DISCLAMER: I
personaggi sono di T. Inoue. Alcuni, invece, li ho inventati io, ma non
temete: la differenza, balza immediatamente agli occhi! -////-' Kei: figlio di Karen, coetaneo di Kaede e Hanamichi (Itachi=donnola)
Mayuka Odagi: amica del cuore di nonna Kikyo, era un'attrice porno Reika: nipote di Mayuka, asso del pc e di tutto ciò che è tecnologico, coetanea di Kanata Madoka: mamma di Reika, scrive romanzi yaoi. (Fukurou=gufo) Masaki: fratello minore di Reika. Hélène: mamma di Hanamichi e Hikaru, ha altri due figli, Hanako e Hiroki, è sposata con Philippe Berrauly. Ryosuke Dori: presidente effettivo della Dorian Production. Takeshi Dori: padre di Ryosuke. Susan Dori: mamma di Ryosuke, presenta show per bambini. Toshi Ikeda: preside del liceo Shohoku, gemello di Tomo, fidanzato con Karen. Tomo Ikeda: gemello di rettore dell'università di Kanangawa, è il compagno di Susan. Lamia: segretaria personale e confidente di Ryosuke. Strange Family IV parte XII di Gojyina-chan
Hanamichi si guardò attorno senza farlo notare. Dieci teppisti li poteva affrontare senza problemi, ma Kaede non sarebbe mai fuggito insieme ai due fratelli minori. “Ehi, rosso! La mocciosa è tua figlia?” rise il capo banda dai voluminosi capelli verdi, che evidentemente non guardava la televisione, dove gli spot di Kikyo e di Hanamichi erano trasmessi in continuazione.
Sakuragi strinse i denti con forza. Non appena Kikyo l'avrebbe chiamato 'mamma', si sarebbe scatenato l'inferno. Doveva assolutamente proteggere lei e Kanata.
“Ehi, tu! Butto ramarro! – sbottò il koala, incrociando le braccia al petto con fare bellicoso – Lui è Na-na mio!” esclamò, gettando i due giocatori nello stupore più totale.
“Ah, ah, ah! Finalmente ti sei trovato la ragazza, eh?” rise il teppista, seguito a ruota dai compari. “Sparisci.” gli intimò Hanamichi, fingendo di essere annoiato dalla loro scaramuccia.
“Ciao scimmia! Ci si vede in giro! Mi mancano le nostre risse!” lo salutò l'altro, allontanandosi insieme alla sua banda.
Una volta che gli scocciatori se ne furono andati, Kaede guardò la sorellina con evidente stupore. “Hn?!” le... 'chiese', sollevando un sopracciglio scuro.
“È come scarpina! – spiegò la bimba – A casa no ho scarpe, ma fuori giardino no senza perché è sporco! Allora uguale-uguale, a casa è mamma mio, fuori è Na-na mio, perché fuori è sporco!” “HN?! Ho capito quel che ha detto! Ehi, Do'hao, ho capito quello che...! Hn.”
L'entusiasmo della volpe cessò nell'istante in cui posò lo sguardo sul suo ragazzo. Hanamichi si era coperto il viso con una mano e stava tremando di rabbia. “Il mondo fa schifo. Prima lo impara e meglio sarà per lei. – sentenziò Kaede prendendo Kanata per mano – Torniamo a casa.” sussurrò, accarezzando la sua testa rossa preferita. Nonostante durante il tragitto verso la villa i due giocatori non si fossero sfiorati nemmeno per caso, al topino non erano mai sembrati più vicini di così. Il bimbo cominciò seriamente a temere che l'amore cronico fosse dannatamente difficile da debellare.
“È andata a fuoco la cucina?! Hanamichi chi ha lasciato in vita?” domandò Kei, preoccupato per il parentado. “Si sono fuse solo alcune pentole. Mito ed Hikaru sono andati subito a ricomprarle. Sai bene che in molti negozi c'è il cartello 'I Rukawa non possono entrare'... “ borbottò Michael. “E ci vado sempre di mezzo io!” mugugnò il ragazzo, ricordando quando era dovuto rimanere fuori dal supermarket mentre Kant andava a comprare il dopobarba. Abbandonando il disappunto, Kei si rilassò sulla sedia, felice di poter stare insieme al suo compagno, che lo aveva raggiunto al bar degli Studios per pranzare insieme.
“K-Kei?” “Dimmi.” “C'è un'aragosta che mi sta salutando con la chela.” “È la mamma di Ryosuke. Buongiorno, Susan-san!” sorrise Rukawa, facendola gongolare. “Che bell'uomo che hai!” trillò la donna, seduta ad un paio di tavoli di distanza da loro. “Lui è Michael, il fratello maggiore di Arthur.” le spiegò il ragazzo. “Oh! Evviva il DNA! Avete dei geni bellissimi in famiglia! Vado a registrare la puntata, a presto Micky-love! Portalo più spesso Kei-dolcezza!” lo pregò Susan mentre si allontanava, facendo volare le sedie del bar a destra e a manca con la sua lunga coda rossiccia, costringendo così i camerieri a lanciarsi in corsa per recuperare la mobilia ed evitare feriti tra la clientela. “A Kanagawa c'è un'alta concentrazione di adulti anomali.” commentò Kant, sollevando un sopracciglio. Kei gli sorrise, riprendendo a mangiare la sua macedonia. Michael era bellissimo, pensò il ragazzo, ammirandone i pettorali messi in evidenza dalla maglietta attillata, dello stesso colore dei suoi occhi. “Ti sei divertito oggi?” gli chiese l'ex allenatore, ignaro dei pensieri ben poco casti di cui era diventato oggetto. “S-sì... Vuoi vederle? C-cioè, le foto...” balbettò Kei, arrossendo d'imbarazzo, passandogli il proprio book. Kant guardò i nuovi scatti e smise d'improvviso di respirare. L'ultima foto era sicuramente illegale in almeno otto stati americani. Primo piano, bianco e nero, Kei con una benda di pizzo scura sugli occhi, dietro la quale si vedeva chiaramente lo sguardo languido e peccaminoso. La boccetta di profumo accanto al viso passava completamente inosservata.
“K-Kei?” “Dimmi.” “Hai finito per oggi, vero?” “Sì, perché me lo...? Oh!” sobbalzò il ragazzo, diventato oggetto dello sguardo predatore del proprio uomo. Era davvero una bellissima giornata, pensò poi, correndo verso la macchina di Kant per tornare a casa alla velocità della luce.
Giunti a casa, Kanata si armò nuovamente di block notes, terrorizzando quasi tutti i familiari e non. Mitsui, che era passato a salutare Akira prima di andare al colloquio agli Studios, fu bloccato dal topino a pochi passi dalla porta di ingresso. “L-La differenza?” balbettò la guardia, sgranando gli occhi all'inverosimile. “Sì, tra l'orgasmo facendo sesso e quello facendo l'amore.” spiegò il bimbo privo di pietà. “Beh! È... cioè... Sì, credo che... Cioè... Sì, è... ecco... è...” “Ok, lasciamo stare. Passiamo alla seconda domanda: mi sapresti descrivere il tuo amore per Aki?” chiese Kanata, sistemandosi gli occhiali sul naso. “Beh! Lui è... e io sono... però insieme... ok che... però...” continuò la guardia, ormai disperata. Akira corse in soccorso del proprio ragazzo, che ormai aveva raggiunto una preoccupante tonalità del viso, simile al viola scuro. “Inspira... espira. Di nuovo. Ancora una volta. Bravissimo!” gli sorrise, dopo avergli preso il volto tra le mani. “V-Vado o farò tardi!” balbettò Hisashi, uscendo quasi di corsa. “Complimenti! È difficilissimo terrorizzarlo!” sorrise il porcospino, scompigliando i capelli del fratellino. “L'ho chiesto anche a mamma e a papà, ma non sapevano descrivermi bene il loro sentimento. Hanno cominciato a fare esempi parlando di colori o microchip e non ho capito niente!”
Hanamichi invitò il piccolo in cucina a prendere un frappé. “A te piace tantissimo la cappella Sistina, vero?” gli chiese il rossino aprendo il frigorifero. “Certo!” rispose prontamente il topino. “Però guardarla in un libro è diverso dall'averla vista di persona. Sentirne l'odore o l'atmosfera o il brusio della gente. Profumi e suoni non sono rappresentabili in fotografia. Allo stesso modo, è impossibile spiegarti un sentimento usando solo le parole. Un solo senso è limitativo!”
Kaede annuì, approvando il concetto espresso dal suo Do'hao, nonostante fosse furioso con lui. “Kitsune, tu sentirai presto la mia testata invece, se non la pianti immediatamente! Non te lo faccio il budino!” “Ne volevo tre!” “Ti trucido!” “Ok, vado.” dichiarò Sendoh, decidendo che iniziare il trasloco era meglio che sentire quei due litigare, anche perché di solito ci andava di mezzo lui.
“Apri la bocca.” sussurrò Michael, prendendo una mora da un piatto. Seduti sul loro letto, nudi, lui e il suo ragazzo stavano dando vita alla sua peccaminosa fantasia. Kei si sentiva un po' impacciato con la benda sugli occhi, ma aveva deciso di ubbidire, eccitato dalla situazione. “Michael...” lo chiamò con una certa urgenza. L'uomo sorrise, afferrandogli i fianchi con decisione, mentre Kei lo abbracciò lasciandosi aiutare a sedersi sulle gambe incrociate dell'ex allenatore.
Dopo un bacio selvaggio, il giovane lo chiamò di nuovo e finalmente si sentì afferrare i glutei per poi essere penetrato con una spinta fluida e profonda. Kei gli baciò una guancia, un gesto insolitamente tenero in un momento così carico di tensione e Michael rispose abbracciandolo, come a volerlo proteggere da tutto quel piacere. La fitta iniziale che Rukawa aveva sentito era stata prontamente annullata dal desiderio di averlo dentro di sé. Affondò le mani nei suoi capelli biondi, rendendosi conto di quanto fossero morbidi. La mancanza della vista aveva acuito gli altri sensi, permettendogli di notare particolari che gli erano sempre sfuggiti.
Michael rimase seduto mentre lo faceva stendere sul letto per poter spingere con maggior forza. Quando finalmente raggiunsero l'orgasmo, Kant attese che i loro respiri si calmassero per stendersi accanto a Rukawa, abbracciandolo con amore sincero.
“Piaciuta la cena, piccolo?” “Abbastanza...” mugolò Kei, fingendosi annoiato. “Cosa?!” “Hai dimenticato il dessert...” sorrise malizioso, mentre accarezzava il corpo del proprio uomo alla ricerca del suo sesso. “Ancora?” rise Kant, accarezzandogli i capelli scuri. “Il vecchietto non ce la fa?” lo prese in giro. “Ehi, tu! Passi decisamente troppo tempo con Arthur!” s'imbronciò l'ex allenatore. “Offeso?” rise il modello, chinando la bocca su quel corpo nuovamente eccitato. “Amo troppo la tua risata, per esserlo! Ma non te ne approfittare troppo!” “Mi farò perdonare!” promise Kei, prendendosi cura di lui, assaporando al tatto i muscoli guizzanti del suo addome e il profumo dello sperma che assaporò fino all'ultima goccia, dissetandosene. Quando la stretta sui suoi lunghi capelli si fece quasi ferrea, decise di risalire con le labbra lungo il corpo sudato del suo uomo, fino a raggiungere le labbra per reclamare l'ennesimo bacio. Michael gli tolse finalmente la benda per poterlo guardare negli occhi. “Ti amo, piccolo.” “Anch'io!” arrossì il ragazzo, stendendosi su di lui con un profondo sospiro soddisfatto.
“Uffa, però! Voglio mamma mio!” si lamentò Kikyo-chan, abbracciata alla sua scimmietta rossa. “È andato a fare la doccia, torna dopo. – le spiegò Katy, seduta per terra insieme a lei, con le spalle contro un divano – Ti va di colorare?” le propose passandole una matita. Quando il ragazzo era a scuola sua figlia stava con lei in mansarda e mentre la donna dipingeva, la piccola disegnava Hanamichi su qualche foglio.
“Hn.” mugugnò la volpe, appollaiata sulla sua poltrona preferita. “Vuoi colorare anche tu?” lo prese in giro lei, ricevendo uno sbuffo come risposta. “Mamma mia, posso andare a fare la ninna sempre sempre nella casetta nuova di mamma mio?” domandò il koala, osservando il tetto della dependance dalla finestra.
“No, tesoro. Ognuno ha la sua stanza. Tu hai la tua. Hana-chan e Kae hanno bisogno dei loro spazi, come tutti.” “Non ho capito che fastidio do!” borbottò la piccola, imbronciatissima. “Hn. Resta ancora un po' in compagnia della nonna e lo scoprirai presto!” mugugnò Rukawa, litigando col cuscino per trovare una posizione comoda per dormire.
“Stai sempre con Hana! Adesso è anche più vicino, dovresti festeggiare!” le propose la donna, prendendola in braccio. “Allora festeggio con le candeline?” chiese Kikyo. “Se vuoi sì! Hikaru ha fatto la torta al cioccolato, possiamo metterne una sulla tua fetta!” propose la donna, rendendo felicissima la piccola.
“Non dovresti assecondare tutte le sue follie!” la redarguì la volpe. “Con voi l'ho fatto e siete venuti su molto bene!” gli fece notare Katy. “HN?!” “Ok, con dei genitori come noi, tanto normali non potevate essere, ma siete ragazzi per bene!” “Hn...”
Kaede si rigirò ancora un paio di volte finché non decise di alzarsi definitivamente. Non voleva sembrare paranoico, ma il Do'hao ci stava mettendo troppo tempo e temeva che l'incidente coi teppisti avesse scosso il suo ragazzo più di quanto avesse dato a vedere. “Faccio il bagno.” butto lì il ragazzo, uscendo di casa di corsa. “Si lavano tutti-tutti qui!” commentò Kikyo.chan, piuttosto perplessa. “Lo vuoi fare anche tu?” “Tì! Ma con le paperelle rosse!” trillò la bimba, mentre la mamma l'accompagnava al piano superiore.
Kaede entrò nell'appartamento sopra il garage. Il soggiorno era ancora pieno di scatole perciò, per quella notte, lui e Hana avrebbero dormito lì. Come aveva sospettato, trovò il rossino in camera da letto, accucciato per terra nell'angolo tra l'armadio e il muro. Le ginocchia piegate, il viso coperto dal cappuccio dell'accappatoio e le braccia attorno alle gambe lunghe. Alla volpe non era mai sembrato così piccolo e fragile.
In silenzio si sedette accanto a lui e lo abbracciò, così Hanamichi poté appoggiare la testa sul petto del suo compagno.
“Non mi vergognerò mai!” dichiarò, dopo alcuni minuti di totale quiete. “Hn.” “E non mi scuserò solo perché ti amo!” “Stai diventando ingordo, piccolo!” fu l'inaspettata affermazione di Rukawa, tanto che il rossino sollevò il viso per poterlo guardare stupito. “C-Cosa?!” “Si chiama equilibrio cosmico.” asserì la volpe. “I geni folli della tua famiglia hanno preso il sopravvento?” indagò il Tensai, lasciandosi stendere sul letto insieme a quel pazzoide del fidanzato.
“Do'hao, hai idea di quanto sia unico il nostro legame? Nel mondo pochissimi trovano ciò che abbiamo noi. Perciò, di contro, dover nascondere la nostra storia o essere guardati male da certa gente, è un piccolo prezzo da pagare, altrimenti avremmo troppo. A me sta bene così, piuttosto che solo come prima!” Hanamichi si limitò ad annuire, troppo commosso per fidarsi della propria voce.
“Kitsune?” “Hn?” “Davvero hai un'autonomia di sole otto ore?” “Già.” “Capisco.” “Hn?” “Lo abbiamo fatto stamattina... ora è tardo pomeriggio...” Kaede, che si stava trattenendo solo perché quella situazione gli era sembrata troppo delicata per saltare addosso ad un Do'hao ferito e in crisi, tolse ogni freno inibitore e baciò il suo ragazzo, aprendogli contemporaneamente la cintura dall'accappatoio. In una scia continua di baci raggiunse i pettorali scolpiti del suo amore e via via a scese fino al suo sesso pulsante. Lui era lì. La prova che il rossino apparteneva solo ed esclusivamente a lui: l'unico neo che il suo Do'hao possedeva.
Piccolo e rotondo, si nascondeva timidamente tra la leggera peluria rossiccia dell'inguine, ma la volpe curiosa lo aveva scovato lo stesso una delle prime volte che aveva esplorato quella vallata di puro piacere, fatta di muscoli sodi e gemiti rochi, che era il corpo di Hanamichi.
Ogni volta che baciava quel piccolo neo, con la guancia andava inavvertitamente a sfiorare i testicoli della sua scimmietta, mandandola in visibilio, proprio come in quel preciso momento.
Sakuragi si inarcava, sospirando impaziente. Desiderava annullare tutte le brutte sensazioni provate a causa di quei dannati teppisti e annegare nel piacere che solo Kaede sapeva dargli. Quella volpe anomala adorava baciargli l'inguine, ma lui non aveva ancora capito bene perché fosse così fissato con quella parte del suo corpo. Il Tensai cominciava a sospettare che l'altro si fosse accorto di quanto fosse sensibile quella zona e volesse semplicemente farlo impazzire.
“Hn... Devo dargli un nome...” stava intanto borbottando la volpe. “KITSUNE!” gridò il rossino, inarcandosi frustrato. Quello non era decisamente il momento per i suoi attacchi di follia.
Rukawa sorrise sulla sua pelle umida e andò a molestare il bel sesso svettante del suo ragazzo, ritenendosi soddisfatto solo quando quest'ultimo si svuotò completamente dentro la sua bocca.
Poi si denudò velocemente, gettando in terra anche l'accappatoio del Do'hao e si sdraiò sul letto, sospingendo su un fianco il suo corpo ansimante per stendersi dietro di lui. Gli tempestò la gota con una miriade di baci, mentre le sue mani si allungavano verso Hanamichi: posizionò il braccio destro sotto la sua testa rossa e con il palmo della sinistra corse lungo il suo fianco esposto, soffermandosi sui capezzoli e sulla vita. “Che peccato!” mugugnò all'improvviso. “Che cosa?” gli chiese il rossino, in un barlume di lucidità. “Non hai le maniglie dell'amore!” “Se non ti dai una mossa ti prendo a testate!” borbottò Sakuragi, più per nascondere l'imbarazzo che per altro.
Kaede gli sollevò una coscia e finalmente lo prese, marchiandolo in un posto accessibile solo a lui. “Hn... Mi piace sapere che il mio sperma è dentro di te.” si lasciò sfuggire il ragazzo dagli occhi azzurri, rendendo paonazzo il viso del compagno che corse prontamente a nasconderlo contro il suo braccio candido. “Porco-maniaco-hentai!” mugugnò tutto di un fiato il povero Do'hao, celandogli le due lacrime di gioia che stavano tentando di sfuggire ai suoi occhi color cioccolato fondente.
Hanamichi era sempre molto sensibile dopo l'amore, atto che lo faceva sentire profondamente vulnerabile. In più, in quel momento, si sentiva fragile anche psicologicamente e questo non lo poteva accettare. Sollevando un poco la testa, vide la sua mano destra sotto quella di Kaede. Le loro dita intrecciate suscitarono in lui l'ennesimo moto di commozione della giornata.
“Sei mio, piccolo. Non cambierei assolutamente nulla della nostra vita.” dichiarò la volpe, sfregando una guancia contro la sua. “Nemmeno tua nonna e il koala?” lo sfidò il rossino dagli occhi lucidi, fingendosi stupito. “Hn...” “Ah, ecco! – rise Hanamichi voltandosi per abbracciarlo stretto, come a fargli capire che anche per lui era lo stesso e che adesso stava bene – Equilibrio cosmico, volpe?” gli domandò all'improvviso, guardandolo dritto negli occhi. “Equilibrio cosmico.” confermò Kaede, guardandolo serio. “Mi piace!” ammise il rossino, baciandolo con passione.
Ryosuke firmò gli ultimi documenti della giornata e poi si voltò a guardare il cielo fuori dalla finestra del suo ufficio. Era molto soddisfatto: l'azienda non era mai andata così bene e il futuro si prospettava ancora più roseo, grazie ai nuovi acquisti. I coniugi Berrauly, ad esempio, si sarebbero occupati dell'enogastronomia, settore importantissimo, ma di cui la Dorian non si era mai potuta occupare per mancanza di personale qualificato. Tra show televisivi e merchandising, gli introiti sarebbero stati elevatissimi. I nuovi serial televisivi avevano riscosso grande interesse grazie ai trailer. La nuova sezione doppiaggio prometteva bene, grazie ai ragazzi che vi lavoravano, compreso il neo acquisto Hisashi Mitsui. Già diversi produttori di videogiochi li avevano contattati per alcuni loro lavori. Gli idol si stavano comportando davvero bene, ed erano pieni di talento, pensò il giovane presidente. I reparti di musica, costumi e scenografia svolgevano un lavoro accurato come di consueto, mentre quello pubblicitario, da sempre la loro punta di diamante, era il più popolare del paese e le richieste degli sponsor fioccavano più che mai. Merito certo dei loro modelli e dei fotografi che...
Arthur.
D'improvviso, la mente del giovane Dori delineò i contorni del viso di quel testardissimo uomo.
“Dannazione!” imprecò sottovoce, passandosi una mano tra i capelli. Che adesso lo deconcentrasse dal lavoro era decisamente troppo.
Fortuna che non lo vedeva da un paio di giorni... Non che lo stesse evitando o si stesse nascondendo, ovviamente. Solo che... casualmente, arrivava in ufficio quando lui non c'era e andava via quando Kant aveva varcato la soglia del cancello. Non che spiasse i suoi movimenti! Ma la sua finestra dava sull'uscita, perciò lo notava distrattamente... tutto lì!
Un leggero bussare interruppe le sue elucubrazioni.
“Ryo scusami, c'è...” sussurrò Lamia, facendo capolino. “Non preoccuparti! Ci penso io!” sentenziò una voce alle sue spalle. Un secondo dopo, la porta fu spalancata e Arthur piombò nell'ufficio come un tornado.
“Puoi andare.” sospirò Ryosuke, facendo segno alla sua assistente di non passargli telefonate. “Tsk!” sbottò il fotografo. “Desideri qualcosa?” fu la domanda retorica del presidente. “Ovvio! – mugugnò l'uomo – Mi stavo chiedendo quando ti deciderai ad uscire di qui!” “Sto lavo...” “Non dire sciocchezze! – lo interruppe l'altro, sempre più irritato – Hai slittato due servizi fotografici: con me. La tua codardia mi sta creando problemi con il mio di lavoro!”
“C-Codardia?!” balbettò il ragazzo, alzandosi in piedi suo malgrado. “Certo! È facile per te gestire un branco di leccapiedi, vero? Sei abituato. Te ne lamenti, certo! Ma è rassicurante avere a che fare con loro, no? Sai come gestirli e cosa aspettarti da quel tipo di persone. Ma con me è diverso. IO, sono diverso. Sono imprevedibile e sincero. Ma non ti va bene nemmeno questo. Perciò mi stai alla larga da giorni. Ma sappi che ti ho visto spiarmi dalla finestra e...” “Io-non-ti-stavo-spiando! – scandì Ryosuke, a dir poco oltraggiato – Guardavo fuori dalla mia finestra!” “Me che andavo via! Cos'è? Al principino non sta bene la mia rudezza? Ami le persone schiette, ma quando ne incontri una fuggi per paura di sentirti dire la verità?” “Sciocchezze! Io... io... non sto fuggendo da quello che...” il giovane tacque, accigliandosi. Forse stava davvero dando quella impressione. “Dimostramelo ripristinando i due servizi, allora!” lo provocò Arthur, incrociando le braccia al petto.
Sentendosi in trappola, cosa che gli capitava sempre e solo in presenza di quel dannato uomo, Ryosuke cercò di trovare una soluzione. “Devo controllare l'agenda e...” “Mi spieghi che razza di vita fai? – domandò il fotografo, con un tono di voce più pacato – Te ne stai sempre chiuso qui, non hai nemmeno voluto uscire con i ragazzi, non ti fai più nemmeno vedere dai dipendenti... alla tua età non puoi interpretare il ruolo dell'eremita: è troppo presto!” scherzò poi, guardandolo con attenzione. “Avrai conosciuto mio padre, credo. Secondo te potrei lasciargli in mano le redini dell'azienda? No. Solo io posso mandare avanti la baracca, perché ci sono tantissimi dipendenti che hanno una famiglia da mantenere e io devo garantire loro uno stipendio!” si difese il ragazzo, senza abbassare lo sguardo.
“E alla tua di vita, chi ci pensa? Tuo padre è un po' svampito, è vero, ma almeno una vita privata ce l'ha! Tu? Da quanto tempo non vai al cinema? Da quanto non ti fai un giro in centro? Un pomeriggio di pausa non ha mai fatto crollare nessun impero! O sei la persona più apprensiva dell'universo oppure non sai davvero divertirti!” “Sono un ragazzo molto noioso.” si limitò a dire Ryosuke. “Con Kei ti trovi bene, no? Perché non ti prendi qualche ora libera per uscire con lui? Non un pomeriggio intero, non sia mai!” ironizzò Kant, che ormai aveva abbandonato l'irritazione degli ultimi giorni, sostituendola con la reale preoccupazione per quel ragazzo.
“Due ore! Sono tantissime.” sussurrò Ryosuke, posando lo sguardo sulla sua agenda. “Ricomincio ad insultarti?” “No, sei già stato fin troppo chiaro.” borbottò il modello. “Bene.” “Rompiscatole.” “Codardo. Hai così paura di divertirti? Sai quanto ti stai perdendo per colpa di questo ufficio?” “Tsk! Potrei... Non perché me lo hai detto tu, sia chiaro! – precisò il giovane, stizzito – Beh! Ci sarebbe la presentazione di...” “L'uscita deve essere di piacere! Se è lavoro non vale!” “Cos'è? Un gioco?” mugugnò Ryosuke, fulminandolo con lo sguardo. “No, riguarda la tua salute, è una faccenda molto seria!” “Ci penserò! A proposito! Che vita privata avrebbe mio padre? Si è fidanzato con un cespuglio?” domandò il modello, accigliandosi leggermente.
“Se consideri Lamia un vegetale...!” “L-Lamia!” balbettò il ragazzo, spalancando gli occhi viola, divenuti chiarissimi a causa dello stupore. “Già. Non si è mai deciso ad ufficializzare il loro legame, ma diamine! Basta vedere come si guardano quando si incrociano per i corridoi! Possibile che tu non te ne sia mai accorto?!”
Sotto shock, il presidente si accomodò nuovamente sulla sua poltrona, voltandosi verso la finestra. Il fotografo si accomiatò senza più proferire parola, certo di aver raggiunto i suoi obiettivi: riaverlo come modello e fargli respirare un po' di vita.
Lamia e suo padre. Davvero, non lo aveva mai notato. Che il troppo lavoro lo avesse davvero allontanato dalla realtà? Ryosuke passò il resto del pomeriggio a tentare di rispondere a quella difficilissima domanda.
“Vuoi qualcosa, piccolo?” domandò Hanamichi, con fare premuroso. “Hn...” “Un altro cuscino? Un bicchiere d'acqua?” “Hn...” “Chiamami se devi cambiare il pannolino, ok?” “HN?!” “KITSUNE: PIANTALA!” tuonò il Tensai, guardando storto la volpaccia accovacciata su una poltrona della loro dependance.
Kaede osservò il suo povero divano letto invaso da bambini col morbillo e giocattoli dei colori più assurdi dando, per l'ennesima volta, il suo addio alle notti bollenti che aveva pregustato per se stesso e il suo Do'hao. Giusto il tempo di traslocare e i bambini si erano ammalati.
Quei quattro mocciosi ne avrebbero avuto per almeno due settimane.
“Kitsune, smettila! Te l'ho già spiegato tre volte! Philippe, tuo padre e la signora Odagi non hanno mai avuto il morbillo, può essere pericoloso alla loro età! Perciò i bimbi restano qui!” dichiarò Sakuragi, perentorio. “Hn...”
“Adesso ci guardiamo un bel film Disney, va bene?” trillò il rossino, guardando i sorrisi felici dei piccoli ammalati.
“Hn...”
Cinque contro uno non era uno scontro leale, si disse la volpe di umore sempre più nero.
Per quasi sei giorni i bambini avevano avuto la febbre molto alta e Hanamichi era rimasto con loro, nonostante la presenza delle tre mamme, per assicurarsi di persona che i piccoli stessero bene, costringendo la volpe a dormire da solo, dato che la sua poltrona era occupata da Katy. Ora che stavano un po' meglio e la febbre era quasi del tutto passata, bisognava distrarli per non farli agitare troppo e questo assorbiva ancora di più le energie del Do'hao, che trovava mille espedienti per farli stare buoni, arrivando persino a coinvolgere la povera volpe nell'allestimento di un teatrino con i vecchi burattini usati quando Kanata era piccolo.
Sakuragi usava i personaggi buoni e Rukawa i cattivi.
Kaede si era beccato un sacco di gomitate dato che si era assopito più di una volta e sempre nei momenti topici dei racconti: quando un certo Tensai, il perenne protagonista, combatteva contro strani gorilla tondi o Fuku-vermi o altri mostri non meglio precisati. Lo aveva persino accusato di boicottaggio. Dannato Do'hao! Non lo sapeva che senza il suo cuscino umano, la volpe non dormiva bene la notte? Aveva sonno.
“Hn...” “Kitsune, cos'hai da lamentarti ancora?” sbuffò Sakuragi, mentre accendeva il videoregistratore.
“Hai le occhiaie.” gli fece notare Rukawa. “Tanto con il trucco non si notano nelle fotografie.” si limitò a dire il rossino, facendo partire il film. “Do'hao.”
Sapeva benissimo che non stava parlando di quello. Kaede era preoccupato per la sua salute. Da una settimana il rossino dormiva poco per via dei bambini, non saltava né una lezione all'università, né gli allenamenti, per non parlare dei servizi fotografici e il recente corso di doppiaggio a cui partecipava con Kei e Hisashi, neoassunto alla Dorian, che gli portavano via quasi tutto il resto del pomeriggio.
“Lo sai che non posso lasciare il lavoro.” sussurrò Hanamichi, stringendo con forza il telecomando. “Tua sorella è autosufficiente. Ha uno stipendio suo.” replicò la volpe, sollevando un sopracciglio scuro. “Cosa c'entra lei, Baka! Prima di tutto ho firmato un contratto e poi... hai una vaga idea di quanto costino le case in America?! Quando giocheremo nell'N.B.A. non voglio dormire sotto a un ponte!” “Hn?!”
Quando. Non aveva detto 'se'. Aveva detto 'quando'. Il suo Do'hao!
La volpe lo abbracciò, sfregando il naso contro la sua guancia. “Non dobbiamo partire domani...” gli fece notare Kaede. “Lo so... ma voglio essere certo che sarà tutto ok.” borbottò Hanamichi. “Evita almeno le lezioni del mattino per qualche giorno.” “Va bene.” capitolò il ragazzo, mentre la sigla d'apertura volgeva al termine ed iniziava il film.
Hana e i bimbi stavano guardando il film Disney ''La spada nella roccia''. Masaki, alle sue spalle, teneva tra le mani alcune ciocche di capelli rosse, nascondendosi tra esse alla scena del lupo. I due rossini erano aggrappati alle sue braccia abbronzate, su cui appoggiavano i visi alla vista del barracuda.
Il koala invece era seduta sulle ginocchia del suo mamma e si stava divertendo in mondo, essendo il suo film preferito.
“Ma non ti fa paura con quegli occhi enormi?” domandò Hiroki, evitando di guardare l'enorme pesce del cartone animato.
“Gno, perché mamma mio mi protegge sempre! Se qualcuno mi vuole fare male, lo dittugge... dissugge... distugge... Come dice mamma?” domandò imbronciata, non ricordando la parola esatta.
“Distrugge.” l'aiuto Hanamichi, scompigliandole affettuosamente i capelli corvini.
“Ah, sì! Distrugge! – trillò la bimba – Distrugge è più grande di testata!” ci tenne a precisare il koala, con una punta di compiacimento nella voce.
“Hn...”
“Finito il film, preparo la merenda, va bene?” domando il rossino, cercando di tenere a bada non solo i piccoli ammalati, ma anche la malefica volpaccia, di umore nero come la pece.
“Hn!” annuì infatti Kaede, con una certa soddisfazione. Sakuragi sospirò, cercando di non pensare al fatto che tra il suo ragazzo e dei bambini di due-sei anni, ci fossero pochissime differenze.
Ma nonostante tutto, lui lo amava. Accidenti. Sakuragi sapeva bene che avrebbe passato la vita a controllare e gestire le assurdità di quella volpe viziata e dispotica. Accidenti. Non poteva sognare un futuro migliore di quello.
“Hn?!” gli chiese la volpe, vedendolo sorridere all'improvviso. “Niente, volpe. Niente.” sussurrò il Tensai.
Kaede preparò il pacchetto di fazzoletti da distribuire ai bambini durante la scena con la scoiattolina abbandonata, che sapeva commuoverli molto. Anche al suo Do'hao venivano sempre gli occhi lucidi, ma sapeva bene di non poterglielo assolutamente far notare. L'ultima e unica volta che lo aveva fatto s'era beccato una poderosa testata e la volpe imparava sempre dai propri errori.
“Uffa! Mi viene piangere!” si lamentò il koala, guardando il piccolo animale sullo schermo. “Non c'è nulla di male in questo!” la rassicurò il Tensai. “Ma tu dici sempre che no si deve piangere!” gli fece notare Kikyo-chan. “S-sì... però io parlavo dei maschi, tu sei una bimba e...” “Ma tu hai detto anche a me che ci si può commuovere.” lo interruppe Hiroki. “S-sì, ma tu sei piccolo e... io parlavo dei maschi grandi, ecco.” balbettò Hanamichi, messo alle strette. Rukawa si sistemò meglio sulla poltrona godendosi il suo spettacolo preferito: l'arrampicata sugli specchi del Do'hao.
“A quale età si deve smettere piangere?” domandò la piccola rossina. “Beh... quando sei... grande. Ecco.. grande come... come me!” esclamò il ragazzo, sperando di essersela cavata.
“Mamma mio è così alto che tocca cielo con dita!” sentenziò il koala, orgogliosa. “Non è possibile! Il cielo è più in altro delle case!” replicò Hiroki, per nulla convinto. “Ho detto sì! Guarda che ti prendo a...!” “Kikyo?” la fermò immediatamente Sakuragi. “Allora lo pizzico!” sentenziò il koala. “Niente pizzicotti! Vorrei sapere chi usa questo linguaggio davanti a te!” borbottò il Tensai, profondamente risentito. “Tu, mamma!” gli rispose la piccola, senza esitare.
Stonk!
Il macigno colpì la testa di Hanamichi, lasciandolo tramortito sul letto. “Ma io ci sto attento...” gemette il povero rossino, non trovando pace. In casa cercava sempre di evitare le parolacce e tutte le espressioni gergali che utilizzava quando era in compagnia degli amici o dei compagni di squadra. “Tsk! Sei pur sempre un maschio. È ovvio che qualche frase ti scappi e questa qui non ha due orecchie ma dei radar capta Do'hao. Ti sente a chilometri di distanza!” gli spiego la volpe, cercando di tirarlo su di morale. “Diventerà una criminale sboccata e sarà tutta colpa mia! – mugugnò Sakuragi, tornando a guardare la bimba – Ciò non toglie che devi smetterla di minacciare le persone. Povero Hiroki! Ha solo espresso un'opinione!”
“Uffa, però! Ho ragione io!” s'imbronciò la bimba, proseguendo a guardare il cartone animato.
Terminato il film, il rossino andò a preparare una macedonia di frutta per tutti, abbondando con le albicocche e il mango, ricchi di vitamina A che avrebbe fatto bene ai piccoli ammalati. Come sempre in quei casi, tagliò la frutta in pezzi piccoli per loro e un po' più grande per sé e Kaede, usando stoviglie simili ma di grandezza diversa, così da non scontentare nessuno e far credere che le porzioni fossero uguali per tutti. Spolverò tutto con un po' di zucchero a velo e tornò in soggiorno con la merenda.
Kikyo-chan guardò con attenzione il suo piattino identico a quello del fratello maggiore, seduto sul letto a pochi centimetri da lei, poi spostò la sua attenzione sui loro dolci, identici in tutto e per tutto tranne che nella grandezza, infine osservò il suo mamma e Hiroki: Hanamichi era vicino a Kaede, il piccolo rossino invece era vino a lei.
Piatti, dolci e rossini. Piatti, dolci e rossini. Piatti, dolci e rossini.
“Ma allora è mio!” esclamò felicissima, sorridendo al fratello maggiore. “HN?!” “Me lo hai regalato così no bisticci più con bimba io!” continuò Kikyo-chan, credendo che il piccolo Hiroki fosse il 'suo' rossino, in miniatura come lo era la propria merenda. “HN?!” “Però mamma mio sarà sempre mamma mio, vero?” volle sapere la piccola. “Ma certo, cucciola!” le sorrise Hanamichi, rassicurandola. “Hn...” “Taci, Baka!”
“Io sono mio e basta!” borbottò il diretto interessato. “Ma io ti regalo la macchinina blu.” insistette il koala. “No!” sentenziò Hiroki, irremovibile. “Caramella al limone?” “Hai all'arancia?” “Tì!” “Allora va bene!” decise il bambino, annuendo soddisfatto.
“Facciamo come Kumy e Hikki!” propose Hanako, voltandosi a guardare Masaki in cerca di un fidanzato. “Non mi piace questo gioco.” commentò il bimbo, accigliandosi immediatamente. “Ma io ti regalo la matita rossa!” dichiarò lei, mostrandogliela. “Ne voglio due!” replicò il bimbo. “Guarda, ne ho tre!” trillò la rossina. “Ok!” esclamò Masaki, convinto di aver fatto un grandissimo affare.
“Le donne sono terribili a qualsiasi età!” si limitò a dire Sakuragi. “Hn. Merito un premio!” dichiarò la volpe, guardandolo storto. “E tu che c'entri, Baka!?” volle sapere il rossino, allibito. “Ti ho salvato dalla Akagi!” “Baka.” “Do'hao.”
“Ehi, tu, Butto! Oggi hai sposato mamma mio?” domandò il koala imbronciata, rivolgendosi alla volpe con sguardo indagatore.
La volpaccia malefica sorrise tra sé, mentre faceva di no con la testa, costringendo Hanamichi ad arrossire miseramente.
“Kitsune, questa me la paghi!” sussurrò il Tensai sulle sue labbra. “Ho il soggiorno invaso da poppanti, cosa c'è di peggio?” mugugnò Kaede, per nulla pentito. Un piccolo assaggio se l'era meritato.
Un'ora dopo i due rossini e Masaki dormivano placidamente, mentre Hanamichi tentava di fare addormentare il resistente koala e Kaede approfittando di quel momento di calma, andare a fare la doccia.
“Ninna nanna ninna oh, questa bimba a chi la do?” “Al suo mamma!” trillò la piccola Kikyo, abbracciandolo forte. “Ehi, tu! La ninna non si commenta! Con la ninna si dorme e basta!” borbottò Sakuragi. “Ma no ho sonno, mamma!” mugugnò la piccola. “Nemmeno un po'?” le chiese speranzoso il rossino. “Nemmeno come formichina!” fu la sua implacabile risposta, unendo pollice ed indice per fargli vedere quanto poco ne avesse.
“Facciamo così: io studio e tu stai in braccio a me, ve bene?” propose Hanamichi, sedendosi sulla poltrona più vicina al divano-letto, con lei abbarbicata sulla maglietta. “Come Tata, mamma?” “Sì, devo leggere come Kanata.” rise il Tensai, accarezzandole la testolina scura. Quando Rukawa uscì dal bagno, dieci minuti dopo, li trovò profondamente addormentati, con il libro per terra ma ancora stretto nella mano del suo Do'hao.
Quante volte aveva visto quella scena? Così tante che aveva perso il conto.
Purtroppo la sindrome del super uomo che aveva il suo ragazzo lo portava ad esagerare sempre ed era allora che la volpe doveva intervenire e farlo ragionare. Almeno avrebbe saltato i corsi all'università per poter riposare un po'. Hanamichi era troppo emotivo quando si trattava di quei marmocchi, per non parlare di Kanata.
Gli avversari della volpe aumentavano di giorno in giorno, si rese conto il ragazzo dai capelli neri, mentre depositava la sorellina accanto agli altri tre ammalati.
Sbadigliando profondamente, la volpe si appollaiò sul suo cuscino umano, per poter finalmente recuperare qualche ora di sonno anche lui.
Il suo Do'hao faceva sempre troppo, ma era peggiorato da quando avevano iniziato l'università e adesso la volpe aveva finalmente capito perché. Il suo obiettivo era l'N.B.A. Insieme a lui, ovviamente. Era per questo che cercava di andare bene all'università, di non saltare gli allenamenti e di lavorare alla Dorian: voleva che in America vivessero bene e non voleva in nessun modo rallentare la carriera di Kaede, dato che giocava da meno tempo della volpe. Stra-Do'hao. Ma davvero non aveva capito quanto Rukawa avesse bisogno di lui?! Iper-Do'hao.
Michael e zia Karen non aspettavano altro che finissero l'università per proporre loro la lista delle squadre di basket che li volevano. I rivali inseparabili. Era davvero ironico, ma loro due in campo erano pressoché imbattibili. Certo, avrebbero dovuto nascondere la natura del loro feeling, ma dopo l'incidente con quei teppisti, Hanamichi era diventato immune alla cattiveria della gente. Tutto merito della volpe astuta, naturalmente. Era anche vero che, agli occhi degli estranei, i loro rapporti non erano affatto cambiati: si scannavano proprio come ai tempi del liceo. Anche se Kaede aveva notato che il Do'hao cercava di trattenersi e dava in escandescenza molto meno di quanto avrebbe voluto. Tutto a causa dell'America, ovviamente.
Se Hanamichi aveva deciso di organizzare tutto per bene, sicuramente doveva aver visto su internet i costi delle case statunitensi e, molto probabilmente, aveva avuto un mancamento. Kaede era anche certo che 'il Tensai' aveva deciso di fare tutto da solo, sicuro della propria genialità.
Morale: era stanco, lavorava come un mulo e ogni pomeriggio, quando doveva saltare gli allenamenti supplementari con la sua Kitsune per andare alla Dorian, cercava in tutti i modi di nascondere la sua tristezza. Do'hao al quadrato.
Senza contare che, a casa, oltre che al koala, si dedicava anche alla preparazione dei dolci per quasi venti persone, non fidandosi ancora dei suoi allievi, Michael e Mitsui.
Kaede si stancava anche solo a vedere tutto quello che faceva.
Per lo meno era riuscito a convincerlo a saltare le lezioni per qualche giorno, ma doveva fare qualcosa per lui, si disse la volpe. Aiutarlo a cucinare e giocare con lui dopocena non gli bastava più. Si sarebbe sforzato di stare sveglio e avrebbe seguito le lezioni al posto suo, decise Rukawa, assopendosi subito dopo.
“Ma guardali che carini!” trillò Katy, scattando foto sia ai quattro ammalati che ai due giocatori di basket. Kaede sfregò il musino sul petto di Hanamichi, infastidito dal flash e il ragazzo lo strinse a sé, tranquillizzandolo, permettendogli così di continuare a ronfare placidamente.
“È impressionante! Si cercano anche nel sonno!” esclamò Madoka, scrivendo alcuni appunti sul suo block-notes. “Tsk! Pensare che c'è gente che non lo considera amore!” sbottò la pittrice, andando a preparare il the per se stessa e per le amiche. “Gente sciocca.” sentenziò Hélène, scuotendo una mano.
“Stamane ha telefonato Scalpello Scheggiato, il nostro medico di famiglia. Sta arrivando a visitare i bambini, ma col calesse impiegherà un po'.” spiegò la padrona di casa. “Calesse?” le fecero eco le altre due. “Auto a noleggio!” spiegò loro Karen, sopraggiunta insieme alle due vecchiette. “Kikyo, tieni giù le mani!” sussurrò Odagi-san, intercettando l'amica prima che potesse pizzicare il sedere di Hanamichi. “Uffa però! Private una povera vecchietta delle poche gioie della sua vita!” “Mamma?” “Ok, ok! Bando alle ciance! Abbiamo del lavoro da fare!” sentenziò la vecchietta, posando un foglio sul tavolo della cucina della dependance. “Kikyo-san, a cosa le serve la pianta di questo isolato?” domandò Madoka, piuttosto perplessa. “Abbiamo un piano!” trillarono le due vecchine, sorridendo soddisfatte. “Sarà illegale, vero?” sospirò Katy, versando da bere a tutte. “Ha importanza?” indagò la suocera, senza batter ciglio. “Mai avuta! Come mai hai cerchiato di rosso le ville della nostra via che sono già abitate?” le chiese sua figlia, osservando la cartina della loro strada privata.
“Allargando le mura di villa Rukawa a tutta la via, sai quanti muratori che vedremo!” trillò l'insaziabile ottuagenaria. “Eh?!” fu il coro delle altre quattro signore. “Una cosa alla volta, cara! – le suggerì Odagi-san, rivolgendosi poi alle donne più giovani – Il nostro piano è molto semplice, guardate qui. La nostra via è privata, all'ingresso c'è un cancello e alla fine c'è un'alta muratura in mattoni, uguale a quella che Kyosuke ha fatto costruire attorno a casa sua. Ci sono quattordici ville in tutto e solo sette sono abitate.” “E ti credo! Mamma ha fatto scappare tutti i vicini!” sbottò Karen, ottenendo un calcio su uno stinco da parte della genitrice. “Nessuno apprezza i miei sforzi!” si lamentò la nonnina hentai, guardando distrattamente il suo Culetto d'oro. Era bellissimo quando dormiva. “Kikyo?” la chiamò Mayuka. “Sì, sì! Dicevamo... Nella fila alla sinistra del cancello ci sono nell'ordine: la villa di Dori-san, quella del figlio, due vuote, poi quella di Mayuka, la nostra e quella di Hélène.” “Esatto! – esclamò Karen, osservando la piantina – Invece a destra le prime due ville sono mie. Costano pochissimo... grazie a te, mamma! In una abitiamo io e Toshi, nell'altra si trasferirà Tomo-san, il gemello del mio compagno. Appena l'università chiuderà per le vacanze traslocherà qui insieme alla compagna... Susan, se non ricordo male.” “Certo, certo! L'ex moglie di Dori, sono proprio contenta che siano rimasti amici!” trillò Katy. “Il problema è che le altre cinque ville della fila sono vuote. Perciò le acquisteremo noi! Sono anni che l'agente immobiliare ci supplica di comprarle, sette al prezzo di una è un affarone! Dice che non vuole più avere nulla a che fare con noi.” borbottò Kikyo-san, estremamente piccata. “La colpa è tua!” le fece notare Katy. “Adulatrice!” gongolò la vecchina. “La cosa mi piace molto, ma perché proprio adesso?” domandò la pittrice. “Beh! Micky e Kei non potranno vivere nella Baita per tutta la vita, no? Anche Kae e Culetto d'oro, così come Aki e Hisa-amore hanno bisogno dei loro spazi. Per non parlare di Hikaru, Kurumi e dei loro fidanzati!” “Hana e Kaede non la prenderanno molto bene se le loro sorelline andassero a convivere.” le fece notare Katy, un po' preoccupata. “Nessun problema! Gli daremo la casa accanto alla loro. Sarà un po' come adesso che hanno le stanze in due edifici distinti, ma vicini. Non è che ci sia tutta questa differenza... e comunque, se avranno da ridire, ci penserò io!” borbottò la vecchietta, brandendo il bastone.
“Culetto d'oro sarebbe mio figlio, vero?” domandò Hélène a Katy. “Sì.” “ È imbarazzante.” “Immagino.” annuì l'artista, dimostrandole una grande comprensione.
“Non ci sarà bisogno di spargimenti di sangue, cara! – disse Mayuka, dando una leggera pacca sulla spalla alla sua migliore amica – In una casa, quella di fronte ad Hélène, staranno le ragazze coi fidanzati, accanto Hana-pucci e Kaede, così daremo loro la convinzione di averle sotto controllo. Gli uomini sono facili da fregare!”
“Vero! Le due ville tra la tua e quella di Ryosuke le daremo ad Akira e Hisashi e a Kei e Michael, una per coppia!” proseguì Kikyo-san, scrivendo i nomi accanto al disegno delle abitazioni.
“Le rimanenti le terremo per Kanata e Reika e per i quattro bimbi!” terminò Odagi-san. “Eh?!” domandarono in coro le mamme dei diretti interessati. “Staranno insieme. Sono tre coppie bellissime!” gongolò l'ex attrice porno. “Abbiamo deciso così e noi non ci sbagliamo mai!” sentenziò la nonnina hentai, in tono perentorio.
“Sarà bellissimo stare tutti insieme! Michael e Arthur abiteranno uno accanto all'altro!” gongolò Kikyo-san. “Tu lo fai per avere sott'occhio più sederi sodi possibili!” esclamò Karen, capendo finalmente il motivo delle recenti stramberie della madre. “Sono anziana! Mi restano poche gioie, ormai la mia vita è alla fine!” mugugnò la vecchina, cercando di essere convincente. “Ma se ci seppellirai tutti!” esclamò la figlia. “Lo so, ma per mantenermi in salute mi serve materia prima!” trillò la vecchia maniaca, pregustando l'idea di palpare tutti quei bei sederini.
“Sei irrecuperabile! Ed è per questo che mi hai chiesto di prendere casa anche in America, vero?” indagò Karen, che ormai non si stupiva più di niente con una mamma simile.
“Esatto! Così quando i ragazzi andranno a giocare in America staremo insieme lo stesso. Torneremo qui a stagione finita. Tanto la Dorian ha una casa di produzione anche lì! Nessuno perderà il lavoro e i bimbi non si separeranno da Culetto d'oro!”
“Ma lì i prezzi delle case sono più alti.” le fece notare Katy.
“Ho bloccato tre ville a Holliwood, che appartenevano ad un attore indebitato fino al collo. Fanno tutte parte della sua abitazione. Lui è famoso. La notizia del suo grave stato economico è uscita su tutti i giornali, lo scorso anno, così la mamma mi ha subito chiamata appena ha letto la... Tu non c'entri niente con i problemi finanziari di quel tizio, vero?” domandò all'improvviso la figlia, accigliandosi. “No, stavolta no. Ringraziamo la vita sregolata di certa gente!” trillò la vecchina, recuperando le foto delle case americane dalla sua borsa.
“Anche se fanno parte di un'unica proprietà, sono tre ville distinte e poi sono talmente spaziose che ognuno di noi avrà tutta la privacy che vuole!” spiegò la signora Odagi. “Ci sono anche due piscine, tre campi da tennis e uno di basket al coperto.” spiegò Karen, mostrando le foto a Katy e alla mamma dei rossini. “Vi ringrazio per la generosità, ma non posso accettare...” esordì quest'ultima. “Sciocchezze! Tanto a noi la casa serviva comunque!” sbottò Kikyo-san. “Insisto per pagare parte dell'edificio.” disse Hélène, irremovibile. “Divideremo in quattro. Io, tu, mio fratello e Dori!” la tranquillizzò Karen.
“Sempre che si riesca a schiodarlo dal giardino! Quel benedetto ragazzo vive fuori dal mondo! Abitiamo a due passi e non lo vedo da anni! Se non si occupa delle siepi della Dorian è impegnato con quelle del suo giardino... e intanto Lamia aspetta! Tsk! Uomini!” borbottò la nonnina hentai, profondamente indignata.
“Non credo che i ragazzi prenderanno bene la vostra generosità... soprattutto Michael e Hanamichi.” sussurrò Katy, conoscendo bene l'orgoglio dei due. “A loro ci penso io!” ripeté la nonnina, armeggiando col suo bastone. “Se fanno storie pagheranno pegno!” trillò Mayuka. “Che sarebbe?” domandò la figlia. “Palpeggio selvaggio!” esclamarono in coro le due anziane, che non aspettavano altro.
“Tornando a noi... – borbottò Karen, guardando la residenza americana – In una villa possiamo stare io, Toshi, Tomo e compagna, Dori-san e le nostre arzille nonnine. In quella al centro, un po' più piccola, le famiglie con i bambini e nell'altra i ragazzi, dato che è la casa più grande. Sei coppie possono viverci benissimo e avere ognuna i propri spazi e tutta la privacy che desiderano. Se poi i nostri sportivi dovessero scegliere squadre in altri stati, possono usare gli appartamenti che ho in giro per l'America. Anche se mi sono trasferita qui in Giappone, non ho mai venduto le mie vecchie case.” “Ottimo piano: approvo!” sentenziò Katy, seguita a ruota dalle altre due giovani mamme. “Festeggiamo con un boccale di birra?” propose Kikyo-san. “A quest'ora? Meglio il the verde, mamma!” “Uffa, però! Mi tarpate sempre le ali!” si lamentò la vecchietta.
Quella notte, Michael fu destato da uno strano rumore. Appena si rese conto che Kei non era tra le sue braccia, si affrettò ad accendere la piccola lampada sul suo comodino. “Cosa stai facendo, piccolo?!” domandò l'uomo, sorpreso di vedere il suo compagno che, alle due del mattino, stava spostando i mobili della stanza. “Serve spazio.” sussurrò il giovane Rukawa. “P-Per fare posto a che cosa?” chiese ancora, andandogli vicino con molta cautela. “La moto. Non posso lasciarla fuori: fa freddo.” “Tu non hai la moto.” “Allora farò ginnastica.” sentenziò il ragazzo con un'alzata di spalle. “Andiamo a letto. Farai ginnastica domani, va bene?” propose Michael, sospingendolo con delicatezza fino al letto, dove Kei si sdraiò docilmente, ricominciando a dormire come se nulla fosse. “Non ci credo: è sonnambulo! – sussurrò Kant, ridendo sommessamente – Allora è ufficiale: nessun Rukawa è normale! Mi sarebbe andata troppo di lusso, vero?” chiese al ragazzo accanto a lui, accarezzandogli i capelli scuri.
“Ha ricominciato?! Ma è meraviglioso!” trillò Karen correndo ad abbracciare il suo socio in affari. “Mica tanto! Non mi ha fatto chiudere occhio stanotte! Sì è alzato quattro volte!” provò a replicare l'uomo. “Ma è meraviglioso lo stesso! Significa che sta bene per davvero! Kei è sempre stato sonnambulo, ma ha smesso da quando è morto Kim! Se ha ricominciato vuol dire che ha completamente superato la sua morte!” gli spiegò la suocera, sprizzando gioia da ogni poro.
“Benvenuto nel club!” esclamarono Mitsui e Hanamichi, porgendo allo sventurato una tazza di caffè e un'immensa comprensione. “Quale club?” domandò Michael, piuttosto perplesso. “Il Club dei compagni di un Rukawa. Sono tutti psicopatici!” borbottò il Tensai, indicandogli con la testa Kaede e Kikyo-san che litigavano per chi fosse il proprietario del sedere del rossino, mentre Kyosuke mostrava al porcospino la nuova versione della seppia sputa acqua.
“Non mettetemi sullo stesso piano di quelli lì!” borbottò Kei, arrossendo miseramente. “Dillo alle mie occhiaie!” replicò l'ex allenatore, scoccandogli un bacio sulle labbra. “Dannazione!” mugugnò il povero ragazzo, che non ricordava assolutamente nulla di quello che aveva fatto nella nottata.
“Potremmo trovare una cura.” sussurrò il biondo sul suo orecchio. “E quale?” “Stancarti per bene prima di dormire...” fu la proposta indecente del suo uomo. “Mi piace.” ammise Kei, sorridendogli felice.
“Oggi pomeriggio penserò io a cucinare, fratellone.” disse la rossina, entrata in cucina insieme al fidanzato. “Ma, veramente posso...” provò a dire Hanamichi. “Oggi hai il corso di doppiaggio insieme a Hisashi, no? Fai con comodo, qui ci penso io!” ripeté la ragazza. “Ma potrei...” “Hanamichi.” ringhiò Kaede a voce mortalmente bassa. Lo aveva chiamato col proprio nome, ciò significava solo una cosa: la volpe era inferocita. “Ok.” capitolò il Tensai, diventando più ragionevole.
“Grazie!” sussurrò Hikaru, facendo l'occhiolino a Rukawa. “Hn!”
“Ah, già! Io oggi salto il corso. Devo finire un servizio fotografico con Arty... sempre che lui e Ryo non si uccidano prima, ovviamente...” borbottò Kei, accigliandosi preoccupato. “Battibeccano ancora?” gli chiese Kant, preoccupato per il fratello minore. “Peggio ancora: si evitano. O meglio, è Ryo che lo sta evitando. Lui si limita ad essere di pessimo umore.” gli spiegò il suo ragazzo. Nelle ultime settimane, dopo la sfuriata del fotografo nell'ufficio del presidente, le cose sembravano essere leggermente migliorate, ma la tensione che c'era tra i due era diventata quasi soffocante. Si parlavano il meno possibile e sempre e solo di lavoro. Ma Kei era certo che era stata la loro ultima discussione a convincere Ryosuke a invitarlo ad andare, per qualche ora, alla presentazione di un profumo. Non sembrava la cosa più divertente del mondo ma Rukawa aveva accettato per aiutare, quello che considerava un amico, a sciogliersi un po'.
“Credo che Ryosuke abbia solo bisogno di tempo. Non è insensibile o egoista come potrebbe sembrare – disse Hanamichi, pensando al solitario giovane dagli occhi viola – Non so, credo che nulla lo abbia mai davvero interessato. Adesso che sta iniziando a capire che Arthur forse gli piace, non sa come reagire. Prendete la volpe, ad esempio. Lui non sa nascondere la noia, perciò si addormenta ovunque. Però sa anche essere sveglio e lucido quando si tratta di basket e di... cioè di... quando noi... voglio dire, quando stiamo... che... beh! Quando...” “Abbiamo capito, Hana!” esclamarono in coro Kei e Hisashi, cercando di non ridere dell'imbarazzo del rossino.
“Ok, ok! Ora andate o farete tardi! I corsi stanno per iniziare!” borbottò Kant, cercando di sedare i suoi bassi istinti. Il suo compagno era adorabile, soprattutto quando sorrideva, proprio come in quel momento.
“Dopo il lavoro esco con Ryosuke. Ci vediamo stasera!” sorrise Kei con infinita malizia, prima di uscire in tutta fretta insieme al resto dei cugini... e ai borbottii contrariati del Tensai, che non amava essere preso in giro a causa della sua timidezza cronica.
“Oh, sì! Sta davvero benissimo!” trillarono in coro Karen e Kikyo-san, battendo le mani ad un imbarazzato Michael. “Niente palpatina di ringraziamento!” le avvertì Kant, restando tenacemente ancorato alla sua sedia. “Uffa però!” borbottò la vecchia maniaca, imbronciandosi immediatamente. In quella famiglia le tarpavano tutti le ali. Era una congiura!
“Hanno ancora il morbillo?” domandò Ryosuke, posando il caffè sul 'loro' tavolo. “Sì, ma sono in via di guarigione. Figurati che si sono talmente divertiti ad essere malati e coccolati da tutti che stanno pianificando le prossime malattie! Ora vogliono fare gli orecchioni tutti e quattro insieme e a casa di Hanamichi, ovviamente! Inutile dire che mio cugino Kaede non è affatto d'accordo! – rise Kei – Perciò non ci sono problemi: Kikyo sarà disponibile per le puntate della settimana prossima.” aggiunse poi, zuccherando la propria bevanda. “Non importa, è meglio che guarisca per bene senza metterle fretta.” replicò il ragazzo dagli occhi viola.
“Morbillo? Morbillo? Chi ha il morbillo? Tu Ryo-sugar-love-love?” domandò il presunto presidente della Dorian, accorrendo al tavolo dove era seduto il figlio. “Io sto bene.” provò a spiegargli quest'ultimo. “Sicuro? Ti faccio un brodino?” “No.” “Vuoi una tisana?” “No.” “Chiamo un dottore?” “No. Kei, gli puoi spiegare che non sono malato?” domandò Ryosuke, senza scomporsi come suo solito. “Dori-san, è la piccola Kikyo ad avere il morbillo. Ryo gode di ottima salute.” “Ah, meno male! Adesso che ci penso l'hai avuto a cinque anni, ma non si sa mai!” borbottò l'uomo, grattandosi il mento. “Torna pure a fare... ciò che facevi!” gli propose il figlio. “Potavo le piante fuori dal bar quando ho sentito che mio figlio era in pericolo!” “Ma io sto bene.” “Meglio così!” trillò l'uomo, trotterellando verso l'uscita.
“Stavamo dicendo... non metterle fretta. Può tornare tra un paio di settimane, quando se la sentirà.” disse Ryosuke, dirigendosi insieme all'amico verso il cancello, per andare alla macchina.
I due salutarono Mitsui e Hanamichi, che stavano aspettando il loro turno per la sessione pomeridiana di doppiaggio, e si recarono all'uscita, dove l'autista era già lì che li aspettava.
Lo sportello dell'auto si aprì all'improvviso e un uomo uscì afferrando Kei per le spalle, mentre l'autista teneva fermo il presidente. Un po' di cloroformio e i due ragazzi si addormentarono profondamente.
“Hisa? HISA!” gridò il rossino, che aveva assistito alla scena dalla finestra. “Che cosa...? OH KAMI!” sobbalzò la guardia, mentre la macchina scura sgommava rumorosamente, portando via i due ragazzi. “CHIAMA LA POLIZIA! RYO E KEI SONO STATI RAPITI!” tuonò il Tensai, visibilmente scosso.
FINE DODICESIMA PARTE
|