Parte: 2/8
Note: Io mi sono divertita a scriverla spero che vi
piaccia. ^^
T.A.P. Tecnological Angel Project
di Naika
*** "Angelo. Così mi chiamano. Ma io non ho ali e il
mio unico potere è il fuoco dell'inferno." ***
Roxane Heinzer
Brand ascoltava distrattamente il suo interlocutore, mentre il paesaggio
scorreva al di là del finestrino, l'attenzione catalizzata dalla figura di
quel ragazzo sottile che osservava il lento migrare della pianura con uno
sguardo lontano. Sembrava turbato. Si chiese chi o che cosa l'avesse
infastidito cercando attorno a lui, ma sembrava tutto tranquillo. Si
concesse di ammirare la sua figura sottile per qualche secondo ancora prima
di riportare l'attenzione sul professore di scienze. Quando il preside gli
aveva chiesto di accompagnare gli studenti Brand aveva acconsentito ben
volentieri. Avrebbe potuto passare due giorni con lui.
Bhe con lui e un'altra quarantina di studenti pensò tra sé con un sorriso,
imponendosi di non fantasticare troppo. Da quando si erano scontrati in
corridoio non aveva più avuto modo di vederlo gran che.
Giunsero a destinazione poche ore più tardi. I ragazzi si affollarono
attorno all'autobus per prelevare i loro bagagli progettando allegramente
come occupare quella unica notte che avevano a disposizione. Con grande
disappunto Brand non ebbe molte occasioni di vedere il ragazzo che sparì
immediatamente insieme agli altri per l'assegnazione delle camere. Deran
depositò la sacca da viaggio a fianco del letto nella piccola stanza che
divideva con Marc e Lucas. Non ebbero molto tempo per sistemare le loro
cose, il professore di scienze bussò alla loro porta intimando loro di
sbrigarsi dovevano ritrovarsi tutti nella piccola hall di quello che più
che un hotel era un rifugio, lo zaino in spalla pronti per la prima
escursione. "Bha" commentò soltanto Lucas quando il prof spiegò
loro l'itinerario che avrebbero seguito.
Camminarono a lungo per un stretto sentiero di montagna mentre l'insegnante
illustrava le caratteristiche di questa o quella piante ricordando loro che
avrebbero dovuto redarre una relazione al loro ritorno a scuola. Presero la
funivia e salirono fino a 300 metri. Data l'ora il professore concesse un
paio d'ore per il pranzo intimando loro di non perdersi mentre la guida
alpina che li aveva accompagnati si recava al piccolo museo di storia
naturale che sorgeva sull'altura e che sarebbe stata meta degli studenti
dopo il pranzo. Deran si allontanò dagli altri ragazzi alla ricerca di un
angolo di tranquillità. Camminò per un po' tra le rocce e gli arbusti
bassi finché non giunse in un piccolo spazio che dava su uno strapiombo. Si
sedette sul bordo godendosi il profumo del vento leggero sul volto. Lì
sospeso nel vuoto, chiuse gli occhi chiedendosi cosa provava il falco a
solcare quel cielo limpido e chiaro. Tornò ad aprire gli occhi fissando con
desiderio il vuoto sotto di lui. Chissà cosa sarebbe successo se avesse
saltato. "E' pericoloso stare qui" Deran sussultò voltandosi
verso il compagno di classe che contrariamente a quanto aveva affermato si
era ora accomodato sul ciglio con lui. Marc gli sorrise tranquillamente
lanciando un'occhiata all'abisso ai suoi piedi. "In un certo senso è
invitante non è vero?" gli chiese piano con tono stranamente serio che
fece correre un brivido lungo la schiena di Deran.
Marc lo vide rabbrividire e rise. "Dicevo per dire.
Non ho intenzione di buttarmi di sotto!" esclamò.
Deran annuì stupidamente alzandosi e spolverandosi i pantaloni, "Il
prof ci sta chiamando" balbettò. Marc lo seguì con un sorriso
divertito.
Il museo non era un gran che. Fotografie, qualche animale imbalsamato e
disegni di alberi e piante. Gli studenti girarono le sale chiacchierando tra
loro.
Dopo il primo tentativo di spiegazione il prof di scienze si era arreso e
aveva concesso agli studenti di girare a loro piacimento per le sale. Deran
si era staccato dagli altri come al solito infilandosi in una piccola
saletta dedicata ai rettili di montagna.
C'erano fotografie alle pareti come in tutte le altre stanze ma qualcosa in
particolare attirò la sua attenzione. Sotto una gigantografia di una vipera
comune stava un contenitore di vetro. In un liquido ambrato galleggiava la
pelle arrotolata del rettile.
Brand si guardò intorno cercando con lo sguardo tra gli studenti un paio di
occhi dorati. Lo scorse solo per un secondo prima che s'infilasse in una
sala laterale, facendosi largo tra i ragazzi si diresse anch'egli da quella
parte.
Deran non riusciva a staccare lo sguardo dai resti dell'animale. Un
corpo che galleggiava in un contenitore di vetro.
Nella sua mente a quell'immagine se ne sovrappose un'altra. In un altro
luogo. In un altro contenitore, molto più grande. Un corpo che galleggiava
in un liquido denso. Il corpo di un bambino...
Si portò le mani alla testa mentre la stanza prendeva a ruotare
furiosamente attorno a lui.
Si sentiva soffocare. Stava sudando copiosamente e i vestiti gli si erano
appiccicati addosso.
Doveva uscire, doveva uscire in fretta da quella stanza ma non riusciva a
muoversi.
"Hei stai bene?" non l'aveva sentito arrivare. Il professor North
gli posò una mano sulla spalla con gentilezza preoccupato dal pallore
mortale del ragazzo. Deran non gli rispose continuava a fissare il barattolo
di vetro con occhi colmi di terrore, Brand seguì il suo sguardo e capì.
"Usciamo di qui!" disse afferrando il ragazzo per un braccio e
trascinandolo letteralmente fuori sulla terrazza. Non appena l'aria fredda
colpì il volto pallido del giovane, Deran sembrò riprendersi. Si guardò
attorno confuso. "Va meglio?" gli chiese premurosamente Brand
chinando il capo per osservarlo negli occhi. Deran rimase immobile a fissare
quel volto a pochi centimetri dal suo mentre il cuore cominciava a pulsare
violentemente nel petto.
Il colore affluì violentemente al volto pallido facendo preoccupare ancora
di più il professore. "Non è che hai la febbre?" chiese
allungando una mano per poggiargliela sulla fronte ma il ragazzo si scostò
in fretta "Sto benissimo!" esclamò balzando indietro e fuggendo
letteralmente dalla terrazza e dalla sala.
Quasi si scontrò con Lien che stava entrando in quel momento con Ellen e
Alissia. "Che faccia!" esclamò Alissia stupita, "Deve aver
visto questo!" commentò con orrore Ellen indicando il contenitore di
vetro.
Lien corrugò la fronte preoccupata tornando a fissare la porta da cui Deran
era sparito. "Professore!" cinguettò Alissia riportandola alla
realtà.
"Buongiorno ragazze state prendendo appunti?" chiese Brand con un
sorriso, Alissia annuì veementemente mentre Ellen non poteva fare a meno di
arrossire.
Ancora quella stupidissima sensazione di calore allo stomaco. Perché ogni
volta che quell'uomo si avvicinava a lui Deran provava l'irresistibile
tentazione di buttarglisi tra le braccia e allo stesso tempo di scappare il
più velocemente possibile?
Nessuno era mai riuscito a turbarlo tanto. E questo lo spaventava. Credeva
di aver imparato a tenere tutto e tutti a distanza, ma a quell'uomo che
nemmeno conosceva bastava uno sguardo per abbattere i suoi muri, distruggere
le sue difese. E poi ci si mettevano pure le visioni. Non riusciva ancora a
capire che cosa aveva visto ma era riuscita a terrorizzarlo, che cosa
sarebbe successo se il professore non lo avesse cercato? Era stato così
sollevato nel vederlo! In
qualche modo il professore l'aveva salvato, salvato dai suoi stessi ricordi.
Forse stava impazzendo. Non doveva farsi sconvolgere così. Nessuno doveva
aver quel potere su di lui. Aveva già sofferto tanto. Ogni volta che
abbassava la guardia il colpo giungeva duro e preciso. Non avrebbe più
commesso lo stesso errore.
A nessuno avrebbe permesso di turbare ancora la sua leggera pace di
ghiaccio. A nessuno.
Quella sera Marc e Lucas partirono per le loro scorribande notturne armati
di torcia e macchina fotografica. Avevano chiesto a Deran se desiderava
unirsi a loro ma il ragazzo aveva rifiutato. Era stanco e confuso, aveva
voglia di dormire.
Eppure prendere sonno fu difficile, si girò e rigirò nel letto irrequieto
ripensando a quanto era successo al museo, mentre visioni confuse gli si
accavallavano nella mente. Alla fine la stanchezza ebbe la meglio e Deran si
addormentò ma i suoi sogni furono popolati da rettili, enormi contenitori
di vetro e occhi viola che si ammassavano uno sull'altro creando visioni
prive di senso. Deran si svegliò di soprassalto madito di sudore,
un'occhiata alla sveglia gli confermò che era prestissimo, le quattro del
mattino. Aveva fatto un incubo terribile. Lo avevano rinchiuso in un enorme
contenitore di vetro e messo in una grande sala dove i suoi compagni di
classe giravano armati di blocchetto per gli appunti e camice bianco
annotando tutto quello che lui faceva. Scosse il capo con forza cercando di
allontanare la sensazione d'inquietudine che gli dilaniava l'anima. Marc e
Lucas non erano ancora tornati . Si alzò e raccolta la giacca a vento
decise di fare due passi per schiarirsi le idee. Il corridoio era deserto e
lo portò direttamente alla piccola sala da pranzo. Aprì una delle ampie
porte finestre e uscì sul terrazzo ad osservare lo spettacolo dei monti
intagliati su uno sfondo si stelle. "Che cos'è successo oggi
Brand?" una voce leggera, femminile, la voce della capo classe veniva
da sotto il portico. Che cosa ci faceva in piedi a quell'ora?! "Non lo
so di preciso" Deran non riusciva a vederli ma riconobbe subito la voce
del Professor North. Il professore e Lien????? "Dobbiamo fare molta
attenzione temo che anche loro siano qui" mormorò Lien, Deran non
riusciva proprio a capire di che cavolo parlavano quei due.
Sentì il professore sospirare e poi lo scricchiolio della porta che si
apriva e richiudeva. Non ci aveva capito niente. Gli sembrava di aver appena
ascoltato qualcosa che lo riguardava ma non aveva idea del perché.
Rabbrividì stringendosi nella giacca a vento, doveva tornare in camera.
Il mattino seguente il gruppo si preparò per un'altra interminabile
scampagnata. Deran sorrise quando Lucas fece l'ennesimo sbadiglio. "A
che ora siete tornati ieri sera?" chiese divertito Marc posò su di lui
due occhi cerchiati "Saranno state le cinque" borbottò
"Cinque e mezzo" rettificò Lucas con l'ennesimo sbadiglio
"Non vedo l'ora di tornare a casa per
buttarmi a letto!" "Io invece correrò dal fotografo!" esclamò
Marc emergendo dal suo torpore con un sorriso e battendo un colpetto sul suo
zaino con un sorriso.
"Sono proprio curioso di vederle queste fotografie!" commentò
divertito Deran.
Il resto della giornata si svolse senza intoppi e alle nove e mezza
l'autobus depositò gli studenti di nuovo davanti all'ingresso scolastico.
Il giorno dopo il preside li aveva esentati dalle prime ore di lezione ma
probabilmente nessuno si sarebbe presentato.
Marc portò le foto tre giorni più tardi. A parte un paio di paesaggi erano
tutti soggetti femminili. Ce n'era qualcuna mossa ma nel complesso i ragazzi
furono soddisfatti. Nella maggior parte di esse poi c'era la biondina che
l'aveva quasi colpito con il pallone il primo giorno. "Faremo un sacco
di soldi!!" esclamò Lucas osservando una foto particolarmente
riuscita.
Deran lo fissò confuso "Come scusa?" chiese "Ma sì
vendendole ai ragazzi di prima!" disse Marc sventolandogliele sotto il
naso. "Anche la nostra capoclasse è molto richiesta" disse Lucas
abbassando la voce ad un sussurro "Ma non siamo proprio riusciti a
trovarla quella sera sembrava scomparsa!" Deran annuì distrattamente
ricordando il dialogo che aveva sentito casualmente. Chissà se tra la
studentessa e il professore c'era qualcosa. Avevano un modo di parlare molto
complice anche se a scuola non si salutavano neanche quella sera lei lo
aveva chiamato addirittura per nome. Chissà perché ma quel pensiero gli
dava fastidio. Scacciò il pensiero com'era venuto riportando la sua
attenzione sui discorsi dei ragazzi.
"Migliori a vista d'occhio!" si complimentò Marc una settimana più
tardi sul campo da basket. "Ormai potresti giocare già una
partita." Aggiunse Lucas ma il ragazzo scosse il capo, "Non mi
sembra il caso" "Perché no?" disse Jack avvicinandosi al
gruppetto, "Comunque quella di sabato è solo un amichevole, non devi
preoccuparti anche se combini qualche disastro" disse il capitano
facendo spallucce. Alla fine decise il coach per lui. E così sabato Deran
fu reclutato per la partita. "Vedrai che ci divertiremo!"
esclamò Marc entusiasta, Deran era un po' preoccupato non gli andava di
fare brutte figure.
Giunse a casa che erano quasi le otto di sera, tuttavia Melany non fece
nessun commento intenta com'era a guardare la tv, seguì il passaggio del
ragazzo con aria distratta dicendogli che forse trovava ancora qualcosa nel
frigo. Deran prese una mela e un pacchetto di crecker e andò in camera sua.
Buttò la cartella su una sedia e si sedette sul letto sgranocchiando il suo
spuntino, accese la tv e prese a zizzagare tra i canali alla ricerca di
qualcosa di interessante, si fermò quando vide la telecronaca di una
partita di pallacanestro. All'inizio la guardò semplicemente perché non
c'era nient'altro di interessante, ma lentamente si ritrovò a studiare i
movimenti dei singoli giocatori e più guardava più gli sembrava che i loro
passaggi rallentassero permettendogli di cogliere ogni singolo gesto. I
rumori attorno a lui divennero mano a mano più lontani finche non rimase
solo la voce del cronista e uno strano tintinnio metallico di sottofondo.
"Abbassa il volume di quell'affare!" tuonò l'assistente sociale
piombando improvvisamente davanti a lui e spegnendo la tv. Deran alzò
lentamente il capo spostando uno sguardo grigio ghiaccio su di lei. La donna
sussultò ritraendosi. "E non guardarmi così" gridò con voce
resa stridula dalla paura. Alzò una mano e lo schiaffeggiò con forza.
Deran si portò una mano alla guancia ma quando alzò di nuovo il capo i
suoi occhi erano tornati normali. "Fuori!" mormorò di rimando e
la donna se ne uscì sbattendo la porta e chiudendola a chiave
dall'esterno. Deran si stese e chiuse gli occhi con un sospiro. Stava
succedendo sempre più spesso.
Il sabato seguente giunse al campo abbastanza nervoso.
Era da tanto tempo che non provava una sensazione simile. Era da tanto tempo
che non provava qualche sensazione era quasi piacevole scoprire di esserne
ancora capaci. "Tranquillo!" esclamò Lucas battendogli una manata
sulla schiena che gli tolse quasi il respiro. Fortunatamente sugli spalti
della palestra c'erano ben poche persone. Un paio di amici e parenti dei
giocatori e qualche insegnante delle scuole vicine che era venuto a vedere
come se la cavavano gli avversari. Tuttavia Deran sussultò nell'incontrare
un paio di occhi viola fissi su di lui. Non l'aveva più visto dal giorno
della gita, non voleva ammetterlo nemmeno con se stesso, ma lo aveva
cercato. Si era ritrovato spesso senza volerlo nei pressi della sala
professori a guardarsi intorno alla ricerca della sua alta figura. L'arbitrò
fischiò facendolo sussultare e il gioco iniziò. Marc riuscì quasi subito
a impadronirsi della palla anche se non riuscì a fare canestro. Anche Deran
ebbe qualche occasione ma preferì passare la palla a Lucas o a Jack perché
tentassero di segnare, non era ancora sicuro di riuscire a centrare il
canestro. Tuttavia verso la fine del secondo tempo, quando ormai era chiaro
che la partita era persa, gli capitò di trovarsi con la palla in mano e
senza nessuno a cui passarla. D'un tratto mentre guardava l'avversario
venire verso di lui per soffiargli la palla gli tornarono alla mente i
giocatori che aveva visto alla tv. Se fosse riuscito a fare come loro...
Cominciò a muoversi senza nemmeno rendersi conto di quello che faceva, passò
il primo dei ragazzi che si fece avanti e poi il secondo e il terzo, mentre
nella sua mente passo dopo passo si ripeteva l'immagine del giocatore che
aveva visto e quando fu sotto il canestro saltò. Deran si riscosse solo nel
momento in cui la palla rimbalzò sul pavimento. Dal silenzio che c'era in
palestra capì che era successo qualcosa.
Aveva di nuovo perso il controllo. Si voltò verso Lucas che lo fissava ad
occhi sgranati. Poi qualcuno applaudì e l'arbitro fischiò segnando la fine
dell'incontro. "Incredibile" mormorò Jack facendosi avanti
"uno slam dunk" mormorò. Anche il coach gli fece i complimenti
per l'azione, Deran voltò il capo verso gli spalti cercando
inconsapevolmente il suo sguardo, ma il posto del ragazzo biondo era vuoto.
"Non mi sembri felice" mormorò Marc quando si ritrovarono nello
spogliatoio. Erano rimasti soli dato che gli altri erano andati a
festeggiare al bar, Deran aveva rifiutato il loro invito e Marc intuendo che
c'era qualcosa che lo turbava aveva deciso che li avrebbe raggiunti solo più
tardi. "C'è qualcosa che non va?" gli chiese un po' preoccupato
Marc. Deran scosse il capo "Non è niente" disse. "Sai quando
ti sei lanciato verso il canestro mi è sembrato ..." s'interruppe e
sorrise "Bhe è una stupidaggine!" commentò riponendo la maglia
nella sacca "Cosa?" gli chiese Deran avvertendo una morsa allo
stomaco, "Bhe" mormorò Marc sedendosi accanto a lui e fissandolo
negli occhi "Mi è sembrato che qualcosa fosse cambiato" disse
cercando di spiegarsi "La tua espressione è diventata fredda e i tuoi
occhi, mi è sembrato che cambiassero colore" arrossì "Sto
parlando a vanvera" commentò alzandosi e dirigendosi verso l'uscita.
"No, è successo davvero" le parole di Deran lo bloccarono sulla
soglia, Marc si voltò a guardarlo e sussultò nel vedere il dolore negli
occhi dorati dell'amico. "Non so perché, non so come ma a volte
succede..." Deran s'interruppe e sospirò scuotendo il capo. Marc tornò
nella stanza "Ti è successo anche il primo giorno di scuola
vero?" gli chiese. Deran annuì, "Di solito succede se ho paura o
sono particolarmente sotto tensione" mormorò. "E' come se ci
fosse qualcun altro dentro di me che prende il sopravvento" mormorò
tormentandosi le mani. "Bhe capita a tutti qualche volta di
concentrarsi tanto su qualcosa da estraniarsi da tutto il resto" disse
Marc scuotendo il capo e poggiandoli con fare rassicurante una mano sulla
spalla. Deran annuì cercando di riacquistare una parvenza di serenità
mentre accompagnava Marc al parcheggio dov'era rimasto solo il suo scooter e
la sua bicicletta. "Se fossi in te non mi preoccuperei!" gli disse
con un sorriso prima di abbassare la visiera del casco e sparire lungo la
strada. Deran lo guardò allontanarsi e sospirò tristemente, Marc non
poteva sapere che cosa sarebbe successo se avesse davvero perso il
controllo.
Il giorno dopo Alissia non perse occasione per punzecchiare Lucas.
"Allora avete perso anche ieri?" gli chiese andando ad
appollaiarsi sul suo banco.
Lucas le lanciò un'occhiataccia "Tranquilla il numero delle nostre
sconfitte non sarà comunque mai pari al numero dei tuoi fidanzati!" la
ragazza arrossì indignata e i due cominciarono a bisticciare. Deran li fissò
stupito mentre gli insulti volavano dall'uno all'altro "Fanno sempre
così" commentò Marc ignorando i due e andando a sedersi sul suo
banco. "Hei Ellen" chiamò invece, la ragazza che stava copiando
gli appunti di storia per l'amica alzò il capo dal libro, Marc le fece
cenno verso i due litiganti e lei alzò gli occhi al cielo. "Tutte le
mattine la stessa storia" commentò alzandosi "Sono due anime
gemelle" le rispose Marc con un'alzata di spalle, lei sbuffò di nuovo
e andò a recuperare l'amica mentre Marc distraeva Lucas. "Quella
vipera!" esclamò questi, Marc rise, "Se non ci foste voi due
questa classe sarebbe un mortorio" commentò "Se i suoi due
fratelli non fossero grandi e grossi come armadi, le insegnerei io ad
offendere." Borbottò. "E' il suo modo di attirare la tua
attenzione" gli disse Marc con un'alzata di spalle. Lucas borbottò
qualcosa di incomprensibile allontanandosi. "Sono sicuro che finiranno
per mettersi insieme" disse Marc e poi colto da un ensiero improvviso
si voltò verso Deran che aveva seguito tutta la scena in silenzio. "Di
un po'" disse con un sorriso che non prometteva niente di buono "A
te piace qualcuno?" Deran lo fissò stupito "In che senso?"
chiese senza capire "Dai hai capito, hai adocchiato qualche bella
ragazza che ti piacerebbe conoscere qui a scuola" Deran arrossì
affrettandosi a scuotere il capo. Perché cavolo gli erano venuti in mente
dei capelli biondo cenere lisci come la seta? "Che ne dici di Ellen?"
gli chiese ancora, Deran lo fissò corrugando la fronte, di che cosa stavano
parlando? Ah sì giusto, ragazze. "Bhe è una ragazza carina"
commentò distratto, non riusciva proprio a toglierselo dalla testa. Marc
annuì "secondo me lei sarebbe proprio il tuo tipo!" esclamò
"Che ne dici se ti combino un appuntamento?" "Tu sei
pazzo" borbottò Deran riscuotendosi di scatto dai suoi pensieri
"Sarebbe perfetto!" commentò Marc partito in quarta
"Potremmo andare al luna park tutti e sei insieme."
"Sei?" chiese Deran a cui non tornavano i conti "Tu, Ellen,
Lucas, Alissia, io e Lien!" "La capo classe?"
chiese Deran stupito Marc annuì "Lei m'interessa in
modo particolare" nello sguardo gli brillò per un
attimo una strana luce, "Non trovi che sia bellissima"
chiese con un sorriso "Lascia stare non hai
speranze!" commentò con un sogghigno Lucas prendendo
il quaderno di Deran "Hei non hai fatto gli esercizi
di matematica!" esclamò offeso "e io da chi li copio"
"Non guardare me" disse Marc alzando entrambe le mani
in segno di resa "Andrò a chiederli all'arpia"
commentò Lucas dirigendosi verso il banco di Alissia.
La porta della classe si aprì annunciando l'arrivo del
professore. Deran rimase paralizzato, nel momento
stesso in cui entrò in classe. Ci fu un bisbiglio
meravigliato tra gli studenti. "La vostra
professoressa ha chiesto un periodo di ferie per cui
per i prossimi due mesi la sostituirò io" spiegò con
voce profonda il nuovo arrivato scrivendo il proprio
nome alla lavagna. Aveva una bella voce. Deran non
capì neanche una parola di quello che disse era troppo
impegnato a guardarlo e a sentirlo. Si accorse di
essere ridicolo quando Marc gli diede una gomitata
"Hei Deran ti sei incantato?" gli chiese con un
sorriso scuotendolo. Deran scosse il capo in fretta
cercando si schiarirsi le idee, perché proprio lui?
Brand spiegò conscio per tutto il tempo del suo
sguardo fisso su di sé. Deran era incosciente quando
si erano incontrati per la prima volta, allora era
solo un bambino spaventato adesso invece era un
ragazzo e il suo sguardo dorato lo trapassava carico
di domande. Possibile che ricordasse? Sono passati
dieci anni, pensò tra sé, dieci anni che ho passato a
cercarti.
Deran uscì di scuola pensieroso ma non appena
oltrepassò il cancello scolastico avvertì uno strano
suono metallico che lo fece sussultare. "Cosa c'è?"
gli chiese Lucas osservandolo stupito "Non hai
sentito?" "Sentito cosa?" gli chiese il ragazzo, Deran
scosse il capo "Me lo sarò immaginato" mormorò, "E' la
scuola che ci rovina così!" esclamò Lucas avviandosi
verso casa. Deran invece si allontanò nella direzione
opposta, nella sua testa riecheggiava ancora quello
strano tintinnio metallico. Un fastidioso cigolio che
si ripeteva all'infinito nella sua mente a cui andavano sommandosi man mano tutti i rumori della
città come se ci fosse qualcosa che li amplificava. Si
portò le mani alla testa tappandosi le orecchie mentre
il rumore cresceva d'intensità, voltò per un vicolo
scuro cercando di fuggire a quel fracasso che gli
otturava la mente, camminava sempre più in fretta
infilandosi tra le stradine del quartiere mentre il
cuore gli tamburellava in petto dolorosamente.
Cominciò a correre senza nemmeno rendersene conto,
cercando disperatamente di scappare da quella strana
sensazione che si sentiva montare dentro. Giunse ad un
cantiere abbandonato. Lì almeno i suoni giungevano con
meno forza, tuttavia quella fastidiosa sensazione di
nervosismo si rifiutava di abbandonarlo, l'odore della
morte era tanto forte da rendergli quasi difficile
respirare, qualsiasi cosa guardasse marciva e si
riduceva in cenere davanti ai suoi occhi, sapeva che
quanto stava vedendo non era reale ma non riusciva a
liberarsi da quelle visioni. Cercò rifugio in un
palazzo che era stato cominciato e mai finito per
mancanza di fondi dal comune. Alcuni attrezzi erano
rimasti tra le impalcature ormai arrugginite, come un
enorme scheletro con le dita tese verso il cielo
indifferente per chiedere pietà. Ignorò i numerosi
gatti randagi che sonnecchiavano sui muretti sdruciti
di quella che sarebbe dovuto diventare una fontana.
'Edificio pericolante' diceva un vecchio cartello
scarabocchiato con lo spray. Lo sorpassò e cominciò a
salire i gradini uno ad uno fino a che raggiunse
l'ultimo piano. Si sedette su una vecchia lamiera
lasciando la cartella tra la polvere e cercando di
riprendere fiato, alcuni piccioni presero a litigare
furiosamente per qualcosa trovato tra la spazzatura
facendolo sorridere, da lì poteva ammirare gran parte
della città, sorrise di nuovo quanto erano piccoli gli
uomini, quant'erano fragili le loro case, con un unico
gesto avrebbe potuto cancellarli tutti. Non ci sarebbe
stato più dolore e finalmente quegli inutili insetti
avrebbero finito di correre, costruire, riprodursi
producendo quel fastidioso rumore. Quel ronzio che gli
dilaniava l'anima. Tese la mano destra verso il paese,
sarebbe bastato un solo gesto. Scosse il capo con
forza, ma cosa stava facendo? pensò atterrito
abbassando in fretta la mano tesa. Si stese tra le
macerie respirando l'odore della polvere e del ferro
cercando di calmarsi, chiuse gli occhi e serrò i pugni
allontanando ogni pensiero, ogni sensazione, il rombo
nella sua testa crebbe d'intensità e Deran strinse la
mascella, non devo, non devo farlo, gridò a sé stesso
cercando con tutte le sue forze di allontanare quella
fredda voce interiore che gli sussurrava, brucia.
Era ormai buio quando riaprì gli occhi, si massaggiò
le braccia indolenzite e spolverò i pantaloni della
divisa scolastica. Era stanco e aveva freddo ma almeno
era riuscito a calmarsi. Scese al buio i gradini
sdruciti evitando i pezzi di muro crollati. Che cosa
gli era successo? Era andato così vicino a ripetere
quanto era successo dieci anni prima che il solo
pensiero gli metteva i brividi. Avvertiva ancora
quella fredda determinazione e il distacco con la
quale aveva deciso di sterminare l'intera cittadina.
Stava per dirigersi verso la staccionata che l'avrebbe
riportato sulla strada principale quando con un rumore
di pneumatici e di risate un gruppo di motociclisti
non del tutto sobri, giunse sgommando nella piazza
antistante al palazzo. Il faro del capo banda inondò
con la sua luce dorata Deran immobile davanti a loro.
"Guarda, guarda" esclamò con voce secca il
motociclista che veniva davanti agli altri e che
evidentemente era il capo del piccolo gruppo. "Ti sei
perso ragazzino?" gli chiese con ironia, Deran rimase
immobile in silenzio. "Bhe il gatto ti ha mangiato la
lingua?" gli chiese ancora puntandogli il faro della
grossa motocicletta in pieno viso. Deran rimase
immobile a fissare la luce. Ricordava una luce simile
a quella, molto tempo prima in un enorme laboratorio.
Uno schermo enorme. Un computer gigantesco in una sala
dalle pareti blindate.
I suoni attorno a lui vennero annullati da quel
terribile grido metallico che credeva di aver
allontanato, quel suono che sembrava volergli
perforare la testa e una parola che lampeggiava
furiosamente davanti ai suoi occhi: DELETE. Quella
forza che con tanta fatica era riuscito a controllare
esplose dentro di lui in tutta la sua potenza, il
dolore divenne insopportabile "Lasciatemi in pace
bastardi! " disse scuotendo il capo, rivolto più alle
voci che sentiva nella testa che al gruppo di
teppisti. "Che cosa?" tuonò l'uomo smontando di sella
imitato dai compagni "Il pulcino ha del fegato!"
esclamò uno di loro con un ghigno "Dovrebbe imparare a
trattare con più rispetto i ragazzi più grandi di lui"
suggerì un altro rimboccandosi loquacemente le maniche
della giacca di pelle. Deran non si mosse, non disse
nulla rimase semplicemente a fissarli con due glaciali
occhi grigio argento mentre venivano verso di lui.
Tese la mano destra spinto da un impulso e da una
volontà che non riusciva più controllare, il rumore
metallico aumentò d'intensità divenendo un vero e
proprio canto di gioia, il sangue prese a pulsargli
nelle vene divenendo incandescente, dolore, un dolore
insostenibile che gli lacerava le carni e di cui si
sarebbe liberato solo se avesse colpito. ...brucia!
...brucia! Ogni più piccola particella del suo essere
gridava. Lo schermo del computer esplose e mentre i
suoi occhi venivano abbagliati dalla luce lo scorse di
nuovo, com'era accaduto dieci anni prima quando i suoi
genitori erano morti. Quell'angelo bianco con le
grandi ali spalancate e quegli occhi grigi così simili
ai suoi. ... Lascia che io ti protegga... mormorò con
una terrificante voce metallica che aveva qualcosa di
intimamente familiare. Aveva già dato ascolto a quella
voce. Quando il primo pugno lo colpì alla guancia
Deran lo accolse come una liberazione, quel dolore
reale che andava a coprire quello che gli lacerava
l'anima offuscandogli i sensi. Non fece niente per
scansare i colpi, cadde rovinosamente a terra mentre i
ragazzi si chiudevano a cerchio intorno a lui, un
calcio gli arrivò allo stomaco togliendoli il respiro,
la vista gli si offuscò per il sangue che gli colava
da una ferita alla fronte mentre i teppisti
infierivano su di lui. Il ragazzo che per primo aveva
parlato lo prese per i capelli costringendolo adalzare la testa "Allora ti basta la lezione?" gli
chiese scuotendolo con forza.
"Adesso basta!". Accanto alle moto lasciate
incustodite dai centauri un ragazzo vestito di grigio
li fissava. "E tu chi saresti bellezza?" chiese uno
dei teppisti osservando con scherno i lunghi capelli
biondi del nuovo venuto. Il ragazzo sorrise
assestandosi gli occhiali da lettura sul naso
aquilino. "Il mio nome è Brand" disse facendo un passo
in avanti e tendendo la mano destra verso di loro. La
risposta pungente salita alle labbra del teppista gli
morì sulle labbra quando la scarica elettrica
scagliata dal ragazzo lo fece volare parecchi metri
più indietro. "Ma chi cavolo sei?" esclamò il capo
banda lasciando andare rudemente Deran. "Io sono un
angelo" disse con voce metallica tendendo nuovamente
la mano, la sua figura venne avvolta da piccole
scariche luminescenti che fecero sfrigolare l'aria
attorno a lui mentre gli occhi di Brand diventavano
due polle di luce bianca. I ragazzi se la diedero a
gambe abbandonando il compagno svenuto. "Stai bene?"
Deran alzò la testa a fatica per osservare il suo
professore, di nuovo lui. "Sto bene" disse con voce
impastata prima di perdere i sensi. "Ti hanno conciato
per le feste" mormorò Brand sollevandolo senza
difficoltà e dirigendosi verso l'auto sportiva che
aveva parcheggiato poco lontano.
La testa gli faceva un male tremendo, si mosse a
disagio tra le lenzuola, si chiese se fosse finito
all'ospedale ma non avvertiva quel stomachevole odore
di farmaci che lo contraddistingueva, anzi nell'aria
c'era quel familiare odore di lavanda che gli
ricordava stranamente la sua infanzia. Una memoria
felice. Non ricordava di essere mai stato felice davvero. Forse era il ricordo di un sogno. C'era
qualcuno che parlava sommessamente accanto al suo
letto ma aveva la vista offuscata e riusciva a
malapena a distinguere i contorni di quelle persone,
le loro voci erano un mormorio confuso. "L'hanno
ridotto male" mormorò una suadente voce femminile, "Se
la caverà" commentò un'altra voce, quella voce la
conosceva... Lien??. "Non si è difeso." disse una voce
che riconobbe essere quella del professore "Forse il
sacrificio del nonno non è stato inutile.". Stavano
parlando di lui ma non capiva il senso dei loro
discorsi sembrava che loro lo conoscessero qualcosa
che lui non sapeva eppure... la testa prese a
pulsargli per il dolore, gemette nel sonno. Brand si
avvicinò al letto e gli posò una mano sulla fronte
"Sta tranquillo, va tutto bene" mormorò, la sua voce
gli giunse lontana, sfumata mentre perdeva nuovamente
coscienza.
Doveva essere pomeriggio inoltrato quando si svegliò
nuovamente, una calda luce dorata proveniva dalla
finestra con le tende tirate. Uno sguardo all'orologio
confermò la sua ipotesi erano quasi le quattro del
pomeriggio. "Ti sei svegliato" Deran volse il capo
dolorante verso destra, seduto su una sedia a dondolo
con un grosso libro in grembo professore lo osservava
con un sorriso tranquillo. "Hai fame?" chiese
alzandosi. "Dove sono?" gli chiese Deran circospetto
"Non ricordi?" chiese d'un tratto preoccupato Brand
avvicinandosi al letto e posandogli una mano sulla
fronte con gentilezza. Deran arrossì e scosse il capo
per allontanare quel tocco leggero che aveva il potere
di farlo avvampare. "Ti ho portato a casa mia dopo che
quei teppisti di avevano aggredito" Deran annuì
tirandosi a sedere non senza sforzo, doveva avere
almeno un paio di costole rotte, arrossì quando notò
che non indossava più la divisa scolastica. Lanciò
un'occhiata interrogativa a Brand "L'ho messa in
lavatrice" gli spiegò questi "Era tutta sporca di
sangue spero che non ti dispiaccia" Deran scosse la
testa in segno di diniego anche se l'idea che lui
l'avesse spogliato gli faceva correre uno strano
brivido lungo la schiena. "Mi sono anche permesso di
chiamare l'assistente sociale per informarla che
avresti dormito da me" Deran strinse la mascella,
l'unica preoccupazione di quella donna era il compenso
che riceveva dal tribunale per la sua custodia. "Bhe
vado a prepararti qualcosa da mangiare" disse Brand
dirigendosi verso la porta con passo deciso. "Perché?"
chiese Deran bloccandolo quando era già sulla soglia
"Non hai fame?" gli chiese Brand corrucciandosi. "Non
far finta di non aver capito." Esclamò Deran
arrabbiandosi "Perché ieri sera mi hai aiutato?" Brand
si voltò ad osservarlo serio in volto "Ho visto uno
dei mie studenti in difficoltà, ho fatto quello che
avrebbe fatto chiunque altro". Una risposta logica.
Deran si chiese che cosa si era aspettato di sentirgli
dire. Brand tornò verso di lui e lo costrinse ad
alzare lo sguardo per guardarlo in quei pozzi d'oro.
Deran si sentì tremare, era così vicino che poteva
sentire il suo respiro caldo contro le guance, bastava
che allungasse un po' il capo e le loro labbra si
sarebbero toccate. Tuttavia quegli occhi viola erano
imperscrutabili "Volevi morire?" gli chiese Brand
serio e Deran distolse lo sguardo incapace di sostenere la domanda presente negli occhi viola di
Brand. Sì lui voleva morire. Brand uscì dalla stanza
senza aggiungere niente, lasciandolo solo e tremante,
vuoto ora che il contatto tra loro si era interrotto.
Deran si coprì il volto con le mani mentre un immagine
gli tornava alla mente, la sua casa avvolta dal fuoco,
suo padre ridotto in cenere e sua madre che piangeva e
gridava tra le fiamme. Gridava contro di lui. Mostro!
Lui era un mostro. Scosse la testa con forza, con
rabbia, non voleva, non riusciva più a piangere...
Brand mise il bollitore sul fuoco con aria pensosa,
Deran era sconvolto, se solo Omar avesse avuto più
tempo ora il ragazzo non avrebbe sofferto così tanto,
se loro lo avessero trovato prima forse avrebbero
potuto risparmiargli un po' di dolore. Dopo il suo
primo risveglio dieci anni prima, quando per un attimo
soltanto lo aveva tenuto tra le braccia mentre
fuggivano dal luogo dell'incendio, per colpa della
T.E.C ne avevano perso le tracce e ora poteva essere
troppo tardi. Sospirò doveva chiamare Roxane.
Deran si guardò intorno analizzando la stanza e
cercando così di allontanare i cupi pensieri che
affollavano la sua mente. Le pareti e le tende di un
tenue verde acqua traspiravano la stessa tranquillità
che aveva letto sul volto di Brand, sussultò
ricordando improvvisamente, sul volto del ragazzo non aveva scorto nessun segno di morte. Si guardò attorno
confuso, anche quella stanza non portava i segni del
disfacimento che ovunque andasse vedeva attorno a sé.
Lì sembrava che il tempo si fosse fermato, una strana
sensazione di pace gli riscaldò il cuore. Bussarono
alla porta facendolo sussultare. Brand armato di
vassoio con viveri, entrò nella stanza con un sorriso.
Deran gli piantò in faccia gli occhi dorati cercando
inutilmente, nessuna ruga, nessuna crepa. "Che c'è?"
gli chiese questi sorpreso dal suo attento esame
arrossendo impercettibilmente. "Niente" mormorò il
ragazzo spostando lo sguardo sul cibo, in effetti
aveva fame. Brand lo guardò mangiare soddisfatto.
Sembrava stare meglio.
"Sembra che ci sia stata la solita rissa tra teppisti"
commento l'agente che era arrivato al cantiere
chiamato da uno dei vicini disturbati dai rumori. "Non
era una rissa, era un pestaggio" commentò l'anziana
signora che l'aveva chiamato e che ora stava in piedi
vicino all'agente Axon "Quel povero ragazzino"
commentò preoccupata "Bhe se è riuscito a tornare a
casa sulle sue gambe non stava così male" commento
l'alto poliziotto scribacchiando alcuni appunti per il
verbale sul suo blocchetto. "Hei Axon, sembra che il
bell'addormentato si sia svegliato!" commento il suo
collega che aveva soccorso il teppista a terra "ma
guarda chi si vede Carlos!" esclamò Axon avvicinandoglisi, il ragazzo era già finito un paio di
volte al piccolo comando di polizia della cittadina
per qualche piccola rapina e atti di vandalismo.
"Sembra che finalmente qualcuno sia riuscito a
stenderti!" esclamò con un sorriso, il teppista scosse
la testa "Quello non era un uomo! Ha teso una mano e
mi ha fatto fare un volo di tre metri senza neanche
toccarmi" disse il ragazzo concitato "Sì come no, hai
incontrato Superman, quanto avevi bevuto ieri sera Carlos?" gli chiese con scherno "Senti un po' sbirro
una birra non basta per mandarmi K.O so quello che ho
visto, quel tipo che ha salvato il ragazzino non era
normale!" esclamò serio. "Sì, sì Carlos come no!"
disse il collega di Axon conducendo il ragazzo alla
macchina di pattuglia, "Lei ha visto niente?" chiese
invece Axon all'anziana signora stupito dalla serietà
che per una volta il teppista aveva dimostrato, ma la
donna scosse il capo "Appena ho visto che si stavano
picchiando sono corsa a chiamarvi e quando sono
tornata alla finestra ho visto solo i ragazzi che
scappavano in moto." Strano, la banda di Carlos non
era conosciuta per ritirarsi con la coda tra le gambe.
Molto strano, pensò Axon raggiungendo il collega alla
macchina.
Brand fermò l'auto sportiva nel parcheggio scolastico
suscitando non poco scompiglio tra le ragazze che
stavano chiacchierando vicino ad esso. "Grazie"
mormorò Deran scendendo dalla vettura non senza provare una fitta al fianco ferito. "Sei sicuro che
non vuoi che ti accompagni a casa?" gli chiese
vedendolo impallidire "Va bene così" disse recuperando
la cartella dal sedile posteriore. Il professore lo
guardò allontanarsi con un sospiro, aveva passato
tutto il pomeriggio e la notte precedente nel suo
appartamento, lui non gli aveva chiesto se voleva
tornare a casa e Deran non aveva fatto nessun accenno
in quel senso, sembrava restio ad abbandonare quella
stanza dove per la prima volta non si sentiva
circondato dalla distruzione. E lui non desiderava
certo vederlo andare via. Vederlo riposare nella
stanza degli ospiti, potergli rubare qualche carezza
nel sonno era una dolce tortura. Ma alla fine aveva
deciso che era ora di farlo tornare a scuola e quella
mattina dopo aver fatto una silenziosa colazione erano
usciti di casa. Lo aveva visto sbiancare e
probabilmente se non lo avesse sorretto Deran sarebbe
caduto. Non doveva essere piacevole per lui vedere
soltanto morte. Lanciò un'occhiata al ragazzo che si
dirigeva a passo lento verso l'entrata come se fosse
schiacciato da un peso enorme e sospirò di nuovo.
Maledetta T.E.C! Come avrebbe voluto rincorrerlo e
prenderlo tra le braccia, tenerlo stretto a sé e
giurargli che nessuno gli avrebbe più fatto del male.
Deran passò accanto ad una ragazza dai morbidi capelli
neri che seguì il suo passaggio con gli occhi azzurri
pieni di tristezza, Brand incontrò lo sguardo di lei
che annuì. Adesso era compito di Lien proteggere
l'Arcangelo.
Deran si sedette all'ombra di un albero e respirò
l'aria profumata senza provarne piacere, le costole non gli facevano quasi più male e nonostante il mal di
testa fosse diminuito era ancora piuttosto stanco.
Poggiò la schiena al tronco dell'albero osservando i
suoi compagni di scuola pascolare come tante pecore
per il giardino sbocconcellando merendine piene di
veleno. Spostò la cartella per stare più comodo e notò
il sacchetto di carta bianco. Al suo interno una mela
e un panino erano avvolti con cura in alcuni
tovaglioli di carta, rivoltò sorpreso la busta, su un
lato con un pennarello nero Brand aveva scritto
'Mangia mi raccomando'. Rilesse la frase incredulo e
gli sfuggì un sorriso, quello era tutto pazzo. "Ciao"
Deran alzò il capo riparandosi con la mano dai raggi
del sole per osservare la ragazza che gli aveva
rivolto la parola. Non la degnò di molta attenzione ma
lei gli si sedette accanto e sorrise "Ti ricordi di
me? Sono Elisabeth, sono nella classe di fronte alla
tua." lui la ignorò in modo irritante. "Sei arrivato
da poco, vero?" proseguì lei imperterrita, lui annuì
"E' per questo che te ne stai sempre in disparte?" gli
chiese "Anche per questo" rispose lui serafico
"Insomma si può sapere cosa vuoi?" le chiese
fissandola direttamente negli occhi. Lei abbassò lo
sguardo in grembo e notò la busta aperta accanto a
lui. Sorrise "Il professore ti ha preparato il pranzo"
gli chiese attirando improvvisamente la sua attenzione
"Come fai a saperlo?" lei scosse il capo facendo
ondeggiare i riccioli biondi "Vi ho visti arrivare
insieme." "E poi tutto quello che fa lui mi interessa
particolarmente" Deran avvertì una leggera fitta allo
stomaco che si rifiutò di classificare come gelosia,
era assurdo! Elisabeth si chinò improvvisamente su di
lui "Ma anche tu m'interessi" gli sussurrò
accarezzandogli una guancia, Deran si scostò di scatto
e lei scoppiò a ridere di gusto "Sai è da un po' che
ti osservo sei sempre così depresso" lui fece
spallucce e alzò il volto per osservare le fronde del
grande albero che li teneva sotto la sua ombra
protettrice, a quell'immagine serena se ne sovrappose
un'altra, un albero marcio con i rami consumati da un fuoco scuro e malsano e cenere, cenere dovunque. Tornò
ad abbassare lo sguardo con un sospiro. "Sono soltanto
stanco" mormorò e lei annuì tornando seria come se
capisse davvero quello che le stava dicendo. La
campanella suonò tagliando il silenzio che li separava
e Deran si alzò per ritornare in classe senza dire una
parola ma raccogliendo il cibo che non aveva toccato.
"Potevi anche evitare questa scenetta" Elisabeth si
alzò a sua volta spolverandosi la gonna blu che
contraddistingueva la divisa scolastica e sorrise a Marc. "Mi piace, mi piace vederlo così afflitto fa
tenerezza non trovi?" chiese con un sorriso malvagio,
"E poi non è giusto che ti diverta solo tu" Marc
sorrise "Hai ragione" mormorò. "Dobbiamo sbrigarci a
recuperarlo" Elisabeth annuì in silenzio.
"Hei Deran dov'eri finito?" gli chiese Lucas quando lo
vide rientrare in classe, Deran scosse le spalle e
andò a sedersi. Il compagno corrugò la fronte "Non so cosa gli sia successo ma sembra di nuovo distante".
Non appena lo aveva visto arrivare quella mattina
Lucas gli era andato incontro pronto a fare una
battuta sulla sua assenza il giorno prima ma si era
fermato quando aveva visto che il ragazzo aveva di
nuovo quello sguardo. Lo stesso sguardo che aveva il
primo giorno che era arrivato, quell'impotente
rabbiosa disperazione e quella profonda fredda
tristezza che avevano spinto lui e Marc a cercare con
ogni mezzo di aiutarlo. "Bene voglio che facciate
l'analisi dei versi che abbiamo letto, domani ne
discuteremo in classe" disse il professore di
letteratura distraendo Lucas dai suoi pensieri,
l'insegnate lanciò un'occhiata a Deran che aveva
l'aria più cupa del solito "Sempre che noi poveri
mortali arriviamo a domani" disse con scherno, Marc
lanciò un occhiata di fuoco al professore e Lucas si
alzò addirittura in piedi "Non mi sembra il caso di
sfidare la fortuna" esclamò. Il professore divenne
paonazzo "Come osi Andras!" gridò "Ti farò mandare dal
preside!" "Sai che novità." rispose con un'alzata di
spalle il ragazzo suscitando qualche risata qua e là.
Deran ascoltò distrattamente il professore e Lucas
litigare, aveva di nuovo mal di testa e sentire i due
lanciarsi improperi non migliorava certo la
situazione, fortunatamente la campanella che indicava
la fine delle lezioni suonò dandogli modo di
andarsene. Si diresse verso casa a malincuore, non
aveva voglia di tornare in quella cupa villetta
tappezzata di foto e quadri, ma non poteva nemmeno
tornare a casa del professore anche se lo desiderava
con tutte le sue forze. Sorpassò il cancelletto
cigolante camminando distrattamente tra le aiole,
quando entrò in casa trovò l'assistente sociale
intenta a cucire l'ennesimo cuscino, in casa c'erano
cuscini dovunque, più di una volta aveva avuto la
tentazione di usarne uno per soffocarcela. "Oh è
tornato il figliol prodigo!" esclamò questa vedendolo
"La prossima volta dovresti stare via più a lungo."
lui non le rispose e si diresse invece verso le scaleche portavano alle sue stanze. La porta della sua
camera era aperta, gli abiti buttati un po' ovunque i
libri scolastici ammassati sul pavimento, si erano
trasferiti ormai da un po' ma non aveva ancora avuto
il tempo di mettere in ordine, in fondo tutta quella
confusione non gli dispiaceva.
Lien si sedette sul divano "Com'è la situazione?"
chiese rivolgendosi direttamente a Brand, il ragazzo
dal volto sottile scosse il capo "E' molto confuso"
"Ha bisogno di un po' di tempo" intervenne Roxane "Ma
gli uomini della T.E.C. sono già in città" commentò
Lien "Ho avvertito la presenza anche di almeno tre
Angeli e ieri sul cancello scolastico ho trovato i
resti di un circuito elettronico, stanno cercando di
sbloccarlo" "Maledizione!" esclamò Brand alzandosi
"Allora è meglio che vada a fare un giro di controllo"
disse uscendo di casa. "Sei pensierosa sorellina?" le
chiese Roxane, Lien scosse il capo, "Non è giusto"
mormorò chiudendo gli occhi e massaggiandosi le
tempie, Roxane allungò le braccia e la strinse a sé
"Lo so" mormorò.
Continua...
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