DISCLAMER: T. Inoue li fa e io li accoppio ^___^
RINGRAZIAMENTI: a tutti i fans della nonnina hentai e ai lettori delle mie fic, che ancora non si stancano del livello della mia follia. Un gigantesco GRAZIE a Seika per la sua gentilezza e alla bissa per le traduzioni. Se Hana ha potuto dare i suoi soprannomi animali è merito di una Bissa! XD Ovviamente, un enorme bacio alla mia super-omonima LilyJ!
NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''
Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke. Kyosuke: il capofamiglia, inventore. Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice. Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino) Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^) Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro (Ookami=lupo) Kazuya: gemello di Kurumi, è il più sensibile dei fratelli. È cotto di Hikaru (Kojika=cerbiatto) Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo) Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala) Karen: 'sorella' di Kyosuke Kei: figlio di Karen, coetaneo di Kaede e Hanamichi (Itachi=donnola)
Altri personaggi:
Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi. Aron Tsume: giocatore dello Shohoku (Hiyoko=pulcino) Shane Sato: ala piccola/guardia (Kenaga=lunga coda) Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai (Shiro=bianco)
Strange Family III
capitolo VI
di Gojyina-chan
Una settimana dopo, a casa Rukawa si festeggiava la completa guarigione di Akira.
Il ragazzo era stato dal medico che gli aveva assicurato che l'ematoma si era completamente riassorbito senza ledere nessuna parte del ginocchio, legamenti compresi. Sendoh sorrise tra sé, ricordando il tragitto in taxi verso casa.
Il suo scorbutico e irascibile fidanzato, che lo aveva accompagnato, aveva pianto di gioia per tutto il tempo, mentre lui gli accarezzava la testa, stringendolo tra le braccia...
... Ovviamente Hisashi aveva ritrattato tutto con foga, estremamente suscettibile a riguardo...
Adesso che la sua situazione si era risolta, Akira capì di dover fare qualcosa per suo cugino Kei, chiuso nel suo appartamento da quasi otto giorni.
Si era ripromesso di parlare con lui e quella sera, con la scusa della festa, ne aveva finalmente l'opportunità.
“Miccy, stai bene?” chiese il rossino, avvicinandosi ad Hisashi che preparava gli antipasti per la cena in onore di Sendoh.
“Sì! - sospirò sorridendo – E NON CHIAMARMI MICCY!”sbottò iracondo. “Il dottore che ha detto di preciso?” domandò Hanamichi, del tutto incurante del suo sguardo minaccioso.
“L'ematoma non permetteva di vedere bene le condizioni dei legamenti ma, una volta riassorbitosi, ha potuto constatare che non aveva più niente. Per sicurezza, gli ha consigliato di ricominciare a giocare partendo da allenamenti blandi. La gamba gli è rimasta a riposo per quasi tre settimane, caricarla all'improvviso potrebbe essere dannoso.” gli spiegò, ricominciando a imburrare le tartine, nuovamente sereno.
Certo, avrebbe dovuto subire lo scherno del suo ragazzo ancora per un bel po' di tempo, ma questo lo avrebbe accettato di buon grado. Che ci poteva fare se era una persona pessimista? Hisashi, a causa del suo passato decisamente non felice, faticava a credere nei lieto fine. A differenza del suo sorridente compagno, che vedeva sempre il bicchiere mezzo pieno. Che dire? Si compensavano a vicenda. Certo, convivere con il suo sguardo della serie 'Te l'avevo detto che sarebbe andato tutto bene!' era piuttosto difficile ma, dato il motivo, lo stava sopportando di buon grado. A lui importava solo che Akira fosse in salute.
“E bravo il porcospino! Ci ha fatto stare in pena, ma alla fine ha avuto ragione a mantenere la calma!” ammise Sakuragi, sinceramente felice per il suo amico.
“Fame.” mugugnò Kaede, alzando la testa dal tavolo della cucina, dove si era addormentato un'ora prima.
Per l'occasione, aveva di nuovo rinunciato agli allenamenti con lo Shohoku... Che almeno lo nutrisse a dovere, quel dannato Do'hao torturatore di dolcissime volpi troppo pazienti e tanto annoiate!
“Kitsune, sei insopportabile! - sentenziò il rossino – In frigo c'è un budino alla vaniglia.” gli disse, mentre sgusciava i gamberetti.
“Lontano.” borbottò Rukawa, imbronciandosi indispettito.
“Non lo facevo così pigro.” ammise Hisashi, mentre Hanamichi prendeva il dolce mugugnando qualcosa a proposito del suo imminente acquisto di una tagliola per volpi viziate, viziose e dal sedere pesante.
“Nemmeno io, ma questo mi è toccato!” sospirò Sakuragi, rassegnato. “Hn. Preferivi Harukina, per caso?” gli fece il verso Kaede, sollevando un sopracciglio. “Baka!” arrossì il numero dieci dello Shohoku, proseguendo imperterrito la preparazione della cena.
“Sono di nuovo nella fase 'coppietta sposata'?” chiese Akira, andando ad abbracciare il proprio ragazzo. “Già. Insopportabili!” borbottò Hisashi, sbuffando indispettito.
“EHI!” tuonarono i due diretti interessati, con il medesimo cipiglio astioso.
“Su certe cose sapete anche andare d'accordo, vedo!” scherzò il porcospino, cercando di rubare una patatina fritta da un piatto posato sull'isola.
“Non cominciare a mettere le mani dappertutto o te le taglio!” lo minacciò Mitsui, guardandolo bruciarsi la lingua e gemere dolorante.
“Me lo potevi dire che erano bollenti!” si lamentò Sendoh, facendo aria nella bocca con una mano. “Mmm... No.” sentenziò la guardia, fingendo di pensarci. Va bene sopportarlo, ma una piccola vendetta ogni tanto non poteva che giovare al proprio umore!
“Ru, mi sta per venire il diabete!” sbottò il bel rossino disgustato, andando a sedersi sulle gambe del compagno e poggiando la testa sulla sua. “Hn.” annuì la volpe, cingendogli la vita.
“L'unico che può lamentarsi del tasso di glucosio presente, SONO IO!” sbottò Kanata, uscendo dal ripostiglio per poi fuggire in un mobile del soggiorno.
Una volta in quella cucina c'erano silenzio e quiete... Felici tempi andati!
“Nezumi, stasera mangiamo un po' più tardi... non lo vuoi un budino anche tu?” chiese Sakuragi, continuando a giocare con i capelli del suo ragazzo, che oramai stava facendo le fusa spudoratamente.
Senza dire una parola, il piccolo tornò sui suoi passi e corse a mangiare la sua merenda, dimenticandosi del motivo del proprio malumore.
“Ho finalmente deciso il mestiere che farò dopo la scuola!” annunciò inaspettatamente Hanamichi, ottenendo persino l'attenzione di Kaede.
“Addestratore di Rukawa!” rise, seguito a ruota dagli altri tre ragazzi presenti.
“Tsk! Do'hao!” “Baka Kitsune, vuoi fare a botte?”
“Oh, Kami! Ricominciano!” guairono i due senpai, mentre Kanata scappava via col suo piattino, alla ricerca di una nuova oasi di pace.
“Peccato non aver trovato il caviale!” borbottò Hikaru, appena uscita dal supermercato insieme a Kazuya. “Già! Le tartine che Hana ha fatto a Natale erano buonissime!” mugugnò il ragazzo, incamminandosi verso casa.
Con la coda dell'occhio, vide un uomo dall'aria vagamente familiare appoggiato vicino a un lampione, di fianco ai carrelli della spesa.
“Forse potremmo provare da qualche altra parte! - propose la rossina – Posiamo le buste e andiamo...” “Hiki, non è una buona idea. Affrettiamoci a tornare a casa.” le disse lui, sorridendolo rassicurante.
“Yayu?” lo chiamò preoccupata e il ragazzo le passò una mano intorno a un fianco avvicinandosi al suo viso.
“C'è un tizio che ci segue da giorni. Non ti voltare, ma è proprio dietro di noi. - l'avvertì, continuando a sorriderle, fingendo di parlare d'amore - È uno col cappotto beige e gli occhiali scuri che ho notato vicino scuola. Quando entriamo e quando usciamo lui è sempre lì vicino al cancello. Non pensavo ce l'avesse con noi, ma... - Kazuya si rese conto d'essere nei pressi di casa e si voltò verso lo sconosciuto a più di dieci metri da loro – Hai finito di seguirci o dobbiamo chiamare la polizia?” esclamò, facendolo sobbalzare e fuggire a gambe levate.
“Allora ci stava pedinando per davvero!” sbottò Hikaru, lasciandosi abbracciare dal suo ragazzo. “Stai tranquilla!Ci sono io con te! E appena lo verrà a sapere Hana, quell'uomo avrà i minuti contati!” cercò di scherzare, riuscendo a farla sorridere.
“Torniamo a casa, adesso!” sospirò lei, continuando a guardarsi attorno, agitata per l'accaduto.
I due ragazzi andarono direttamente in cucina, seguendo la voce allegra di Hanamichi che stava rimproverando la volpaccia per la sua insopportabile pigrizia.
“Ciao, tesoro! - la salutò suo fratello, prendendole i sacchetti della spesa – Tutto bene? Sei un po' pallida... EHI, TU! NON LE AVRAI FATTO QUALCOSA, EH?” tuonò minacciosamente, fulminando Kazuya con lo sguardo.
Anche lui sembrava un po' scosso... preoccupato, più che altro... e visto che era insieme a Hikaru...
“Che cazzo è successo?” sibilò Sakuragi, mortalmente serio.
“Hn. Divano.” borbottò Kaede, scostando il piattino del dolce e portando delicatamente il suo ragazzo in soggiorno.
Lì gli accarezzò il viso, tranquillizzandolo.
Non voleva che avesse quello sguardo truce, a meno che non inveisse contro la Baka Kitsune. Ma in quel caso era comunque il loro modo di giocare; in quel momento, invece, quell'atmosfera era troppo pesante... come con la storia del professore di musica di Hiki, ricordò la volpetta, facendo loro segno di parlare.
“Hana... non so bene come dirtelo... - mormorò la rossina, parecchio nervosa – Non ho trovato il caviale!” sospirò affranta, guadagnandosi tre occhiate perplesse.
Quattro, considerando Kanata uscito di proposito dall'armadio al suono delle loro voci tese.
“Il...caviale?!” ripeté incredulo, guardando prima la sorella e poi Kazuya. “Il caviale.” annuì il fotografo, dando man forte alla sua ragazza – Sapevamo quanto ci tenessi a preparare le tartine... ma non lo abbiamo trovato da nessuna parte!” ammise contrito.
“Il caviale. - ripeté di nuovo Hanamichi, passandosi poi una mano sugli occhi – Mi stavate facendo venire un infarto per del caviale!?” sibilò, indeciso se incavolarsi sul serio o essere felice per la loro attenzione.
“Scusaci!” mormorarono i due ragazzi, abbassando lo sguardo mortificati. “Non importa! Userò il salmone! - sorrise Hanamichi, abbracciando di slancio la sorella e dando una pacca sulla spalla di Kazuya – Mmm... Rimane il fatto che se la tocchi ti piallo... – precisò come suo solito - ...Ma non sei tanto malaccio come persona!” concesse al ragazzo, facendo ridere Hikaru fino alle lacrime.
“Andiamo, fratellone! Ti aiuto anch'io a cucinare!” gli promise la giovane, trascinandolo in cucina. “Brava sorellina! Hisashi è stato portato via da quel porcospino hentai! Ma il Tensai è capace di prepararne venti di cenoni del genere, tutto da solo!” sentenziò il rossino, felice di stare un po' con lei.
Kaede attese che i due fossero abbastanza lontani per guardare in faccia il fratello minore. “Caviale?!” domandò scettico. “Andiamo fuori e ti spiego!” sospirò Kazuya, uscendo con lui in giardino.
“Cosa prepariamo?” chiese Hikaru, affiancandosi al fratello vicino all'isola. “Come antipasti ho già preparato insalata di granchio al pompelmo, che è piaciuta tanto il Natale scorso, cocktail di gamberetti e salmone in agrodolce – iniziò il giovane, mostrandole i piatti – Le patatine fritte le ha già fatte Miccy.... sempre che il porcospino ne abbia lasciate un paio...Vorrei fare una torta alle cipolle, pollo alla paprika, insalata di pollo e ananas e uova al tartufo.”
“Perfetto! Allora ai secondi ci penso io! - sorrise la ragazza, mettendosi subito al lavoro – Tu pensa ai dessert. Sono la parte più importante!” rise, pensando alla golosità di quella strana famiglia.
“Esatto!Crumble ai frutti di bosco, mini soufflé al cioccolato, semifreddo al cioccolato, torna al cioccolato con le mandorle...Hai notato che amano tanto il cioccolato?” scherzò Hanamichi, prendendo le pentole dal mobile.
“Già! Mi chiedo come facciano a non essere obesi e brufolosi!” rifletté Hikaru, sinceramente stupita.
“Mah! Senti... - mormorò Sakuragi, cambiando tono di voce - Sei sicura che vada tutto bene?” “Mi dispiace per il caviale. Non puoi fare le tue tartine... - arrossì la sorella – Beh, ma con tutta questa roba non è un problema, vero?”
“Assolutamente no! - la rassicurò lui – Era da tanto che non cucinavamo insieme!” notò felice. “Vero! Hana... A te piace Kazuya, vero?” chiese la rossina, desiderando la sua approvazione.
“Quando sei fuori con lui io sono tranquillo, perché so che ti difenderebbe come farei io Ma non glielo dire! Mi piace tenerlo sulle spine!” rise il numero dieci dello Shohoku.
“Ne sono lieta!” sospirò Hikaru, sollevata. “È una persona sincera e affidabile... e ti guarda con due enormi occhi adoranti, come un cerbiatto... OH! Ecco l'ultimo soprannome che mi mancava!Kojika!!!” esclamò soddisfatto. “Perché l'ultimo?” chiese sua sorella, curiosa. “Kurumi l'ho chiamata Ookami – dichiarò orgoglioso della propria inventiva – Dato che, ogni tanto, la sorprendo a guardarmi come un lupo famelico... di soldi, nel suo caso!” borbottò, facendo ridere Hikaru a crepapelle.
“Oh, Kami! Ma lo sai che hai ragione?” disse tra le lacrime. “Comunque... a me sta bene se esci con Kazuya, ma non posso sembrare troppo permissivo altrimenti potrebbe prendersi troppe confidenze con te!” borbottò accigliandosi.
“Ma veramente... - mormorò lei, certa di poter raccontare tutto al suo fratello maggiore – Io e Yayu abbiamo già fatto...”
“AAARGGHH!!!”
Spaventata dal suo grido disumano, si guardò attorno indecisa sul da farsi. Hanamichi si era accucciato per terra, con le mani sulle orecchie e non dava segni di ripresa...
“Chiama Kae! - le consigliò Kanata, da dentro il mobile del soggiorno – Hana è sul serio a rischio d'infarto!”
“Kaede, giusto! - sbottò lei, correndo fuori in giardino. Trovato il volpino in compagnia del suo ragazzo, gli chiese soccorso – Hana non sta molto bene, mi puoi aiutare?”
“Cos'ha?” sibilò Rukawa, più agitato di quanto avesse voluto dare a vedere. “Gli ho detto che io e Yayu... Beh, hai capito, no? Non credevo che reagisse così ... Ha pure detto che andavi bene per me!” spiegò, rivolgendosi direttamente al suo fidanzato.
“Hn?!” gli chiese la volpe, guardando il fratellino arrossire miseramente.
“Beh?Perché ti stupisci tanto? Se Kumy lo fa con Mito, non possiamo farlo noi due?” balbettò imbarazzatissimo.
“AAARGGHH!!!”
“KAE!?” sobbalzò il fotografo, prima che l'ira di Hikaru s'abbattesse su di lui. “Quella non era una notizia da divulgare, idiota!” sibilò la rossina, tirandogli un sonoro cazzotto sulla testa.
“Scusa.” pigolò Kazuya, preoccupato per lo stato catatonico in cui versava il fratello maggiore.
Al grido della sua volpe, Sakuragi strisciò fino in soggiorno. I due giocatori dello Shohoku si guardarono per alcuni istanti. Negli occhi, il medesimo sguardo sconvolto e allucinato.
Un istante dopo erano seduti sul pavimento del soggiorno, stretti in un abbraccio convulso, cercando di sostenersi a vicenda in quel terribile momento.
“OOH! Fate sesso in pieno giorno! Che bravi!” si complimentò Karen, fasciata in un tubino rosso accesso, scendendo le scale in compagnia della madre.
“Ru!” sospirò il rosso, distrutto nell'animo. “Coraggio, Do'hao!” mormorò la volpe, accarezzandogli la testa. “Do'hao a chi? Baka Kitsune! Vuoi una testata?” lo minacciò Sakuragi, fulminandolo con lo sguardo.
“Pure sesso estremo? Ma sono incredibili!” pigolò la biondona, palesemente ammirata. “Hanno preso tutto da me! - sentenziò Kikyo-san, orgogliosamente soddisfatta – Non hai idea di quanto tempo ho impiegato per farli copulare!” sospirò, ripensando a tutta la fatica fatta.
“Bene, bene! - si complimentò la bionda dirigendosi verso la porta – Io vado a conoscere il preside Ikeda. Se d'aspetto è sensuale anche solo la metà della sua voce, non mi dovrete aspettare per cena!” annunciò con un sorriso furbo, facendo loro l'occhiolino.
“Vai, figlia mia!E fatti onore!” esclamò Kikyo-san, con la fronte fasciata da un pezzo di stoffa bianca su cui erano scritte frasi – oscene - di buona fortuna.
“Sto per avere una crisi di nervi. - annunciò Sakuragi, specchiandosi nello sguardo azzurro della sua volpe che annuì comprensiva - Vado a cucinare, magari mi sento meglio... - mormorò alzandosi in piedi, sostenuto dal suo ragazzo – QUANTO A TE!!!! - ringhiò, scorgendo Kojika vicino alla porta dell'ingresso – TU!!! SABOTATORE DI INNOCENTI SORELLINE!!! TU...!!!” ripeté, tremando d'ira.
“Su, stai buono Do'hao e fammi da mangiare!” sentenziò Kaede, accarezzandogli le labbra con il pollice.
Una volta sciolto, prese il suo rossino tra le mani e lo riportò in cucina, costringendolo a cucinare i suoi dolci preferiti. Tutte quelle emozioni, oltre a fargli venire sonno, gli avevano pure messo un certo appetito.
Michael osservava distrattamente la squadra che si allenava in vista del torneo interscolastico. Accanto a lui, la manager Haruko stava segnando le assenza sul registro.
Sia i fratelli Rukawa che il capitano avevano avvertito della loro impossibilità di venire a scuola, causa impedimento familiare, ma a preoccupare Kant era un ragazzo dai lunghi capelli neri, con gli occhi grandi e spauriti.
Non vedeva Kei da quella sera al Love Hotel.
Quando aveva chiesto di lui, i suoi parenti erano apparsi imbarazzati e avevano abbozzato come scusa una forte influenza.
Michael si passò stancamente una mano sugli occhi. Negli ultimi tempi, non dormiva molto bene. Era ossessionato dal ricordo di Yazawa, suo compagno di università e primo amore.
Ricordava la sua insofferenza agli ordini di Anzai, la rabbia e il dolore, la sua voglia di essere da tutt'altra parte... tutte caratteristiche che lo riportavano al Rukawa dalla folta chioma corvina.
Per questo era così preoccupato. Continuare quei confronti lo stava agitando profondamente. Poiché ricordava bene la fine che aveva fatto Ryuji Yazawa. Dopo una difficile stagione nell'N.B.A. aveva avuto un mortale incidente automobilistico mentre guidava sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
In Kei, Michael rivedeva il medesimo autolesionismo del suo sfortunato compagno.
“Vai a trovarlo.” gli consigliò Anzai, continuando a guardare i ragazzi in campo, con il solito sorriso rassicurante.
“Mister Anzai... non sono sicuro che questo lavoro faccia per me.” ammise Michael, mortificato.
Aveva quasi spinto Sakuragi verso l'anoressia, non si era accorto dei problemi dell'ex guardia, non aveva capito i sentimenti di Tsume e Sato, dando a quest'ultimo dei consigli basati sul nulla.
Avrebbe fatto bene ad andarsene, prima di rovinare definitivamente la vita di qualcuno di quei ragazzi.
“Con gli adolescenti è come camminare sulle uova. Ma già il fatto che te ne preoccupi, fa di te una brava persona e un buon allenatore. - gli disse Ryu, decretando poi la fine degli allenamenti – Laggiù c'è la madre di Kei, vai a parlarle!” gli consigliò, indicandogli la formosa signora dai folti capelli biondi che era arrivata un'ora prima.
Kant l'aveva vista parlare con il mister con la confidenza di chi si conosceva da anni, in compagnia di due arzille vecchiette che gli avevano riservato un paio di imbarazzanti apprezzamenti.
La donna, poi, aveva concentrato la sua attenzione sul preside Ikeda, come sempre venuto a sostenere la squadra in compagnia delle SakuraGirl e delle fans Rukawa, e da lì non si era mai mossa.
Kant la intercettò fuori dalla palestra, scorgendola in compagnia delle due vecchiette e del preside, arrossito all'inverosimile per qualcosa detto da una delle due signore.
Trasse un profondo respiro e si avvicinò a quello strano gruppo.
“Perdonate il disturbo... signora Rukawa? Mi chiamo Michael Kant e sono...” “... Il padre dei miei figli!” esclamò Kikyo, attaccandosi al suo forte braccio.
“S... Senta... io ecco... - balbettò l'allenatore, paonazzo – Signora, la prego di spostare la sua mano dal mio... non... non lì, la prego!” sbottò, cercando di allontanarsi dalla donna-piovra.
“Mamma! Molla il mio amico! - la sgridò Karen, con le mani sui fianchi e il cipiglio severo – Toshi-amore, adesso devo proprio andare... ci vediamo domani!” trillò salutando il preside, palesemente tramortito da un letale colpo di fulmine.
Intanto, il povero Michael cercava di impedire alla piovra umana di palpargli nuovamente il di dietro, pregando gli Dei che nessuno dei suoi giocatori passasse da quelle parti.
“Lascia stare Michy! Lo conosco da quando aveva l'età di Kei!” sbottò la bionda, riuscendo finalmente a schiodare l'arzilla madre dalla sua nuova preda.
“La porto a casa!” sorrise la signora Odagi, trascinando via l'amica non prima di aver dato un'ultima occhiatina al bel corpicino dell'uomo.
“Sono pazze! - ansimò Kant, con le pupille dilatate e il fiato corto – La ringrazio per il suo... Come fa a conoscermi?!” chiese all'improvviso, osservandola attentamente.
“Non mi riconosci più? Oh, beh! Sono passati anni... e sono un po' cambiata...” ammise lei, ridendo divertita.
“Karin... Karin Ruky?!” sbottò allibito, trovandosi faccia a faccia con il suo primo procuratore.
Quando era approdato nell'N.B.A., quindici anni prima, il signor Anzai gli aveva consigliato di farsi assistere da Ruky, suo carissimo amico. Michael si era fidato del giudizio del suo ex allenatore e mai scelta fu più indovinata. Karin era stato il suo procuratore per quasi otto anni poi, causa motivi familiari dovette lasciare il lavoro per un po', non prima di aver trovato a tutti i suoi assistiti un degno sostituto.
Non credeva che il motivo della sua pausa fosse... quello!
“Sono lieto che ti ricordi di me! - sorrise la donna, prendendolo a braccetto – Andiamo a prendere un caffè!” propose, incamminandosi verso il bar più vicino.
Scelsero un tavolino appartato e fecero le loro ordinazioni.
Michael, intanto, stava riprendendosi dalle conseguenze di quella scioccante notizia. Non aveva mai conosciuto direttamente la famiglia del suo procuratore. Sapeva che la compagna era morta di parto e che aveva... due figli. Andando nel suo ufficio, aveva adocchiato un paio di loro foto. Non aveva mai visto due gemelli così identici. Era impressionante. Kei e... Kim, se non ricordava male. Uguali ma caratterialmente l'opposto. Dalle poche conversazioni fatte su di loro, aveva saputo che uno era pacato e riflessivo e l'altro più scalmanato e casinista. Eppure gli sembrava di ricordare che era Kim, quello vivace...
“Erano quasi sette anni che non ci vedevamo... Stai bene!” sbottò Kant, non sapendo bene cosa dire. “Volevo farlo da tanto, ma ho aspettato che i... i miei figli fossero abbastanza grandi per chiedere la loro approvazione...” mormorò lei, adombrandosi all'improvviso.
“Kami Sama!Kei è tuo figlio! - sospirò incredulo, rendendosi conto degli anni che erano passati – Però... non ho visto ancora Kim. Non si è iscritto allo Shohoku?” chiese Michael, cercando di ricordare se lo avesse mai intravisto per i corridoi o con il gemello.
“Kim è... è morto cinque anni fa. Si è buttato giù dalla terrazza della scuola.” fu la sua agghiacciante dichiarazione, mormorata con un filo di voce tremante.
“Ah... Mi dispiace tantissimo... Non so cosa dire...” ammise Kant, zittendosi all'arrivo della cameriera con le loro ordinazioni.
Un pesante silenzio cadde su di loro, poi la donna riprese a parlare.
“Soffriva di depressione... ma nessuno di noi se n'è mai accorto. Kei non ha mai voluto affrontare l'argomento e io non me la sono sentita di insistere. Dopo un paio d'anni dall'accaduto è stato proprio lui a consigliarmi di tornare al lavoro, per potermi distrarre un po' e tenermi occupata... Sette anni fa avevo iniziato il cambio di sesso e mi sono dovuta ritirare temporaneamente dagli affari, ma il dottore mi aveva assicurato che era andato tutto bene. Non avevo nessuna ragione per preoccuparmi per la mia salute... anche se non mi importava più nulla, dopo che Kim... - s'interruppe un'istante, sospirando profondamente - Ma avevo ancora Kei ed è stato per lui che ho deciso di non lasciarmi andare e riprendere in mano la mia vita.” esclamò, continuando a girare il suo caffè.
“Kei... come l'ha presa... voglio dire, era il suo gemello...” azzardò a chiedere Michael, preoccupato per il ragazzo.
“È stato Kei a trovarlo... Non so, mi ha assicurato di stare bene e io gli ho creduto e sono tornata al lavoro. Poi... ha incominciato a comportarsi come... come Kim! Stava fuori fino a tardi e... sei mesi fa ho trovato della marijuana nella tasca dei suoi jeans. Così mi sono trasferita qui da mio fratello, non sapendo cos'altro fare. Non so parlare con mio figlio. Kami! Non so nemmeno più chi dei due sia!” ammise, con le lacrime agli occhi.
Riflessivo, premuroso e determinato. Era così che gli aveva sempre descritto Kei... Cos'era rimasto di quel ragazzo sensibile e affettuoso? Michael si passo una mano sul viso, colto da un pensiero angosciante.
Kei si era trovato davanti a un cadavere identico a se stesso...
“Karen... io...”
“Kei non si lascia più avvicinare da nessuno, eppure ha iniziato a parlarmi malissimo di un certo allenatore rompipalle... Credo ce l'avesse con te! - sbuffò, con un mezzo sorriso – Se tu riuscissi a... non so, a farlo reagire in qualche modo... sarebbe comunque un inizio, uno sfogo che potrebbe permettergli di esternare tutti quei sentimenti che si tiene dentro da anni...”
“Giuro che farò tutto il possibile per aiutarlo!” promise Kant, posando una mano su quella della donna.
Nei suoi occhi Karen lesse una sincera determinazione che le fece ritrovare una speranza che credeva ormai perduta per sempre e sorrise. Sorrise con tutto il cuore.
Kei era ostinatamente chiuso in casa da così tanti giorni, che ormai ne aveva perso il conto. Non che la cosa gli importasse, ovviamente.
Sentiva ancora la stupida voce della sua coscienza che gli urlava di correre da Sato a scusarsi per le cattiverie dette e di andare da sua madre, per spiegarle cosa sentisse dentro di sé. Di chiedere... aiuto... all'unica persona che era stata capace di farlo reagire violentemente, dopo anni di spudorate menzogne e di apatia totale. Ma Kei non lo avrebbe mai fatto. Non poteva. Altrimenti... Kim sarebbe morto sul serio e questo non lo avrebbe mai accettato.
Aveva una gran voglia di giocare a slam ball. Saltare talmente in alto da volare, quasi. Schiacciare il pallone con una forza tale da sentire dolore alle mani, dimenticando quello che sentiva nell'anima.
Detestava Kant in un modo che non si sapeva spiegare. Era stato testimone del suo malore, ma non gli aveva chiesto nulla. Ma Kei non poteva perdonargli il fatto che, in meno di un mese, fosse riuscito a intravedere il suo vecchio volto. Mai, giurò a se stesso, mai lo avrebbe perdonato.
Il suono del campanello lo distolse da quei pensieri astiosi. Controvoglia andò ad aprire e si trovò di fronte il suo cugino più grande.
“Ciao, posso parlarti?” gli chiese Akira, con un sorriso così gentile che il capellone non poté fare altro che scansarsi e farlo accomodare.
Sedutosi sul divano, Sendoh gli fece segno di fare altrettanto. “Da quando sei arrivato non sono stato molto presente.” ammise, contrito e rammaricato. “Avevi i tuoi problemi. Sono contento che tu stia bene!” lo giustificò prontamente il cugino, lieto di vederlo senza tutore né stampelle.
“Ciò non toglie che non ti ho prestato la giusta attenzione. Kei, come stai? E non dirmi palle, che me ne accorgo!” lo avvertì, minaccioso.
“Sopravvivo.” rispose il ragazzo dai lunghi capelli, più vicino alla realtà di quanto avesse voluto. “Sei chiuso qui da più di una settimana. Non vai più nemmeno a scuola e... siamo tutti preoccupati per te.” gli disse Akira, guardandolo dritto negli occhi.
“Non... Non mi va di vedere gente, ecco tutto.” si schernì il più giovane dei due, abbassando lo sguardo.
“Non ci si può nascondere per sempre.” gli fece notare il cugino, con gentile tenerezza. “Non mi sto...!Dannazione! È difficile!- ammise Kei – Tornare in Giappone... l'ultima volta che sono venuto qui c'era anche... Non so più cosa fare!” ammise, coprendosi il volto con una mano.
“Potresti provare a procedere un passo alla volta, che ne dici?” propose Akira, profondamente rattristato per quel povero ragazzo, che non riusciva più a reggere da solo il peso di un dolore così grande.
“Un passo alla volta?” ripeté il capellone, riflettendoci seriamente.
“Per prima cosa andiamo a cena tutti insieme. Hana e Hiki hanno dato il meglio di loro! - scherzò il porcospino – Poi ritorni a scuola, così ti concentri sulle lezioni e non pensi a cose tristi. Infine, se ne hai voglia, torni anche in squadra. Stare in mezzo ai ragazzi della tua età è un'ottima distrazione e poi il basket è una grandissima valvola di sfogo. Kei, la solitudine acuisce tutto, specialmente i brutti ricordi!” gli disse, posandogli una mano sulla spalla.
“Un passo alla volta... Sì... forse... sì!” accettò il ragazzo, con un mezzo sorriso. “Forza! Andiamo a cenare! Figurati che persino Kae era preoccupato per te!” gli confidò Sendoh, uscendo dalla dependance.
“Kaede? Per me?!” sbottò allibito, guardando suo cugino negli occhi. “Già, già!Ma lo sai com'è fatto... No ci sa fare con le parole. I discorsi convincenti sono la mia specialità!” rise il porcospino, entrando in cucina accolto da sorrisi grati e sguardi d'approvazione. Finalmente la famiglia era di nuovo riunita.
Mitsui entrò in casa sbadigliando sonoramente. Era stata una bellissima serata, tra la cena e i momenti di divertimento con gli aneddoti di gioventù delle due nonnine hentai. Anche se il momento più divertente era stato quando la piccola Kikyo aveva spiegato, a modo suo, chi fosse la sua mamma.
Alla domanda divertita di Karen, la bambina aveva guardato prima Katy e poi il rossino, che la stava tenendo in braccio come al solito.
“Mamma mia. - aveva esclamato, indicando la pittrice – Mamma mio!” aveva sorriso, poi, posando una guanciotta su quella di Sakuragi.
In quell'atmosfera rilassata e allegra, Mitsui era anche riuscito a chiarirsi con Kazuya, chiudendo definitivamente l'argomento anfetamine. Aveva assolto il fotografo dal suo assurdo senso di colpa ed era anche riuscito a scambiare finalmente due parole con Kei, trovandolo una persona molto piacevole e simpatica. Era anche un ottimo tiratore da tre, gli aveva detto il rossino. Uno di quei giorni gli sarebbe piaciuto passare allo Shohoku per salutare gli ex compagni e vederlo all'opera.
“Chissà cos'aveva Hana! - si chiese a voce alta – Guardava sua sorella e arrossiva sospirando...” “Ha capito che nemmeno il grande Tensai può fare nulla per fermare il corso naturale degli eventi! - rise il porcospino, abbracciandolo da dietro – E a proposito di natura inarrestabile...” sussurrò suadente, cominciando ad armeggiare con i jeans del suo ragazzo.
“Ehi, tu! E se non avessi voglia?” lo provocò Mitsui, andando in camera loro senza degnarlo di uno sguardo. “Me lo merito! Oggi sono stato bravissimo! E poi è la mia festa!” si lamentò l'altro imbronciatissimo.
“Si può fare!” concesse Hisashi, sorridendogli divertito, cominciando a spogliarsi velocemente. “Sei cattivo!” lo rimproverò Sendoh, imitandolo.
Una volta nudi si stesero sul letto, cominciando a baciarsi con foga. Erano settimane che non lo facevano così. All'improvviso, violentemente, senza freni.
“Lo vuoi fare sporco, Aki?” chiese Hisashi, tra un gemito e un lamento. “Sì! - sorrise il ragazzo dai capelli a punta, prendendo il vibratore dal suo cassetto – Prometti di stare fermo, però!” lo avvertì, accarezzandogli un fianco.
A Mitsui non piaceva essere legato, non dopo i giorni di disintossicazione e questo Akira lo sapeva benissimo.
“Tecnicamente lui è un tuo concorrente, sai?” scherzò semiserio, indicandogli l'oggetto di plastica che teneva in mano. “Non è vero! È il mio strumento di piacere! Non lo ascoltare, Happy. È cattivissimo!” mugugnò, parlando direttamente al vibratore.
“Oh, Kami! Gli hai dato pure un nome?!” rise Hisashi, prima di gemere inarcandosi di piacere, sentendo le dita di Akira dentro di sé. “Ovvio! Adesso ti darà tanta felicità!” promise sensualmente, infilandogli l'oggetto tra le natiche, attento a non far male al suo burbero compagno.
Mitsui abbracciò le spalle del suo personalissimo hentai, sentendo il vibratore muoversi a velocità crescente, mentre le mani di Akira lo stuzzicavano, accarezzandolo dappertutto.
Poco prima di venire, però, il suo bastardissimo ragazzo spense l'oggetto, togliendolo piano. “Sono geloso.” ammise con un sorriso divertito, facendosi spazio tra le sue cosce in tensione.
“Aki...” ansimò Mitsui, desiderando solo averlo dentro di sé e placare la frustrazione che sentiva.
Le prime spinte furono così delicate che quasi non le sentì, poi Sendoh fu preso da un'improvvisa frenesia e cominciò a muoversi con foga, masturbandolo senza pietà.
Hisashi era del tutto impreparato a quell'assalto così selvaggio e non poté fare altro che venire, gridando tutto il suo piacere mentre lo sperma di Akira gli ustionava l'intestino, colando tra le sue cosce.
“Ti amo, ti amo, ti amo!” cantilenava il porcospino, baciandogli le labbra, senza riuscire a riprendersi dalle emozioni appena provate.
“Sai, Aki?” sorrise Mitsui, rimboccando le coperte a entrambi una volta tornata un po' di calma. “Dimmi, tesoro!” gli sorrise Sendoh, accarezzandogli i capelli scuri.
“Happy è stato più bravo di te!” lo prese in giro, coricandosi su di lui con un dolce bacio. “CATTIVO!” piagnucolò il porcospino, ferito nel suo orgoglio di perfetto hentai.
Hanamichi si svegliò presto, nonostante i festeggiamenti della sera precedente. Voleva preparare la colazione e potersi fare una doccia veloce prima di andare a scuola. Stupito, si scoprì impossibilitato a muoversi dal letto. Guardandosi attorno, riuscì a stento a non scoppiare in una fragorosa risata.
Aveva una volpe, un topolino e un koala che gli stavano beatamente ronfando addosso. Magari si fossero limitati a quello...
Kaede stava sbavando sulla sua spalla destra. Kanata stava sbavando sulla sua spalla sinistra. Kikyo stava sbavando sul suo petto.
Di quel passo, sarebbe diventato il primo caso al mondo di ventenne con i reumatismi, pensò Sakuragi, muovendosi con attenzione.
Spostò la testa di Kaede sopra il suo cuscino e appoggiò il viso del fratellino sullo stomaco della volpe addormentata, senza che nessuno dei due se ne accorgesse. Adagiò la piccola sul proprio cuscino. Kikyo annusò la stoffa nel sonno, riconoscendo l'odore del suo 'mamma', ma Hanamichi sapeva benissimo che quella bambina non era facile da imbrogliare. Altro che koala, era un segugio. Aveva meno di un'ora per lavarsi e cucinare, poi la bambina si sarebbe accorta dell'inganno e avrebbe incominciato a piangere, svegliando i suoi fratelli e scatenando le ire della volpaccia.
Tre quarti d'ora più tardi, dopo aver lasciato in caldo la colazione per l'intera famiglia, Sakuragi tornò all'appartamento e si affacciò in camera, ritrovando i tre Rukawa esattamente come li aveva lasciati.
Sorridendo soddisfatto si preparò una tazza di the e guardò fuori dalla finestra. Il cielo era azzurro come gli occhi del suo Kaede. Sarebbe stata un'altra bellissima giornata di sole.
Un'ombra scura vicino al cancello attirò la sua attenzione.
Vide un uomo, con un cappotto marrone chiaro guardarlo dalla strada. Di questo ne fu certo perché, nonostante gli occhiali scuri indossati dallo sconosciuto, quando il rossino si affacciò alla finestra per guardarlo meglio, l'uomo si dileguò in un batter d'occhio, come fosse stato colto in flagrante...
-FINE SESTA PARTE-
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