Bentornato padrone…spero che il viaggio sia stato piacevole.” disse l’uomo dai capelli bianchi che però non avrebbe dovuto avere più di cinquant’anni. “Più che piacevole Fraçois direi ricco di sorprese inaspettate…” rispose il nobile porgendo bastone e mantello al suo maggiordomo “Questo ragazzo è Jean Cloud Blanchard e sarà nostro ospite per un po’ di tempo.” “Molto lieto…” salutò il biondino con un sorriso timido. François posò il suo sguardo freddo ed impassibile su di lui e lo studiò attentamente centimetro per centimetro, come se lo stesse soppesando per decidere se era degno o meno di mettere piede nella dimora del suo padrone. Sembrò esserne sufficientemente soddisfatto perché fece un cenno d’assenso col capo. “Capisco…che volete che faccia signore?” “Fagli vedere la sua stanza e preparagli un bel bagno caldo in modo che si possa lavare…poi manda uno della servitù in cerca di abiti puliti che possa indossare questa sera e domani assicurati che Madame Jacqueline venga a prendergli le misure per degli abiti nuovi. Una volta pronto conducilo nelle mie stanze e fai servire lì una cena per due…ho molte cose di cui discutere con questo ragazzo.” “Molto bene signore…lasciate fare a me.” Philbert fece un cenno col capo compiaciuto. “Io vado nel mio studio ora…ho delle faccende da sbrigare. A dopo Jean Cloud.” “A dopo monsieur” lo salutò con un sorriso, osservandolo allontanarsi per uno dei corridoi di quel gigantesco atrio. Così il ragazzo rimase in compagnia di François, che non smetteva un attimo di fissarlo con quei suoi occhi di ghiaccio che lo mettevano in soggezione. Si stava domandando se quell’uomo era così freddo con tutti o ce l’aveva per qualche misterioso motivo con lui. Non gli piaceva essere guardato in quel modo…gli ricordava gli sguardi maligni e timorosi dei suoi conpaesani che sussurravano cattiverie sul suo conto ogni volta che lo vedevano…chiamandolo “figlio del demonio”. Mantenne gli occhi bassi e giocherellò nervosamente con le dita delle mani fino a quando non sentì quella voce calma e composta attirare la sua attenzione. “Ragazzo, andiamo…” disse passando il mantello ed il bastone del suo padrone ad un paggio, che li andasse a sistemare dove doveva “La tua stanza sta di sopra.” E con questo si avviò su per una maestosa scalinata dallo scorrimano in metallo battuto, lavorato e placcato d’oro, seguito da un intimorito Jean Cloud. Salirono fino al secondo piano e lì imboccarono il corridoio di destra…il biondino cercò di prestare attenzione al percorso che stavano facendo perché quella casa era così grande che avrebbe rischiato di perdersi la volta successiva se avesse dovuto fare tutta quella strada da solo. Oltrepassarono anche svariate porte chiuse, che probabilmente conducevano ad altrettante camere da letto o studi, e gli venne naturale chiedersi se fossero mai riusciti a riempirle tutte visto il loro numero esorbitante ma soprattutto si domandò se c’erano altri abitanti oltre a loro in quella parte del palazzo. Di sicuro la servitù non dormiva ai piani alti. Eppure aveva il sentore che alcune di esse non fossero disabitate come apparivano. “Signor François…posso farle una domanda?” chiese timidamente continuando a camminare. “Quale?” “Ecco…io…volevo sapere se ci abitava qualcun altro in questa…casa…ci sono così tante stanze…” “Sono camere degli ospiti…e comunque non sta a me rispondere a questa domanda.” rispose semplicemente, senza voltarsi a guardare Jean Cloud. Il biondino fu un po’ demoralizzato a quella risposta secca datagli dal maggiordomo e ritenne opportuno non dire altro per non rischiare di farlo arrabbiare di più di quello che sembrava già. Finalmente l’uomo si fermò davanti ad una porta e l’aprì, facendo entrare per primo Jean Cloud al suo interno. La camera era bellissima come tutto il resto dell’abitazione…presentava un letto a baldacchino dai drappeggi bianchi, rossi e dorati, i colori che predominavano in quella stanza…il mobilio era in legno chiaro, c’era un’armadio a quattro ante appoggiato su una parete ed accanto ad esso stava una scrivania con una sedia…un paio di poltroncine messe al centro della stanza, un baule, un cassettone ed altre cose minori. La parete opposta era formata da una lunga finestra con una porta a vetri che dava su un balconcino. “Questa è la tua stanza Jean Cloud.” “E’ meravigliosa!” disse il biondino quasi senza fiato. “Sono lieto che sia di tuo gradimento…mettiti comodo intanto, quando il bagno sarà pronto manderò qualcuno della servitù a chiamarti.” “La ringrazio.” disse abbozzando un sorriso. L’uomo si limitò a lanciargli un’occhiata prima di voltarsi ed uscire dalla stanza, lasciando Jean Cloud in quella che sarebbe stata la sua nuova casa per un po’…almeno fino a quando monsieur Philbert non fosse riuscito a trovargli un posto in cui lavorare. Ora solo il ragazzo cominciò a guardarsi attorno, toccando con mano riverente i mobili così lisci e perfetti da sembrare quelli appartenenti ad un principe delle favole. Anche il letto sul quale si era appena seduto era perfetto…i tessuti di quelle lenzuola erano così morbidi da fare invidia alla pelle di un bambino. Era felice come mai prima d’ora era stato e tutte quelle meraviglie gli fecero dimenticare per un po’ tutta la paura e l’ansia che aveva provato nel lasciare la sua famiglia. In verità avrebbe dovuto trovare qualcosa di strano in tutto quello…ed una persona meno ingenua e fiduciosa nel prossimo di lui lo avrebbe notato subito al posto suo. Che cosa ci faceva un ragazzo che doveva essere destinato a servire il prossimo in una camera così lussuosa invece di essere mandato nella zona riservata a quelli del suo rango? Ciò comunque non aveva importanza per Jean Cloud, che si diresse allegro e ridente come un bambino verso la porta che dava sul balcone. La aprì e vi uscì fuori, ammirando il paesaggio mozzafiato di Parigi all’imbrunire. Il suo sguardo cadde poi sul giardino e lì vi scorse Saphyne alle prese con quello che sembrava uno spirito degli alberi…dal modo in cui la sua amica si muoveva e gesticolava sembrava essere piuttosto indispettita. Probabilmente non era stata accontentata in una delle sue bizzarre ed insistenti richieste e si era offesa…era tipico di lei mettere il broncio per un nonnulla. Poco dopo vide lo spirito degli alberi sparire e Saphyne vagare ancora qualche minuto per il giardino quasi lo stesse cercando, poi stancatasi della sua ricerca si avvicinò alla casa e quando vide Jean Cloud salutarla con una mano dal balcone gli andò incontro. “Ehi Saphyne…ho visto che stavi facendo amicizia.” disse il ragazzo con un sorriso. “No per niente! Gli spiriti qui sono tutti antipatici! Non volevano giocare con me…non volevano neppure parlarmi!” protestò imbronciata, incrociando le braccia al petto. “Forse sono solo molto timidi…saranno rimasti intimoriti nel vedere una faccia nuova…oppure si stanno facendo belli dopo aver visto una splendida ragazza come te.” ammiccò. “Oh Jean…piantala di prendermi in giro…” sbuffò anche se si poteva vedere una nota di divertimento nel suo sguardo, segno che il suo buon umore stava tornando in fretta “Piuttosto dimmi, com’è andata la sistemazione?” “Oh vieni a vedere! La camera è una meraviglia!” disse tornando nella stanza estasiato e facendo delle piroette a braccia aperte mentre gliela mostrava. “Hai ragione…è bellissima!” disse lo spirito mettendosi anche lei a curiosare qua e là “Ma per una persona speciale come te non poteva essere nulla di meno!” Il ragazzino arrossì leggermente a quelle parole. “Io non sono speciale.” mormorò. “Eccome se lo sei!” gli sorrise dolcemente “Ma la gente è troppo stupida per notarlo e per capire!” Il biondino ricambiò il sorriso nello stesso modo…se non ci fosse stata Saphyne con lui non avrebbe proprio saputo che fare…sarebbe stato perso anni fa. In quel momento qualcuno bussò alla porta attirando la loro attenzione. “Si, chi è?” chiese Jean Cloud aprendola e trovandosi davanti una ragazzetta dai capelli mori racchiusi in una cuffietta. “Sono Emilie…la cameriera…devo condurvi nella sala da bagno” “Oh si…certo…arrivo subito” “Vengo anch’io! Vengo anch’io!” disse Saphyne gesticolando. Jean Cloud le lanciò un’occhiata divertita e poi seguì la cameriera fuori dalla stanza e lungo il corridoio, con lo spirito che svolazzava allegramente sopra le loro teste. Questa volta non dovettero camminare molto prima di giungere a destinazione. Emilie aprì una porta dalla quale uscì un forte aroma di fiori e lavanda ed una volta dentro in quello che sembrava evidentemente il bagno vi trovò una vasca in marmo rosa conficcata nel pavimento e piena di acqua calda fumante con tanto di schiuma. Il biondino rimase per l’ennesima volta a bocca aperta mentre Saphyne fluttuò felice verso la vasca. “Le bolle! Ci sono le bolle!!” Jean Cloud dovette trattenere le risa nel vedere la sua amica che resisteva a stento alla tentazione di mettersi a giocare con la schiuma in presenza di una sconosciuta alla quale non avrebbe saputo dare spiegazione di quell’insolito fenomeno. “Signorino, desiderate che vi aiuti a lavarvi?” chiese all’improvviso Emilie. Jean Cloud sussultò ed arrossì non poco a quella richiesta. Il pensiero di farsi vedere nudo in presenza di qualcun altro lo imbarazzava non poco…anche se forse per i nobili quella era una procedura standard. “N-no…grazie…penso di potermela cavare da solo…” balbettò. “Molto bene…gli abiti che il signor François le ha fornito si trovano su quella panca…i suoi li butti in quella cesta, penseremo noi a sbarazzarcene…con permesso.” Con quelle ultime parone la ragazza fece un leggero inchino ed uscì dal bagno. “Dai Jean! Spogliati ed entra in questa meraviglia!” disse Saphyne facendo schizzare verso l’alto con il suo potere del vento degli sbuffetti di schiuma ed iniziando a giocarci. Il ragazzino rise allegramente e cominciò a togliersi quegli abiti semplici e sgualciti da povero popolano…li sistemò nella cesta che gli aveva indicato la cameriera e poi entrò nella vasca, emettendo un suono di puro piacere nel sentirsi avvolgere da quel liquido caldo e profumato. Tutto quello che gli stava accadendo gli sembrava sempre di più un sogno. Iniziò a lavarsi con mieticolosità, immergendo i capelli nell’acqua ed insaponandoli per bene, con il risultato che divennero ancora più splendenti di quello che erano già…sembravano dei fili d’oro. Usò poi degli oli aromatizzati per il corpo che erano stati messi ordinatamente sul bordo della vasca appositamente per lui e rimase ammollo a godersi quella sensazione paradisiaca per un buon quarto d’ora prima di decidersi ad uscire. Si avvolse in un panno bianco e si asciugò prima di andare ad ispezionare i vestiti che gli erano stati forniti. Erano un paio di semplici pantaloni panna a mezza gamba un po’ bombati ed una camicia bianca con i bordi delle maniche in pizzo e degli sbuffi di tessuto lungo l’allacciatura di bottoni. Ovviamente c’era anche l’intimo, dei calzettoni ed anche un paio di scarpe che stranamente erano proprio della sua misura. Si vestì e si sentì molto ridicolo in quegli abiti che Saphyne definì gentilmente da “damerino”…lo spirito se la stava ancora a ridere divertito quando dalla porta del bagno entrò François senza neppure bussare. “Oh…vedo con piacere che sei pronto e che gli abiti sono più o meno della tua misura…basteranno per questa notte…” osservò con sguardo sempre impassibile. “La ringrazio per avermeli forniti signore…” mormorò Jean Cloud imbarazzato e subito nuovamente intimorito da quella figura autoritaria. L’uomo si limitò a fare un cenno col capo. “Ora vieni…monsieur Philbert ti sta aspettando nelle sue stanze per la cena.” “A-allora non mi sembra il caso di farlo aspettare…” “Infatti.” detto questo si voltò ed uscì dal bagno, con il tacito invito a seguirlo, cosa che il ragazzino si affrettò a fare. Saphyne era sempre dietro di lui e fissava con sguardo torvo François in una evidente antipatia. “Ehi Jean…chi è questo tipaccio? Non è per nulla simpatico sai!” Il biondino si limitò a muovere le labbra per farle capire che quello era il maggiordomo di casa, visto che non poteva parlare a voce alta con il rischio di farsi sentire a parlare evidentemente da solo…non voleva che anche in quel posto cominciassero a guardarlo in modo strano ed a chiamarlo con nomignoli crudeli. Dovettero salire al terzo piano ed attraversare quasi tutto il corridoio di sinistra prima di giungere alle stanza del nobile, che erano composte da un enorme salone nel quale era stato allestito un piccolo tavolo da pranzo, con tanto di argenteria e calici di cristallo…e da altre porte che poteva solo immaginare dove portassero. Di Philbert però non c’era traccia. “Resta qui…vado ad annunciare al padrone che sei arrivato…” disse François prima di scomparire in una delle suddette porte. Jean Cloud, rimasto solo, non seppe che altro fare se non starsene in piedi dov’era a guardarsi in giro, non volendo essere maleducato nel vagare senza permesso in stanze altrui. Saphyne, invece, che non aveva problemi nell’essere vista cominciò a gironzolare osservando tutto con curiosità come suo solito. Quando passò davanti ad una delle grandi finestre si fermò e guardò fuori. “Ehi Jean Cloud! Vieni qua! Guarda!” Il biondino si avvicinò a sua volta alla finestra sentendosi chiamare e scrutò fuori attraverso l’oscurità della notte appena calata. Quella sala si affacciava proprio sul cortile d’entrata del palazzo e riuscì a scorgere un paio di carrozze entrare dalla cancellata e fermarsi ai piedi delle scalinate…dai due veicoli scesero due rispettivi nobili vestiti di tutto punto nei loro abiti sfarzosi. “Chissà che cosa ci fanno qui quei tipi” disse Saphyne. “Non te lo so proprio dire.” In quel momento si sentì una porta aprire alle loro spalle e la voce di Philbert raggiunse le loro orecchie. “Scusa l’attesa Jean Cloud” disse l’uomo con un leggero sorriso, ora che si trovava nella sua casa si era presentato a lui in modo più informale…senza quella ingombrante giacca ed il mantello, stava anche lui con una semplice camicia ed un gilet. “Oh…non si preoccupi monsieur…” disse il ragazzo voltandosi e sorridendo a sua volta. “Hai visto qualcosa di interessante là fuori?” “Si…ho notato che avete…ospiti. Forse non dovreste perdere tempo a cenare con me ed andare da loro.” “Tranquillo…questa casa diciamo che è sempre un via vai di persone…la servitù sa come gestire la situazione e comunque ho chi li accoglie al posto mio questa sera…puoi sederti senza problemi e goderti questa cena.” disse indicando la sedia opposta a quella dove si stava accomodando lui. Jean Cloud lo raggiunse subito e si sedette, osservando un po’ impacciato tutte quelle posate che non era abituato ad usare. François stappò una bottiglia di vino che era stata messa in un cestello del ghiaccio perché si mantenesse fresca e versò il suo contenuto nel calice del suo signore. “Bevi vino, vero ragazzo?” chiese Philbert. “Beh…non sono un gran bevitore signore…comunque si, un po’…” “Perfetto!” e fece un cenno con la mano al maggiordomo affinchè servisse anche il ragazzo, cosa che provvedè a fare velocemente. Jean Cloud imitò il nobile e ne bevette un sorso, assaporando il forte aroma di quel vino probabilmente molto costoso. Si sentiva un pesce fuor d’acqua in quella situazione e si vedeva. “Rilassati ragazzo…è una cena informale, non devi impressionare nessuno…” sorrise divertito Philbert contro il bordo del suo bicchiere. “L-lo so…mi scusi…” mormorò imbarazzato il biondino. “Dimmi, era di tuo gradimento la sistemazione?” “Oh si! E’ una camera meravigliosa, grazie!” disse con l’entusiasmo di un bambino. “Bene, sono felice di sentirlo…domani provvederemo a farti avere dei vestiti nuovi su misura per te, anche se noto che quelli che ti ha fornito François sono quasi perfetti.” “Monsieur…non deve disturbarsi così tanto per me…ha già fatto molto…” “Oh sciocchezze! Dei vestiti nuovi ci vogliono! Ti sembra che qualcuno della mia servitù sia vestito come uno straccione?” “No signore…” “Allora se loro hanno degli abiti adeguati alle loro mansioni, li avrai anche te.” “Come volete monsieur…” In quel momento bussarono alla porta e François andò ad aprire, facendo entrare uno dei paggi con un carrello, sul quale erano posati quattro piatti mantenuti caldi da dei coperchi in argento. Il paggio lasciò tutto nelle abili mani del maggiordomo e si congedò. Solo allora, distrattosi dal suo stato di imbarazzo e dalla conversazione che stava avendo con il nobile si accorse che Saphyne non era più con lui. Probabilmente se n’era andata a giocare da qualche parte…oppure a tormentare di nuovo quegli spiriti degli alberi che lei trovava così antipatici…o semplicemente era andata a spiare gli ospiti appena arrivati…in fondo la loro cena non doveva avere molta attrattiva per lei. François servì per primo il suo signore e poi Jean Cloud, infine sollevò in contemporanea i coperchi che nascondevano le pietanze…ovvero una crema di asparagi con crostini di pane. Il profumino che emanava fece notare un languorino che il ragazzo non sapeva di avere. “Serviti pure…” disse Philbert facendo un cenno con la mano. “D’accordo…buon appetito” disse il biondino prima di prendere il cucchiaio ed iniziare a mangiare quella crema squisita, imitato poco dopo dal nobile. Jean Cloud fu di nuovo assalito dall’imbarazzo nel notare come l’uomo mangiava con lentezza ed eleganza al contrario dei suoi modi che dovevano sembrare molto rozzi a confronto con i suoi…ma purtroppo non sapeva come altro comportarsi quindi mantenne lo sguardo basso e continuò a mangiare. In questo modo però si perse le occhiate che gli lanciava Philbert ad alternanza, occhiate intense e penetranti che sembravano studiarlo con attenzione come se fosse la prima volta che lo vedeva…come se stesse valutando le potenzialità nascoste di quel ragazzo popolano. Dal lieve sorriso soddisfatto che comparve sulle sue labbra sembrò aver trovato quello che cercava. I due finirono quel primo piatto senza parlare e François fu subito pronto a sostituirlo con il secondo, che si rivelò essere delle costolette di agnello al miele croccante. Fatto ciò riempì nuovamente i bicchieri di vino e rimase in piedi in attesa accanto al tavolo. Continuarono a mangiare riprendendo una conversazione leggera e piacevole. Philippe si fece raccontare un po’ da Jean Cloud delle sue abitudini…di ciò che sapeva fare, come ad esempio del fatto che sapeva sia leggere che scrivere, cosa non da poco per un semplice figlio di artigiano…di quello che gli piaceva e simili…portando così il ragazzo a rilassarsi completamente in sua presenza. Finirono anche quel secondo piatto come pure la bottiglia di vino senza accorgersene…il tempo era passato velocemente e la sera si era inoltrata parecchio. “Spero che fosse tutto di tuo gradimento.” disse Philbert con un sorriso cordiale mentre François sparecchiava per l’ennesima volta e portava il carrello con i piatti vuoti fuori in corridoio, in modo che qualcun altro della servitù venisse a prenderlo ed a portarlo via. “Oh si, era tutto squisito! Non ho mai mangiato nulla di così buono!” rispose Jean Cloud con un sorriso sincero ed un’espressione contenta…il suo volto era leggermente arrossato, probabilmente a causa dell’eccessivo vino che aveva bevuto durante la cena. “Sono felice di sentirlo…desideri altro?” “No grazie” “Allora vogliamo accomodarci sui divani magari…così possiamo continuare la nostra conversazione” disse alzandosi da tavola. “Certo…” Jean Cloud si alzò a sua volta, ma non con la stessa facilità di Philbert…la sua vista traballò leggermente una volta in piedi e le gambe erano più instabili del dovuto. “Tutto bene ragazzo?” chiese il nobile avvicinandosi un po’ a lui. “Si…più o meno…credo di aver bevuto un po’ troppo…” ammise imbarazzato, doveva stare più attento con l’alcool la prossima volta. “Capisco…beh…lascia che ti aiuti a sederti su un divano, vedrai che col tempo passa…” sorrise leggermente passandogli un braccia attorno alla vita per sorreggerlo…nello stesso istante il suo sguardo saettò verso François che fece un cenno d’assenso col capo. Philbert iniziò a condurre lentamente Jean Cloud verso i divani davanti al camino e ve lo ripose sopra. “Va un po’ meglio?” “Un po’…grazie” sorride gentilmente verso l’uomo anche se il suo sguardo stava diventando un po’ sfocato. Philbert rise leggermente. “Sei davvero un pessimo bevitore.” “Ve lo avevo detto” “Lo so, ora riposati un po’…presto starai meglio…” Jean Cloud fu sul punto di rispondere ma nessun suono uscì dalle sue labbra, si sentì improvvisamente molto pesante e crollò privo di sensi sul divano senza aver tempo di reagire. Philbert sorrise fissandolo…ma il suo sorriso aveva perso tutta la gentilezza che aveva mostrato fino a qualche attimo prima…era soddisfatto ma freddo. “Mh…devo ammettere che la nostra droga ha un tempismo perfetto come al solito, non credi François?” disse lanciando un’occhiata al maggiordomo che si era avvicinato alle loro spalle.
Quando Jean Cloud aprì gli occhi si sentì terribilmente confuso…non ricordava quello che era successo ma soprattutto dove si trovata. La sua vista era ancora appannata e gli ci volle un po’ prima di riuscire a mettere a fuoco ciò che lo circondava…la prima cosa che percepì fu un tocco, una carezza sul suo petto…lo sentì sulla sua pelle e subito si domandò come mai si trovava senza camicia. Quando poi i suoi occhi tornarono a vedere chiaramente, scoprì che il tocco di quella mano apparteneva a Philbert, che era seduto accanto a lui sul materasso di un baldacchino dai colori verdi ed arancio. La seconda cosa che notò era che i suoi polsi erano legati alla testata del letto da una striscia di pelle nera che ne limitava i movimenti…una sorte simile era toccata alle sue gambe, le sue caviglie erano infatti immobilizzate con la stessa pelle ai piedi del letto, divaricate. La cosa peggiore tra tutte era il fatto che era completamente nudo sotto lo sguardo famelico del nobile, che continuava ad accarezzarlo provocante. “Oh…vedo che ti sei svegliato Jean Cloud.” “M-monsieur Philbert…cosa…cosa sta succedendo qui?” chiese non poco allarmato. “Beh…non lo riesci a capire da solo? O sei troppo ingenuo anche per questo?” chiese con una nota di divertimento nella voce “Tu…nudo in un letto cosa ti lascia ad intendere?” Il biondino lo fissò con occhi spalancati dal terrore…oh, poteva ben immaginare quello che aveva intenzione di fare con lui, non era poi così sciocco da non saperlo…anche se non ne conosceva la dinamica…in fondo non era mai stato neppure con una donna, figurarsi se sapeva come funzionavano le cose tra uomini…e poi una piccola parte di lui cercava inutilmente di convincersi che stava solo sognando, che il nobile gentile con cui aveva viaggiato per due giorni non poteva essere lo stesso che lo stava fissando con evidente desiderio nello sguardo. “P-perché state facendo questo…?” mormorò spaventato. “Perché posso…io sono un nobile, tu un semplice popolano che ho comprato a soldi sonanti…quindi ora appartieni a me e posso fare di te qualunque cosa desidero…” Philbert sorrise con malizia mentre la sua mano continuava a vagare sul suo petto ed andò a sfiorare uno dei suoi capezzoli, prendendolo tra le dita e giocherellandoci un po’ con fare distratto. Jean Cloud sussultò a quel tocco ed alla relativa sensazione che ne scaturì…lui non voleva quello…non voleva essere toccato…eppure anche quella piccola stimolazione aveva procurato un lieve piacere al suo corpo traditore. I suoi occhi verde smeraldo si fecero lucidi di lacrime amare. “I-Io pensavo che…che voi voleste…” non riuscì a finire la frase perché fu costretto a mordersi un labbro per trattenere un gemito quando il suo capezzolo fu stuzzicato nuovamente ed in modo poco delicato. “Che volessi sul serio fare un’opera buona e farti trovare un lavoro presso qualche nobile? Beh…io non faccio opere buone, non è nel mio carattere…però non ho mentito sul fatto che lavorerai per un nobile…lavorerai per me infatti” sorrise compiaciuto. Sul volto di Jean Cloud era dipinta la confusione e la paura…non riusciva a capire il perché di un simile trattamento crudele…suo padre gli diceva spesso che i nobili non erano mai delle persone buone, per questo era stato così riluttante a cederlo seppur sapesse di non poter dire di no al suo denaro…ma monsieur Philbert era sembrata una persona a posto, veramente gentile…e quindi ora gli era così difficile credere che quella sua idea del nobile non era mai esistita ma era sempre stata solo una maschera per ingannarlo. Lui che aveva vissuto tutta la sua giovane vita con la convinzione che tutte le persone fossero fondamentalmente buone non poteva crederlo. “Mh…ti vedo un po’ confuso ragazzo…forse non hai ben capito come funzionano le cose qui e cos’è in realtà questo posto…” La sua mano passò all’altro capezzolo, prendendolo tra l’indice ed il pollice e strattonandolo un po’ poco gentilmente, mentre la sua compagna era scesa verso il suo ventre fino a toccare il suo sesso rilassato per poi stringerlo nel suo palmo ed iniziare a massaggiarlo…generando dei gemiti a metà strada tra il piacere e la protesta da quelle dolci labbra. “Questo palazzo è sì casa mia…ma è anche uno dei più popolari bordelli di Parigi…quindi tu lavorerai per me come materia prima, ovvero venderai questo bel corpo per far arricchire me…” Jean Cloud lo fissò ancora più spaventato a quella prospettiva e le lacrime che con tanta fatica aveva cercato di trattenere fin’ora cominciarono a scorrere liberamente sul suo volto. “No…non voglio…” mormorò debolmente dando degli strattoni alle cinghie che lo tenevano imprigionato ma servì a poco, se non a segnarsi maggiormente i polsi e le caviglie nello sforzo. “Temo che quello che vuoi o non vuoi valga molto poco mio caro…dici così adesso ma vedrai che tra un po’ di tempo ti piacerà questo lavoro…così è stato per quelli che ti hanno preceduto e così sarà per quelli verranno dopo di te credimi…e poi – avvicinando il suo volto a quello del ragazzo – non negare che questo ti piace.” E prima che Jean Cloud potesse rispondere incollò le sue labbra sulle sue, iniziando a baciarlo mentre il biondino lo lasciava fare passivamente, troppo sconvolto per poter anche solo pensare di reagire, non che potesse fare molto nelle sue condizioni. Philbert fece scorrere la sua lingua contro le sue labbra cercando di forzarle ad aprirsi sotto il suo tocco ma esse rimasero tenacemente chiuse, così il nobile dovette giocare sporco per fargliele socchiudere. Strinse più forte nella sua mano il sesso del ragazzo ed iniziò a massaggiarlo con più decisione, ciò lo fece sussultare e gli diede lo spazio necessario per introdurre la sua lingua nella sua bocca, approfondendo il bacio e rendendolo più vorace. Le lacrime continuarono a scorrere sulle sue guance mentre la vergogna ed il disgusto per quello che il nobile gli stava facendo lo assalivano…la cosa che lo disturbava di più era il fatto che il suo corpo reagisse contro il suo volere a quelle stimolazione. Lui non provava piacere in quello eppure il suo corpo si. Dopo un tempo che per Jean Cloud sembrò interminabile, l’uomo si allontanò dalla sua bocca, permettendogli così di riprendere fiato. I suoi occhi si aprirono e lo fissarono con disperazione, supplicandolo di smetterla e di lasciarlo andare…ma Philbert, se anche notò quella muta richiesta, non lo accontentò anzi continuò incessante a lavorare sulla sua virilità ormai eretta e sembrava godere della sua paura. “Vedi? Non ti dispiace poi molto essere toccato da me.” disse con un sorriso malizioso sulle labbra. “B-basta…vi prego…” mormorò per l’ennesima volta ansimando, ma le sue furono parole gettate al vento. “Sarò io a dire la parola basta, mio piccolo Jean Cloud…e quello che ho fatto non è ancora sufficiente…” disse scendendo a baciargli e leccargli il collo “Non sai quanto è stata dura resistere tutto questo tempo…ho desiderato averti dal momento esatto in cui ho posato lo sguardo su di te e penso che mi divertirò ad insegnarti i piaceri della carne prima di concederti ai miei ospiti.” Jean Cloud singhiozzò chiudendo gli occhi e voltando il capo di lato per non vedere quello che gli stava facendo, anche se poteva sentirlo fin troppo bene…ma soprattutto non voleva incontrare l’espressione compiaciuta che Philbert aveva sul volto in quel momento. Quella bocca scivolò dal suo collo alla sua spalla, fino a giungere al suo petto, dove prese tra i denti uno dei capezzoli ed iniziò a mordicchiarlo leggermente, mentre l’altro era stimolato dalle sue dita. Il biondino si torturò il labbro inferiore tra i denti per trattenere sia i gemiti che i singhiozzi, sensazioni contrastanti che erano generate dal conflitto tra la sua mente ed il suo corpo. La mano sul suo sesso continuò incessante il suo lavoro, alternandosi tra movimenti lenti e movimenti veloci e decisi, torturandolo portandolo vicino al limite per non dargli poi alcuna soddisfazione…ma lui stesso, nonostante il suo corpo volesse lasciarsi andare, non se lo permetteva…non voleva darla vinta al nobile anche se sapeva che la sua era battaglia persa in partenza. Dopo lunghi minuti di quel trattamento quelle dita scesero a giocare con i suoi testicoli mentre la sua bocca continuava a ricoprire di umidi baci il suo petto…poi però quei tocchi si fecero molto più arditi, molto più intimi, scivolarono ancora più in basso ed andarono a sfiorare il suo piccolo orifizio. Jean Cloud si irrigidì di colpo, gemendo, e spalancò gli occhi da cui sgorgarono altre lacrime salate…iniziò a divincolarsi leggermente per allontanarsi da quelle dita ma ovviamente fu tutto inutile…servì solo a strappare una risata divertita a Philbert. “N-no…no…v-vi prego…” mormorò con voce disperata. “Oh povero e piccolo Jean Cloud…scommetto che nessuno ti ha mai toccato qui prima d’ora…vero?” disse con un sorriso malizioso mentre continuava a massaggiare l’anello muscolare e vi premeva leggermente contro, non abbastanza, però, da penetrarlo. Il ragazzino cominciò a tremare seriamente in quel momento mentre il terrore, se possibile, cresceva ancora di più dentro di lui. “Mmmh…sei bellissimo in questo momento…” disse risalendo a posargli un leggero bacio sulle labbra, prima di voltarsi verso la stanza alle sue spalle “François…portami il vasetto” A quelle parole l’uomo, che era rimasto per tutto il tempo in pedi impeccabile ed impassibile come sempre in fondo alla stanza, prese un vasetto in vetro rosso da una mensola e lo portò al suo padrone, avvicinandosi al letto e fissando il ragazzo che vi era sdraiato sopra con indifferenza. Jean Cloud si sentì morire nello scoprire che avevano avuto un pubblico fino a quel momento. Il nobile si allontanò dal corpo del ragazzo per prendere l’ampolla e posarla lì accanto sul materasso…l’aprì e si scoprì che al suo interno vi era racchiuso un olio per il corpo all’aroma di rose…vi introdusse dentro due dita con un sorriso, sotto lo sguardo attento e spaventato del biondino, e ne tastò la consistenza prima di portarle di nuovo tra le sue gambe e contro la sua apertura. Jean Cloud sussultò sentendo quel liquido freddo contro quella parte intima del suo corpo e l’attimo dopo spalancò gli occhi gemendo di un’improvvisa fitta di dolore che lo colse nel momento in cui una di quelle dita si fece strada dentro di lui. “No…n-no…” mormorò cercando di sottrarsi a quella tortura mentre muoveva il capo irrequieto da una parte all’altra, come a negare quello che gli stava facendo. “Mmh…ma come no…questa è la parte più interessante…” disse Philbert muovendo incessante il dito nel suo corpo per abituarlo e prepararlo lentamente a quello che avrebbe fatto tra poco…non era poi così crudele in fondo, ammise a sé stesso con una nota di sadico divertimento. Dopo un po’ estrasse il dito da quell’antro caldo e lo affondò nuovamente nell’olio per riportarlo poi dov’era aggiungendone un secondo. Jean Cloud provò per l’ennesima volta quel bruciante fastidio di avere qualcosa dentro di sé…stava tremando e singhiozzando ma al nobile continuava a non interessare…la disperazione ormai era stata sostituita dalla rassegnazione, sapendo che non sarebbe mai riuscito a sfuggire a quel destino incombente. Il rituale fu ripetuto per una terza volta, con l’aggiunta di un terzo dito ai primi due, e passati alcuni minuti di quella preparazione si allontanò del tutto per alzarsi in piedi…il biondino fissò Philbert con sguardo ormai perso ed inconsistente, era troppo sperare che avesse cambiato idea ed avesse deciso di lasciarlo in pace. Infatti l’uomo si era alzato solo per privarsi dei vestiti. “François…slegagli le gambe e tienigliele aperte.” disse mentre continuava a spogliarsi. Il maggiordomo si avvicinò al letto e si chinò a liberargli le caviglie, che ormai presentavano degli evidenti segni rossi, dalle loro costrizioni in pelle. Jean Cloud provò un’ultima volta a dibattersi ma era troppo stanco e demoralizzato per poter fare qualcosa di concreto…le lacrime ed i tremori lo avevano privato della sua forza…così François riuscì a divaricargli le gambe senza eccessivi impedimenti, giusto in tempo perché il nobile vi si potesse posizionare in mezzo. “N-non fatelo…n-no…vi supplico…” sussurrò con voce inconsistente. “Sshh…ora rilassati piccolo…vedrai che non ti farò troppo male…” disse Philbert, applicando un po’ di quell’olio aromatico sul suo sesso eretto prima di posizionarsi contro di lui e penetrarlo con un’unica spinta. Jean Cloud in quel preciso istante urlò…si inarcò dal letto ed urlò di dolore, stringendo con forza tra le mani i nastri di pelle che lo tenevano legato alla testata e chiudendo gli occhi, dai quali presero a sgorgare nuove lacrime. A quella spinta si sentì aperto in due, i suoi muscoli si tesero all’inverosimile…il dolore lo aveva privato del respiro e per alcuni istanti boccheggiò cercando di riprendersi. Fortunatamente Philbert gliene concesse il tempo, rimanendo immobile alcuni istanti a godersi quella sensazione, che dall’espressione del suo volto doveva essere di puro piacere. “Mmh…sei così stretto e caldo…” disse fissandolo con occhi colmi di desiderio e lussuria…incominciando a muoversi lentamente dentro di lui. Jean Cloud si morse il labbro e singhiozzò mentre il dolore riprendeva a farsi sentire ad ogni spinta…era una vera agonia e pregò silenziosamente che il nobile trovasse presto il suo piacere e lo lasciasse andare. Dalle sue labbra uscivano gemiti e suppliche appena sussurrate, che ovviamente non furono ascoltate. Pochi istanti dopo una voce femminile raggiunse le sue orecchie e per poco il suo cuore non smise di battere per la vergogna e l’angoscia nel sapere che la sua amica lo avrebbe visto in quelle condizioni tra qualche istante. “Jean Cloud! Jean Cloud…in questo palazzo succedono cose strane…non mi è piaciuto quello che ho visto al pian…o…di…” le parole le morirono in gola non appena oltrepassò uno dei muri della camera e vide quello che stava succedendo al suo interno “Jean Cloud!!!!” urlò con espressione sconvolta e terrorizzata precipitandosi a fianco del ragazzo. Questi la fissò con occhi colmi di lacrime e di sofferenza mentre Philbert continuava a spingersi senza sosta nel suo corpo, facendo crescere il suo piacere ed il disgusto nel biondino. “Sa…a-ah…phyne…” mormorò con voce spezzata dai singhiozzi e dai gemiti. Lo spirito lo guardò da vicino al letto, con occhi spalancati e le mani sulla bocca…era rimasta letteralmente paralizzata di fronte alla barbaria che stava subendo il suo amico in quel momento…stentava a credere che stesse succedendo davvero tutto quello davanti ai suoi occhi…lo aveva lasciato solo per qualche ora, qualche misera ora per andare a curiosare in giro…andare a parlare con quegli sciocchi spiriti degli alberi che alla vista di tutti quegli umani erano diventati ancora più restii a farsi vedere…e per andare poi a vedere che cosa ci faceva tutta quella gente in quel palazzo…non lo avesse mai fatto. Se fosse stata lì avrebbe potuto impedire tutto quello. “Jean…oh Jean…parlami…che cosa ti sta facendo quest’essere…? Stai soffrendo molto…ti sta facendo del male…oh dei…è tutta colpa mia…non dovevo lasciarti…” mormorò angosciata mentre i suoi stessi occhi si stavano colmando di lacrime. Il ragazzo avrebbe voluto dirle qualcosa, rassicurarla che non era affatto colpa sua…che lei non centrava niente…e lo avrebbe fatto se solo Philbert non avesse deciso in quel momento di aumentare le spinte e renderle più decise e profonde, tenendolo per i fianchi e strappandogli altri gemiti ed altre lacrime. “Saphyne…e chi è?” chiese il nobile avendo sentito quel nome sussurrato “Forse era una delle tue amichette al villaggio? Beh…mi spiace per te ma ora questo corpo è mio…ho comprato questo bel fondoschiena ed ora è mio da fottere in qualsiasi momento voglia.” A quelle parole lo sguardo dello spirito fu attraversato da un bagliore pericoloso…la sua espressione si fece più dura e tagliente mentre abbassava lentamente le braccia lungo i fianchi. I suoi occhi divennero gradualmente completamente bianchi ed i suoi ricci capelli neri cominciarono a fluttuare come mossi da una corrente invisibile alle sue spalle. “Tu…lurido verme…” disse con voce più profonda del solito mentre il suo corpo cominciava a risplendere di una strana luce “Come osi trattare in questo modo il mio Jean Cloud…come osi approfittarti della sua anima pura…non posso accettarlo…sei un vile e per questa tua azione devi essere severamente punito…” Jean Cloud fissò sorpreso e spaventato Saphyne…era la prima volta che la vedeva così adirata…sembrava sul serio intenzionata a fare del male…lei, che era sempre stata così allegra e solare, così perfetta…era sul punto di fare intenzionalmente del male a quel nobile che lo stava torturando…solo per lui. Conosceva i suoi poteri, anche se in piccola parte…e sapeva che ne era in grado. No…non poteva accettarlo…non poteva permettere che la sua amica si macchiasse di un crimine come quello…non per colpa sua…lui poteva sopportare quello che gli stava accadendo…lo avrebbe fatto…ma non avrebbe mai potuto vivere con il rimorso di aver spinto Saphyne a commettere un simile gesto. “N-no…non far..lo…non farlo…t-ti prego…” mormorò debolmente. Philbert lo sentì e pensò si stesse riferendo a lui, così rise divertito ed aumentò le spinte, ma Saphyne capì che stava parlando a lei, lo vedeva dallo sguardo. “Perché!? Perché non dovrei punirlo…guarda cosa ti sta facendo! Non puoi dirmi che desideri tutto questo!” disse con voce adirata. “No…” scosse debolmente il capo chiudendo gli occhi “M-ma…n-non voglio che tu lo faccia…non…ah…ne vale la…pena…” “Invece si…tu sei mio amico…mi stai a cuore come nient’altro al mondo…farei di tutto per te…non posso accettare che ti tratti così!” La voce di Saphyne cominciò ad essere meno dura e cattiva e più disperata…non voleva vederlo soffrire a quel modo! “A-allora…non farlo…p-per me…” la supplicò con gli occhi. Lo spirito cercò di protestare ancora ma non ci riuscì…non riusciva a mettersi contro al desiderio di Jean Cloud…così emise un gemito di frustrazione e si lasciò cadere a terra, fluttuando a pochi centimetri dal pavimento, portandosi le mani a coprirsi il volto…non poteva più sopportare tutta quella crudeltà. “Jean…mio piccolo e dolce Jean…” singhiozzò “Tu sei troppo buono…troppo…pure con le persone che non lo meritano e ti fanno del male…lo eri anche con quegli stolti dei tuoi compaesani…non è giusto…” Il biondino non rispose…le sue labbra furono catturate in bacio feroce di Philbert, che fortunatamente, preso dal desiderio, non aveva più fatto caso alle parole sconnesse del ragazzo e se anche lo avesse fatto avrebbe comunque pensato che fosse un effetto collaterale della droga che gli aveva somministrato poco tempo prima. Giocò a lungo con la sua lingua, che si lasciava sfruttare passivamente, mentre l’eccitazione saliva sempre di più nel corpo del nobile…sapeva di essere quasi al limite ma sapeva anche che non voleva finire in quel modo, aveva altro da fare prima di potersi lasciare andare all’orgasmo. Così lasciò andare la sua bocca e scivolò fuori dal suo corpo…non diede neppure il tempo a Jean Cloud di provare sollievo e sperare che avesse finito di usarlo, che si ritrovò a faccia in giù contro il materasso…sollevato sulle ginocchia e con il bacino verso l’alto…e penetrato nuovamente da dietro senza pietà. Altri gemiti ed altri singhiozzi uscirono dalle sue labbra ma ormai la sua mente si era eclissata in un luogo lontano dalla realtà…era cosciente di quello che gli stava accadendo ma allo stesso tempo non lo era, le sensazioni gli arrivavano come ovattate e diluite e questo per lui fu un gran sollievo. “Bene Jean Cloud…” disse con voce impastata dal piacere Philber mentre affondava il lui con forza “E’ ora di porre fine ai giochi…ora ti marchierò in tutti i sensi e da questo momento apparterrai per sempre a me…” Philbert lanciò un’occhiata a François, che era poco distante dal letto, e gli fece un cenno col capo…il maggiordomo capì cosa voleva il suo signore e si diresse verso il camino, dove tra le fiamme era stato messo ad ardere un ferro di metallo, alla cui estremità stava un marchio…il simbolo delle due rose intrecciate…l’effige del conte Philbert de La Rose. Tornò con esso verso il letto ed attese l’ordine del suo padrone…quando questi fermò le sue spinte per un attimo, il maggiordomo posò celermente e con precisione dovuta ad anni di ‘pratica’ il marchio sulla pelle candida del ragazzo, proprio alla base della schiena. Il dolore atroce che invase il suo corpo nel momento esatto che quel ferro ardente si posava su di lui, lo fece svegliare dal suo torpore e lo fece urlare in agonia con tutto il fiato che gli era rimasto…ed alle urla di Jean Cloud si unirono quelle disperate di Saphyne, che guardò inerme il suo amico venire marchiato come un animale.
##Jean Cloud se ne stava seduto felice in un prato…in mano teneva un cavalluccio in legno che suo padre aveva intagliato per lui qualche sera prima. La sua espressione era dolce e spensierata…era la rappresentazione dell’innocenza. Forse fu proprio questo a spingere un curioso spirito del vento ad avvicinarsi al bambino per osservarlo da vicino. Si fermò a pochi passi da lui e cominciò a fissarlo, fluttuando a neanche un metro da terra. Il bambino ad un certo punto, alzò lo sguardo proprio nella sua direzione e cominciò a fissare con i suoi occhioni verdi nel punto esatto in cui stava lei. Lo spirito scosse il capo, sapendo più che bene che i mortali non potevano vederla…doveva essere solo un caso. Ad un certo punto, però, il biondino parlò. “Ciao…” disse con quella sua vocettina dolce. Lo spirito sussultò e lo fissò con espressione sorpresa…non poteva essere rivolto a lei, era impossibile…volteggiò su sé stessa come per accertarsi che magari non stesse parlando con qualche altro umano che era sopraggiunto alle sue spalle senza che se ne accorgesse…ma non c’era proprio nessuno attorno a loro…c’erano solo loro due. “Stai…dicendo a me?” chiese ad un certo punto lo spirito, sentendosi molto ridicola a parlare con un bambino umano. Jean Cloud fece un cenno d’assenso col capo. “Si…come ti chiami? Io sono Jean Cloud.” Lo spirito a quelle parole emise un urlo sorpreso e si allontanò di qualche passo. “Tu…tu…riesci a vedermi…?” balbettò allibita. Il bambino la fissò perplesso e fece un altro cenno affermativo col capo. “Perché…non dovrei?” chiese innocentemente. Si…in effetti non dovresti…avrebbe voluto rispondere…nessun umano doveva essere in grado di vederli…era impossibile! Eppure questo bambino non solo la vedeva…ma riusciva pure a sentirla ed a parlare con lei! “Signorina…non hai un nome?” chiese di nuovo mentre giocherellava con il suo cavallino di legno. Lo spirito si riscosse e lo fissò intensamente. “Si…ma è un nome che tu non potresti capire…” “Oh…” e mise un leggero broncetto, assumendo poi un’aria pensosa “Allora…mh…ti chiamerò……Saphyne…si, Saphyne…ti piace?” Il bimbo fissò lo spirito con un sorriso disarmante tanto che ogni protesta che la neo-battezzata Saphyne era in procinto di emettere, morì sul nascere. “Ti va di giocare con me?” Saphyne lo fissò…e sembrò riflettere attentamente sulla possibilità di restare…poi sospirò e sorrise a Jean Cloud, ormai era stata vista e questo bambino l’aveva incuriosita non poco con il suo strano potere…che cosa aveva da perdere a stare con lui? “Perché no…a cosa vuoi giocare?” ##
Gli anni passarono…Jean Cloud non era più un ragazzino di quindici anni…era cresciuto e diventato un ragazzo che ne aveva quasi ventuno. Da quel giorno in cui aveva messo piede nella dimora dei de La Rose, diventando uno dei tanti ragazzi e ragazze che vivevano tra quelle mura, non aveva passato notte durante la quale non fosse costretto a vendere il suo corpo per far arricchire monsieur Philbert. Ormai dalle sue labbra non uscivano più proteste…faceva ciò che doveva e lo faceva bene…accoglieva i suoi clienti con sorrisi prefabbricati e i modi eleganti ed impeccabili, che aveva imparato stando sempre tra nobili…li conduceva verso il letto della sua stanza e lì faceva ciò che gli veniva ordinato, lasciando che il suo corpo ormai guidato dall’abitudine soddisfasse i loro desideri. Questo però non gli faceva piacere il suo ‘lavoro’…al contrario, soffriva come se fosse stata la prima volta…Philbert si era sbagliato su quello…non aveva mai imparato ad amare quel lavoro…solo era diventato abile a nascondere quello che provava in quei momenti, trovando rifugio in quell’angolo della sua mente che rare volte veniva profanato…solo dai clienti più violenti. Il suo unico conforto arrivava durante il giorno, dove era libero di fare ciò che voleva ma sempre e soltanto all’interno dei confini del palazzo…da quando era giunto a Parigi le volte che aveva visitato la città si potevano contare sulle dita delle mani. Ma lui cercò di non dare peso alla cosa…era felice di trascorrere il tempo in giardino assieme a Saphyne e agli spiriti di quel posto, che inizialmente si erano mostrati così antipatici, oppure all’interno dell’enorme biblioteca di Philbert…lì si era fatto una vasta cultura, imparando molte cose da autodidatta. Quel giorno però sembrava essere molto malinconico…era rimasto tutto il tempo chiuso nella sua stanza, facendosi addirittura servire il pranzo al suo interno. Saphyne era con lui come sempre…infatti mai da quella fatidica notte aveva lasciato solo Jean Cloud per più di qualche minuto…era stata al suo fianco soffrendo con lui ogni istante e consolandolo quando ne aveva bisogno…era tutto ciò che poteva fare visto che il suo amico le aveva severamente proibito di fare del male ai nobili che varcavano quella porta. Lo spirito non riusciva a capire come Jean Cloud avesse potuto mantenere intatto il suo animo puro nonostante tutto quello che gli era successo…non riusciva a capire come potesse esistere una persona totalmente priva della capacità di provare odio per qualcuno…Jean Cloud era davvero speciale e tutti se ne approfittavano per questo. Ogni tanto, però, quando lo vedeva in quello stato, Saphyne non riusciva a trattenersi dall’esprimere la sua rabbia e frustrazione contro quel mondo ingiusto…e finì per prendersela con lui. “Jean Cloud…perchè? Perché insisti a voler vivere qui? Perché permetti che ti trattino in questo modo? Scappa…vattene via da questo posto!” Il ragazzo si voltò a fissare lo spirito con occhi spenti e sorriso imposto ormai dall’abitudine. Dietro di lui i tenui raggi del sole baciavano il suo corpo pallido e quasi fin troppo fragile filtrando dalla finestra e gli conferivano un’aura angelica ma triste e malinconica. “E dove potrei andare? Non vi è altro posto al di fuori di queste mura dove sarei accolto…” e sempre sorridendo si voltò a guardare nuovamente fuori dalla finestra, studiando quel mondo che probabilmente non avrebbe mai conosciuto “Di certo non posso tornare dai miei famigliari…ho già causato loro fin troppi problemi. Dovrei andare a vivere per la strada? Sarebbe un’idea ma non credo che mi aspetterebbe un destino migliore di questo là fuori…almeno qui mi trattano bene.” “Non dire sciocchezze Jean! Qui nessuno ti tratta bene…questo non è trattare bene le persone!! Qui ti hanno schiavizzato! Ti stanno impedendo di vivere la vita libera che meriteresti!” urlò frustrata gesticolando con le mani “E non puoi sapere quello che ti aspetta là fuori senza neppure provare!” “Invece lo so amica mia, lo so bene…dovrei passare quei pochi giorni a mia disposizione prima di essere catturato a fuggire dagli uomini di monsieur Philbert…perché mi troveranno Saphyne…e mi riporteranno qui dove sarei sottoposto ad una terribile punizione. Sulla schiena porto un marchio che non mi permetterà mai di essere accolto altrove se non qui…sono condannato a questa esistenza per il resto della mia vita.” “Allora vuol dire che ti piace essere trattato in questi modo, come una bambola, se sei così ben disposto a rinunciare a tutto senza neppure combattere!!!! Ti piace lasciare che quegli uomini ti…ti… - non riuscì a pronunciare quell’orribile parola – ah! Ma cosa sto parlando a fare…tanto non vuoi capire! Perdo solo il mio tempo a stare qui con te!!” Quelle parole colpirono Jean Cloud come uno schiaffo in pieno viso e lo fecero sussultare, si sentì ferito profondamente nel sentire parlare in quel modo la sua amica, che avrebbe dovuto conoscerlo meglio di chiunque altro…ma non diede a vedere il suo stato d’animo tormentato, restando rivolto tenacemente verso la finestra. “Allora…forse dovresti lasciarmi…andartene per la tua strada e lasciare me al mio destino…in fondo non mi devi niente, non sei legata a me…” mormorò con voce calma. “Già! Hai ragione!” ammise con rabbia che sapeva bene non essere indirizzata contro il biondo “Penso proprio che lo farò!” E con questo lo spirito si voltò e si diresse come una furia fuori dalla stanza. Passarono i minuti e Jean Cloud non si era ancora mosso dalla sua postazione davanti alla finestra, poi, come se anche l’ultimo frammento di un’anima a pezzi fosse caduto e si fosse frantumato…iniziò a tremare e crollò a terra in preda alle lacrime. Un profondo vuoto si fece largo nel suo petto al pensiero che anche Saphyne lo aveva lasciato, che si era stancata di lui…della vita pietosa che continuava a vivere giorno dopo giorno…e che aveva deciso di abbandonarlo. Ora era solo…completamente solo…con l’unica compagnia del suo dolore. Lui non amava quella vita, non la voleva…desiderava più di chiunque altro andarsene e fuggire lontano da quella prigione…ma con le proprie forze non poteva farcela. Non conosceva il mondo…era sempre stato in quel palazzo, probabilmente non sarebbe sopravvissuto cinque minuti là fuori in balia di sé stesso. Preso com’era in quell’oblio di disperazione non si accorse della figura amica che si era avvicinata a lui e lo fissava con espressione affranta…Saphyne si era resa subito conto delle crudeltà che aveva detto a Jean Cloud, crudeltà che non si meritava e non aveva pensato realmente…sarebbe rientrata subito nella stanza ma dovette prima sbollire un po’ della collera accumulata contro le persone che avevano la responsabilità di tutta quella situazione…non voleva rischiare di dire altre cose fuori luogo. Le si spezzò il cuore a vederlo in quello stato per colpa sua. “Jean…Jean…- lo chiamò – perdonami piccolo…non pensavo quello che ho detto, lo so che non è colpa tua e che non puoi farci nulla…” disse cercando di farsi guardare, voleva ardentemente asciugargli quelle lacrime ma non poteva farlo “Sono una pessima amica, lo so…ti ho fatto piangere e non volevo…perdonami…” Jean Cloud la fissò con i suoi smeraldi resi ancora più brillanti dalle lacrime, aveva un’espressione così persa e demoralizzata. “Saphyne…se tu mi dovessi lasciare io…io non avrei più nulla per continuare a vivere…mi sentirei perso senza di te…” mormorò “Però…non posso neppure tenerti con me se…beh…non lo desideri più…” “Shh…non dire queste cose…e non ascoltarmi quando parlo per rabbia…” abbozzò un sorriso dolce “Ricordati sempre della promessa che ti ho fatto…resterò sempre con te, qualcunque cosa accada…e se dico cose che ti fanno soffrire dimmelo, sgridami pure…ma non subire passivamente le mie parole per affliggerti così dopo…” “Ma…ma io non potrei mai…a-arrabbiarmi con te…” si giustificò. “Oh Jean…sei troppo buono…non mi stancherò mai di dirtelo…” Lo spirito continuò a consolarlo ed a rassicurarlo che non lo avrebbe mai lasciato solo…fece di tutto per rimediare al danno fatto ed alla fine i suoi sforzi furono premiati, riuscì a strappargli un sorriso anche se le sarebbe piaciuto farlo ridere come faceva un tempo…ma ormai era una cosa rara vederlo ridere con spensieratezza. La sera giunse in fretta e con essa il lavoro di Jean Cloud…Saphyne lo vide prepararsi ed uscire dalla sua camera per andare in uno dei grandi salotti al piano terra, pronto ad accogliere gli ospiti di quella notte e silenziosamente pregò gli dei affinchè mandassero qualcuno a salvare quell’angelo prima che gli fossero spezzate completamente le ali.
E gli dei sembrarono ascoltare la sua preghiera…o chi al loro posto…forse fu solamente uno scherzo del destino…ma a Parigi giunse un uomo completamente diverso dagli altri uomini e questi tra tutti notò proprio Jean Cloud. Quest’uomo si presentò come un nobile tedesco di nome Harmidias von Adler ed una notte, neanche un mese dopo quella vicenda, giunse al palazzo di Philbert in cerca di compagnia…anche se sarebbe stato più preciso dire in cerca di una preda con cui nutrirsi. I suoi piani di quella notte però furono stravolti quando vide un ragazzo dai capelli biondi come l’oro e dal volto angelico seduto su una panchina in quel giardino illuminato da semplici lanterne…a chiunque altro sarebbe parso che quel ragazzo stesse parlando da solo al vento ma Harmidias sapeva che c’era qualcun altro con lui…qualcun altro o qualcosa che lui stesso non poteva vedere, anche se ne percepiva chiaramente la presenza…così entrò nel bordello con intenzioni completamente diverse da quelle iniziali. Dopo una lunga ed assai disgustosa discussione con monsieur Philbert, uomo che ritenne di un bassezza morale indescrivibile, richiese la compagnia per quella notte del ragazzo che aveva intravisto in cortile e quando Jean Cloud arrivò davanti a loro, rimase esterefatto dalla bellezza dello straniero. Era alto, molto alto…aveva dei corti capelli castano ramati ed occhi azzurri come il ghiaccio…la sua carnagione era terribilmente pallida e faceva invidia alla maggior parte di quei nobili che erano incipriati fino alla punta dei capelli. Una volta ripresosi condusse Harmidias nella sua camera da letto e li si voltò a fissarlo in attesa di sapere cosa fare. “Signore…quali sono le vostre richieste per questa notte?” chiese con voce tranquilla ed uno dei suoi soliti falsi sorrisi sulle labbra. L’uomo lo fissò e scosse il capo e gli si avvicinò. “Non desidero il tuo corpo ragazzo, seppure tu sia di una rara bellezza devo ammetterlo…non ti ho comprato per questo.” Jean Cloud lo fissò non poco sorpreso e perplesso. “Signore…non capisco…se non mi desiderate allora perché siete qui? Se non vi vado bene potete sempre scegliere qualcun altro di vostro gradimento…” “No…non è questione di gradimento o meno…sei proprio tu che voglio solo non bramo il tuo corpo…desidero semplicemente parlare con te, è così difficile crederlo?” e leggendo la sempre maggiore perplessità nel suo sguardo abbozzò un sorriso divertito “Immagino di si…non penso capiti molto spesso che qualcuno ti chieda semplicemente di conversare con lui ma è proprio questo quello che voglio…pensi di potermelo concedere?” “C-certamente signore…sono vostro per tutta la notte…potete fare quello che desiderate con me” Harmidias non disse nulla sulla sua scelta di parole e si andò a sedere ad uno dei divanetti presenti nella stanza e fece segno a Jean Cloud di sedere in quello accanto a lui. Inizialmente la conversazione fu difficile, Jean Cloud si sentì in imbarazzo e non poco in soggezione a fare qualcosa che non gli veniva richiesta da anni…oh si, era abituato a parlare con i suoi clienti quando ne capitava l’occasione ma questi non volevano mai sapere cose personali su di lui e solitamente la loro voglia di parlare finiva in pochi minuti, passando poi a concentrarsi su altro. Harmidias però era una persona paziente e lentamente riuscì a far sbottonare Jean Cloud ed entrambi passarono una piacevole quanto inaspettata serata…poi il nobile tedesco, verso le prime ore del mattino, quando era ancora buio si congedò, con la promessa di tornare presto a trovarlo. E fu così. Un paio di giorni dopo tornò e si verificò la stessa cosa della volta precedente…salirono in camera sua e lì passarono tutta la notte a conversare, anche di frivolezze, con l’unica eccezione che quella sera era presente anche Saphyne, la quale era rimasta incuriosita dal racconto dell’amico su quello strano individuo. Lei capì subito che quell’uomo non era ciò che voleva apparire, non ne aveva visti molti della sua razza ma li sapeva riconoscere…però non disse nulla a Jean Cloud di tutto ciò, si limitò a dirgli di stare sempre in guardia attorno a lui anche se quel tipo non le aveva dato l’impressione di voler fare del male al suo amico…ma neppure Philbert gliel’aveva data, quindi preferì supervisionare tutti i loro incontri di persona. Questi incontri infatti andarono avanti per parecchio tempo…e man mano che i giorni passavano Jean Cloud si sentiva sempre più a suo agio in compagnia di Harmidias…gli confidò addirittura il suo piccolo segreto ed a sua enorme sorpresa il nobile non reagì come tutti gli altri nel sapere il suo potere bensì ne fu sinceramente affascinato ed incuriosito…poi una sera Harmidiar decise di fargli la grande proposta. “Jean Cloud, ascolta…se lo desideri posso liberarti da questa prigione…posso darti la vita che hai sempre desiderato…però tutto questo ha il suo prezzo.” disse con voce seria mentre lo fissava dritto negli occhi. A quelle parole lo sguardo di Jean Cloud si illuminò di una luce piena di speranza ma aspettò ad esultare, doveva prima ascoltare le sue condizioni. “Vi ascolto monsieur.” Harmidias sembrò riflettere alcuni istanti prima di parlare. “Dovrai rinunciare alla tua vita mortale, ragazzo, e votarti alla notte…la tua amica – riferendosi a Saphyne – deve averlo già capito da tempo che io non sono un semplice umano…sono una creatura delle tenebre, che vive di notte e si nutre del sangue di voi mortali…quindi se desideri che ti porti via con me dovrai abbandonare la tua umanità…pensi di poterlo accettare?” Il biondino lo fissò sorpreso…doveva ammettere di aver notato qualcosa di ‘diverso’ in lui…ma mai avrebbe pensato una cosa del genere. Non che la cosa lo sconvolgesse più di tanto…in fondo lui era uno che riusciva a parlare con gli spiriti… Lanciò un’occhiata a Saphyne come per chiederle consiglio. “Sta a te decidere Jean Cloud…potrebbe aspettarti una vita migliore di questa…comunque sappi che io continuerò a seguirti, qualunque sia la tua scelta…” gli disse con un sorriso. Il ragazzo allora tornò a fissare Harmidias. “Signore…se io, beh, accettassi…quali sarebbero le conseguenze? Quali sarebbero le mie…mansioni?” chiese un po’ incerto. “Te l’ho detto…non sarai più umano…sarai morto ma allo stesso non lo sarai…sarai un non-morto che avrà la possibilità di vivere in eterno, di mantenere quell’aspetto giovane fino alla fine dei tempi…vivrai solo di notte perché il giorno sarà tuo nemico…ti nutrirai di sangue come me…” e vedendo Jean Cloud assumere un’espressione preoccupata si affrettò a rassicurarlo “Non temere…non sarai costretto ad uccidere se non lo vorrai…ti insegnerò tutto col tempo…e per quanto riguarda le tue ‘mansioni’, sapendoti un appassionato di libri e della cultura, svolgerai ricerche per me…diventerai uno studioso…ti alletta l’idea?” sorrise. Jean Cloud sembro riflettere alcuni istanti sulla proposta ma dentro di sé sapeva già quello che avrebbe scelto…qualsiasi vita sarebbe stata migliore di quella che stava vivendo adesso e poi i libri…la possibilità di approfondire le proprie conoscenze ed avere un’eternità per farlo, era una possibilità alla quale non si poteva dire di no… “Accetto” disse alla fine con un lieve sorriso. “Bene…sono lieto di sentirtelo dire…una persona speciale come te era sprecata in posto come questo” disse alzandosi in piedi, ormai la notte era quasi giunta al termine “Concedimi tre giorni per organizzare la tua ‘fuga’…non vorrei dovermi preoccupare di essere seguito da dei miseri umani che ti rivogliono in dietro…” “Certo…capisco…aspetterò che vi facciate vivo…” disse con un sorriso un po’ imbarazzato. Così Harmidias si congedò anche quella notte, lasciando Jean Cloud con la speranza di avere il suo sogno più grande realizzato. Il vampiro passò le sere seguenti ad organizzare la sparizione del ragazzo…per prima cosa provò le vie diplomatiche, proponendo a Philbert una notevole somma di denaro per acquistare Jean Cloud ma il nobile rifiutò, non volendo perdere una delle sue fonti migliori di guadagno. A questo punto ad Harmidias non rimase che usare le maniere forti. Nella villa di Philbert de La Rose si verificò uno strano incendio, che non si seppe mai da cosa fu provocato con certezza…in quell’incidente un’intera ala del palazzo andò distrutta e in essa morirono alcuni dei ragazzi che vi lavoravano dentro…i cadaveri furono addirittura contati ed il numero tornava alla perfezione…e vista la condizione dei corpi a nessuno venne mai da pensare che in quell’incendio ci fu un sopravvissuto.
*Fine*
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