DISCLAMER: I personaggi sono di T. Inoue. Alcuni, invece, li ho inventati io, ma non temete: la differenza, balza immediatamente agli occhi! -////-'

NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''

Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke.
Kyosuke: il capofamiglia, inventore.
Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice.
Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino)
Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^)
Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro e sogna di diventare miliardaria. (Ookami=lupo)
Kazuya: gemello di Kurumi, è appassionato di fotografia (Kojika=cerbiatto)
Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo)
Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala)
Karen: 'sorella' di Kyosuke

Kei: figlio di Karen, coetaneo di Kaede e Hanamichi (Itachi=donnola)


Altri personaggi:

Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi.

Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai (Shiro=bianco)
Arthur Kant: fratello minore di Michael, è un fotografo professionista.

 

Mayuka Odagi: amica del cuore di nonna Kikyo, era un'attrice porno

Reika: nipote di Mayuka, asso del pc e di tutto ciò che è tecnologico, coetanea di Kanata

Madoka: mamma di Reika, scrive romanzi yaoi. (Fukurou=gufo)

Masaki: fratello minore di Reika.

 

Ryosuke Dori: presidente effettivo della Dorian Production.

Hélène: mamma di Hanamichi e Hikaru, ha altri due figli, Hanako e Hiroki è sposata con Philippe Berrauly.


Strange Family IV

parte X

di Gojyina-chan

 

“NO VIA MAMMA!” gridò la piccola Kikyo, scoppiando a piangere alla vista di Hélène, aggrappandosi disperatamente alla maglietta del rossino.

Hanamichi lanciò uno sguardo di scuse alla donna e si allontanò cullando la bambina, mentre Kanata correva giù per le scale per guardare malissimo la nuova arrivata.

“Nezumi, per favore, non ti ci mettere anche tu! – sospirò il ragazzo, accarezzandogli la testa scura per tranquillizzarlo – Cucciola, la smetti di piangere?” domandò al koala in lacrime.

 

“No via mamma!”

“Giuro che non vado da nessuna parte! È una promessa!”

“Davvero no via?” chiese Kikyo tirando su col naso.

“Non dico mai le bugie!”

“No bugie mamma...” ammise la piccola.

“Ma guarda come ti sei conciata! Sei una signorina ormai! Forza! Soffiati il naso!” borbottò il rosso, usando un fazzoletto anche per asciugarle gli occhi.

“Mamma mio!”

“Adesso che sei più tranquilla vuoi conoscere la mia mamma?” chiese il ragazzo sorridendo.

“Mmm... è nonna? Però no ha capelli bianchi...” mugugnò il koala incuriosito.

Hanamichi scoppiò a ridere e prese posto sul divano di fronte alla donna, mentre la volpe e il topino si sedettero accanto a lui.

“Mamma, ti ricordi Kikyo? Guarda com'è cresciuta e sa anche camminare!” esordì il Tensai.

“Cammino sola-sola e trovo mamma mio!” sentenziò il koala, gonfiando orgogliosa il petto.

 

“Sei davvero bravissima! – si complimentò Hélène – Ti va di conoscere i fratellini del tuo mamma?” le domandò, destando la curiosità della piccola.

“Tì!” annuì infatti Kikyo, puntando lo sguardo verso i due rossini in miniatura.

“Lui è Hiroki e lei si chiama Hanako.” disse la donna, indicando i bimbi di quattro e cinque anni seduti al suo fianco.

Il bambino si grattò il naso, salutando con la manina sia Kikyo-chan che i due ragazzi dai capelli rossi come i suoi, invece la sorella saltò giù dal divano con le mani sui fianchi e il petto gonfio d'orgoglio.

“Io sono una maga!” proclamò col nasino all'insù.

“E io sono il Tensai, molto piacere!” rise Sakuragi, ricevendo l'immancabile “Do'hao!” da parte della sua volpe.

“Taci tu, Baka Kitsune!” sibilò l'altro guardandolo malissimo.

“Hn...”

“Mamma, quanto vi fermerete in Giappone?” domandò Hikaru, sperando di avere qualche giorni di tempo per conoscere i suoi fratellini.

“Veramente... ci siamo trasferiti qui accanto. C'era una casa libera, così abbiamo colto l'occasione al volo appena Kikyo-san ci ha avvertito.” annunciò Hélène, sorridendole con affetto.

 

 

 

 

 

Ryosuke uscì dal camerino avvertendo un profondo senso di disagio, cosa a cui non era abituato.

Da giorni stava evitando Arthur, ma quel pomeriggio dovevano realizzare lo spot di un bagnoschiuma, perciò l'incontro era inevitabile.

Il ragazzo si presentò sul set con indosso solo un asciugamano legato in vita e il corpo cosparso di olio profumato, che rendeva la sua pelle lucida come alabastro.

 

“Sei pronto?” chiese Kant, guardandolo attraverso l'obiettivo.

Il giovane presidente annuì mentre gli voltava le spalle.

Lasciò cadere a terra il telo di spugna e posò entrambe le mani sulla finta parete di mattonelle di fronte a lui.

Poteva avvertire quasi fisicamente i suoi occhi su di sé, mentre i flash si susseguivano velocemente.

“Volta il viso – sussurrò Arthur – Stai aspettando il tuo compagno per fare l'amore... sei pronto per lui... chiamalo...” s'interruppe, cominciando inspiegabilmente a sudare.

Non sapeva nemmeno perché avesse parlato al maschile, dato che non conosceva i gusti sessuali del modello.

Ryosuke socchiuse le labbra umide e affondò i suoi profondi occhi viola nell'obiettivo ansimando sommessamente.

D'improvviso il set si oscurò, diventando una stanza buia in cui gli unici punti di luce erano loro due.

Kant sollevò la testa e lo guardò in viso senza la protezione della lente della macchina.

 

 

“E-ehm... Arthur? – sussurrò Lamia, apparsa magicamente al suo fianco – Detesto interrompervi ma... sono passati venti minuti dal tuo ultimo scatto...” lo avvertì, trattenendo un sorriso.

 

“Le fo... foto. C-certo! Coff! Coff! È finito il rullino!” mentì l'uomo, guardandosi attorno spaesato.

Fu lieto di constatare che anche Ryosuke appariva molto imbarazzato.

 

“Abbiamo finito!” sentenziò il presidente, correndo a rivestirsi.

Arthur passò la macchina fotografica a Kazuya e seguì il ragazzo dai capelli viola.

 

“Dobbiamo parlare.” sentenziò quando lo vide uscire dal camerino.

“Non è il momento!” sussurrò Dori, cercando di raggiungere l'ascensore.

L'uomo lo afferrò per un braccio e lo trascinò di nuovo nel camerino.

 

Una volta soli, nella stanza si udì solo il rumore dei loro respiri affrettati.

 

“Non posso fare quel che mi chiedi. Penso che Sakuragi sia più adatto di me per quello spot.” annunciò il ragazzo, dandogli le spalle.

“Ti tiri indietro?” chiese Kant con tono accusatorio, sentendo crescere dentro di sé un'assurda rabbia.

“Conosco i miei limiti. 'Abbassare le difese' è un concetto che non conosco.”

“Non posso crederci.” si lasciò sfuggire il fotografo, facendo un passo verso di lui.

“Detesto fare il modello, ma è sempre bastata la mia faccia inespressiva. Ora arrivi tu e mi chiedi una cosa per me impossibile!”

“Immagina di essere fuori con i tuoi amici!” gli suggerì a pochi centimetri da lui.

“Tsk! Io non ho amici! – si voltò a guardalo – Lavoro e...!” s'interruppe, rendendosi conto di quanto fossero vicini.

“Ma...”

“Io... chi mi sta vicino lo fa per interesse! Alla fine scopro che vogliono diventare delle star o...” Ryosuke fece un passo indietro per non sentire il profumo di quell'uomo.

“Non mi era mai capitato di fermarmi nel bel mezzo di una servizio... Voglio fotografare il tuo sorriso: devo riuscirci!”

“Sorriso?!”

“Esatto! Voglio immortalarlo. Voglio vedere le sfumature dei tuoi occhi mentre sorridi!”

“Dannazione! Ti diverte tanto mettermi in difficoltà, vero? Sei convinto che io sia il classico figlio di papà annoiato, come pensano tutti!” lo accusò provando una fitta allo stomaco.

Perché lo faceva stare così male sapere che anche lui voleva qualcosa?

“Non è vero che è impossibile! Forse non ti sei mai divertito... Ehi, io posso farlo!” esclamò Arthur, schioccando le dita.

“Cosa?!”

“Esci con me e con i Rukawa: ti assicuro che non potrai non ridere!”

“Sciocchezze! Io devo lavorare!”

“Temi di non esserne capace?”

“Non provocare!”

“Codardo!”

“Rompiscatole.”

“Hai aggrottato le sopracciglia!” esclamò stupito il fotografo.

“Non è vero! – reagì il presidente, voltandosi vero lo specchio. Sobbalzò, guardando il suo viso corrucciato – Non è possibile...”

“Lo vedi? – sorrise l'uomo, mentre Ryo si toccava le sopracciglia – Non ti piacerebbe provare a fare altro?”

“Mi lasci in pace?!” chiese il ragazzo esasperato.

“Codardo!”

“Rompiscatole.”

 

 

 

 

 

 

Mentre il soggiorno era affollato di gente in vena di festeggiare, la nonnina colse l'occasione per fare un po' di ordine tra le sue cose.

“Grazie Kyo-chan! Ti restituisco i tuoi aggeggi!” annunciò Kikyo-san, entrando nel laboratorio del figlio carica di amplificatori, macchine per gli ologrammi e altro materiale ancora.

“Lasciali pure sul tavolo, poi li metto a posto.”

Kyosuke guardò tutta la strumentazione, da lui stesso ideata, che gli era stata commissionata da un noto regista Horror svariati anni prima.

 

“Mamma?”

“Sì, caro?”

“Tu non c'entri nulla con le improvvise visioni della nostra ex vicina, vero?”

“Figlio degenere! Come puoi pensare certe cose di me!” ringhiò la nonna, profondamente oltraggiata.

“Sei stata tu.” replicò l'altro impassibile.

“Esatto!” trillò l'anziana per nulla pentita, trotterellando in soggiorno.

 

“Prima o poi le intitoleranno un carcere!” guaì l'inventore, passandosi una mano sugli occhi.

 

 

La nonnina aveva scelto la villa degli Yoshimoto perché era l'unica vicina alla loro, l'altra era quella di Mayuka e di certo non poteva sfrattare la sua migliore amica.

Così il suo Culetto d'oro e la piccola Hikki avrebbero vissuto accanto alla loro mamma e ai due fratellini.

Il fine giustificava i mezzi, si disse per nulla pentita, andando a festeggiare la vittoria insieme alla sua complice.

“Birra al pub?” propose Mayuka, prendendola sottobraccio.

“Certo, cara!” approvò la nonnina-hentai.

 

 

 

 

 

“Grazie per essere venuto. Sei sicuro che a Kei non abbia dato fastidio?” gli chiese subito il fratello, facendolo accomodare nel suo ex appartamento.

“No, tranquillo! È arrivata la madre dei Sakuragi e la famiglia è riunita a festeggiare.” gli spiegò Michael, seguendolo in cucina.

Aveva ragione Kei: entrare in quella casa era davvero imbarazzante.

Se solo pensava che su quell'isola avevano fatto l'amore fino a...

 

“Ehi! Mi stai ascoltando!?” sbottò Arthur, con la caraffa in mano.

“Ah... S-sì dimmi!” balbettò il biondo, accantonando quei pensieri poco casti.

“Caffè?” gli chiese nuovamente il fratello, prendendo due tazze dal mobiletto accanto al forno.

“Ok, grazie! Cos'è successo?” gli domandò, senza troppi giri di parole.

“Niente! Che c'è? Non posso invitare il mio fratellone a casa mia?”

“...”

“Ok, va bene! Mi sono bloccato nel bel mezzo di un servizio fotografico, ti rendi conto!? IO! Io che mi fermo e resto immobile per più di venti minuti!”

“...”

“Beh...” arrossì Arthur, intuendo le ragioni dello sguardo di Michael.

“Stavi fotografando Ryosuke, l'ho capito!” disse infatti, cercando di trattenere un sorriso.

“Non è come sembra! Non è lui che... cioè, sì, è lui... ma non lui-lui... è lui...”

“Arty?”

“Dannazione! Non è che abbia un interesse personale nei suoi confronti! È solo che ha un colore degli occhi così particolare che mi sono soffermato a guardarlo più del dovuto, tutto qui!” arrossì il più giovane dei due, accigliandosi piccato.

“Non ho mai detto che ti piace fisicamente, ma che ti attrae. È diverso!”

“S-Sì... beh...”

“Non mi hai fatto venire qui solo per questo, no? È per la storia dello spot? O per quello che è successo a Kei?” gli domandò facendosi serio.

 

“A proposito di Kei, ho sentito dire a Ryosuke una frase strana, ma non so nulla di preciso. Si è rammaricato perché nemmeno il taglio dei capelli è servito. Non so cosa significhi di preciso a dire il vero, dato che non mi pare che lui sappia del suo gemello. Però...”

“Mmm... suo padre e Kyosuke-san sono amici dai tempi dell'università, perciò è probabile che lo sappia. È stato davvero molto attento. Solo una persona con una grande sensibilità poteva pensare una cosa del genere.” ammise Michael, sentendosi immediatamente in debito con quel ragazzo.

 

Cambiare l'acconciatura di Kei per non farlo assomigliare troppo al gemello defunto era stata una mossa davvero molto delicata.

 

“Lo penso anche io. È proprio un bravo ragazzo.” commentò Arthur, con un aria un po' compiaciuta.

“Tu-non-stai-bene.” scandì l'altro, sollevando un sopracciglio.

“Sei monotematico. Il mio interesse per lui è puramente professionale!” sbuffò il fratello, guardandolo malissimo.

 

“Ti sei fermato nel bel mezzo di un servizio fotografico.” gli ricordò l'altro, senza battere ciglio.

“Beh ma... Non è questo il punto!” sbottò piccato il padrone di casa.

 

“E allora cosa c'è?”

“Ecco... io... io non lo so!” ammise Arthur, passandosi una mano tra i capelli scuri.

“Lo conosci da meno di un mese. È 'illogico' pensare ad altro, no? È solo un interesse professionale, il tuo!” lo prese in giro Michael.

“Non so perché ti abbia telefonato!” ringhiò il fotografo, incrociando le braccia al petto.

“Arty?”

“Che vuoi?”

“Non è saggio mischiare il lavoro con il piacere. Senza contare che Ryosuke è minorenne. Come Kei, certo, ma io ho avuto il consenso di sua madre.”

“C-Certo che lo so! Non sono mica scemo! Volevo dire solo che... Dannazione! Non mi era mai capitato prima! È tutta colpa tua!”

“Mia?!”

“Tua e dei Rukawa, ecco! Devo... Sì, ecco! Devo essermi fatto influenzare da voi!”

“Influenzare, tu?! Non hai più otto anni o sbaglio?”

“La smetti di sfottere?”

“Arthur, cerca di non metterti nei guai, ok?” fu l'unico consiglio da fratello maggiore che si sentì di dare Michael.

“Ci proverò!” promise Arthur, terminando il suo caffè.

 

 

 

 

 

“Non riesco a credere che sia qui...” sussurrò Hanamichi, mentre preparava il caffè per gli ospiti.

“Hn!”

“Certo che sono contento! Però è davvero incredibile! Mai avrei immaginato potesse trasferirsi di nuovo in Giappone!”

“Hn?”

“Beh! La mamma era andata via per ragioni di lavoro, invece ora è tornata qui, per me e per Hikki!”

“Hn...”

“Sì, è tutto ok! Kikyo-san, a cui devo davvero tantissimo, ha convinto quelli della Dorian a produrre uno show televisivo a tema culinario con la mamma come presentatrice. Sai, una giapponese che diventa chef in Europa suscita orgoglio nazionale e curiosità...”

“Hn... Hn?”

“Il marito sarà co-produttore della serie, perciò avrà il suo bel da fare anche lui! Mi sa che ci scapperanno anche una serie di dvd e qualche libro!”

“Hn!”

 

 

“Ma davvero capisci i suoi mugugni?!” chiesero in coro Hisashi ed Akira, che avevano assistito sbigottiti al loro dialogo.

Era una cosa a cui non si sarebbero mai abituati.

 

“Certo che sì! Perché, voi no?” domandò il Tensai, guardandoli stupito.

“Ah! L'amour!” sospirò il porcospino, con un gesto teatrale della mano.

 

“Hn...”

La volpe lanciò un'occhiataccia al fratello maggiore, prima di aiutare il suo ragazzo a portare i vassoi con le tazze in soggiorno.

 

“Come biscotti ho fatto le... - Hanamichi abbassò la voce e sussurrò - … lingue di gatto. Spero vi piacciano!”

“Perché parli piano?!” gli chiese sua madre.

“L'ultima volta Kato è fuggito terrorizzato pensando che la lingua fosse la sua!” gli spiegò suo figlio, indicando con la testa il gatto che stava facendo le fusa sulle ginocchia di Hikaru.

 

“Hn...” annuì la volpe, mentre i coniugi Berrauly ridevano come matti.

 

Kaede si appollaiò sulla spalla del suo ragazzo, guardandosi attorno.

Da quando Hanamichi era entrato a fare parte della famiglia, quella casa diventava sempre più popolata.

Sembravano passati secoli da quando, tornato da scuola in bicicletta, trovava la villetta semi-deserta. I suoi parenti o erano chiusi nei rispettivi studi o dentro qualche armadio.

Da quando c'era il Do'hao non solo si erano riuniti, ma avevano acquisito anche tantissimi amici.

Uno più folle dell'altro, ma comunque ottimi amici.

 

E non erano solo gli adulti ad aver fatto nuove conoscenze, pensò Kaede, guardando il tappeto su cui erano seduti Kikyo-chan, i due rossini e il piccolo Masaki, intenti a giocare tra loro.

Forse il koala si sarebbe finalmente staccato dal SUO Do'hao.

Anche se ne dubitava parecchio.

 

 

 

 

 

Kei tirò un profondo sospiro e varcò il cancello della Dorian.

Prima di spegnere il cellulare, mandò un messaggio a Michael per avvisarlo che era lì e che sarebbe rientrato a casa nel tardo pomeriggio.

 

Quel giorno non aveva del lavoro da fare, per questo non aveva assolutamente avuto nulla da obiettare all'uscita del suo compagno con il fratello minore. Invece mezz'ora dopo Lamia-san lo aveva chiamato e lui non se l'era sentita di tirarsi indietro.

Non voleva essere un peso, dannazione!

Già si sentiva uno schifo per le preoccupazioni che stava dando a Michael.

 

“Ma ciao stellina!” trillò Take-san, il tuttofare della Dorian, impegnato a potare i cespugli del lungo vialone che conduceva all'entrata del palazzo.

“Buongiorno!” lo salutò il ragazzo, incamminandosi senza ulteriori indugi.

La presenza di quell'uomo riusciva sempre a metterlo di buon umore, con i suoi grembiuli multicolore e il sorriso simpatico.

“Buon divertimento!” gli augurò quest'ultimo, ricominciando a lavorare.

Erano settimane che stava tagliando rami per creare coppie di animali l'uno di fronte all'altro, come se si guardassero attraverso il vialetto. Erano talmente belle da sembrare vere.

Era un vero artista, forse lo avrebbe dovuto presentare a zia Katy.

“Forse è meglio di no. Ci sono già troppe persone strane in giro per casa.” borbottò Kei, raggiungendo il camerino senza quasi accorgersene.

 

Era molto teso all'idea di mettere di nuovo piede lì, dopo la sua fuga, ma doveva combattere i suoi demoni: per se stesso e per Michael.

 

“Kei! Buongiorno! – lo salutò Lamia, prendendolo sottobraccio – Abbiamo appena avuto un piccolo problema con le luci, lo spot lo rimanderemo di un ora. Non sono riuscita ad avvisarti in tempo! Andiamo a prenderci un caffè, ti va?” gli propose, trascinandolo al bar del pianoterra, dove furono serviti al tavolo riservato al presidente.

 

“Io volevo scusarmi per...” esordì il ragazzo, imbarazzatissimo.

“E di cosa?! Non è successo niente! – sorrise la donna, passandogli lo zucchero – Colgo l'occasione per parlarti di una cosa: ti andrebbe di fare doppiaggio?”

“Doppiaggio?!”

“Sì! Tu e Hana avete delle belle voci. Così, Ryosuke ed io, pensavamo di farvi provare a doppiare un videogioco. Ovviamente è una piccola parte. Poi, dopo il corso di dizione e di recitazione, potreste cimentarvi in ruoli da protagonisti. Che ne dici? Ti interessa?”

“WOW!”

Kei era senza parole.

Pensare che aveva avuto il timore di essere licenziato o di lasciare lui stesso quel lavoro, invece gli avevano proposto di...

Si rabbuiò all'improvviso, mentre un pensiero spiacevole gli attraversò la testa.

“Non lo fate per... voglio dire... per via della foto...”

“Assolutamente no! – lo tranquillizzò Lamia, posandogli una mano sulla sua – Ti assicuro che Ryosuke ha intenzione di rinnovarti il contratto, indipendentemente da... dal resto, insomma!”

 

“Grazie per la vostra comprensione.”

“Non vorrei sembrarti invadente ma... tu sai che il padre di Ryosuke e tuo zio sono amici, vero?”

“Dai tempi dell'università, sì.”

“Ciò che non sai è che Ryo aveva un gemello.”

“G-gemello?” sobbalzò Kei, guardandola stupito.

“Già. Si chiamava Kyosuke, come tuo zio.”

“Kyosuke e Ryosuke... Cosa gli è successo?” domandò preoccupato.

“Lui... è deceduto un paio di ore dopo la nascita. Una malformazione cardiaca. Ovviamente, non è minimamente paragonabile a ciò che è successo a te, ma credo che Ryosuke riesca a capire come ti senti. Era a conoscenza della tua storia, ma ti ha messo comunque sotto contratto come modello. Stai tranquillo e continua a lavorare così!”

 

“Grazie davvero!” sussurrò Rukawa, commosso dalle sue parole.

Doveva assolutamente ringraziare il presidente si ripromise, provando un sincero affetto per quel ragazzo sempre solo.

 

 

 

 

 

“Kitsune?”

“Hn?”

“Ho un dubbio.”

“Hn.”

“Mia madre ha comprato la casa degli Yoshimoto.”

“Hn.”

“È stata tua nonna a chiamarla dicendole che la casa si era liberata.”

“Hn.”

“Ma lei l'ha contattata un mese prima che quei due vecchietti se ne andassero.”

“...”

“Tua nonna non c'entra niente con la storia del fantasma, vero?”

“...”

“Non ha fatto firmare il contratto a quei due poveretti il giorno in cui siamo tornati dal mare, vero? Ricordi che, mentre stavamo scaricando la macchina, lei è entrata in casa con la signora?”

“...”

“Kami Sama!”

“Hn!”

“Siete degli psicopatici!” sentenziò Hanamichi, guardandolo storto.

 

Kaede sfregò il musetto contro la sua spalla, aspirando l'odore della pelle del suo compagno.

Quel pomeriggio di festa era davvero caotico, ma non poteva lamentarsi, dato che era abbarbicato al suo Do'hao che gli stava distrattamente facendo i grattini sulla testa, così delicatamente che a stento la volpe riusciva a trattenere le fusa.

 

Guardandosi attorno, vide sua madre in compagnia di Mayuka e della mamma dei rossini, felice come raramente l'aveva mai vista. Avere delle amiche con un'indole artistica era sempre stato il suo più grande desiderio e adesso finalmente lo aveva realizzato.

Suo padre, invece, stava parlando con Philippe, che sembrava seriamente interessato ad alcuni elettrodomestici inventati da lui.

 

Le due nonne erano andate in birreria portandosi dietro il bonzo, felicissimo di avere avuto il permesso da Hélène di rimanere nel suo giardino con tanto di tenda.

Che lui volesse festeggiare era chiaro ma... le due vecchiette a cosa dovevano brindare?

“Hn...”

Sua nonna era una criminale.

Maniaca sessuale e criminale.

 

Però il Do'hao non era mai stato così felice, con gli occhioni color cioccolato che brillavano di gioia ogni volta che si posavano sulla madre.

Ed era anche in vena di coccole, nonostante la presenza di mezzo mondo.

Doveva assolutamente fare un regalo a Kikyo-san: se l'era proprio meritato.

 

L'unico neo nel piano della vecchietta era la presenza del bonzo guardone, ma sarebbe bastato chiedere alla nonna di tenerlo occupato un paio d'ore dopocena e tutto si sarebbe risolto.

 

“Cosa c'è, Kitsune?” domandò Sakuragi, incuriosito dal suo sguardo serio e concentrato.

“Fame.”

“Stai scherzando, vero?! Ti sei scofanato mezza teglia di biscotti!” gli ricordò, guardandolo allibito.

“Quattro.”

“Ma...!”

“Ospedale.”

“Baka!” borbottò il rossino, andando in cucina seguito a ruota dall'implacabile volpetta malefica.

 

Invece che iniziare a cucinare tirò fuori dall'enorme congelatore, accanto alla porta di servizio, quattro torte alla vaniglia.

“Hn?”

“Le ho fatte prima di ammalarmi. Il Tensai è sempre previdente! Queste sono per stasera, adesso che vuoi che ti faccia? Tiramisù, budino... Scegli!”

“Hn.”

Kaede non batté ciglio, limitandosi a dargli un bacio sulla guancia, per poi tornare in soggiorno ad accucciarsi sulla sua poltrona preferita.

Hanamichi non ebbe il tempo di chiedergli spiegazioni che vide entrare sua madre ed Hikaru sorridenti e felici.

“Profiterol per tutti?” propose la donna, mettendosi a cucinare insieme ai suoi due figli maggiori, realizzando così il sogno di tutti e tre.

 

 

 

 

 

Kei si sistemò la maglietta blu e prese posto al centro della scena.

Lo spot giocava sulla leggera somiglianza tra lui e Ryosuke, perciò la scenografia era composta da una serie di specchi da terra dalla cornice argentata, posti lungo il perimetro del set e circondati da lunghi drappi neri, che conferivano al tutto un'atmosfera gotica molto suggestiva.

I due modelli erano vestiti in modo identico, solo i colori differivano: Blu per Rukawa e viola per il presidente.

Kei doveva correre e specchiarsi, vedendo però il riflesso di Ryosuke invece che se stesso.

Alla fine venivano inquadrati i due orologi da sponsorizzare.

 

Finite le riprese, i due ragazzi andarono a cambiarsi in camerino.

Rukawa decise di parlare al collega non appena lo vide allacciarsi le scarpe, pronto per andare via.

“As... Aspetti un momento... io volevo...” sussurrò il ragazzo dai capelli azzurri.

“Te lo ha detto.” capì subito Ryosuke, aprendo la porta del camerino.

“Non volevo essere invadente, ma solo ringraziarti per la tua delicatezza!” si affrettò a dire l'altro, dandogli involontariamente del tu.

 

“Caffè?” mugugnò il presidente, guardandolo di sottecchi.

“Ok!” sorrise Kei, seguendolo lungo i corridoi degli Studios.

 

 

 

 

 

Hanamichi tornò in soggiorno, portando un paio di vassoi colmi di sfere al cioccolato.

 

Prese posto sulle ginocchi della sua volpetta, porgendogli un piattino con ben sei dolci, su cui aveva disegnato con la panna il musino di una volpe.

“Te li sei meritati.” si limitò a dire, arrossendo appena.

 

Kaede si fermò a contemplare i dolcissimi occhi innamorati del suo Hanamichi.

Kami quanto adorava essere guardato in quel modo!

Gli occhi del Do'hao non avrebbero dovuto fare altro nella vita, decise con fermezza, sfregando il naso sulla sua guancia, prima di affondare il cucchiaino in quell'oceano di cioccolato che aveva tra le mani.

 

“Mamma mio cucina dolcini sempre-sempre!” disse Kikyo-chan, mentre faceva merenda insieme agli altri tre bambini.

“Ma è un maschio. Come fa ad essere una mamma?” chiese Hiroki, aggrottando le sopracciglia.

“Lui è mamma mio, lei è mamma mia!” spiegò la piccola, indicando prima Hanamichi e poi Katy.

 

“Ma resta comunque un maschio! Al massimo è un papà!” obiettò il bimbo, per nulla convinto della sua spiegazione.

 

“No! È mamma mio ho detto! Ti prendo a testata!” sbottò, agitando il pugno.

“Kikyo Rukawa: smettila di minacciarlo! Non capisco da chi abbia preso!” borbottò Sakuragi, imbarazzatissimo.

“Hn?”

“Ok, forse ho capito...”

“Hn?!”

“E va bene! È colpa mia! Kitsune insopportabile!” borbottò il Tensai, arrossendo miseramente.

 

 

“Io le bambine non le capisco!” sospirò il povero Hiroki, con una faccia così sconsolata da suscitare l'ilarità della madre, che gli scompigliò affettuosamente i capelli.

“Hai capito che è mamma mio. Fine!” sentenziò Kikyo-chan, finendo il suo dolce.

 

“Per fare da mamma, deve essere almeno parente!” cercò di spiegarle Hiroki.

“Cosa è parente?” chiese il koala.

“Se è fratello o zio o cugino, ecco!” le disse il bimbo.

“Come si fa parente se no è?” indagò ancora la piccola Rukawa.

“Quando sposa un fratello o uno zio, diventa parente!” continuò il rossino, posando il piatto vuoto sul tavolo.

Kikyo-chan guardò affascinata quel bambino che sapeva tantissime cose.

 

“Come si sposa?” gli chiese ancora.

“Quando due si baciano, allora si sposano. L'ho visto una volta sola, però mi pare sia così!” borbottò il mini-Sakuragi, cercando di ricordare.

“Se bacia si sposa e diventa parente.” si ripeté il koala, meditabonda.

 

 

 

 

 

“... Sì, mi piacerebbe. Non l'ho mai fatto, ma cercherò di imparare in fretta!” promise Kei, sentendosi addosso gli occhi di mezzo bar.

Doveva sembrare un miraggio vedere il presidente in compagnia di qualcuno che non fosse Lamia-san.

“Il doppiaggio è difficile. – lo avvertì Ryosuke – Si recita usando solo la voce. Ma penso che sia tu che Sakuragi possiate farcela.”

“Hana è capace di provare trenta emozioni in cinque secondi, con annesse espressioni facciali...” borbottò Rukawa, grattandosi il mento.

Gli occhi di Dori diventarono viola chiaro e Kei intuì che quello equivaleva ad un sorriso.

Era strano, ma con lui riusciva a parlare davvero.

Con i suoi parenti e con Michael aveva sempre la sensazione di non essere compreso appieno, con quel ragazzo invece sì.

Ancora prima di sapere del suo gemello, aveva sentito a pelle un sottile legame con lui.

“Sakuragi ha una notevole forza vitale e si vede. Tu impari in fretta e hai la capacità di trasmettere ciò che senti. Penso che potresti fare altrettanto con la voce. Provar non nuoce. È solo una piccola parte in un videogioco. Se va bene, farai i corsi necessari per diventare un professionista.”

 

“Non mi sembra di trasmettere granché...” sussurrò Kei, sollevando un sopracciglio scuro.

“Non te ne accorgi ma lo fai. Ovvio, non siete paragonabili né come aspetto né come carattere, ma sia tu che Sakuragi avete nello sguardo una zona d'ombra che affascina.”

“Almeno è servito a qualcosa!” commentò ironicamente il giocatore dai capelli bicolore.

“È difficile essere soli quando accanto avresti dovuto avere qualcuno...” mormorò Dori, più a se stesso che a lui.

Tra i due calò un silenzio carico di malinconia.

“Ma non posso certo paragonare le nostre storie. Io, mio fratello, non l'ho mai visto.” ammise il presidente.

“Credo non dipenda dal periodo di tempo passato insieme. Il legame tra gemelli è particolare. Unico, direi... Che strano! – esclamò Kei all'improvviso – È la prima volta che riesco a parlarne senza stare male...” si rese conto, spalancando gli occhi azzurri.

“Anche io.” gli confidò Ryosuke, facendogli capire che anche lui si sentiva incredulo e imbarazzato.

Kei gli sorrise, passandosi una mano tra i capelli bicolore.

 

“Mi spiace solo di creare disagi a causa di questa faccenda... A volte mi sento una zavorra.” ammise il giovane Rukawa, decidendosi finalmente a zuccherare il suo caffè ormai freddo.

“Addirittura una zavorra? Qui di certo sei tutto tranne che quello. Non hai idea del tempo che ci vuole normalmente a realizzare un servizio fotografico o uno spot: ore ed ore. Tu invece sei velocissimo.” gli rivelò il presidente.

“Davvero?!”

“Già! Ma se a crearti problemi sono le foto in generale...” Ryo si fermò, non sapendo bene come proseguire.

“È stata una sfida con me stesso. Io che per anni non sono riuscito nemmeno a guardarmi allo specchio... Ho voluto di proposito fare il lavoro più difficile per me. Lo devo fare per me stesso e per Michael.” spiegò Rukawa, con una luce di determinazione nello sguardo che suscitò l'ammirazione del presidente.

 

“Lo devi amare molto.” commentò quest'ultimo.

“Mi ha salvato la vita. Lo fa ogni giorno. Si prende cura di me e mi fa sentire amato. Questo mi spinge a fare altrettanto con lui. Voglio che non si penta mai di stare con me.”

 

“Deve essere bello. Ti spinge a migliorarti e ti dà un obiettivo.”

“Sono stato molto fortunato.” ammise Kei, arrossendo.

 

In quel momento Lamia entrò nel bar e si avvicinò ai due ragazzi.

“Scusate l'interruzione. Ryo, tra dieci minuti c'è la riunione.” lo avvertì, sorridendo loro.

 

“Hai ragione, arrivo. – gli rispose il presidente, voltandosi poi verso Kei – Della tua famiglia, chi è venuto qui come semplice accompagnatore?” gli domandò a bruciapelo.

“Beh... Penso tutti...” rispose l'altro, cercando di ricordare.

“C'era un ragazzo alto con i capelli a punta...”

“Ah, sì! È mio cugino Akira.”

“Con lui c'era anche un altro...” cercò di spiegargli Ryosuke.

“Forse Hisashi, il suo ragazzo. Sì, Hisashi Mitsui.”

“Mitsui... – sussurrò il presidente – Ha una voce molto calda...” commentò, rivolgendosi a Lamia.

I due si scambiarono uno sguardo d'intesa che il giovane Rukawa comprese subito.

 

 

 

 

 

“Tu parli?” domandò Hanako, scrutando attentamente il piccolo Masaki

“Sì!” mugugnò lui, cercando di risponderle in giapponese.

“Ho cinque anni e tu? Che anni hai?”

“Sei.”

“Vecchio!”

“Ma...!”

“E parli pure strano!” notò la bimba, riconoscendo in lui uno strano accento.

 

A quel punto, Kanata cercò di difendere il suo giovane allievo.

 

“È nato all'estero. Parla poco il giapponese, ma lo sta imparando molto velocemente!”

“Io anche sono nata lontano, ma un po' meglio lo parlo!” replicò la rossina, grattandosi il nasino.

“Perché sei femmina! – le spiegò Reika – Noi siamo più sveglie dei maschi! Leggiamo più velocemente, capiamo più in fretta e sappiamo usare meglio il computer!”

“Tsk! Lo credi tu!” replicò il topino.

“Illuso!”

Mentre i due iniziavano a litigare furiosamente, i due bambini cercarono un modo di comunicazione.

 

“Ti va di colorare? Katy mi ha dato i pastelli!” chiese Hanako, porgendo un foglio bianco al bimbo.

“Sì! Mi piace il rosso!” sorrise Masaki.

“Anche a me!” esultò la piccola Sakuragi.

 

I due bambini trovarono, così, un modo molto più civile di interagire, a differenza dei due ragazzini di dieci anni che stavano ancora bisticciando tra loro.

 

 

 

 

 

 

Kikyo si guardò attorno concentratissima.

Aki e Hisa si sposavano piuttosto spesso, così come anche la sua mamma e il papà che aveva fatto 'il cane brutto'.

Hikki e Kumy non potevano farlo con i loro fidanzati, altrimenti il suo mamma e Dede si arrabbiavano.

La piccola si voltò guardando questi ultimi.

Alzandosi in piedi trotterellò fino alle ginocchia del rossino e si fece subito prendere in braccio da lui.

Poi, con fare bellicoso, agitò il pugno sotto al naso del fratello maggiore che stava sonnecchiando sulla spalla del rossino.

“Ehi, tu, Butto! Sposa subito mamma mio!”

“Hn?!”

“Dai bacio a mamma mio, così tu lo sposi e diventa mamma mio!”

“HN?!”

“Dai bacio a mamma mio o ti prendo a testata!” mugugnò la bambina, venendo nuovamente sgridata dal diretto interessato.

“Kikyo! Sii più gentile quando chiedi le cose!” la rimproverò il rossino.

“Sì, mamma – gli sorrise la piccola, voltandosi di nuovo verso la volpe per guardarla imbronciata –Dai bacio a mamma mio o ti prendo a testata, grazie!” concluse con il medesimo tono astioso.

 

“Diventerà una criminale peggio di sua nonna!” guaì Hanamichi, sentendosi responsabile per il linguaggio della bambina.

“Hn.”

“Baka Kitsune, ma che ti salta in testa? Mi vergogno davanti a tutti!”

“Vuoi farla piangere?”

“Fai leva su di lei, brutto...?”

“Mamma sposa Dede, sennò no sei mamma mio!” singhiozzò Kikyo-chan, guardandolo preoccupatissima.

 

Hanamichi, rosso come i suoi capelli, si sporse per sfiorare con le sue, le labbra della volpe.

“Contenta, piccola?” le chiese speranzoso.

“Bacio brutto.” commentò il koala insoddisfatto.

“Cos'è? Mi dai pure il voto?!” borbottò Sakuragi, capitolando miseramente alla vista dei suoi occhioni lucidi.

 

Con un sospiro sconfitto, si sporse per dare un delicato bacio pieno d'affetto alla sua volpetta preferita, mentre la bambina batteva le manine, per poi tornare a sedersi sul tappeto accanto ad Hiroki.

“Oggi è mamma mio!” gli comunicò felicissima.

 

“Che significa 'oggi'?! Ehi? – esclamò il Tensai ricominciando ad arrossire furiosamente – Mica si aspetterà che lo faccia ogni pomeriggio, vero?!” si domandò preoccupatissimo.

Kaede si annotò mentalmente di fare un regalo anche al fratellino del suo Do'hao: se l'era davvero meritato!

 

 

 

 

 

 

Mitsui depose i piattini nella lavastoviglie più piccola e avviò il lavaggio.

Mentre ascoltava il rumore dell'elettrodomestico si appoggiò all'isola della cucina con lo sguardo perso nel vuoto.

Si sentiva meschino e vile.

Da una parte era sinceramente felice per Hanamichi, che aveva ritrovato finalmente sua madre, ma dall'altra il peso della propria situazione familiare lo stava soffocando.

Perché solo lui aveva una famiglia di merda?

“Ehi?” sussurrò Akira, che lo stava guardando da almeno una decina di minuti senza che l'altro se ne rendesse conto.

Gli si avvicinò per abbracciarlo in silenzio, intuendo il motivo della sua malinconia.

“Mi faccio schifo.” ammise infatti Hisashi, abbandonandosi contro il suo corpo.

“Come schifo?! Ma se ti amo tantissimo!” replicò il porcospino, fingendosi perplesso.

La guardia rise sommessamente, chiudendo gli occhi e aspirando l'odore della sua pelle.

“Ti andrebbe …?” propose Sendoh, baciandogli la fronte.

“Si può fare!” accettò Mitsui, prendendolo per mano per poi uscire dalla porta di servizio.

 

 

Akira si richiuse alle spalle la porta della loro camera.

Detestava vedere la tristezza negli occhi del suo compagno e provava l'esigenza fisica di scacciarla via.

 

Afferrato il suo complice dal cassetto del comodino si voltò verso Mitsui, che si stava sfilando il maglione al centro della stanza.

D'improvviso, la guardia fu sbattuta contro l'armadio.

“Ehi!” protesto Hisashi, colto di sorpresa.

Pensava che avrebbero fatto l'amore lentamente, con Akira che tentava di alleviare il suo dolore, invece il ragazzo gli aveva preso immediatamente il sesso in bocca e abbassato jeans e boxer.

Ora le sue dita lo stava penetrando allargandolo per bene.

“Aki! – annaspò la guardia, impreparata a quell'assalto – Kami! – esclamò, sentendo il vibratore farsi strada dentro di sé – Ti fai... aiutare... dalla concorrenza?” scherzò accarezzandogli i capelli.

 

Sendoh non replicò, troppo concentrato nel raggiungere il suo obiettivo.

“AKIRA!” gridò infine Mitsui, scosso da un violento orgasmo.

 

Fu deposto sul letto, a pancia in giù, con il porcospino pronto alla penetrazione.

Mitsui afferrò il cuscino con forza, muovendosi allo stesso ritmo delle sue spinte.

Quando stava per raggiungere nuovamente il piacere, Akira uscì completamente dal suo corpo e lo fece voltare per poi afferrargli una gamba e appoggiarla sulla propria spalla.

Di nuovo lo penetrò fino a quando non caddero esausti l'uno sull'altro, tremando per il piacere appena provato.

 

“Wow!” commentò Hisashi, baciandogli la fronte sudata.

“Spero che adesso te lo ricorderai meglio!” bofonchiò Akira, guardandolo negli occhi.

“Che cosa?” gli chiese l'altro, piuttosto perplesso.

“Che sono IO la tua famiglia!” sorrise il playmaker, riuscendo a commuovere il suo burbero compagno.

“Non potrei essere più fortunato.” sorrise Mitsui, liberandosi finalmente di tutta la tristezza che aveva sentito negli ultimi tempi.

Akira era l'unica famiglia di cui avrebbe sempre avuto bisogno.

Il resto non era assolutamente importante.

 

 

 

FINE DECIMA PARTE