NOTE & DISCLAIMERS: Avevo detto che per un po? non postavo più niente. Ma, come dice il buon vecchio Alex di Arancia Meccanica, l?ispirazione viene a chi la sa aspettare, eccomi qui. Allora, tutto è nato dal fatto che, qualche tempo fa, ho messo in ML un riassuntino di Swan Lake. Il mio adorato Venus, nonché mio promotore pubblicitario, ha commentato che sembrava una ficcia. Così mi sono detta: perché non trasformarla davvero in una ficcia? Quindi eccola qua! La storia non è mia, ma di quel furbastro di Matthew Bourne, che ha genialmente preso una delle più belle fiabe nonché uno dei balletti più famosi al mondo, e l?ha riscritta in chiave yaoi (anche se lui probabilmente non conosce questo termine^^). Però ci ho messo tanto di mio. Quindi facciamo metà per uno. Anche i personaggi sono un po? miei, un po? suoi. Diciamo che è una fanfic un po' particolare.

Swan lake

di Schwarze Fee

Parte 1/?


Un grido squarciò l?aria della notte. Il principe Siegfried si svegliò urlando da un sonno leggero ed agitato. Si sollevò a sedere di scatto, stringendo il suo cigno di peluche contro il leggero pigiama di seta. Si guardò intorno, ansimando, la fronte coperta da sudore freddo.
Ancora quell?incubo, un sogno che lo accompagnava quasi ogni notte. Un cigno, uno splendido animale, grande e forte, candido come la neve. Non faceva niente di particolare, se ne stava davanti a lui e lo guardava, con quei suoi occhi piccoli, neri e lucenti. Lo fissava altero, dall?alto in basso. 
Era bellissimo. Lui allungava una mano, voleva toccarlo, accarezzarlo, ma quando la sua mano era a pochi centimetri dalla testa del cigno, questo spalancava le ali, e cominciava a sbatterle all?impazzata. Allora il principe si svegliava, terrorizzato e urlante.
Non sapeva perché il cigno lo spaventasse tanto. Lui amava i cigni. Erano forti e aggraziati, tutto quello che lui voleva essere. Lui era piccolo, debole e impacciato. Non era nato per fare il principe.
Cercò di calmarsi e si ridistese, tirandosi le coperte sopra la testa. Tanto nessuno sarebbe venuto a consolarlo. Certo non sua madre. La regina dormiva a camere e camere lontano da lui, e sicuramente non era sola. Era bella e giovane e aveva un debole per gli uomini belli e giovani. Amava essere ammirata e corteggiata, amava il suo ruolo e il suo potere. La regina amava molte cose. Lui non era una di quelle.
Quando era solo, e accadeva terribilmente spesso, Siegfried leggeva, soprattutto quelle storie in cui le madri amano i loro figli e li coccolano e li mettono a letto la sera, con una carezza e una parola dolce, e li consolano quando piangono, e li curano quando sono malati. Quelle storie dove le madri hanno sempre sul viso un sorriso dolce e una ninna nanna pronta da cantare.
Favole. Non erano che favole.
Il principe strinse il suo cigno e si addormentò, con il viso bagnato di lacrime.

=*=

La mattina arrivava sempre troppo presto. In fondo il principe preferiva gli incubi notturni alla realtà della sua vita. Non erano ancora le sette che già la stanza era invasa da una decina fra domestiche e domestici, ognuno con un compito ben preciso. C?era chi lo lavava, chi lo pettinava, chi lo vestiva, intanto il barone Von Rothbart gli snocciolava il programma della giornata. C?erano sempre mille cose da fare, mille persone da incontrare, mille impegni da mantenere. Poi c?era lo studio, l?equitazione, la scherma. 
In genere Siegfried non ricordava niente, un po? perché riusciva a svegliarsi completamente solo dopo colazione, un po? perché non gliene importava nulla.
Questo obbligava il barone a ricordargli continuamente le cose durante la giornata, e vedere il barone arrabbiato era per il principe l?unico divertimento che poteva permettersi.
Odiava le cerimonie, odiava dover salutare tutti con quel ridicolo saluto militare. Odiava l?uniforme da parata, si sentiva stupido e ridicolo, vestito come un piccolo soldato, con la spada che gli pendeva al fianco e quel berretto troppo grande. Sembrava un nano, invece che un bambino di dieci anni. E poi tutti lo guardavano, tutti gli sorridevano e si inchinavano davanti a lui. Ma a nessuno importava veramente di lui. Se anche fosse morto, a nessuno sarebbe importato.
Spesso si perdeva in mezzo alla folla, attirato da un oggetto, da un rumore, da un colore. Si fermava a guardare un albero, o un uccello in volo, ed ecco che subito non sapeva più dove si trovava, fino a quando il barone non veniva a recuperarlo e con uno strattone, lo rimetteva al fianco della madre. La quale nemmeno si accorgeva della sua mancanza, impegnata ad osservare i volti dei giovani ufficiali, e a decidere quale sarebbe stata la sua prossima preda.
La regina si trovava nel suo ambiente naturale, in quelle occasioni. Splendeva come una stella nella notte, volava come una farfalla da una persona all?altra, incantando le donne e affascinando gli uomini. Per tutti aveva un sorriso, una parola, uno sguardo. Per tutti, tranne che per lui. Inguainata in abiti semplici ed eleganti, con i lunghi capelli neri raccolti sopra la testa e fermati da una semplice coroncina, non portava gioielli, tranne un filo di piccole perle intorno al lungo collo candido, nessun anello sulle dita eleganti, nessun orecchino alle orecchie piccole e ben fatte, pochissimo e sapiente trucco sul viso dalla bellezza nobile e altera.
Il principe la osservava da un angolo, cercando di passare il più possibile inosservato. Si domandava come potesse essere davvero suo figlio. Lei era un angelo, lui solo un brutto anatroccolo.

=*=

Undici anni dopo il principe non era cambiato affatto, o almeno lui non si sentiva molto diverso da quando aveva dieci anni. Continuava ad avere quell?incubo, ma non dormiva più con il peluche, più per obbligo che per scelta. L?uniforme continuava a sembrargli troppo grande e si sentiva sempre ridicolo ad indossarla. Il barone continuava a seguirlo per tutto il giorno, come un?agenda vivente, e lui continuava ad ignorarlo. E si perdeva ancora fra la folla.

=*=

Quella sera si sentiva nervoso. Il barone aveva organizzato una serata all?opera. 
Ci sarebbe stata sua madre con il suo cavaliere del momento, un giovane nobile che non aveva più anni di lui, e lui con la sua fidanzata. Il nervosismo era dovuto al fatto che sua madre odiava la sua fidanzata ma la tollerava perché gli era stata raccomandata dal barone. Quell?uomo era l?unico che aveva un ascendente sulla regina ed era l?unico che, chissà per quale misteriosa ragione, riusciva a convincerla a fare qualsiasi cosa. Lei aveva una fiducia cieca nel barone.
Il principe invece lo detestava, era un uomo viscido e crudele, ma non poteva farci niente. Sua madre non gli avrebbe mai permesso di allontanarlo.
Tirò un sospiro, cercando di calmarsi. Dopo tutto non vedeva perché doveva sentirsi nervoso per una cosa sulla quale non aveva nessun controllo. La fidanzata non era certo una sua scelta, così come tutto il resto. Il barone aveva deciso che un principe di ventun anni non poteva più presentarsi in società senza una dama al fianco, e quindi dal nulla era comparsa Lorena. 
Era molto bella, esile e bionda e con due grandi occhi azzurri, ma a Siegfried non piaceva lo stesso, aveva la voce stridula  e rideva troppo.  Non era molto intelligente e aveva un gusto orribile nello scegliersi i vestiti, sembrava una caramella.

=*=

Poche ore dopo il principe era nella sua stanza, davanti allo specchio.
Mentre si spogliava, beveva Brandy da una bottiglia. Era quasi ubriaco.
La serata era stata un autentico disastro. Lorena si era presentata con un orribile abito rosa con la gonna a palloncino. La regina era andata su tutte le furie. Si rifiutava di presentarsi a teatro con accanto un simile orrore. Soltanto l?intervento del barone le aveva fatto cambiare idea, come sempre. Però lei aveva fulminato con gli occhi il principe per tutta la serata, come se fosse stata colpa sua.
Inoltre Lorena non aveva affatto collaborato, inanellando gaffes una dietro l?altra. Si era seduta prima della regina, e aveva assistito al balletto sgranocchiando pop corn, muovendosi sulla sedia e facendo commenti ad alta voce. Dulcis in fundo, si era sporta dal balconcino, rovesciando i pop corn sul pubblico sottostante.
Una volta usciti da teatro, la regina aveva dato in escandescenza e l?aveva cacciata a male parole. In fondo quella serata aveva portato ad una cosa positiva. Il fidanzamento poteva considerarsi rotto. Però ora sua madre ce l?aveva con lui.
Siegfried era stanco. Era stufo di tutto e di tutti. Da qualche tempo aveva preso a bere, alla sera, nella solitudine della sua camera. Per qualche ora riusciva a dimenticare, e dormiva senza quel dannato incubo. Quell?incubo che diventava sempre più strano notte dopo notte. Il cigno sbatteva le ali e poi cresceva, cambiava, si trasformava, e alla fine davanti a lui c?era un ragazzo, completamente nudo, un ragazzo bellissimo, dai lunghi capelli biondi che gli scendevano morbidi sulle spalle. Anche in forma umana continuava ad avere l?aria fiera e nobile del cigno. Tendeva una mano ad afferrare la sua, e lo attirava a sé. Il principe si sentiva affondare in quegli occhi neri, si lasciava andare avvolto da un calore a lui sconosciuto. Ma quando le loro labbra stavano per incontrarsi, ecco che l?espressione del ragazzo cambiava, diventava fredda e crudele, e il ragazzo cominciava a ridere, a ridere di lui.

=*=

Improvvisamente la porta si aprì e la regina entrò, come se quella fosse stata una delle sue stanze. Era un?altra delle sue caratteristiche, comportarsi sempre e comunque come se tutto ciò che la circondava fosse suo, persone comprese. Il principe era già troppo ubriaco per stupirsi, e non fece niente per nascondere la bottiglia.
La regina era abbastanza arrabbiata per fare finta di niente, e stava solo cercando una scusa per infuriarsi ancora di più. La bottiglia fu la scusa ideale.
-E questa?- disse con la voce più gelida che riuscì a trovare.
-Ha! Ho sempre pensato che tu fossi una pappamolle! Ma che tu ti mettessi anche a bere! Inconcepibile! Ma guardati, guardati! Sei patetico! ?
E prendendolo per i capelli lo forzò ad alzare la testa e a guardarsi nello specchio.
-Cosa vedi? Avanti, dimmelo! ?
Il principe guardò il suo riflesso. Cosa vedeva? Soltanto un ragazzo con l?espressione più triste che avesse mai visto e con il volto pallido, dal corpo magro e dalle spalle strette, con il collo troppo lungo. Due occhi grandi e sperduti, semi nascosti da una massa di capelli neri e arruffati. 
Sua madre aveva ragione. Patetico. Abbassò la testa.
-Perché mi tratti così? Perché non mi vuoi? neanche un po?? di bene? ?
La regina ebbe un contraccolpo. Era la prima volta che il principe le rivolgeva una frase simile.
-E? questo che pensi di me? Che non ti voglio bene? Suvvia, caro! Non so da dove ti viene un?idea simile! ?
Il principe si voltò verso di lei.
-E allora abbracciami.-
E si mosse nella sua direzione, tendendo le braccia. La regina fece un balzo indietro. Il principe continuò ad avanzare. La sua espressione stava diventando dura, cattiva. La regina continuò a indietreggiare, come se fosse spaventata dall?idea di essere abbracciata da suo figlio.
-ABBRACCIAMI! ? gridò, e si lanciò verso di lei, prendendola fra le braccia, con forza, con violenza.
La regina era terrorizzata, cominciò a dibattersi, a gridare. Ma il principe continuava a tenerla. Caddero a terra. Rotolarono una sull?altro e la regina tentò di scappare, mentre il figlio la teneva ancora aggrappandosi alla sua gonna. La lotta durò qualche attimo, poi la regina riuscì a liberarsi e a rimettersi in piedi. Fece per scappare ma il suo orgoglio fu più forte. 
Si raddrizzò, recuperando tutta la sua maestosità, si sistemò il vestito e i capelli con un rapido gesto delle mani, ritornò verso il figlio, ancora inginocchiato a terra, e lo schiaffeggiò sul viso. In un attimo la questione era risolta.
Si voltò e tornò verso la porta.
Il principe a fatica si rialzò e tornò allo specchio dove giaceva la bottiglia, con le spalle curve e la testa chinata. Ancora una volta lei aveva vinto, come aveva sempre fatto e come avrebbe fatto per sempre. Portò le mani sul viso, mentre lacrime di disperazione scorrevano sulle sue guance.
La regina lo guardò con immensa pietà, poi tornò verso di lui, lo prese per le spalle.
-Stai dritto! Sei un principe, per l?amor del cielo! Guardati! Sai cosa vedo, io? Vedo un bellissimo giovane, dai lineamenti perfetti e dallo sguardo dolce ma fiero. Vedo un uomo che domani avrà un enorme potere nelle sue mani, e saprà governare con fermezza ma con giustizia, come ho sempre fatto io. Vedo mio figlio. ?
Siegfried guardò il riflesso di sua madre nelle specchio. Lei non gli aveva mai parlato in quel modo. Si voltò e ancora una volta tentò di abbracciarla. 
Ma lei si allontanò. No, quello era troppo, per lei. Poteva parlargli, ma non abbracciarlo. Poteva dimostrargli il suo affetto, ma solo fino ad un certo punto.
La regina si voltò e uscì, lasciandolo ancora una volta solo.

=*=

In un?altra stanza del palazzo il barone Von Rothbart stava facendo una telefonata. Aveva dipinto sul viso un sorriso maligno.
-Si, esatto. Il Swank Bar. Voi aspettate fuori, vedrete che varrà la pena aspettare. Vi prometto un vero scoop!?

=*=

Siegfried uscì dal palazzo, di nascosto. Indossava un vecchio cappello e un cappotto logoro, come sempre faceva quando voleva sfuggire per un po? l?ambiente di corte e mescolarsi con la gente comune. Il suo locale preferito si trovava in una zona malfamata della città. Si chiamava Swank Bar ed era frequentato da gente di tutti i tipi, soprattutto rockabilly, prostitute e marinai. Amava quel locale perché era l?esatto contrario del palazzo, e contemporaneamente era la stessa cosa. Qui le persone erano quello che erano, e non si nascondevano sotto la maschera della rispettabilità.
Il proprietario lo conosceva bene e lo fece entrare senza storie. Non sapeva che in realtà lui era il principe Siegfried, ma sapeva che era un buon cliente, che pagava in contanti e beveva molto.
Fu accolto dal solito odore misto di fumo e alcool, dalla musica a volume altissimo e dalla solita confusione. Molti lo salutarono. I clienti del Swank erano più o meno sempre gli stessi. Una ragazza ballava su un tavolo, coperta solo da due ventagli di piume di struzzo, mentre ai suoi piedi dei marinai le infilavano banconote negli slip. Sulla pista marinai e prostitute ballavano, mentre in un angolo due rockabilly facevano un po? di scena, ballando nel loro modo strambo. Dall?altro lato un marinaio corteggiava la Rossa, così chiamata perché indossava sempre una parrucca rossa fiammante, e cercava di coinvolgere un amico, che invece sembrava più interessato a Jimmy, un ragazzino che batteva in quel locale da qualche mese.
Siegfried ordinò subito da bere per tutti, acclamato a gran voce dagli avventori del locale. Una ragazza si sedette accanto a lui. Era Lorena. Il principe non fu particolarmente felice di vederla, ma lei gli si aggrappò addosso, raccontandogli che si era rifugiata lì a bere, nel tentativo di dimenticare il modo in cui era stata trattata dalla regina. La realtà era invece molto diversa. Von Rothbart l?aveva mandata in quel locale con il compito di far bere il principe e spingerlo in una rissa. 
Lorena non dovette faticare molto per farlo bere. Poi lo trascinò in mezzo alla pista, nel tentativo di farlo ballare e di mandarlo a sbattere contro qualcuno. Ma il principe scappava da tutte le parti, non aveva nessuna intenzione di ballare.
La fortuna venne in aiuto a Lorena. I due marinai lo presero sottobraccio, intonando una vecchia canzonaccia. Uno dei due inciampò e per non cadere, si aggrappò al collo del principe. Questo reagì con violenza, dando un pugno al marinaio. Ed ecco che la rissa era servita. Siegfried si trovò addossobuona parte degli uomini del locale. Poco dopo, pesto e sanguinante, fu buttato sulla strada.
Improvvisamente fu abbagliato da decine di flash. Paparazzi. Lo stavano fotografando. Istintivamente si tirò il cappotto sulla testa e, carponi, si tirò al lato della strada, nascondendosi in un angolo buio. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
Qualcuno uscì dal locale e disperse i fotografi. Subito l?uomo fu raggiunto da Lorena, i due parlarono un momento, poi l?uomo tolse di tasca un rotolo di banconote e lo consegnò alla ragazza.
Quando si voltò verso di lui per andarsene, Siegfried potè vederlo in viso, rimanendo sconvolto. Non era altri che Von Rothbart.

=*=

Cosa stava succedendo? Perché il barone aveva pagato Lorena? E perché fuori dal locale c?erano tutti quei fotografi? Nessuno sapeva che lui era solito frequentare lo Swank Bar. E perché avevano fotografato proprio lui? Avrebbe potuto essere un ubriaco qualsiasi. Loro sapevano tutto. E la spiegazione era una sola. Von Rothbart. Lui li aveva avvisati. Ma perché? Perché? In fondo era il segretario della regina, cosa ci guadagnava lui, in uno scandalo?
Mentre pensava a questo, due persone vennero verso di lui. Uno era il marinaio a cui lui aveva dato un pugno, e si trascinava dietro, tenendolo sottobraccio, il piccolo Jimmy. I due si tenevano in piedi uno con l?altro e ridevano, cantando con voce impastata da ubriachi. Si erano scambiati i berretti.
Passandogli accanto lo riconobbero. Il marinaio spalancò la bocca in un sorriso, e, con enorme soddisfazione, gli piazzò un calcio nello stomaco. 
L?ultima cosa che Siegfried vide fu Jimmy, che trascinava via il compagno. Poi perse i sensi. E nel dormiveglia sognò il cigno.

=*=

Quando si riprese, l?unica cosa che riuscì a pensare fu che voleva farla finita. Quello che era successo era troppo, per lui. Ci aveva pensato molte volte, fin da bambino, ma ora non poteva fare altrimenti. Non poteva immaginare cosa avrebbe detto, e fatto, sua madre, vedendo quelle fotografie. Lui, un principe, l?erede alla corona, buttato fuori da un bar malfamato, per di più ubriaco e pestato a sangue.
I suoi passi incerti lo portarono al parco della città, al centro del quale c?era un laghetto. Aveva dei dolcissimi ricordi di quel lago. Anche da bambino aveva l?abitudine di scappare dal palazzo, e quando lo faceva andava proprio lì, a vedere i cigni. Sulle rive di quel lago era nata la sua passione. 
I cigni erano liberi, proprio come voleva essere lui.
In quel momento il lago era nero, e sembrava grandissimo e profondo. Si chiese come sarebbe stato lasciarsi andare in quelle acque e venire trascinati giù. Immaginò l?acqua calda e avvolgente, come l?abbraccio di una madre. 
Si sedette un attimo su una panchina. Aveva bisogno di tempo. Suicidarsi non era per niente facile. Prese un pezzo di carta da un cestino ed estrasse una biro da una tasca. Avrebbe voluto scrivere una lettere a sua madre, dove le spiegava per filo e per segno il perché del suo gesto. Voleva farle capire quanto si era sentito solo e ignorato per ventuno anni, quanto aveva sofferto. E invece si limitò a scrivere ?Addio?. Con un chewing-gum appiccicò il messaggio ad un palo della luce e si incamminò verso il lago.

=*= 

FINE Atto 1


 
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