DISCLAMER: I personaggi sono di T. Inoue. Alcuni, invece, li ho inventati io, ma non temete: la differenza, balza immediatamente agli occhi! -////-'

NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''

Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke.
Kyosuke: il capofamiglia, inventore.
Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice.
Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino)
Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^)
Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro e sogna di diventare miliardaria. (Ookami=lupo)
Kazuya: gemello di Kurumi, è appassionato di fotografia (Kojika=cerbiatto)
Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo)
Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala)
Karen: 'sorella' di Kyosuke

Kei: figlio di Karen, coetaneo di Kaede e Hanamichi (Itachi=donnola)


Altri personaggi:

Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi.
Aron Tsume: ala grande, fidanzato di Shane (Hiyoko=pulcino)
Shane Sato: ala piccola/guardia (Kenaga=lunga coda)
Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai (Shiro=bianco)

 

Mayuka Odagi: amica del cuore di nonna Kikyo, era un'attrice porno

Reika: nipote di Mayuka, asso del pc e di tutto ciò che è tecnologico, coetanea di Kanata

 


 

 

 


 

 

Strange Family IV

 

Parte IV

 

di Gojyina-chan

 

 

Hanamichi si rannicchiò per terra, sotto al patio, osservando distrattamente il sole affogare in mare, in un'orgia di colori cremisi.

A pochi passi da lui, Kuro e Kato erano accasciati in terra, senza dare segni di vita, con accanto le loro ciotole con cibo e acqua.

Da quando erano arrivati, i due animali erano rimasti stesi lì, muovendosi solo per mangiare, per poi stramazzare nuovamente al suolo.

Il rossino si ricordava bene la paura che s'era preso il primo giorno, convinto che fossero morti.

Ma poi l'inventore lo aveva rincuorato, dicendogli che si stavano solo 'ricaricando'.

 

Che fossero cyborg?!

Dopotutto quei due animali erano tutto tranne che normali!

 

Il suo pensiero corse inevitabilmente ad un altro 'animale domestico' dal comportamento anomalo: Kitsune.

 

Era strano.

Era decisamente troppo strano.

Non lo toccava da ore, non lo guardava neppure e questo lo faceva sentire davvero solo.

 

Cosa stava succedendo?!

Che si fosse stancato di stare con lui?

 

Era offeso perché dedicava del tempo ai bambini e al resto della famiglia e meno a lui?

Ma come poteva fare diversamente?

 

“Hana, sei qui?” lo chiamò Hikaru, facendo capolino dalla porta d'ingresso con la piccola Kikyo in braccio.

“Favola, mamma!” trillò la piccola puntando le manine verso di lui.

“Arrivo!” le sorrise il ragazzo, cercando di scacciare i pensieri negativi che lo assillavano.

 

 

Mezz'ora dopo, il rossino chiuse il libro e guardò la bimba profondamente addormentata nel suo lettino che stringeva felice la sua scimmietta rossa.

Probabilmente Kikyo era l'unica bambina al mondo che non aveva mai usato il ciuccio in vita sua, si ritrovò a pensare mentre le sistemava il lenzuolo, probabilmente perché le impediva di parlare.

Dopo aver controllato che anche Kanata stesse dormendo, chiuse la porta della loro camera e scese al piano inferiore.

 

Non c'era nessuno.

Dovevano essere andati tutti quanti in paese.

Chissà dov'era Kaede...

 

Con un gran sospirone, andò ad accucciarsi sul divano, con la testa nascosta contro le ginocchia.

Perché non lo toccava più?

Che avesse trovato un'amante?

Impossibile!

Passava tutto il tempo libero a sbavargli sulla spalla o a mangiarci sopra, quando avrebbe trovato l'occasione per tradirlo?

Adesso che ci pensava, Kaede faceva più cose sulla sua spalla che non 'alle' sue spalle...

 

Era così perso nei suoi pensieri che non si accorse dell'arrivo di Rukawa, che si era rintanato nella loro camera appena finita la cena, pensando al comportamento da adottare col suo Do'hao.

 

Aver deciso di non toccarlo lo aveva costretto ad una lotta furibonda col proprio corpo, che non desiderava altro se non il calore del rossino.

 

“Ehi?” lo chiamò un po' preoccupato.

Sembrava triste e sconsolato.

 

Era sicuramente colpa sua, si disse.

Perché pensava di essere solo un oggetto per lui.

Ma non era così, dannazione!

 

“Kitsune?”

“Hn?”

“Appena torniamo a Kanagawa mi cerco un appartamento.”

“COSA?!” tuonò la volpe, afferrandolo per le spalle per farsi finalmente guardare in faccia.

“Penso sia la cosa migliore per tutti.” disse il Tensai, con gli occhi colmi di tristezza.

“Do'hao! Io non voglio solo il tuo corpo, capito? Non devi sentirti usato da...”

“Cosa stai dicendo, Baka?!” lo interruppe il rossino, a dir poco allibito.

 

“Hn... Sei offeso perché pensi che io sia interessato solo a fare sesso e basta, ovviamente! Ma io non...”

“Da dove t'è uscita quest'idea assurda?! Io non l'ho mai pensato, scemo!”

“Ma se dici sempre che sono un maniaco!” sbottò la volpe, accigliandosi confusa.

“Perché lo sei! Ma non ti ho mai detto di smettere!” gli fece notare il ragazzo, senza battere ciglio.

“HN?!”

“Beh, perché... perché... se tu non fai più il maniaco, allora poi lo devo fare io e... e... mi vergogno, ecco!” pigolò il ragazzo, abbassando il viso completamente rosso.

 

“Sono confuso.” ammise Kaede, cercando una logica in tutta la loro discussione.

“Beh, in tutte le coppie c'è sempre uno che tiene a freno l'altro. Noi lo facciamo vicendevolmente. Tu mi plachi quando reagisco d'istinto senza pensare alle conseguenze delle mie azioni e io fermo te quando ti viene troppa voglia, altrimenti ci ritroveremmo a farlo dappertutto... non che non mi vada, certo... ma l'idea di essere beccato da qualcuno della famiglia... Kami! Sto male solo al pensiero.” ammise arrossendo ancora di più.

 

“Hn? Io pensavo che... Hn... La tua stupidità è contagiosa!”

“BAKA! Sei tu che hai combinato tutto questo casino! – inveì il Tensai fulminandolo con lo sguardo – Per colpa tua mi sono fatto un sacco di problemi, credevo che non mi volessi più e... e... ho sentito freddo, senza le tue mani o i tuoi occhi addosso.” pigolò, imbarazzatissimo.

 

“Perdonami, piccolo!” si limitò a dire Kaede, stringendolo a sé.

“Così va meglio!” sospirò Hanamichi, felice di essere tornato al suo posto: tra le braccia della sua psicopatica Kitsune.

 

“Baka?”

“Hn?”

“La prossima volta che fai una cosa del genere ti prendo a testate!”

“Hn...”

“Baka?”

“Hn?”

“Per la cronaca: non ti prendo adesso a testate perché... ho voglia.” soffiò sul suo orecchio.

“Hn!”

 

Un nanosecondo dopo, Sakuragi veniva trascinato al piano superiore dalla volpetta in calore.

 

Dopo essersi letteralmente strappati i vestiti di dosso, si inginocchiarono sul loro letto, uno di fronte all'altro.

 

Hanamichi cominciò a succhiare vigorosamente un capezzolo roseo, pizzicando l'altro con le dita, mentre la mano libera accarezzava la schiena muscolosa di Kaede.

Per nulla sazio, scese verso il membro ormai svettante del suo compagno, inglobandolo dentro la bocca famelica.

 

Rukawa non poté fare altro che gemere e affondare le dite in quella massa di capelli color rubino, godendo di quell'assalto passionale.

Ma quando capì che era al limite, lo scostò gentilmente dal suo corpo, per dedicarsi a sua volta al sesso di Sakuragi.

 

Accarezzò il suo inguine umido usando i pollici per massaggiargli i testicoli, leccando e succhiando il membro eretto.

 

Ma prima che venisse, si staccò da lui così d'improvviso che il rossino si sollevò di scattò, frustratissimo.

“RU!” ansimò, tentando di non urlare per non svegliare i bambini al piano di sotto.

“Shh!” lo zittì la volpe, masturbandolo con entrambe le mani.

Sakuragi ricadde pesantemente sul materasso con un gemito roco.

Rukawa non si fermò fino a quando non ebbe imbrattato di sperma il corpo del suo compagno poi, con estrema lentezza e un sorriso malizioso sulle labbra, si chinò a ripulirlo con la sua lingua famelica.

 

Una volta finito, alzò il viso, guardando il suo Do'hao steso sotto di sé, con gli occhi lucidi e l'espressione estasiata.

 

Occhi negli occhi, le dita delle mani intrecciate, la volpe lo penetrò con una spinta fluida e decisa, fino a raggiungere l'acme quasi contemporaneamente.

 

Rimasero uniti per diversi minuti, in silenzio.

Ogni volta che il corpo di Hanamichi pulsava, il sesso di Kaede reagiva allo stesso modo, quasi comunicassero.

 

Senza staccare il contatto visivo, la volpe uscì dalla sua scimmietta, stendendosi al suo fianco.

Una mano ancora legata a quella dell'altro, continuarono a guardarsi, accarezzandosi una guancia con dita leggere.

Quando lesse sonno negli occhi azzurri del suo compagno, Hanamichi lo sospinse delicatamente verso di sé, facendolo accucciare sul suo petto.

 

Con un ultimo bacio a fior di labbra, i due si addormentarono stretti l'uno all'altro, mentre la camera era ancora satura dell'odore del loro amore.

 

 

 

 

Il mattino seguente Kaede si svegliò sentendo le mani del suo Do'hao che gli accarezzavano la testa e la schiena.

Sorridendo tra sé, sfregò il musetto sul suo petto ambrato andando poi a cercare la sua bella boccuccia gonfia con la propria.

 

“Torta, Kitsune?” gli domandò il rossino, socchiudendo gli occhi ancora un po' assonnati.

“Hn!” annuì prontamente l'altro, già con l'acquolina in bocca.

 

“Ok, mi lavo e scendo in cucina!” annunciò il Tensai, alzandosi dal letto.

“Hn...” mugugnò la volpe, facendo per seguirlo.

“Ru, stai ancora un po' a letto! Ti chiamo quando è pronto!” gli disse Hanamichi, finendo di lavarsi i denti.

 

Kaede scosse la testa e lo abbracciò da dietro.

“Vengo giù con te!” sussurrò sul suo orecchio, baciandogli una guancia.

“Ru!” sospirò il rossino, posando il suo spazzolino per poi voltarsi e baciarlo a sua volta.

 

Ma prima che riuscissero ad avvicinare le loro bocche, Rukawa si staccò all'improvviso da lui.

 

“Fame, Do'hao!” annunciò la volpe, ricordatosi della torta di sfoglia alla frutta che il suo ragazzo aveva preparato il pomeriggio precedente.

 

“Baka, Baka Kitsune!” borbottò il Tensai, accigliatissimo.

Quel pozzo senza fondo aveva rovinato un momento davvero romantico.

Tutta colpa della sua fissa per il saccarosio.

Ma si sarebbe vendicato prima o poi, decise, mentre varcava la soglia della cucina, diretto al frigorifero.

 

“Ehi, piccolo?” si sentì chiamare dalla sua volpetta.

Hanamichi nascose un sorriso, certo che il suo compagno stesse per avvicinarglisi per ricevere il bacio che non aveva avuto prima.

 

“Dimmi, volpe!” scherzò il ragazzo, posando una torta sul tavolo, per poi guardarlo felice.

“A merenda mi fai il budino al latte?” domandò Kaede senza fare una piega.

 

“Kitsune?”

“Hn?”

“Sparisci dalla mia vista per almeno cinque minuti o giuro che darò le torte al cane!” sibilò Sakuragi con un'espressione talmente seria da costringere Rukawa ad obbedire, andando ad accucciarsi sul divano con tre giganteschi punti di domanda sulla testa.

 

“Non sei per nulla romantico!” lo sgridò Akira, seduto sulla poltrona accanto, intento a sfogliare una rivista.

“Hn?!”

“Già, già! Hai ancora molto da imparare!” sospirò il porcospino con fare saccente.

“Hn?”

“Hana si aspettava un bacio!” lo rimproverò Kanata, uscendo dall'armadio accanto ad una delle ampie finestre della sala.

“Esatto! Sei stato insensibile!” rincarò la dose il fratello maggiore, scuotendo il capo.

“E Mitsui?” indagò il topino, incuriosito dalla sua assenza.

A volte gli sembravano gemelli siamesi da quanto erano attaccati.

“In camera.” borbottò Sendoh, infilando il naso tra le pagine patinate del giornale.

“Hn...”

“Mmm...”

“Non abbiamo litigato!” reagì il porcospino, mettendosi subito sulla difensiva.

“Tsk!” sbuffarono i due fratelli.

“Davvero!” insistette Akira, punto sul vivo.

“È per la piscina.” asserì Kanata, senza fare una piega.

“...”

“E lui sarebbe quello romantico!” borbottò Rukawa, senza degnarlo di uno sguardo.

“Siete due casi senza speranza!” sentenziò il bambino, pulendosi gli occhiali con un fazzoletto.

“Ma sentitelo! Parli proprio tu che non sapevi nemmeno che regalo fare alla tua fidanzata!” lo pungolò Sendoh, certo della sua reazione.

“Reika-non-è-la-mia-fidanzata!” scandì Nezumi, cercando di inculcare quel concetto elementare nella testa del suo parentado.

“Hn...”

“A me le bambine non piacciono! Lei men che meno, fissata com'è con i pc e tutte quelle robe tecnologiche rumorose e complicate!”

“Allora piacciono pure a te i maschi?” domandò Sendoh.

“No, nemmeno. Voglio restare single fino a quando non troverò una ragazza che ami l'odore della carta! Tsk! Un altro maschio in questa casa e a nonna verrà sul serio un colpo!” borbottò il bambino, andando in cucina ad aiutare Hanamichi, lasciando che i due fratelli maggiori si arrangiassero.

“È cotto di Reika!” sentenziò Akira, continuando a sfogliare la sua rivista.

“Hn!” annuì la volpetta socchiudendo gli occhi beata, non appena sentì nell'aria il profumo della torta del suo offesissimo Do'hao.

Si sarebbe fatto perdonare, si disse, sorridendo all'idea delle modalità con le quali avrebbe fatto tornare il sorriso sul bel viso del suo ragazzo.

 

 

 

“Allora è preoccupato?” indagò il rossino, parlando a bassissima voce.

“Già!” annuì il bimbo, trattenendo un sorriso.

“Bene, bene! Lo terrò sulla corda ancora per un po'! – sogghignò il Tensai, meditando vendetta – È tutto pronto, appena arrivano gli altri tagliamo le fette, ok?” disse scompigliando i capelli al topino.

 

“Devi imparare ad usare bastone e carota!” sentenziò Hisashi, appoggiato allo stipite della porta.

“Bastone e carota?!” gli fece eco il rosso.

“Esatto! Lo hai viziato troppo ed è pericoloso! I Rukawa vanno tenuti in riga, altrimenti sono guai!” gli spiegò il senpai, sedendosi accanto a Nezumi.

“Tenuto in riga... si potrebbe fare!” si disse Sakuragi, sorridendo alla Tensai.

Doveva spiazzare la sua volpaccia con qualcosa di inaspettato e forse così sarebbe riuscito a farlo stare sul chi va là.

 

“Anche Akira è teso.” buttò lì il topino, sistemandosi gli occhiali sul naso.

“E sarà così ancora per un bel po'! – commentò stizzito – Adesso è il turno del bastone per quello lì!

Tra i turni in piscina e le altre assurdità che tira fuori, non ho un momento di pace!”

“Bravo Micchy! Fagli vedere chi sei!” lo incoraggiò il Tensai, tirandogli una sonora pacca sulla spalla.

“Non chiamarmi Micchy! Tu, piuttosto, preoccupati della tua volpe!” gli ricordò il senpai.

Aveva ragione, rifletté Sakuragi.

Doveva trovare un'idea geniale.

Mentre meditava sul da farsi, udì la voce della piccola Kikyo che lo chiamava e subito andò da lei.

Con un profondo sospiro si apprestò a dare il via ad un'altra lunga ed estenuante battaglia: farla camminare.

 

 

 

 

Dopo essere stato deliberatamente ignorato per tutta la durata della colazione, il volpino cominciò a preoccuparsi sul serio.

Che il Do'hao gli stesse restituendo il 'favore' del giorno prima?

Eppure si erano chiariti...

 

“Kaede, dobbiamo parlare!” sentenziò il Tensai, tornando a parlargli solo dopo aver riposto tutti i piatti nella lavastoviglie.

“H-Hn!” annuì il moro, senza lasciarsi intimorire dal suo sguardo risoluto.

Sfruttando l'assenza di Kikyo, che era nella sua cameretta a cambiarsi, aiutata ovviamente dalla mamma, i due si incamminarono verso la piscina.

Una volta soli, il rossino si decise a parlare.

“Voglio essere risarcito!”

“Hn?!”

“Per i danni subiti!”

“Hn?!”

“Ti sei comportato male e voglio essere ripagato!” ripeté il rosso, incrociando le braccia al petto.

“Hn...”

“S-Sessualmente!” balbettò arrossendo furiosamente.

“HN?!”

“Hai capito bene, non farmelo ripetere, dannazione!” sbottò Sakuragi, col viso fumante.

“Interessante... Non credevo che riuscissi a dire quella parola. – commentò la volpe, sorridendo maliziosa – Hai già qualche idea?”

“C-Certo che ci riesco io sono il Tensai! Una mezza idea mi è venuta. Fino ad allora, considerati mio compagno precario!”

“Precario?!”

“Esatto! – esclamò il rosso – Ricorda che se mi fai incavolare sul serio non ti prenderò semplicemente a testate ma mi cercherò un altro!” annunciò con estrema serietà.

“Tsk!” sbottò Rukawa, guardandolo scettico.

“UFFA! Potresti almeno far finta di crederci, però! Non sei gentile!” pigolò il rosso imbronciatissimo.

 

“Ok! – concesse Kaede, stando al gioco – Quindi? Che dovrei fare?”

“Mmm... Non saprei... Magari trattarmi come un uomo e non come il tuo chef personale? – fu la sarcastica risposta del Tensai – Ti ho viziato troppo! È ora che le cose cambino!”

“Un uomo, hai detto? Si potrebbe fare...” ammise la volpe, unendo le loro labbra per un bacio estremamente passionale.

L'idea del suo Do'hao apriva ampi scenari uno più erotico dell'altro, ammise a se stesso con grande soddisfazione.

“Così va meglio! – sorrise il rossino, ricambiandolo con la medesima intensità – Ma ricordati che sei ancora in prova!” lo avvertì minaccioso.

“Ok!” rispose l'altro, fingendosi serio.

“Di solito i cuochi sono grassi, con la divisa bianca ed un assurdo cappello in testa: non voglio che tu possa confonderli con me!”

“Do'hao!” sbuffò la volpe, scuotendo mestamente il capo.

“Ru?”

“Hn?”

“Chiudi gli occhi.”

“Hn?!”

 

“Ecco... vorrei dirti cosa fare per farti perdonare ma... mi vergogno! – pigolò Sakuragi arrossendo miseramente – Chiudi subito gli occhi, dannazione!” sbottò nervosamente.

Quando il compagno ebbe ubbidito, avvicinò la bocca al suo orecchio.

Trattenendo un sorriso, il Tensai fu pronto a dare il via al suo piano: spiazzare l'altro con una proposta indecente.

Qualcosa di così assurdo che mai avrebbe messo in pratica, ma abbastanza sconveniente da fare capire alla volpe che lui era il suo compagno, non un cuoco o un posto comodo su cui dormire.

Cercando di non arrossire troppo, prese fiato e parlò.

 

“Vorrei che prendessi una collana di perle, finte ovviamente, la arrotolassi attorno al mio sesso e la usassi per masturbarmi. Su e giù. Su e giù, fino a farmi venire nella tua mano e...”

“Fermati.” lo interruppe la volpe, con voce pacata.

Stupito da quel tono, il rossino lo guardò in viso.

“Ru!” sobbalzò alla vista del sottile rivolo di sangue che colava da una narice.

Senza perdere tempo, Hanamichi prese un fazzoletto dalla tasca dei pantaloncini neri e glielo porse preoccupatissimo.

“T-Ti senti male? Vuoi stenderti?” domandò con fare concitato.

“Oh, sì, Do'hao!” replicò l'altro dopo essersi pulito.

Troppo tardi, il Tensai vide il lampo di malizia che attraversò gli occhi azzurro cielo della sua volpetta.

Un secondo dopo era steso per terra con Rukawa addosso e la sua lingua in bocca.

 

Continuando il loro bacio, il giovane dai capelli d'ebano ripensò alla richiesta del suo ragazzo.

Era la prima volta che il suo Do'hao parlava in modo così esplicito... e che fantasia che aveva!

 

 

“Ru? Come stai?” gli domandò Sakuragi, cingendogli il collo con le braccia.

Specchiandosi nei suoi occhi scuri, lucidi e preoccupati, l'eccitazione che stava provando Kaede si trasformò in tenerezza infinita.

Tirandolo a sedere gli prese il viso tra le mani e gli baciò la punta del naso, facendogli così capire che era tutto a posto.

 

“Cos'è successo?” chiese il Tensai, dimostrando per l'ennesima volta tutta la sua ingenuità.

“Indovina!” sbuffò Rukawa con un mezzo sorriso.

“...?”

Evidentemente non trovava possibile che si fosse eccitato per la cosa che gli aveva appena chiesto.

A volte la volpe aveva l'impressione di stare con un bambino di un metro e novanta.

Avvicinandosi al suo orecchio, gli bisbigliò un paio di frasi comprendenti le parole: ormoni, eccitazione ed epistassi.

 

“Ma... MA! Mi hai fatto prendere un colpo e tu invece... invece...!”

Una volta tanto a corto di parole, Hanamichi decise di limitarsi a guardarlo oltraggiato.

“E non vedo l'ora di metterla in pratica!” lo informò il compagno, chinandosi per unire nuovamente le loro labbra.

“Come in pratica!? Ma non è mica una cosa fattibile!” sobbalzò il ragazzo dai capelli rubino.

Quello non era previsto nel suo piano: Rukawa doveva rimanere allibito dalla sua proposta assurda e basta.

“Piccolo, se sia fattibile o no, lo decideremo dopo essere passati in bigiotteria!” fu l'inquietante risposta di Kaede, che ricominciò a baciarlo.

Il grande Tensai cominciò seriamente a temere che il suo piano gli si sarebbe rivoltato contro.

 

“Kitsune?”

“Hn?”

“Dobbiamo rientrare in casa!” gli disse il rossino, tentando di fermare quella volpe-piovra.

“Non è il momento!” lo zittì Kaede con voce dura.

“Non volevi il budino al latte?” gli ricordò, giocando la sua ultima carta.

Le voci del parentado si stavano avvicinando e si ricordava fin troppo bene la vergogna del mattino precedente.

Con uno sbuffo insoddisfatto, Kaede si alzò in piedi, prendendolo per mano.

“Andiamo prima che sia troppo tardi!” borbottò imbronciato.

Sakuragi provò a fare un paio di passi ma poi fu costretto a fermarsi, trattenendo a stento un lamento.

 

“Ehi?” lo chiamò preoccupato il suo compagno, guardandolo con attenzione.

Il suo Do'hao aveva uno sguardo sofferente.

“N-no niente. Ah... I-Incamminati tu. A-Adesso arrivo e...” balbettò il rossino, chiudendo gli occhi per non permettergli di scoprire la verità.

“Do'hao! Non farmi incavolare!” sibilò la volpe, seriamente preoccupata per lui.

“Dannazione! – sbottò il Tensai afferrandogli una mano e posandosela tra le gambe – Capito, Baka?”

“Hn!”

Tastando la compattezza del suo sesso, il cervello di Rukawa rischiò un cortocircuito.

Era eccitato.

Hanamichi era talmente eccitato da non riuscire a camminare.

 

“S-Stamattina non ho fatto la doccia... Come scusa per andare in camera è...?” azzardò il rossino, cercando un modo per uscire il prima possibile da quella situazione mortalmente imbarazzante.

“Hn!”

Senza pensarci due volte Kaede lo prese in braccio, dirigendosi a passo più che spedito verso la porta di servizio, che dava sulla cucina.

Con il parentado in spiaggia, fu per loro un gioco da ragazzi correre in camera senza essere visti.

Mentre veniva depositato sul letto, Sakuragi arrivò ad un'importante conclusione: il sesso poteva essere un gioco davvero pericolo.

 

Kaede gli sfilò i pantaloncini, infilandogli una mano sotto la maglietta aderente alla ricerca dei capezzoli.

Sentendolo inarcarsi, decise di prepararlo per poterlo prendere senza fargli del male, ma bastarono due dita nel suo corpo per far venire il rossino, che si macchiò il ventre con il proprio sperma caldo.

 

Continuando a gemere senza controllo, Hanamichi allargò maggiormente le gambe, invitando tacitamente il compagno a penetrarlo senza ulteriori perdite di tempo.

Ubbidiente ed eccitato, il volpino si calò i propri pantaloncini e lo prese con una spinta fluida, lasciandosi sfuggire un lungo gemito.

Le spinte divennero poi sempre più veloci e serrate, fino a quando non si fu riversato completamente dentro il suo Do'hao, alle prese con il secondo orgasmo.

 

Stesi l'uno sull'altro impiegarono diversi minuti per riprendersi dal piacere appena condiviso.

“Adesso la doccia è diventata necessaria!” commentò il rossino, ridendo contro la spalla bianca del suo compagno.

“Hn.”

 

Kaede lo prese per mano e lo portò in bagno.

Bastò la vista dell'acqua che scivolava lungo la schiena scultorea del suo modello preferito, per fargli decidere di proseguire ciò che avevano appena finito.

“Kitsune Hentai!” rise di nuovo il rosso, sentendosi ghermire da dietro da mani ben conosciute.

“Do'hao peccaminoso!”

 

Hanamichi gli afferrò il sesso teso, gemendo contro la sua spalla chiara.

Lacrime di puro godimento solcarono le sue guance, andando a mischiarsi con l'acqua tiepida della doccia.

 

Non ci poteva credere: era bastata quella frase sulla collana di perle per farlo eccitare come un animale.

Inghiottendo la vergogna, masturbò la sua volpetta che ricambiò le sue stesse attenzioni fino a quando non si riversarono l'uno nella mano dell'altro, scivolando sulle mattonelle del vano doccia.

 

Quando l'acqua divenne ghiacciata, i due decisero che era giunto il momento di riprendere contatto con la realtà.

Dopo essersi asciugati con amorevole cura, si rivestirono inframezzando gli abiti con qualche bacio fugace, pronti a raggiungere il resto della famiglia in spiaggia.

 

Annotazione mentale di Kaede Rukawa: costringere il suo Do'hao a parlargli più spesso delle sue fantasie sessuali.

 

 

 

 

“Siamo ancora al mare... Sì, sì! Domattina torniamo... Perfetto, allora ci vediamo nel pomeriggio... Il mio appartamento è integro o me lo hai già raso al suolo? Scemo! A domani!”

Michael chiuse la comunicazione e posò il cellulare sul tavolino accanto a sé, per poi ricominciare a spalmare l'olio solare sulla schiena del suo ragazzo.

“Arthur sta bene?” gli domandò Kei, stupito dal suo silenzio.

“Sì, sì! Mi voleva solo avvertire che aveva finito il trasloco. Mio fratello è un lampo quando si tratta di qualcosa che gli interessa!” sospirò il manager, scuotendo il capo.

“Quanti anni ha?” gli chiese il giovane, voltandosi a guardarlo.

“Trenta. Fa il fotografo da più di dieci anni. Sono contento che abbia accettato di lavorare per l'agenzia di Hanamichi, così Kazuya potrà fargli da assistente. Con lui imparerà in fretta il mestiere, ne sono sicuro!”

 

“Si è sempre occupato di moda?” continuò a chiede Kei.

“No, lui ha cominciato facendo il fotografo a bordo campo durante le mie partite di basket ed è rimasto nel settore sportivo. È solo da un paio di anni che è passato alla moda. Lo trova più divertente.”

 

“Capisco...”

“Ehi! Cos'è? Devo essere geloso?” scherzò Kant, baciandogli una guancia accaldata.

“Scemo! Stavo solo pensando che Hanamichi potrebbe trovarsi meglio con lui... sai bene che l'altro fotografo non ha fatto una bella fine...” borbottò, arrossendo al ricordo.

 

“Già, poverino!” annuì il biondo, ripensando a come il poveretto era stato quasi linciato da nonna Kikyo e da Kaede, reo di aver tentato di fotografare il rossino completamente nudo.

Nonostante avesse spiegato loro che l'idea era stata dello sponsor e non sua, l'uomo non era riuscito ad evitare un paio di cazzotti da parte della vecchietta e un braccio lussato dalla volpe inviperita.

Da quel momento in poi, sui contratti del rossino era stato segnalato a caratteri cubitali la clausola: 'niente nudo'.

“Spero si trovi bene in Giamaica!” si augurò il giovane Rukawa, riferendosi al luogo che l'uomo aveva scelto come meta del suo esilio.

“Yohei lo aveva avvertito che il rosso aveva due guardie del corpo parecchio pericolose. Comunque non c'è da temere: Arty è uno che impara in fretta, soprattutto dagli errori altrui!” scherzò Michael, stendendosi accanto a lui.

 

“Hana sarà l'ultimo dei suoi problemi, a patto che tenga le mani a posto, s'intende!” commentò il ragazzo, guardandolo di sbieco.

“Ahia. Effettivamente, il figlio del presidente è un osso duro.” ammise Kant, cominciando a preoccuparsi per il fratello.

“Ryo è un bravissimo modello, ma ha un carattere orribile, almeno così dicono Kumy e Yohei. L'unica persona con cui non ha mai attaccato briga è la piccolo Kikyo! Mmm... ora che ci penso anche con la nonna non ha mai discusso, sarà che ne è terrorizzato e fugge ogni volta che la intravede all'ingresso...”

“Meno male che lui e Hana non si sono mai trovati a lavorare insieme o si sarebbero trucidati. Ma Arty non avrà problemi. Nello sport ci sono dei giocatori con una sindrome da prima donna da fare invidia agli attori di Hollywood! Sono certo che quel ragazzino non gli darà alcun tipo di problema!”

“Ragazzino, eh?”

“Beh, sì! Quanti anni potrà avere quel Ryo? Sedici... diciassette...”

“Ha la mia età.” gli disse Kei, cercando di non ridere della sua espressione imbarazzata.

“Ah, beh! A-Allora non è poi così.. così...” balbettò l'uomo, cercando di terminare la frase.

Il problema della loro differenza d'età lo metteva sempre a disagio.

 

Sentendolo ridere sommessamente, lo guardò sospettoso.

“Mi stai prendendo in giro?”

“Un po'.” ammise Kei, dandogli un veloce bacio sulle labbra, certo così di rabbonirlo.

Michael scoppiò in una fragorosa risata che accolse involontariamente l'arrivo in spiaggia di Hanamichi e Rukawa.

 

 

 

“Argh! R-Ridono di noi? Ho qualcosa di strano in faccia? Ho il costume al contrario?” si agitò subito il Tensai, con la coda di paglia.

“Do'hao! – sibilò la volpe – Non lo abbiamo mica scritto in faccia che abbiamo scopato come ricci per quasi...!”

“Non dirlo! Mi vergogno! – borbottò il rossino, che ancora non si capacitava del proprio comportamento osceno – Tua sorella deve aver riempito a mia insaputa le mie torte di Ini-Biny, ecco! Non c'è altra spiegazione!”

“Hn. O, più semplicemente, sei un maniaco peggiore di me!” replicò Kaede, giusto per pungolarlo un po'.

“Sei...sei...! Troverò un aggettivo adatto entro la fine della giornata!” promise il Tensai, andando a salutare la piccola Kikyo che lo aspettava con le manine puntate verso di lui.

 

“Mamma mio, fatto castello!” lo salutò Kikyo-chan, mostrandogli paletta e secchiello.

“Ma che brava che sei! Io vado a preparare la merenda, tu stai qui a giocare ancora un po' con Kanata, va bene?”

“No, con mamma mio!” replicò la bimba.

“Va bene. Andiamo a cucinare i budini al latte, allora! – le disse il ragazzo, inginocchiandosi ad un paio di metri da lei – Vieni qui e andiamo!” le sorrise, tendendo le braccia verso di lei.

 

La piccola si grattò il naso, un po' confusa, poi cominciò a gattonare per la prima volta in vita sua, fino a raggiungerlo con un gran sorrisone stampato sul viso.

“Arrivata, mamma!” trillò felice.

“Sei stata bravissima! Come premio ti meriti una merenda grandissima!” le disse il rossino, sollevandola con un braccio.

“Grande-grande come mamma mio?” volle sapere lei.

“Certo! – le rispose il ragazzo scompigliandole affettuosamente i capelli neri – Nezumi ci aiuti, vero?” chiese poi al topino.

Kanata annuì e li raggiunse dopo aver chiuso il suo nuovo libro, prendendo per mano il rossino.

 

 

Kaede vide il suo ragazzo rientrare in casa insieme ai due bambini e sospirò sconsolato: il Do'hao adesso era tutto per loro.

 

“Due a uno, Kae. Sei in svantaggio!” commentò Akira, che aveva assistito alla scena dalla sua sdraio.

“Hn. E tu sei ancora da solo.” replicò la volpetta, andando dietro al proprio ragazzo, nascondendo un sorriso all'idea che Mitsui senpai stesse ancora tenendo il fratello maggiore sulla corda.

Meno male che Hanamichi non aveva ancora acquisito quella maestria nei suoi confronti o sarebbe stato nei guai.

 

 

 

 

Seduto a pochi passi dalla riva, Hisashi trattenne una risata, di fronte all'espressione sconsolata del proprio ragazzo.

Era giunto il momento di perdonarlo, si disse, facendogli segno di raggiungerlo.

Ad essere sinceri, Sendoh non aveva fatto proprio niente, a parte l'essere stato un po' troppo maniaco.

Ma era così che Mitsui lo teneva a bada: quando tendeva ad esagerare con proposte un po' troppo indecenti, lui si fingeva offeso per ventiquattro ore, giusto il tempo di placare i suoi bollenti spiriti e poi lo perdonava.

“Hisa?” si sentì chiamare dal porcospino, che lo aveva ormai raggiunto e lo stava abbracciando con tenerezza.

“Perdonato. Ma non farlo più!” gli intimò, posando la testa sulla sua spalla.

A casa loro potevano fare quel che volevano, ma quando erano in compagnia doveva imparare a darsi una calmata.

“Mi devi risarcire del tempo perduto.” mugugnò il porcospino, fingendosi offeso.

“A casa nostra. – sentenziò la guardia – E poi... mi manca tanto Happy!” scherzò, ridendo come un matto di fronte alla faccia oltraggiata del suo ragazzo.

Ma davvero era geloso del loro vibratore?!

“Cattivo! Cattivissimo! Super-cattivissimo e...” stava borbottando Akira, imbronciato come un bimbo.

“Sei tutto matto!” sogghignò Hisashi, scuotendo il capo.

“Sono un romantico! Non a caso compio gli anni il giorno di San Valentino!” replicò piccato.

“Volevi farlo in piscina in pieno giorno.” gli ricordò Mitsui con voce incolore, limitandosi ad alzare un sopracciglio.

“Che c'entra! La gente che si ama, fa l'amore in continuazione!” gli disse, per nulla pentito.

 

Hisashi sospirò scuotendo mestamente il capo, deciso ad interrompere quella conversazione: ormai amava quello psicopatico, che ci poteva fare?

 

 

 

“Mamma porta fuori bimba?” domandò Kikyo, seduta sul suo seggiolone.

“Certo! Stasera andiamo a cenare fuori. Domani torniamo a casa. – le disse il rossino, mentre mescolava zucchero, latte e farina di riso in una pentola – Te lo avevo promesso!”

“A me bughìno grande-grande!” gli ricordò, guardandolo accendere il fuoco, continuando a mescolare gli ingredienti.

“È il tuo premio! Hai gattonato benissimo!” si complimentò il rossino, facendole l'occhiolino.

Terminata la cottura, Kanata aggiunse l'acqua di rose, mentre Kaede finiva di tritare le mandorle.

“Hn...”

“La richiesta è stata tua e tu ci aiuti, vero Nezuni?” scherzò Hanamichi.

“Esatto!” annuì il bimbo, ridendo dell'espressione annoiata del fratello maggiore.

 

 

Messo il tutto in una ciotola di vetro che ripose in frigo, Sakuragi si stiracchiò pigramente.

“Le mandorle vanno messe all'ultimo, poco prima di servire il budino. Abbiamo fatto tutto anche oggi, che ne dite di andare a fare un ultimo bagno prima di fare merenda?” propose riprendendo in braccio la bimba.

“Nuoto uguale Tata!” gli disse Kikyo, mentre veniva riportata in spiaggia.

“Sei bravissima, tu! – le sorrise il Tensai, sedendosi sulla riva insieme alla volpe – Kitsune, controlla quei due.” gli ricordò poi, indicando con la testa i poveri Mito e Kazuya, che sentirono di nuovo lo sguardo gelido di Kaede puntato dietro la schiena.

 

“Questo si chiama terrorismo psicologico!” guaì il fotografo, per nulla supportato dalle ragazze che gli risero praticamente in faccia.

“Siamo soli!” sospirò Yohei, ben sapendo che il suo migliore amico non lo avrebbe aiutato in quella circostanza per non fare torto alla sua Kitsune.

 

 

 

 

La serata passò nella più totale allegria, con Akira al settimo cielo per aver fatto pace con Hisashi e i due bambini coccolati da tutti.

Meno bene era andata alle due coppie etero del gruppo, che non potevano nemmeno tenersi per mano senza le occhiatacce dei due ex giocatori dello Shohoku; ma per il resto, tutti crearono dei bellissimi ricordi di quella breve vacanza al mare.

 

Il mattino seguente la famiglia ritornò a Kanagawa dividendosi in tre macchine.

Hanamichi mise i due animali domestici nelle rispettive gabbiette e li caricò nella Toyota otto posti dell'inventore insieme ai bagagli.

Viaggiare in diciassette era davvero complicato.

Così come lo era cucinare, rifletté il ragazzo.

Almeno la piccola Kikyo, che mangiava ancora omogeneizzati e latte, non era mai conteggiata nei pasti.

Dessert esclusi, ovviamente, si disse il giovane, prendendo posto in auto accanto alla sua volpetta.

“Dov'è la nonna?” domandò all'improvviso, rendendosi conto di non essere stato palpato mentre caricava l'auto.

“Hn?!”

 

Il rossino si sporse dal finestrino chiedendo al resto della famiglia di restare immobile.

Kyosuke e Katy erano in macchina, insieme a Kikyo-chan, a Mitsui e Akira e alla volpe.

Nell'auto di Michael c'erano Kei e le due ragazze che tenevano in grembo le due gabbiette, per tranquillizzare gli animali durante il viaggio.

Nella macchina del preside erano già saliti a bordo sia Karen che Kazuya, Kanata e Mito.

 

“Abbiamo perso Kikyo-san! – esclamò Hanamichi, continuando a guardarsi attorno – Ma la sua valigia è qui!”

“Mi sa che è ancora all'altra spiaggia. Ieri sera c'era un altro falò. Vado a recuperarla!” disse Karen, scendendo dall'auto.

 

Mezz'ora dopo ritornò con la nonnina in spalla che inveiva contro i figli degeneri, che toglievano i pochi divertimenti nella vita ormai al tramonto di povere vecchiette indifese.

Una volta recuperato anche l'ultimo membro della famiglia, ben lieto di poter stare vicino al suo Culetto d'oro che non palpava dalla sera prima, poterono finalmente partire alla volta di Kanagawa.

 

 

 

 

“Cara, ma quelli laggiù non sono i coniugi Yoshimoto?” domandò l'inventore quando, un'ora dopo, furono a pochi metri dal cancello di casa.

“Hai ragione. Ma perché sono in pigiama in mezzo alla strada?” si chiese Katy, scendendo dall'auto per avvicinarsi ai due anziani.

Nonostante la stravaganza dei Rukawa, quei due vecchietti erano i loro vicini di casa da quasi vent'anni e non avevano mai dato peso alle stramberie di quell'assurda famiglia.

Vederli così sconvolti preoccupò seriamente la pittrice.

 

“Signora Rukawa! – singhiozzò la donna più anziana non appena la vide – Fuggite, presto! Anche voi siete in pericolo! In casa nostra ci sono i fantasmi!” rivelò loro, gettando i presenti nel più profondo stupore.

 

 

FINE QUARTA PARTE