A Ste,
        che ha ‘mani di fata’
.
Per un avermi fatto ricordare quanto può essere sensuale lasciarsi lavare i capelli.

 


 

Stream Wood

by elyxyz

 

 

“Hai del fango sui capelli.”

Edward si sfiorò distrattamente la treccia sporca di melma con l’unico arto che gli era rimasto.
“Sempre meglio del sangue incrostato che lei ha in faccia!” gli fece notare, ghignando amaro.

Il Colonnello Mustang replicò con una smorfia simile alla sua. “L’importante è che non sia mio.”

Acciaio non si diede pena di rispondere, lasciò vagare lo sguardo lontano, stancamente; in un atto di profondo masochismo cercava di imprimersi questa desolazione nella mente. Forse non voleva dimenticare.

Ma si poteva mai dimenticare?

Avevano teso loro un’imboscata coi fiocchi… ma Roy si compiaceva nel constatare che, evidentemente, avevano sottovalutato la straordinaria potenza e l’estrema agilità dell’invincibile Flame Alchemist e del marmocchio piantagrane che lo accompagnava…

L’occhio gli cadde sull’ultimo mucchietto di cenere fumante poco lontano da loro. E poi sul lento declino del sole ad ovest. Si rese conto che era troppo tardi per proseguire. Dannazione! Quei mercenari gli avevano fatto perdere un sacco di tempo… ma avevano avuto quel che si meritavano!
La sua attenzione si puntò sul compagno d’armi. Quell’idiota con le manie di protagonismo era riuscito a distruggere completamente il suo auto-mail, che già prima era parecchio danneggiato.
Ora come ora, non sarebbe riuscito a trasmutare neanche un soldo di cacio.

“Ci accamperemo qui vicino per la notte.” Lo informò, indicando la pineta davanti a loro e ripassando mentalmente la piantina del luogo.

Edo si riscosse dai propri pensieri, scrutandolo sorpreso. “Eh?”

Roy sbuffò, lanciandogli l’occhiataccia tipica di chi sta perdendo il suo tempo a ripetere ovvietà.
“Il sole sta quasi tramontando. Il primo villaggio è a circa cinque ore di cammino da qui.
Ci inoltreremo tra gli alberi. In questa radura siamo troppo esposti. Forse ne arriveranno altri, ma non prima di domani, credo. E, in ogni caso, il bosco ci offrirà maggior riparo.”

Elric smosse col piede della terra cenerina, riportando alla luce un pezzetto di stoffa estremamente bruciacchiato. Lo fissò con disgusto.

“Li ha… uccisi tutti.”

“O loro… o noi”. Fu la spiacevole replica. ‘E meglio io che te.’

Ma resistette all’impulso di confessargli che, comunque, era stato preferibile che l’avesse fatto lui piuttosto che Edward.
Visto che le sue mani erano già sporche di sangue.

“Muoviti, Fullmetal! Recuperiamo le nostre cose.” E si diresse per primo verso il posto dove ricordava all’incirca di aver abbandonato l’equipaggiamento.
Raccolse il proprio zaino da marcia e gli chiese dove fosse la sua attrezzatura.

Ma Acciaio domandò a sua volta, con una punta d’ansia nella voce: “I cavalli?”, il moncherino che sferragliava ad ogni suo passo concitato.

“Sono fuggiti, ovviamente. Con tutto quel fuoco…”

“FUGGITI?!” fece eco, preoccupato.

“Ricordi il cambio fatto all’ultima Stazione di Posta?” gli fece notare, canzonandolo con supponenza. “Ti sovviene la sostituzione effettuata, mh?” ma non attese risposta. “Quelli freschi non sono addestrati come i nostri Quarter Horses. Addio comodità! Proseguiremo a piedi.”

Ed spalancò gli occhi, allarmato.
Questo fece insinuare in Roy il dubbio che…

“Non mi dire che sei stato tanto sciocco da non aver…”

Edward abbassò il capo, annuendo mortificato.

“Lo stuoino?”

“Attaccato… alla sella del cavallo…”

“La tua coperta?”

“…sul cavallo.”

“La borraccia?”

“Cavallo.”

“La tua bisaccia?!”

“Cav-”

“FULLMETAL!! SEI UN IDIOTA!”

Elric strinse la mascella per non reagire. Sapeva di aver commesso un errore grossolano, e di meritare quella strigliata. Quindi si preparò mentalmente al resto che doveva arrivare.
Ma il Colonnello tacque.
E forse fu peggio, perché il suo sguardo deluso lo ferì ancor di più.

“Se credessi in Dio, lo ringrazierei per averti attaccato la testa al collo.”

Persino Havoc non avrebbe combinato una simile sciocchezza!
Per un attimo si pentì di non aver scelto l’efficientissima tenente Hawkeye. Lei non avrebbe mai commesso uno sbaglio così stupido. Ma Riza non era un’Alchimista di Stato, per sua sfortuna.
La sua mente gli ricordò - ragionevolmente - che aveva scartato Armstrong perché sarebbe stato difficile farlo passare inosservato con la stazza che si ritrovava… Di una cosa era certo: non voleva indagare sui perché la sua prima scelta fosse caduta fin da subito su Edward Elric. La sua sanità mentale gli chiedeva fervidamente di non aprire certe porte pericolose. Ma, per la prima volta, si chiese se aveva fatto la scelta giusta.
E si toccò quasi per scaramanzia la giacca all’altezza del cuore, dove aveva riposto nella tasca interna la preziosa lettera. 

Non aveva ben chiaro neppure adesso i particolari di quell’incarico, e la cosa lo innervosiva non poco. Roy Mustang era un tipo che amava avere tutto sotto controllo. Soprattutto se in ballo c’era la sua pellaccia.
E invece i termini di quell’ingaggio erano stati quanto mai sibillini.
Era stato convocato dal Generale Supremo in persona, che gli aveva affidato questa missione segreta, un compito particolarmente delicato, gli era stato detto.
King Bradley gli aveva ordinato di scegliersi un Alchimista di appoggio, ma – di fatto - era l’unico a conoscere i fumosi particolari, come la loro destinazione, ad esempio. Un piccolo villaggio al Nord.
Una missiva da consegnare. E niente domande da fare.
Niente scorta, per non destare l’attenzione di curiosi. Abiti civili. Bettole di dubbio gusto in cui riposare. Niente mezzi di trasporto pubblici. Solo stradine secondarie, viottoli e boschi e montagne. Sentieri in disuso, dimenticati dai più.
Eppure erano riusciti ad intercettarli, malgrado si fossero mossi con cautela e furbizia. Non si era illuso neppure per un istante, che fossero incappati in quei mercenari prezzolati per sbaglio. Troppo organizzati e letali, per essere bandituncoli improvvisati. 

Il Colonnello scrutò il Fullmetal Alchemist. Neppure Alphonse sapeva la loro destinazione. Né quanto tempo si sarebbero assentati da Central.
Sperò in cuor suo che Edward avesse rispettato gli ordini.

“Ormai è tardi per recriminare. Ci arrangeremo alla meno peggio.” E si inoltrò per primo verso la boscaglia.
Camminarono in silenzio, percepiva il ritmico cozzare delle parti di metallo, che scandivano l’andatura del ragazzo qualche passo dietro di sé. 

D’un tratto si arrestò, attirato da un rumore poco lontano.
Edo, che non s’era accorto della fermata, gli sbatté contro. E lui represse tra i denti una mezza imprecazione, affinando l’udito.
Fullmetal si mise in guardia, temendo l’assalto un possibile nemico.

“La senti?” chiese al suo sottoposto, cercando di discernere i rumori del bosco.

“Sentire cosa?” sussurrò questi, scrutando guardingo le ombre tra gli alberi.

L’altro rimase un istante ad esaminare la sua espressione seria e tesa, poi scoppiò in una risata liberatoria.

Edward lo guardò a sua volta, come se fosse impazzito.
“Che diamine, Taisa! Le ha dato di volta il cervello?”

“L’acqua, Fullmetal! Non senti l’acqua scorrere?” gli fece notare. Annuendo nella direzione alla loro destra. “Ci dev’essere un ruscello poco lontano da qui.”

“Abbiamo visto acqua a sufficienza, in questi giorni…” si lamentò, ripensando al diluvio di quel mattino, e del giorno addietro, e di quello prima ancora.
E sentì tutta l’umidità nelle ossa, il ricordo fradicio della cavalcata serrata sotto la pioggia battente. E fissò gli stivali insozzati di pantano, come i suoi pantaloni, la giacca - e i suoi capelli, ricordò con fastidio – dopo lo scontro.
Avrebbe ucciso il Generale Supremo con le sue stesse mani in quel momento, se avesse potuto. Tutto per un dannato qualcosa… di cui non aveva notizia, perché non ne era stato messo a conoscenza.

Roy si perse a gustare le espressioni che scorrevano sul viso del più giovane. Un misto di disgusto, di seccatura, e di rappresaglia. Represse un sorriso indulgente.
Quel ragazzino non sapeva quali fossero i veri fastidi, le privazioni che un soldato doveva sopportare quando era in guerra.
In cuor suo, si augurò che non dovesse mai sperimentarli.

“Fosse anche un rigagnolo,” gli spiegò, ci sarà utile per riempire le borrac- ah!, no, scusa dimenticavo…” puntualizzò “LA borraccia, la mia. E darci una rinfrescata, in attesa di giungere ad una locanda decente per fare un bagno.”

Avrebbe potuto giurare che dalle orecchie del biondo stava per uscire del fumo, nero nero. Ma sapevano entrambi che il guaio combinato da Ed era ancora troppo recente, e quindi poteva concedersi il lusso di rimarcare l’accaduto ancora per un po’ senza incappare nelle sue ire funeste.

Riprese ad avanzare, prima che l’altro potesse ripensarci e dirgli il fatto suo. In breve si ritrovarono nel fitto della boscaglia, ma non era un problema - aveva la sua personale bussola con sé -, e proseguirono fino a che il ruscello non si presentò davanti a loro.
Un rivolo d’acqua corrente, che scendeva lungo il declivio della collina e si raccoglieva un modesto bacino naturale creato dall’intreccio delle radici dei pini, prima di serpeggiare oltre, fino a scomparire dove il terreno diventava permeabile.

“E’ perfetto!” sentenziò il Colonnello Mustang. E si tolse il proprio equipaggiamento, posandolo contro la base di uno degli alberi. Poi si diresse verso lo specchio d’acqua, s’inginocchiò cautamente e smosse la superficie con un rametto per controllare la presenza di eventuali pericoli, come le bisce d’acqua, poi sfilò i guanti un tempo immacolati e ora macchiati di fango e sangue. Ne intinse uno nel serbatoio naturale – uno solo, per ogni evenienza – lo strofinò energicamente per mondarlo alla meno peggio.
Quando si fosse asciugato, avrebbe provveduto a lavare anche l’altro. Dopo essersi specchiato, e aver visto le chiazze carminio e il suo pallore, raccolse dell’acqua con le mani a coppa e si sciacquò abbondantemente. Infine bevve, con avidità. Perché era piacevolmente fresca, e non s’era accorto di quanto ne avesse bisogno, finché non l’aveva assaggiata.

Ad Edward non rimase altro che osservarlo, immobile, compiere quei gesti, così comuni in verità; ma che per lui stavano assumendo via via un significato particolare.
Avevano condiviso le stanze di diverse bettole, in quei giorni, lui e il Colonnello. Eppure non aveva mai fatto caso a tutto ciò. La cosa gli dava un vago senso di scombussolamento, forse di fastidio.

“Ha intenzione di consumarla tutta?” gli chiese infatti, in tono scocciato, per rompere gli indugi. 

L’uomo si risollevò ghignando. “Io non ho i tuoi problemi. Di notte, non bagno il letto!”

“Come osa dire che sono così piccolo da sembrare un poppante che si fa la pipì addosso?!” sbraitò, senza riprender fiato.

Il ghigno del moro s’allargò, perché quello strepitio voleva dire che ad Acciaio stavano passando i rimorsi per il danno cagionato prima.

“Ecco! E’ tutta tua.” Rispose, allargando il braccio con galanteria, come a donarglielo.

Fullmetal grugnì qualcosa di poco gentile al suo indirizzo, e si diresse a spron battuto verso la sorgente.
Caspita! Com’era sporco… il suo riflesso lo stupì non poco. Imitò il suo superiore nell’attingere e nello strofinare per togliersi la fanghiglia dalla fronte e dal collo. Sui vestiti non se ne parlava, e i suoi capelli erano un disastro… si attirò la punta della treccia verso il viso ed annusò. Sapeva di muffa e melma. Arricciò il naso e sbuffò contrariato.

“Sei peggio di una donnicciola…” lo punzecchiò il Flame Alchemist.

“Io non sono una donnicciola!!” sbraitò, “ma puzzo di terra marcia o qualcosa di peggio, e vorrei vedere lei, se…” ma, quando lo fissò, s’accorse che il compagno non era certo messo meglio di lui, anzi. Al fango s’aggiungeva il sangue degli uomini con cui aveva combattuto e che aveva ucciso.

Si sentì di colpo sciocco e infantile, per questa sua protesta. Ma Roy non replicò. Aveva visto come Edward l’aveva guardato. E aveva capito cosa l’altro aveva pensato.

“Ci daremo una sistemata, e poi ceneremo.” Propose, anche se la frase sembrava più un ordine, che un suggerimento. Perciò non attese risposta. Aprì il proprio zaino, da cui estrasse un cambio d’abiti e dei calzini puliti.
Edo s’adagiò contro un larice, osservando pigramente il suo superiore sfilarsi i pantaloni sporchi e sostituirli con altrettanti dello stesso colore, ma puliti.
Gli faceva uno strano effetto vedere il Colonnello in abiti civili.
Nel Quartier Generale si vociferava si facesse confezionare le divise su misura, per pavoneggiarsi meglio. A lui non importava se fosse vero o meno.
Ma era un uomo che sapeva valorizzarsi, questo sì. Gliel’aveva fatto notare il Tenente Hawkeye, giusto poco prima di partire per quella missione.
Perso in quelle riflessioni, non s’avvide del pezzo di stoffa che l’oggetto dei suoi pensieri gli aveva lanciato. L’agguantò all’ultimo istante, con la mano sana.
“Che cos…?”

Era una camicia di morbida flanella, simile a quella che il suo superiore stava finendo di abbottonarsi.

“Si indossa, sai?” lo canzonò, avvicinandosi a lui con dei pantaloni dall’aspetto comodo. “Non vorrai restartene sporco e bagnato, voglio sperare.” Insinuò, dondolandogli davanti al naso i calzoni puliti.

Ed arrossì di botto. Non seppe dire se d’indignazione o di vergogna.

“Sto benissimo così.” Replicò acre.

“Non fare il bambino!” lo sgridò Mustang, diventando serio. Ma l’altro partì per la tangente.

“Chi è così nano da sembrare un moccioso neonato piagnucolone?!”

Roy sbuffò stancamente, come se quei discorsi gli consumassero la pazienza e l’energia.
Afferrò quindi la maglia di Acciaio all’altezza della pancia e la tirò di malagrazia verso l’alto.

“Ehi! Aspetti! Ma che fa?!” si mise a protestare il ragazzo, evidentemente allarmato.

“Ti tratto per quello che sei!”

“Io non sono un marmocchio!”

“No! Sei un somaro!”

“IO NON SONO…!”

La situazione stava degenerando.

“Lasciati aiutare. E’ un ordine!” proferì il Colonnello, con tono autorevole. Fullmetal tacque all’istante.
Si lasciò sfilare docilmente la maglia sbrindellata. Rimase fermo anche quando il tessuto era rimasto impigliato tra i residui dell’auto-mail e il militare glielo scioglieva con gesti misurati e accorti. Effettivamente non ci sarebbe riuscito da solo.
Forse doveva ringraziarlo.
Ma sarebbe morto, piuttosto.

Roy s’appressò un po’ di più, avvicinando la propria testa alla sua.
Ed arrossì di colpo. Imbarazzato.
Che avesse per caso intenzione di baciarlo?!

“Puzzi di capra!” gli disse, tragicamente schifato.
L’imbarazzo diventò sdegno. Il rosso si fece più intenso. “E’ melma, non formaggio!”

L’uomo agguantò la treccia con la punta di due dita, come si tiene una cosa sporca e puzzolente.
“Devi provvedere a…”

“E come pensa che possa lavarli?, con una mano sola?!”

“Uhm. A mali estremi, estremi rimedi.” Decretò, sibillino.
Prese con sé la camicia che gli aveva offerto e la posò sul proprio zaino, da cui estrasse un bicchiere e un contenitore rettangolare di metallo, che facevano parte del kit per il rancio.

Andò a risciacquarli nella pozza e posò il bicchiere lungo il bordo. Poi si chinò a raccogliere alcuni aghi di pino e delle pigne, e dei rami secchi. Fece schioccare le dita e, in men che non si dica, un allegro fuocherello ardeva ai suoi piedi, dentro il recipiente. In breve, non rimase che della cenere grigia.
La raccolse, odorandola. “Non male…”

Edo seguiva questi suoi movimenti con un pizzico di curiosità e una certa diffidenza.
Che diavolo aveva in mente, quel pazzo?

“Edward!” lo chiamò infatti “Avvicinanti alla cascata più che poi.” Gli ordinò proprio in quel momento, precedendolo. “Ce la fai ad infilarti sotto la cascatella?” chiese, stimando il getto d’acqua.

“Certo che no!” replicò scandalizzato. “Possiedo un braccio e una gamba meccanici, non ho mica il collo snodato!”

“Mph!” sbuffò seccato, arrotolandosi le maniche della camicia. “Allora non ce ne facciamo niente!” Si guardò intorno. Di colpo prese a trascinarlo per la treccia, come un asino reticente. “Ahi! Ahi! AHI!!” ma il militare non si fece commuovere.

“Accucciati sul bordo, di schiena.” Gli ingiunse, mentre lui si accingeva ad avvolgere l’orlo dei calzoni fino al polpaccio e ad entrare nell’acqua con lentezza, perché non si intorbidasse. “Reclina la testa all’indietro.”
Il giovane fece come richiesto, senza protestare, stavolta.
Sentiva il Colonnello dietro di lui che armeggiava con qualcosa, poi percepì l’elastico dei capelli che scivolava via, sparpagliandoli sulla schiena nuda. Roy lavò il fermaglio e se lo mise al polso, poi indossò il guanto ancora sporco ma asciutto, e con uno schiocco di dita l’acqua del bacino divenne moderatamente calda. Non lo sarebbe rimasta a lungo, ma a sufficienza per il suo scopo.
Prese quindi il bicchiere di metallo, lo riempì del liquido tiepido e lo usò per inumidire i capelli.
Ed rabbrividì a quel primo contatto, per i fili l’acqua che scorrevano sulla schiena nuda.
Quando Mustang ritenne che fosse sufficiente, s’allungò per prendere una manciata di cenere dalla vaschetta rettangolare. Edo lo vide con la coda dell’occhio e protestò: “Taisa! Che diamine vuole fare?! Sono già sporchi di fango e lei vuole aggiungerci anche polvere di rami bruciati?!” 

L’uomo gli diede una leggera scoppola sulla testa. “Fa’ silenzio, asino! La cenere per lavare i capelli è un rimedio antichissimo e molto efficace.”

Acciaio si zittì, mortificato. E lo lasciò agire: cominciò a massaggiare la chioma con vigore e ritmicità, ma anche con una punta di… voluttà?
All’inizio, fu solo strano.
Era passato troppo tempo da che, ancora bambino, sua madre gli lavava i capelli.
Poi la stranezza assunse una nuova sfumatura. Non aveva mai realizzato quanto potesse essere intima, un’azione come questa.
Prima che potesse fermarlo, un gemito strozzato sfuggì alle labbra di Ed. 

“Ti ho fatto male? Scusa…”

Male?! Cazzo. C’era mancato poco che si mettesse a miagolare. Come quei sacchi di pulci che lui odiava tanto e che Al si ostinava a raccattare.

“CERTO CHE MI HA FATTO MALE!!” s’alterò, anche se era con se stesso che era arrabbiato, non col Colonnello “Se tira così forte, rimarrò calvo anzitempo!”

Il movimento si fece di colpo lento.
E maledettamente sensuale.

No, dannazione, no. Non era stata una buona idea.
La situazione era decisamente peggiorata.

Si sentiva come uno stupido adolescente eccitato.
E – per la miseria! - lui era adolescente ed eccitato… ma non poteva infiammarsi per un altro uomo, e soprattutto… non per il Taisa Mustang!!

Roy sorrise tra sé. Doveva riconoscere che il giovane Elric aveva una discreta resistenza.
Un numero imprecisato di donne reticenti aveva capitolato tra le sue braccia per molto meno.
Non si diede pena di capire perché si stesse comportando in quel modo discutibile col suo sottoposto. Forse era cominciato tutto come un passatempo, ma ne era rimasto invischiato, e adesso era troppo tardi per scappare.
Gli sfiorò la nuca con le lunghe dita agili, vide la sua pelle delicata accapponarsi in risposta. Ed, era pronto a giurarci, non di ribrezzo. 

Edward si morse a sangue l’interno della guancia, per non esalare un altro verso inarticolato di piacere. Probabilmente Mustang si stava prendendo gioco di lui, ma avrebbe resistito stoicamente.
Anche quando il suo esperto aguzzino sfiorò una delle tante cicatrici alla base del collo, facendolo sussultare lievemente.

Il Flame Alchemist non aveva mai avuto modo di notare i numerosi, piccoli sfregi e le imperfezioni sulla pelle del ragazzo.
“Sembri un cane randagio. Con tutti questi segni…” proferì, per rompere quel silenzio di colpo troppo pesante. Troppo carico di elettricità. 

“Non un randagio.” Rispose, caustico, Acciaio. “Non sono forse un cane dell’esercito?!”

“Già.” Asserì, amaro. Poi tacquero entrambi. “Ho quasi finito.” Lo informò poco dopo, e raccolse il bicchiere e lo riempì più volte d’acqua ancora tiepida, per risciacquare con cura la bionda cascata.

Quando non sentì più la sua presenza alle spalle, Edo si volse a controllare dove fosse finito. Lo vide raccattare un pezzo di stoffa che adoperò a mo’ di asciugamano per frizionargli i capelli, ma non prima di averlo riscaldato con il familiare schiocco delle dita.

“Vuoi che ti rifaccia la treccia?” gli chiese, atono. Stropicciandosi le mani sui pantaloni, perché si asciugassero del tutto.

“No. Sono ancora un po’ umidi… una coda andrà benissimo.” Rispose, nuovamente in imbarazzo.
Stavolta però sapeva che Roy non stava attuando alcun sottinteso, difatti raccolse quei fili biondi con precisione e rapidità, fermandoli con l’elastico che ancora portava al polso. 

Ed li sfiorò a sua volta, con la mano rimasta, stupendosi della loro inusuale morbidezza e lucentezza, a discapito delle luci tremolanti della sera incalzante. Sapevano leggermente di pino. Ed era gradevole, dopotutto. “Grazie.” Sussurrò. Anche se gli costava. Ma non era un maleducato, lui.

Mustang annuì di rimando, archiviando l’evento. Quindi controllò se il guanto lavato si fosse asciugato a sufficienza, poi candeggiò anche il suo gemello.
Una folata di vento increspò il pelo dell’acqua, spettinandolo.
Edward si sorprese di quanta meticolosità stesse impiegando, per fare una cosa così semplice.
E questo presente si scontrava con l’idea che lui aveva del Flame Alchemist, seduto scompostamente nel suo ufficio, sommerso da scartoffie arretrate, sempre a sbuffare e a bighellonare nei corridoi, per non lavorare.
D’un tratto si chiese se non fosse questo, il vero Mustang. Un uomo d’azione, un uomo pratico.
Perso nuovamente in queste riflessioni, sussultò vistosamente quando se lo ritrovò davanti, a un palmo dal naso. Roy stiracchiò le labbra in modo fastidioso: “Ti ho forse spaventato?” domandò mellifluo “Ti ho chiamato, ma sembravi sulle nuvole…”

Edo accampò una scusa improvvisata, che gli preservasse un minimo di dignità. Dignità che andò a disintegrarsi nel momento stesso in cui il suo stomaco brontolò sonoramente, facendo sprofondare di vergogna lui; e ridere di gusto l’altro. 

“Di’ alla tua pancia che fra poco ceneremo!” lo prese in giro il Colonnello, srotolando i pantaloni e calzando i propri stivali. Si diresse a prendere la camicia di prima, quella per Ed, e non dovette neppure insistere troppo per aiutarlo a mettersela.
Afferrando il moncherino di metallo, gli chiese se doveva sistemarlo per renderlo meno fastidioso.
Quando Acciaio gli spiegò come fare, tolse i bulloni e le viti penzolanti, che non servivano più a nulla. Poi si limitò ad osservarlo, con interesse scientifico. 

“Prima non te l’ho chiesto, ma… quando perdi un pezzo dell’auto-mail in uno scontro… senti dolore?” gli domandò, con una punta di disagio nella voce.

“Dolore?” ripeté il più giovane. “Non quanto al momento della connessione con i nervi.” Si schernì. “Ma non è certo piacevole.” concluse, stringendosi nelle spalle.

L’uomo finì di abbottonargli la camicia, perché sarebbe stato troppo complicato far passare ogni bottone nella propria asola, con una mano sola.
Gli erano grandi, i suoi vestiti. Per i pantaloni si era risolto con una cintura, e poi si perdevano dentro gli stivali… tuttavia, Edward appariva comicamente buffo, così, ma gli ispirava quasi tenerezza.

Si sedettero ai piedi di un pino, uno accanto all’altro, e Roy si mise a rovistare nello zaino in cerca di cibo. E iniziò a razionarlo.
Edo pensò al proprio, che era andato irrimediabilmente perduto. Quanto era stato idiota!

“Vuole che peschi qualche pesce?”

“Nella pozza, lì davanti, non ce ne sono.”

“Potrei risalire la collina, magari troverei un bacino…” propose, speranzoso.

“E poi lo pulisci tu dalle interiora?” chiese, scettico. “Il pesce non mi piace.”

“Vado a raccogliere qualche bacca?”

“Mi vuoi avvelenare?”

Acciaio strinse i pugni per contenere la rabbia che gli stava montando dentro: “Dannato Colonnello! Volevo solo rendermi utile!”

“Ci divideremo le mie scorte.” Gli spiegò, placidamente, frugando nuovamente nella sacca.
Fullmetal annuì, sconsolato. Era stata un’idea stupida, la sua. Posto che il suo superiore gli avesse dato il consenso, stava davvero diventando buio, e si sarebbe quasi certamente perso entro breve. Altro che pesca! 

“Non potrebbe accendere un fuoco?” gli suggerì, scrutando pensieroso le prime stelle.

“E magari attaccarmi un cartello sulla schiena con scritto ‘sono qui’?” ironizzò l’altro, senza sprecarsi a guardarlo.

Il giovane Elric si prese mentalmente a calci. Stava collezionando una serie di figuracce incredibili, che quel dannato di un Colonnello avrebbe usato a suo sfavore, prima o poi…

Cenarono in silenzio, con della carne secca, della frutta disidratata, delle gallette e pane raffermo.
Non fu un pasto luculliano, ma - se non altro – era servito a placare i morsi della fame.

Fu Edward, per tacito accordo, ad occuparsi di lavare le stoviglie. Quando ebbe terminato, trovò che il compagno aveva già disposto lo stuoino e la coperta contro il tronco e stava svolgendo il suo sacco a pelo.
Ovviamente non avrebbe potuto contenere entrambi.
Ed ripose le vettovaglie. Sarebbe stata una lunga notte scomoda, per lui.

“Che diavolo aspetti?!” lo sollecitò Mustang, che si era adagiato sotto al morbido rivestimento. “Ti muovi?!”

Per un istante, Edo pensò che si stesse prendendo gioco di lui. Poi notò che, effettivamente, il militare aveva aperto la cerniera del sacco, per farlo diventare una seconda coperta con cui avvolgerli.
Gliene fu enormemente grato. Ma non glielo disse.

“Non faccia scherzi.” Intimò, raggiungendolo.

In mancanza di altri ripari, avrebbero usufruito del calore reciproco per scaldarsi. Roy attese che si fosse accomodato vicino a lui, quindi lo informò sul da farsi.

“Domani, ci metteremo in marcia all’alba. Cammineremo fino a Dawin Town, lì acquisteremo nuovi cavalli. Devieremo per Resembool, è ovvio. Non puoi procedere con un braccio inutilizzabile, e senza alchimia, per giunta. Poi proseguiremo verso Nord.”

Attese eventuali lamentele, ma non ne udì. Il Fullmetal Alchemist si limitò ad annuire, pregustando il ricongiungimento con Winry e zia Pinako, un pasto caldo e un’ora ammollo in una tinozza fumante. E magari un letto comodo dove riposare, finalmente. Dopo questa notte passata all’addiaccio.

Avrebbero dovuto inventarsi una buona scusa, per questa loro improvvisata. E soprattutto per la mancanza evidente di Al.
Ma ci avrebbe pensato l’indomani. Insieme alla lavata di capo che lo attendeva, per aver distrutto quel gioiellino di raffinata meccanica. Ma era bello tornare a casa. Nonostante tutto.
Anche se lui e Alphonse avevano conosciuto persone che li amavano, che sostituivano, in parte, l’assenza di una famiglia. Ripensò Maes Hughes, ai Tenenti Hawkeye e Ross, ai sottotenenti Havoc, Breda e Falman. Al Maggiore Armstrong, ad Havoc…

“Taisa Mustang?”

“Mh?”

“Si è mai pentito di essere entrato nell’esercito?”

Pentito? Migliaia di volte.
“No. Mai.”

Ripiombò il silenzio. Rotto solo dal gufare di una civetta, in lontananza. Il ruscello gorgogliava allegro, ed era quasi piacevole farsi cullare dallo sciabordio dell’acqua.
Ed sbadigliò, accoccolandosi meglio sotto le coltri. Cercò di rilassarsi e di trovare la posizione più congeniale per riposare. Sentiva l’aria gelida della notte lambirgli le guance e il naso, che andava via via raffreddandosi. Sforzandosi di non fare rumore, si sollevò il colletto della camicia per impedire fastidiosi spifferi. Solo in quel momento s’accorse del piacevole profumo che la flanella emanava.
Era l’odore del Colonnello Mustang.
Pareva cosa strana… ma non era affatto dispiaciuto di averlo addosso.
Anzi. A suo modo era gradevole.

Il corpo affianco al suo si mosse.

“Taisa?”

“Mmmh?”

“Tolga la mano da lì, e non s’azzardi più.”

Un leggero fruscio fu l’unica risposta.
 

Qualche ora più tardi, erano raggomitolati stretti stretti. In cerca ognuno del tepore dell’altro.

Roy si destò un istante, attirato da un rumore sospetto. Ma si rivelò un falso allarme. Probabilmente una bestia selvatica in caccia. Attirò Ed a sé, e lo abbracciò forte, coprendo entrambi.
Percepiva l’odore di aghi di pino ovunque, tutto attorno a sé, ma appoggiò il naso tra i capelli biondi, e preferì lasciarsi cullare da quel profumo, sprofondando nuovamente nel sonno. L’alba era ancora lontana...

  

Fine

 

Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Note: Fin dai tempi antichi, la cenere veniva usata per lavare i capelli e tingerli.
I Romani, per esempio, documentano l’utilizzo di foglie e rami di diverse piante, fatte incenerire e mescolate ad altre sostanze naturali, per ottenere una capigliatura tendente al biondo o al ramato, e così via...

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
Chiunque desideri, può contattarmi al solito divano blue navy: il mio indirizzo è nella sezione Indirizzi Autori’.

Grazie (_ _)

elyxyz