Stream Wood by elyxyz
“Hai del fango sui capelli.”
Edward si sfiorò
distrattamente la treccia sporca di melma con l’unico arto che gli era
rimasto. Il Colonnello Mustang replicò con una smorfia simile alla sua. “L’importante è che non sia mio.” Acciaio non si diede pena di rispondere, lasciò vagare lo sguardo lontano, stancamente; in un atto di profondo masochismo cercava di imprimersi questa desolazione nella mente. Forse non voleva dimenticare. Ma si poteva mai dimenticare? Avevano teso loro un’imboscata coi fiocchi… ma Roy si compiaceva nel constatare che, evidentemente, avevano sottovalutato la straordinaria potenza e l’estrema agilità dell’invincibile Flame Alchemist e del marmocchio piantagrane che lo accompagnava…
L’occhio gli cadde
sull’ultimo mucchietto di cenere fumante poco lontano da loro. E poi sul
lento declino del sole ad ovest. Si rese conto che era troppo tardi per
proseguire. Dannazione! Quei mercenari gli avevano fatto perdere un
sacco di tempo… ma avevano avuto quel che si meritavano! “Ci accamperemo qui vicino per la notte.” Lo informò, indicando la pineta davanti a loro e ripassando mentalmente la piantina del luogo. Edo si riscosse dai propri pensieri, scrutandolo sorpreso. “Eh?”
Roy sbuffò,
lanciandogli l’occhiataccia tipica di chi sta perdendo il suo tempo a
ripetere ovvietà. Elric smosse col piede della terra cenerina, riportando alla luce un pezzetto di stoffa estremamente bruciacchiato. Lo fissò con disgusto. “Li ha… uccisi tutti.” “O loro… o noi”. Fu la spiacevole replica. ‘E meglio io che te.’
Ma resistette
all’impulso di confessargli che, comunque, era stato preferibile che
l’avesse fatto lui piuttosto che Edward.
“Muoviti,
Fullmetal! Recuperiamo le nostre cose.” E si diresse per primo verso il
posto dove ricordava all’incirca di aver abbandonato l’equipaggiamento. Ma Acciaio domandò a sua volta, con una punta d’ansia nella voce: “I cavalli?”, il moncherino che sferragliava ad ogni suo passo concitato. “Sono fuggiti, ovviamente. Con tutto quel fuoco…” “FUGGITI?!” fece eco, preoccupato. “Ricordi il cambio fatto all’ultima Stazione di Posta?” gli fece notare, canzonandolo con supponenza. “Ti sovviene la sostituzione effettuata, mh?” ma non attese risposta. “Quelli freschi non sono addestrati come i nostri Quarter Horses. Addio comodità! Proseguiremo a piedi.”
Ed spalancò gli
occhi, allarmato. “Non mi dire che sei stato tanto sciocco da non aver…” Edward abbassò il capo, annuendo mortificato. “Lo stuoino?” “Attaccato… alla sella del cavallo…” “La tua coperta?” “…sul cavallo.” “La borraccia?” “Cavallo.” “La tua bisaccia?!” “Cav-” “FULLMETAL!! SEI UN IDIOTA!”
Elric strinse la
mascella per non reagire. Sapeva di aver commesso un errore grossolano,
e di meritare quella strigliata. Quindi si preparò mentalmente al resto
che doveva arrivare. “Se credessi in Dio, lo ringrazierei per averti attaccato la testa al collo.”
Persino Havoc non
avrebbe combinato una simile sciocchezza!
Non aveva ben
chiaro neppure adesso i particolari di quell’incarico, e la cosa lo
innervosiva non poco. Roy Mustang era un tipo che amava avere tutto
sotto controllo. Soprattutto se in ballo c’era la sua pellaccia.
Il Colonnello
scrutò il Fullmetal Alchemist. Neppure Alphonse sapeva la loro
destinazione. Né quanto tempo si sarebbero assentati da Central.
“Ormai è tardi per
recriminare. Ci arrangeremo alla meno peggio.” E si inoltrò per primo
verso la boscaglia.
D’un tratto si
arrestò, attirato da un rumore poco lontano. “La senti?” chiese al suo sottoposto, cercando di discernere i rumori del bosco. “Sentire cosa?” sussurrò questi, scrutando guardingo le ombre tra gli alberi. L’altro rimase un istante ad esaminare la sua espressione seria e tesa, poi scoppiò in una risata liberatoria.
Edward lo guardò a
sua volta, come se fosse impazzito. “L’acqua, Fullmetal! Non senti l’acqua scorrere?” gli fece notare. Annuendo nella direzione alla loro destra. “Ci dev’essere un ruscello poco lontano da qui.”
“Abbiamo visto
acqua a sufficienza, in questi giorni…” si lamentò, ripensando al
diluvio di quel mattino, e del giorno addietro, e di quello prima
ancora.
Roy si perse a
gustare le espressioni che scorrevano sul viso del più giovane. Un misto
di disgusto, di seccatura, e di rappresaglia. Represse un sorriso
indulgente. “Fosse anche un rigagnolo,” gli spiegò, ci sarà utile per riempire le borrac- ah!, no, scusa dimenticavo…” puntualizzò “LA borraccia, la mia. E darci una rinfrescata, in attesa di giungere ad una locanda decente per fare un bagno.” Avrebbe potuto giurare che dalle orecchie del biondo stava per uscire del fumo, nero nero. Ma sapevano entrambi che il guaio combinato da Ed era ancora troppo recente, e quindi poteva concedersi il lusso di rimarcare l’accaduto ancora per un po’ senza incappare nelle sue ire funeste.
Riprese ad
avanzare, prima che l’altro potesse ripensarci e dirgli il fatto suo. In
breve si ritrovarono nel fitto della boscaglia, ma non era un problema -
aveva la sua personale bussola con sé -, e proseguirono fino a che il
ruscello non si presentò davanti a loro.
“E’ perfetto!”
sentenziò il Colonnello Mustang. E si tolse il proprio equipaggiamento,
posandolo contro la base di uno degli alberi. Poi si diresse verso lo
specchio d’acqua, s’inginocchiò cautamente e smosse la superficie con un
rametto per controllare la presenza di eventuali pericoli, come le bisce
d’acqua, poi sfilò i guanti un tempo immacolati e ora macchiati di fango
e sangue. Ne intinse uno nel serbatoio naturale – uno solo, per ogni
evenienza – lo strofinò energicamente per mondarlo alla meno peggio.
Ad Edward non
rimase altro che osservarlo, immobile, compiere quei gesti, così comuni
in verità; ma che per lui stavano assumendo via via un significato
particolare. “Ha intenzione di consumarla tutta?” gli chiese infatti, in tono scocciato, per rompere gli indugi. L’uomo si risollevò ghignando. “Io non ho i tuoi problemi. Di notte, non bagno il letto!” “Come osa dire che sono così piccolo da sembrare un poppante che si fa la pipì addosso?!” sbraitò, senza riprender fiato. Il ghigno del moro s’allargò, perché quello strepitio voleva dire che ad Acciaio stavano passando i rimorsi per il danno cagionato prima. “Ecco! E’ tutta tua.” Rispose, allargando il braccio con galanteria, come a donarglielo.
Fullmetal grugnì
qualcosa di poco gentile al suo indirizzo, e si diresse a spron battuto
verso la sorgente. “Sei peggio di una donnicciola…” lo punzecchiò il Flame Alchemist. “Io non sono una donnicciola!!” sbraitò, “ma puzzo di terra marcia o qualcosa di peggio, e vorrei vedere lei, se…” ma, quando lo fissò, s’accorse che il compagno non era certo messo meglio di lui, anzi. Al fango s’aggiungeva il sangue degli uomini con cui aveva combattuto e che aveva ucciso. Si sentì di colpo sciocco e infantile, per questa sua protesta. Ma Roy non replicò. Aveva visto come Edward l’aveva guardato. E aveva capito cosa l’altro aveva pensato.
“Ci daremo una
sistemata, e poi ceneremo.” Propose, anche se la frase sembrava più un
ordine, che un suggerimento. Perciò non attese risposta. Aprì il proprio
zaino, da cui estrasse un cambio d’abiti e dei calzini puliti. Era una camicia di morbida flanella, simile a quella che il suo superiore stava finendo di abbottonarsi. “Si indossa, sai?” lo canzonò, avvicinandosi a lui con dei pantaloni dall’aspetto comodo. “Non vorrai restartene sporco e bagnato, voglio sperare.” Insinuò, dondolandogli davanti al naso i calzoni puliti. Ed arrossì di botto. Non seppe dire se d’indignazione o di vergogna. “Sto benissimo così.” Replicò acre. “Non fare il bambino!” lo sgridò Mustang, diventando serio. Ma l’altro partì per la tangente. “Chi è così nano da sembrare un moccioso neonato piagnucolone?!”
Roy sbuffò
stancamente, come se quei discorsi gli consumassero la pazienza e
l’energia. “Ehi! Aspetti! Ma che fa?!” si mise a protestare il ragazzo, evidentemente allarmato. “Ti tratto per quello che sei!” “Io non sono un marmocchio!” “No! Sei un somaro!” “IO NON SONO…!” La situazione stava degenerando.
“Lasciati aiutare.
E’ un ordine!” proferì il Colonnello, con tono autorevole. Fullmetal
tacque all’istante.
Roy s’appressò un
po’ di più, avvicinando la propria testa alla sua.
“Puzzi di capra!”
gli disse, tragicamente schifato.
L’uomo agguantò la
treccia con la punta di due dita, come si tiene una cosa sporca e
puzzolente. “E come pensa che possa lavarli?, con una mano sola?!”
“Uhm. A mali
estremi, estremi rimedi.” Decretò, sibillino.
Andò a
risciacquarli nella pozza e posò il bicchiere lungo il bordo. Poi si
chinò a raccogliere alcuni aghi di pino e delle pigne, e dei rami
secchi. Fece schioccare le dita e, in men che non si dica, un allegro
fuocherello ardeva ai suoi piedi, dentro il recipiente. In breve, non
rimase che della cenere grigia.
Edo seguiva questi
suoi movimenti con un pizzico di curiosità e una certa diffidenza.
“Edward!” lo chiamò infatti “Avvicinanti alla cascata più che poi.” Gli ordinò proprio in quel momento, precedendolo. “Ce la fai ad infilarti sotto la cascatella?” chiese, stimando il getto d’acqua. “Certo che no!” replicò scandalizzato. “Possiedo un braccio e una gamba meccanici, non ho mica il collo snodato!” “Mph!” sbuffò seccato, arrotolandosi le maniche della camicia. “Allora non ce ne facciamo niente!” Si guardò intorno. Di colpo prese a trascinarlo per la treccia, come un asino reticente. “Ahi! Ahi! AHI!!” ma il militare non si fece commuovere.
“Accucciati sul
bordo, di schiena.” Gli ingiunse, mentre lui si accingeva ad avvolgere
l’orlo dei calzoni fino al polpaccio e ad entrare nell’acqua con
lentezza, perché non si intorbidasse. “Reclina la testa all’indietro.” L’uomo gli diede una leggera scoppola sulla testa. “Fa’ silenzio, asino! La cenere per lavare i capelli è un rimedio antichissimo e molto efficace.”
Acciaio si zittì,
mortificato. E lo lasciò agire: cominciò a massaggiare la chioma con
vigore e ritmicità, ma anche con una punta di… voluttà? “Ti ho fatto male? Scusa…” Male?! Cazzo. C’era mancato poco che si mettesse a miagolare. Come quei sacchi di pulci che lui odiava tanto e che Al si ostinava a raccattare. “CERTO CHE MI HA FATTO MALE!!” s’alterò, anche se era con se stesso che era arrabbiato, non col Colonnello “Se tira così forte, rimarrò calvo anzitempo!”
Il movimento si
fece di colpo lento.
No, dannazione,
no. Non era stata una buona idea.
Si sentiva come
uno stupido adolescente eccitato.
Roy sorrise tra
sé. Doveva riconoscere che il giovane Elric aveva una discreta
resistenza.
Edward si morse a
sangue l’interno della guancia, per non esalare un altro verso
inarticolato di piacere. Probabilmente Mustang si stava prendendo gioco
di lui, ma avrebbe resistito stoicamente.
Il Flame Alchemist
non aveva mai avuto modo di notare i numerosi, piccoli sfregi e le
imperfezioni sulla pelle del ragazzo. “Non un randagio.” Rispose, caustico, Acciaio. “Non sono forse un cane dell’esercito?!” “Già.” Asserì, amaro. Poi tacquero entrambi. “Ho quasi finito.” Lo informò poco dopo, e raccolse il bicchiere e lo riempì più volte d’acqua ancora tiepida, per risciacquare con cura la bionda cascata. Quando non sentì più la sua presenza alle spalle, Edo si volse a controllare dove fosse finito. Lo vide raccattare un pezzo di stoffa che adoperò a mo’ di asciugamano per frizionargli i capelli, ma non prima di averlo riscaldato con il familiare schiocco delle dita. “Vuoi che ti rifaccia la treccia?” gli chiese, atono. Stropicciandosi le mani sui pantaloni, perché si asciugassero del tutto.
“No. Sono ancora
un po’ umidi… una coda andrà benissimo.” Rispose, nuovamente in
imbarazzo. Ed li sfiorò a sua volta, con la mano rimasta, stupendosi della loro inusuale morbidezza e lucentezza, a discapito delle luci tremolanti della sera incalzante. Sapevano leggermente di pino. Ed era gradevole, dopotutto. “Grazie.” Sussurrò. Anche se gli costava. Ma non era un maleducato, lui.
Mustang annuì di
rimando, archiviando l’evento. Quindi controllò se il guanto lavato si
fosse asciugato a sufficienza, poi candeggiò anche il suo gemello.
Edo accampò una scusa improvvisata, che gli preservasse un minimo di dignità. Dignità che andò a disintegrarsi nel momento stesso in cui il suo stomaco brontolò sonoramente, facendo sprofondare di vergogna lui; e ridere di gusto l’altro.
“Di’ alla tua
pancia che fra poco ceneremo!” lo prese in giro il Colonnello,
srotolando i pantaloni e calzando i propri stivali. Si diresse a
prendere la camicia di prima, quella per Ed, e non dovette neppure
insistere troppo per aiutarlo a mettersela. “Prima non te l’ho chiesto, ma… quando perdi un pezzo dell’auto-mail in uno scontro… senti dolore?” gli domandò, con una punta di disagio nella voce. “Dolore?” ripeté il più giovane. “Non quanto al momento della connessione con i nervi.” Si schernì. “Ma non è certo piacevole.” concluse, stringendosi nelle spalle.
L’uomo finì di
abbottonargli la camicia, perché sarebbe stato troppo complicato far
passare ogni bottone nella propria asola, con una mano sola.
Si sedettero ai
piedi di un pino, uno accanto all’altro, e Roy si mise a rovistare nello
zaino in cerca di cibo. E iniziò a razionarlo. “Vuole che peschi qualche pesce?” “Nella pozza, lì davanti, non ce ne sono.” “Potrei risalire la collina, magari troverei un bacino…” propose, speranzoso. “E poi lo pulisci tu dalle interiora?” chiese, scettico. “Il pesce non mi piace.” “Vado a raccogliere qualche bacca?” “Mi vuoi avvelenare?” Acciaio strinse i pugni per contenere la rabbia che gli stava montando dentro: “Dannato Colonnello! Volevo solo rendermi utile!”
“Ci divideremo le
mie scorte.” Gli spiegò, placidamente, frugando nuovamente nella sacca. “Non potrebbe accendere un fuoco?” gli suggerì, scrutando pensieroso le prime stelle. “E magari attaccarmi un cartello sulla schiena con scritto ‘sono qui’?” ironizzò l’altro, senza sprecarsi a guardarlo. Il giovane Elric si prese mentalmente a calci. Stava collezionando una serie di figuracce incredibili, che quel dannato di un Colonnello avrebbe usato a suo sfavore, prima o poi…
Cenarono in
silenzio, con della carne secca, della frutta disidratata, delle
gallette e pane raffermo.
Fu Edward, per
tacito accordo, ad occuparsi di lavare le stoviglie. Quando ebbe
terminato, trovò che il compagno aveva già disposto lo stuoino e la
coperta contro il tronco e stava svolgendo il suo sacco a pelo. “Che diavolo aspetti?!” lo sollecitò Mustang, che si era adagiato sotto al morbido rivestimento. “Ti muovi?!”
Per un istante,
Edo pensò che si stesse prendendo gioco di lui. Poi notò che,
effettivamente, il militare aveva aperto la cerniera del sacco, per
farlo diventare una seconda coperta con cui avvolgerli. “Non faccia scherzi.” Intimò, raggiungendolo. In mancanza di altri ripari, avrebbero usufruito del calore reciproco per scaldarsi. Roy attese che si fosse accomodato vicino a lui, quindi lo informò sul da farsi. “Domani, ci metteremo in marcia all’alba. Cammineremo fino a Dawin Town, lì acquisteremo nuovi cavalli. Devieremo per Resembool, è ovvio. Non puoi procedere con un braccio inutilizzabile, e senza alchimia, per giunta. Poi proseguiremo verso Nord.” Attese eventuali lamentele, ma non ne udì. Il Fullmetal Alchemist si limitò ad annuire, pregustando il ricongiungimento con Winry e zia Pinako, un pasto caldo e un’ora ammollo in una tinozza fumante. E magari un letto comodo dove riposare, finalmente. Dopo questa notte passata all’addiaccio.
Avrebbero dovuto
inventarsi una buona scusa, per questa loro improvvisata. E soprattutto
per la mancanza evidente di Al. “Taisa Mustang?” “Mh?” “Si è mai pentito di essere entrato nell’esercito?”
Pentito? Migliaia
di volte.
Ripiombò il
silenzio. Rotto solo dal gufare di una civetta, in lontananza. Il
ruscello gorgogliava allegro, ed era quasi piacevole farsi cullare dallo
sciabordio dell’acqua. Il corpo affianco al suo si mosse. “Taisa?” “Mmmh?” “Tolga la mano da lì, e non s’azzardi più.”
Un leggero fruscio
fu l’unica risposta. Qualche ora più tardi, erano raggomitolati stretti stretti. In cerca ognuno del tepore dell’altro.
Roy si destò un
istante, attirato da un rumore sospetto. Ma si rivelò un falso allarme.
Probabilmente una bestia selvatica in caccia. Attirò Ed a sé, e lo
abbracciò forte, coprendo entrambi.
Fine
Disclaimers:
I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli
aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi
è alcuna forma di lucro, da parte mia. Grazie (_ _) elyxyz
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