DISCLAMER: T. Inoue li fa e io li accoppio ^___^
RINGRAZIAMENTI: a tutti i fans della nonnina hentai e ai lettori delle mie fic, che ancora non si stancano del livello della mia follia. Un gigantesco GRAZIE a Seika per la sua gentilezza e alla bissa per le traduzioni. Se Hana ha potuto dare i suoi soprannomi animali è merito di una Bissa! XD Ovviamente, un enorme bacio alla mia super-omonima LilyJ!
NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''
Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke. Kyosuke: il capofamiglia, inventore. Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice. Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino) Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^) Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro (Ookami=lupo) Kazuya: gemello di Kurumi, è il più sensibile dei fratelli. È cotto di Hikaru (Kojika=cerbiatto) Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo) Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala) Karen: 'sorella' di Kyosuke Kei: figlio di Karen, coetaneo di Kaede e Hanamichi (Itachi=donnola)
Altri personaggi:
Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi. Aron Tsume: giocatore dello Shohoku (Hiyoko=pulcino) Shane Sato: ala piccola/guardia (Kenaga=lunga coda) Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai (Shiro=bianco)
Strange Family III
capitolo IX
di Gojyina-chan
Kaede era steso sul suo cuscino umano, crogiolandosi nel suo tepore, in quella domenica pomeriggio di assoluto relax.
Anche se avevano passato le mattine e le sere insieme, negli ultimi tempi i pomeriggi del Do'hao erano stati interamente dedicati alla madre appena ritrovata.
Entro una settimana Hélène sarebbe tornata in Francia e loro alla propria quotidianità.
Era felice dell'allegria di Hanamichi, da quando aveva riallacciato i rapporti con lei, era ancora più luminoso del solito.
Ma la possessività che albergava in lui si era fatta sentire più di una volta, durante quei lunghi pomeriggi solitari.
Messa a tacere per il bene del suo Do'hao, Rukawa poteva dirsi fiero di se stesso per il modo in cui aveva reagito a quegli abbandoni giornalieri.
Ma in quel momento, inebriato dal profumo della sua pelle ambrata e ipnotizzato dal suono del battito del suo cuore, tutti quei pensieri gli erano solo d'intralcio.
Dalla cucina si levò un delicato profumo di vaniglia che andò a completare quel quadro già di per sé perfetto.
“Ru?I budini sono pronti, te ne porto uno?” sorrise il suo rossino, baciandogli la fronte. “Hn.” mugugnò la volpetta, tirandosi a sedere insieme a lui, mentre le voci del parentado incominciavano ad affollare il soggiorno.
“Sposini? Siete tra noi?” li prese in giro Akira, entrando in casa abbracciato al suo ragazzo. “Hn!” ringhiò Kaede, cingendo la vita del suo Do'hao.
“È più astioso del solito, non trovi?” notò Hisashi, rivolgendosi al suo porcospino preferito. “Già! Evidentemente la mancanza di Hana s'è fatta parecchio sentire!” replicò Sendoh, dirigendosi in cucina incurante degli insulti del fratello minore.
“Ti sono mancato?” gli chiese Sakuragi con una strana espressione sul viso. “Hn...” arrossì Rukawa, seguendo il percorso appena tracciato dai due senpai traditori.
“Mi dispiace!” soffiò il Do'hao, abbassando il viso. “Ehi! Va tutto bene!” lo rassicurò, perplesso da quella reazione.
“Sì!Adesso va tutto bene!” sorrise Hanamichi, ritrovando il suo buon umore.
Con la sensazione di aver perso qualche passaggio – cosa a cui non era affatto abituato – Kaede si unì al resto della famiglia, per la consueta dose di zuccheri quotidiana.
Qualcosa non andava. Col passare dei giorni, due per la precisione, quella frase lampeggiava nella mente di Kaede.
Kei era diventato quasi più taciturno di lui mentre il Do'hao sembrava drogato, tanto era iperattivo. Sembravano essersi messi d'accordo. Il cugino saltava gli allenamenti e Hanamichi si sfiancava per ore e ore, sia nella palestra della scuola che in quella a casa.
Finite le lezioni, Kei correva a rintanarsi nella sua camera e ne usciva solo all'ora di cena. Hanamichi si divideva in quattro, prestando la medesima attenzione ai due bambini, alla famiglia, alla sorellina e naturalmente alla sua sempre più perplessa volpaccia.
Anche Hikaru era strana. Passava il tempo libero a cucinare col fratello e a suonare il pianoforte fino a quando le dita incominciavano a dolerle.
Deciso a vederci chiaro, Rukawa incominciò ad osservare con minuziosa attenzione il proprio ragazzo, evitando di lasciarsi distrarre dal cibo o dalla sua incontenibile allegria.
A fine giornata, era arrivato alla conclusione che il suo Do'hao aveva smesso di nuovo di mangiare.
Ovviamente l'attento volpino si era accorto che era dimagrito un paio di chili, ma credeva fosse dovuto agli allenamenti extra che Sakuragi stava facendo.
Cos'era successo? Forse la partenza della madre, prevista per la fine della settimana, lo aveva scosso più di quando volesse darla a vedere.
Guardandolo cucinare in compagnia di Kanata, decise di parlargli in serata, una volta tornati nel loro appartamento.
“Kae? - si sentì chiamare da Kazuya che stava scendendo le scale di corsa – Ho le nuove foto di Hana!” lo avvisò, posandole su uno dei tavolini in cristallo del soggiorno, per essere visionate da lui.
“Hn.” mugugnò la volpe, sedendosi acanto al fratello.
Controllò le immagini, ne scartò un paio troppo osé e una troppo bella che conservò per se stesso, dove il suo Do'hao dormiva tranquillamente con il viso adagiato su un candido cuscino, dopodiché visionò le foto della settimana precedente ritoccate al pc dall'abilissima Reika.
“Belle, vero? Appena tornano Kumy e Hiki le mostro anche a loro!” trillò il ragazzo più piccolo, controllando l'orologio – Stasera la voglio portar fuori, così festeggiamo la sua permanenza qui!” esclamò all'improvviso, facendo accigliare la volpe.
“Hn?!”
“Sì, intendo dire che voglio festeggiare con Hiki il fatto che abbia rifiutato di partire con la madre in Francia, no? - disse, convinto che anche lui ne fosse a conoscenza – Non è che rimane solo Hana, sai?” scherzò poi, riordinando le fotografie.
Kaede rimase a lungo in silenzio, poi guardò suo fratello di sbieco.
“Hikaru sta bene?” domandò all'improvviso, stupendo non poco Kazuya. “Certo che sì!” sbottò il fotografo, sinceramente divertito.
Doveva sembrargli una domanda assurda e forse non aveva tutti i torti, eppure... Kaede si alzò in silenzio e tornò in cucina a guardare il suo Do'hao.
Attese pazientemente di essere soli per potergli parlare con calma.
“Perché non mi hai detto della proposta di tua madre?” domandò quando erano entrambi a letto. “Che cosa avrei dovuto dirti? - sorrise il rossino, voltandosi a guardarlo – Ci ha chiesto di andare con lei in Francia ma... Non potevamo lasciare i nostri ragazzi!” rise, stringendosi a lui.
“Hn.” “Perché? Non mi vuoi più tra i piedi?” scherzò Hanamichi, accarezzandogli le labbra rosee.
“Do'hao!” “Ehi, Baka! Guarda che cambio idea, sai?” lo minacciò imbronciatissimo.
Rukawa lo abbracciò con più forza, ma la preoccupazione non scomparve nonostante la serenità che traspariva in Sakuragi.
Kei passò un'altra notte insonne.
Continuava a ricordare l'ultimo dialogo con Michael e si vergognava da morire per essersi mostrato fragile davanti ai suoi occhi.
Ma non era solo quello. Aveva sentito tra le sue braccia un grandissimo calore, protezione e affetto. Tutti sentimenti che lo avevano stupito, contro i quali non sapeva reagire.
La sua anima aveva vibrato e ne era spaventato. Non voleva affezionarsi a nessuno, era troppa in lui la paura di perdere o non saper proteggere chi amava.
Per questo aveva deciso di lasciare il club di basket, così non lo avrebbe mai più rivisto.
Quella sera, a cena Kurumi sembrava più euforica del solito. “Sono andate a ruba!Con tutte le foto e i gadget che abbiamo venduto mi potrei pagare l'università! - trillò estasiata, con gli occhioni a forma di yen – E quando vincerete il campionato nazionale, triplicherò i prezzi!”
“Hn.” “La fai facile, tu!” borbottò il rossino, mentre dava la sua porzione di dolce alla golosa Kikyo-chan.
“Quante storie! Con voi tre in squadra e gli altri due piccioncini, la vittoria è assicurata!” sentenziò lei imperterrita.
“Io lascio il club. - le disse Kei con voce incolore – In settimana avvertirò il mister.”
“Ma... Perché?!” chiesero in coro Karen, Katy e Kurumi, con la stessa espressione attonita. “Mi sono... Insomma! Non mi va più. Toglie troppe ore allo studio.” mentì, cercando di non arrossire troppo.
“Hn. Do'hao!” sputò la volpe, scuotendo il capo. “Che vuoi?!” gli chiese Hanamichi, confuso. “Non dicevo a te. Sì, anche a te, ma pure a lui!” borbottò Kaede, nervoso a causa della prolungata inappetenza del suo ragazzo e della stupidità del cugino.
Era circondato da autolesionisti e malati di mente. Che destino avverso!
Kurumi osservò a lungo Kei, per poi sorridergli allegramente.
“Fai quel che vuoi, basta che tu sia felice! Ehi! Domani ti va di uscire con noi e Yo? Da quando sei qui non lo abbiamo ancora fatto! - propose, aggrappandosi al suo braccio – Per favoooreee!” cantilenò mettendo il muso.
“Ok, OK! Ma staccati!” capitolò il capellone, dopo il fallimento dei numerosi tentativi per liberarsi.
“Bravo cuginetto!” sentenziò la ragazza, soddisfatta.
“Tutto bene, Do'hao?” mormorò Kaede, baciando la sua spalla sudata. “Mmm.” annuì Hanamichi, sorridendogli con gli occhioni lucidi e il fiato corto.
“Adesso dormiamo.” mormorò la volpe, coprendo i loro corpi ancora umidi per l'amplesso. Accarezzandogli la schiena, riuscì a sentire le sue costole.
Non capiva. I due Sakuragi si erano detti felicissimi di restare ed erano sinceri. Ma allora perché...?
Cercò di ricordare l'anno precedente, quando il Do'hao aveva smesso di mangiare per la prima volta. Allora c'era stato un motivo più che serio. Vivere insieme alla famiglia Rukawa gli aveva fatto ricordare che lui non... ne aveva più una.
E se...?
Forse Hanamichi soffriva inconsciamente all'idea di perdere di nuovo sua madre, ma il desiderio di stare con la sua Kitsune era tale da avergli imposto una scelta quasi obbligata.
“Do'hao!” sospirò Kaede, stringendoselo con maggior forza.
Adesso doveva occuparsi di farlo mangiare di nuovo e poi avrebbe pensato al resto. Mmm... Un'idea hentai gli era venuta anche in mente... bastava semplicemente reperire gli strumenti più idonei.
Aveva ancora un conticino in sospeso con il suo inappetente Do'hao...
I gemelli Rukawa con i rispettivi fidanzati e il cugino, camminavano per le vie del centro. Era una bellissima serata estiva e le strade erano gremite di gente in cerca di avventure e divertimento.
“Lì c'è un pub molto carino! - esclamò Kurumi, indicando il locale con un dito – Potremmo sederci fuori, che dite? C'è una canicola tremenda!” sbuffò, trascinando Yohei per un braccio verso la meta.
Presero posto e fecero le loro ordinazioni a una cameriera carina e gentile, folgorata dal fascino di Kei.
“Hai fatto colpo, eh?” rise Kazuya, appena si fu allontanata.
Certo, con i capelli sciolti e arruffati, la camicia di seta nera aperta sul petto e i jeans attillati color grigio perla, suo cugino non passava di certo inosservato.
Anche in quel momento c'erano parecchie ragazze e qualche maschietto che lo fissavano ammirati, chi seduto accanto a loro e chi passeggiando per la strada, ma Kei non sembrava assolutamente accorgersi dell'effetto che faceva alla gente e ciò incrementava ancora di più il suo fascino naturale.
“Magari ci farà lo sconto!” sorrise il giovane dai capelli lunghi, scostando una ciocca scura dal viso umido.
Kei sorseggiava la sua terza birra, mentre ascoltava i discorsi delle due coppiette.
La rossina sembrava davvero su di giri. Lei e Kurumi sembravano divertirsi un mondo a parlare dei tic assurdi dei loro professori, mentre i loro ragazzi ridevano come pazzi, ben conoscendo i soggetti in questione.
A poco a poco, però, Kei incominciò a estraniarsi completamente dal resto del mondo che scomparve dalla sua visuale, così come i rumori della città che si affievolirono fino a diventare indistinti e ovattati.
“Ehi? Tutto a posto?” chiese Kurumi, quando lo vide ordinare la quarta birra.
Si era accorta che non parlava da un po' e che il suo sguardo era diventato vuoto.
“Sì, certo! Fa molto caldo! - sorrise lui, svuotando il boccale tutto d'un fiato – Scusate ragazzi, ma adesso avrei da fare!A dopo!” li salutò all'improvviso, pagando il conto e allontanandosi in fretta.
“Ma dove sta andando? - domandò Mito, piuttosto confuso – Da quella parte ci sono solo Love Hotel e spacciatori!”
Kurumi non perse tempo e afferrò il suo cellulare, componendo il numero dell'unica persona adatta alla circostanza. Quando chiuse la comunicazione, rivolse ai tre ragazzi un luminoso sorriso. “Tutto ok! Adesso ci pensa lui!” annunciò, sollevata.
“Credi che Kant possa davvero aiutarlo?” le chiese Hikaru, dubbiosa. “È l'unico che possa farlo. Kei ha bisogno di una persona estranea alla famiglia che lo sappia affrontare a muso duro. E comunque, quei due si amano abbastanza da superare la testardaggine di Michael e l'orgoglio di Kei!” sentenziò la ragazza, certa di quel che diceva.
“Mi fa una pena!Perdere il proprio gemello dev'essere devastante, come se ti strappassero una parte di te! - mormorò Kazuya, parlando alla sorella – Noi possiamo solo vagamente intuire il suo dolore ma credo che tra Kim e Kei ci fosse un legame molto più stretto, essendo dello stesso sesso.”
“Mi spiace che sia morto, ovviamente, era mio cugino! - borbottò Kurumi, accigliandosi – Ma Kim è stato un grande egoista!” sibilò adirata. “KUMY!” la sgridò Kazuya, costernato.
“Un paio di balle!Non t'ammazzi senza nemmeno lasciare due righe alla tua famiglia, soprattutto se hai una persona che è parte di te!Non ha minimamente preso in considerazione la sofferenza che avrebbe causato a Kei! Ma finalmente, adesso c'è una persona che lo può aiutare sul serio!” sbottò lei, pregando silenziosamente che l'allenatore in seconda dello Shohoku fosse davvero in grado di guarire quell'anima ferita e far tornare suo cugino il ragazzo gentile e allegro di un tempo.
Kazuya lasciò cadere lo sguardo sul suo cocktail colorato.
Perdere chi si ama era un dolore atroce, ma Kurumi difendeva le sue idee con un po' troppo fervore. Caspita, parlavano pur sempre di un morto.
'Hikaru sta bene?'
D'improvviso, gli tornò alla mente la strana domanda di Kaede. Era ovvio che stesse bene, aveva scelto di restare con lui!
Nonostante la sua assoluta sicurezza, provò a guardarla con gli occhi della ragione e non del cuore. Era allegra e vivace come al solito e...
Kazuya sobbalzò quasi, sentendo lo stomaco chiuso in una morsa.
Hiki era sì una ragazza solare, ma non così esuberante da competere persino con la sua gemella. Garbata, elegante, a modo. Non così euforica ed esagitata.
Adesso che ci pensava bene, negli ultimi tempi anche Hanamichi si comportava in modo strano.
Che Kaede avesse capito tutto e avesse voluto lanciargli un segnale?
'Hikaru sta bene?'
No. Non stava affatto bene.
Michael correva a perdifiato per le vie, lottando contro il tempo. L'appartamento in cui viveva non era molto distante dalla zona dei pub, ma quel deficiente masochista aveva quasi un quarto d'ora di vantaggio, sufficiente per combinare qualche stupidaggine delle sue.
A dire il vero, non sapeva neppure in quale Love Hotel cercare una volta lì, ma si affidò alla buona sorte e optò per quello in cui aveva trovato Kei la prima volta.
Dopotutto, il ragazzo non conosceva alla perfezione la prefettura e probabilmente avrebbe scelto un posto che gli era familiare.
Quella sera la fortuna volle essere dalla sua parte.
Intravide in lontananza Kei, fermo davanti alla vetrina di un negozio di articoli sportivi, non fece però in tempo a raggiungerlo che questi ricominciò a camminare mescolandosi alla folla.
Accelerando l'andatura, Michael lo scorse a pochi passi da lui, mentre svoltava l'angolo che dava sulla strada dei locali a luci rosse.
“Ru? Perché mi hai trascinato qui?Non è un po' presto per dormire?” domandò il rossino, dopo essere stato afferrato dalla volpe per essere condotto nell'appartamento sul garage.
Senza degnarsi di rispondere, Kaede lo condusse fino al letto dove si sdraiò, trascinandolo con sé.
“Cos'è questo profumo?” chiese Hanamichi, annusando l'aria incuriosito. “Mi devi una cena, Do'hao!” sentenziò Rukawa aprendo un paio di scatoline di cartone con impresso il marchio di un noto ristorante messicano della zona.
“Eh?! Kitsune, ti senti bene? - volle sapere il rosso, posando la mano sulla fronte del suo compagno – Non mi pare che tu abbia la febbre!”
“Do'hao, non ti ricordi del Concorso di Cosplayer dello scorso anno?” “Vagamente, ti ricordo che tua sorella mi aveva avvelenato, Baka! - inveì Sakuragi, imbronciandosi – E comunque, mi spieghi che centra con la cena?!”
“Tortillas.” sentenziò la volpe vogliosa. “Tortillas?!” gli fece eco il rossino, sempre più preoccupato per lo stato di salute del suo compagno.
“Hn!” annuì il corvino, mostrandogli i quattro involtini contenuti nella scatola. “Sei... sei davvero... - ansimò il ragazzo, arrossendo non appena notò la forma fallica di quei cosi – HENTAI!” tuonò paonazzo, prima di scoppiare a ridere come un matto.
“Tortillas!” ripeté la volpetta leccandosi le labbra.
Hanamichi lo guardò di sottecchi, con gli occhi lucidi di puro divertimento. Così la Kitsune hentai voleva divertirsi, eh?
Bene. Gli avrebbe dato uno spettacolo indimenticabile, parola di Tensai!
Kei non fece nemmeno tre passi che si sentì afferrare un braccio per poi essere sbattuto con forza contro il muro.
“È una persecuzione!” sbottò incredulo, passandosi una mano sugli occhi. “E tu continui a fare cazzate!” lo rimbeccò Michael, trascinandolo via da quel postaccio.
“Lasciami, brutto stronzo!” inveì Kei, incapace di sopportare la sua vicinanza. Sentiva il cuore battere forte e tentava disperatamente di sopprimere quegli sciocchi sentimenti che si agitavano in lui.
“Preferisci che telefoni a Karen e ti faccia venire a prendere la lei QUI, oppure mi segui senza fare storie?” domandò Kant, certo della sua risposta.
Il ragazzo, infatti, si zittì all'istante e si lasciò condurre docilmente fino all'abitazione dell'uomo.
L'appartamento di Michael era molto spazioso.
Un grande soggiorno, con ampie vetrate che davano sulla via principale del centro, era accompagnato da un angolo cottura, con un'isola come quella a casa Rukawa, tutto in stile moderno nei colori panna e mogano. Nella stanza da notte, dove il mobilio riprendeva quegli stessi colori, faceva bella mostra si sé un letto matrimoniale occidentale a tre piazze mentre nello studio un armadio a muro e una libreria occupavano quasi interamente le due pareti più lunghe della stanza; vicino alla finestra c'era poi una scrivania con il pc e un paio di poltrone dall'aspetto comodo e invitante. I due bagni, infine, erano ampi e superaccessoriati, in ceramica e marmi bianchi e celesti.
“Vai a farti una doccia, puzzi di birra da far schifo!” sbottò Kant senza mezzi termini. “Adesso ti preoccupi anche dei miei rapporti sociali?” ironizzò il ragazzo, sollevando un sopracciglio scuro.
“Mi preoccupo della reazione di tua madre quando ti riporterò a casa!” lo rimbeccò il biondo allenatore, aprendo un'anta dell'armadio alla ricerca di un paio di jeans e una maglietta che potessero andare bene per il suo caustico ospite.
Kei mugugnò qualcosa di indecifrabile, ma andò comunque a lavarsi suo malgrado.
Dopo il massaggio dell'acqua calda si sentì più rilassato e poté seriamente pensare alla situazione in cui si era cacciato.
A casa del nemico.
Dopo giorni interi spesi a evitarlo, si trovava a pochi passi da Michael ed era terrorizzato all'idea di poter commettere qualche sciocchezza.
Già l'erezione che sentiva pulsargli tra le gambe era indice di spiccata stupidità, non osava immaginare cosa sarebbe successo quando lo avesse rivisto con un misero accappatoio addosso.
Il giramento di testa che sentiva poteva addurlo all'alcol, certo, ma il pene svettante come lo avrebbe giustificato?!
A pochi metri di distanza, si stava consumando anche lo psicodramma del trentaseienne allenatore in seconda dello Shohoku, intento a pregare tutte le divinità che conosceva di nome, nella speranza di non commettere idiozie.
Si sentiva un liceale in amore e quel comportamento non era da decisamente da lui.
Era sempre stato una persona equilibrata, con un notevole controllo di sé. In quel momento, invece, era costretto a escogitare un modo per nascondere la sua pronunciata erezione senza destare sospetti.
Ma tutti i suoi più che nobili intenti andarono in frantumi alla vista di Kei, con i capelli umidi e le gote arrossate, avvolto nel suo candido accappatoio.
Si guardarono in silenzio per svariati istanti, poi l'uomo gli fece cenno di andare in camera da letto, dove aveva posato gli abiti puliti su una poltrona vicino alla finestra.
Non capì mai cosa accadde in seguito.
Un secondo prima stava guardando Kei entrare nella stanza e voltarsi a guardarlo con un'espressione indecifrabile, gli occhi lucidi e le labbra socchiuse, l'attimo successivo lo stava baciando selvaggiamente contro il muro della camera.
“Do'hao, sei crudele!” guaì Rukawa, senza poter staccare gli occhi di dosso dal suo sadico compagno.
“Questo gioco lo hai iniziato tu!” gli ricordò Hanamichi, ricominciando a succhiare il secondo involtino. Come con la precedente tortillas, morse la punta di quella che teneva in mano e la panna acida colò sulla sua lingua, andando a minare l'autocontrollo della povera volpetta.
Seduti sul letto, completamente nudi, Kaede aveva steso una piccola tovaglia sul materasso e vi aveva posato sopra due piatti, uno contenente quattro tortillas e l'altro colmo di sushi, chiedendo al suo Do'hao di fare esattamente come durante la pausa pranzo al concorso di cosplayer dell'anno precedente.
Il suo obiettivo era quello di farlo mangiare rendendo la cosa altamente piacevole per entrambi, ma Sakuragi aveva ribaltato la situazione a suo vantaggio e adesso, per Rukawa era diventato quasi impossibile mantenersi lucido per controllare che finisse tutti e due i piatti.
Quando un rivolo di panna scese dall'angolo destro della bocca del rosso, fu costretto a compiere uno sforzo sovrumano per impedirsi di saltargli letteralmente addosso.
“Finito anche questo! - lo avvertì Hanamichi, sogghignando beffardo – Vuoi che passi al terzo, Kitsune?” chiese provocante.
“Non ancora, piccolo!” mormorò la bella voce della volpe, pericolosamente bassa e maliziosa.
Rukawa si stese sul letto, posando dei pezzetti di sushi sul proprio ventre e sul petto, facendogli segno di avvicinarsi.
Sakuragi non poté resistere a quel richiamo così sensuale e scese con le labbra sulla sua pelle chiara, leccandola e succhiandola avidamente, con la scusa di mangiare quei pezzi di riso e pesce crudo.
Kaede gli accarezzava i capelli rossi e le spalle, turbato da un sentimento di profonda comunione che gli scaldava il cuore.
Vederlo accucciato su di sé, intento a nutrirsi, lo eccitava e al tempo stesso lo inteneriva come fosse una madre che allattava il proprio bambino.
Finito il sushi, la volpetta innamorata prese tra i denti una tortillas, sfidando con lo sguardo il suo Do'hao che reagì prontamente.
Mantenendo il contatto visivo con la Kitsune, morse e leccò l'involtino, accarezzando un capezzolo roseo di Rukawa, che sembrò apprezzare parecchio quel gesto, dato che allungò una mano per stuzzicare il sesso dolorosamente turgido del rossino.
Arrivato alla fine, Hanamichi baciò la sua volpe, mescolando lingue e cibo messicano.
“Non ti facevo così perverso!” ammise il rosso, stendendosi sul letto, felice e satollo. “Mmm... E ancora non hai visto niente!” mormorò Rukawa sensualmente, allargandogli le cosce con una lentezza esasperante.
Gli infilò in bocca l'ultimo involtino e intrecciò le dita di entrambe le mani con le proprie, impedendogli così ogni movimento. Lo aiutò a mordere la tortillas afferrandola tra i denti, senza smettere mai di guardarlo negli occhi, diventati scuri come due pozze di cioccolato fondente.
Il corpo accaldato del suo Do'hao lo accolse nel proprio calore senza alcuna resistenza, permettendogli delle penetrazioni profonde e regolari.
Hanamichi teneva gli occhi socchiusi, godendo appieno di quell'amplesso così particolare.
Non aveva mai immaginato che cibo e sesso potessero formare un connubio così perfetto. Il sapore dell'involtino in bocca e il pene di Kaede dentro di sé, gli procuravano una sensazione quasi paradisiaca.
Rukawa attese che finisse di mangiare anche l'ultimo boccone per poter aumentare il ritmo delle spinte, portando entrambi all'estasi più totale.
Abbracciati, sudati e ansanti, con la stanza satura del profumo dei loro corpi e del cibo, si persero in un oceano di tenerezze e profondo amore.
“Fermami, ti prego, fermami!” ansimò Michael sulle labbra gonfie di Kei, nel vano tentativo di ritornare in sé.
Ma il giovane non aveva la forza per riconnettere il cervello e si limitò ad annuire con poca convinzione, mentre gli prendeva il viso tra le mani, leccando la lingua dell'uomo.
Le dita di Kant si posarono sulle sue spalle chiare, facendo cadere l'accappatoio in terra, continuando a schiacciare quel corpo ormai nudo contro la parete.
Perse definitivamente il possesso delle sue facoltà mentali alla vista del piercing che il ragazzo aveva al capezzolo sinistro.
Un anellino d'argento che luccicava alla luce artificiale del lampadario.
Afferratolo per la vita, Michael lo adagiò sul letto, spogliandosi velocemente senza staccare gli occhi di dosso da quella creatura meravigliosa.
I capelli di Kei ricadevano sulle lenzuola bianche come un manto di seta purissima. Il contrasto tra quei fili d'ebano e il candore del tessuto lo mandò su di giri, amplificando la sua dolorosa erezione.
Si distese completamente su di lui, precipitandosi a succhiare il capezzolo ingioiellato, leccandolo avidamente per poi afferrare l'anello tra i denti, tirandolo appena.
Kei s'inarcò, facendo leva sui gomiti, con un gemito a metà tra il piacere e il sottile dolore.
Non capiva più niente, né era intenzionato a farlo.
Sentire al tatto la pelle morbida di Michael gli procurava una sensazione di beatitudine mai provata prima.
Lo voleva immediatamente dentro di sé.
Allontanandolo di una paio di centimetri, poté voltarsi a pancia in giù, mostrandogli il sedere sodo.
“Ficcamelo dentro!” riuscì ad ansimare, posando la fronte sul materasso.
Ma invece di sentire il suo sesso penetrarlo con foga, avvertì le sue grandi mani sulle spalle che lo costrinsero a guardarlo nuovamente in viso.
Seduti l'uno di fronte all'altro, in quell'immenso letto, Michael scostò i capelli dal viso del ragazzo, per poter affondare lo sguardo in quello dell’amato.
“Non faremo sesso. Stanotte, io e te, facciamo l'amore.” lo avvisò, tornando a impossessarsi delle sue belle labbra turgide.
Kei non fece in tempo a chiedersi che differenza ci fosse tra le due cose che si sentì adagiare delicatamente sul materasso.
Kant indugiò ancora un paio di secondi per ammirare quel corpo che sembrava quasi alabastro, illuminato com'era dai raggi lunari che filtravano dalla finestra.
Occhi negli occhi, l'uomo si chinò sul sesso pulsante del ragazzo, ingoiandolo completamente.
Stretto in quella fornace, Kei non poté fare altro che lasciarsi andare sulle lenzuola, continuando a guardarlo nonostante la vista appannata.
Non era mai stato toccato in quel modo. Con rispetto, venerazione quasi, affetto e il desiderio di donargli più piacere possibile.
Michael aveva afferrato le sue mani, intrecciando le loro dita, senza tuttavia smettere di vezzeggiare il suo pene che, con un ultimo fremito disperato, si svuotò completamente nella sua gola riarsa, dissetandolo.
Lo ripulì per bene e si sollevò sui gomiti per poter ammirare il viso di Kei, bellissimo così stravolto ed eccitato.
Occhi lucidi, gote arrossate, labbra umide e socchiuse e respiro ansante, i capelli sparsi sui cuscini a coprirli completamente, era l'emblema stesso della sensualità.
Massaggiandogli l'intestino con due dita affusolate, gli sorrise dolcemente, prima di penetrarlo piano, gustandosi appieno i suoi lamenti e il modo in cui quel corpo lo accoglieva, senza remore né ostacoli.
Il seguito fu un'infinità di spinte e baci e carezze intime, poi il piacere lo sommerse come un maremoto, lasciandolo esausto e felice.
Riprese a baciarlo dolcemente sulla bocca, mentre rimboccava a entrambi le coperte. Si stese sulla schiena e lo fece adagiare su di sé, abbracciandolo con fermezza e protezione.
“Tutto bene, piccolo?” gli chiese dopo aver ritrovato il respiro. Kei si limitò ad annuire, nascondendo il viso sul suo petto ancora umido. Sollevandogli il viso lo vide sorridere appena, felice come non lo era da tantissimo tempo.
Michael lo sentì piangere silenziosamente e la sua presa divenne quasi una morsa, limitandosi a massaggiargli la schiena, baciandogli sporadicamente la fronte e mormorando qualche parola di conforto.
Lo lasciò sfogare per tutta la notte, aiutandolo a cacciare via il dolore che aveva accumulato negli ultimi anni.
Rukawa era steso, con la schiena premuta sulla testata del letto, ricoperta di morbidi cuscini.
Su di lui Hanamichi dormiva, con le braccia attorno alla sua vita e il viso premuto sul petto niveo.
La volpe guardava fuori dalla finestra l'arrivo dell'alba, accarezzandogli delicatamente la schiena e i capelli purpurei.
Il suo Do'hao addormentato era uno spettacolo imperdibile. La boccuccia socchiusa, il viso rilassato, le ciocche scarlatte che ricadevano sulla fronte e sulle gote leggermente arrossate, suscitavano in Kaede un forte senso di protezione e una tenerezza infinita.
Dopo aver assaporato la vita accanto a lui, non sapeva immaginarsi senza la sua scimmietta chiassosa e amorevole.
Sarebbe stato un vero inferno, ne era più che certo, ma...
... Doveva lasciarlo andare via.
- FINE NONA PARTE -
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