DISCLAMER: T. Inoue li fa e io li accoppio ^___^

 

RINGRAZIAMENTI: a tutti i fans della nonnina hentai e ai lettori delle mie fic, che ancora non si stancano del livello della mia follia.

Un gigantesco GRAZIE a Seika per la sua  gentilezza e alla bissa per le traduzioni. Se Hana ha potuto dare i suoi soprannomi animali è merito di una Bissa! XD

Ovviamente, un enorme bacio alla mia super-omonima LilyJ!

 

NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''

 

Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke.

Kyosuke: il capofamiglia, inventore.

Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice.

Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino)

Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^)

Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro (Ookami=lupo)

Kazuya: gemello di Kurumi, è il più sensibile dei fratelli. È cotto di Hikaru (Kojika=cerbiatto)

Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo)

Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala)

Karen: 'sorella' di Kyosuke

Kei: figlio di Karen, coetaneo di Kaede e Hanamichi (Itachi=donnola)

 

Altri personaggi:

 

Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi.

Aron  Tsume: giocatore dello Shohoku (Hiyoko=pulcino)

Shane Sato: ala piccola/guardia (Kenaga=lunga coda)

Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai (Shiro=bianco)          

    

          

          

       




 


 

 

Strange Family III

 

capitolo IV

 

di Gojyina-chan

 




“Ok!Il preside è laggiù! -  annunciò Mayuka, rannicchiandosi alla vista dell'uomo – Si sta dirigendo verso la palestra!”

“È ovvio! Sta andando agli allenamenti della squadra! - sbuffò Kurumi, voltandosi a guardare le due  signore – Mi spiegate perché ci dobbiamo nascondere?!”

 

“Tsk! Che domande! Dobbiamo spiarlo e prendere informazioni sulle sue abitudini, così Karen potrà partire all'attacco e vincere la battaglia!” le spiegò Kikyo, continuando ad osservare i movimenti dell'ignaro Ikeda.

 

“Ho capito, ma perché in un cespuglio!?” chiese la giovane, scostandosi un ramo dai capelli corvini.

“È la prima cosa che mi è venuta in mente! Non possiamo mica farci vedere qui! Ci caccerebbero!”

 

“Nonna?”

“Sì, cara?”

 

“Io questa scuola la frequento! E i parenti degli studenti posso assistere a qualche lezione!” sibilò la ragazza, uscendo finalmente da quel nascondiglio improvvisato.

“Ma non potevi dircelo subito!?” sbuffò l'anziana, seguendo la nipote fino alla palestra.

 

“Ma che ne sapevo io?!” si difese la manager, alzando gli occhi al cielo.

 

Uscita da scuola era stata pedinata per un paio di metri da un piccolo cespuglio, si era poi voltata sentendosi chiamare da un basso sussurro e aveva scorto sua nonna e la signora Odagi che, accucciate tra i rami, le avevano sibilato nervosamente di avvicinarsi.

 

Presa in contropiede aveva istintivamente acconsentito alla richiesta delle donne ma, dopo più di venti minuti, si era resa conto dell'assurdità della situazione.

 

“Io devo andare, adesso. Voi tornate a casa e restate lì! Se cominciate a molestare qualche ragazzo il preside vi noterà e addio attacco a sorpresa! - borbottò Kurumi, guardando l'orologio – Se volevate conoscere le abitudini di Ikeda, bastava chiedermelo! Lo sanno tutti che è un amante del basket!”

 

“Mmm... NO! Così è più divertente!” ammisero le vecchiette, sorridendo felici e soddisfatte.

“Voi due siete da ricovero!” sospirò affranta, prima di salutarle per raggiungere la squadra.

 

 

 

Controvoglia, Kei si ritrovò nuovamente in palestra, alla fine delle normali lezioni.

 

Si era sempre divertito a giocare a basket con gli amici americani e nonostante non avesse mai fatto parte di una squadra vera e propria, era certo che quei giapponesi non avrebbero potuto competere con lui e questo lo annoiava parecchio.

 

Non era presunzione la sua, ma l'assoluta certezza che vivere dieci anni in America, nella patria del basket, gli aveva permesso di raggiungere un livello tale da surclassare tutti i suoi compagni.

 

Eccetto forse i cugini e i loro due ragazzi, dato il talento innato e l'allenamento a cui si erano sottoposti per anni.

A Kei non interessava primeggiare ma solo perdere un po' di tempo con un club, visti gli assurdi regolamenti scolastici.

 

Era infastidito soprattutto dall'allenatore in seconda, il biondo sempre accanto al coach anziano.

 

Raramente aveva provato una simile antipatia a pelle, razionalmente immotivata ma non per questo meno forte e sentita.

 

A peggiorare il suo umore, c'erano anche le due coppiette della squadra.

 

Hanamichi e Kaede erano praticamente una cosa sola.

Non si capiva dove finisse l'uno e iniziasse l'altro.

 

Suo cugino, poi, era irriconoscibile.

 

Ad un occhio estraneo, sembrava il solito taciturno ragazzo con l'ossessione per il basket, ma chi lo conosceva bene capiva chiaramente quanto fosse migliorato, diventando più equilibrato e sereno.

 

Stare con il rossino lo aveva reso più comunicativo e schifosamente felice.

 

La coppia più giovane, invece, sembrava appena uscita da uno spot di S. Valentino, con quelle zuccherose occhiatine e i sorrisi amorevoli che ogni tanto si scambiavano, convinti di non essere visti da nessuno.

 

Non sapeva spiegarsene il motivo, ma vedere quei quattro così affiatati e innamorati lo infastidiva profondamente.

 

Osservandoli dalla sua postazione a bordo campo, concentrati su una partitella contro gli altri compagni, si rese conto di quanto fossero uniti.

 

Non avevano nemmeno bisogno di voltarsi prima di passarsi la palla poiché sapevano perfettamente dove si trovasse il proprio ragazzo, come se si percepissero istintivamente.

 

Stomachevoli.

 

Ricordava bene quel legame inscindibile e la sensazione di totale appartenenza a un'altra persona...

 

“Rukawa? Ti va di entrare in campo nella squadra dei titolari, al posto di Yasuda?” si sentì chiedere dall'anziano allenatore.

 

“Ok!” sbottò Kei, con un'alzata di spalle.

 

In effetti iniziava ad annoiarsi stando seduto lì a fare niente.

Legandosi la chioma serica nell'abituale coda di cavallo, prese posto accanto alle due coppiette.

 

 

 

Michael osservò le squadre in campo, prestando particolare attenzione ai nuovi arrivati, soprattutto alla testa calda venuta dall'America.

 

Nonostante il carattere difficile, aveva davvero un'ottima visione di gioco; era micidiale nei tiri da tre e aveva uno spirito d'adattamento davvero notevole.

 

Passato il primo momento di disagio era riuscito a entrare perfettamente negli schemi dei titolari, instaurando un feeling particolare con il playmaker, dando vita a un paio di passaggi davvero interessanti.

 

Guardandolo in viso, si rese conto che non si era ancora tolto quell'aria annoiata e strafottente che aveva il potere sovrannaturale di farlo innervosire oltre ogni limite umano consentito.

 

Ricordava un'altra persona con uno sguardo simile, poco prima che partisse per... l'America.

 

“Yazawa...” mormorò con un filo di voce.

“Come?” domandò Anzai, avendolo sentito parlare.

 

“No, dicevo... È ... notevole, vero?” buttò lì, imbarazzato e confuso.

“Sì. Meglio di quanto sperassi. Ma sai bene che non è tutto oro quello che luccica!” gli fece notare, con un sorriso d'intesa.

 

“Già!” rispose il biondo, alzandosi dalla panchina.

 

Interrompendo il gioco, prese il posto di una delle matricole e si posizionò in campo proprio di fronte a Kei, che lo fulminò con un'occhiata al vetriolo.

 

'Interessante!' si limitò a pensare l'allenatore in seconda, mentre la palla tornava velocemente in gioco.

 

 

 

Kurumi, seduta accanto al signor Anzai, gettava qualche occhiata furtiva a Yohei, in piedi vicino alla porta della palestra, come sempre in compagnia dei tre amici casinisti.

 

Stavano insieme da qualche tempo e ancora si scopriva felice nell'incontrarlo o solamente scorgerlo lungo il corridoio.

 

Kaede e vecchiette pazze permettendo, la loro relazione sembrava funzionare, anche se le occhiatacce del fratello maggiore non facilitavano il loro rapporto.

 

Per fortuna, quando sembrava particolarmente inviperito, arrivava Hana-pucci a portarselo via, distraendolo con qualche dolce al cioccolato o proposte, sicuramente indecenti, sussurrate all'orecchio.

 

La sua fonte di guadagno era una persona meravigliosa.

Almeno con lei, dato che sapeva trasformarsi in un mostro assetato di sangue quando Kazuya provava anche solo a tenere per mano Hikaru.

 

Povero gemellino!

 

Notando un movimento accanto a lei, vide Michael posizionarsi di fronte a suo cugino che aveva un'espressione a dir poco furiosa.

 

Con lo sguardo velato di malinconia, si rese conto di quanto dovesse essere costato a Kei il suo ritorno in patria dopo quello che era successo.

 

Un brivido le corse lungo la schiena al solo ricordo.

Se fosse capitato a lei non sapeva davvero come avrebbe potuto reagire.

 

Eppure c'era qualcosa che non le tornava.

 

Kei era sempre stato il suo cuginetto dolce e generoso, non era un amante degli sport.

Quantomeno, lui, non li aveva mai praticati con grande assiduità, a differenza di...

 

“Kumy? - si sentì chiamare da Mito, seppur con un filo di voce – Abbiamo venduto tutte le foto e adesso? - le chiese a metà tra il soddisfatto e il preoccupato – E poi... c'è un cespuglio che si muove!”

“Vai con le prenotazioni! - gli fece segno, sorridendo entusiasta – E non badare a quel coso!” aggiunse con voce dura.

 

Hana-pucci era una certezza.

Così come lo era il gene della pazzia nel DNA dei Rukawa...

 

I nuovi gadget del rosso andavano letteralmente a ruba e da quando avevano cominciato a vendere anche i pupazzi deformed degli altri quattro titolari, i guadagni erano raddoppiati.

Lo Shohoku doveva assolutamente vincere il campionato nazionale, così avrebbe potuto triplicare i prezzi!

 

“CORAGGIO, RAGAZZI! DATECI DENTRO!” tuonò allegramente, suscitando lo stupore generale.

Era la prima volta in due anni che la loro manager li incitava.

 

 

 

Che grandissimo bastardo!

 

Kei provò nuovamente a tirare, venendo ancora stoppato da quell'occidentale dalla faccia da schiaffi.

 

Da quando era entrato in campo non aveva più concluso un accidenti di niente!

 

Lo fermava con una facilità imbarazzante.

Era ovunque, come se conoscesse alla perfezione tutte le sue mosse.

 

Quel suo modo di fare gli stava facendo saltare i nervi.

Come se non bastasse aveva anche fatto tre falli, tutti su di lui ovviamente, rischiando l'espulsione.

 

“Coraggio! Rifletti bene! Io ti sto marcando stretto e i tuoi compagni sono distanti, cosa puoi fare?” gli chiese Michael a pochi centimetri da lui.

 

“Tanto per cominciare, tu potresti andare a farti fottere!” sibilò il ragazzo, tentando un'azione di sfondamento ma rimediando solo l'ennesimo fallo.

 

“Avresti dovuto cercare di smarcarti e andare a canestro o aspettare che si liberasse uno dei tuoi.” gli spiegò Kant, guardandolo con un sopracciglio sollevato.

 

“E dovrei farmi insegnare il basket dai giapponesi?” sputò incazzato nero, senza riflettere.

 

“Io sono americano, amico. Per quanto riguarda gli altri, se sanno fintare e tu no, la nazionalità conta ben poco!” sbottò l'uomo, tornando tranquillamente in posizione.

 

Deciso a strappargli dalla faccia quel sorrisetto insopportabile, Kei si concentrò sulla partita come non aveva mai fatto in vita sua. Riuscì inconsapevolmente a entrare in sintonia con i quattro titolari, permettendo loro di andare a canestro con relativa facilità dopo una buona serie di passaggi.

 

Il suo nuovo modo di giocare non passò inosservato, tanto che persino il suo burbero cugino gli passò la palla senza pensarci due volte, dopo averlo visto in un'ottima posizione.

 

Nuovamente si ritrovò faccia a faccia con Michael, con quattro falli sul groppone e una voglia insana di fargli del male fisico.

 

Tentò nuovamente di smarcarsi, ma il senpai anticipava immancabilmente ogni sua mossa, con l'unico risultato di innervosirlo ancora di più, costringendolo all'ennesimo fallo idiota che gli costò l'espulsione.

 

Adirato soprattutto con se stesso, Kei lasciò il campo dirigendosi a passo spedito verso gli spogliatoi.

 

 

 

“Kei è stato molto bravo, vero?” disse Hanamichi, finendo di cambiarsi alla fine dell'allenamento.

“Hn.”

 

“Oggi le ha prese da Shiro, eh?” continuò il rossino, guardandolo di sottecchi.

“Shiro?!” sbottò la volpe, voltandosi verso di lui, palesemente perplesso.

 

“Intendo Kant. È bianco, no?Sto variando il tema dei miei soprannomi, adesso mi lancio sui colori!” scherzò il ragazzo, sorridendogli.

 

“Do'hao!”

 

“EHI, BAKA!Se non te ne sei accorto, sto cercando di dirti di andare a parlare con tuo cugino! - borbottò Sakuragi, iracondo – È solo, non conosce praticamente nessuno e tu lo stai evitando come la peste, mi spieghi perché?”

 

“Hn.”

 

“Soggetto, complemento e verbo, Kitsune!” gli intimò minacciosamente.

“Non riesco a rapportarmi con il suo dolore. - ammise la volpe, controvoglia – Non so cosa dirgli!”

 

“È per questo motivo che ti tieni alla larga anche dal porcospino?” gli chiese Hanamichi, conoscendo già la risposta.

“Hn.”

 

“Sei proprio una Kitsune sensibile e goffa!” gli disse, accarezzandogli fugacemente una guancia.

“Hn?!”

 

“Basterebbe anche solo un gesto. Sanno bene che tu e le parole viaggiate su due binari paralleli, destinati a non incrociarsi mai!” rise il rosso, guardandolo con tenerezza.

Hn...”

 

“Dai, torniamo a casa! Sono in vena di profitterol al cioccolato con tanta panna montata, come piace a te. Che ne dici?”

 

“Che mi piaci, Do'hao!” scodinzolò Kaede, con l'acquolina in bocca.

 

 

 

Vicino al cancello della scuola, Shane notò il ragazzo dai lunghi capelli neri seduto per terra a fumare nervosamente.

 

Non aveva avuto un bel pomeriggio e Sato ricordava bene la sensazione di disagio e di completo abbandono che la solitudine si portava dietro come fedeli compagne.

 

“Ehi!” lo salutò, andandogli vicino.

“Ehi! E la tua dolce metà?” scherzò il ragazzo, con un tono che voleva essere allegro.

 

“Sta facendo il cretino con Hana-senpai!” sospirò Shane, sentendoli litigare su chi fosse 'il dominatore dell'area sotto canestro' o roba simile.

 

“Beh, allora...” rise il nuovo studente, osservando la scena.

 

“Ti va di andare a fare un giro in centro? Così ti faccio conoscere la prefettura!” si offrì il playmaker, ricevendo in cambio uno sguardo colmo di sospetto.

 

“Mmm... Non è necessario.” borbottò Kei, accigliandosi.

“Mi va di andare in centro, se vieni con me ci divertiremo di più. Punto!” sentenziò il ragazzo con un tono fermo e deciso.

 

“Allora ok!” sorrise finalmente il capellone, alzandosi in piedi.

 

Shane annuì soddisfatto e si avvicinò al suo compagno, porgendogli un mazzo di chiavi.

 

“Aspettami a casa, io faccio vedere il centro a Rukawa... l'altro!” precisò, voltandosi verso Hanamichi e Kaede.

 

“Hn.”

“Ottima idea, vero Ru? - approvò il rossino, guardando la volpe in modo strano – Eh?!” sobbalzò poi,  notando con la coda dell'occhio un cespuglio che qualche istante prima era ad almeno due metri da lui.

 

“EHI, MA...?!” provò a protestare Aron, mentre vedeva Shane allontanarsi, salutandolo con la mano.

 

 

 

Hisashi rincasò nel tardo pomeriggio, dopo essersi trattenuto in palestra per una serie di tiri supplementari.

 

In effetti l'allenamento era stata una scusa bella e buona per evitare di trovarsi di nuovo faccia a faccia con Akira.

 

Era dalla sera precedente che il suo ragazzo si comportava in modo strano.

 

Era sgarbato e furioso, ma quando Mitsui provava a chiedergli spiegazioni si incupiva ancora di più chiudendosi in un pesante silenzio.

 

Non aveva nemmeno voluto che i compagni di squadra andassero a trovarlo, cosa che aveva lasciato l'ex teppista di stucco.

 

Quella mattina, addirittura, non lo aveva nemmeno salutato con il solito bacio del buongiorno, ferendolo profondamente.

 

Probabilmente era una tardiva reazione all'infortunio, Hisashi non aveva trovato una spiegazione più logica di quella, però soffriva lo stesso per quell'atteggiamento così distaccato.

 

Da mesi Sendoh era diventato la roccia alla quale si era disperatamente aggrappato e forse era passato da una dipendenza a un'altra senza rendersene conto.

 

Incrociandolo in soggiorno, s'accorse che il suo umore non era minimamente migliorato, anzi, l'astio che leggeva nei suoi occhi solitamente dolci e gentili sembrava essere aumentato pericolosamente.

 

“Dove sei stato?” sibilò Akira con un tono talmente duro da rendergli la voce quasi irriconoscibile.

“In palestra, dove sarei dovuto andare?!” sbottò Mitsui, posando il borsone vicino al divano.

 

“Con Kogure, vero? O magari con Hasegawa, eh?” sibilò il porcospino, furioso.

“Aki, ma che stai dicendo?!” gli chiese il ragazzo, attonito e preoccupato per quello sguardo così feroce.

 

Akira sembrava un estraneo e questo gli stava procurando un'atroce sensazione d'abbandono che gli feriva il petto.

 

“Ti ho visto ieri, col tuo grande amore! Lo hai guardato in un modo che... che...” balbettò Sendoh, nel disperato tentativo di calmarsi.

 

“Aki, sei forse impazzito?! Io ti amo! - gli ricordò, intuendo finalmente il motivo di quel suo assurdo atteggiamento – La mia infatuazione per Kiminobu appartiene a un'altra vita! Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme e l'affetto che mi hai sempre dimostrato, come puoi pensare che io ti... ti possa tradire?!” domandò, incredulo e spaesato.

 

“Lo guardavi con... e poi Hasegawa ti viene dietro da... e poi io... sono un'idiota!” sopirò Akira, lasciandosi cadere sul divano con le mani sul viso.

 

Senza proferir parola, Mitsui gli si avvicinò, abbracciandolo con affetto.

 

“Ieri Kiminobu mi ha chiesto di te. - mormorò il ragazzo, accarezzandogli i capelli a punta – Abbiamo parlato e poi si è offerto di accompagnarmi qui, per poi scappare dalla sua ragazza. Era preoccupato per me.”

 

“Per te? Hisa, che succede?” volle sapere Akira, guardandolo agitato.

“Me lo dovresti dire tu. Sei troppo sereno, tesoro. Mi sento... tagliato fuori dalla tua vita. Se non ci aiutiamo nei momenti critici, allora a che serve stare insieme?” gli chiese Mitsui, trovando finalmente il coraggio per affrontare l'argomento.

 

“Hisa, non voglio sobbarcarti anche dei miei problemi...” iniziò il ragazzo, venendo immediatamente interrotto.

 

“Allora è così? Non servo a niente...” sussurrò l'ex teppista, mentre il suo sguardo si spegneva gradualmente.

 

NO, HISA, NO! - tuonò Sendoh, scuotendolo per le palle – Non intendevo quello! Io... mi sono ripromesso di renderti sempre e solo felice, capisci? Non voglio farti soffrire!”

 

“Ma è quello che stai facendo non parlandomi!” gli fece notare freddamente.

 

“Hisa, io non so cosa aspettarmi... dalle analisi. Se non potessi più giocare, non so davvero cosa fare della mia vita!” ammise il porcospino, coprendosi gli occhi con una mano.

 

“A parte l'hentai?” azzardò Hisashi, cercando di farlo sorridere.

Lo sguardo triste e sconsolato del suo ragazzo gli stava provocando un insopportabile dolore al petto.

 

Sendoh si ritrovò a ridere sommessamente, posandosi una mano sugli occhi, ma quando Mitsui scorse una lacrima solcargli una guancia, se lo strinse al petto con fare protettivo.

 

“Quando sono stato male, tu mi hai donato tutta la tua forza. È giunto di momento di restituirtela! - dichiarò fermamente – Qualsiasi cosa accada, io ti starò sempre accanto. Sempre! - ripeté con maggiore decisione – E poi... l'unico ragazzo con i capelli a punta che mi piace sei tu! Che ci posso fare?” mormorò, lasciandolo aggrapparsi alle sue spalle, tornate nuovamente forti come un tempo.

 

“Ti amo tanto, Hisa!” sospirò Akira, permettendosi, per la prima volta,di mostrarsi debole davanti a lui.

“Anch'io, tesoro. Non dubitarne mai!” sospirò, cullandolo piano.

 

 

 

I due giocatori dello Shohoku camminavano fianco a fianco lungo le vie affollate del centro. Dopo aver dato un'occhiata ad alcuni negozi sportivi e ad un paio di centri commerciali, decisero di fermarsi a bere un caffè in uno dei numerosi bar che costellavano le strade principali.

 

“Così anche tu hai avuto problemi d'adattamento, eh?” stava dicendo Kei, zuccherando la sua bevanda.

“Già! - ammise Sato, guardando fuori dalla vetrata – Ma grazie al basket ho potuto farmi dei buoni amici e ho conosciuto Aron... - arrossì imbarazzato – Anche il senpai Kant è una brava persona.” aggiunse, puntando il suo sguardo sincero sul compagno di squadra.

 

“Tsk! È insopportabile!” sibilò il giovane dai lunghi capelli scuri.

“È un po' troppo diretto, ma non è cattivo! - precisò Shane, sorridendogli furbetto – Lo detesti parecchio, pur avendolo appena conosciuto...” gli fece notare divertito.

 

“Perché non ho mai incontrato una persona così antipatica e saccente!” sbottò Kei, innervosendosi.

“Ok, ok! - lo assecondò il playmaker, alzando le mani -  È solo che... No, lascia stare!” rise, evitando una litigata nel bel mezzo del locale.

 

“Mh...” mugugnò Rukawa, di pessimo umore.

 

“Almeno sappi che non ce l'ha con te. Vuole solo che tu dia il massimo per il bene della squadra. Tutti noi desideriamo riconquistare il campionato nazionale.” gli spiegò, tornando serio.

 

Kei stava per ribattere qualcosa, quando si zittì, impallidendo mortalmente al suono di un'ambulanza che stava percorrendo una strada lì vicino.

 

“Ehi? Tutto bene?!” chiese Shane, preoccupato per la sua espressione a dir poco sconvolta.

 

“S... Sì... Sì! - ripeté il ragazzo, sorridendo nervosamente – Ascolta... è carino il giretto che abbiamo fatto, vestiti, negozi di musica e robe del genere... Ma dove si va se ci si vuole divertire sul serio? Ci saranno posti un po' più pepati, no?” chiese, con una strana luce negli occhi.

 

Spiazzato da quel repentino cambio di personalità, Sato lo vide alzarsi e pagare il conto.

Senza pensarci due volte, lo seguì, immergendosi nuovamente nella folla di quel tardo pomeriggio di fine aprile.

 

 

 

Geloso come non mai, Aron seguì il suo ragazzo, pedinandolo per le vie della città.

Al centro commerciale, al negozio di musica e persino al bar, appostato dietro ad una pianta, sotto gli sguardi, in certi casi divertiti e altre volte indignati, dei passanti.

 

Gli avrebbe fatto pagare anche quella figuraccia, si ripromise il biondo ossigenato.

 

Glielo aveva anche detto che era geloso di quel Rukawa e lui che faceva?

Ci usciva insieme!

 

Schiacciandosi ancora di più contro un muro, li vide uscire dal locale.

Senza esitazioni continuò a seguirli, lieto della ressa di gente che c'era in giro, che inconsapevolmente lo mimetizzava con grande facilità.

 

Se Shane lo avesse visto avrebbe di sicuro fatto il diavolo a quattro e il suo ragazzo sapeva essere tremendo, quando di infuriava.

 

 

 

Sato camminava per le vie del centro, guardando sporadicamente il suo compagno di squadra.

Era cambiato.

Lo sguardo, addirittura il modo di parlare e l'atteggiamento erano diversi da prima e non se ne spiegava il motivo.

 

Addentrandosi nella zona dei locali a luci rosse, iniziò a sentirsi veramente a disagio.

 

“Kei? Non mi sembra il caso di proseguire oltre. Da qui in poi ci sono solo Love Hotel e prostitute.” lo avvisò, tentando di fermarlo.

 

“Meglio! Ci divertiremo di più!” fu la sua inaspettata risposta.

 

Guardava quegli edifici fatiscenti quasi estasiato.

 

A Shane parve di vederlo per la prima volta e la cosa lo preoccupò non poco.

Non era rimasto più niente del ragazzo triste e solitario che credeva di conoscere.

Di fronte a lui c'era un perfetto estraneo.

 

Persino il look era diverso.

Si era sciolto i capelli e se li era arruffati, rendendo il suo aspetto selvaggio e pericoloso.

 

“Kei, non mi piace questa zona, torniamo indietro!” ripeté, afferrandolo per un braccio.

 

“E dai! Non fare la femminuccia! Cos'è? A furia di stare sotto, sei diventato una donna?” sputò Rukawa con un sogghignò cattivo che fece imbestialire il playmaker.

 

“Continua a respingere le persone che ti si avvicinano e sarai sempre solo!” sentenziò Shane, tornando sui suoi passi, lasciandolo lì in mezzo alla via.

 

 

 

Dannazione, li aveva persi di vista!

 

In mezzo alla folla, Aron non riusciva più a vedere i due ragazzi che stava pedinando.

 

Dopo il bar avevano camminato a lungo, dirigendosi verso la zona più malfamata della prefettura, cosa che aveva messo in agitazione il biondo ossigenato.

 

“Se quel porco lo ha portato in un Love Hotel, io... - ringhiò a voce alta, guadagnandosi delle occhiate perplesse da parte di alcuni passanti – CHE CAZZO AVETE DA GUARDARE, EH?!” tuonò adirato, attirando inconsapevolmente l'attenzione di una persona che lo conosceva piuttosto bene.

 

 

 

Michael era da poco uscito da un negozio di articoli sportivi.

 

Mentre osservava la vetrina in allestimento di un negozio di mobili d'epoca, udì la voce iraconda di uno dei suoi giocatori.

Voltatosi di scatto, intravide Tsume, intento a litigare con alcuni pedoni.

 

Con gli adolescenti non c'era mai pace!

 

Quella testa calda non lo sapeva che, se fosse stato coinvolto in una rissa, sarebbe stato espulso dalla squadra?

 

Indeciso sul da farsi, si lasciò guidare dall'istinto e seguì il ragazzo per paura che potesse commettere qualche sciocchezza.

 

Gli sembrava troppo esagitato e nervoso, correva il rischio di mettere nei guai se stesso e lo Shohoku, a così poche settimane dal torneo interscolastico.

 

 

 

Hanamichi era steso sul letto con la sua volpe addosso.

Lui stava guardando la televisione e l'altro sonnecchiava sul suo cuscino umano.

 

Rukawa s'era stancato parecchio nel difenderlo dall'assalto del 'cespuglio kamikaze'.

Da non crederci!

 

Quelle due folli vecchiette s'erano nascoste dentro un cespuglio per pedinare il preside e avevano anche ammesso candidamente d'essere rimaste a scuola per spiare i ragazzi dalla finestra degli spogliatoi, mentre facevano la doccia.

 

A quest'ultima notizia, Kaede aveva dato di matto e Sakuragi lo aveva dovuto trascinare a casa di peso.

Ma non si sentiva affatto stanco.

 

Da quando si erano divisi le faccende domestiche, il rossino aveva più tempo per stare con la sua volpe e aveva riacquistato parecchie energie da poter spendere anche in campo.

 

Di lì a poco sarebbe iniziato il torneo interscolastico e doveva dare il meglio di sé se voleva proseguire la serie di vittorie con lo Shohoku.

 

“Ehi.” mormorò Kaede, strofinando la guancia chiara sul suo petto.

“Sei tornato tra i vivi, Kitsune?” chiese Sakuragi, ridendo dell'espressione insonnolita del suo ragazzo.

 

Lo viziava decisamente troppo, si ripeté il rossino per l'ennesima volta, mentre gli accarezzava delicatamente i capelli scuri, come piaceva a lui.

 

Tornando a casa dagli allenamento, avevano intravisto dalla finestra della dependance Akira e Hisashi con due facce pallide e preoccupate.

 

Kaede aveva incominciato a tremare impercettibilmente, lottando con se stesso, indeciso sul da farsi.

 

Alla vista della sua Kitsune, per una volta in chiara difficoltà, non solo gli aveva preparato i profitterol che amava tanto, ma gli aveva fatto anche un budino al cioccolato e la crema catalana.

 

Rukawa era tornato di ottimo umore, ma la grande mangiata gli aveva favorito ancora di più l'abituale sonnolenza.

Morale: gli stava ronfato addosso da quasi due ore, bloccandolo sul loro letto.

 

“Mmm...” mugolò Kaede, muovendosi sinuosamente sul suo spacciatore personale di dolciumi su ordinazione, sentendosi invadere da un altro tipo di... voglia.

 

Aveva in mente una cosuccia letta nel manuale del perfetto hentai che la nonna aveva regalato al Do'hao per il compleanno e aveva organizzato tutto per quella sera... il riposino pomeridiano aveva semplicemente accresciuto il suo desiderio, facendolo sentire pieno d'energia e pronto alla carica.

 

“Ma come siamo affettuosi, oggi! - rise Hanamichi, accarezzandogli distrattamente la schiena, mentre cercava il telecomando per spegnere la televisione – Dovrei rimpinzarti di dolci molto più spesso!” si disse, annuendo gravemente.

 

“Do'hao!” sbuffò la volpe, trattenendo un mezzo sorriso.

 

Appena lo schermo al plasma si oscurò e la stanza si ritrovò circondata da un rassicurante silenzio, Kaede decise di agire.

 

Con delicatezza, riempì la bella boccuccia impertinente del suo ragazzo di milioni di baci soffici, mentre con le mani massaggiava i punti più sensibili di quel corpo, che conosceva quasi alla perfezione.

 

Impreparato a quell'improvviso attacco dei sensi, Sakuragi si ritrovò in balia delle sensazione che solo la sua Kitsune era capace di procurargli.

 

Limitandosi ad artigliare le lenzuola, si inarcò gemente e colto da uno spasmo di puro piacere, si ripromise di perdere la pessima abitudine di girare per l'appartamento in boxer.

 

Era fin troppo evidente che quell'abbigliamento succinto dava alla testa alla sua perversa volpaccia.

 

Quest'ultimo pensiero trovò conferma nel barattolo di miele che Rukawa prese da sotto il letto e che aprì, guardando golosamente il suo corpo seminudo.

 

“Sei diventato un maniaco fatto e finito!” sbottò Hanamichi, con la vista appannata.

“Mi faccio una cultura. - sogghignò la volpe, indicando il manuale della nonna-hentai – Sei in trappola, piccolo!” lo avvertì, iniziando a cospargergli il petto di nettare zuccherino.

 

Ben presto, l'odore del miele si mischiò a quello dei loro corpi, rendendo l'aria satura di erotica aspettativa.

 

Con una lentezza ai limiti della crudeltà, la lingua rosea incominciò la sua esplorazione, mentre il suo proprietario assaporava ad occhi socchiusi il suo personalissimo pasto.

 

I suoi mugolii d'apprezzamento, imbarazzarono il rossino oltre ogni limite, diviso tra il godimento e l'innato pudore.

 

Appena sentì il denso nettare d'api avvolgere il proprio sesso congestionato, le pupille scure di Sakuragi si dilatarono improvvisamente, puntandosi sul viso di Kaede a pochi millimetri della sua virilità glassata.

 

“Ti verrà la carie a forza di dolci!” lo avvertì il rossino, ridendo a metà tra il seriamente divertito e il preoccupato.

 

Se già l'immaginazione della Kitsune era fervida per natura, dopo la lettura di quel dannato manuale era diventata ancora più perversa e sofisticata.

 

Una volta con gli oli commestibili, altre con le vernici alla frutta, non perdeva occasione per mangiare letteralmente sul suo corpo ambrato.

 

Non che Sakuragi si lamentasse, ma uno dei due doveva pur far finta di mantenere un minimo di controllo altrimenti sarebbero stati nei guai.

 

 

 

Kaede succhiò quel... pene candito, complimentandosi con se stesso per l'idea geniale che lo aveva folgorato durante la pausa pranzo.

 

Sotto il sole di aprile, si era ritrovato a notare come la pelle del suo Do'hao acquistasse la stessa sfumatura ambrata del miele.

 

Dal pensiero alla pratica, il passo era stato molto breve.

Giusto il tempo di tornare a casa e prendere il barattolo dalla dispensa, nascondendolo sotto al materasso.

 

D'altronde la curiosità delle volpi era leggendaria.

 

Deciso a scoprire il gusto di quello strano cocktail, Rukawa aumentò il ritmo, costringendo Hanamichi a venire violentemente con un ruggito animalesco.

.

Il sapore dolce del nettare, si mischiò a quello acre dello sperma del suo ragazzo, dando vita a un nuovo... dessert di cui Kaede divenne irrimediabilmente dipendente.

 

“Kitsune... hentai...!” ansimò il rossino, cercando di ritrovare un minimo di controllo.

 

Ma Rukawa aveva, evidentemente, altri piani.

Senza dargli il tempo di capire le sue intenzioni, lo fece voltare a pancia in giù, cospargendo di miele anche  i suoi glutei sodi fino all'ano, che penetro con due dita dolciastre.

 

Massaggiò con cura le morbide pareti del suo intestino e ne assaggiò il più possibile, leccando e assaporando con golosa curiosità anche quella porzione di pelle.

 

Ridotto a un ammasso di carne pulsante e scandalosamente eccitata, Sakuragi non poté fare altro che gemere e contorcersi, trattenendo il più possibile il secondo orgasmo che sentiva arrivare dal basso ventre.

 

Accolse la penetrazione di Kaede come una benedizione e finalmente riuscì a distrarsi, muovendosi all'unisono con i fianchi del suo compagno.

 

Ma quando Rukawa gli afferrò il sesso congestionato, masturbandolo furiosamente, Hanamichi perse definitivamente il controllo del suo corpo, macchiando le candide lenzuola su cui si accasciò qualche istante più tardi, completamente privo di forza.

 

Ancora un paio di spinte e sentì il seme di Kaede scorrergli nell'intestino e tra le cosce, mischiandosi ai propri umori, al sudore e al miele che ancora gli accarezzava l'inguine, dando origine a un profumo dolcemente speziato che lo stordì, lasciandolo frastornato.

 

L'unica cosa che percepì fu il corpo di Kaede steso su di sé e il suo respiro affannoso che gli accarezzava una gota arrossata.

 

 

 

Shane tornò nella via principale, piena di luci e di caotica vita, dilaniato tra il senso di colpa per aver lasciato Kei e la rabbia per le parole che gli erano state vomitate addosso.

 

Continuava a ripetersi d'aver fatto bene ad allontanarsi, evitando una frattura insanabile in quell'amicizia appena sbocciata, ma l'averlo abbandonato in una zona così malfamata lo preoccupava parecchio, facendolo sentire un vero schifo.

 

Si appoggiò alla vetrina di un McDonald's, indeciso sul da farsi, quando si sentì chiamare da una voce fin troppo conosciuta.

 

“Sei qui, eh?” sbottò Tsume, palesemente furioso.

“Che ci fai in giro a quest'ora? Ti credevo a casa mia a svuotarmi il frigo!” borbottò Shane, piuttosto perplesso.

 

“Il mio ragazzo esce con un altro e io avrei dovuto starmene zitto e buono?! - sibilò Aron, socchiudendo pericolosamente gli occhi – Lui dov'è?”

 

“Te l'ho già detto, la tua gelosia è immotivata e del tutto fuori luogo! Kei è... - s'interruppe, adombrandosi - Ci siamo separati... stavo giusto tornando a casa.” mentì a metà, certo che, se avesse saputo dove fossero stati, Tsume avrebbe distrutto mezzo quartiere a forza di grida e strepiti.

 

“Andiamo via!” sentenziò il pulcino ossigenato, trascinandolo quasi di peso.

Shane preferì tacere, per evitare che gli occhi del suo passionale ragazzo, già iniettati di sangue, potessero schizzargli fuori dalle orbite.

 

Aveva imparato da tempo, ormai, che quando era in quello stato era preferibile mantenere il sangue freddo e lasciarlo sbollire per conto suo.

 

Che pazienza ci voleva con uno così!

 

 

 

“Tutto bene, piccolo?” domandò Kaede, stupito e preoccupato dell'immobilità del suo compagno.

“Non mi rivolgere la parola per almeno una settimana, brutto porco!” borbottò Hanamichi, imbronciatissimo.

 

“Non puoi vergognarti ancora, dai! - sbuffò la volpaccia malefica, ridendo sommessamente – E poi, vorrei farti notare che in quanto a perversioni tu non sei secondo a nessuno!”

“Non è vero!” sbottò Sakuragi, voltandosi finalmente verso di lui.

 

“E la serata del gelato, allora? - gli ricordò, osservandolo arrossire colpevole – Quando mi hai cosparso di...”

“Ok, me lo ricordo!” capitolò Sakuragi, alzando entrambe le mani.

 

“... E poi mi hai leccato il...” proseguì tranquillamente, con espressione estatica.

KITSUNE, HO CAPITO!” tuonò Hanamichi, tappandosi le orecchie.

 

“Sei il mio perverso Do'hao!” sorrise d'amore, accarezzandogli i capelli purpurei.

“E tu la mia volpaccia malefica! - gli rispose il rossino, con la medesima espressione  – Adesso stai un po' meglio?” domandò, giocando con la sua lunga frangia serica.

 

“Hn.”

“Soggetto complemento e verbo, Kitsune!” lo rimproverò, fulminandolo con lo sguardo.

 

“Un po' sì.” ammise Kaede, nascondendo il naso nell'incavo della sua spalla ambrata.

“Senti, perché domani non passiamo con una scusa da Akira e ci prendiamo un caffè?” gli propose, illuminato da un sorriso soddisfatto.

 

“Hn...”

“Kitsune, quello che conta è fargli sentire la tua presenza, non decantargli la 'Divina Commedia'!” sbuffò indispettito.

 

“Hn.” annuì infine la volpe, dopo un lungo istante di riflessione.

“Brava volpetta! Tu non ti preoccupare e continua a seguire i consigli del Tensai!” esclamò il rossino, felice e soddisfatto.

 

“Il problema è quando fai il Do'hao...”

“Kitsune, il Tensai aveva voglia di un altro one on one con te, dato che era avanzato un altro po' di miele, ma visto che non apprezzi la mia genialità, ne farò volentieri a meno!” borbottò Sakuragi, facendo per voltarsi dall'altra parte.

 

“Ehi, 'stupido genio', guarda che Kaede Rukawa non rinuncia MAI a una sfida!” gli ricordò, saltandogli nuovamente addosso, per la gioia del bel rossino.

 

 

 

Michael iniziava a sentirsi davvero un idiota a girovagare senza meta per il centro ancora affollato.

Tra le luci e la gente, aveva perso di vista Tsume e non sapeva più dove cercarlo.

 

L'ultima volta che lo aveva intravisto si stava dirigendo verso la zona a luci rosse della prefettura, ma Kant dubitava che potesse essere andato lì.

 

Con uno sbuffo contrariato, decise di fare un tentativo, certo comunque di apprestarsi a compiere l'ennesimo giro a vuoto.

 

Ciò che vide appena svoltato l'angolo lo gelò sul posto, con la stessa scioccante violenza di un colpo di pistola.

 

Kei Rukawa stava uscendo da uno dei Love Hotel che tappezzavano la via con la loro fatiscente perversione, in compagnia di un quarantenne che, mano al portafoglio, depositò un paio di banconote tra le mani del ragazzo.

 

Lo sconosciuto si allontanò fischiettando, dirigendosi proprio verso Michael.

Appena gli fu vicino, gli rivolse un sorriso volgare e viscido.

 

“Amico, se vuoi spendere bene i tuoi soldi, fatti un giro con quel ragazzino. È il re dei pompini!” affermò con grande soddisfazione, prima di allontanarsi, tornando sulla strada principale gremita di gente, luci e rumore.

 

A quelle parole, il sangue di Kant affluì al cervello in una frazione di secondo.

Senza più controllo, si avventò sulla guardia dello Shohoku, come un falco sull'ignara preda.

 

 

- FINE QUARTA PARTE -