Copyrights: tutti i personaggi non sono di mia proprietà (e piango…), ma delle Clamp e di tutti gli aventi i diritti (per es.: a Seishiro appartiene Subaru, ecc..).

 

Dedicata a: “Una-bimba-con-tanti-anni-così” ^^ essendo stata/o lei/lui a darmi l’ispirazione maggiore! Non cambiare mai… rimani in modalità Seishiro!!

Dedicata anche alle Fumettare Spil, Annola, Stefy, Syue che hanno fatto crescere sempre di più in me l’amore per lo yaoi!!

 

Un grazie spazio-gigante a Ria, che permette che vengano letti questi deliri e a voi lettori! – inchin! 

 

^_^_^_^_^_^_^_^_^_^

 

SYOYUU

di Hotaru

 

“Ti odio”.

 

E continuavi.

Fingevi di prestarmi attenzione. In realtà non stavi ad ascoltare una sola sillaba di quello che dicevo. Ed io… non sapevo nemmeno cosa ti stavo dicendo.

Le mie labbra erano schiuse ed emettevano dei suoni.

Il mio corpo, invece, era un ribollire di sensazioni e, sì…, piacere.

Tanto, fluido, morbido.

 

“Ti odio”.

“Quanto?”.

 

Non volevo mostrarmi così a te.

Non volevo mostrarmi così ad Hokuto.

Perché ero certo che ci stesse vedendo. I miei poteri di sciamano non sbagliano mai: sono uno dei discendenti dei Sumeragi più forti che siano mai nati. Forse il più potente da sempre. Ma a cosa è servito?! Quando le tue braccia mi hanno stretto con forza ho persino tentato di ribellarmi… chissà che misera creatura ti devo essere sembrato. E Hokuto era lì che ci osservava. Scusami, sorellina!

Non ho saputo difenderti.

Non ho saputo difendermi. E per questo…

 

“Ti odio”.

“Davvero?”.

“Smettila!”.

“No”.

 

Ti ho desiderato, Seishiro Sakurazuka. Ti ho voluto con tutto me stesso.

Ti voglio uccidere.

Ti voglio amare.

E’ solo per questo che sono ancora in vita. Appeso a testa in giù, avrei potuto scegliere di morire. E tu avresti potuto scegliere di cancellarmi quando ancora questo sentimento non era così opprimente. Invece, hai aspettato. L’hai fatto solo perché volevi vedere se ti saresti innamorato di me? Oppure per potermi fare innamorare di te? Ti piace giocare con le tue prede, vero? Nulla ti realizza di più che vedere la distruzione dipingersi sul volto dell’altro.

 

“Sadico e infame”.

“Lo so…!”.

 

Mi hai fissato per un istante negli occhi e ho visto materializzarsi la mia fine e il mio piacere. Quello sguardo deciso e fermo: non vedevi me, ma solo ciò che serviva ai tuoi scopi.

Va bene.

Al mio corpo andava bene così.

Non avevo mai provato un desiderio tanto sfrenato.

Ero completamente combattuto e per questo ancora più debole.

Il mio corpo smaniava ogni tuo tocco. Il mio cervello bramava ogni singola parola che usciva dalle tua labbra.

La mia anima, però, sussurrava che era sbagliato.

Che colui che avevo di fronte era l’Assassino. Il più crudele e violento uccisore.

Scusami Hokuto. Io avrei dovuto resistere. Avrei dovuto invocare uno spirito e annientarlo. Eravamo così vicini… non avrei sbagliato, e tu saresti stata vendicata. Invece…

 

“Ti odio”.

“Sul serio? Allora non smetto…”.

 

Non smettere, ti prego! Ho troppo bisogno di te, ora. Lo sai anche tu.

Le mie stesse parole mi hanno tradito. Sapevo bene che ti piace essere lodato per la tua cattiveria. Che preferisci l’odio all’amore.

Ed io ti accontentavo perché volevo che nulla finisse. Che quel momento si perpetrasse all’infinito.

Ti giuro, Hokuto, che Seishiro morirà.

Per mano mia.

Biasimami pure, se quella notte l’ho desiderato al punto tale di provare un dolore al cuore.

Non merito di essere tuo fratello, in questo momento. E se dovessi odiarmi, io lo accetterei, poiché anche una parte di me si sente sporca e vile.

Ho fatto sesso col mio più grande nemico.

Ho voluto tutto di lui: la sua anima turpe e spietata, la sua mente subdola ed insidiosa, il suo corpo fiero e possente.

Quella notte, i petali di ciliegio hanno pianto per noi.

 

Le strade di Tokyo erano dense di oscurità e le poche luci che brillavano erano così tristi e spente che , più che rischiarare la via, rendevano tutto tetro e misterioso.

Camminavo solitario avvolto nel mio impermeabile, mente il vento asciugava le lacrime di sangue dal mio cuore.

 

“Sai perché i petali di ciliegi sono rosa?”.

 

Quella domanda mi rimbalzò in mente d’improvviso, come un fulmine lanciato verso terra.

 

“Perché succhiano il sangue dei corpi sepolti ai loro piedi…”.

 

“Chissà come sarebbe bello il ciliegio che si nutrirebbe del tuo sangue, vero Seishiro?”.

 

Mentre proseguivo verso una meta qualunque, qualcosa mi colpì: petali bianchi e rosa. Mi voltai verso la direzione da cui provenivano e non mi sorpresi quando ti vidi. Ti confondevi perfettamente col nero della città; solo il pallore della tua pelle creava un leggero contrasto.

 

“Subaru! Che piacere!” sorridevi. Non credevo più a quella tua espressione, ma il rivederla mi placò il cuore.

“Che ci fai in giro a quest’ora?! Lo sai che i ragazzi giovani come te dovrebbero essere già a letto?!” avanzavi lento e sicuro nella mia direzione.

 

“Smettila di prendermi in giro! So bene che nel tuo tono c’è derisione. Cosa vuoi insinuare?!”

 

Continuavo a fissarlo negli occhi con freddezza, con quell’espressione che lui mi ha obbligato ad imparare.

La luce della luna ti illuminava un po’ di più: distinguevo perfettamente il tuo volto e il tuo profilo troneggiare sulla mia ombra.

Troppo vicino.- La distanza fra di noi si è ridotta.- No, non va bene.- Girando i tacchi, ricominciai a percorrere la strada di fronte a me.

Ma tu mi fermasti. Con una mano mi bloccavi un braccio. Sentivo la tua presa sicura e forte e sgranai gli occhi, mentre il sangue mi si raggelava nelle vene.

Ero paralizzato dalla paura. Non ero in grado di connettere alcun pensiero.

 

“Mi chiedevo se avessi una sigaretta da offrirmi! Sai, … ho finito le mie…” la tua voce proveniva da dietro le mie spalle.

Lasciasti andare il mio corpo, dandomi libertà nei movimenti, e qualcosa dentro di me si lamentò.

Voltandomi, estrassi il pacchetto e te lo porsi.

Lo so: non avrei dovuto farlo.

Stavo sbagliando tutto.

Era come tentare il suicidio.

Ma il richiamo della morte era intenso e non mi potevo esimere.

Perché lui stesso è la mia morte.

Afferrasti la mia mano e la portasti a pochi centimetri dalla tua bocca.

“No, questo non farlo!- pensavo, rimanendo stordito dal tuo gesto- Non farmi del male così!”.

 

“Vedo che nonostante siano passati così tanti anni, porti ancora questi guanti! Personalmente li ritengo inutili…” mi fissavi provocatoriamente e compiaciuto.

Schiudesti le labbra e morsicasti il tessuto su una delle mie mani, iniziando a tirare, come per sfilarmelo.

Istintivamente tentai di liberarmi dalla tua presa, ma subito mi spingesti contro il muro del palazzo accanto, bloccando l’altra mano.

I tuoi occhi mi stavano sfidando, mentre riprendevi a levare il guanto coi denti.

 

Inutile dimenarsi, inutile tentare di spingerti lontano: fallivo sempre. Perché?! E’ perché tu sei più forte di me? O perché io… non voglio che tu ti allontani da me?

 

Anche se costringevo il mio corpo ad opporre resistenza, dentro di me c’era qualcosa che desiderava abbandonarsi completamente a te.

Io ti amavo.

Poco per volta mi togliesti il guanto dalla mano e lo lasciasti cadere a terra. Non ero più capace di emettere alcuna parola, continuavo solo a divincolarmi per liberarmi, ma invano.

 

“Che bella mano! –osservavi estasiato per poi porre il tuo sguardo sul mio volto- Chissà cosa ha pensato la nonnina quando l’ha vista deturpata da quel marchio…”. 

Avvicinasti il volto alle dita nude, ma con un gesto veloce, causato dalla rabbia, ti graffiai, facendoti sanguinare un labbro. Non ti aspettavi quella reazione, infatti per un attimo diventasti interdetto. Ma subito dopo un sorriso diabolico ti comparve sul viso. Sensualmente, ti leccasti la piccola escoriazione: “Decisamente violento, eh?!” sussurrasti, mentre stringevi ancora di più la presa sulle mie mani e avvicinavi i nostri corpi, fino a toccarsi.

“Dicevamo? Ah, sì…”e iniziasti a baciare le dita della mia mano destra.

 

Morbido e delicato… com’era possibile?!

Neppure la pioggia di primavera poteva essere più silenziosa e avvolgente.

 

Un calore opprimente mi invase il corpo, mentre ti guardavo assorto passarmi la lingua fra un dito e l’altro, mordere e succhiare la mia pelle.  Risalisti fino al dorso e disegnasti con la punta il pentacolo, simbolo di appartenenza a te. Sentivo il mio cuore scoppiare e la testa dolermi: avrei utilizzato ogni mezzo per non perdere il controllo. La vista era annebbiata e il respiro più pesante, ma non volevo uscisse un lamento o un sospiro dalle mie labbra. Il corpo era più teso di una corda e non sapevo quanto la mia anima avrebbe potuto resistere.

Hokuto, aiutami! Pensai distrattamente , mentre non smettevo di fissare come le tue labbra suggevano avidamente, lasciando da parte ogni ambiguità sul significato del gesto.

 

“Sei..shiro…-mormorai. Ti bloccasti- Ti.. ti odio”.

“Ah sì? Quanto?”.

“Sei..sei infame e…e dannato”.

“Grazie! Allora continuo!”.

 

Chiusi gli occhi in segno di rassegnazione, mentre ricominciavi a tormentare le mie mani. Ma ben presto ti stancasti anche di quel gioco e allontanasti la mia mano, pur continuandola a stringere.

Mi squadravi da capo a piedi: non potevi non notare il movimento accelerato del mio petto, il mio sguardo liquido e il probabile rossore che si era tinto sul mio volto.  Miravi soddisfatto il tuo capolavoro ed io mi sentivo come un preda puntata da una bestia.

 

“Ed ora? Cosa vogliamo fare?” mi sussurrasti all’orecchio.

“Non… ti sembra di averne avuto abbastanza?” fingevo disinteresse e freddezza nei tuoi confronti, cosciente che il mio corpo lanciava tutt’altro tipo di segnali.

“Mmm… sai una cosa? Sei un bel tipo Subaru! Ops, devo avertelo già detto una volta!… Si vede che mi piaci davvero!!”.

“Ti odio!! Ti odio più di ogni altra cosa al mondo!!” non sopportavo che tu ti prendessi gioco di me.

“Anche tu questo me lo hai già detto! Si vede che lo pensi sul serio!”.

 

Mi spingesti con forza contro il muro e sentii il tuo corpo addosso al mio.

Caldo. Ho caldo. Mi sento bruciare. E poi dolore.

Sgranai gli occhi e lanciai un breve grido quando i tuoi denti affondarono nel mio collo. Non durò molto, però, perché il desiderio si rimpadronì della mia mente. I tuoi capelli sfioravano il mio viso e il tuo respiro mi accarezzava la pelle. Mi donavi sollievo e dolore continuando ad alternare lingua e denti.

 

“Sei… cosa?!”

“Come? Non l’hai ancora capito?! Ho voglia di sangue. Il tuo.”

Un brivido mi percorse la schiena e il terrore si mischiò alla passione.

“Davvero non avrà intenzione di…?!”

 

Il flusso dei miei pensieri veniva continuamente interrotto dalle mie grida, perché i tuoi morsi si facevano sempre più insistenti e violenti. Il dolore si espandeva per tutto il mio corpo fino a farmi piangere.  Non riuscivo a trattenermi, anche se sapevo bene che la mia espressione debole e distrutta ti avrebbe donato nuova forza. Sadico, nulla di più.  Il mio corpo iniziò a tremare; non riuscivo nemmeno a reggermi con le gambe, ma tutto ciò non ti interessava minimamente. Non sapevo più riconoscere il confine fra desiderio e perversione. Sentii le forze venir meno e mi abbandonai addosso  a te. Per sorreggermi, lasciasti le mie mani, che caddero lungo la  mia vita, e mi cingesti i fianchi. Che bella sensazione le tue mani sul mio corpo! Le fitte mi stavano oscurando i sensi, ma riuscii lo stesso a percepire la forza con cui mi sorreggevi.

Non potevo mollare proprio in quel momento! Avevo promesso che avrei vendicato Hokuto e, se avessi ceduto, nulla avrebbe avuto senso. Dovevo resistere e far vedere a Seishiro che non ero così debole.

 

Alzai le mie mani e le portai dietro alla tua schiena. Chiusi gli occhi: “Hokuto… ti prego… aiutami tu”. Le incrociai e innalzai una barriera.

“Ehi! Ma co…?!” allontanasti la testa di scatto e ti guardasti attorno stupito.

Poi i tuoi occhi tornarono a fissarmi: “Vogliamo giocare pesante, eh?! Se è questo ciò che vuoi…”.

Purtroppo quest’operazione mi costò molto in termini di forza e concentrazione… da quel punto in avanti avrei potuto sfruttare solo pochi attacchi.

“Ti vedo stanco, Subaru. Sei sicuro di voler continuare? –sussurravi di fronte alle mie labbra, mente la tua lingua accarezzava i denti voluttuosamente- Lo sai che se ti lasciassi i fianchi cadresti mollemente a terra?” mi strattonasti verso di te, mentre a stento reprimevo un gemito. I tuoi occhi sembravano dirmi “Sei mio” e mi sentivo mancare il fiato ogni volta che li guardavo, perché amavo quel suo modo di scrutare.

E’ come se catturasse e possedesse per intero la sua vittima.

Ed ero io nelle sue grinfie.

Avrei dovuto fuggire, così debole, così indifeso, così avviato alla morte.

Ma non volli, non ci riuscì.

Non voglio pensare perché, anche se lo so bene: mi farebbe sentire più misero e stupido.

 

Lasciasti i fianchi e mi abbracciasti la schiena con dolcezza, quasi.

Era quello che si provava a morire?

Se la risposta fosse stata affermativa, avrei voluto morire lì, con te.

 

“Seishiro! Lasciami subito andare!” gridai, ma il mio corpo non si mosse e tanto meno tentò di farlo, mentre tu riprendevi la dolce tortura sul collo.

Dopo diversi  tentativi la mia carne si lacerò sotto i tuoi denti: sentii le tue labbra iniziare a succhiare e la tua lingua leccare quelle striscioline di sangue uscite dal collo.

I tuoi movimenti avevano un qualcosa di incalzante e armonioso allo stesso tempo: come in preda ad una furia, non lasciavi per un attimo che alcuna goccia andasse persa. Avido e implacabile.

Bruciava il taglio sulla pelle, ma ancora di più bruciava il mio corpo che, dopo aver sofferto, riprendeva a provare piacere.

Non mormorai nulla, ti lasciai semplicemente fare perché lo volevo.

Ti volevo.

 

“Delizioso. Ne vuoi?” il tuo viso era così radioso che sembrava che il mio sangue ti avesse dato nuova vita. Qualche goccia ti macchiava il labbro inferiore, ma con la punta della lingua ti affrettasti a pulirti, mentre rimanevo ipnotizzato da ogni tuo movimento, tentato e al contempo terrorizzato dalle immagini che mi scorrevano davanti.

Sussultai quando mordesti con forza la carne lacerata.

Così, sporcato di sangue, mi baciasti.

Come preso da uno strano torpore, mi sembrò che il corpo mi abbandonasse e diventasse leggero e languido.

Ti strinsi un poco la vita e ti lasciai libero accesso alla mia bocca.

Che strano sapore.

Riconoscevo bene il mio sangue, ma era come se, offerto da te, avesse acquisito una sfumatura più intima e proibita. Ero completamente rapito dai movimenti della tua lingua morbida, che danzava a totale suo agio.

Ti allontanasti  di qualche metro con un’aria da trionfatore: “Allora, cosa ne dici?”.

Per non cadere, mi aggrappai al muro e senza togliermi gli occhi di dosso ti sfilasti l’impermeabile nero. Iniziai a torturami il labbro inferiore, mentre tu continuavi: la giacca, la cravatta e i primi bottoni della camicia.

 

“Seishiro…- balbettai con voce spezzata dall’eccitazione- Cosa hai intenzione…?!”.

“Ora lo vedrai – rispondesti- … bella l’idea di alzare una barriera... nessuno ci potrà vedere!” sogghignasti divertito.

Arrivato circa a metà camicia ti bloccasti e con due dita raccogliesti del sangue che mi colava attraverso gli abiti, lungo tutto il corpo.

Il solo vedere parte del tuo petto nudo mi mandava in estasi.

Quanto avrei desiderato strapparti quell’inutile indumento e poterti adorare in tutta la tua prestanza!

Portasti l’indice della mano destra all’altezza del torace e ci disegnasti due ideogrammi… “syoyuu”…

“Leccalo” mi comandasti, ma non mossi un muscolo: ero rapito dal tuo corpo, macchiato di rosso, che troneggiava su di me.

“Ehi, leccalo, ti ho detto” e con due dita mi prendesti i mento e alzasti il mio volto verso i tuoi occhi. Mi risvegliai dallo stato catatonico in cui ero piombato, mi chinai sulla tua pelle e con la punta della lingua tracciai il disegno al contrario. Mi aggrappai ai tuoi fianchi e sentii la tua mano giocare con alcune ciocche dei miei capelli. Volevo che quel momento durasse il più possibile, per questo con estrema lentezza tracciavo le linee, baciando ogni punto che il mio sangue aveva sporcato.  Tu rimanevi composto e fiero di fronte a me, percepivo però il tuo respiro farsi pesante, sensuale ed eccitante… dannatamente eccitante… al punto tale che, non resistendo, continuai a sbottonarti la camicia laddove avevi smesso, sino a togliertela. Con le mani risalii e ti accarezzai tutto il petto, ormai pulito del sangue, ma non appena giunsi al tuo viso, mi stavi già aspettando.

 

Sorridendo, scuotesti il capo: “Cosa pensavi di fare? Ti sei già ripreso? Allora possiamo passare a qualcos’altro!”.

Vidi le tue labbra muoversi impercettibilmente, ma prima che potessi fare qualunque cosa per difendermi, una forza mi schiacciò a terra, inchiodandomi polsi e caviglie e impedendo qualunque tipo di movimento.

 

Una maledizione… che stupido che fui!

Come potei abbassare così la guardia?!

Mi continuavi a fissare dall’alto, facendomi pesare questa mia piccolezza.

Però me lo meritavo: credevo di poter osare… non con i Sakurazukamori… non con Seishiro.

 

Chiusi gli occhi e lasciai cadere una lacrima lungo la guancia.

Ti sedesti a cavalcioni sul mio ventre: “Piangi, Subaru?… Hokuto non l’avrebbe mai permesso! Sai cosa mi disse una volta? ‘Se tu dovessi fare soffrire Subaru, io ti ucciderei!’. Peccato, lo uccisa prima io!”.

Mi sentii male. Avevo il volta-stomaco. Il mal di testa era ricominciato  e quello che mi dava più fastidio è che ci cascavo sempre. Avevo fiducia nella gente… e anche in lui, che ora mi era sdraiato sopra, prendendosi gioco di me.

“Seishiro sei un bastardo! Ti ucciderò. Lo farò. Lo giuro”.

“Mmm… hai un bel coraggio nella tua posizione a parlare così!”.

“Lasciami andare e combatti in duello con me!”.

“No- sorridesti- Non ancora”.

“Co… che vuoi dire?!”.

 

Steso sopra di me, con una mano mi accarezzavi i capelli e con l’altra scendesti lungo il petto fino alla cintura dei pantaloni e incominciasti a slacciarla e ad aprire la zip.

Non comprendevo se il tempo si fosse fermato o se tutto questo accadesse con una lentezza esasperante.

Una tortura atroce: i tuoi occhi mi fissavano glaciali, mentre la tua mano sapeva perfettamente dove andare e cosa fare.

A stento riuscivo a trattenermi: gli occhi mi si chiudevano e il respiro affannoso stava cedendo il passo a gemiti e sospiri.

Infilasti la mano dentro ai miei boxer e circondasti il mio membro.

Strinsi le mani a pugno, infilzandomi i palmi con le unghie.

Strinsi i denti in una smorfia.

Allora, ti avvicinasti al lobo di un mio orecchio e mordicchiandolo, sussurrasti: “Che ragazzo stoico e resistente che abbiamo! Non collabori nemmeno un po’?” e senza attendere una risposta, la tua mano avvolse la mia virilità ed iniziò ad accarezzarmela insistentemente.

“No! E’ troppo!” pensai e dalle mie labbra uscì un gridò soffocato di piacere. Sbagliato e così soddisfacente: era quello che il mio corpo voleva, era quello che volevo.

“Non smettere ti prego! Quella mano…”.

Oh, sì la tua mano… con gli occhi chiusi immaginavo come sarebbe stato se fossimo stati entrambi nudi. Se solo avessi potuto muovermi liberamente! Che strazio!! Invece ero lì, immobilizzato a terra, completamente in tua balia e nemmeno padrone dei miei istinti.

Il ritmo dei tuoi tocchi si fece più serrato e i miei aneliti li seguirono a ruota. Da quanto tempo aspettavo tutto quello…

 

Mi mossi sotto di te, cercandoti e tentando, per quanto mi fosse possibile, di accompagnare il movimento delle tua dita.

Era un totale ed inebriante delirio dei sensi.

Fino a che non ti fermasti col mio sesso turgido in mano.

Sgranai gli occhi e vidi il tuo sguardo risplendere malefico e sensuale.

 

“No, non ora! Ti prego: continua! Non ti fermare! Mi sento scoppiare!!” l’espressione sul mio viso parlava da sola.

Lasciasti la mia virilità eccitata e con un dito mi tracciasti il contorno del volto: “Sei mortalmente eccitante così, Subaru. Affannato, desideroso delle mie attenzioni… eppure così elegante e bello. In completo abbandono… supplichevole… . Vuoi che smetta?”.

“Seishiro… ora so dove vuoi arrivare… cosa posso fare?!”.

“Devi dirmelo tu…” mi provocavi, mentre con un dito ti avvicinavi al mio membro e ne percorrevi, lento e misurato, tutta la lunghezza. Il mio respirò si spezzò: quel dito valeva più di un qualsiasi richiamo per il mio corpo, che non appena ne percepì il contatto si tese in preda agli spasmi.

E ancora, col tuo polpastrello, mi sfioravi la pelle nelle zone più sensibili. Un contatto così misero eppure così erotico.

“Ebbene? Hai deciso?”.

“Io… aahh… ti prego… sìì… continuaaa…”.

“Come hai detto?”.

“Ti prego… fallo!!”.

“Cos’è che dovrei fare?”.

“No-non resisto più!!… Aahh… voglio… aahh… ti voglio… oraaa”.

“Allora chiamami. Dì il mio nome!”

“Sei-Seishiro… aahh… ti scongiuro!! Seishiro… ah sì, così…”.

Finalmente la tua mano ricominciò a muoversi, mentre io non la smettevo di chiamarti, invocarti, supplicarti.

“Sei soddisfatto ora?” la tua voce roca e profonda mi attraversò  il corpo facendolo vibrare.

“Aahh, sììì! Mmm…”.

“Beh, allora posso anche smettere!” e così dicendo allentasti la presa.

“No!! No, Seishiro!!” gridai, preso dal panico.

“Subaru, in nome di quella promessa che ti feci sotto i ciliegi in fiore… ti farò ancora più mio…”.

 

La tua mano ricominciò a muoversi con fermezza sul mio membro, non curandoti delle mie grida di piacere misto dolore.

Perché con te tutto deve essere così dannatamente perverso? Malvagio? Unico? Con questi pensieri, rilasciai il mio seme nella tua mano.. non avevo mai provato nulla di così assoluto e destabilizzante.

 

Ti alzasti dal mio corpo e ti avvicinasti ai tuoi abiti per ricomporti. Poi raccogliesti le mie sigarette, che mi erano cadute di mano: “Queste le prendo io, come rimborso spese! – strizzandomi l’occhio, ne accendesti subito una- Mi ha fatto piacere rivederti! Alla prossima…” e una nuvola di petali ti abbracciò, dileguandosi poi nel vento. Tu non c’eri più.

 

Provai a muovermi: il mio corpo non era più sotto l’incantesimo. Mi rialzai indolenzito e mi riassettai gli abiti. Silenziosamente, richiamai la barriera  a me: la città era ancora uguale a come l’avevamo lasciata.

“Seishiro…- mormorai- io ti...”.

Mi infilai il soprabito e mi diressi verso casa.

 

^_^_^_^_^_^_^_^_^_^

 

Note:

“Syoyuu” significa “Possesso” .

 

Chiedo perdono a Subaru e a tutte le sue fan (ehi, anche io ne faccio parte!! è___è) per come l’ho trattato in questa fic… forse ho esagerato.  E’ solo che lui è Sei-chan sono così… fatti l’uno per l’altro!!! Kamui… pussa via!! Tu appartieni a Fuma… -cioè: io e te ci dividiamo in parti uguali il nostro drago del cielo, sia chiaro!!

Comunque, Su-chan avrà modo di rifarsi… ihihih!!

Sei-chan: Hota-chan, scusa… cosa intendi?

Hota-chan (sorriso malizioso): Hai presente.. pissi-pissi…?! (gli parla all’orecchio)

Sei-chan: Oooohhh… sì, capisco… ma tu pensi che Su-chan possa…?!

Hota-chan: Ehi, è il grande-super-pucci Subaru Sumeragi…!!! Come puoi dubitarne?? Vedrai, vedrai… rimarrai esterrefatto!!

Sei-chan: Non vedo l’ora!!! *brill-brill*