DISCLAMER: I personaggi sono di T. Inoue. Alcuni, invece, li ho inventati io, ma non temete: la differenza, balza immediatamente agli occhi! -////-'

NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''

Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke.
Kyosuke: il capofamiglia, inventore.
Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice.
Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino)
Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^)
Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro e sogna di diventare miliardaria. (Ookami=lupo)
Kazuya: gemello di Kurumi, è appassionato di fotografia (Kojika=cerbiatto)
Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo)
Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala)
Karen: 'sorella' di Kyosuke

Kei: figlio di Karen, coetaneo di Kaede e Hanamichi (Itachi=donnola)


Altri personaggi:

Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi.
Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai (Shiro=bianco)
Arthur Kant: fratello minore di Michael, è un fotografo professionista.

 

Mayuka Odagi: amica del cuore di nonna Kikyo, era un'attrice porno

Reika: nipote di Mayuka, asso del pc e di tutto ciò che è tecnologico, coetanea di Kanata

Madoka: mamma di Reika, scrive romanzi yaoi. (Fukurou=gufo)

Masaki: fratello minore di Reika.

 

Ryosuke Dori: presidente effettivo della Dorian Production.

 

GRAZIE: a tutti per i commenti e alla mia super-maxi-mega beta Seika!

 

 


Strange Family IV

parte VIII

di Gojyina-chan

 

“Bravissima, cucciola!” esclamò il Tensai, mentre la piccola Kikyo trotterellava sulle gambe per raggiungerlo.

“Hn.”

“Ti ignoro, volpe. – sbottò il rosso, dedicando tutta la sua attenzione all'ultimogenita dei Rukawa – Per oggi può bastare. Vado un istante a portare il mio borsone a casa e poi scegli tu il dolce per stasera: te lo sei maritato!” sentenziò, accarezzandole la testolina scura.

“HN!”

“Continuo ad ignorarti, volpe.”

“Mamma stai qui!” s'imbronciò il koala, aggrappandosi ancora di più alla sua maglietta.

Quel giorno si erano visti pochissimo e gli era mancato.

E non solo a lei, visto il modo in cui Kaede aveva afferrato il braccio di un titubante rossino, per farlo sedere sulle sue ginocchia.

“Deduco che mi debba far perdonare.” buttò lì il Tensai, pur sapendo già la risposta.

“Hn.”

“Che volete per stasera? I 'Baci di dama'? Quei biscottini alle mandorle, tondi... Vi erano piaciuti, no? Ammesso che esistano dei dolci che non vi piacciono...” si disse accigliato.

 

“Tsk! Do'hao...”

“Mamma mio? La cosina latte dolce!” decise la bimba, sorridendo felice.

“Hn?!”

“Aspetta, volpe: stavolta è difficile anche per il Tensai! Latte dolce... Ma si mangia col cucchiaino?” indagò, cercando di capirla.

“Tì, cucchino! Con sopra zucchero che beve a cammello!”

“Che può essere? E che c'entra il cammello?!” si domandò Sakuragi meditabondo.

“Hn... è come un budino ma sopra c'è lo zucchero che bevi?” chiese la volpe alcuni istanti dopo.

“Tì ha due colori!” trillò il koala, battendo le manine.

 

“Crème Caramel, Do'hao.”

“Ah, è vero! Ha sopra il caramello! In effetti è zucchero liquido...” disse Hanamichi, scoppiando a ridere.

“Hn.”

“Certo che tra bimbi vi capite subito, eh?” lo prese in giro il rosso, sbadigliando sulla spalla della sua volpetta.

Invece che insultarlo, però, Kaede si limitò a rafforzare la stretta attorno alla sua vita.

“Mamma, ninna?” chiese Kikyo, stropicciandosi un occhio con la manina.

“Assolutamente no, cucciola! Adesso vado subito a prepararti il dolce! Altrimenti chi lo sente tuo fratello!”

“Tsk, Do'hao!”

“Ma piantala! – borbottò il rossino, che aveva una gran voglia di giocare con lui – Allora dai! Dimmi: sono più importante io o i dessert!” lo sfidò, guardandolo dritto negli occhi.

“...”

E CI STAI PURE PENSANDO?!” tuonò Hanamichi, oltraggiato.

“Do'hao! È ovvio che sei tu!” sbuffò la volpe.

“Perché sono l'unico che te li cucina.” disse con voce incolore.

“...”

“Lo sapevo!” sospirò, alzando gli occhi al cielo.

 

Serrando le belle labbra carnose per non scoppiare a ridere, Sakuragi andò in cucina fingendosi ancora offeso, seguito a ruota dalla sua volpetta.

Hikaru e Kanata avevano appena finito di preparare la cena e lasciarono campo libero al bel rossino.

 

“Nezumi, mi trovi la ricetta del Crème Caramel?” chiese al bimbo, mentre faceva sedere il koala sul seggiolone.

“Hn?”

“Oh no, volpe. Non starà in braccio a te, perché TU mi aiuterai a cucinare!” sentenziò con un sorriso diabolico stampato sulle labbra.

Vendetta, tremenda vendetta.

“Hn!”

“Niente obiezioni!”

“Do'hao!”

“Baka!”

“Te lo scordi!”

“Niente panna!”

“Che devo fare?”

 

Kaede si alzò di scatto e si avvicinò al frigo.

“Prendi latte, uova, zucchero e vaniglia. – disse il suo mefistofelico ragazzo, che stava intanto prendendo pentole e ciotole – Nezumi?”

 

“Mmm... Fai bollire il latte con la vaniglia, lascialo riposare mezz'ora e poi... fallo raffreddare... – cominciò a leggere il bimbo – Il caramello si fa con zucchero, acqua e qualche goccia di limone. Appena ha un bel colore dorato lo devi togliere dal fuoco. Ah, serve una forma da savarin, quelle lì col buco centrale. È lì che va versato il caramello.”

“Da due litri va bene?” chiese il rossino, rovistando in un'anta.

“Perfetto.” replicò il piccolo, continuando a leggere la ricetta.

 

Quando il latte si fu raffreddato, il rossino cominciò a mescolare uova e zucchero, aggiungendo il latte in modo da amalgamare il tutto sotto lo sguardo estatico dei tre fratelli Rukawa, ipnotizzati dal profumo di vaniglia che aveva invaso la cucina.

 

Versato l'impasto nelle forme, il rossino accese il forno a centottanta gradi, fermandosi di colpo subito dopo.

Posò la testa contro uno sportello, restando con gli occhi chiusi e aspettando che la testa smettesse di girare.

“Ehi?” lo chiamò la volpe, andandogli vicino.

“Devo essermi rialzato troppo velocemente.” sussurrò il ragazzo, sentendolo accarezzargli la testa rossa.

 

Senza dire nulla Kanata riempì a metà, con acqua bollente, la teglia che Sakuragi aveva posato sul tavolo mezz'ora prima.

“Hn?”

“Va' cotta a bagnomaria.” spiegò il bimbo, adagiando delicatamente le forme nella teglia.

“Hn.”

Kaede infornò tutto e tornò ad occuparsi del suo Do'hao.

“Sto bene adesso. Grazie piccolo!” sorrise il rossino, scompigliando i capelli del topino.

“Posso fare da solo! Trentacinque minuti: poi spengo il forno, lascio raffreddare e metto tutto frigo!” disse Kanata, terminando di leggere.

“Non c'è problema, ci penso io. Adesso sto bene!” ripeté Sakuragi, costretto comunque dalla volpe a sedersi sul divano.

“Do'hao!”

“Ma se non si cuoce bene...” provò a replicare il rossino.

“Basta usare un coltello, me lo hai insegnato tu! – gli rispose Kanata – Affondi e se la lama è pulita allora vuol dire che è cotto!”

 

Con un sospirò sconfitto, il Tensai capitolò.

La volpe tornò in cucina a recuperare la sorella minore e poi prese posto accanto al suo ragazzo, ricominciando ad accarezzargli la testa.

Sembrava che così si rilassasse di più.

 

“Mmm... ma allora ci tieni a me!” lo prese in giro Hanamichi, arrossendo per quelle attenzioni.

“Do'hao!”

“Nonostante non sia glassato, intendo...” sogghignò, posando la testa sulla sua spalla.

“Do'ha... Hn?!”

 

“Che c'è?! – gli chiese il rossino, voltandosi a guardarlo – Ma... Ma...! Hentai!” sibilò scarlatto alla vista dello sguardo malizioso di quella volpe depravata.

 

“Colpa tua.” mugugnò Rukawa, senza battere ciglio.

“Come al solito!” sospirò Sakuragi, chiudendo gli occhi di nuovo.

“Tutto bene mamma?” gli chiese il koala, accarezzandogli una guancia.

“Benissimo, piccola!” le rispose prontamente il ragazzo, prendendosela in grembo.

“Hn...”

“Kitsune, la panna montata sul Crème Caramel te la sei proprio meritata!” annunciò con un sorriso.

Scodinzolando felice, la volpetta lo strinse maggiormente a sé, assopendosi qualche istante dopo, seguito a ruota dal rossino e dalla bambina.

 

 

 

 

 

“Hisa? Tutto ok? Hai trovato i semi?” gli chiese Akira, spegnendo lo stereo.

“Mmm? Semi? Ah, no, no! Non c'erano...” sussurrò Mitsui, una volta tornato a casa.

“Ehi?”

Il porcospino lo abbraccio da dietro, baciandogli una guancia.

“Sono solo stanco. Ho girato per il centro senza... senza trovare nulla.” borbottò la guardia, donandogli un pallido sorriso, per poi andare a cambiarsi per la cena.

 

 

 

 

 

“Ma che carini, ma che bellini!” trillò Katy, scattando qualche foto a quel curioso terzetto ammassato sul divano.

“Hn...? Hn... HN?!” Kaede mugugnò infastidito dal flash e i suoi movimenti svegliarono il rossino, che si guardò attorno spaesato, con gli occhietti ancora socchiusi.

Aveva un'espressione così buffa che la volpe provò il desiderio di baciargli la boccuccia gonfia.

Ma certamente il suo Do'hao lo avrebbe preso a testate, perciò decise di allontanarlo da sé con l'unica scusa plausibile.

 

“Fame.”

“Kitsune: sei contagioso!” replicò il Tensai, posando la piccola Kikyo tra le braccia della mamma, per poter andare in cucina e apparecchiare.

“Hn?”

“Non ho mai dormito così tanto da quando sto con te!” continuò Hanamichi, sconcertato.

 

Appena arrivarono anche Kei e i gemelli, la famiglia cenò tempestando di domande il neo modello dalla nuova acconciatura.

Michael era rimasto sbigottito dal cambiamento del proprio ragazzo: non gli era mai sembrato più bello e stava facendo una fatica erculea a trattenersi dal trascinarlo nella loro camera da letto.

 

“S-sì, è andato tutto bene. – spiegò loro il giovane – Arthur è stato gentilissimo e la presenza di Yayu mi ha tranquillizzato. Poi anche Ryo-san mi ha dato molti buoni consigli... Sono soddisfatto!” ammise Kei, imbarazzatissimo.

 

“Bene, bene! Sei sopravvissuto all'incontro con l'effettivo presidente della Dorian, complimenti!” trillò Kurumi, con gli occhioni a forma di yen.

“La vuoi smettere?! – sibilò il gemello – Però ha ragione: sei tra i pochi con cui ha parlato di sua spontanea volontà. Ho sentito dire che apre bocca solo se gli viene posta una domanda. Che tipo strano!”

 

“A me avevano detto che aveva un caratteraccio. Attaccabrighe e megalomane.” commentò Hikaru, stupita da quelle discrepanze.

 

“Lo si descrive come uno alla Hanamichi, invece è come Kaede!” tagliò corto Kurumi.

“Che vuol dire alla Hanamichi?” domandò il Tensai, accigliandosi.

“Do'hao!” sospirò la volpe, scuotendo il capo.

 

“Beh! Insomma... Stando a quel che dite... Non è che non conosciamo il soggetto!” borbottò Katy, indicando la volpe con la testa.

“Hn?”

 

“Ma è diverso da Kaede. – spiegò Kei, meditabondo – A lui sfuggono un paio di espressioni facciali, soprattutto ora che sta con Hana. Ma comunque nei suoi occhi si vede qualcosa: sfida, rabbia, noia... amore.” sussurrò a voce bassa per evitare di imbarazzare Sakuragi, che diventò comunque rosso come i suoi capelli.

 

“Gli occhi di quel tizio invece sono completamente vuoti. Secondo me ha una sindrome strana che lo priva dei sentimenti!” sentenziò Kurumi, versandosi dell'acqua nel bicchiere.

 

“La solita esagerata! È nato ricco, ha uno stuolo di lacchè che lo circondano, da quando fa il modello è pure famoso... magari è solo diffidente... o annoiato!” sbottò il gemello, guardandola storto.

“La sindrome sarebbe più fantasiosa!” sbadigliò la ragazza, dimostrando una volta di più la sua totale insensibilità.

“Ci rinuncio!” sospirò Kazuya, scuotendo mestamente il capo.

 

“Hn...”

“È vero che sei più espressivo. – gli disse Hanamichi – Sarà che sei una creatura semplice! Basket, fame, Do'hao, Hn. Questo è quello che sai dire. Sei monosillabico come un bambino piccolo.”

“Uguale-uguale bimba, mamma?” domandò Kikyo-chan, seduta sulle sue ginocchia.

“Esattamente! Vedi che tra bimbi ci si capisce al volo?” rise Sakuragi, guadagnandosi l'ennesimo “Do'hao!” della giornata.

 

Dopo cena, mentre il bonzo e la nonna facevano la loro battaglia serale, il piccolo koala ronfava e il resto della famiglia era impegnata nelle proprie follie giornaliere, la furba volpe afferrò il suo impertinente rossino, dichiarando di avere sonno.

 

 

 

 

“Ru?! Ma che ti prende?” domandò Hanamichi, dopo essere stato praticamente trascinato in casa loro da una volpaccia malefica con le pupille dilatate.

“HN!”

 

Kaede gli sfilò la maglietta e lo gettò sul loro letto, sedendosi a cavalcioni su di lui.

 

“Hentai.” borbottò Sakuragi con voce atona.

“Tsk!”

Rukawa denudò velocemente entrambi, per poi tornare a sedersi sul suo compagno, baciandolo con passione e accarezzandolo dove e come sapeva piacergli di più.

 

“R-Ru!” esclamò il Tensai, impreparato a tutta quella foga.

La bocca volpina leccò e succhiò più porzioni di pelle possibile, dichiarandosi soddisfatta solo quando i gemiti del rosso si tramutarono in vere e proprie grida di piacere.

 

Steso sul letto con gli occhi chiusi, il rossino cercò di riprendere fiato.

La testa gli girava e sentiva un caldo insopportabile.

Sobbalzò violentemente quando sentì qualcosa di strano sfiorarlo sul basso ventre.

Arrossì, come mai prima d'allora, quando vide le mani di Kaede arrotolare una collana di perle attorno al suo sesso gonfio.

“Oh, Kami! Lo hai fatto davvero!” sospirò Sakuragi, indeciso se scoppiare a ridere o morire di vergogna.

 

Avvolto tutto il filo di perle, Kaede lo utilizzò per masturbare con vigore il suo bel compagno, godendo dei suoi gemiti di puro piacere.

Nonostante fu ricompensato dal getto di seme, che andò ad imbrattare sia le sue dita che le sfere chiare, non si sentì soddisfatto.

Voleva dargli molto di più.

Con questo obiettivo in mente, allargò lo spazio tra le sue natiche sode e inserì con delicatezza alcune perle dentro il suo Do'hao.

“Stringi come fai con me.” sussurrò sul suo orecchio.

Ubbidiente, il rosso lo accontentò.

Alla vista de suoi muscoli che si contraevano, anche Kaede cominciò a gemere, affascinato da quello spettacolo.

 

Senza proferir parola, sfilò una perla alla volta dal suo corpo ambrato.

Quando l'ultima sfera uscì, il rosso fu travolto da un orgasmo violentissimo che stupì entrambi.

Geloso come non mai, Rukawa lo penetrò con una spinta decisa iniziando a muoversi subito.

Solo lui doveva dare un simile piacere al suo Do'hao!

 

Hanamichi accolse le sue spinte con gioia immensa, smanioso di avere di più.

Ardeva di un fuoco difficile da estinguere, che minacciava di arderlo vivo.

Gli afferrò con forza i capelli neri e le natiche, spingendolo verso di sé, arrivando a far quasi male alla volpe che aumentò le spinte.

Il letto cigolò pericolosamente, ma resse al peso della loro passione.

Vennero furiosamente e si accasciarono l'uno sull'altro.

Passata la tempesta, per lungo tempo nella stanza si udirono solo i loro respiri.

 

Poi Kaede si spostò, stendendosi sul letto e trascinando il compagno su di lui.

Il rossino si accoccolò sul suo petto, mentre la collana ancora umida scivolava sul pavimento.

 

“Do'hao!” sbuffò la volpe con rassegnazione.

“C-cosa?!” balbettò Sakuragi, stupito per quell'insulto.

“Quante volte te lo devo dire di stare attento a quel che bevi?” lo rimproverò la volpe.

“Eh?!”

“L'Ini-biny, Dohao! Kurumi deve avertene dato ancora!”

 

“Ma che cavolo dici?!” sbottò il rossino, quasi oltraggiato.

“Hn?! Tu davvero non...?” gli domandò Kaede, sinceramente stupito.

 

“Da tua sorella ci sto alla larga da quando ha... – Hanamichi s'interruppe, sollevando il viso per guardarlo negli occhi – Ma p-perché? Sono stato eccessivo?” domandò arrossendo miseramente.

“Tsk! Dohao! – sorrise Kaede sulle sue labbra – Mi piace quando sei 'eccessivo'!” gli confidò, ridendo del suo imbarazzo.

“Baka Kitsune!” s'imbronciò Sakuragi, nascondendo definitivamente il viso bordeaux sul suo petto candido.

 

 

 

 

Kei ebbe appena il tempo di aprire la porta della Baita che si ritrovò schiacciato contro la parete del soggiorno, da un eccitato Michael.

Forse complici la giornata ricca di nuove esperienze e il taglio di capelli, il ragazzo si sentiva animato da una forte eccitazione, che lo spinse ad accogliere con particolare gioia l'assalto passionale di Kant.

 

Lasciando una scia disordinata di vestiti, i due entrarono in camera completamente nudi.

Giunti ai piedi del letto, Kei si separò dal suo amante con un sorrisetto malizioso sulle labbra: desiderava ampliare le sue conoscenze e quella gli sembrava decisamente la serata adatta.

 

Posò le mani sui suoi fianchi e si inginocchiò ai piedi di Michael.

Con le labbra socchiuse sfiorò la punta del suo pene che reagì prontamente a quel tocco.

Spinto dalla curiosità passò la lingua sull'asta di quel grosso sesso, che tanto piacere gli aveva sempre dato.

Aiutandosi con le mani accarezzò più pelle possibile, compresi radice e testicoli, spronato anche dai gemiti sommessi del suo amante e dall'audacia che stava provando.

 

Non aveva mai fatto sesso orale con Michael e desiderava dargli tutto il piacere possibile.

 

Animato da quella consapevolezza, prese a succhiare con vigore quel sesso granitico, stupendosi dell'immensa soddisfazione che questo gli provocava.

 

Le mani di Kant affondate tra i suoi capelli scuri si bloccarono alcuni minuti dopo.

“Piccolo, voglio venire dentro di te.” spiegò l'ex allenatore, costringendolo a sollevare la testa per allontanarsi.

 

Kei regalò alla punta del pene un'ultima carezza del suo labbro inferiore, per poi affondare lo sguardo lucido negli occhi di brace del suo amante.

 

Michael lo fece alzare, rimanendo alcuni istanti immobile per ammirare il suo viso arrossato, gli occhi e la bocca lucidi e i capelli scarmigliati, provando una feroce fitta di amore misto a desiderio.

 

Lo sollevò di peso e lo stese sul letto, seguendolo a sua volta.

 

Lo baciò selvaggiamente, mentre la sua mano destra preparava il corpo del ragazzo ad accogliere quel sesso che aveva a lungo torturato.

 

Quando i gemiti di Kei divennero veri e propri lamenti, l'ex allenatore si decise a penetrarlo con una spinta profonda, che costrinse il giovane ad inarcarsi violentemente.

 

Persi in quel mondo di puro piacere cominciarono a muoversi all'unisono, raggiungendo ben presto l'orgasmo.

 

“Wow!” commentò Kant, stendendosi sul letto e facendo posare la testa del ragazzo sul suo petto.

Kei si limitò a ridere sommessamente.

“Ti amo.” sorrise Michael, baciandogli la fronte sudata.

“Ti amo anch'io.” rispose a sua volta il ragazzo, abbracciandolo a sua volta.

 

Negli ultimi tempi, fatta eccezione per la settimana al mare, non si vedevano molto spesso: Kei di giorno aveva l'università, mentre Kant lavorava al pc quasi sempre di notte, essendo in contatto con i suoi assistiti europei.

Fuso orario e lavoro lasciavano alla coppia non più di due o tre ore al giorno per stare insieme; tuttavia Kei sentiva anche nel sonno il corpo del suo compagno che lo stringeva a sé e questo lo faceva sentire dannatamente bene.

Proprio come in quel momento.

Si addormentò, cullato dal profumo del loro amore e dal calore del suo amante.

 

 

 

 

 

Kaede si svegliò alcune ore dopo al suono di uno strano lamento.

Uscendo faticosamente dalle maglie del sonno, si rese conto che il suo cuscino umano si alzava e abbassava a velocità sostenuta.

Accese subito la luce sul comodino e guardò il suo Do'hao.

Il volto sofferente di Hanamichi era arrossato e madido di sudore.

I suoi lamenti convinsero la volpe ad afferrare il cordless e a telefonare all'unica persona in grado di aiutarlo.

 

Digitò il numero interno della camera della nonna e attese che lei rispondesse.

 

“Nonna? Scusa per l'ora. – mugugnò, scendendo dal letto – Hana non sta bene. Si lamenta e... – Kaede si fermò un istante, quando si accorse che qualcuno bussava alla porta con insistenza – Dicevo, Hana è...” proseguì, mentre apriva.

 

“Spostati! Il mio Culetto d'oro sta male!” tuonò l'anziana, entrando in casa con la grazia di un uragano.

Rukawa rimase alcuni istanti in piedi in silenzio.

Guardò il telefono che aveva ancora in mano, poi la porta e infine la nonna al capezzale del Do'hao.

Con un profondo sospiro, decise di non fare domande e ritornò in camera da letto.

 

“Scotta come l'Inferno. – borbottò l'anziana, misurando la febbre del ragazzo – Accidenti! È altissima.”

“Oggi era molto stanco.” ammise la volpe, sedendosi sul letto per accarezzare una guancia del suo Do'hao.

 

“Proviamo con antibiotici e impacchi di acqua e ghiaccio, ma ti avverto: se non si abbassa entro domani, dobbiamo ricoverarlo.” disse la nonna, guardando il nipote dritto negli occhi per fargli capire la gravità della situazione.

 

“H-Hn.” annuì Kaede, irrigidendosi all'istante.

 

Il suo Hana in ospedale.

No, non poteva accettarlo.

 

“Vado a prendere una bacinella e qualche pezzo di stoffa.” borbottò Kikyo-san uscendo dalla stanza.

 

Hanamichi socchiuse gli occhi, cercando Kaede con lo sguardo.

Voleva rassicurarlo, non voleva che si preoccupasse.

Lui era il Tensai, guariva in fretta.

 

Ma la volpe gli sorrise passandogli il pollice su un sopracciglio scuro.

“Va tutto bene, ora riposati.” sussurrò la volpe.

 

Sakuragi annuì e si addormentò profondamente.

 

 

“Tutto bene?” domandò la nonna, entrando in camera con una bacinella colma di acqua e ghiaccio.

“Dorme.” borbottò Rukawa, posando il contenitore sul suo comodino.

“Meglio così. Passagli una pezza sul viso e sul resto del corpo e non farti venire buone idee! –scherzò l'anziana, cercando di tirargli un po' su il morale – Domattina torno a controllare come sta. Per adesso non c'è nulla che possa fare.” borbottò poi, andando verso la porta.

 

“Hn. Nonna? Grazie.” mugugnò la volpe, accompagnandola fuori.

“Culetto d'oro è il mio preferito, lo sai!” trillò l'ottuagenaria, facendogli l'occhiolino.

 

Rimasto solo, Kaede ritornò dal suo ragazzo e si stese sul letto, adagiando il corpo del rossino su di sé.

Prese una pezza dal catino e la strizzò forte, per poi passarla sulla sua fronte ambrata.

Poche ore prima stavano facendo l'amore e adesso Hanamichi rischiava un ricovero in ospedale.

Non poteva ancora crederci.

 

“Guarisci in fretta, Do'hao! Come faccio a stare senza di te?” si chiese, cercando di non lasciarsi sopraffare dall'ansia.

 

 

 

 

 

“Hanamichi rischia il ricovero?!” sbottò Akira il mattino seguente, appena avuta la notizia da Katy.

“Sì, purtroppo. Stanotte Kae ha chiamato la nonna. Hana aveva più di quarantadue di febbre, ma stamattina è scesa per fortuna, perciò Kikyo-san ha detto che non è necessario l'ospedale. Però sta ancora molto male.”

 

“Per la miseria! In effetti ieri era un po' pallido...” borbottò il porcospino, adagiato sullo stipite della porta dell'ingresso.

 

Stava aspettando Hisashi per andare a fare un giro in centro, quando aveva visto la nonna correre nell'appartamento sul garage ed era andato a chiedere spiegazioni.

 

“Più tardi passo anch'io a vedere come sta. Sarà sicuramente una brutta infreddatura: guarirà in un batter d'occhio!” sentenziò l'artista, certa che il suo modello si sarebbe ristabilito velocemente.

 

“Ne sono sicuro. Vado a dirlo a Mitsui, a dopo.” la salutò il ragazzo, entrando nella dependance accolto dal rumore ovattato della doccia.

 

Entrando in camera si accomodò sulla sedia accanto al tavolo, con lo sguardo perso fuori dalla finestra.

 

Kaede doveva aver passato una notte infernale con la paura di vedere Hanamichi in ospedale.

Doveva assolutamente andare da lui, si disse alzandosi velocemente.

 

Quel movimento brusco fece dondolare i jeans di Hisashi, appoggiati sullo schienale della sedia.

Akira si voltò lentamente al suono di qualcosa che cadeva in terra.

Guardò il pavimento e il suo mondo andò in pezzi.

 

 

Uscito dalla doccia con solo un asciugamano intorno alla vita, Mitsui varcò la soglia della camera da letto, alla ricerca di un paio di boxer.

Non fece nemmeno due passi che si sentì sbattere contro il muro più vicino dal suo inferocito ragazzo.

 

“Fammi vedere i tuoi occhi!” ringhiò Akira, afferrandogli il viso con le mani.

“Ma che fai?!” sbottò Hisashi, sconcertato da quell'aggressione.

 

“Che cazzo fai tu, brutto deficiente! Hai ricominciato, vero?” lo accusò, mostrandogli la bustina trasparente piena di anfetamine, caduta dalla tasta dei suoi pantaloni.

 

Hisashi sobbalzò violentemente.

Si era scordato di buttarle, dannazione!

 

“Sto aspettando una risposta!” sibilò il porcospino, buttando sul letto quella robaccia per potergli tenere meglio ferma la testa.

 

“I-Io... no, non le ho prese.” sussurrò Mitsui, tentando di trattenere il dolore al ricordo degli insulti del genitore.

 

“Allora perché le hai comprate di nuovo?!” gli chiese Akira, con una punta di disperazione nella voce.

 

“Q-Quando sono andato in centro per i semi... uscito dal negozio... ho incontrato mio padre... lui mi ha detto che... allora dopo... non so nemmeno io il perché ma... sono passato per il parco e... e le ho comprate!” balbettò Hisashi, detestandosi per le stupide lacrime che sentiva scendere lungo le sue guance.

 

“Lo hai incontrato... immagino cosa possa averti detto... poi tu le hai comprate... ma non le hai prese... Tu non le hai prese!” ripeté il porcospino, il viso illuminato da un sorriso di pura gioia.

 

Era pulito.

Gli occhi di Mitsui erano limpidi.

Colmi di dolore e vergogna, certo, ma erano limpidi.

 

“Perché sorridi?!” gli chiese la guardia, sempre più confusa.

 

“Perché hai affrontato il tuo peggiore incubo ma non sei ricorso a quella merda. Adesso è veramente finita, capisci?” trillò Sendoh, abbracciandolo stretto.

 

“Non... non le ho prese... – si rese finalmente conto Mitsui – Nonostante le sue parole... io non le ho prese!” esclamò stupito.

 

“Esatto! Vieni con me. Andiamo a buttare 'sto schifo una volta per tutte!” sentenziò il porcospino, afferrando la bustina di anfetamine per poi andare in bagno, dove Mitsui gettò le pillole nel gabinetto.

 

Guardandole sparire nel piccolo vortice dello sciacquone, il ragazzo si rese conto di essere finalmente libero.

 

Nemmeno il veleno sputato da suo padre lo aveva spinto a commettere un'altra volta quell'errore.

 

“Sono fiero di te!” esclamò Sendoh, trascinandolo a letto.

Voleva passare quella mattina tenendolo tra le braccia e facendogli sentire fisicamente che non era solo e che non lo sarebbe mai più stato.

 

“Aki...” sospirò la guardia, nascondendo il viso imbarazzato sul suo petto.

“Va tutto bene, tesoro. Adesso va davvero tutto bene!” gli sorrise il porcospino, baciandolo a fior di labbra.

 

 

 

 

Ryosuke arrivò in ufficio molto presto, dopo aver passato una notte insonne a causa dell'episodio delle foto.

Nonostante avesse pensato e ripensato all'accaduto, ancora non era riuscito a trovare una risposta al quesito che lo assillava da ore: cosa aveva provato nell'essere contraddetto?

 

Fastidio, senza dubbio, ovviamente sorpresa, ma anche un qualcosa di indefinito che gli aveva tolto il sonno.

 

Finalmente aveva incontrato qualcuno che parlava chiaro e in faccia, che non gli leccava i piedi per poi spettegolare alle sue spalle appena svoltato l'angolo.

 

Come avesse fatto a non accorgersi che le ultime due campagne pubblicitarie erano in bianco e nero, ancora non se lo spiegava.

 

Troppo lavoro, probabilmente.

L'azienda di famiglia, gli impegni come modello, l'università da privatista, erano tutte attività che lo assorbivano completamente e che richiedevano una concentrazione sempre maggiore.

 

“Tutto bene, capo?” lo salutò Lamia entrando nell'ufficio, sorpresa nel vederlo lì a quell'ora.

“Lascio il lavoro di modello.” annunciò il ragazzo, guardando fuori dalla finestra.

 

“Capisco. Fai bene, non ti è mai piaciuto granché!” commentò la donna, posando sul tavolo i bozzetti delle scenografie del loro nuovo serial televisivo.

 

Ryo la osservò uscire dalla stanza senza aggiungere altro.

 

Lamia era l'unica di cui si fidava. Era sincera e leale e riusciva a dispensare sempre ottimi consigli con un garbo decisamente raro.

 

Quel fotografo invece aveva dei modi davvero rozzi.

 

“Arthur è davvero bravo, non trovi anche tu?” chiese la donna, ritornata con due tazze di caffè fumanti.

 

“...”

“Dovremmo tenercelo stretto!” continuò imperterrita, guardandolo di sottecchi.

“...”

“Magari, un giorno, potrebbe prendere il mio posto di 'grillo parlante', che ne pensi?” scherzò, sorseggiando la propria bevanda.

 

“E tu dove vorresti andare?” la provocò il ragazzo, limitandosi a sollevare un sopracciglio, l'unica espressione facciale che raramente concedeva.

“In pensione?”

“Tsk!” sbottò Ryo, ben sapendo che quella donna amava il suo lavoro quanto lui.

 

“Comunque le sue foto hanno carattere e anche il suo assistente andrebbe tenuto d'occhio, ha talento. Tra qualche anno diventerà un fotografo davvero interessante!” profetizzò con una certa sicurezza, ricordando il lavoro svolto da Kazuya.

 

“Probabile.” ammise il giovane presidente, osservando i disegni fatti da Katy.

“Anche Kei se l'è cavata bene, no?”

“Abbastanza.” concesse Ryosuke, senza staccare gli occhi dai bozzetti.

“Gli hai parlato.” ricordò Lamia, sorridendogli apertamente.

“Già.” ammise ancora il giovane, guadagnandosi un altro sguardo affettuoso.

 

C'era qualcosa in quel ragazzo che la commuoveva, pensò la donna, osservandolo meglio.

Era sempre stato solo, con responsabilità sempre maggiori che aveva affrontato senza tirarsi mai indietro, nonostante la giovane età.

 

In cuor suo sperava che potesse almeno fare amicizia con i nuovi arrivati.

La famiglia Rukawa era composta da parecchi coetanei di Ryosuke, che collaboravano con loro.

… E poi c'era il nuovo fotografo che, con poche parole, era riuscito a far balenare un lampo di emozione in quegli occhi viola, solitamente annoiati o inespressivi.

 

“Andiamo a controllare i set.” disse il presidente, interrompendo il flusso dei pensieri della donna.

“Ok, capo.” rispose lei, seguendolo senza esitare.

 

 

 

 

Appena entrato in cucina, Kei capì che c'era qualcosa che non andava.

La nonna e il bonzo stavano giocando a scacchi, con delle facce che definirle depresse era poco; seduta sul seggiolone, la piccola Kikyo abbracciava 'Mamma mio due' con un musetto tristissimo, mentre Hikaru, che stava preparando la colazione aiutata dai gemelli, provava a farla sorridere in tutti i modi possibili.

 

“Che è successo?” chiese il ragazzo, guardandosi attorno alquanto perplesso.

“Hana ha la febbre, perciò...” sussurrò Kazuya, indicando con la testa le due omonime e il monaco privato del suo demone.

 

“Accidenti!” commentò il ragazzo, sedendosi a tavola.

Kanata doveva essersi rintanato nel ripostiglio a leggere, si disse, non trovandolo accanto al cuoco con un librone di ricette in mano.

 

Era incredibile il modo in cui Hanamichi sapeva influenzare tutta la famiglia.

Persino lui cominciava a sentirsi un po' giù di morale senza l'allegria mattutina del rosso.

 

“Ciao a tutti!” trillò il porcospino, tentando di tirare su il morale al parentado.

Ottenendo risposta solo dai gemelli e da Hikaru, si accomodò mesto al proprio posto, seguito a breve dal suo compagno.

 

Kei si grattò il naso e tentò finalmente di parlare al cugino della questione basket.

“Akira, volevo dirti...” esordì titubante.

 

“No problem! – lo rassicurò Sendoh – Hai fatto benissimo ad annullare l'iscrizione al club. Ho insistito tanto perché volevo che fossi in compagnia, ma se preferisci lavorare va benissimo. Alla Dorian sei circondato da coetanei e parenti!” gli sorrise, scompigliandogli affettuosamente i capelli.

 

Annuendo imbarazzato, il giovane Rukawa si sentì decisamente più sollevato.

“A proposito! Qualcuno ha telefonato per avvertirli di Hana? Forse oggi aveva delle pose.” azzardò Kei, rivolgendosi al cugino più piccolo.

 

“Domani pomeriggio, se non ricordo male, aveva un servizio fotografico. Telefono subito a Lamia-san!” disse Kazuya, recandosi in soggiorno in tutta fretta.

 

“Vado un attimo a portare a Kaede qualcosa da mangiare, torno subito.” disse Hikaru, mettendo alcune vivande appena cucinate in una busta di stoffa.

 

“Da mamma mio!” esclamò Kikyo-chan, tendendo le manine verso di lei.

“Piccola, non si può! Hana ha la febbre, ma appena gli passa corre da te, promesso!” le sorrise la rossina, uscendo in tutta fretta.

“Uffa, però!” s'imbronciò la bambina, stringendosi con più forza alla sua scimmietta di peluche.

 

 

 

 

Naoto si guardò attorno con circospezione.

Era molto probabile che, grazie alla sua potentissima aura spiritica, fosse lui la causa del malore del demone rosso, però, temendo il linciaggio, aveva preferito tacere e ammazzare la noia con gli scacchi.

“Gioca e non rompere: scimunito! – gli intimò la nonnina-hentai, brandendo il suo bastone a mo' di clava sotto il naso del vecchio – Culetto d'oro ha solo un po' di febbre, tutto qui. Fardello Inguainato mi ha detto di farlo stare a riposo e di tenerlo al caldo. Si rimetterà prestissimo!”

 

“Chi?!” domandò Kei, guardando sua nonna con due occhioni enormi.

“Martello Scheggiato. È il medico di famiglia. Lo ha chiamato qualche ora fa.”gli spiegò Akira.

“Che razza di nome è?!” sbottò il cugino, sempre più allibito.

“Beh, è indiano.” disse il porcospino.

“Ma è comunque un nome assurdo!” borbottò il giovane Rukawa, trovando un sostegno in Mitsui, che annuiva comprensivo.

“E non gli hai visto le margherite bicolore!” borbottò la guardia, ripensando alla capigliatura dell'uomo.

 

 

 

“Buongiorno. – sospirò Katy, facendo la sua comparsa alcuni minuti dopo il ritorno di Hikaru, con una faccia che faceva concorrenza a quella della figlia minore – Come sta Hana?” si informò subito.

 

“Ha ancora la febbre molto alta, ma adesso riesce a dormire con più tranquillità. È di tempra forte! Vedrete che tra qualche giorno sarà completamente guarito!” li rassicurò la rossina, sorridendo alla piccola sul seggiolone.

 

“Me lo auguro! Senza Hana-pucci non ho più ispirazione!” sospirò la pittrice, accasciandosi su una sedia.

“E io non ho più la visuale del suo sederino!” le fece eco la nonna.

“Io non ho più mamma mio!” rincarò la sua piccola omonima, che per la tristezza non aveva toccato cibo.

 

“Suvvia! Se Hana scopre che siete conciate così a causa sua, lo farete sentire in colpa! Su col morale!” esclamò Akira, dispensando il suo sorriso a sessantaquattro denti, che utilizzava solo in casi estremi, non ottenendo però nessun risultato.

 

“Così sei inquietante.” lo informò Mitsui, distogliendo lo sguardo.

“Cattivo! Cattivissimo!” s'imbronciò immediatamente il povero porcospino, riuscendo così a fare ridere tutti.

“Visto?” lo provocò Hisashi, sogghignando soddisfatto.

“Si divertono sempre a mie spese.” si rese conto Sendoh, indeciso se sentirsi offeso oppure no.

 

 

 

 

Rukawa accarezzò il viso arrossato del suo Do'hao.

Anche se la nonna gli aveva assicurato che il pericolo di un ricovero in ospedale era scampato, Sakuragi stava ancora malissimo e lui non lo sopportava.

 

Voleva sentirsi dare della Baka Kitsune dalla sua voce infastidita, o sentirsi dare dell'hentai, vedere il suo sorriso e sentire la sua risata.

 

Gli mancava da morire.

Era in astinenza da Hanamichi da quasi otto ore e già stava male.

Il rossino si umettò le labbra, ricominciando ad agitarsi nel sonno. Prontamente, la volpe gli sollevò la testa, gli fece bere un bicchiere d'acqua e lo riadagiò sul cuscino, rimboccandogli le coperte.

 

Sakuragi si mosse piano, cercandolo la sua volpe e Kaede imprigionò la sua mano ambrata tra le sue.

“Ru... Stammi lontano o ti ammalerai...” riuscì a sussurrare a fatica il suo ragazzo, socchiudendo gli occhi arrossati.

“Do'hao...” borbottò Rukawa, accarezzandogli la testa rossa.

Invece che preoccuparsi per se stesso, quello scemo pensava a lui.

 

“Ma...”

“Dormi.” gli disse la volpe, posandogli una pezza umida sulla fronte.

 

Hanamichi avrebbe voluto ribattere, ma la febbre ebbe la meglio e si riaddormentò senza aggiungere altro.

 

 

 

 

Il pomeriggio seguente Kei si presentò alla Dorian.

Essendo saltato il servizio di Hanamichi, lo staff lo aveva convocato per utilizzare quel set già pronto per realizzare il suo book fotografico, così da evitare inutili sprechi di tempo e denaro.

 

“Faremo una serie di pose su sfondo neutro con cinque cambi. Perciò sarà più lungo e complesso rispetto all'altro giorno.” gli spiegò Arthur cercando di metterlo a suo agio, mentre lo accompagnava in sala trucco.

 

“Anche le sedute di trucco e parrucco saranno cinque.” lo avvertì la Hair Stylist sorridendogli amichevolmente.

 

Kei arrossì appena, sentendosi un po' a disagio a causa di tutte le attenzioni che riceveva.

 

Alla Dorian erano davvero tutti gentilissimi.

Dal vecchietto che puliva fino al giovane presidente.

Fondamentalmente lì o lavoravano suoi parenti o professionisti pieni di attenzioni, rifletté il giovane Rukawa.

 

Questo gli permetteva di essere a suo agio anche se era un novellino.

 

 

 

 

Ryosuke e Lamia assistettero a tutto il servizio fotografico di Kei, scambiandosi qualche parola di tanto in tanto.

Era stato il presidente stesso a voler essere presente, per valutare i nuovi arrivati con maggiore attenzione.

 

Arthur non aveva fatto una piega al loro arrivo e si era messo subito all'opera insieme a Kazuya, per lo studio delle luci e degli oggetti di scena.

 

Doveva ammettere che i due cugini erano molto bravi e professionali, nonostante la giovane età.

Il suo nuovo assistente era parecchio sveglio, tanto che gli bastavano poche parole per farsi capire da lui, cosa che Arthur apprezzava tantissimo; mentre a Kei bastavano poche frasi ben precise per intuire cosa dovesse fare.

 

Il lavoro, così, stava proseguendo a gran velocità e con eccellenti risultati.

Alcune foto erano davvero strepitose, si rese conto Kant, durante un momento di pausa tra un cambio e l'altro.

 

Sorrise tra sé, sentendosi oggetto dello sguardo imperscrutabile del giovane presidente.

C'era qualcosa in quel ragazzo che lo irritava nel profondo.

Era troppo inespressivo, troppo 'vuoto', anche se quell'aggettivo non era corretto.

Aveva visto come si lavorava lì, l'attenzione che tutti mettevano nel coccolare i loro giovani pupilli e l'umanità con la quale venivano trattati i nuovi arrivati: questi erano input che partivano dall'alto.

Ryosuke era più sensibile di quanto desse a vedere e Arthur desiderava fotografarlo nel pieno della sua umanità.

Non sapeva il perché, ma quando aveva visto le uniche foto che gli aveva fatto, nonostante fossero di ottima qualità e artisticamente interessanti, non ne era stato soddisfatto.

 

Non avevano nulla di particolare: Ryo era perfetto e inespressivo come sempre.

In quel momento, Arthur aveva compreso che cosa era andato storto.

Lui voleva scattare 'la foto impossibile' e giurò a se stesso che ci sarebbe riuscito.

 

 

 

 

 

Kikyo-chan si guardò attorno profondamente infastidita.

Anche quel giorno si era svegliata senza il suo mamma e questo cominciava a stufarla.

'Mamma mio due' non le bastava più e lei si era stancata di dover aspettare.

Chi fosse questa Febbre, non lo aveva capito, ma nessuno l'avrebbe mai separata da Hanamichi.

 

Seduta per terra nel soggiorno si grattò il nasino decisa ad andare da lui.

Il suo cuginetto con i capelli azzurri e i suoi fratelli erano andati tutti a scuola e lei era rimasta lì, insieme alla nonna che battibeccava con quel vecchietto strano e con la sua mamma, che non riusciva a fare più disegni senza il rossino.

 

“Ma che bello! È arrivato il fattorino della cartoleria con le mie tele nuove!” trillò la pittrice, guardando fuori dalla finestra il camioncino bianco con il logo del negozio dipinto sulla fiancata.

“Ti aiutiamo noi a portarle in soffitta, cara. – le disse la nonnina – Andiamo scemo!” borbottò, uscendo di casa insieme alla nuora e al vecchio bonzo, lasciando la porta aperta.

 

“Cammino sola-sola e cerco mamma... – mormorò Kikyo-chan, gattonando fuori – Cammino sola-sola e trovo mamma... – disse poi, attraversando il piccolo giardino diretta verso il garage – Cammino sola-sola e in braccio mamma!” concluse sorridendo, mentre con le manine toccava il primo gradino della lunga scalinata che l'avrebbe condotta dal suo mamma.

 

Aggrottò le sopracciglia e, con uno sguardo determinato negli occhioni azzurri, cominciò ad arrampicarsi.

 

 

 

FINE OTTAVA PARTE