DISCLAMER: T. Inoue li fa e io li accoppio ^___^
RINGRAZIAMENTI: a tutti i fans della nonnina hentai e ai lettori delle mie fic, che ancora non si stancano del livello della mia follia. Un gigantesco GRAZIE a Seika per la sua gentilezza e alla bissa per le traduzioni. Se Hana ha potuto dare i suoi soprannomi animali è merito di una Bissa! XD Ovviamente, un enorme bacio alla mia super-omonima LilyJ!
NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''
Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke. Kyosuke: il capofamiglia, inventore. Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice. Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino) Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^) Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro (Ookami=lupo) Kazuya: gemello di Kurumi, è il più sensibile dei fratelli. È cotto di Hikaru (Kojika=cerbiatto) Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo) Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala) Karen: 'sorella' di Kyosuke Kei: figlio di Karen, coetaneo di Kaede e Hanamichi (Itachi=donnola)
Altri personaggi:
Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi. Aron Tsume: giocatore dello Shohoku (Hiyoko=pulcino) Shane Sato: ala piccola/guardia (Kenaga=lunga coda) Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai (Shiro=bianco)
Strange Family III
capitolo III
di Gojyina-chan
Varcato il cancello scolastico, i due titolari dello Shohoku furono accolti da grida d'ovazione e urla isteriche.
Tanta era la fama di cui godevano e sebbene quelle manifestazioni di stima da parte degli studenti del liceo, gonfiassero il petto del grande Tensai, per Rukawa erano solo motivo di troppo rumore ingiustificato.
“Kitsune apatica!” sbottò Hanamichi, alzando gli occhi al cielo. “Do'hao, ti lasci sempre infinocchiare dalle facili lusinghe.” fu la sua risposta secca e pungente.
“Ma è divertente quanto tifano per noi durante le partite, no?” osservò il ragazzo, recandosi alla cerimonia d'apertura del nuovo anno scolastico insieme al suo burbero compagno, ai rispettivi fratelli e a Kei, che si guardava intorno stranito.
“In campo non mi lascio influenzare da niente e da nessuno.” sentenziò la volpe, lapidaria.
“Perché sei una Kitsune apatica! Vedi? Tutto quadra!” rise Sakuragi, continuando a camminare. “Hn.”
Terminato il discorso del preside, i ragazzi andarono ai tabelloni posti all'ingresso, per conoscere la loro nuova classe.
Ovviamente, grazie a Ikeda, i gemelli e Hikaru si ritrovarono di nuovo insieme, così come Hanamichi, i due cugini Rukawa e il Guntai al completo.
“Le nostre classi sono anche allo stesso piano. - notò Kazuya, guardando la piantina disegnata accanto all'elenco – Il preside è stato proprio gentile!”
“E ancora mamma non si è messa all'opera!” borbottò Kei, passandosi una mano sugli occhi.
Seduti all'ombra di un ciliegio, il gruppo di ragazzi fu avvicinato da Mito in compagnia dei tre inseparabili amici.
“Cos'hai fatto al preside?” domandò Yohei, guardando il suo migliore amico con sospetto, avendo appena scoperto d'essere di nuovo in classe tutti insieme... eccetto Haruko, finita nell'ala opposta alla loro.
“Ma... MA! Come ti vengono in mente certe idee?!Non ho fatto niente, io!” borbottò lui, rosso come un peperone. “HN!” ringhiò la volpe, afferrando il compagno per la vita.
Il primo che s'azzardava a toccare il Do'hao, era un uomo (o donna) morto! Si era allenato parecchio con i componenti della sua famiglia, diventando un fenomeno nella 'Difesa personale di rossini smarriti'.
“Ciao, Kei! Come ti sembra la nuova scuola?” chiese Mito, cercando di togliersi di dosso lo sguardo ostile di Kaede.
Già camminava sul filo del rasoio per via di Kurumi, inimicarselo per una battuta sarebbe stata un'azione suicida.
“È meno caotica rispetto a quelle americane, però... mi sembrano tante formiche operaie!” sbuffò il ragazzo dai capelli lunghi, guardando quella massa di ragazzi tutti vestiti uguali.
Per lui, scoprire di dover indossare una divisa era stato un vero e proprio trauma, dal quale non si era ancora ripreso.
“Lo scorso anno non la indossavamo.” ricordò Noma, lisciandosi i baffi. “È vero! Hana? Non potresti dire una parolina a Ikeda? Ops!” Osuku sobbalzò, sentendosi oggetto dell'occhiataccia glaciale di una volpe indemoniata.
“HN!” “Come non detto! È... comoda! Almeno so cosa mettermi al mattino.” sorrise il biondino nervosamente.
“Kitsune? Non molestare i miei amici!” lo sgridò Hanamichi, sorridendogli divertito. “Hn...” mugugnò Kaede, posando una tempia sulla sua spalla.
Il primo giorno di scuola era sempre stato piuttosto traumatico per lui. Aveva un sonno...
“Oh, guardate! Ci sono Hiyoko e Kenaga!- esclamò Sakuragi, sollevando una mano per attirare la loro attenzione - Beh... coda lunga, mica tanto!” si corresse poi, notando come i capelli di Shane avessero subito una drastica riduzione e la perdita dei ciuffi viola chiaro. Arrivavano di poco sotto le spalle ed erano scalati come quelli della Nobu-scimmia al suo primo anno al Kainan.
Aron invece li aveva lasciati crescere e adesso quelle ciocche biondo ossigenate gli incorniciavano scompostamente il viso.
“Stai fermo e giù le mani! Siamo a scuola!” sibilò Shane, prima di avvicinarsi ai senpai. “Ma uffa!” si lamentò il compagno, imbronciandosi indispettito.
“Ciao ragazzi! Passato bene le vacanze?” domandò Kurumi, osservandoli attentamente. Erano diventati abbastanza carini... forse avrebbe potuto sfruttarli per incrementare le vendite con qualche foto...
“Kumy?” ...magliette e cappelli...
“Kurumi?!” ...tazze da the, porta cellulari...
“KURUMI?!” tuonò Mito, riuscendo finalmente a farsi notare dalla sua ragazza. “Sì?” domandò lei, voltandosi a guardarlo.
“Almeno per oggi, evita di pensare al lavoro!” le consigliò, sorridendole divertito. “Uffa! Mi tarpi sempre le ali!” lo accusò imbronciata.
“Kami! Sembri tua nonna! - rise Yohei, tenendosi lo stomaco – Vorrei farti notare che con loro, non sarebbe facile come con Hana. A quei due dovremmo dare una percentuale sugli incassi.” le disse, sorridendole gentilmente.
“Allora niente! Meglio Hana-pucci!” sorrise Kurumi guardando con finta dolcezza la sua grande fonte di guadagno. “Ma... io veramente... non è che sarei tanto d'accordo su...” tentò di replicare il diretto interessato.
“Fratellone! Me lo avevi promesso!” gli ricordò Hikaru, fissandolo con un seccato sopracciglio alzato. “Mi hai incastrato!” l'accusò il rossino, arrendendosi immediatamente.
La parola del Tensai era una sola, purtroppo...
“Allora entrerai a far parte della squadra?” chiese Shane, guardando il cugino del suo senpai. Kurumi, dopo averli presentati, aveva dato loro la notizia. “In che ruolo giochi?” volle sapere Aron, osservandolo attentamente.
“Boh!” fu la risposta un po' troppo sincera di Kei, che chiese tacito aiuto al rossino.
“Guardia! - intervenne Hanamichi, sorridendo allegramente – Ha sempre giocato amatorialmente, non conosce i nomi dei ruoli in campo o gli schemi di gioco, ma impara in fretta!”
“Ah, ok! In effetti, senza Mitsui, abbiamo quel ruolo scoperto. - borbottò Tsume, avvicinandosi al suo compagno – Ti ricordi in che classe siamo? Fra poco iniziano le lezioni.” gli chiese stiracchiandosi pigramente.
“Certo, imbecille, l'abbiamo visto nemmeno un quarto d'ora fa!” sbottò Sato, lanciandogli un'occhiataccia. “Ero preso a osservare un panorama più interessante!” sorrise l'altro, guardandogli il di dietro.
“Siamo a scuola, brutto scimunito! - sibilò il suo ragazzo, tirandogli una gomitata – Seconda A, terzo piano!” sospirò, cercando di calmarsi. Per stare con uno come Aron, bisognava armarsi di parecchia pazienza.
“È anche la nostra classe! - esclamò Kazuya – Ma scusa, 'manager dei miei stivali', non ti ricordi nemmeno i nomi dei tuo giocatori?” borbottò, voltandosi verso la sua gemella.
“Non lavoro mica all'anagrafe! - rispose lei, con una frettolosa alzata di spalle – Forza, andiamo! Il tempo è denaro!” sentenziò prendendo Hikaru sottobraccio.
“Che donna! - sospirarono Mito e Tsume all'unisono, ricevendo dietro alla schiena gli sguardi adirati rispettivamente di Kaede e di Shane.
“Dicevo così, per dire! - balbettò Aron, seguendo il suo ragazzo visibilmente nervoso – Non mi ignorare!” piagnucolò, varcando la soglia del portone dopo di lui.
“Noi non siamo mai stati così!” sentenziò Hanamichi, dopo aver osservato a lungo quella strana coppia. “Hn?!”
“Niente, Kitsune, riflettevo... Dai, risorgi e andiamo in classe. Non possiamo fare tardi il primo giorno di scuola, no?” gli sorrise, tendendogli una mano.
Borbottando qualcosa di umanamente incomprensibile, la volpe si alzò in piedi, incamminandosi con il Do'hao verso il loro ultimo anno di liceo.
Mitsui uscì dall'aula magna, dirigendosi in palestra con passi lenti e pesanti. Non avrebbe voluto andare ma Akira aveva insistito tanto perché non saltasse altri allenamenti, che alla fine aveva acconsentito suo malgrado.
L'ultima cosa che voleva era contrariarlo per simili sciocchezze.
Entrando negli spogliatoi, fu accolto dai compagni che subito chiesero notizie di Sendoh.
“Allora c'è da aspettare. Beh, è normale!” rifletté Maki, chiudendo il proprio armadietto. “Mi auguro che si rimetta presto. - disse Akagi, guardando Hisashi, un po' titubante – Potremmo passare a salutarlo?” “Ma certo! Gli farà sicuramente piacere!” rispose lui, finendo di infilarsi la maglietta.
Era sicuro che ad una persona estroversa come Akira, avrebbe giovato la compagnia degli amici.
Sceso in campo, iniziò ad allenarsi sui tiri da tre.
Non che ce ne fosse particolare bisogno, ma sentiva già la mancanza di Akira e aveva bisogno di distrarsi un po'. Era il primo allenamento senza di lui e si sentiva a disagio senza il suo porcospino hentai.
Pregando per il suo ritorno, si concentrò sul basket, accantonando momentaneamente ogni altro pensiero.
Michael osservò i componenti della squadra accanto al paffuto mister. I titolari sembravano in perfetta forma, almeno stando al fiato che stavano usando per litigare tra loro. “Ah, l'amore!” sospirò Ryu Anzai, probabilmente ripensando alla sua gioventù.
In effetti avere due coppie in squadra poteva essere alquanto stressante, pensò il biondo allenatore in seconda, cercando di non ridere di fronte all'espressione buffissima di Tsume, che stava cercando di scusarsi per qualcosa fatto a un Sato piuttosto inviperito.
Sakuragi e Rukawa, invece, stavano discutendo ininterrottamente da quasi mezz'ora. Alla notizia che Kaede avete rifiutato il ruolo di capitano, il rossino era andato in escandescenza e ancora non si dava pace per la 'stupidità delle Baka Kitsune' o roba simile.
L'attenzione di Kant, si concentrò sul cugino del loro mancato capitano. Kei, se non ricordava male. Era alto almeno quanto Kaede e aveva anche una corporatura simile alla sua. Sembrava parecchio annoiato da tutto quel trambusto e fissava continuamente l'orologio appeso al muro, come se volesse essere da tutt'altra parte.
Delle matricole aveva avuto un'ottima impressione. Avevano tre anni di gioco alle spalle e tanta voglia di vincere con quella squadra schiacciasassi.
“Anche quest'anno, prevedo grandi risultati! - sussurrò Anzai, richiamando a sé i ragazzi – Bene! Tra poco inizierà il torneo interscolastico e se vogliamo proseguire la nostra striscia positiva, dobbiamo qualificarci per i campionati nazionali! - annunciò, approvato da tutto il gruppo - Ai nuovi arrivati vorrei presentare le nostre due manager: Haruko Akagi e Kurumi Rukawa. È la sorella di Kaede, quindi, evitate di farle la corte o il vostro compagno non la prenderà molto bene.” precisò l'anziano, ridendo sotto i baffi.
“Hn.” annuì la volpe, guardando le matricole minaccioso.
“Adesso fate un paio di giri di campo e il normale riscaldamento. Oggi è il primo allenamento, evitate di strafare! Ah, un'ultima cosa! - esclamò il mister, trattenendoli ancora qualche istante – Vorrei solo annunciare che il nuovo capitano della squadra è Hanamichi Sakuragi!” disse, andando a stringergli la mano.
Stranamente serio e infastidito, il rossino ringraziò il 'nonnetto' per poi voltarsi a fulminare con lo sguardo il suo sciocco ragazzo.
“Hn?! Alla fine del primo anno non volevi essere tu il capitano?” gli ricordò Kaede, sollevando un sopracciglio. “Primo: ho avuto la fascia solo perché l'hai rifiutata tu, secondo: i desideri cambiano! - gli fece notare il rossino inviperito – Al primo anno volevo anche stare con Harukina, ricordi? Beh, potrei sempre tornare ai vecchi sogni!” sibilò, lieto di vederlo impallidire.
“EHI!” tuonò Rukawa, afferrandolo per un braccio. “Un cazzo! Perché hai rifiutato di essere il capitano?” volle sapere Hanamichi, socchiudendo pericolosamente gli occhi scuri.
“Hn. Troppe parole.” borbottò accigliato. “Eh?!” domandò Sakuragi, allibito.
“Dovrei perdere tempo a parlare con gli altri, dar loro dei consigli e cose del genere. Io voglio giocare senza simili scocciature! E poi sei tu quello bravo a trascinare la squadra!” gli confidò, trattenendo a stendo una carezza sul suo viso ambrato.
“Oh! Io pensavo che lo avessi fatto per me. Sai che odio queste cose, almeno in campo! - precisò, sorridendogli – Ru? Posso farlo?” domandò il rossino, guardandosi attorno.
“Certo!” esclamò Kaede, pronto a ricevere un bacio.
Ma Hanamichi saltò sulla sulla panchina del mister e guardò la squadra, mani sui fianchi e petto gonfio. “Ok, gente! Il grande Tensai vi farà da capitano ed è ovvio che vi condurrà verso una nuova stagione di grandi vittorie!” annunciò a squarciagola, ottenendo una vera e propria ovazione da parte dei ragazzi.
“Do'hao!” sibilò Kaede, appena gli fu abbastanza vicino. “Che c'è?! Mi hai detto che potevo! Sai, temevo di spaventare quei ragazzini.” gli confidò, sorridendo allegramente.
Ma perché s'era innamorato di un simile pazzo psicopatico, ingenuo e impulsivo? Si chiese la volpe, iniziando a correre imbronciato. Ma guardando il bel di dietro sodo di Sakuragi, messo in risalto dai movimenti delle sue gambe lunghe e affusolate, iniziò a ricordare il motivo...
Kei controllò l'ora per l'ennesima volta. Non ricordava di essersi mai annoiato così tanto in tutta la sua vita. Stava correndo da almeno dieci minuti buoni e ancora non si decidevano a fare qualcosa di veramente diverte come una partita o qualche tiro a canestro.
Non era stata una buona idea iscriversi lì. Persino un corso di uncinetto sarebbe stato più appassionante, piuttosto che star lì a correre come un deficiente.
Iniziava ad essere davvero stanco e a respirare male, probabilmente era anche colpa delle troppe sigarette che fumava. Prima o poi avrebbe smesso, giurò, mentendo a se stesso.
Un paio di giri dopo, Shane gli si accostò per pochi istanti.
“Tranquillo, non è sempre così. Ma il primo allenamento è soft e parecchio noioso!” lo tranquillizzò, avvicinandosi al ragazzo coi capelli ossigenati.
Mah! Sarà stato anche vero, ma Kei aspettò di essere vicino al coach anziano per sfoderare tutto il suo talento recitativo.
“Mi scusi mister, credo di non stare troppo bene, potrei andare ai servizi?” chiese, con gli occhioni lucidi e una mano sullo stomaco.
“Ma certo! Vuoi che ti faccia accompagnare da qualcuno?” domandò Anzai, preoccupato del suo pallore.
“NO! No... non si disturbi, faccio in un lampo!” sorrise il ragazzo dai lunghi capelli, correndo fuori dalla palestra.
Kaede scosse il capo, sbuffando. Sapeva che sarebbe finita così. A suo cugino interessava il basket quanto a lui di fisica quantistica.
“L'importante è che non sia d'intralcio!” si ricordò, ricominciando a correre accanto al suo Do'hao.
Durante la pausa, mentre i giocatori crollavano in campo esausti, Michael uscì in fretta, preoccupato per la prolungata assenza di Kei.
Erano passati quasi trequarti d'ora e il ragazzo non era ancora rientrato.
Dopo averlo cercato in lungo e in largo, lo scorse su un muretto vicino all'ala est della scuola. Se ne stava lì, a prendere il sole, fumando in tutta tranquillità.
Ingoiando il moto d'ira che gli stava salendo fino alla testa, gli si avvicinò con un sorriso forzato. “Con quella roba non credo che starai meglio.” gli fece ironicamente notare.
“Rimedio americano per riprendere fiato. La nicotina allarga i polmoni!” disse Kei, aspirando un'altra boccata di fumo.
Nonostante fosse stato colto in flagrante, non sembrava minimamente intenzionato a sentirsi in colpa.
“Non prendermi in giro, ragazzino. - gli consigliò, con un tono più minaccioso di quanto avesse voluto – Eravamo tutti in pensiero per te!”
“Ascolta, amico, a me di girare per il campo come uno scemo, non me ne frega niente! - sbottò Kei, degnandosi di guardarlo in viso – In America sono maggiorenne!”
“Peccato che siamo in Giappone e qui ti mancano altri tre anni. Forza! Torna in palestra e fingi che ti importi qualcosa del lavoro dei tuoi compagni!” sentenziò il biondo, costringendolo a scendere dal muretto e a buttare quel veleno.
Vista l'insofferenza di quel ragazzo, Michael intuì che non dovesse apprezzare molto né gli ordini né l'autorità.
Sarebbe stata una stagione sportiva alquanto interessante, pensò mentre lo trascinava fino alla palestra.
Uscito dagli spogliatoi, Hisashi fu avvicinato da Kogure. “Non ho voluto disturbarti durante l'allenamento. - esordì, sorridendogli amichevolmente – Come stai?” “Bene... grazie!” mormorò l'ex teppista, imbarazzato.
Nonostante la sua infatuazione per lui fosse storia vecchia, l'idea di parlargli di Sendoh lo metteva scioccamente a disagio.
“Perdonami se insisto, Hisa, ma non hai una bella cera. Sei sicuro che sia tutto a posto?” continuò Kiminobu, visibilmente preoccupato.
“Sì... No!” ammise con un sospiro stanco.
Kogure era un suo amico e si stava comportando come tale e forse era proprio quello di cui aveva bisogno in quel momento.
“Andiamo a prendere un caffè, ti va?” propose il ragazzo, intuendo il suo stato d'animo.
Nell'ultimo anno si erano persi di vista e probabilmente Hisashi non sapeva come e se affrontare con lui determinati argomenti.
I due ragazzi si incamminarono verso il bar più vicino, cercando di recuperare i fili della loro amicizia.
“Me lo dai un bacino, sì?” pigolò Aron, negli spogliatoi ormai deserti. “Brutto depravato! Ma ti sembra il posto adatto? Sparisci!” sibilò Shane, rosso d'imbarazzo.
Quel cretino non si era nemmeno accorto che non erano soli. Hanamichi stava facendo ancora la doccia, mentre Rukawa era in palestra a finire i suoi tiri supplementari.
“Ma...!” “Niente ma!Fuori di qui e lasciami rivestire in pace!” sentenziò Sato, sbattendolo letteralmente fuori dalla stanza.
Quando Sakuragi si accostò al proprio armadietto, il playmaker stava ancora borbottando epiteti irripetibili all'indirizzo del suo futuro ex-ragazzo.
“Ci vuole pazienza! - sospirò il neocapitano, sorridendogli gentilmente – Perdonami, ma non ho potuto fare a meno di ascoltarvi.”
“No, anzi! Scusami tu! Sa essere davvero petulante! - sbottò il ragazzo, allacciandosi le scarpe – Beato te che stai insieme a una persona equilibrata!”
La risata sinceramente divertita del suo senpai, lo colse completamente alla sprovvista.
“Equilibrato... Rukawa?! - ripeté il rossino, con le lacrime agli occhi – Kenaga, per stare con lui, ci vuole la pazienza di Buddah!” gli confidò, ignaro della presenza della volpe, ferma dietro alla porta.
Finiti i suoi tiri, Kaede si era diretto negli spogliatoi, ma appena aveva sentito la sua risata calda e contagiosa, aveva seguito uno sciocco impulso che gli aveva consigliato di restare immobile, per poter ascoltare meglio quel suono così particolare che aveva il potere di farlo sorridere come un ebete.
Ma le parole seguenti, gli fecero cambiare drasticamente umore.
“È possessivo e viziato. - sentenziò Hanamichi – Beh, forse è anche colpa mia, visto che lo accontento sempre. - ammise, anche se controvoglia – È pigro, narcolessico e borbotta come una pentola di fagioli quando è costretto a muovere un dito!”
“Allora perché ci stai insieme, scusa?!” domandò Shane, palesemente confuso e stupito.
“Perché è la mia Kitsune! - rispose il senpai con un sorriso dolcissimo che mai gli aveva visto dipinto sul viso – Mi capisce al volo e comprende i miei stati d'animo senza bisogno di parole. È difficile starmi accanto, me ne rendo conto perfettamente anch'io, poiché sono un genio! - rise divertito - Sono casinista e attaccabrighe e amo stare in mezzo alla gente, ma lui non mi ha mai chiesto di cambiare per fargli piacere – mormorò, ripensando alla sua vita accanto a Kaede - Quando mi sveglio al mattino e lo sento dormire al mio fianco, ho l'assoluta certezza di non essere più solo. È la parte di me che mi mancava per essere completo!” concluse, abbottonandosi la divisa.
“Forse... è meglio che vada a cercarlo! - mormorò Shane, immaginandosi il compagno solo e abbandonato in un punto imprecisato della città – Grazie!” gli sorrise, prima di correre via, senza notare la presenza dell'altro senpai, vicino alla cesta dei palloni.
“Ehi, Kitsune! - lo salutò Sakuragi, non appena lo scorse vicino alla porta – Sbrigati che gli altri ci aspettano fuori!Mmm?!” mugugnò, sentendosi abbracciare con forza e riempire le labbra di baci morbidi e inaspettati.
“Kitsune? A cosa devo questo slancio d'affetto?” rise il ragazzo, un po' imbarazzato. “Perché sei il mio Do'hao!” rispose sibillino Kaede, andando a fare la doccia con uno sguardo felice e appagato.
“Sentirà il cambio di stagione!” si convinse Sakuragi, infilandosi le scarpe con un sorriso sereno e divertito.
Akira guardò l'orologio a muro appeso in soggiorno.
Hisashi stava per tornare.
Mannaggia a lui e alle sue idee del cavolo. Gli mancava da pazzi. Non lo vedeva da quella mattina, quando lo aveva praticamente spinto fuori dal letto per spedirlo in facoltà e in palestra. Non voleva che perdesse altre lezioni e soprattutto gli allenamenti in vista del campionato.
Non aveva però fatto i conti con la sensazione tremenda che l'assenza del suo ragazzo gli avrebbe provocato.
“Forse dovrei abituarmi alla cosa!” si disse con un sorriso amaro dipinto sul volto.
Se non avesse più potuto giocare, avrebbe fatto di tutto perché Mitsui continuasse e allora sì, che avrebbe passato parte della sua vita ad aspettare il suo ritorno.
No. Doveva essere positivo.
Il dolore era scemato e con il ghiaccio spray anche il gonfiore era notevolmente diminuito.
Sarebbe andato tutto bene. Doveva andare tutto bene... altrimenti...
“Akira! Non ti abbattere!” si sgridò, affacciandosi fuori dalla finestra.
Prima i risultati delle analisi e poi tutto il resto. L'importante era non farsi vedere abbattuto da Hisashi.
Stava meglio e non aveva più avuto altre ricadute. Si era completamente disintossicato dalle anfetamine e Sendoh ne era profondamente orgoglioso.
Non voleva tediarlo con i suoi problemi. Si era ripromesso di renderlo felice e basta.
“Ti vorrei far notare che sei scalzo.” esordì Shane, sedendosi accanto al suo ragazzo.
Dopo averlo cercato per più di dieci minuti buoni, lo aveva scorto accanto al muro esterno della palestra, vicino alle fontanelle.
“Che ti importa?” sbottò Aron stizzito, voltandosi dall'altra parte.
Era evidente che fosse offeso.
Sato posò la testa sulla sua spalla, accarezzandogli delicatamente un braccio.
“Mi vergogno davanti agli altri... Non che non voglia stare con te, ma baciarci in palestra o a scuola... Non lo so... non mi fa sentire a mio agio, ecco!”gli spiegò, arrossendo appena.
“È perché siamo maschi?” volle sapere Aron, fulminandolo con lo sguardo. “Sarei imbarazzato anche se fossi una femmina! Sono fatto così, che ci posso fare?!” gli chiese, profondamente ferito.
Si erano frequentati molto in quelle ultime settimane, conoscendosi meglio e imparando a toccarsi piano, tutte quelle nuove esperienze erano incredibilmente emozionanti, ma anche strane per lui e doveva ancora abituarsi all'idea di pensare per due.
“Scusa. - mormorò Tsume, baciandogli una tempia – Sono così felice con te che... lo vorrei urlare al mondo intero. Così che tutti sapessero che sei mio, compreso quel Kei!” sibilò inviperito.
“Che c'entra lui?Lo abbiamo appena conosciuto!”gli fece notare Sato, piuttosto allibito. “Gli sei andato vicino, mentre stavamo correndo. Non te l'ho mai visto fare con nessuno! Sei sempre così riservato...” borbottò il pulcino ossigenato, alquanto contrariato.
“Mi sembrava solo e spaesato. Come lo ero io lo scorso anno. Si è trasferito qui da un altro paese, volevo essere gentile! Non è il caso di fare il geloso!” sbuffò alzandosi in piedi per tornare in palestra.
“Tsk! Non sono affatto... Ok, magari solo un po'! - ammise Aron, prendendolo per mano – Adesso non c'è più nessuno!” gli disse, indicandogli Hanamichi e Kaede che stavano uscendo fianco a fianco, dando loro le spalle.
Shane rise di cuore, lieto che lui lo capisse senza giudicarlo.
Dopo aver trascorso un'ora di fronte a una tazza di caffè fumante, ricordando i momenti più divertenti del liceo, Kogure si offrì di accompagnarlo a casa, certo che l'amico stesse aspettando il momento giusto per spiegargli ciò che lo angustiava.
“Ha qualcosa che non va!” esordì infatti Mitsui, guardando il marciapiede. “In che senso?” gli chiese il ragazzo Kiminobu.
“È troppo... normale! - esclamò Mitsui lottando per trovare le parole adatte per spiegarsi – È allegro e tranquillo.... non che lo volessi vedere in lacrime, sia chiaro, ma mi sembra troppo rilassato, vista la situazione. Cazzo! Rischia di non poter più giocare a basket e non ha avuto nemmeno un attimo di tristezza... non so... un moto d'ira o un'ombra di preoccupazione. Niente!” sbottò il ragazzo, incapace di farsene una ragione.
“Forse non vuole pensare al peggio, è una persona molto ottimista, no? Magari sta aspettando l'esito delle analisi prima di decidere del suo futuro e non vuole angosciare anche te!” rifletté Kogure, cercando di trovare una spiegazione logica a quel comportamento effettivamente strano.
“Ma io sono il suo ragazzo! Se non gli sto vicino in questi momenti, mi dici a cosa servo?” sibilò Hisashi, adirato con quella situazione orrenda.
“Parlagli e digli come ti senti, forse riuscirà a fare lo stesso. Che ti ami non ci sono dubbi. Lo si capisce da come ti guarda! - rise l'amico – Sei prezioso per lui, Hisa. Ricordatelo e chiarisci questa situazione, altrimenti starai sempre peggio! - concluse, accostandosi al cancello di casa Rukawa – Eccoci arrivati!Scusami ma adesso scappo. Madoka mi aspetta in centro e sai che detesta i ritardatari!” scherzò Kiminobu, dandogli una pacca d'incoraggiamento sulla spalla.
“Grazie!” sorrise Mitsui, prima di entrare in casa.
Aron accompagnò il suo ragazzo a casa. Una volta chiusa la porta alle loro spalle, strinse a sé il suo pudico compagno, ben sapendo di essere soli.
Aveva infatti scoperto che Sato era orfano e viveva col suo fratello maggiore, presidente della ditta di famiglia. Per ragioni di lavoro era spesso costretto a orari massacranti e viaggi intercontinentali che lo portavano lontano da casa anche per interi mesi.
Dal canto suo, Aron aveva solo la mamma. Quando le aveva detto di Shane, con fierezza e un pizzico di incoscienza, lei aveva fatto il diavolo a quattro pur di conoscerlo.
Purtroppo per il bel pulcino, quello tra i due si era rivelato un vero e proprio colpo di fulmine tanto che la signora Tsume aveva definito Shane, molto poco carinamente, 'il figlio che non aveva mai avuto'.
“A che pensi?” si sentì chiedere dal suo ragazzo che lo stava guardando incuriosito. “Mia madre ti ama. Sono geloso!” ammise, baciandolo dolcemente.
“Anche di lei?!” rise Shane, accarezzandogli affettuosamente i capelli. “Sono possessivo!” mugugnò Aron, trascinandolo in camera sua, dove lo depositò delicatamente sul letto, stendendosi al suo fianco.
Con molta gentilezza, per evitare di spaventarlo, gli sfilò la maglietta facendo altrettanto, restando alcuni istanti in silenziosa contemplazione del suo bel corpo armonioso.
Shane era dotato di una forte passionalità, ma andava trattato con cura, altrimenti rischiava di imbarazzarsi e chiudersi inevitabilmente a riccio.
Rimasti entrambi in boxer, si infilarono sotto le coperte, continuando a guardarsi negli occhi.
Sato capì che il suo compagno stava aspettando una sua mossa e si intenerì per quella gentile attenzione. Sollevando una mano, gli accarezzò il petto, giocando con i suoi capezzoli scuri. Quel giorno sentiva di doversi fare perdonare.
Con grande stupore, Aron sentì le sue dita sfiorargli la virilità brutalmente eccitata, con un movimento molto intimo e deciso. Non si sarebbe mai aspettato un comportamento così audace da parte sua. Tornando a guardarlo in viso in cerca di una spiegazione, si trovò di fronte al suo sorriso imbarazzato e colmo d'aspettativa.
Completamente disarmato da quell'espressione unica e così tipicamente sua, mosse anche le proprie dita alla ricerca del pene di quello strano ragazzo, pieno di affascinanti contraddizioni. Si masturbarono a vicenda, senza mai staccare il contatto visivo e quando vennero, increduli per l'intensità delle sensazioni provate, lo fecero chiamandosi disperatamente e suggellando la loro unione con un altro bacio appassionato.
Kaede sfogliò per l'ennesima volta il manuale che la nonna aveva regalato al suo Do'hao, prendendo appunti e mettendo le linguette su alcune interessantissime pagine.
Il suono del suo stomaco gorgogliante lo costrinse a scendere le scale di corsa, uscendo in giardino a passo spedito.
Vagamente si accorse di Akira appostato vicino alla finestra della sua ex abitazione, ma decise di tirare dritto.
Suo fratello non aveva ancora metabolizzato l'accaduto, parlargli in quel momento non avrebbe avuto molto senso e comunque non avrebbe saputo cosa dirgli senza risultare banale o melenso.
Il Do'hao era il più adatto in quelle circostanze e di sicuro stava solo aspettando l'occasione giusta per attaccar bottone col porcospino.
Entrato nella casa padronale, trovò il suo ragazzo in compagnia delle due nonnine hentai e dei bambini.
Ovviamente, appena lo vide, Kikyo-chan incominciò a insultarlo, stringendosi ancora di più 'al suo mamma'.
“Butto tu!” sentenziò la piccola, imbronciatissima.
“Non capisco perché faccia sempre così!” sospirò il rossino, intristito da quell'atteggiamento. “Mia nipote non è stupida! - sentenziò la nonna, osservandoli attentamente – Ha capito che quando c'è lui, tu ti allontani e si ingelosisce!”
“Ma con Kanata, non ha questa reazione così violenta!” obiettò Sakuragi, accigliandosi confuso.
“Perché non lo sente come una minaccia. Kae è grande come te e il modo in cui lo guardi, l'affetto che provi per lui, è diverso da quello che senti per i bambini. Kikky si è accorta che le attenzioni che hai per lei sono le stesse che rivolgi a Kanata e non le danno problemi. Ma quando vede i tuoi occhi illuminarsi a giorno per Kae, allora si ingelosisce profondamente, perché ha paura che tu te ne vada via con lui. Mia nipote è sveglia come me!” gongolò l'anziana, sorridendo orgogliosamente alla sua amica.
“Spiegazione che non fa una grinza!” approvò la signora Odagi, complimentandosi con lei.
“Ma cucciola! Come puoi pensare una cosa simile! - pigolò il rossino, facendo spazio sul divano per il suo ragazzo – Lo vedi? Siamo seduti qui, tutti insieme. Io, te, Kanata e Kaede. Non se ne va nessuno!” le fece notare accarezzandole la guanciotta rosea.
“Nettuno no!” ammise la piccola, un po' più sollevata. “Hn. Fame, Do'hao.” mugugnò la volpe, posando la testa sulla spalla del compagno.
“Sto cercando di salvare il rapporto tra te e tua sorella. La merenda può anche aspettare, no?” sibilò Hanamichi, fulminandolo con lo sguardo.
“Hn... No.” sentenziò Rukawa, guadagnandosi solo una gomitata su un fianco.
Kikyo-chan posò le manine sul viso del suo mamma, adagiando la guancia sulla sua, indecisa sul da farsi.
Effettivamente, erano tutti e quattro ancora seduti sul divano e la cosa la rendeva molto felice, ovviamente.
Ma poi, con la testardaggine tipica della famiglia Rukawa, tenne a precisare un concetto che le stava particolarmente a cuore.
“Mamma mio!” sentenziò, sfidando il fratello maggiore con lo sguardo. “Se mi fa da mangiare, puoi pure sposartelo!” sbottò Kaede, affamato e annoiato a morte.
“Ma bene! Mi vendi per un budino, eh?” ringhiò Sakuragi, cercando di rimanere serio. “Hn.”annuì la volpetta, senza dubbio alcuno.
“Hai visto che cattivo che è?” chiese il rossino alla bimba che giocava con i suoi capelli purpurei. “Butto!” annuì la piccola, sorridendo al suo mamma.
“Sono perfettamente d'accordo! - sentenziò Hanamichi – Lo vuoi il lattuccio, Kikky?” le domandò alzandosi in piedi, incurante del suo ragazzo che scivolò con la faccia contro il bracciolo del divano.
“Hn?”mugugnò, massaggiandosi il naso arrossato. “Kanata, vuoi la merenda anche tu, vero? Vi ho preparato il budino alla vaniglia!” sorrise il Tensai, andando in cucina con i due bambini ignorando volutamente la sua volpaccia malefica.
“Do'hao!” sbottò Kaede, inseguendolo di pessimo umore. “Fattelo da solo, Baka!” rispose il rossino, facendogli la linguaccia.
Non meritava tutta quella cattiveria, pensò Rukawa, strofinando il musetto sulla spalla del suo ragazzo, in un ultimo disperato tentativo di farsi perdonare... e avere del cibo, ovviamente.
“Stai cercando di leccarmi i piedi, Kitsune?” volle sapere Hanamichi, guardandolo in tralice. “Probabile. - ammise imbronciato – Funziona?” gli chiese, pieno d'aspettativa.
“Probabile!” rispose Sakuragi, facendogli il verso.
Quanto era Do'hao! “Ti ho fatto la mousse al cioccolato, Baka!” lo avvertì il ragazzo, sorridendogli mentre apriva il frigo.
Il suo bellissimo e dolcissimo Do'hao, precisò la volpe, affondando il dito in quell'oceano di cioccolato fuso e panna montata, sentendosi finalmente in pace col mondo intero.
Udendo la voce del suo ragazzo, Sendoh si affacciò alla finestra, con un grande sorriso e la gioia negli occhi.
Ma appena notò la persona al suo fianco, fu scosso da un'improvviso fremito di collera.
Kogure.
Non aveva senso, dato che Mitsui gli aveva dimostrato più di una volta l'intensità dei suoi sentimenti, ma non poteva dimenticare che l'ex compagno di liceo era stato il suo grande amore non corrisposto.
Durante gli allenamenti all'università era sempre presente e sapeva che gli sguardi di Hisashi erano tutti per lui...
Ma al porcospino non erano sfuggite né le occhiate di Kiminobu né quelle di Hasegawa, da anni infatuato del suo ragazzo.
Probabilmente, la forzata immobilità lo stava facendo sragionare, ma Akira si scoprì profondamente geloso dei due compagni di squadra.
Sentimento che crebbe a livelli esponenziali, di fronte allo sguardo grato e sereno che Hisashi rivolse alla schiena di Kogure, mentre questi si allontanava dopo averlo salutato.
Quella storia non gli piaceva per niente.
- FINE TERZA PARTE -
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