DISCLAMER: T. Inoue li fa e io li accoppio ^___^

 

RINGRAZIAMENTI: a tutti i fans della nonnina hentai e ai lettori delle mie fic, che ancora non si stancano del livello della mia follia.

Un gigantesco GRAZIE a Seika per la sua  gentilezza e alla bissa per le traduzioni. Se Hana ha potuto dare i suoi soprannomi animali è merito di una Bissa! XD

Ovviamente, un enorme bacio alla mia super-omonima LilyJ!

 

NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''

 

Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke.

Kyosuke: il capofamiglia, inventore.

Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice.

Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino)

Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^)

Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro (Ookami=lupo)

Kazuya: gemello di Kurumi, è il più sensibile dei fratelli. È cotto di Hikaru (Kojika=cerbiatto)

Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo)

Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala)

Karen: 'sorella' di Kyosuke

Kei: figlio di Karen, coetaneo di Kaede e Hanamichi (Itachi=donnola)

 

Altri personaggi:

 

Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi.

Aron  Tsume: giocatore dello Shohoku (Hiyoko=pulcino)

Shane Sato: ala piccola/guardia (Kenaga=lunga coda)

Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai (Shiro=bianco)          

    

          

          

       




 


 

 

Strange Family III

 

capitolo V

 

di Gojyina-chan

 



 

Aron si chiuse la porta alle spalle.

 

Non aveva proferito parola per tutto il tragitto fino a casa e quel pesante silenzio iniziava a preoccupare seriamente Shane.

 

Era abituato ai suoi attacchi di gelosia, aveva imparato a convivere con la sua possessività e, a essere totalmente sinceri, era conscio del fatto che lui stesso era anche più morboso del suo pulcino ossigenato.

 

A distanza di mesi ancora lo infastidiva vederlo parlare con la manager Rukawa, nonostante sapesse perfettamente che non solo erano semplicemente amici, ma che lei stava insieme al senpai Mito e la loro relazione funzionava alla grande.

 

Eppure quel suo silenzio lo stava gettando in uno stato di profonda ansia.

 

Che si stesse pentendo di stare con una persona irascibile e indipendente come lui?

 

“Aron...?” provò a chiamarlo, agitato.

 

Tsume, senza degnarlo di uno sguardo, salì al piano superiore.

Aron lo seguì fin dentro la sua camera, trovandolo seduto sul letto.

 

“Ehi?” mormorò Sato, accomodandosi incerto accanto a lui.

 

“Sono stanco. - ammise il biondino, guardando fuori dalla finestra - Tutte le volte la stessa storia. Ti vedo parlare con un altro essere umano e mi ingelosisco come un cretino. Tutto questo è ridicolo. Non mi va più di giocare in questo modo.”

 

“E mi vorresti lasciare?! - chiese Shane, afferrandolo per un braccio – È questa la tua soluzione? Beh, mi spiace ma io non.. te lo... Che stai facendo?!” domandò allibito, quando il suo ragazzo, senza averlo nemmeno ascoltato, lo aveva sbattuto con forze contro la parete accanto al letto, iniziando a svestirlo con feroce passione.

 

“D'ora in poi, ogni volta che mi sentirò geloso... farò questo!” sentenziò, strappandogli quasi letteralmente la camicia di dosso.

 

Sato era ammutolito di fronte alla sua furia, godendo segretamente del calore di quelle mani calde sul suo corpo sensibile.

 

Quante notti aveva sognato di essere preso con tanta violenza... ma il suo impacciato fidanzato non gli era mai sembrato tipo da simili slanci, invece...

 

 

 

Senza dargli tregua, Aron lo denudò completamente, leccando e mordendo quanta più pelle possibile, lasciandovi più segni rossastri possibili a testimonianza del suo possesso.

 

Sapeva di non fargli male, i gemiti estasiati che uscivano dalla sua bocca ne erano la prova lampante.

Shane stava godendo di tutto quello, almeno quanto lui.

 

L'idea di possederlo così all'improvviso, lo eccitava da matti.

 

Penetrarlo, beandosi della sua nudità, metteva in risalto il proprio corpo,  ancora completamente vestito.

 

Infilando una gamba tra quelle già tremanti del suo ragazzo, lo sentì aggrapparsi alle sue spalle con un rantolo di pure piacere.

 

 

 

Quando Aron si slacciò solo la patta dei pantaloni, Shane si era aspettato di vederlo spogliarsi.

Sentire la sua mano sotto una coscia, che la sollevava da terra e subito dopo il suo pene farsi strada all'interno del suo intestino pulsante, gli procurò una scarica di piacere così inaspettata e intensa da togliergli il respiro e costringerlo ad aggrapparsi alle sue spalle, per mantenere un minimo di equilibrio.

 

Il contatto con i suoi abiti freddi lo costrinse a rabbrividire di un piacere violento e intossicante.

 

Mai si era sentito in quel modo.

 

Così sexy e desiderabile.

Grondante di sensazioni forti e contrastanti.

 

L'agitazione per una sua possibile incazzatura, il nervosismo per il prolungato silenzio, la paura di perderlo e l'eccitazione di fronte a quello sfoggio di passionalità audace e sfrenata, lo avevano trasformato in un ammasso di carne pulsante, satura di desiderio pronto a esplodere da un momento all'altro.

 

Voleva sentire il flusso caldo del suo seme dentro di sé.

Ne avvertiva il desiderio fin nelle viscere più profonde del suo corpo tremante.

 

... E alla fine, Aron lo accontento.

Con una spinta più violenta delle altre lo riempì di sperma, permettendogli di venire a sua volta, con una masturbazione forte e vigorosa.

 

Sato s'inarcò completamente imbrattando la mano di Tsume con la prova tangibile del suo appagamento.

 

Il biondo ossigenato lo prese per la vita, trascinandolo con sé sul letto, mentre i respiri faticavano a tornare regolari.

 

“Mi piacciono... le tue punizione..” ansimò Shane, incapace di aprire gli occhi.

 

Osservando il suo sorriso soddisfatto, Tsume sentì crescere in lui un moto di profondo orgoglio per il piacere che era stato capace di dargli.

 

Ma era anche fiero del proprio comportamento.

Invece che incavolarsi e pestare i piedi come un bambino viziato, aveva escogitato un modo un po' perverso di farsi chiedere scusa dal suo ragazzo.

 

Prima lo aveva fatto preoccupare per la sua non-reazione, poi gli aveva fatto credere di volerlo lasciare e infine, lo aveva posseduto con forza, senza dargli il tempo di formulare una frase di senso compiuto.

 

“Mi hai stupito, sai? - si sentì dire da Shane, che gli stava accarezzando le labbra con l'indice di una mano – Potrei anche innamorarmi di uno come te!” scherzò, giocando con le sue ciocche chiare.

 

“Mi sento di nuovo geloso!” lo avvertì con un grande sorriso, mentre il calore del corpo di Sato, mischiato ai loro odori, ricominciava a dargli alla testa.

 

“Ti va di farti venire un altro attacco di gelosia sotto la doccia?” propose Shane, scoppiando a ridere quando si sentì prendere in braccio e sollevare da terra.

 

“Doccia: stiamo arrivando!” esclamò Aron, ricambiando il bacio appassionato che Shane gli regalò durante il tragitto dalla camera al bagno.

 

 

 

“Che cazzo credi di fare, ragazzino?” sibilò Michael, afferrando il giocatore per un braccio.

Kei gli puntò addosso uno sguardo indifferente e vitreo, prima di sputare la sua dose di veleno.

“Allora anche tu hai i tuoi vizietti, eh?” sogghignò, avendolo trovato in un posto del genere a quell'ora.

 

“Seguivo Tsume e ho trovato te in dolce compagnia, per usare un eufemismo!” sbottò l'allenatore, trattenendo a stento l'impulso di prenderlo a pugni.

 

Era dannatamente affascinante con i capelli arruffati e quella luce spavalda negli occhi, peccato che fosse un bluff, si ricordò Michael, provando un misto di rabbia e di pietà per quel giovane così sbandato.

 

“Il cavalier servente è infine giunto a salvare la sua pulzella in pericolo!Buon per lui!” si limitò a commentare Rukawa, con un'alzata di spalle.

 

“Questo non è posto per te!Ti riporto a casa!” sentenziò Kant cercando di trascinarlo via.

 

Il ragazzo si divincolò furiosamente, riuscendo a liberarsi dalla sua presa, splendente nella sua rabbia feroce.

 

“E tu che ne sai di me e dei posti che mi si adattano?! DIMMI CHE CAZZO NE SAI? - gridò, con tutto il fiato che aveva in gola – Qui sto bene! Finalmente mi posso divertire e non me ne vado!”

 

“Facendo la puttana? È così che ti diverti?” sibilò Michael, ghermendolo nuovamente.

 

“Probabilmente! Non sono comunque affari che ti...!”

 

Il suono di un'ambulanza interruppe la risposta seccata del giovane.

La vettura passò a pochi centimetri da loro, a sirene spiegate.

 

Kant si accostò istintivamente al marciapiede, portando con sé la guarda dello Shohoku.

Tornando a guardarlo, pronto a ricominciare a litigare, lo trovò pallido e tremante.

 

All'improvviso, Kei rovesciò gli occhi all'indietro, perdendo conoscenza tra le sue braccia.

 

 

 

Kaede si rigirò nel letto, infastidito dall'assenza del suo cuscino umano.

Il Do'hao sapeva benissimo quanto detestasse svegliarsi da solo, nel loro grande letto.

Per la sua incolumità, si augurò che avesse un motivo più che valido per giustificare la sua assenza, altrimenti avrebbe subito l'ira funesta di una volpe parecchio incazzata.

 

Entrato in soggiorno lo trovò in piedi intento a cullare ancora il koala dolorante.

 

Dopo il secondo... one on one con il miele e la successiva doccia per lavarsi i corpi impiastricciati, era arrivata Katy, preoccupata per il mal di denti della piccola Kikyo, che chiamava disperatamente il suo 'mamma'.

 

Il Do'hao l'aveva presa immediatamente in braccio e da lì non si era più scollata, notò Rukawa, guardando il suo ragazzo con ancora indosso l'accappatoio ormai asciutto.

 

“Ti prenderai il raffreddore.” gli fece notare, sdraiandosi sul divano, mentre Hanamichi passeggiava su e giù per la stanza.

 

“Mi spiace averti svegliato, Ru. - mormorò il rossino – Sono le undici passate, torna a letto!”

“Non senza di te! Domani anche tu hai scuola!” borbottò, facendogli spazio e guardandolo sedersi accanto a lui.

 

“Butto tu!” sbottò la sorellina con gli occhioni rossi di pianto.

“Guarda, siamo seduti tutti insieme. Non se ne va nessuno! - le fece notare Sakuragi, accarezzandole una guanciotta umida -  Le stanno spuntando quattro dentini ed è un po' nervosa!” la giustificò con un tenero sorriso a cui lei rispose con due occhioni illuminati d'affetto.

 

Anche lui aveva quell'espressione davanti ai sorrisi del Do'hao?!

Rukawa arrossì al solo pensiero.

 

“Dammi il koala e vatti a vestire o ti ammalerai sul serio!” sentenziò, prendendo in braccio la sorella.

 

“Torno subito, piccola!” la tranquillizzò il ragazzo, notando il suo broncetto indispettito a quel... 'cambio di residenza'.

 

Trovarsi faccia a faccia col suo acerrimo nemico non giovò all'umore già pessimo della bimba che gli puntò addosso il suo sguardo più minaccioso.

 

“Butto tu!”

 

“Hn. Vuoi bene al tuo mamma?” le chiese Kaede a bruciapelo.

“Tì!”

 

“Allora fagli mettere dei vestiti caldi, altrimenti si ammalerà. Tu non vuoi che stia male, vero?”

“No male mamma!” gemette la piccola, coi lacrimoni.

 

“Hn. - annuì la volpe soddisfatta – Aspettiamo che torni!” sentenziò, mettendosi comodo sul divano.

“Tonni mamma!” sospirò la bambina, guardando la porta chiusa della camera da letto.

 

Il dolore alle gengive ritornò più fastidioso di prima e Kikyo ricominciò, suo malgrado a piangere disperata.

A quel suono straziante Hanamichi, che aveva appena fatto in tempo a infilarsi un maglione e un paio di jeans, corse da lei ricominciando a cullarla dolcemente.

 

Sarebbe stata una notte molto lunga, si rese conto la volpe, accucciata sul divano.

 

 

 

Quando il corpo di Kei si afflosciò tra le sue braccia, Michael lasciò trascorrere una manciata di scioccati secondi, passati i quali lo stese delicatamente sul marciapiede praticandogli una respirazione bocca a bocca, vedendo che il giovane non solo non si riprendeva ma la sua temperatura corporea si stava rapidamente abbassando.

 

Dopo un paio di minuti Kei socchiuse le palpebre e il cuore di Kant riprese a battere regolarmente.

 

“Ehi!” lo chiamò dandogli un paio di buffetti su una guancia.

 

Tossendo convulsamente, Rukawa riaprì gli occhi, guardandosi attorno confuso e tremante.

 

Quell'espressione così terrorizzata strinse il cuore del giovane allenatore che lo aiutò ad alzarsi in piedi.

 

L'atteggiamento strafottente e ironico che aveva sempre caratterizzato il ragazzo era svanito nel nulla, lasciando il posto a quello che, con ogni probabilità, doveva essere il suo vero volto.

 

In silenzio, Michael lo accompagnò alla propria macchina e solo allora gli domandò il suo indirizzo che la guardia mormorò in un sussurrò tremulo, per poi tornare a nascondersi in un mutismo assoluto.

 

Kant mise in moto la macchina e percorse le vie artificialmente illuminate di Kanagawa, troppo scosso per proferire parola.

 

 

 

Hanamichi si avvicinò alla finestra del soggiorno, udendo una macchina che si fermava vicino al cancello di casa.

Kei, scosso e pallido, uscì dalla vettura, correndo verso la sua dependance, chiudendosi la porta alle spalle, senza nemmeno accendere le luci.

 

“Kant ha riaccompagnato a casa tuo cugino.” annunciò, riconoscendo nel guidatore il loro allenatore in seconda, anche lui con una faccia terribilmente tesa.

 

“Hn.”

“Ru?”

 

“Lo so, Do'hao. Lo farò!” promise Kaede, chiaramente a disagio.

“Brava la mia volpetta! - gli sorrise orgoglioso – Che c'è, piccola? Senti ancora male?” mugolò dispiaciuto, sentendola agitarsi nel suo abbraccio.

 

“Mamma aiuto!” gemette Kikyo, nuovamente in lacrime, aggrappandosi disperatamente alle spalle di Hanamichi.

“Kami, che frustrazione!” sospirò il ragazzo, tornando a sedersi sul divano - Se solo potessi prendere a testate il suo dolore!” sibilò, adirato.

 

Ricordava bene quella sensazione di impotenza, era la stessa che provava quando, da piccola, Hikaru si ammalava.

Non sopportava l'idea di non poter fare niente per alleviare le sofferenze delle persone che amava.

 

 

 

Davanti a quella reazione, Rukawa decise di dare un freno a quella situazione assurda.

 

“Ok, basta così! - sbottò all'improvviso, guardando il suo ragazzo dritto negli occhi -  Do'hao, i bambini si ammalano!” gli annunciò, senza giri di parole.

 

“Eh?!” domandò Sakuragi, accigliandosi non capendo il senso del suo discorso.

“Varicella, orecchioni, morbillo, rosolia e altre malattie schifose! Si ammalerà anche lei e tu non ci potrai fare niente!” sbottò con voce dura e perentoria.

 

“Non ti voglio ascoltare!” s'imbronciò il rossino, stringendo a sé la bambina.

“Deve sviluppare gli anticorpi, razza di Do'hao o rischierà di morire per un banale raffreddore! Mamma non ha mai vaccinato nessuno di noi e non abbiamo mai fatto un colpo di tosse nemmeno per sbaglio!” dichiarò Rukawa, fiero della sua salute di ferro.

 

“Ma... lei sta...”

“Lo so che soffre, ma caspita! Tra qualche mese non se lo ricorderà nemmeno più! - gli fece notare esasperato – Se vuoi che diventi una persona forte, devi lasciarle combattere le sue battaglie. Questa dei denti è solo la prima di una lunga serie! Se prenderai così a cuore tutto quello che le succede, allora la farai diventare una donnicciola senza spina dorsale. Immagina Kurumi senza il suo carattere forte e deciso. Sarebbe in balia di ogni adolescente della prefettura! Invece lei è capace di difendersi da sola, è forte e indipendente e solo un maniaco suicida penserebbe di importunarla!” sbottò la volpe, in uno dei discorsi più lunghi della sua vita.

 

“Sono troppo apprensivo.” ammise Hanamichi, guardandolo colpevole.

“Già!”

 

“E lei alla prima sciocchezza corre da me!” continuò il rossino col suo mea culpa.

“Già!”

 

“E tu te ne sei accorto subito.”

“Già!”

 

“Allora non è vero che passi il tempo a ronfare! - scherzò Sakuragi, prima di dargli un bacio sulle labbra, sorridendogli grato – Hai ragione. Ci sono battaglie che deve combattere da sola... Ma è così difficile dovermi limitare a guardare!È così piccolina e indifesa che...”

 

“Lo so!” sbottò accarezzandogli i capelli purpurei.

“Mamma mio!” s'imbronciò Kikyo, abbracciando il rossino con più forza.

 

“Hn.”

“Kikky per me è molto importante. Il giorno in cui è nata, io e te ci siamo praticamente messi insieme.” il ragazzo arrossì appena, sorridendogli felice.

 

Certo che se lo ricordava, mica era un Do'hao, lui!

Quel giorno di quasi nove mesi prima, mentre nasceva il koala, loro due si erano dichiarati e Kanata si era svegliato dopo la disavventura con le pasticche.

Kaede contava il tempo in cui era iniziata la sua vita in base all'età della mocciosa.

 

“Sai cos'è strano? - rise Hanamichi, quasi incredulo – Che lei ci vedrà sempre insieme, senza sapere quante litigate ci siamo fatti, prima di... - s'interruppe, guardandolo incerto – Ru, lei ci vedrà stare sempre insieme, vero?” gli chiese nervosamente.

“Do'hao! - sbuffò, infastidito dal dover rispondere a domande tanto sceme – Quel giorno, io ti ho sposato!”

 

Sakuragi sorrise, annuendo commosso.

 

“Mamma mio!” sbuffò Kikyo, sentendo i due giovani abbracciarsi teneramente.

“Hn!”

“Che ne dite di infilarci tutti e tre sotto le coperte calde?” propose, per evitare una scena da far west.

 

“Con mamma mio!” accettò la piccola, sorridendo felice.

“Hn.” annuì la volpe, seguendolo in camera con un sonoro sbadiglio.

 

Appena poggiata la testa sul cuscino, il ragazzo dai capelli purpurei s'addormentò, cedendo alla stanchezza.

Rukawa  osservò il visino adorante della piccola che accarezzava il volto del suo mamma, posando poi una guanciotta su quella del numero dieci dello Shohoku, guardandolo con un cipiglio bellicoso, appena sentì il volpino sdraiarsi accanto a loro.

 

I due fratelli si guardarono a lungo con circospezione, come due gatti pronti alla lotta.

“Hn... Non te lo porto via! - sbuffò Kaede, guardandola di sottecchi – Una spalla per uno?” propose, avvicinandosi al suo Do'hao.

 

“Pe' uno. - accettò la piccola, un po' stupita, convinta che sarebbe stata rilegata nel suo lettino solitario – No tanto butto tu!” concesse sorridendo soddisfatta, accucciandosi sul suo mamma.

“Hn...” borbottò la volpe, trattenendo un sorrido divertito.

 

Mai dare troppe armi al nemico, si ricordò, mentre raggiungeva gli altri due tra le braccia di Morfeo.

 

 

 

Hisashi si mosse piano, mugolando sommessamente sul petto del suo ragazzo.

Akira gli accarezzò piano i capelli, lasciandogli il tempo di svegliarsi del tutto.

 

“Ciao.” mugugnò il tiratore da tre punti, stropicciandosi gli occhi.

“Ciao!” sorrise il ragazzo, intenerito da quel gesto che lo rendeva simile a un bambino.

 

“Oggi non ho voglia di andare a lezione!” sbadigliò Mitsui, tornando a stendersi sul suo bel compagno.

 

“Hisa?” lo chiamò Sendoh, cominciando a giocare con l'elastico dei suoi boxer.

“Sei sicuro...?”

 

“Non lo facciamo da un bel po'!” gli fece notare il porcospino, massaggiandogli la pelle sensibile tra i glutei.

 

Il gemito sommesso dell'ex teppista, sancì la sua decisione, dando il via a una serie interminabile di carezze e baci umidi.

 

Ben presto, la stanza fu satura dei loro odori e dei loro gemiti sconnessi.

 

“Chi...?” domandò Akira sorridendo, divertito della sua aria sconvolta.

“Ti voglio sentire!” sospirò Mitsui, mettendosi a cavalcioni su di lui, ancora impacciato per via del tutore.

 

Afferrandolo per la vita, Sendoh diede il sostegno necessario al suo ragazzo per potersi inginocchiare tra le sue cosce tese, guidando il pene del playmaker dentro di sé.

 

Hisashi s'impalò su di lui in un colpo solo, godendo violentemente per quell'intrusione a lungo desiderata.

 

Alla ricerca del piacere, si mosse a velocità crescente, sorridendo al suono dei lamenti estatici del suo ragazzo.

 

Bastarono ancora un'altra manciata di spinte per raggiungere l'orgasmo, che Mitsui annunciò con un lungo grido euforico, sentendo lo sperma caldo di Sendoh invaderlo fin nelle viscere, colando tra i glutei frementi.

 

Sudato e con la testa che girava vorticosamente, Hisashi si stese sul porcospino, cercando di ritrovare il controllo.

 

“Wow!” sospirò Akira, accarezzandogli la schiena umida.

“Era tanto che non...” mugugnò arrossendo furiosamente, giustificando la rapidità del loro amplesso.

 

“E chi si lamenta! - sorrise Akira, baciandogli una tempia – Buongiorno amore!”

“Buongiorno Aki!” rise Mitsui, crogiolandosi nel suo abbraccio fino ad assopirsi nuovamente.

 

Sendoh lo guardò dormire, deciso a litigare con lui un po' più spesso se quello era il modo di far pace di Hisashi.

 

La loro prima litigata da fidanzati... quel pensiero gli faceva un effetto un po' strano.

Era stato uno sciocco a volerlo proteggere escludendolo dai suoi problemi.

Mitsui aveva bisogno di sentirsi importante per lui.

 

“Perdonami, tesoro!” sussurrò il porcospino, stringendolo a sé.

 

Non lo avrebbe mai più ferito, giurò a se stesso, continuando a tenerlo tra le braccia sentendo una nuova energia scorrergli nelle vene.

 

Forse Mitsui gli aveva reso sul serio la sua forza, sorrise Akira, perché si sentiva davvero meglio, carico di positività e determinazione, pronto ad affrontare qualunque avversità.

 

 

 

A metà mattina, i due ragazzi andarono nella casa principale a salutare il parentado.

La prima cosa anomala della giornata fu trovare Hanamichi e Kaede semiaddormentati sul divano, avvolti in un pesante plaid.

 

“Sono stati svegli tutta la notte per via di Kikyo.” spiegò Katy, seduta in cucina a prendere il the  con le due nonnine e Karen.

 

Quest'ultima, aveva la faccia piena di nastro adesivo che le tirava la pelle in modo inquietante.

“È un'invenzione di Kyosuke 'Ruga tu non mi invecchi più'... ma secondo me è un po' eccessiva.” borbottò la donna, togliendosi quei pezzetti di plastica trasparente.

 

Akira e Mitsui si guardarono di sottecchi, trattenendo a stento le risate.

Di tutte le invenzioni del capofamiglia, quella andava annoverata tra le più assurde, insieme al rotolo di carta igienica in testa e la tuta-sauna.

 

“Hn.- sbadigliò Kaede, destatosi a causa di un gorgoglio allo stomaco – Do'hao, fame.”

“Sei peggio di un neonato! Il giorno in cui mi chiederai di cambiarti anche il pannolino, ti lascerò all'istante!” lo avvertì il rossino, stiracchiandosi pigramente per poi unirsi al resto della famiglia.

 

“Hana-pucci, perdona la pigrizia dei miei figli!”sospirò Katy, sorridendogli teneramente.

 

“Ormai ci sono abituato! - rise il ragazzo mettendosi all'opera – Allora? Cosa facciamo per pranzo? Nezumi?”

 

“Omuraisu?” propose il piccolo, uscendo dal mobile a muro della cucina.

“Accetto!” esclamò Hanamichi, mettendosi a preparare quelle specie di omelette ripiene di riso, tipiche della cucina nipponica.

 

Facili e veloci da fare, così da sorbirsi il meno possibile i burberi lamenti della sua volpe viziata.

 

“Oh! Non li mangio da anni!” gongolò Karen, mettendosi a guardare senza ritegno il bel di dietro del rossino insieme alla nonnina hentai e alla signora Odagi.

 

EHI!” tuonò Kaede, stringendo minacciosamente le braccia al petto.

 

“Capito. - sospirò la zia, fasciata in un tubino grigio pitonato – Allora, mi date una mano? Qui non possiamo fare niente!” borbottò, rivolgendosi alle due anziane, che annuirono prontamente.

 

Le tre donne si volatizzarono nel giro di pochi secondi, sparendo nella camera della bionda procuratrice sportiva.

 

“Vado a controllare Kikyo-chan... Forse dovrei anche dare un'occhiata a quelle tre... insieme sono pericolose.” si preoccupò l'artista, seguendole al piano superiore.

 

 

 

Rimasti soli, Hanamichi fece un cenno a Kaede, che si voltò impacciato verso il fratello maggiore, mentre Hisashi dava una mano al rossino a preparare il sugo per gli omuraisu.

 

“Hn.” esordì Rukawa, guardando il porcospino di sottecchi.

Lo so, Kae. Siamo fratelli no? - rise Sendoh, scompigliandogli i capelli scuri – Nessuno dei due parla mai dei problemi seri.”

 

“Hn...”

“Deve essere un difetto di famiglia! - sorrise, guardando in direzione della porta secondaria – Kei non...?”

 

“No.” borbottò il volpino, lanciando un'occhiata nella stessa direzione.

 

“Non gli sono stato molto vicino.” ammise Akira, passandosi una mano sul mento.

“Nemmeno io.” mugugnò Rukawa.

 

“Quando torna da scuola potremmo passare un po' di tempo insieme, che dici?” propose il porcospino, illuminandosi in viso.

 

“Potreste farlo anche ora, dato che è rimasto a casa anche lui. - disse Hanamichi, continuando a sbattere le uova – Pranzate insieme e poi parlate!” esclamò, quasi minaccioso.

 

“Hn...”

“Ru?”

 

“Va bene! Tsk!Do'hao rompi...” sbuffò indispettito

“Il dolce, Kitsune.” gli disse Sakuragi, sorridendo un po' troppo gentilmente

 

“...Ghiaccio.” mugugnò la volpaccia, ormai in trappola.

“Brava la mia volpetta!” esclamò Hanamichi, posando un bacio delicato sulle sue labbra rosee.

 

“Tsk! Se penso a tutte le volte che ho dovuto separarli durante le loro risse...” borbottò Mitsui, ricordando quante botte s'era preso da entrambi, nel disperato tentativo di continuare gli allenamenti.

 

“Povero tesoro! Ti avrei curato io ogni volta!” mormorò Akira, stringendolo per la vita.

 

SCUSATE? IO SONO SEMPRE QUI!” tuonò Kanata, disgustato da quell'atmosfera melensa.

 

“Ops. Scusa Nezumi!” arrossì Sakuragi, avvicinandosi di nuovo ai fornelli.

 

“Ehi, non fare tutta questa sceneggiata! L'ho visto sai come vi guardate tu e Reika!” insinuò il fratello maggiore, ridendo del suo visetto rosso acceso.

 

“Sciocchezze! Nevicherà all'Inferno prima che mi metta con una scema come lei! È saccente, boriosa e dice un sacco di cattiverie!” si lamentò il bambino, imbronciatissimo.

 

“Cattiverie?!” chiese Akira, accigliandosi.

“A lei piacciono un sacco i computer e dice... dice...” rabbrividì il piccolo, incapace di continuare.

 

“Hn?”

“Il problema... - spiegò loro Sakuragi – È che Reika è convinta che entro una ventina d'anni i libri si leggeranno solo al pc . Niente più carta e librerie. OH, KAMI!NEZUMI!” gridò, mentre il bambino barcollava pericolosamente a quella tremenda prospettiva.

 

Fu prontamente afferrato da Kaede e fatto sedere sulla sue ginocchia.

 

“Che avevo detto? È il demonio!” sibilò il piccolo, tremando spaventato.

“Non ti sembra di esagera?È carina e gentile ed è intelligente almeno quanto te. Hai finalmente qualcuno con cui confrontarti!” sorrise Mitsui, tagliando le zucchine da mettere nella frittata insieme al riso.

 

“Sciocchezze! Io sono imbattibile!” sentenziò il bambino, con la stessa espressione di un altro suo parente...

 

“Hn. - annuì la volpe comprensiva – Ogni tanto però dovresti farle credere di essere brava quanto te, altrimenti saranno dolori.” gli consigliò a voce bassa.

 

“Kitsune?” lo chiamò Hanamichi, brandendo minacciosamente il mestolo.

 

“Adesso hai capito? Salvati finché sei in tempo!” rise Sendoh, mentre i rivali inseparabili davano il via a una delle loro litigate più accese.

 

 

 

“Kei non  viene a pranzo! - sospirò Karen, dopo essere andata a chiamare suo figlio – Non so che gli sia preso!” ammise, sedendo a tavola con uno sguardo triste e preoccupato.

 

“Più tardi vado a parlarci io.” promise Akira, con un sorriso rassicurante che sollevò la donna, piena di gratitudine nei suoi confronti.

 

“Pensavo stesse meglio... ma certe cose non si possono superare...” mormorò tra sé, lisciandosi una ciocca bionda, sovrappensiero.

 

“Tranquilla! Mio nipote è forte! Ha preso da me!” sentenziò Kikyo-san, annuendo fieramente.

“Abbiamo preso tutti da lei!” scherzò Kyosuke, alleggerendo la tensione con una sana risata.

 

“Grazie. A tutti voi!” sorrise Karen, felice della sua famiglia.

 

Gli erano mancati tantissimo negli ultimi anni.

Ma adesso era finalmente tornata a casa.

Se solo Kei fosse riuscito a trovare un po' di pace...

 

 

 

Hikaru e i gemelli tornarono alla solita ora, in tempo per la merenda preparata dal rossino.

La crema catalana era diventata la nuova passione dei Rukawa e Sakuragi era costretto a cucinarla ormai quasi tutti i giorni.

 

“Oggi dovrei portare Kikky dal pediatra per un controllo... ma non so come fare!” ammise la donna, alla vista della figlia abbarbicata ostinatamente al suo mamma dai capelli purpurei.

 

“Ci vado io, non si preoccupi!” si offrì Sakuragi, dando una cucchiaiata di dolce alla piccola.

“Mmm. Ti accompagno.” mugugnò la volpe, strofinando il musetto sulla sua spalla ambrata.

Aveva voglia di camminare, visto che aveva anche saltato gli allenamenti.

 

“NO! TU NO!” tuonarono i familiari in coro, atterriti e sgomenti.

 

“Ma...che...?” balbettò Hanamichi, allibito da quell'assurda reazione.

“Hn...” mugugnò Kaede, arrossendo furiosamente.

 

“Ok, ma... vengo con voi!” si offrì Kazuya, sospinto poco galantemente dalla gemella.

“Vi accompagniamo anche io e Kanata, vero?” disse la ragazza, con l'appoggio del fratellino che aveva addirittura chiuso il libro che stava leggendo.

 

“Che sta succedendo?!” domandò il rossino, sinceramente stupito da tutto quell'altruismo ben poco credibile.

“Hn! Niente!” sibilò Rukawa, lanciando occhiatacce a tutto l'atterrito parentado.

 

 

 

Hanamichi entrò nello studio del pediatra con una certa ansia addosso, dovuta esclusivamente all'atteggiamento piuttosto strano dei gemelli e di Nezumi.

 

Sembravano dei dei bodyguard, occhiali da sole e completino nero a parte.

Kanata davanti e i due adolescenti ai lati, scostavano la gente al loro passaggio, controllandosi  attorno con circospezione.

 

Quello era un comportamento assurdo persino per loro.

 

Il dottore, stranamente normale e senza nomi curiosi, visitò la piccola e controllò i dentini che ormai era spuntati quasi completamente.

 

“Questa bambina è davvero precoce! - sorrise il medico, dandole un pupazzetto con cui giocare mentre finiva la visita di controllo – Ha una proprietà di linguaggio fuori dal comune. Beh, vista la famiglia non mi stupisco! Li ho avuti in cura tutti quanti.” gli spiegò l'anziano medico, depositando la piccola tra le braccia del rossino.

 

“Allora è tutto a posto, dottore?” chiese Sakuragi, lasciandosi abbracciare dalla piccola.

 

“Sana come un pesce! Le mancano solo un paio di denti, ma credo che entro una settimana non dovrà più sopportare quel noioso dolore. Contenta piccolina?” rise l'uomo di mezza età, compilando la sua cartella medica.

 

Sakuragi ringraziò il dottore e uscì dirigendosi nella sala d'aspetto dello studio privato, dove c'erano i fratelli Rukawa schierati attorno a Kaede, mezzo addormentato su una poltrona.

 

“Sta benone, possiamo tornare a casa.... Ma si può sapere che avete?! - sbottò Hanamichi, esasperato da quei tre pazzi psicopatici- Ritiro il mio permesso di farti frequentare mia sorella!” annunciò lapidario, fulminando con lo sguardo il povero Kazuya.

 

“Tu non capisci! Qui corriamo un enorme pericolo!” sussurrò il fotografo, guardandolo di sottecchi.

“L'hai portata, vero?” domandò Kurumi, mentre il fratello minore tirava fuori un pallone da basket dallo zaino che aveva portato con sé.

 

“Siamo a due miseri isolati da casa, possiamo giocare più tardi, no?” gli fece notare il rossino, scuotendo il capo.

 

“Non è questo il punto!” sbottarono i tre fratelli, distraendosi dalla loro missione.

 

Mentre cercavano di fare capire la situazione all'ignaro rossino, un'infermiera passò in mezzo a loro, portando con sé un piccolo carrello contenente garze e altri strumenti medici.

 

Alla vista delle siringhe, Kaede sgranò gli occhioni azzurri, saltando sulla sedia.

 

“Insomma! - sbuffò Hanamichi, facendo per uscire – Non mi avete ancora spiegato il...”

“MEOOOOWWW!!”

 

Al suono di quel miagolio improvviso, Sakuragi si voltò di scatto, trovando il suo ragazzo... o quello che ne restava, accucciato sulla sedia e le mani strette a mo' di zampe.

 

“Porca vacca! - sbottò Kazuya – Presto, dagli il pallone!” ordinò a Kanata che prontamente lanciò la sfera al fratello maggiore.

 

Sotto gli occhi atterriti dei Rukawa, Kaede si limitò a scansare la sfera, correndo a quattro zampe verso il portone.

 

“Non ha funzionato! E adesso che facciamo!?” chiese Kurumi, terribilmente spaventata.

 

“INSEGUIAMOLO!” tuonarono i tre ragazzi, cominciando a correre.

 

“Mi dite che cavolo succede?!” chiese Hanamichi, guardandosi intorno alla ricerca del suo volpino impazzito.

“Kaede è terrorizzato dalle siringhe, ogni volta che ne vede una impazzisce e comincia a comportarsi come un gatto! - gli spiegò Kurumi, con fare concitato – Di solito basta dargli un pallone e torna in sé! Stavolta però non ha funzionato!” sospirò incredula.

 

“Pazzi! Sono circondato da pazzi! - si ripeté il rossino, scioccato – Kanata ma dove vai?!” borbottò, guardando il bambino scavalcare il cancello di una casa privata e arrampicarsi sul muretto, seguito dai fratelli.

 

“Uno... due... tre...” mormorò il piccolo, guardando in terra.

“Ma che stai contando?” gli chiese Kazuya, accigliandosi perplesso.

 

I REATI CHE STIAMO COMMETTENDO, ECCO COSA! - gridò Sakuragi esasperato, mentre i ragazzi rovesciavano bidoni dell'immondizia alla ricerca di Kaede.

 

“No, sto seguendo le sue impronte!” spiegò Kanata, osservandole attentamente – Si dirigono verso casa!” esclamò stupito e un po' deluso.

 

“È ovvio, scemi! È l'ora della sua seconda merenda, dove volete che vada!? - sbottò Hanamichi, guardandoli con un sopracciglio alzato – Andiamo piccola, non possono competere con l'intelligenza del grande Tensai!” sentenziò scuotendo il capo, lasciando i tre Rukawa da soli in mezzo alla strada a guardarsi negli occhi stralunati.

 

“Deduzione semplice ma assolutamente corretta.” ammise Kanata, sentendosi per una volta in vita sua piuttosto sciocco.

“Torniamo a casa!” sospirarono i gemelli, arrossendo furiosamente.

 

 

 

Hanamichi lasciò la bambina alla sua vera mamma, prese il budino al cioccolato dal frigo e andò a sedersi sulla panchina di fronte alla fontana della sirenetta.

 

Questa da Kaede non se l'aspettava proprio.

 

Un rumore dietro un cespuglio lo fece sorridere allegramente, mentre l'enorme 'gatto' si avvicinava con passi felpati annusando l'aria.

 

Kaede si accucciò sulle gambe del rossino, divorando il dolce in un batter d'occhio.

Sotto le carezze delicate delle mani di Sakuragi, cominciò a fare le fusa, felice e soddisfatto.

 

“Sembriamo Akane  e Ranma!” rise Hanamichi, ricordando quel famoso personaggio dei manga che cambiava sesso a seconda della temperatura dell'acqua.

Se non ricordava male, era talmente spaventato dai gatti che quando ne vedeva uno assumeva il loro stesso comportamento, come stava facendo la sua Kitsune psicopatica.

 

Kaede sfregò il musetto sulla sua guancia, miagolando piano.

 

“Ma guarda che mi tocca fare!” si disse il rossino, sospirando sconsolato.

 

Continuando ad accarezzargli la testa, gli depose un bacio a fior di labbra, chiamandolo per nome.

Rukawa si sfregò ancora un paio di volte contro di lui e sbatté le palpebre rapidamente, tornando gradualmente alla realtà.

 

“Hn?!” gli chiese, guardandosi attorno stupito.

“Siringa, gatto. - rise sommessamente Sakuragi, mentre l'altro arrossiva all'inverosimile – Tranquillo, Ru. Ti amo lo stesso!”

 

“Do'hao!” sbuffò imbarazzato, nascondendo il viso nell'incavo tra il suo collo ambrato e la spalla.

“Kitsune psicopatica e con crisi d'identità!” sbottò Hanamichi indispettito, cercando di alzarsi.

 

“Hn! - mugugnò la volpetta, stringendolo più forte a sé – Bacio.” chiese, imbronciato dopo la figuraccia appena fatta.

“Sei proprio viziato!” sospirò Hanamichi, accontentandolo come sempre.

 

 

 

“NO! Lo hai rifatto di nuovo?!” sbottò Akira, ridendo come un matto.

“HN!”

 

“Ma non sei un po' troppo grande?” proseguì il porcospino, con le lacrime agli occhi.

“HN!”

 

“E dai, lascialo stare!” lo rimproverò Mitsui, trattenendo a stento le risate.

“HN!”

 

“Kitsune, non ascoltarli. A me piacevi tanto in versione... felina!” sogghignò Hanamichi, continuando a sfogliare l'ultimo numero della rivista di cucina preferita di Kanata.

 

Girando pagina, distratto dalla litigata di Kaede e Akira sotto gli occhi divertiti di Hisashi, si trovò faccia a faccia con un viso che non credeva avrebbe mai più rivisto.

 

Kaede si voltò verso di lui, notando l'insolito irrigidimento del suo corpo.

Seguendo il suo sguardo, vide la foto un famoso chef francese ritratto insieme alla famiglia.

La donna sorridente e felice, con due grandi occhi limpidi e scuri, era stata immortalata accanto a un uomo alto e distinto, probabilmente il marito, tenendo tra le braccia due bambini di tre-cinque anni circa.

 

“Vado a fare la doccia!” annunciò Sakuragi con uno sguardo cupo, sbattendo quasi il giornale su uno dei tavolini di cristallo, uscendo di casa a gran velocità.

 

“Non ha dormito praticamente niente stanotte. È normale che sia un po' nervoso!” lo giustificò  Akira, sorridendo come sempre.

 

“Hn...”

 

Kaede, però, intuì che il suo ragazzo avesse qualcosa di ben più grave di una semplice mancanza di sonno.

 

- FINE QUINTA PARTE -