DISCLAMER: I personaggi sono di T. Inoue. Alcuni, invece, li ho inventati io, ma non temete: la differenza, balza immediatamente agli occhi! -////-'

NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''

Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke.
Kyosuke: il capofamiglia, inventore.
Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice.
Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino)
Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^)
Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro e sogna di diventare miliardaria. (Ookami=lupo)
Kazuya: gemello di Kurumi, è appassionato di fotografia (Kojika=cerbiatto)
Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo)
Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala)
Karen: 'sorella' di Kyosuke

Kei: figlio di Karen, coetaneo di Kaede e Hanamichi (Itachi=donnola)


Altri personaggi:

Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi.
Aron Tsume: ala grande, fidanzato di Shane (Hiyoko=pulcino)
Shane Sato: ala piccola/guardia (Kenaga=lunga coda)
Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai (Shiro=bianco)
Arthur Kant: fratello minore di Michael, è un fotografo professionista.

 

Mayuka Odagi: amica del cuore di nonna Kikyo, era un'attrice porno

Reika: nipote di Mayuka, asso del pc e di tutto ciò che è tecnologico, coetanea di Kanata

Madoka: mamma di Reika, scrive romanzi yaoi. (Fukurou=gufo)

Masaki: fratello minore di Reika.


 

 

 


 

 

Strange Family IV

 

Parte V

 

di Gojyina-chan

 

“F-fantasmi?!” balbettò Katy, sperando di aver capito male.

“Sì! Abbiamo la casa infestata! Rumori notturni, apparizioni, di tutto insomma! - disse l'anziana vicina, palesemente spaventata – Abbiamo anche chiamato un bonzo, ma non c'è stato niente da fare! L'ira degli spettri non si placa!”

 

Kikyo-san si avvicinò all'anziana, sorridendole amichevolmente.

“Vieni cara, parliamone in un posto più tranquillo!” le disse, prendendola sottobraccio e incamminandosi verso la casa della donna.

 

 

 

“Secondo me sono gli effetti collaterali del vivere troppo a lungo accanto a voi!” sussurrò Hanamichi, rivolgendosi alla volpe.

“Do'hao! Taci e sbrighiamoci a scaricare i bagagli.” mugugnò Kaede, desideroso di giocare a basket con lui.

“Siete contagiosi, te l'ho sempre detto!” borbottò il rossino, aspettando che sia Kyosuke che Michael parcheggiassero le auto.

 

Pochi minuti dopo, giunsero anche Hikaru e Kurumi, in compagnia dei rispettivi fidanzati.

“Karen e il preside arrivano subito a prendere i loro bagagli, così poi... Mamma, che sta succedendo?!” domandò la ragazza dai lunghi capelli neri, vedendo la vicina che tremava come una foglia, dicendo frasi sconnesse a sua nonna.

 

“Dice che ha i fantasmi in casa e vogliono andare via.” le spiegò la pittrice, con un'incurante alzata di spalle.

 

“Fantasmi?” trillò la ragazza, mentre il simbolo degli yen compariva nelle sue iridi azzurre.

Soldi.

“Kumy?” la chiamò Yohei.

Tanti soldi.

“Kurumi!” riprovò il ragazzo.

Un museo spettrale nella Kanagawa bene.

“KURUMI!” tuonò Mito, cercando di farla rinsavire.

Turisti da ogni parte del mondo che facevano la fila per...

“KURUMI!!!” tuonarono in coro il gemello, la rossina e il povero Yohei, ormai quasi afono.

“Che c'è?” sbuffò stizzita la giovane Rukawa.

“Sono le fantasie di una donna anziana. Smettila di speculare sulla paura di una povera vecchietta!” la sgridò Kazuya, trascinandola in casa aiutato da Hikaru.

“Mi tarpate le ali!” si lagnò la ragazza, per nulla pentita, convinta che il suo senso degli affari fosse la sua maggiore qualità.

 

 

“Siamo tornati a casa, eh?” commentò Michael, andando verso la Baita insieme al suo compagno.

“Tsk! Di che ti lamenti? Io sono l'unico sano di mente della famiglia! – gli fece notare Kei, guardandolo di sottecchi – Più tardi vorrei parlarti di una cosa...” sussurrò incerto, cambiando completamente argomento.

“Devo preoccuparmi?” gli chiese, posando le valigie all'ingresso.

“N-no, non credo. Volevo dirtelo durante la nostra vacanza ma... non ho mai trovato il momento giusto. Disfiamo i bagagli prima e poi te lo dico.” tagliò corto il giovane Rukawa, aprendo il proprio borsone, sotto lo sguardo attento di Kant.

 

 

 

 

“Ciao, siamo tornati!” trillò Hisashi, varcando la soglia della dependance.

“Chi cavolo stai salutando?!” gli chiese allibito Akira, guardandolo sparire nella loro camera da letto.

“Come chi? Happy!” scherzò la guardia, trattenendo una risata.

“Cattivo. Cattivissimo! Sempre più cattivo!” mugugnò il porcospino, geloso del loro vibratore.

Mitsui posò un borsone sul letto, aprendo la zip.

Mentre era piegato in avanti, pronto per svuotarlo, si sentì afferrare la vita da due grandi mani ben note.

Avvertendo il sesso gonfio del suo compagno strusciarsi contro le sue natiche, si voltò di tre quarti.

“Vuoi dirmi qualcosa?” rise, poco prima di essere sbattuto sul letto con Sendoh sdraiato sopra.

“Mi hai mandato in bianco per ben due sere di fila!”

“Ieri niente? Eppure avevamo fatto la pace.” gli disse la guardia, mentre veniva spogliato dei pantaloncini.

“Ti sei addormentato.” gli ricordò Akira, preparandolo con cura, nonostante stesse morendo dalla voglia di farlo suo.

“Allora sbrigati!” gli ordinò Hisashi, cingendogli la vita con le gambe.

Non era solo il porcospino ad avere fretta.

Penetrandolo con una spinta decisa, Sendoh rimase alcuni istanti immobile, beandosi di quel contatto.

Unendo le loro labbra in un bacio selvaggio, ricominciò a possederlo con foga, fino ad imbottirlo del suo sperma caldo.

Si disse soddisfatto solo quando le sue mani furono imbrattate dal seme del suo ragazzo, dopodiché gli si stese accanto, imprigionandolo in un abbraccio possessivo.

“Adesso non ti azzardare a fare un'altra battutaccia su Happy.” gli intimò imbronciatissimo.

“Altrimenti cosa fai?” lo provocò Hisashi, accarezzandogli una guancia sudata.

“Lo rifacciamo!” dichiarò il suo compagno, che cominciava seriamente a rimpiangere il loro vecchio appartamento sopra il garage.

Non per l'arredo, ma perché era insonorizzato.

“Mmm... Ripensandoci bene, Happy ha più resistenza di te!” lo provocò l'ex teppista, con una luce peccaminosa negli occhi.

“Pessima mossa, tesoro. Davvero pessima!” lo avvertì il porcospino, con un sorriso che non prometteva nulla di casto.

 

 

 

Messa a letto la piccola Kikyo, che si era addormentata durante il viaggio, Hanamichi riuscì finalmente a rientrare nel suo appartamento insieme alla volpe.

Sistemate le loro cose, si fiondarono nella loro palestra privata, giocando per ore.

Dopo un'ultima azione di gioco, Kaede scivolò in terra, addosso al suo Do'hao, baciandogli le labbra socchiuse.

Non resisteva al suo corpo sudato e ansante, che ci poteva fare?

“Kitsune?”

“Hn.”

“Devo andare a cucinare.”

“Ci pensano le ragazze.” mugugnò la volpe, continuando a palparlo.

“Il dolce.” si limitò a dire Sakuragi.

Un attimo dopo erano entrambi in piedi, con Rukawa che lo trascinava a fare la doccia borbottando le sue richieste per il dessert.

Una volta asciutti e puliti, si incamminarono lungo il vialetto, diretti nella casa padronale.

 

“Chissà se i due vecchietti sono andati davvero via...” si domandò Hanamichi.

 

I coniugi Yoshimoto erano stati per vent'anni gli unici veri vicini dei Rukawa.

Le altre villette erano molto più distanti da quella della famiglia di Kaede, invece la loro era dal lato del garage e della dependance.

Le due proprietà erano separate solo dal muro in mattoni che circondava la tenuta dei Rukawa.

Dall'altro lato invece c'era la casa della signora Odagi, che aveva acquistato l'abitazione da un paio di anni ed era considerata ormai una di famiglia.

 

Per la precisione, l'anziana coppia costituiva gli unici vicini che erano riusciti a vivere accanto a quegli psicopatici.

Solitamente la gente del quartiere resisteva una settimana e poi traslocava il più lontano possibile da lì, spesso cambiando addirittura città o isola.

Colpa della nonnina hentai e dei coniugi Rukawa, che inizialmente andavano a fare la spesa nel supermercato della zona generando il panico: chi tentava di rimorchiare, chi di parlare delle proprie invenzioni e chi alla ricerca di modelli.

Fu a causa loro che il supermercato inventò la possibilità della spesa portata a domicilio. Ovviamente il loro fattorino lasciava le buste vicino al cancello d'entrata, per poi citofonare e scappare via terrorizzato.

 

Qualcosa non quadrava però, pensò il rossino preoccupato.

Gli Yoshimoto, che erano sopravvissuti a due decenni accanto ai Rukawa senza battere ciglio, adesso invece scappano a gambe levate, visibilmente terrorizzati.

Dovevano aver visto qualcosa di più spaventoso delle follie di quella famiglia.

Hanamichi nascose un brivido di puro terrore, mentre la macchina dei due anziani partiva a tutto gas.

 

“Vanno a vivere in California dalla figlia!” sospirò Katy, commossa da quell'addio così inaspettato.

“Andiamo in casa, le preparerò il suo dolce preferito!” le sorrise il rossino, tirandola un po' su col morale.

“Do'hao! Lo dovevo scegliere io!” s'imbronciò la volpe, guardandolo torvo.

“Sei davvero una Kitsune infantile! – sibilò il ragazzo – Non capisci che... Mmm?”

Sakuragi interruppe il suo rimprovero, fermandosi nel bel mezzo del giardino.

La sua schiena era stata scossa da un brivido freddo.

Si sentiva osservato e aveva udito un sibilo irritante provenire da un punto imprecisato alle sue spalle.

 

“Tsk! Ti stai lasciando influenzare dalle loro boiate!” lo prese in giro la volpe, guadagnandosi l'astio del proprio compagno che lo raggiunse di corsa in casa, minacciando di prenderlo a testate.

 

 

 

 

Dietro una siepe, a pochi metri di distanza, un paio di occhi scrutarono con attenzione quel ragazzo dai capelli color del fuoco.

La strana creatura si esibì in un sorriso maligno.

“Sei tu. Finalmente ti ho trovato.” disse al vento, andando poi a celarsi nelle ombre del giardino.

 

 

 

 

“Non me l'aspettavo!” ammise l'inventore, ancora stupito da quanto accaduto.

“Erano i nostri unici vicini! Adesso siamo soli!” sospirò la pittrice, affogando il dolore nel tiramisù preparato dal suo modello preferito.

 

“Siamo in quindici in casa e poi c'è la signora Odagi.” le ricordò sua figlia, guardandola con un sopracciglio alzato.

“Intendevo parenti esclusi, lei è di famiglia!” borbottò la donna.

 

“Ad una certa età il cervello va in tilt! Magari con la figlia riacquisteranno un po' di sanità mentale!” si augurò Akira.

“Nemmeno la nonna è riuscita a farli rinsavire. Ma dov'è?!” domandò Kazuya, guardandosi attorno.

 

“Sarà da Mayuka-san. Ah, già! Dopo dobbiamo andare a salutare sua figlia. Si è appena trasferita da lei.” si ricordò Katy, pensando a quale quadro regalare alla donna come augurio di buona permanenza.

 

“La suocera!” esclamarono in coro Sendoh e Kazuya, facendo inviperire il povero topino che quasi soffocò con il dolce.

“Non è diverte, chiaro?” sibilò il bimbo, rosso come un pomodoro.

 

 

 

 

Kei aiutò Hanamichi a caricare la piccola lavastoviglie adibita a tazze, cucchiaini e bicchieri, dopodiché trasse un respiro profondo e trascinò il suo uomo fino alla fontana con la sirenetta, per potergli finalmente parlare.

 

“Vieni qui, piccolo!” gli disse Michael, facendolo sedere accanto a lui su una panchina.

“Il presidente della Dorian, la casa di produzione di Hana e Kikyo-chan, mi ha proposto di fare il modello per una nuova campagna pubblicitaria di un profumo.” gli disse il ragazzo, nascondendo il viso sul suo petto largo.

“E...?”

“E cosa?”

“Vuoi accettare?”

“Non amo molto le fotografie... però così avrei un lavoro. Sono stufo di farmi mantenere dalla mamma e poi, quando usciamo, sei sempre tu a pagare!”

“A me non importa, lo faccio con piacere!”

“Lo so, ma io lo trovo fastidioso!” mugugnò Kei, guardandolo in viso.

“Capisco, ma non devi sforzarti a fare qualcosa che non ti piace. Potresti trovare un altro lavoro part-time, per non perdere troppi corsi all'università.”

“Ma facendo quattro foto guadagnerei in un pomeriggio quello che mi darebbero in un mese come cameriere in un bar!”

 

“Ti fidi di quel tizio?”

“Beh, sì! Il presidente è un vecchio compagno di scuola dello zio, che è anche un azionista della società. Ecco perché non ha detto nulla quando Kikyo e Hana hanno cominciato a lavorare per la Dorian. E poi zio collabora spesso con loro nelle produzioni dei telefilm, per gli effetti speciali e gli aggeggi meccanici. Lo fa dall'inizio e conosce tutti. Lui mi ha detto che è un posto tranquillo, con gente per bene. Poi se mi trovo male ho la possibilità di recidere il contratto quando voglio.”

 

Preoccupato dal silenzio che seguì, il giovane Rukawa si preparò ad una lunga litigata.

“Sono contento che tu me ne abbia parlato. – lo spiazzò invece Kant, baciandogli la punta del naso – A me basta sapere che non lo fai controvoglia. L'unica cosa che ti chiedo è: niente nudi!” mugugnò, aumentando la stretta su di lui.

“Certo che no! Che vergogna!” arrossì il ragazzo.

“Adesso capisco come ha fatto Arty a trovare lavoro da loro. Mi sembrava strano che conoscesse un produttore di Kanagawa. Ha sempre vissuto in Europa.”

“Penso ci sia lo zampino della mamma.” ammise Kei, ormai rassegnato ad avere a che fare con parenti impiccioni e psicopatici.

 

“Ma perché eri così restio a parlarmene?” volle sapere l'uomo.

“Beh, ecco... perché io... non mi voglio iscrivere al club di basket dell'università. – gli rivelò tutto d'un fiato – Allo Shohoku mancava un giocatore e poi non avevo niente da fare, per questo ho accettato. Ma adesso vorrei fare qualcosa di diverso, perciò...”

“Noi due ci siamo conosciuti lì. Eri molto carino con la divisa rossa. – gli confidò Michael, riuscendo a farlo ridere – Immaginavo che avresti smesso di giocare; anche se sei davvero bravo, non te n'è mai importato granché di diventare professionista. Ma non ti avrei mai fatto pressioni per farti continuare, a me interessa solo la tua felicità.”

 

“Questo lo so, ma temevo di deluderti, smettendo di...”

“Ehi! Tu non mi hai mai deluso e mai lo farai! – lo interruppe, guardandolo negli occhi – Mai, chiaro? Sentiti libero di fare tutte le scelte che vuoi, a me basta esserti accanto.” gli disse con una tale dolcezza che Kei quasi si commosse.

Abbracciandolo con foga, ringraziò Kami per aver trovato una persona che lo amasse così tanto e che lo accettasse per quello che era, senza mai forzarlo nelle sue scelte.

 

“SEI MIO!” tuonò all'improvviso una voce femminile.

“ARGH!” gridò Kei saltando in braccio a Michael, guardandosi attorno terrorizzato.

Da dietro il bordo della fontana, spuntò la testa di sua cugina, che lo guardava come un'assatanata.

“Ma ti sei nascosta lì dentro?! Sei impazzita!” ringhiò il ragazzo, con il cuore ancora a mille.

“Ti farò da manager!” dichiarò lei, alzandosi finalmente in piedi.

“Ci hai spiato!” l'accusò il cugino, agitando minacciosamente un pugno.

“Ho sentito odore di sold... di persone bisognose del mio aiuto. – rettificò in corsa – Non temere! Penso a tutto io!” lo tranquillizzò Kurumi, sorridendo a trentadue denti.

“Così somiglia parecchio ad Akira.” notò Michael, mentre la guardava trotterellare in casa, lasciando una scia di acqua al suo passaggio.

Era stato fortunato, si disse Kant: stava insieme all'unico Rukawa senza strane fisse o manie particolari.

“Pazzi. Sono tutti pazzi!” stava intanto borbottando Kei, continuando a farsi abbracciare dal suo compagno.

 

 

 

Hanamichi sprofondò sul divano con il piccolo koala aggrappato alla maglietta.

“Hn?”

“Ho preparato un paio di teglie di biscotti al cioccolato, probabilmente la suocera sta per arrivare!” gli disse, facendo in modo che Kanata sentisse.

“EHI!” tuonò infatti il topino, uscendo da un armadio del soggiorno, brandendo la torcia a mo' di clava.

“Sei troppo suscettibile al riguardo. È sospetto.” gli fece notare il rossino, costringendolo alla ritirata.

 

“Mamma mio?”

“Dimmi piccola!”

“Fare cosa da signorina.”

“Adesso chiamiamo Hikki.” le disse Sakuragi, posandola sulle ginocchia di Kaede mentre andava a chiamare la sorella minore.

 

Rimasti soli, la volpe guardò la bambina limitandosi ad alzare un sopracciglio.

“Hn?”

“Fatto cacca, cambia pannino.” spiegò la bambina, puntando le manine verso Hikaru che stava entrando nella sala seguita dal rossino.

“Andiamo, cucciola!” le sorrise la ragazza, prendendola in braccio.

“Mamma spiega a lui, no ha capito niente!” sospirò la piccola scuotendo il capo all'indirizzo della volpe, con una faccia talmente rassegnata che Rukawa si ritrovò ad arrossire suo malgrado, come uno scemo.

 

“Adesso è grande abbastanza per capire che alcune cose si fanno tra donne, come il bagno o il cambio dei pannolini.” disse Hanamichi, mentre le due salivano le scale dirette in bagno.

Dopo un attimo di silenzio, Kaede gli saltò sulle ginocchia, mimando la posizione preferita del koala.

“In braccio Do'hao!” mugugnò con il viso nascosto sulla sua spalla ambrata, facendo il verso alla bambina.

Sakuragi scoppiò in una fragorosa risata, abbracciandolo stretto.

“A te il pannolino non lo cambio, però!” lo avvisò continuando a sorridere, accarezzandogli i capelli neri.

“Hn.”

Kaede sollevò un poco la testa, regalandogli un'infinità di baci delicati, a fior di labbra.

“Va bene. Smack. Ci metto la panna montata. Smack. Sono biscotti piccoli però. Smack. Ti vizio troppo. Smack.”

 

Sakuragi si rese conto una volta di più di aver creato un mostro.

Alla volpe adesso non bastavano i dessert normali, li volevi pure personalizzati.

Con la scusa di aiutarlo ad impastare e ad imburrare le teglie, ovviamente.

Anche se cominciava a credere che lo facesse per guardargli il sedere, mentre si abbassava a prendere qualcosa in frigo o ad infornare i dolci.

 

“Hn.”

“Va bene, ve bene! Andiamo a metterci la panna! – capitolò il Tensai, trascinando quella volpe psicotica fino in cucina – Ma i disegnini sopra non te li faccio!” precisò, incurante dell'occhiataccia di cui fu oggetto.

“HN!”

“Baka Kitsune!”

“Do'hao!”

 

Mentre il povero rossino, sotto le direttive di Kaede, era costretto a fare strani arzigogoli con la panna montata su alcuni biscotti al cioccolato, arrivarono le due nonnine in compagnia dei nuovi ospiti di Mayuka-san.

 

“Prego, accomodatevi! – trillò Katy, felicissima di avere degli ospiti in casa – Spero vi troviate bene a Kanagawa!”

“Sì, grazie. Ma la cosa che mi rende più felice è stare di nuovo con la piccola Reika. – le rispose Madoka, accettando volentieri la tazza di caffè che le porse l'artista – Tu devi essere Kanata, vero? Rei-chan mi ha parlato spesso di te!” disse poi, sorridendo al topino, a pochi passi da lei.

 

“Attento a ciò che dici. È la prima impressione quella che conta!” lo avvisò Akira, prendendo in giro il fratellino.

Smettila! – sibilò il bimbo, prima di fare un educato inchino alla donna – Sì, sono io. Lieto di conoscerla.”

“Ti prego di non ascoltare le cattiverie che mia figlia dice sui libri. Lo fa da anni per prendermi in giro e so che ha cominciato anche con te. L'odore dei libri è impagabile e lei lo sa bene. Ma le piace pungolare gli scrittori come noi!”

 

“Cosa scrivi?” domandò Karen, sedendosi accanto a lei.

“Romanzi yaoi. Il mio editore è lo stesso di Kikyo-san è grazie a lei se ho potuto trasferirmi qui. Ultimamente avevo perso la mia ispirazione, ma qui vedo che c'è parecchio materiale...” mormorò, osservando con attenzione tutte le coppie presenti in sala.

 

“Infinito, cara! Ma adesso assaggia i biscotti che ha fatto il nostro Hana-chan. Sai che è un cuoco eccellente? Te ne avevo parlato!” trillò sua madre, porgendole il vassoio.

 

Sentendosi oggetto dello sguardo acuto di Madoka, il rossino si strinse ancora di più tra le braccia della sua volpe.

“Tranquillo, Hana! – intervenne la piccola Reika – La mamma non sta guardando te, ma il personaggio che potresti essere per un suo nuovo racconto. Fa sempre così. L'attimo prima è normale, allegra e sorridente, l'istante dopo aguzza la vista e comincia a mugugnare parole sconnesse. Non è pericolosa, sta solo immaginando la trama di un romanzo o un dialogo, cose così, insomma.”

 

“Andiamo bene! Ci mancava una schizofrenica in casa!” borbottò il ragazzo.

Allora era suo lo sguardo penetrante che aveva sentito poche ore prima in giardino.

 

“Tua mamma scrive libri! Mi hai rotto per un anno intero con la fandonia che fra poco tutto sarà scritto sui file e scopro che lei pubblica libri!” inveì il topino, guardando storto la coetanea.

“Ah, su quello non ho dubbi: rassegnati al progresso!” replicò Reika, incurante del pallore sul viso del bimbo.

 

Barcollando all'indietro, Nezumi fu prontamente afferrato da Hisashi prima di rovinare in terra, semi-svenuto.

“Sei perfida.” la sgridò la nonna.

“Uffa! È divertente prenderlo in giro. Crede a tutto quello che gli dico!” rise la bambina andando a sedersi tra lei e Masaki, il fratello minore, che si guardava attorno ancora un po' spaesato a causa del recente cambio di residenza.

“Che vi avevo detto? È il demonio!” sibilò Kanata, non ancora ripresosi dallo shock.

“Hai ragione tu, Akira. – si limitò a dire Hisashi, guardando prima il bambino e poi il porcospino – È cotto.”

 

“Il mio papà è ancora all'estero per lavoro, ma la mamma e Masaki sono potuti tornare grazie a Kikyo-san, che ha trovato sia il materiale per i nuovi racconti della mamma che un editore!” continuò Reika, prendendo per mano il fratellino che aveva all'incirca cinque-sei anni.

 

“Kitsune? Quando parlano di 'materiale' intendono tutti noi?” domandò il Tensai, colto da un feroce dubbio.

“Hn.” annuì la volpe, troppo intenta a leccare la panna montata dai suoi dolcini personalizzati per preoccuparsi d'altro.

 

“A proposito di Masa-chan, avrei bisogno di chiederti un favore, Kanata. – esclamò Madoka, uscita da poco dal suo stato di trance – Mio figlio parla solo inglese. Potresti insegnargli la tua lingua. Farà le elementari da privatista e avrei piacere che fossi tu il suo insegnante. So che sei un genio.”

 

“Sii accondiscendente. Accetta!” sussurrò il porcospino, incapace di resistere alla tentazione di prenderlo in giro.

Per anni il fratellino si era rinchiuso in un armadio a leggere da solo; adesso, finalmente, aveva anche lui una vita sociale.

E comunque prenderlo in giro era un vero spasso.

Punto.

 

Smettila, scemo! – gli intimò il topino, dandogli una gomitata – Certo, signora. Lo farò volentieri. A quell'età apprendono velocemente. Sarà uno scherzo insegnargli il giapponese.”

“Ti ringrazio. Poi ci metteremo d'accordo sugli orari delle lezioni, fammi sapere quando puoi. Grazie a tutti voi per l'ospitalità, ma adesso devo proprio andare a scrivere...” concluse Madoka, lanciando un paio di occhiate alla coppia Hanamichi-Kaede.

 

“Non mi piace affatto.” ammise il rossino, abbarbicato alla sua volpe.

“Nemmeno a me. Non ci hai messo il cioccolato in polvere.” replicò Rukawa, osservando attentamente i suoi biscotti.

“Non parlavo di quello, ma dello sguardo di quella donna! Se comincia a farmi domande sulla nostra vita sessuale, giuro che trasloco al Polo Nord!” lo minacciò Sakuragi, imbarazzato come non mai.

 

“Tranquillo! La mamma non è una persona invadente. Sono le nonne che fanno domande del genere, non lei!” lo rassicurò Reika, poco prima di salutarli e tornare a casa sua con il fratellino.

 

“Che persona creativa! Diventeremo grandi amiche! – trillò Katy, decidendo di andare anche lei a produrre qualche nuova opera d'arte – Bravo Kanata! La mamma approva la famiglia della tua ragazza!”

“Congiura!!!” gridò il topino, correndo a chiudersi in camera, rosso come un pomodoro.

 

“Hai ragione Aki-chan: prenderlo in giro su quest'argomento è proprio divertente!” ammise la donna, dirigendosi a passo spedito verso il suo studio.

 

“Noi andiamo a trovare il fratello di Michael, staremo fuori per cena.” avvisò Kei, dirigendosi verso la porta.

“Se va bene, domani vorrei invitarlo qui, per presentarvelo.” disse Michael, raggiungendo il suo ragazzo.

“Certo, certo! Non vedo l'ora di conoscerlo!” trillò Kyosuke, salutandoli allegramente.

“Anche io, anche io!” esclamò la nonnina hentai, sperando che fosse bello quanto il fratello maggiore.

“Mamma?” Karen le lanciò un'occhiataccia e la vecchietta si imbronciò immediatamente, cominciando a borbottare parole poco carine all'indirizzo dei parenti che tarpavano le ali ad una povera donna della sua età.

 

“Bene! Siamo proprio tornati a casa, eh?” sospirò il Tensai, scuotendo mestamente il capo.

Il numero di gente assurda che lo circondava stava aumentando vorticosamente e ancora non avevano cominciato l'università.

“Hn.”

 

 

 

“Hai tutto, cara?” domandò Mayuka-san, passeggiando per il giardino in compagnia della sua migliore amica.

“Sì, sì! È tutto a posto. Domani la chiamo e ci organizziamo. Hana-chan sarà felicissimo!” gongolò la nonnina hentai, immaginando già come il rossino avrebbe espresso la sua gratitudine.

Fisicamente, ovvio.

 

“Anche la piccola Hikki ne sarà entusiasta e... – la signora Odagi si fermò, guardandosi attorno – Hai visto?”

“Cosa, cara?”

“Quell'ombra vicino al cancello, prima che... No, niente. Sarà stato un riflesso. – concluse la donna, incamminandosi verso casa propria sottobraccio all'amica. – Grazie a te mia figlia ha ritrovato l'ispirazione per i suoi romanzi.”

“Sciocchezze, non ho fatto nulla! Nell'ultimo anno non ha fatto altro che girare l'Europa e l'America, è ovvio che non avesse il tempo di scrivere. Ci vuole un minimo di concentrazione per imbastire una trama! Il mio editore adora il suo stile. Temeva che si fosse ritirata e appena gli ho parlato di Madoka non ci poteva credere!”

 

“Bene. Il nostro piano sta cominciando a dare i suoi frutti. Siamo appena a metà strada, però. Non dobbiamo distrarci!”

“Ma certo, cara! Punta l'obiettivo e colpisci!” trillò la vecchietta entrando in casa dell'amica per una tazza di the verde.

 

 

 

Con un grande sbadiglio, la piccola Kikyo si riaddormentò sul petto del suo mamma, evidentemente i viaggi in macchina avevano su di lei un effetto soporifero.

Una volta messa a letto, Hanamichi scese in cucina, dove lo aspettava una volpetta parecchio irritata.

“HN!”

“Va bene, Kitsune! Scegli tu!” sospirò il Tensai, sedendosi accanto a lui.

“Hn... Hn?... Hn...” Rukawa continuò a sfogliare il libro di ricette di Kanata, indeciso su cosa scegliere.

Tutte quelle foto di dolci lo stavano distraendo.

 

Il suo sguardo si posò sui bignè alla crema.

Era maledettamente eccitante vedere il suo Do'hao che li farciva, usando l'apposita siringa per dolci...

“Hentai.” commentò il rossino, guardando la foto.

Era facile capire cosa passasse nella testa di quella volpaccia perennemente in calore.

 

“Hn.”

Kaede indicò al suo Do'hao la scelta del dessert serale, mostrandogli la foto.

 

“Crème brulée? Si può fare!” approvò il rossino, mettendosi subito al lavoro.

“Tu hai scelto e tu ci aiuti, giusto Hana?” sentenziò il topino, posando le uova sul tavolo.

“Hn?”

“Separa il bianco dal tuorlo, Kitsune!” gli disse Sakuragi, mentre versava panna, latte e vaniglia in una grossa pentola, mescolandoli a fuoco basso.

“Hn...”

 

Quando ebbe finito, la volpe aggiunse lo zucchero ai rossi d'uovo, mescolandoli velocemente per poi passare il recipiente al Do'hao, che li aggiunse al resto degli ingredienti.

 

Kanata preparò gli stampi sul tavolo che, una volta riempiti, furono infornati a ottanta gradi.

“Quarantacinque minuti, Nezumi.” disse Hanamichi, indicando al bimbo il tempo di cottura.

Azionato il timer, il topino tornò nel ripostiglio a leggere, lasciandoli soli.

 

“Non fare quella faccia lì! Fra poco non dovrai più farlo, contento?” sorrise il rossino, posando la testa sulla sua spalla.

“Hn?”

“Michael e Hisashi mi hanno chiesto di insegnar loro a fare i dolci. Perciò mi daranno una mano loro.”

“Tsk! Io sono più bravo.” commentò la volpe, la cui competitività si estendeva a qualunque campo, non solo nel basket.

“Baka.”

“Do'hao.”

 

 

“Siamo alle solite!” esclamò Akira, entrando nella stanza insieme ad Hisashi.

“O-oh! Avete fatto pace! – commentò Sakuragi con un pizzico di ironia – Il porcospino è tornato a sorridere. Nei giorni scorsi aveva un'aria da cane abbandonato, vero Ru?”

“Hn!” annuì la volpetta, sfregando il muso contro la sua spalla, per nascondere un sorriso.

“Questi due vanno d'accordo solo quando c'è da sfottere. Me, soprattutto.” mugugnò Sendoh, mentre si preparava un caffè.

“Benvenuto nel mio mondo!” sbottò Nezumi dal ripostiglio.

 

“Mi trattano male!” guaì Akira, cercando sostegno morale dal suo ragazzo.

“Se solo la piantassi di dire scemate...” fu il poco cordiale commento di Mitsui, che fece imbronciare ancora di più il giovane dai capelli a punta.

“Sei cattivo!”

 

“Hana, da domani iniziamo?” domandò il senpai, ignorando volutamente il compagno.

“Certo. Prepareremo per colazione qualcosa di semplice.” promise il rossino.

 

“Che significa?” domandò il porcospino, troppo curioso per restare di pessimo umore.

“Mi farò dare lezioni di cucina da Hana, così imparerò a fare qualche dolce anche io.” gli spiegò Mitsui, cercando di nascondere il proprio imbarazzo.

“Ma allora mi vuoi bene!” trillò Sendoh, baciandogli una guancia.

“Quando stai zitto, sì.”

“Cattivissimo.” mugugnò Akira, sedendosi in silenzio accanto a lui, con una tazza fumante tra le mani.

 

“Lasciamo perdere. – sospirò Mitsui, passandosi una mano sugli occhi – Prima che me lo dimentichi, Hana, hai messo tu quella piccola statua di Buddha in giardino? Stavo controllando lo stato del prato e l'ho trovata in mezzo allo spiazzo tra la dependance e il garage.”

“Una che? No, no. Io ho avuto appena il tempo di disfare i bagagli che sono stato rapito dai Rukawa.”

 

“Allora sarà una scultura di Katy-san. Di arte non ne capisco nulla.” ammise Hisashi, grattandosi il mento.

 

“Ah, già! Poco fa mi ha mandato un messaggio Tsume. Che ne dite di uscire tutti insieme domani? Potremmo fare un giro in centro e magari una partitella allo Shohoku.” propose Akira, posando la tazza vuota nella piccola lavastoviglie sul piano di lavoro.

“Il pulcino! Certo che sì! Devo anche controllare lo stato di salute mentale del povero Sato!” scherzò il rossino, felice di rivedere gli ex compagni di squadra.

“Hn.” annuì la volpe, interessata anche ai progressi sportivi dei due.

 

Quell'anno sia lui che Hanamichi avrebbero dovuto conquistarsi la maglia da titolare: perciò più si allenavano e meglio era.

 

La squadra dell'università di Kanagawa aveva tantissimi ottimi giocatori, soprattutto quell'anno.

Come playmaker c'era l'imbarazzo della scelta, tra Akira, Miyagi, Maki e Fujima

Al centro Hanagata e Akagi, le guardie erano Mitsui, Jin e Asegawa

Ala grande: Hanamichi e Fukuda; ala piccola: Rukawa e Kiyota

Hikoichi Aida era lo scribacchino della squadra, eterna riserva, ma eccellente nel prendere appunti sui loro avversai, così come aveva fatto nel Ryonan.

Insomma: una squadra niente male.

 

Di sicuro avrebbe passato metà del tempo a fermare il suo Do'hao, che avrebbe attaccato briga sia con Fuku-verme che con Nobu-scimmia ma, per il resto, a Rukawa quella squadra non dispiaceva.

 

Tutti si aspettavano molto sia da lui che dal rossino, dopo le straordinarie vittorie degli ultimi anni con la maglia dello Shohoku, ma alla volpe importava solo di vincere insieme al suo compagno per poter davvero pensare seriamente alla N.B.A.

 

“Kitsune, ti sei addormentato?” gli chiese Sakuragi, guardandolo con attenzione.

“Do'hao!” sbottò la volpe, baciandogli le labbra troppo vicine per non essere toccate.

Già che andavano in centro, Kaede decise di passare anche per un negozio: la bigiotteria.

 

 

 

 

Arthur fece accomodare i suoi ospiti in soggiorno, mentre andava in cucina a preparare qualcosa da bere.

Kei si accomodò, leggermente in imbarazzo.

Il mobilio dell'appartamento era rimasto quello di Michael: suo fratello aveva solo disposto le sue fotografie in grandi quadri appesi su tutti i muri e collocato libri e attrezzature fotografiche in giro per la casa.

Il giovane Rukawa non poteva non ricordare che aveva fatto l'amore con il suo uomo praticamente in ogni angolo di quell'appartamento.

“E così tu sei il famoso Kei. Micky mi ha parlato così tanto di te che non vedevo l'ora di conoscerti!” sorrise Arthur, posando sul tavolo un vassoio con una brocca di limonata e tre bicchieri.

“Anche lui mi ha parlato molto di te, vero 'Micky'?” scherzò il ragazzo, facendo indispettire il diretto interessato.

“Detesto quel nomignolo. – borbottò contrariato – Ti sei sistemato bene qui!” si complimentò, cambiando drasticamente argomento.

“Non avevo granché, ho solo portato le mie foto e l'attrezzatura, più un paio di bagagli e qualche scatola di riviste. Non ci ho messo molto.” ammise ridendo.

 

I due fratelli si somigliavano parecchio.

Il taglio degli occhi, il naso, la forma delle labbra, solo i colori erano diversi.

Arthur aveva i capelli neri come la pece e gli occhi di un verde intenso, mentre il suo Michael era biondo con gli occhi azzurri.

 

“Lunedì inizio alla Dorian con un servizio fotografico per... Accidenti, mi hai parlato anche di lui... Hanamichi, può essere? Capelli rossi...”

“Sì, sì. È lui. Il ragazzo di suo cugino.” spiegò Kant, indicandogli Kei con un cenno del capo.

“Esatto. Faccio un po' fatica a ricordare i nomi giapponesi. – si scusò il fratello minore – Poi altre campagne pubblicitarie con gli altri idol e così via. Anche tu sarai dei nostri, vero?” domandò al ragazzo, guardandolo con attenzione.

“Beh... s-sì... Ho accettato il lavoro...” balbettò Kei, imbarazzato da quello sguardo così attento.

“Ehi! È il mio ragazzo.” esclamò Michael, cingendogli protettivamente le spalle e guardando Arthur in cagnesco.

“Ma smettila! Stavo solo osservando i suoi lineamenti per decidere che luce usare con lui! Era uno sguardo professionale, il mio! Lo so bene che è un ragazzo di... quanto? Sedici anni?” buttò lì, sapendo di fare incavolare il fratellone.

“Ne ha quasi diciannove e lo sai! Ma tu guarda che...” borbottò Michael, estremamente suscettibile al riguardo.

“E allora? Che importa? Tutto sommato è meglio stare con un uomo della tua età che con un mio coetaneo. – disse Kei, sorridendogli con malizia – Tu hai molta più... esperienza. In parecchi campi.” aggiunse allusivo.

Ricordava i tempi in cui era uno sbandato che faceva tappa fissa nei love hotel: avrebbe usato tutta la sua sfacciataggine per difendere il suo uomo.

 

“Hai capito il ragazzino?” fischiò Arthur, scoppiando poi in una fragorosa risata.

Michael decise di tacere, baciando la fronte del giovane Rukawa.

Ormai stavano imparando a conoscersi.

Sapeva che Kei usava quell'espressione strafottente per fargli capire che andava tutto bene, che le parole e le opinioni della gente a lui non importavano.

Così come il ragazzo sapeva che, a volte, Kant avvertiva la loro differenza e lo dimostrava modificando le età.

Loro avevano esattamente quindici anni e due mesi di differenza; ma quando questa pesava, il biondo diceva sedici con tono melodrammatico, quando invece voleva dimostrare a se stesso che non contava davvero o che non era poi così tanta, scendeva a quattordici.

 

In base a questi particolari, i due convivevano insieme da mesi e avevano abbassato la guardia per permettere all'altro di conoscersi a vicenda, senza finzioni e maschere.

 

“Ok, ok! Smettetela di guardarvi così: sono invidioso!” rise il fotografo, dato che i due non la smettevano più di sorridersi, specchiandosi nello sguardo dell'altro.

“Ops, sorry!” borbottò il fratello maggiore, continuando però a stringere a sé il ragazzo.

 

“Bene. Dunque... Vado in cucina.” esclamò Kei, provando ad alzarsi.

“A fare che?” gli chiese Michael, trattenendolo per un braccio.

“Vorrete parlare tra di voi, no?”

“Non preoccuparti, resta pure qui. Ormai fai parte della famiglia! – gli disse Arthur, facendogli segno di risedersi – Non è una frase ad effetto. Siamo rimasti solo io e te.” borbottò il più giovane, sorridendo al fratello maggiore.

“Ti assicuro che la sua famiglia vale per quindici!” sbottò il biondo, suscitando l'ira di Rukawa.

“Ehi!”

“Sono pazzi.” gli ricordò con voce incolore.

“Vero.” ammise Kei, sapendo di non poter replicare altrimenti.

“Non mi state invogliando a conoscerli.” fece loro notare Arthur, segretamente curioso di incontrare quelle persone che, a detta del fratello, erano molto, molto, ma molto strambe.

“Salvati almeno tu!” scherzò Michael, con tono melodrammatico.

“Voglio assolutamente ringraziare di persona Karen-san per avermi messo in contatto con la Dorian, perciò...”

“Qualunque cosa vedrai, sentirai o subirai, ricordati che sono assolutamente innocui.” lo rassicurò Kei.

“Eccetto sua nonna che palpa.” asserì il fratello maggiore.

“P-Palpa?” balbettò il fotografo.

“Il sedere.” precisò Rukawa.

“S-sedere?”

“Quello di tutti, basta che siano maschi piacenti.” precisò Michael, senza batter ciglio.

“P-piacenti?”

“Già.”

“Andiamo bene!

“Ah, già! Poi c'è mio cugino che si rinchiude a leggere negli armadi.” disse Kei, con estrema tranquillità.

“Armadi?”

“Già. Lo vedrai sbucare da qualche anta. Non spaventarti.”

“E chi si preoccupa!” sospirò Arthur con un mezzo sorriso ironico.

“Ah, già! Poi ci sono i gemelli. Di Kazuya ne hai sentito parlare, ha vinto parecchi concorsi fotografici.” gli ricordò il fratello.

“Sì, sì! Mi è arrivata la mail con alcuni suoi lavori, ha buon occhio. Sarà un ottimo assistente.”

“Ecco, la gemella, Kurumi, è la manager della piccola Kikyo... è leggermente attaccata al denaro, perciò se ti proporrà qualcosa tipo fare qualche foto da rivendere a scuola o cose del genere, tu inventati qualche scusa o dille che ci penserai.” gli consigliò Kei.

“C-capito.”

“E non spaventarti per Kyosuke-san e Katy-san, i miei zii. Lui fa l'inventore e adora mostrare le sue invenzioni, come la sauna da passeggio o lo zerbino che dà il buongiorno quando viene calpestato. La zia molto probabilmente ti chiederà di farle da modello per qualche quadro o scultura ma tu...”

“Accamperò qualche scusa o le dirò che ci penserò!” concluse il povero trentenne, che stava cominciando a sudare freddo.

“Esatto! Poi... chi altro c'è? La migliore amica di nonna, una ex attrice porno e sua figlia scrittrice che ogni tanto va in trance... e poi basta. Gli altri vicini non ci sono più. Sono scappati in California convinti che la casa fosse stregata...” proseguì Rukawa, senza badare al pallore sul viso del giovane Kant.

“S-stregata?” balbettò l'uomo dai folti capelli neri, sperando di aver capito male.

“Il resto dei miei cugini sono più tranquilli. Siamo parecchio golosi, perciò davanti a un dolce facciamo un po' paura, ma basta che non ti metti sulla traiettoria di un dessert e resterai incolume; per il resto siamo tutti...”

Assolutamente innocui?” ironizzò Arthur, ripetendo le sue stesse parole.

“Esatto!” esclamò Kei, contento che l'altro lo avesse capito, o almeno così gli sembrava.

“B-bene. Ma tu frequentare direttamente un circo, no?” domandò al fratello, rimasto in silenzio sino a quel momento.

“Scemo.” arrossì il biondo, ben sapendo di non poter dire molto a sua discolpa.

 

“E voi due vi siete conosciuti lo scorso anno, giusto?” domandò Arthur, ancora un po' scosso per quanto appena appreso.

 

“Sì, quando allenavo la sua squadra di basket anche se, di vista, lo conoscevo da molto più tempo. Suo padre è il mio ex procuratore.” gli spiegò Michael, stringendo la mano del suo ragazzo.

“Ma dai! Mister Ruky? Caspita, allora i tuoi fanno lo stesso lavoro? Sarà parecchio competitivo.” commentò il fotografo, immaginando i genitori di Kei che si accapigliavano per una stella dello sport o dello spettacolo.

“Purtroppo no. Mia madre è venuta a mancare parecchi anni fa.” gli spiegò il più giovane, con grande serenità.

“Allora con chi ho parlato l'altro ieri al telefono? Col fantasma dei tuoi vicini?” domandò Arthur, palesemente perplesso.

“No, no. Era mia madre.”

“Ma sei hai appena detto che...?”

“Mia madre è mio padre.”

“Sono confuso.” ammise l'altro, sentendo l'approssimarsi di una feroce emicrania.

“Mio padre sta cambiando sesso. Adesso si chiama Karen e sta con il preside del mio vecchio liceo.”

“Penso che domani mi porterò la macchina fotografica. Magari anche la videocamera. Potrebbero essere un ottimo soggetto per un telefilm!” sentenziò il giovane Kant, scoppiando in una fragorosa risata, seguito a ruota sia dal fratello maggiore che da Kei.

 

“KATO!” tuonò quest'ultimo, sobbalzando violentemente.

“Accidenti, è vero! Lo aggredirà!”

“Chi è che dovrebbe aggredirmi?!” domandò Arthur.

“Il gatto. Si apposta sopra i mobili e salta addosso a chiunque. – gli spiegò il fratello – Abito lì da mesi e ancora mi aspetta fuori dalla porta di servizio!”

“Ah, già! Invece Kuro, il cane, ecco... lui è innocuo, davvero! Ma ti prego di ignorarlo. Qualunque cosa gli vedrai fare.” precisò Kei, grattandosi la punta del naso, profondamente imbarazzato dai componenti della sua famiglia.

“Q-Qualunque? Forse farei meglio a limitarmi a mandare a tua madre un mazzo di fiori... Va bene, aspettatemi qui, vado a cercare l'abito adatto per domani. Dovrei averla portata con me... Me l'hanno regalata lo scorso anno.” dichiarò Arthur, andando verso la camera da letto.

“Eh?!” i due seduti sul divano lo guardarono visibilmente perplessi.

“Una divisa da hockey su ghiaccio, più esattamente da portiere! – spiegò loro il fotografo, rovistando nell'armadio – Dovrei avere anche la mazza...”

 

 

 

 

 

Hanamichi salì le scale tenendo per mano la volpetta semi-addormentata.

Infilando le chiavi di casa nella toppa, sentì ancora quello strano sibilo e quella sottile sensazione di disagio che lo aveva accompagnato fin dalla mattina.

Voltandosi di scatto guardò con attenzione il giardino, ma non vide nessuno.

“Hn?”

“Sì, sì! Adesso apro.” borbottò il rossino, entrando in soggiorno insieme al compagno.

Forse si stava facendo davvero suggestionare dalla storia del fantasma.

Eppure aveva l'impressione di essere osservato.

 

Entrando in camera da letto, cacciò un urlo disumano, tanto forte da svegliare Kaede, che si stava riaddormentando appoggiato alla sua spalla.

“Hn?!” domandò la volpe, stropicciandosi un occhio.

“K-K-Kitsune?” balbettò Sakuragi, indicando un punto imprecisato, tra la scrivania e la finestra.

“Hn?... HN?!” sobbalzò Rukawa, accendendo la luce per controllare meglio ciò che gli sembrava di aver visto.

 

Sul tavolo, accanto alla finestra stranamente aperta, c'era una statua di Buddha, un po' più piccola di quella in giardino, con un sacro Ofuda* attaccato sopra.

 

 

FINE QUINTA PARTE

 

 

 

*Gli Ofuda sono talismani distribuiti dai templi shintoisti e sono realizzati scrivendo il nome di un kami, di un tempio o di un rappresentante del kami su un pezzo di carta, legno, stoffa o metallo.

  

Nelle opere moderne (tipo manga o anime) gli Ofuda compaiono come delle pergamene magiche, destinate alla lotta contro gli spiriti malvagi e in tal caso ad esservi scritto sopra è il testo di un sutra o di un mantra. Possono essere utilizzati per respingere i demoni o sigillarli in luoghi chiusi.