Strawberry fields
forever
Parte V
di Francine
Hanamichi si concentrò sulla partita che
si stava giocando a dieci metri sotto di lui; le parole del Gorilla
l’avevano scosso: avrebbe diviso la notte con Rukawa!
"Maledizione!!" pensò il
ragazzo guardando Sendo giocare nel ruolo da playmaker.
Dopo venti minuti, in cui il Ryonan era
avanti di quindici punti sul Kainan, Hanamichi si alzò di scatto dal
sedile avviandosi verso l’uscita.
- Dove vai?- lo raggiunse la voce del
capitano alle spalle.
- E’ inutile, vado ad allenarmi!!!-
rispose il ragazzo senza voltarsi verso i suoi compagni di squadra e
guadagnando l’uscita seguito dagli insulti di Akagi.
- Maledetto stupido!!!!!- ringhiò il
centro dello Shohoku, tornando a sedersi di botto sulla poltroncina del
palazzetto.
Rukawa, che fino a quel momento era
rimasto tranquillamente seduto alla destra di Hanamichi, come vide il
ragazzo andarsene, si alzò in piedi e fece per imitarlo, imitato da
Miyagi e Mitsui.
- E’ inutile, vincerà il Ryonan…-
sentenziò il ragazzo andandosene.
Le parole dei suoi compagni furono dello
stesso tenore, tanto che Akagi digrignò i denti e si ripromise di legarli
alle sedie, la prossima volta, quei quattro scriteriati.
Rukawa, dal canto suo, era parecchio
seccato di non aver potuto rincorrere Hanamichi non appena uscito dal
palazzetto: aveva Mitsui e Miyagi dietro e sicuramente avrebbero notato la
sua corsa verso il suoi acerrimo nemico. Per loro due, vedere Rukawa che
rincorre Sakuragi per un fino altro dalla solita zuffa, era un qualcosa
d’inconcepibile.
" Sicuramente mi rincorrerebbero per
impedirmi di picchiarlo a sangue, anche se non sono mai io ad iniziare le
zuffe…" pensò il ragazzo uscendo incontro al caldo sole di Giugno.
Le cicale diffondevano nell’aria calda
il loro ritmico frinire d’ali, contribuendo a rendere ancor più
tangibile la temperatura di quel sabato mattina.
Di Hanamichi non c’era alcuna traccia.
Maledicendo la presenza dei suoi compagni
di squadra, Kaede si mise gli auricolari del walkman e iniziò a camminare
senza avere una meta precisa.
Non si accorse che lo stesso avevano
fatto i suoi compagni di squadra, ognuno perso nei propri pensieri.
Dopo una ventina di minuti passati senza
badare a dove lo conducessero i suoi piedi, il ragazzo dai capelli neri si
ritrovò nel parco dove era solito andare a correre ogni mattina.
Sorrise.
"Almeno qui potrò starmene un po’
in pace con i miei guai…" pensò il ragazzo sistemandosi lo
spallaccio della borsa che portava sulla spalla destra.
Il parco accolse il ragazzo tra le sue
fronde protettrici, rasserenando per un poco il suo cuore.
Da per tutto era un tripudio di fiori: la
primavera, che aveva salutato Kanagawa pochi giorni prima, lasciando il
passo all’estate, aveva regalato alla città una spruzzata di fiori
gialli, che coloravano allegri alcune aiuole del parco e il giardino dello
Shohoku.
Kaede si sedette accanto ad una di
queste, posando la sacca accanto a sé: nel cielo, i cumulonembi si
staccavano con prepotenza dal fondo azzurro intenso del cielo.
Quell’idillio durò poco, perché il
ragazzo sentì un frusciare alle sue spalle che distolse la sua attenzione
dal contemplare il celo: un gattino nero era sbucato da dietro un
cespuglio, avvicinandosi istintivamente verso di lui.
Rukawa, che amava molto quelle creature,
fissò la bestiola negli occhi per poi avvicinare una mano nel tentativo
di farlo venire accanto a sé.
Il gatto fissò la mano pallida del
ragazzo per poi allontanarsi senza degnarsi di guardarlo, lasciandolo di
stucco: era la prima volta che un gatto non ricambiava la sua voglia di
socializzare.
" Che sia un brutto presagio?"
si chiese Rukawa guardando la mano, col dubbio che il mix di sudore e
sporcizia che aveva immagazzinato durante la giornata, non avesse
contribuito a far allontanare il gattino nero.
Il ragazzo scosse la testa, riadagiandosi
sull’erba del parco.
" I gatti erano le uniche creature
con cui riuscivo ad instaurare uno scambio… adesso anche loro non ne
vogliono più sapere di me?" chiese a se stesso, sentendo un macigno
gelato prendere possesso del suo stomaco.
" Anche loro…" ripeté Kaede,
andando con la mente ad una persona che l’aveva abbandonato pochi giorni
prima senza una ragione evidente.
La tristezza prese possesso del cuore del
ragazzo.
Come si sentiva?
A pezzi.
Distrutto.
Impotente.
Già, era questo l’aspetto che più di
tutto fiaccava lo spirito di Rukawa, il fatto che non c’era alcuna cosa
che potesse materialmente fare per riavere accanto a sé quella testa
rossa.
Prese le cuffie del Walkman e le calzò
appena, spingendo il tasto d’avvio.
Le note di Paul McCartney inondarono
dolcemente le orecchie del ragazzo, che trattenne a stento le lacrime.
To lead a better life I need
my love to be here...
Here, making each day of the year
Changing my life with the wave of her hand
Nobody can deny that there's something there
There, running my hands through her hair
Both of us thinking how good it can be
Someone is speaking but she doesn't know he's there
I want her everywhere and if she's beside me
I know I need never care
But to love her is to need her everywhere
Knowing that love is to share
Each one believing that love never dies
Watching her eyes and hoping I'm always there…
"Già… il problema è avere
Hanamichi accanto a me…" pensò il ragazzo ascoltando il testo di
John dipanarsi sulle note della chitarra di George. Strinse i pugni, come
a voler trattenere qualcosa tra le sue pallide dita affusolate.
" La tua luce…" mormorò tra
sé e sé il ragazzo, accorgendosi che il nastro era ormai giunto al
termine.
Si alzò per cambiare lato,
ripromettendosi di farsi regalare per il suo compleanno il modello con
l’autoreverse, quando un rumore a lui familiare l’aveva fatto voltare:
due ragazzini, col pallone a spicchi rosso sotto il braccio, si stavano
dirigendo verso un campetto da basket.
Lo stesso dove era solito allenarsi la
domenica mattina, e dove aveva quella cretina della sorella del capitano
aiutare, o almeno provarci, Hanamichi a non commettere fallo.
" La partita di domani…" si
rammentò il ragazzo, alzandosi velocemente dall’erba fresca e riprendo
la sua sacca in spalla.
Senza altri indugi, si diresse verso la
palestra della sua scuola, osservato dagli occhi curiosi dal gattino nero.
Giunto davanti alla palestra, si accorse
che anche Miyagi e Mitsui avevano avuto la medesima idea.
- Rukawa, anche tui qui?- gli chiese il
playmaker guardandolo con fare interrogativo.
- Mh…-
rispose con un monosillabo il ragazzo precedendo i compagni in palestra.
-
Ma che modi sono? – l’apostrofò Mitsui seccato- Ricordati che sia io
che Miyagi siamo due tuoi senpai!!!-
Le parole della guardia non scossero
Rukawa, come se fossero state aria fresca che gli scorreva sulle vesti.
I due, guardandosi stupiti, alzarono le
spalle e seguirono il compagno all’interno dell’edificio: come
aprirono le porte, videro buona parte dei palloni sparsi sul parquet, come
se qualcuno avesse precipitosamente interrotto un allenamento.
- Ci scommetto la testa che dietro tutto
questo casino c’è quel coglione di Hanamichi…- disse Mitsui
avviandosi verso gli spogliatoi.
Rukawa fu preso per un istante dal raptus
di far rimangiare a suon di pugni le parole che Mitsui aveva appena detto,
ma il suo proverbiale autocontrollo gli evitò di lanciarsi contro il
compagno più anziano e riempirlo di pugni.
"Solo io posso dare del coglione al
mio Hacchan…" si disse il volpino, ripromettendosi di fargliela
pagare presto a Mitsui.
Dopo un’oretta buona d’allenamento, i
tre videro Hanamichi, pallido come un cencio varcare la porta della
palestra ed unirsi a loro con una faccia da funerale.
- A buon ora!- lo sgridò Mitsui- Ti pare
educato lasciare tutto questo casino?-
Hanamichi aveva un’aria distrutta, come
se gli fosse caduta in testa una montagna: Rukawa se ne accorse e fulminò
con lo sguardo Mitsui.
L’ultimo arrivato abbassò la testa e
disse semplicemente: - Il signor Anzai si è sentito male…-
Mitsui sbiancò letteralmente, incitando
il compagno a proseguire il suo racconto.
- Che significa? Che vuol dire? Che gli
è successo?- chiese senza una pausa l’ex teppista, sgranando gli occhi
e maledicendo il silenzio di Hanamichi.
- Ha avuto un attacco di cuore ed è
stato ricoverato in ospedale…- rispose semplicemente il ragazzo.
- Ma adesso come sta?- l’incalzò
nuovamente Mitsui, mentre gli altri due fissavano inebetiti il ragazzo
dalla zazzera rossa.
- Non lo so…- rispose semplicemente
questi, evitando di guardare l’altro negli occhi.
- Che vuol dire? Che non te ne frega
niente?- s’infuriò Mitsui, avvicinandosi con fare minaccioso verso il
compagno di squadra.
- Non lo so! Mi sono dimenticato di
chiederlo quando me ne sono andato via!- rispose Hanamichi alzando la
voce, seccato per quel terzo grado che stava subendo.
- Sei solo uno stronzo!- gli urlò contro
Mitsui afferrandolo per lo scollo della maglia bianca ed iniziando a
scuoterlo, neanche fosse un sacco di patate- Vai a farti…-
Il provvidenziale intervento di Miyagi
evitò che nascesse una rissa tra quei due; Rukawa era rimasto a fissare
la scena come se si svolgesse ad anni luce da lui.
- Adesso basta!- fece Sakuragi
staccandosi dalla presa di Hisashi- Per tua norma e regola, Micchi, è
solo grazie a me se il signor Anzai si è salvato…- concluse avvicinando
un pollice verso di sé.
- E piantala di darti tante arie!- gli
disse acido Miyagi- Ci scommetto la testa che il coach si è sentito male
dopo averti visto giocare…-
- Infatti…- gli fece eco Rukawa,
scatenando le ire di Sakuragi.
- Comunque, domani non ci sarà… -
proseguì Sakuragi- Perciò dovremo darci da fare contro il Ryonan!-
concluse il ragazzo dando una carica strana alle sue parole.
Gli altri ragazzi, pensando chi
all’allenatore malato, chi all’avversario dell’indomani, si
riproposero di stracciare gli avversari per onorare il lavoro
dell’allenatore Anzai.
- Signor Anzai, le giuro che porterò la
squadra alla vittoria!- disse Mitsui, spronandosi a dare il massimo in
campo.
- Piantatela! Devo fare altri duecento
canestri, e se continuate a fare casino non riuscirò mai ad allenarmi!-
disse Hanamichi, che frattanto, si era portato sotto canestro, la maglia
bianca adagiata sulla spalla destra.
Mitsui gli lanciò un’occhiata
divertita, offrendosi di aiutarlo nell’allenamento.
- Hanamichi, ti aiuto, mettendomi in
difesa.- disse il ragazzo dai capelli corvini, che tentava un modo per
ringraziare il compagno di aver salvato l’allenatore. Mai e poi mai
Hisashi Mitsui avrebbe usato la parola "grazie" nei confronti di
un suo compagno di squadra, men che meno nei confronti di un suo kohai
come Sakuragi!
- …grazie…- rispose questi, stupito
che quell’orso di Mitsui gli dimostrasse un po’ di solidarietà.
- E io ti passo i palloni…- gli disse
Miyagi, avvicinandosi anch’egli sotto canestro.
- Davvero? Grazie…- rispose Hanamichi
con le lacrime agli occhi.
- E io ti farò da allenatore…-
aggiunse Rukawa, che aveva miracolosamente ritrovato la parola in quel
momento.
- COOOOSA?!!!- urlò Sakuragi
avventandosi addosso al compagno- Neanche morto!-
- E invece dovrai, caro mio!- gli rispose
l’altro, stando al gioco, felice che l’altro fosse caduto nel suo
tranello.
" Almeno così posso toccarti, amore
mio…" pensò Rukawa mentre litigava con Sakuragi, dandosele di
santa ragione: era rimasto senza fiato allorché aveva visto il torace
muscoloso ed abbronzato del suo Hacchan sotto canestro.
In un primo momento si era chiesto se
fosse scemo o cosa: mettersi così davanti a lui, ben sapendo quali
sentimenti provava, era quanto meno un’azione sadica!
" Vediamo che succede se lo
provoco…" si era detto Rukawa prima di aprire bocca, felice di
ritrovare quel contatto con Hanamichi che gli era mancato come l’aria.
Dopo un paio d’ore, fecero il loro
ingresso in palestra Akagi ed il resto della squadra che aveva raggiunto
il capitano, il suo vice e la manager all’ospedale non appena era finita
la partita tra il Ryonan e il Kainan.
Stupito, ma neanche troppo, di trovare
quelle teste calde a cooperare tra loro, il capitano prese la parola.
- Come credo sappiate già- disse Akagi
dopo essersi schiarito la voce – il signor Anzai si è sentito male
questo pomeriggio, per cui domani non potrà essere accanto a noi.-
Un silenzio, carico di tensione accompagnò
le parole del capitano che si spensero nell’aria calda della palestra.
- Quindi…- disse riprendendo la parola-
domani dovremo fare il sedere a strisce al Ryonan! Mi sono spiegato?-
- SIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!- rispose in
coro a pieni polmoni l’intera squadra.
- Bene. Lavoriamo ancora per un paio
d’ore e poi andremo tutti assieme a pregare al tempio per la vittoria di
domani e la salute del nostro allenatore!-
- Gorilla…- chiese incautamente
Hanamichi, evitando che il capitano gli conficcasse il suo micidiale
destro sulla testa per un soffio.
- Che c’è decerebrato?- chiese Akagi
con gli occhi fiammeggianti: ancora non gli aveva fatto pagare lo spavento
che aveva fatto prendere a lui, Kogure ed Ayako quando erano giunti in
ospedale.
- Ecco, io volevo sapere ce resteremo
ugualmente a dormire qui, stanotte.- chiese il ragazzo massaggiandosi la
testa- Io devo ancora avvertire mia madre…- concluse molleggiando indici
l’uno contro l’altro.
- Andremo ugaualmente in ritiro,
Hanamichi. La pensione si trova a due passi dal tempio ed è vicina al
palazzetto. Avvisa tua madre e poi torna subito qui.- gli ordinò il
capitano, volgendosi per controllare l’operato degli altri.
Il raagzzo si mise le mani in tasca e si
diresse verso i telefoni, ignaro che qualcuno lo stesse seguendo.
Giunto davanti agli apparecchi, frugò
nelle tasche alla ricerca di una tessera o di qualche spicciolo per
telefonare.
- Oh, no!- disse mestamente, abbassando
la testa- Ho usato tutti i soldi che c’erano in questa tessera per
chiamare la moglie del signor Anzai… E adesso? -
Riagganciò la cornetta verde, pensando
allo squisito sukiyaki che sua madre stava preparando per lui:
gliel’avrebbe tirato dietro!
Due dita da pianista apparvero alla sua
destra, porgendogli una tessera telefonica con su i personaggi di Ranma ½.
Si voltò e vide Rukawa, pallido nel buio
del corridoio, porgergli la tessera telefonica.
- Devo telefonare anch’io, quindi
muoviti!- disse spiccio il ragazzo, prevenendo qualsiasi domanda di
Hanamichi.
- Ma come…?- chiese quest’ultimo.
- Hai sempre il brutto vizio di pensare a
voce alta…-
Hanamichi assunse la stessa tonalità dei
suoi cortissimi capelli, prese la tessera con le dita tremolanti e sudate,
la inserì nell’apparecchio e compose il numero di casa sua.
Al terzo squillo, sentì la madre alzare
la cornetta e chiedere chi fosse.
- Mamma? Sono io… No, non torno a
cena… Sì, lo so… lo so… ma è successo tutto all’improvviso!
No… Ho saputo solo oggi che ci saremmo fermati in una pensione per un
ritiro… No… non ho potuto! Come cos’ho fatto? Ho accompagnato il mio
allenatore in ospedale, si è sentito male… no… sì, come papà…no,
no, sta bene, solo che il Gorilla ha deciso di pernottare lo stesso…ok,
ok… va ben, ti chiamo appena arrivo… No, sono ancora in palestra, dopo
andiamo al tempio e poi in pensione… ok, ok… ciao ciao… ti voglio
bene…-
Mentre Sakuragi aveva questa
conversazione, simile più ad un interrogatorio a dir la verità, Rukawa
guardava il suo ex farsi piccolo ed assumere un atteggiamento protettivo
nei confronti di sua madre.
" Che significano quelle parole? Che
vuol dire ‘come papà’?" si chiedeva il ragazzo mentre l’altro
riagganciava e gli rendeva la tessera.
- …ehi… Terra chiama Rukawa… Ci
sei?-
Kaede si trovò improvvisamente la mano
di Hanamichi sventolargli davanti agli occhi, come a volerlo riportare tra
i presenti.
- Hm, dicevi?-
- Eccoti la tua tessera, grazie mille…-
gli disse Sakuragi mettendogli in mano il pezzo di plastica rigida.
- Aspetta…- disse Rukawa, prendendo il
compagno per un braccio. Questi, sentendosi toccare dall’altro, provò
una scarica su tutto il corpo e diede uno strattone impercettibile, che
tuttavia non sfuggì al ragazzo dai capelli neri.
- Cosa vuoi Rukawa…- chiese Hanamichi
con ton o gelido, voltandosi verso la luce dei suoi occhi.
L’altro, fissando quegli occhi nocciola
in cui si agitavano mille pagliuzze dorate, quegli occhi che l’avevano
ammaliato e che ora non gliela contavano giusta, scosse il capo e disse
semplicemente: - no, niente, scusami.-
Hanamichi si allontanò e Rukawa telefonò
a casa, lasciando detto che non sarebbe rincasato.
Dopo la visita al tempio e la cena
succulenta che la padrona della pensione aveva servito a quei " gran
bei ragazzoni", come li aveva definiti lei, i giocatori si erano
ritirati ognuno nella stanza loro assegnata.
Hanamichi si trovò a srotolare il
proprio futon accanto a quello di Kaede, sentendosi imbarazzato come mai
in vita sua.
Lanciò all’altro degli sguardi di
soppiatto, che Rukawa finse di non vedere, mentre invece era felicissimo
di ricevere.
Come Hanamichi si distese sul materasso,
il ragazzo dai capelli neri prese il suo fidato Walkman dalla sacca e si
sdraiò dando le spalle all’altro.
Spensero la luce dopo poco, senza alcun
bisticcio tra loro, in un muto accordo: Hanamichi scivolò subito nel
sonno, provato dalle emozioni di quella faticosissima giornata.
Kaede, invece, si era avvicinato alla
finestra, osservando la luna estiva stagliarsi nel nero del cielo di
Giugno. Poco dopo, il nastro finì e il ragazzo estrasse la cassetta dal
mangianastri per cambiare lato, quando sentì Hanamichi dir qualcosa nel
sonno.
" Che cosa’" si chiese il
ragazzo avvicinandosi per capire il tenore dei discorsi del suo compagno
di stanza, pregando che l’avessero come protagonista.
- Lasciatemi andare… lasciatemi
andare… mio padre sta morendo… mio padre…- ripeteva Hanamichi
piangendo e singhiozzando.
Kaede sentì il cuore stretto da una
morsa e senza pensare a quel che stava facendo, si avvicinò al ragazzo e
gli asciugò le lacrime dal viso con le labbra.
- Sanno di sale… - commentò a voce
flebile Rukawa- segnando con un dito il percorso fatto dalle lacrime sulle
guance abbronzate di Hanamichi.
" Devi aver sofferto molto, amore
mio- pensò il ragazzo fissando Sakuragi illuminato dai pallidi strali
lunari- Non so cosa tu abbia patito, ma vorrei poter fare qualcosa per
te… se solo tu me ne dessi l’opportunità…"
Carezzò ancora una volta quella testa
matta, finché non vide il ragazzo calmarsi e smettere di piangere. Prese
allora le cuffie del suo Walkman e le mise ad Hanamichi, accendendo
l’apparecchio.
Questa volta fu il ragazzo dai capelli
rossi a sentire nelle sue orecchie una musica dolcissima, che dissipò il
buio che aveva davanti agli occhi, riconciliandolo con il mondo.
I want her everywhere and if she's beside
me
I know I need never care
But to love her is to need her everywhere
Knowing that love is to share
Each one believing that love never dies
Watching her eyes and hoping I'm always there
I will be there and everywhere
Here, there and everywhere…
- Buona notte amore mio…- gli sussurrò
Kaede prima di scivolare anch’egli nel sonno, accanto al suo amato
"imbecille".
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