DISCLAMER: T. Inoue li fa e io li accoppio ^___^

 

RINGRAZIAMENTI: a tutti i fans della nonnina hentai e ai lettori delle mie fic, che ancora non si stancano del livello della mia follia.

Un gigantesco GRAZIE a Seika per la sua  gentilezza e alla bissa per le traduzioni. Se Hana ha potuto dare i suoi soprannomi animali è merito di una Bissa! XD

Ovviamente, un enorme bacio alla mia super-omonima LilyJ!

 

NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''

 

Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke.

Kyosuke: il capofamiglia, inventore.

Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice.

Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino)

Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^)

Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro (Ookami=lupo)

Kazuya: gemello di Kurumi, è il più sensibile dei fratelli. È cotto di Hikaru (Kojika=cerbiatto)

Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo)

Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala)

Karen: 'sorella' di Kyosuke

Kei: figlio di Karen, coetaneo di Kaede e Hanamichi (Itachi=donnola)

 

Altri personaggi:

 

Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi.

Aron  Tsume: giocatore dello Shohoku (Hiyoko=pulcino)

Shane Sato: ala piccola/guardia (Kenaga=lunga coda)

Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai (Shiro=bianco)          

 

 

          

     

    

          

          

       




 


 

 

Strange Family III

 

capitolo X

 

di Gojyina-chan

 



Kei si risvegliò, sentendo uno strano calore e un profumo vagamente familiari circondarlo protettivamente.

 

Ancora in stato di dormi-veglia, avvertì un tocco delicato sfiorargli una guancia e poco dopo, una bocca posarsi sulla sua fronte.

 

Che stesse ancora sognando?

 

Cercò di ricordare gli ultimi avvenimenti.

L'uscita con i cugini, il Love Hotel, Michael che lo trascinava a casa sua e...

 

“Oh, cazzo!” sobbalzò sollevandosi sui gomiti, cercando di guardarsi attorno, nonostante i capelli  fossero andati a coprirgli completamente il viso.

 

“Sembri cugino It, quello degli Addams! - rise Kant, scostandogli quella massa di fili scuri per poterlo guardare negli occhi – Che strano modo di svegliarsi!” commentò, divertito dal suo stupore.

 

“Oh, cazzo!” ripeté il ragazzo, andando a nascondere la faccia nell'incavo della sua spalla.

 

Adesso sì che ricordava tutto e anche piuttosto bene.

Avevano fatto l'amore.

 

“Mmm... Secondo me, buongiorno, sarebbe più appropriato, ma fai come vuoi! - lo prese in giro il biondo, accarezzandogli distrattamente il petto, entrando così in contatto con il suo piercing - Ehi! Questo lo togli prima di giocare, vero? È pericoloso!” borbottò, accigliandosi.

 

“Non cominciare a farmi la predica!” lo minacciò Kei, imbronciandosi.

“Vorresti che dicessi... o facessi, dell'altro?” domandò Michael sensualissimo, chinandosi a baciargli le labbra.

 

Bastò quel semplice tocco a risvegliare la libido del ragazzo.

 

Kei si mise a cavalcioni sul suo uomo, mentre questi si sollevava per appoggiare la schiena contro la testata del letto, artigliandogli i fianchi con le sue grandi e calde mani.

 

Facendo leva sulle sue spalle larghe, il bel giocatore si impalò sul sesso granitico dell'allenatore, inarcandosi violentemente.

 

Michael era ammaliato da quel giovane corpo, flessuoso come un giunco, guardandolo affascinato mentre saliva e scendeva su di lui.

 

Lo aiutò nei movimenti, aumentando il ritmo di quell'erotica danza, portando entrambi al piacere totale.

 

Kei si accasciò su di lui, posando la fronte sudata sulla sua spalla, incredulo.

 

Non gli era mai successo di infiammarsi in quel modo.

Bastava uno sguardo di Michael o una carezza o una mezza frase... o semplicemente la sua presenza, per trasformarlo nel primo caso mondiale di autocombustione.

 

Quel flusso di pensieri fu bruscamente interrotto dal suono di un'ambulanza che squarciò l'aria, facendolo trasalire.

Prontamente, la stretta di Michael divenne ferrea.

Un braccio attorno alla sua vita e l'altro sulla schiena, prodigandosi in lunghe carezze rilassanti.

 

Kei attese che quel suono acuto si perdesse in lontananza, inghiottito dal traffico cittadino, prima di alzare il viso per poter guardare il suo uomo negli occhi.

 

Stava bene, non era svenuto.

Quel suono acuto gli aveva sempre ricordato il giorno in cui aveva visto il cadavere di Kim.

Le grida degli studenti, i soccorsi... il senso di colpa soffocante.

Aveva sempre tremato, sopraffatto da un freddo glaciale.

Solo e disperato.

 

Ma adesso no.

Ora c'erano le braccia di Michael a difenderlo e a dargli calore.

 

“Kim stava sorridendo.” si limitò a dire, affondando il viso su quel petto largo.

“Scusa?!” sbottò Michael, confuso.

“Quando l'ho trovato in... in terra... lui... stava sorridendo.” balbettò il ragazzo dai lunghi capelli neri.

 

Sorrideva sereno.

Era stata proprio quell'espressione felice a tormentarlo per tutto quel tempo.

Non aveva capito niente di suo fratello, ma nemmeno Kim si era sforzato di parlargli.

Aveva scelto la sua strada in piena libertà, adesso Kei avrebbe fatto lo stesso.

Non aveva la minima idea della destinazione, ma sapeva con chi avrebbe percorso il suo lungo cammino.

 

Accanto all'uomo testardo e onesto che gli stava baciando una tempia, stringendolo in una morsa quasi soffocante.

Sì!

Sarebbe stato decisamente un ottimo compagno di viaggio.

 

 

 

Passarono insieme quasi due giorni e mezzo.

 

In quel lasso di tempo, Kant aveva telefonato a Karen per avvertirla che il figlio si trovava da lui e di non preoccuparsi più; aveva poi chiamato anche il signor Anzai che si era dichiarato felice di accettare le sue dimissioni, dato che finalmente il suo allenatore in seconda e il giovane Rukawa erano in pace con loro stessi e avevano trovato l'amore.

 

Michael era anche riuscito a conoscere il vero Kei, un ragazzo molto dolce e sensibile, ma con un'innata sensualità capace di mandare a quel paese il suo leggendario autocontrollo.

 

“Apri la bocca!” mormorò Kant, avvicinando un acino alle sue labbra.

 

Stesi sul letto, i due stavano cenando con della frutta fresca, ideale in quei giorni di caldo torrido.

 

Uva, fichi, fragole e altro ancora, imboccandosi l'un l'altro, tra sguardi maliziosi e morbidi baci.

Michael aveva scoperto d'amare i sorrisi di Kei, che apparivano all'improvviso, illuminando il suo viso con una tale intensità da renderlo quasi una creatura angelica.

 

Era un ragazzo davvero speciale e lui lo amava da morire nonostante la differenza d'età e tutto il resto.

 

“Dannazione! Sei troppo bello!” sospirò l'ex allenatore, coprendosi il viso con una mano.

“Dici davvero?!” s'accigliò Rukawa, poco convinto.

 

“Certo! Sei bello, gentile, appassionato... e hai solo diciotto anni!” gemette, ricordando quel tasto dolente.

“Vero! Tu quanti ne hai? Quaranta? Cinquanta?” domandò lui, cercando di sembrare serio.

 

EHI! Non esageriamo! Ne ho solo trentaquattro!” borbottò il biondo, arrossendo furiosamente.

“Sei proprio un vecchio pervertito! - sussurrò Kei, avvicinando le loro labbra – E la cosa mi eccita molto!” gli confidò, accarezzandogli il petto.

 

“Ti piacciono gli anziani, eh?Ma allora la mente perversa è proprio la tua!” rise Michael, accarezzandogli il sesso teso.

 

Il giovane s'inarcò sotto di lui, allargando le gambe per offrirsi completamente al suo sapiente tocco.

 

“Maestro, maestro! Mi insegni a fare le cosacce!” mormorò la guardia, con uno sguardo scandalosamente provocante dipinto negli occhi.

 

“Mmm... Si può fare!” accettò Kant, afferrandolo per i fianchi con un movimento veloce e imprevisto.

 

Si sedette sul letto e lo costrinse a posare la schiena sul suo petto, mordendogli piano il lobo dell'orecchio e il collo.

 

“Toccati! - sussurrò sulla pelle fremente – Voglio guardarti mentre ti dai piacere!” continuò, aiutandolo a fare leva sulle sue ginocchia nivee, per poter andare incontro alle sue prime spinte.

 

Soggiogato da quel tono di voce così basso e ferocemente eccitato, Kei ubbidì, iniziando a toccarsi piano, mentre le mani di Michael scendevano sui suoi glutei e sulla vita sottile.

 

Appena cominciò ad accarezzarsi il sesso, sentì quello del suo uomo penetrarlo in profondità, costringendolo a gemere e inarcarsi senza controllo.

 

“Continua a toccarti!” gli ordinò il biondo, guidando le sue mani sul sesso teso del ragazzo che ricominciò a darsi piacere, ipnotizzato dalla voce di Kant che lo vezzeggiava, incoraggiandolo a lasciarsi completamente andare.

 

Gli posò i palmi delle mani sul ventre e gli accarezzò i testicoli pieni, mandando in frantumi l'autocontrollo del ragazzo che prese a muoversi più velocemente, fino a raggiungere il piacere, trascinandolo con sé.

 

Ricaddero l'uno sull'altro, appagati, stanchi e profondamente innamorati, sorridendosi finalmente felici.

 

All'ora di cena si risvegliarono, decidendo di fare una doccia rinfrescante, ovviamente insieme.

Dopo, Michael si offrì di asciugare i suoi lunghissimi capelli neri e lo trascinò sul letto, accendendo il phon.

 

Con grande perizia, gli massaggiò la cute, mentre osservava quelle chilometriche ciocche color catrame ondeggiare come flutti notturne.

 

Soffocato da tutto quel calore e quella dolcezza, Kei si abbandonò sul suo petto, in uno stato di semi-incoscienza.

 

Mai era stato vezzeggiato in quel modo e ne era lusingato e anche po' imbarazzato, per l'affetto che traspariva nei gesti di Kant.

 

L'ex allenatore finì il suo lavoro e lo stese sul letto, ammirando le sue gote arrossate e gli occhi lucidi e socchiusi.

 

Senza esitazioni, si chinò su di lui, per poterlo nuovamente toccare.

Sembrava non bastargli mai e averlo tra le mani così vulnerabile e arreso, aveva risvegliato tutto il suo desiderio.

 

Kei lo sentiva muoversi e ansimare su di sé e finalmente comprese la differenza tra fare sesso e fare l'amore.

 

Nel primo caso tutto ruotava attorno alla voglio di ottenere l'appagamento, mentre nel secondo c'era la necessità di dare più piacere possibile al proprio partner.

 

“Michael... Ti... Ammm...” ansimò afferrandolo per le spalle, così da poter muoversi al ritmo delle sue spinte.

 

“Anch'io, piccolo. Tantissimo!” gli sorrise l'uomo, baciandolo profondamente, come a voler suggellare una sorta di patto con lui.

 

Era davvero felice.

Per la prima volta si sentiva completo e appagato.

 

Ovviamente quei sentimenti lo spaventavano non poco, ma Kei aveva deciso di rischiare e riprovare a vivere.

 

Insieme a lui.

 

 

 

Michael accompagnò a casa il suo bel ragazzo.

 

Mano nella mano andarono prima nella dependance di Kei, dove il giovane si cambiò velocemente indossando una maglietta nera smanicata e un paio di jeans chiari ed entrarono poi dalla porta della cucina per salutare i parenti.

 

Karen appena li vide sgranò gli occhi, per poi sorridere tra le lacrime di commozione scorgendo nello sguardo del figlio la sua innata dolcezza, che credeva perduta.

 

“Sei tornato! - sospirò, stringendolo a sé – Grazie, socio!” scherzò, facendo l'occhiolino al giovane ex allenatore.

 

“Socio a chi?! Non ho mai accettato di lavorare con te!” borbottò Michael, diventando oggetto dello sguardo di madre e figlio.

 

“A me sembrava di sì!” sogghignò fintamente perplessa, rivolgendosi a Kei.

“Anche a me!” rispose il ragazzo, con il medesimo sorriso.

“Sono stato incastrato.” ammise Kant, ridendo sommessamente.

 

“Ma che succede di là?!” domandò il ragazzo dai lunghi capelli neri, accorgendosi della strana atmosfera che regnava in soggiorno.

 

I due rossini indossavano la giacca e c'erano delle valigie accanto alla porta principale.

“Si trasferiscono in Francia con la mamma.” sussurrò Karen, senza poter nascondere la sua tristezza.

           

 

 

Si erano riuniti tutti per salutare i due ragazzi in partenza, ripromettendosi di non commuoversi per evitare di peggiorare la situazione.

 

Inevitabili furono gli sguardi rivolti a Kaede, seduto sul divano abbracciato ad Hanamichi e a Kazuya, che stringeva a sé la piccola Hikaru.

 

Il suono di un clacson spezzò quell'atmosfera di finta quiete.

 

Era giunto il momento dei saluti.

 

I due rossini abbracciarono gli amici di sempre.

Kurumi promise che si sarebbero sentiti tutte le sere al telefono e Mito augurò tanta felicità al fratello di sempre.

 

Hanamichi ringraziò Kyosuke e Katy per l'ospitalità e l'affetto e si lasciò toccare un'ultima volta il di dietro dalla nonnina-hentai.

 

“Palpatina d'arrivederci! Ciao, Culetto d'oro!” sorrise l'anziana, stringendolo forte a sé.

 

Akira e Mitsui augurarono buon viaggio ai due ragazzi, cercando di apparire sereni e felici per loro.

Dopotutto avrebbero riavuto la loro famiglia, doveva essere un motivo di gioia, no?

 

Kanata fu l'unico a non presentarsi.

Nascosto dentro l'armadio del soggiorno, non aveva alcuna intenzione di dire addio al suo primo, grande amico.

 

Tra le braccia della mamma, Kikyo-chan guardava Hanamichi con gli occhioni lucidi.

Aveva intuito che stava succedendo qualcosa di brutto e la tristezza che la circondava ne era una tremenda conferma.

 

“Bimba, promettimi che non piangerai!Appena compro il videotelefono ci vedremo tutte le sere, promesso!” le giurò il rossino, dandole un tenero bacio sulla fronte.

 

“No piange bimba!” rispose lei, salutandolo con la manina.

 

Arrivò, infine, il momento dei saluti più difficili: Kaede e Kazuya.

 

“Ru...” esordì Sakuragi, incerto, guardandolo in viso.

“Vai, Do'hao o perderai l'aereo!” sbottò Rukawa, smentendo quel tono sbrigativo con un bacio dolce e pieno d'amore.

 

“Ci sentiremo tutti i giorni, lo sai, vero?”

“Ovvio!”

 

“Ru...”

“A presto, piccolo!”

 

“...”

“...”

 

“Hana... la mamma ci aspetta nel taxi...” sussurrò Hikaru, stringendosi un'ultima volta al suo frastornato ragazzo.

 

“Ok, gente! Il Tensai va alla conquista del Louvre!” scherzò con un ultimo saluto generale

“Ciao!” sorrise la sorella, accomiatandosi da quella strana e meravigliosa famiglia con un cenno della mano prima di chiudersi la porta alle spalle.

 

 

 

La stanza sprofondò nel più assoluto sconforto.

 

Kazuya si lasciò cadere contro la parete più vicina, scivolando silenziosamente in terra.

Kyosuke si era seduto in cucina, fissando un punto imprecisato del pavimento, senza riuscire ad attivare la sua fervida mente d'inventore.

 

Persino Karen sembrava aver perduto la sua vitalità, limitandosi a stare a braccia conserte, appoggiando una spalla contro il frigorifero.

 

La nonnina d'improvviso sentì il peso di tutti i suoi anni gravarle sulle spalle e andò a sedersi sul dondolo con gli occhi chiusi.

 

Mito e Kurumi cercavano di farsi forza a vicenda, ma l'idea di aver perso in solo colpo i loro migliori amici era troppo angosciante per essere spazzata via da un semplice abbraccio.

 

Le altre due coppie, Sendoh e Mitsui e Michael e Kei se ne stavano in silenzio, increduli e a disagio.

 

Anche Katy sembrava l'ombra di se stessa.

Avrebbe dovuto andare a dipingere una serie nuova di tele per la sua personale a Tokyo, prevista per l'estate, ma non sentiva assolutamente nulla dentro di sé, eccetto un'enorme tristezza.

 

Tra le sue braccia, la piccola Kikyo guardava la porta che aveva mangiato il suo rossino.

“No piange bimba! No piange bimba, no, no.- mormorò tirando su col naso un paio di volte – Snif! No piange bimba! Snif! snif! snif! MAMMA!!!” scoppiò in lacrime, tendendo le manine verso quella maledetta porta ostinatamente chiusa.

 

 

 

In quel disastro generale, Kaede era rimasto seduto sul divano in silenzio.

Hanamichi non aveva voluto essere accompagnato fino al taxi e lui aveva accettato di buon grado, ma al suono di una macchina che partiva, allontanandosi velocemente, incominciò a sentire una fitta lancinante al petto.

 

Solo.

Era rimasto nuovamente da solo.

 

La vista gli si offuscò e un'inquietante ombra scura parve inghiottirlo inesorabilmente.

 

Ma nell'istante in cui anche l'ultimo spiraglio di luce stava per svanire, la porta si spalancò e i raggi purpurei del tramonto inondarono la sala ancora gremita.

 

“Budino o tiramisù?” trillò una voce inconfondibile, ridendo divertita.

 

“MAMMA!” esclamò Kikyo felice, mentre Kanata usciva di corsa dall'armadio per abbracciare Hanamichi, che prendeva in braccio la piccola Rukawa.

 

Katy osservò affascinata il gioco di luci e ombre sul viso di Hanamichi e sentì, nuovamente, scorrere in lei il sacro fuoco della sua ritrovata  creatività.

 

“Ma certo! Una serie 'Apollo al tramonto'! - esclamò entusiasta, correndo ad abbracciare il suo modello – Hana-pucci, disfa in fretta le valigie e poi vieni nel mio studio! - trillò soddisfatta andando in mansarda, pronta per una nuova serie di quadri mitologici.

 

Il rossino strinse a sé i due bambini intanto che Hikaru andava ad abbracciare i suoi più cari amici.

Incrociò lo sguardo di Kazuya, rimasto scioccatamente immobile di fronte a lei.

 

“Non potevamo lasciarvi!” spiegò sorridendogli tra le lacrime, lasciandosi abbracciare dal suo bel fotografo.

 

Kyosuke si alzò di scatto dalla sedia, schioccando le dita.

“Uno zerbino che da il benvenuto quando lo si calpesta! Questa sì che è una buona idea! - sbottò all'improvviso – Ciao ragazzi, bentornati, ci siete mancati tantissimo!” borbottò andando a rinchiudersi nel suo studio fino all'ora di cena.

 

 

Kaede era ancora in piedi, basito di fronte al suo Do'hao, convinto che fosse solo un'illusione ottica.

 

“Baka Kitsune!Non saluti il grande Tensai di ritorno dal suo lungo viaggio?” scherzò Hanamichi, sorridendogli con gli occhi lucidi di commozione.

 

“Do'hao! - sospirò, uscendo dal  torpore per abbracciarlo forte. Premendo la guancia contro la sua e sussurrandosi a vicenda parole di chiarimento – Perché?”

 

“Ru, sono morto a ogni passo. Arrivato al taxi... non ce l'ho proprio fatta!- ammise in un mormorio indistinto – Non posso stare senza di te!”

 

“E tua madre?” chiese la volpe, continuando ad accarezzargli il viso come a sincerarsi che fosse reale e tangibile.

 

“Ha capito tutto appena ci ha visto, secondo me un po' se lo aspettava. Ha promesso che tornerà quest'estate con i due bimbi e il marito per farceli conoscere; ha detto anche che troveremo un modo per poter stare insieme durante l'anno, tra vacanze e feste natalizie.” rispose Hiki, accarezzando una guancia a Kazuya, ancora un po' scosso e incredulo.

 

A malincuore Kaede si scostò dal suo Do'hao permettendo anche al porcospino e al cugino di salutare i due Sakuragi.

 

Karen stappò una bottiglia di spumante e preparò i bicchieri con l'aiuto di Kurumi e Hikaru.

 

Tutt'a un tratto, Hanamichi sobbalzò, arrossendo furiosamente.

 

“Kitsune! Ti pare il caso di farlo qui, davanti ai bambini? Brutto perv... Hm?!” sbottò confuso, accorgendosi che la volpe era ad almeno due metri di distanza dal suo fondoschiena.

 

NONNA!

 

“Palpatina di bentornato! - s'imbronciò la vecchietta, più pimpante che mai – Credo proprio che andrò a scrivere un'ode al tuo bel posteriore, Culetto d'oro!” gongolò, trotterellando in camera sua.

 

 

Tornata una parvenza di calma, Hanamichi e Kaede si recarono vicino alla fontana, per poter parlare con più tranquillità.

 

“Ehi?” lo chiamò la volpe, dopo un prolungato momento di silenzio in cui il suo Do'hao gli aveva voltato le spalle, come a voler riordinare le idee.

 

“Kitsune, la tua famiglia è completamente matta!” esordì il rossino, guardandolo finalmente negli occhi.

“Hn!” ammise Rukawa, annuendo gravemente.

 

“Sono stato avvelenato!”

“Hn!”

 

“Sono quotidianamente molestato da tua nonna!”

“Hn!”

 

“Sono diventato il Tensai dei pannolini e dei fornelli!”

“Hn!”

 

“Ma non esiste nessun altro posto al mondo in cui voglio vivere, perché qui con me ci sei tu!” sorrise Hanamichi, cingendogli il collo con le braccia.

“Hn!” approvò la volpe, chinandosi per unire le loro labbra in un lungo bacio.

 

 

 

Kaede allungò una mano per potergli accarezzare una guancia.

Era davvero lì.

Era tornato.

Anzi, non era proprio partito!

 

Avevano passato due giorni infernali.

All'inizio il Do'hao non ne aveva voluto sapere di lasciarlo, poi era riuscito a convincerlo quantomeno a parlarne con Hikaru.

I due Sakuragi avevano capito che l'assenza della madre aveva provocato in loro ferite più profonde di quanto avessero mai immaginato e  perderla nuovamente, non aveva fatto altro che acuire quella sofferenza.

 

Con la morte nel cuore, avevano capito di dover fare un tentativo per recuperare quel rapporto.

Ma non era stato facile dover scegliere tra la madre e l'amore.

 

Ovviamente, Rukawa era incredibilmente felice all'idea che il suo Do'hao fosse lì, tra le sue braccia, ma la preoccupazione per la sua salute gli impediva di godere appieno di quel momento gioioso.

 

“Il dolore della separazione ci stava dilaniando. - sospirò il rossino, rispondendo alla sua domanda – Ho sperimentato sia la mancanza di mia madre che la tua... E se la prima mi faceva stare male, la tua mi ha quasi ucciso! - mormorò sulle sue labbra – Per Hiki è stato lo stesso. Dopotutto lei nemmeno se la ricordava! Ma pensare di allontanarsi da Kazuya e dai nostri più cari amici è stato insopportabile anche per lei!”

 

“Hn.” mormorò la volpe, guardandolo con aperta perplessità.

 

“Ok, non accetterò mai la loro relazione! - ammise Sakuragi, nascondendo la fronte sulla sua spalla – Però, ho sperimentato in prima persona che al cuor non si comanda! - sorrise, prendendolo per mano – Anche la mamma l'ha presa bene! Ci ha detto che l'aver ritrovato quei figli che credeva perduti e l'essere stata accettata nuovamente nelle nostre vite, per lei, è stato quasi un miracolo!Quindi non ti devi più preoccupare, ok? Adesso sto bene, perché il Tensai si sente con la coscienza a posto!” annunciò serenamente, conducendo la sua volpetta fino al loro appartamento.

 

“Hn?”

“La mia coscienza è pulita... - mormorò il rossino maliziosamente – Ma il mio corpicino ha tanta voglia di sporcarsi!” gli confidò, con una sensualità quasi scandalosa.

 

Aveva bisogno di sentire Kaede, per avere l'assoluta certezza che non fosse cambiato nulla tra loro.

Un nanosecondo dopo, ebbe la sua risposta.

 

Rise di cuore, mentre Rukawa lo trascinava in camera da letto e chiudeva a chiave la porta alle loro spalle.

 

 

 

EPILOGO

 

 

 

Sakuragi e Mito stavano tornando a casa Rukawa dopo essere andati a fare la spesa per la festa prevista per quella stessa sera.

 

Lo Shohoku aveva vinto nuovamente il campionato nazionale per il secondo anno di fila.

 

“Kami! Ti ricordi quando Kikyo-san ha cominciato a inveire contro l'arbitro?!” sbottò Yohei, ridendo divertito.

“Già! E subito dopo ha  tentato di palpare il sedere del playmaker avversario!” borbottò il rossino, scuotendo il capo.

 

“Alla fine Kyosuke-san e Karen l'hanno dovuta imbavagliare! Stavo collassando! - esclamò il ragazzo dai capelli neri, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano – E Kikky che a fine partita t'ha chiamato mamma davanti a tutta la palestra? Dovevo filmarvi!”

 

Sakuragi rise al ricordo della finale più assurda nella storia del basket.

 

Effettivamente, a un certo punto, gli spettatori erano più concentrati sui Rukawa seduti sugli spalti che a quelli in campo.

 

La nonna ninfomane, la biondona procace avvinghiata al preside Ikeda, Kyosuke con degli enormi occhiali che fungevano da binocolo – il nome dell'invenzione era 'Binocchiali' o una cosa del genere -  Katy che indossava un vestito stile medioevo occidentale color rosso fuoco e la piccola Kikyo – diventata la reginetta degli spot pubblicitari di mezzo Giappone – di certo non passavano inosservati.

 

“Adesso avrai il tuo bel da fare tra me, Hiki e Kikky, vero?” chiese il rosso, sorridendo all'amico di sempre.

 

Dopo mesi di assedio da parte di alcune tra le più importanti agenzie pubblicitarie della nazione, sia Hanamichi che la piccola di casa avevano firmato un contratto con una di loro.

 

Molti soldi, poche foto e Kurumi e Yohei al settimo cielo, all'idea di fare loro da manager.

 

Anche Hikaru era stata coinvolta nel mondo dello spettacolo, dato che la piccola Kikyo aveva dimostrato una notevole bravura e un'incredibile predisposizione per il canto, a patto però che fosse la rossina a suonare per lei.

Forse perché lo conosceva bene e le era familiare.

Dopotutto, passava i pomeriggi in braccio al suo mamma udendo in sottofondo il suono del suo pianoforte.

 

La giovane Sakuragi aveva iniziato a riscuotere un certo successo scrivendo i jingles per gli spot interpretati dalla piccola e quando s'era scoperta la sua parentela con Hanamichi 'il giovane idol dalla folta chioma purpurea'  - come era stato ribattezzato dalla stampa nazionale – la ragazza aveva attirato l'attenzione di mezzo Giappone.

 

“Di che ti lamenti, tu? Hikaru è stata ammessa al miglior conservatorio del paese, vincendo anche una borsa di studio e grazie al suo lavoro non dovrai più preoccuparti di lei economicamente. Quelle due, insieme, sono un portento! - esclamò il ragazzo, entusiasta - È stata una grande fortuna scoprire che la 'specialità' della piccola Kikyo, coincide con quella di Hiki! Adesso puoi davvero permetterti l'università senza alcun tipo di problema! Mmm... Kaede non ha preso bene il tuo lavoro di idol?” domandò preoccupato, conoscendo perfettamente la possessività della volpe in questione.

 

“Sa come costringermi a farmi perdonare!” fu la sibillina risposta del bel rossino, che accelerò il passo dopo aver sbirciato l'orologio.

 

Avevano fatto un po' tardi.

 

Entrando dal cancello incrociarono Akira e Mitsui che stavano andando a fare due tiri in palestra in compagnia di Aron e Shane, stretti l'uno all'altro.

 

“Hana, ti va di venire a fare due tiri con noi? - gli domandò Tsume – In memoria dei vecchi tempi!” aggiunse, fingendosi sconsolato.

“Guarda che abbiamo giocato insieme fino all'altro ieri.” gli fece notare il rosso, sollevando un sopracciglio.

 

“Lo so, ma volevo fare il melodrammatico!” ammise il pulcino, sogghignando divertito.

“Scusalo, è completamente scemo!” sospirò Shane, sconsolato, prima di afferrare il proprio ragazzo per un orecchio e trascinarlo verso la palestra, inveendo contro di lui e le figuracce che gli faceva sempre fare.

 

“Ma che carini che sono! - trillò Akira, facendo gli occhi dolci al suo Hisashi – Anche tu mi tratti così quando ti faccio incavolare!”

“Sei pure autolesionista!? Ma le perversioni le hai proprio tutte, eh? - sbottò il tiratore da tre, alzando gli occhi al cielo – Hana, ti va di venire con noi a fare due tiri?” chiese poi all'amico, mentre sentiva le mani del suo personalissimo porcospino farsi strada lungo le braccia e l'addome.

 

“Mmm... più tardi volentieri, adesso è meglio che inizi a preparare almeno la merenda, o quei tre mi scuoiano vivo! - ammise il ragazzo, aprendo la porta di casa – Come stanno i miei tre broncetti preferiti?” li salutò, sorridendo preoccupato.

 

“Do'hao, fame!”

“In braccio mamma!”

“Hana, mi leggi un libro?”

 

Presa la piccola tra le braccia, corse in cucina e aprì il frigorifero – gesto ovviamente sconosciuto alla sua pigrissima volpaccia malefica - prese il budino alla vaniglia che aveva preparato qualche ora prima di uscire e tornò in soggiorno, sotto lo sguardo divertito del suo migliore amico.

 

Seduti al tavolo, Michael e Kei stavano discutendo davanti a una tazza di caffè.

 

“... Non ci sono problemi! - stava dicendo l'ex allenatore – Karen si occuperà di attori e modelle e io curerò gli interessi degli sportivi. Dopo l'università, Kurumi e Mito entreranno a far parte della società. Per ora si esercitano con Kikky e Hana. A te sta bene, vero?” chiese all'improvviso, guardando il rossino.

 

“Mi va benissimo... Anche perché non ho molta scelta! Se dicessi di no, Ookami mi sbranerebbe!” borbottò Sakuragi, segretamente intimorito dalla giovane Rukawa.

 

Ookami? Hai dato un soprannome anche a lei?” chiese Kant, convinto che fosse un'esclusiva di Kaede.

 

“Lo ha dato a tutti, compreso te, Shiro!” lo sfotté Kei, sogghignando divertito.

 

Dato che lo stava praticamente costringendo a smettere di fumare, era un po' irritato col suo uomo e quella sciocchezza era pur sempre una piccola vendetta.

 

“E il tuo qual'è?” gli domandò, incuriosito.

“Non me lo ricordo. E tu stai zitto!” sbottò il ragazzo dalla lunga chioma, all'indirizzo di Hanamichi.

 

“Tranquillo, Itachi!Non dirò una parola!” sorrise il rosso, uscendo dalla stanza tra le maledizioni del giovane.

 

“ITACHI!? - sbottò Michael prima di scoppiare in una fragorosa risata – Ha ragione! Aspetto dolce e carattere violento!”

“Vuoi vedere quanto sono manesco?” sibilò Kei, indispettito, senza poter nascondere il suo rossore.

 

“Un'altra volta, piccolo!” sorrise Kant, accarezzandogli una gota con infinita dolcezza.

“Michael?” sussurrò incerto.

 

“Niente sigarette!” lo ammonì, intuendo dove volesse andare a parare con quegli occhioni dolci.

“Non ti sopporto!” ringhiò il ragazzo, imbronciandosi risentito.

 

“Che ti dicevo? Tenero e aggressivo! - sentenziò Michael, ricominciando a ridere sommessamente – Sai cosa puoi fare, ogni volta che senti il desiderio di fumare?” gli domandò, lanciandogli un'occhiata maliziosa.

“Mmm... Credo di averne una vaga idea!” sogghignò il ragazzo, sedendosi sulle sue ginocchia per poterlo baciare appassionatamente.

 

 

 

 

“HANA?” si sentì chiamare all'improvviso, dai due Rukawa seduti sul divano.

 

“Ti ricordi quando ero un teppista famoso e rispettato? Era bello!” sentenziò passando il piattino alla bisbetica volpetta.

“Non mi dirai che vorresti tornare indietro!” lo prese in giro Yohei, incrociando le braccia al petto.

 

“Assolutamente no!” sorrise radioso, sedendosi tra i due fratelli per accontentare il piccolo Nezumi, mentre Mito saliva al piano superiore a salutare la sua ragazza.

 

 

 

Kaede finì il dolce e si accucciò sulla spalla del suo Do'hao.

Come al solito, doveva contendersi la sua attenzione con il topo e il koala i quali, dopo la paura presa il giorno in cui il rosso stava per partire per la Francia, erano diventati ancora più appiccicosi di prima.

 

“Ehi, Kitsune! Fammi stendere!” borbottò il rosso, fingendosi imbronciato, mentre si sistemava con la schiena sul suo petto, tenendo la piccola in braccio e Kanata sulla spalla libera.

 

Sfiorando la guancia ambrata con la sua, Hanamichi cominciò a leggere con la sua bella voce bassa e sensuale, ma dopo appena poche pagine socchiuse gli occhi e si assopì, affaticato dalla finale e dal lavoro.

 

I due bambini scambiarono uno sguardo d'intesa con il fratello maggiore, sorridendogli felici per poi imitare il bel rossino, addormentandosi quasi subito.

 

Prima di raggiungerli tra le braccia di Morfeo, con un ultimo sbadiglio, Kaede giunse a un'importante conclusione: la Lotta per il Monopolio del Do'hao poteva anche finire in parità.

 

 

- FINE -

 

 

Note conclusive:

 

Grazie!

A tutti quelli che hanno letto questa lunga fic.

Che hanno riso delle follie dei personaggi, che si sono angosciati per la loro sorte, che si sono appassionati alle vicende sentimentali di questo strano gruppo di pazzi squilibrati.

Grazie e ancora grazie, soprattutto alla nonnina-hentai, senza la quale tutto questo non sarebbe mai stato realizzato.

(_O_)