DISCLAMER: I personaggi sono di T. Inoue. Alcuni, invece, li ho inventati io, ma non temete: la differenza, balza immediatamente agli occhi! -////-'
NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''
Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke. Kyosuke: il capofamiglia, inventore. Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice. Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino) Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^) Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro e sogna di diventare miliardaria. Kazuya: gemello di Kurumi, è il più sensibile dei fratelli. È innamorato di Hikaru. Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo) Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala)
Altri personaggi:
Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi. Aron Tsume: matricola dello Shohoku, è invaghito di Kurumi e odia Shane (Hiyoko=pulcino) Shane Sato: matricola, ala piccola/guardia. Adora Hanamichi (Kenaga=lunga coda) Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai
Strange Family II
capitolo IX
di Gojyina-chan
Nonostante le vacanze natalizie, lo Shohoku si presentò al consueto allenamento pomeridiano e per la prima volta da settimane, la squadra si ritrovò al completo. “Non me la sento!” ripeté per l'ennesima volta Hisashi. “Se così fosse, non saresti uscito di casa.” gli fece notare Akira, allacciandosi le scarpe. “Stronzate!” “Ti manca il basket. Ammettilo e ti sentirai meglio.” “Se è per questo, mi mancano un sacco di cose!” sbuffò astioso, sbattendo l'anta del proprio armadietto. “EHI?” lo chiamò Sendoh, tornando serio. “È il mio primo allenamento da... lucido. - gli ricordò la guardia - Non so se sono ancora capace di giocare senza...” “Tu sei sempre stato un campione. Lo eri prima delle anfetamine e lo sarai anche dopo. Il tuo talento è nel D.N.A., non in una pillola!” sbottò il porcospino, abbracciandolo da dietro. “Sei troppo fiducioso!” lo accusò, crogiolandosi comunque in quel protettivo tepore. “E tu disfattista! Ascoltami, è probabile che oggi non combinerai granché, ma l'importante è ricominciare a giocare insieme ai nostri compagni e saper reagire a questa nuova situazione. Un passo alla volta, ricordi?” “Aki...” mugolò Mitsui, agitato. “Proviamoci insieme, ok?” lo incoraggiò Sendoh, sfoderando il suo sorriso più rassicurante. “Ok!” capitolò l'ex teppista, scendendo finalmente in campo.
Kurumi fu molto felice del ritorno di Hisashi e di Akira. Loro erano la dimostrazione vivente della forza che scaturiva dai legami sinceri. La sua attenzione, però, fu attratta da un movimento all'esterno della palestra. Con il cuore a mille, ammirò l'ingresso del Guntai. Capì immediatamente che qualcosa era diverso rispetto al solito. Mito la stava fissando con troppa intensità. “Siete qui per ammirare il Tensai all'opera, eh?” esclamò Sakuragi, andando loro incontro. “Do'hao!” sospirò Kaede, scuotendo il capo sconsolato. “Baka Kitsune!È da tanto che non facciamo a botte, riprendiamo le vecchie abitudini?” domandò il rosso, posando le mani sui fianchi. “Hn. Con te è tempo sprecato.” fu la lapidaria risposta della volpe, che riprese tranquillamente i suoi tiri. “Un giorno o l'altro lo strozzerò! - annunciò Hanamichi, dando una pacca sulla spalla del suo migliore amico – Coraggio!” si limitò a dire, prima di tornare a punzecchiare il suo altero compagno. Yohei trasse un profondo respiro e si avvicinò a una delle manager sedute in panchina. “Kurumi, quando hai finito, aspettami. Ti dovrei parlare.” riuscì finalmente a dire, lasciando la ragazza di stucco. Tornò dai suoi amici restando in disparte, per nulla interessato al gioco.
Kazuya volle essere presente al ritorno in campo del fratellone e del suo forse-credo-probabile ragazzo. Akira non aveva chiesto niente a nessuno, come suo solito, ma il giovane Rukawa aveva iniziato ad affezionarsi a Mitsui, continuando a sentirsi in colpa per il suo silenzio, quando aveva scoperto che era lui a fare uso di anfetamine. Sapeva che stava commettendo una sciocchezza, ma era stato ugualmente zitto e Hisashi aveva avuto altre settimane per impasticcarsi. Forse, se avesse vuotato immediatamente il sacco, in quel momento la guardia dello Shohoku sarebbe stata in piena forma. Schiacciato dal senso di colpa, si allontanò in fretta dalla palestra, respirando la fresca aria invernale del cortile. Udì distintamente le note di un pianoforte provenire da un'aula del pian terreno e si ricordò delle lezioni supplementari che Hikaru stava facendo con il professore di musica e pensò di andare a salutarla. Avendo portato con sé la fotocamera contenente le foto che le aveva scattato il giorno prima, aveva anche un'ottima scusa per poterla avvicinare. Stava diventando molto furbo, sorrise il ragazzo, pensando a quanto fosse sciocco cercare dei motivi per poter vedere la persone che gli piaceva. Aprì piano la porta per non disturbarla e rimase sconvolto, vedendo il professore Tokiko mentre, con un sorriso viscido, spostava la mano che teneva sulla schiena della rossina, fino alla sua spalla.
“C'è qualcosa che non va!” sbottò Michael, sedendosi accanto ad Anzai. Osservando i ragazzi in campo, si era reso conto che non assomigliavano per niente ai giocatori che in quell'ultimo anno solare avevano vinto di tutto. Mitsui era fuori forma e Sendoh non faceva altro che guardarlo preoccupato. Tsume e Sato avevano la testa altrove, per non parlare del fatto che si tenevano volutamente ad almeno un metro di distanza l'uno dall'altro. Quando aveva consigliato a Shane di evitare i litigi con il compagno di squadra non credeva che avrebbe adottato metodi così drastici. Quel giorno anche Sakuragi sembrava con la testa altrove. Continuava inspiegabilmente a guardare la porta, dove si trovavano i suoi rumorosi amici. Il tutto, sotto li sguardo stizzito di Rukawa. “Allenarsi durante le vacanze è faticoso persino per i professionisti. Tieni sempre presente che sono dei ragazzi. - gli consigliò Anzai, sorridendo sereno – Torneranno quelli di prima, non temere. Hanno troppa voglia di vincere!” disse, con occhi lucidi d'orgoglio. Hisashi era tornato. Era tornato. “Ha ragione!” ammise l'allenatore in seconda, ridendo di se stesso. Non era poi passato così tanto tempo, da non ricordare più cosa volesse dire essere adolescenti. Optando per una serie di esercizi blandi, i due uomini decisero di limitare i minuti di allenamento, almeno per quel giorno.
Non era un atteggiamento molto professionale, pensò Kazuya, avvicinandosi ai due con passo felpato. Quando la mano del professor Tokiko, rispettabile docente di musica dell'Istituto Shohoku, andò a sfiorare i morbidi capelli purpurei della Sakuragi, il giovane Rukawa fu come posseduto da una miscela di sentimenti forti e distruttivi. “Non mi sembra un comportamento molto etico, caro il mio professore!” sputò con una voce così fredda che faticò a riconoscere come propria. “Che... Che ci fai tu qui! - sbraitò l'uomo, voltandosi di scatto agitato – Non sei autorizzato a interrompere una lezione di...” “Di mano morta? - buttò lì con un sorrisino al vetriolo – No, ha ragione. Ma per sicurezza lo chiederò al preside. Gli mostrerò le foto che ho le scattato e sentiremo il suo parere!” minacciò mostrandogli la sua Nikon D80. “Non dire sciocchezze! Anche se le vedesse, chi gli assicurerà che non sono fotomontaggi? Ormai la tecnologia ha fatto passi da gigante!” sogghignò il professore, cercando di mantenere la calma. “Forse non ricorda un concetto fondamentale: il preside Ikeda adora il fratello di Hiki e guai a chi tocca lui o la sua famiglia... Senza contare che, appena lo verrà a sapere, Hanamichi la ucciderà con le sue stesse mani... e la violenza sua e del Guntai è leggendaria!” gli fece notare Kazuya, provando una grandissima soddisfazione nel vederlo tramare di paura. “Non... è come.... sembrava! Le volevo insegnare la postura!” balbettò l'uomo, spaventato. “Faccia così: io non mostro le foto a nessuno e lei stasera stessa darà le dimissioni, va bene? Meglio disoccupato che con le ossa fracassate.” propose il giovane, avvicinandosi alla rossina, ancora scioccatamente seduta al pianoforte. “Sì... si può fare! Io... Addio!” sibilò il professore, fuggendo il più velocemente possibile. “Oh, Kami! - sospirò Hikaru, sgranando gli occhioni scuri – è successo tutto così in fretta e poi, quando suono non mi accorgo di niente e di nessuno!” “Ehi! Non ti devi giustificare! Ha sbagliato quel porco maniaco, non tu!” le disse, cercando di tranquillizzarla. “Hai ragione. - sorrise, scuotendo il capo imbarazzata – Grazie Yayu!” La ragazza lo abbracciò di slancio, grata per il suo prezioso aiuto e Kazuya si ritrovò a pensare che la persona alla quale il rosso avrebbe rotto le ossa, sarebbe stato proprio lui. Ma in quel preciso istante, con il corpo di Hikaru tra le braccia, decise che qualche misera frattura non aveva mai ucciso nessuno. Oppure sì?!
Alla fine dell'allenamento, Hanamichi e Rukawa rimasero in compagnia del Guntai, aspettando l'arrivo della piccola Hikaru. Mitsui e Akira erano tornati subito a casa su pressione del porcospino, preoccupato per la guardia dello Shohoku, mentre Mito e Kurumi si erano dati alla macchia andando via separatamente per non insospettire amici e parenti, per darsi appuntamento al parco. “Hiki dovrebbe finire tra poco la lezione supplementare. È un genio col pianoforte, ha preso tutto da me!” si vantò il rossino, gonfiando il petto come un pavone. “Do'hao!” sospirò Kaede, armeggiando col lettore mp3. “Baka Kitsune! Non mettere in discussione l'abilità del Tensai! Io irradio genialità e la diffondo a chilometri di distanza!” “Anche le puzzette di Takamiya si 'irradiano' per chilometri!” rise Noma, seguito a ruota dai compagni. “A proposito di genialità, sabato andiamo in sala giochi? - propose il biondino del gruppo – È da un bel pezzo che non ci andiamo tutti insieme!” “Vero! C'è un nuovo videogioco che è difficilissimo da finire! Devi trovare sette sfere per aprire la porta dove c'è un tesoro, ma alla fine non si sa come vanno posizionate.” si lamentò il ragazzo paffuto, imbronciandosi. “Io l'ho finito!” si vantò Osuku, attirandosi le ire dei compari. “E ci credo! Hai leccato il culo al proprietario che ti ha svelato tutti i trucchi!” lo accusò Noma, incrociando le braccia al petto. Hanamichi trasalì violentemente e guardò stranito i suoi vecchi amici. “Come... come hai detto?!” balbettò sconvolto. “Che si è fatto dire dal proprietario della sala giochi la sequenza in cui mettere le pietre.” spiegò il baffuto, continuando a guardare storto l'amico che, in risposta, gli mostrò il dito medio. “Ficcatelo so io dove!” gli disse, per nulla pentito. Kaede passò lo sguardo da quei tre casinisti a Sakuragi e comprese che qualcosa non andava nel suo ragazzo. Il corpo del Do'hao stava tremando leggermente e i suoi grandi occhi scuri erano colmi di paura e stupore. “Hana? Ti va di andare, sabato?” chiese nuovamente Noma, tornando a concentrarsi sul suo capo. “Certo! - esclamò quest'ultimo, nascondendosi dietro un sorriso beffardo – Non esiste gioco all'altezza del grande Tensai!” dichiarò con fierezza. “Attento! - lo ammonì Takamiya - Dicevo così anch'io, ma poi l'ho preso in quel posto! E ho pure perso un sacco di soldi!Dovrò saltare il pranzo per tutta la settimana!” si lagnò, affranto. “Tsk! Nessuno può fottere il Tensai!” sibilò con un fastidio tale che non passò inosservato alla bella volpe, che si irrigidì all'istante. Adesso cominciava a capire il motivo di tanta agitazione da parte del Do'hao. Rukawa iniziò a innervosirsi parecchio, perché comprese che, in fondo, si era sempre aspettato una reazione del genere da parte sua. Era stata una semplice questione di tempo. Deluso come non mai, se ne tornò a casa senza aspettare i fratelli Sakuragi.
Mito e Kurumi rimasero in silenzio per tutto il tragitto che dalla palestra li condusse al piccolo parco giochi poco distante dalla casa della ragazza. Dopo essersi seduti su due altalene, iniziarono a guardarsi di sottecchi, indecisi sul da farsi. Fu la giovane Rukawa a rompere quell'opprimente silenzio, spazientita da quell'assurda situazione. “Senti, forse dovremmo vederla come una proposta lavorativa. Un affare, insomma!” propose, guardandolo in faccia, con un mezzo sorriso. “Giusto! Diciamo che... è probabile che sia interessato a... frequentarti, per ragioni che esulano dal lavoro. Ti offro uscite fuori e cene.” dichiarò stando al gioco. “Bene, si può fare. Ma sappi che non cambierà nulla per me. Le tue idee sono e rimarranno retrogradi. Per il resto... posso concederti l'onore della mia presenza.” sbottò, con fare altezzoso. “Ma guarda! Stavo per dirti la stessa cosa!” borbottò Yohei, accigliandosi. “Tsk! Ti sto facendo un favore, ricordatelo.” “No, cara! Sono io che lo sto facendo a te! Chi mai avrebbe la pazienza di sopportare una ragazzina sfacciata e impudente come te?!A parte un martire, ovviamente!” “Yohei?” “Sì?” “Zitto e baciami!” “Ok, capo!” Il sole arrossì alla vista di quella giovane coppia così vicina da sembrare una persona sola. E mentre il tramonto tingeva di fuoco la città, i due ragazzi si ritrovarono a pensare che era piacevole festeggiare gli affari ben riusciti.
Mitsui, chiuso in un pesante silenzio, si coricò a letto senza cenare. Era stato orribile. Semplicemente orribile. Non aveva fatto nemmeno due giri di campo che già era stato in debito d'ossigeno. Non era riuscito a saltare né a realizzare un misero tiro da tre, da sempre la sua specialità. Non era stato capace di fare assolutamente nulla. Akira soffriva nel vederlo così abbattuto e aveva passato le ultime ore a chiedersi se non avesse corso troppo. Forse il suo disperato bisogno di saperlo di nuovo sano, lo aveva portato ad affrettare i tempi e adesso, Hisashi stava pagando il prezzo della sua superficialità. “Ehi?” lo chiamò piano, stendendosi al suo fianco. “Mi serve una pasticca.” dichiarò Mitsui, senza prendersi nemmeno la briga di voltarsi. Fu Sendoh che lo costrinse a farlo, afferrandolo per le spalle, mosso da un'ira incontrollabile. “Vedi di cambiare ritornello o giuro che ti gonfio!” lo minacciò aumentando la stretta. “UN CAZZO! NON HO COMBINATO NIENTE!NIENTE! Sono servito giusto per... fare numero!” si disperò la guardia, amareggiato. “Mi dispiace, tesoro. Ma sapevamo che sarebbe stato difficile, all'inizio. Non puoi mollare ora, o tutto quello che hai sofferto non sarà servito a nulla, lo capisci?” tentò di farlo ragionare, accarezzandogli piano i capelli, lunghi quasi fino alle spalle. Tornato più sereno, Akira si avvicinò all'animo distrutto del compagno di squadra con l'unica arma a sua disposizione contro cui Hisashi non sapeva difendersi: la sua dolcezza. Sull'orlo della depressione, l'ex teppista gli puntò il suo sguardo disperato, chiedendogli tacitamente aiuto. Si stava perdendo di nuovo e lo sapevano entrambi. Ma a differenza di tutte le altre volte, non era più solo. Senza riflettere, Akira chinò il volto su quello del coinquilino, per un rapito incontro di labbra. Trovandosi gli occhi stupiti di Hisashi a pochi millimetri dai propri, sorride felice, non scorgendovi nessuna traccia di disgusto o biasimo. Tornò a prendersi cura di quella bella bocca, capace di produrre frasi che avevano il potere di farlo imbestialire in un centesimo di secondo. Stavolta, però, non se ne separò, utilizzando la lingua per socchiuderle ed esplorarle, con la perizia di uno speleologo. Hisashi non poté reprimere un gemito, quando il bacio si approfondì diventando incredibilmente appassionato. Si desideravano. Finalmente. “Ah... Akira?” ansimò, sentendo le sue labbra sul collo sensibile. “Allenamento di... resistenza!” replicò il porcospino, senza fermare le proprie mani, partite in viaggio alla ricerca dei capezzoli scuri di quel fiero e testardo ragazzo. Avevano represso la loro attrazione per troppo tempo e, in quel momento, non esisteva una sola forza in natura in grado di separarli. Mitsui non faceva sesso da quasi un anno ed essere nuovamente oggetto di simili attenzioni lo lasciò stravolto e straripante di una smania prepotente. Fuori controllo, sfilò la maglietta di Akira, beandosi dei muscoli guizzanti della sua schiena che prese ad accarezzare con insistenza. Dal canto suo, l'ex giocatore del Ryonan volle assaporare più porzioni possibili di pelle, chinandosi a succhiare e mordere quei bei capezzoli dolorosamente eretti. L'urlo di Mitsui gli fece perdere l'ultimo brandello di razionalità a cui si stava aggrappando. Sentì distintamente il rumore di uno strappo, quando si tolse pantaloni e boxer contemporaneamente, ma non se ne curò affatto, soggiogato dal viso stravolto di Hisashi. Sguardo liquido, gote arrossate, labbra lucide e socchiuse, il volto di Mitsui era un inno alla lussuria e Sendoh aveva voglia di festeggiare. Senza dargli né tregua né respiro, conquistò ogni parte del suo corpo, dimostrando il suo passaggio con un morso o una scia di saliva. Braccato come un animale selvatico, Hisashi non poté fare altro che capitolare, concedendogli tutta la sua fiducia. Ne aveva bisogno. Forse più dell'atto fisico in sé. Aveva bisogno di sentire qualcuno con lui e dentro di lui. Per avere la certezza di non essere da solo, di poter contare su un altro essere umano. Su Akira, che non lo aveva abbandonato nemmeno per un secondo. Nonostante le sue grida ingiuriose. Nonostante il suo stato pietoso. Nonostante le sue debolezze. Akira era sempre rimasto al suo fianco. Sempre. Senza mai chiedergli qualcosa in cambio. Persino in quei passionali istanti, sapeva che lo stava facendo solo per lui, per fargli sentire la sua vicinanza in modo totale. Ancora una volta, solo ed esclusivamente per lui... ...E Hisashi si lasciò amare. Per la prima volta in vita sua, Mitsui permise a qualcuno di entrare nel proprio corpo. Senza più controllo, iniziò a muovere le anche, seguendo il ritmo delle spinte di Sendoh. Lo sentiva. Sentiva quel corpo piantato nel suo intestino come nient'altro prima. ...E gli piacque terribilmente. Avere qualcuno dentro di sé era un piacere sublime e travolgente, che lo portò a perdersi con violenza, macchiando il ventre dell'amante con il proprio sperma caldo, mentre quello di Sendoh lo marchiava per sempre, sprofondando al centro della sua anima da poco ritrovata.
Sentiva le mani di Akira sulle proprie guance, intente a catturare con i pollici alcune lacrime che scendevano dagli angoli dei suoi occhi arrossati. Non si era nemmeno accorto di averle versate. Le labbra del playmaker non lasciarono un solo istante il suo viso e il suo collo, accarezzandogli il corpo ancora scosso dagli ultimi brividi di piacere con il proprio, in lunghi massaggi che dimostravano il livello di intimità che avevano raggiunto. “Come ti senti?” si sentì chiedere infine dal suo salvatore. “Mmm... purificato.” sorrise Mitsui, per la prima volta sereno e completamente appagato. “Allora... ti è piaciuto il mio allenamento intensivo?” scherzò il porcospino, stendendosi sul materasso e trascinandolo con sé. “Mi ci potrei abituare!” concesse la guardia dello Shohoku, sospirando soddisfatto sul suo petto solido. “Hisa...” mormorò Akira, continuando ad accarezzargli i capelli scuri. “Lo so, lo so... Anch'io credo di...” borbottò imbarazzato, nascondendo il viso sulla sua spalla. Dopo lunghi attimi di commosso silenzio, Sendoh lo strinse maggiormente a sé. “Ti va di provare insieme la vasca idromassaggio?” propose Sendoh, sorridendo finalmente felice. “Sei un pervertito!” sogghignò Hisashi, sollevandosi su un gomito per poterlo guardare in viso. “Fa parte del programma di allenamento!” si schernì con un'espressione talmente buffa, da costringere Mitsui a un moto d'ilarità incontrollabile. Era la prima volta che l'ex giocatore del Ryonan sentiva ridere il suo coinquilino e decise che ascoltare quel suono sarebbe diventato lo scopo della propria esistenza. “Allora andiamo?Per l'allenamento, ovviamente!” precisò Hisashi, prendendolo per mano, rabbrividendo di segreta aspettativa. Insieme si diressero in bagno, con una grande felicità nel cuore e una serenità appena ritrovata.
Dopo più di otto mesi, Kaede uscì all'alba per il suo vecchio allenamento mattutino. Era deluso, amareggiato per il comportamento infantile di quello che credeva essere il suo dolce compagno. In cuor suo, aveva sempre temuto quel momento. L'Hanamichi dolce e premuroso che aveva imparato ad amare, stava lentamente ma inesorabilmente cedendo il posto all'ex teppista pieno di boria e di sciocco orgoglio. Sentiva che era così. Non solo a causa delle sparate fatte con i suoi amici il pomeriggio precedente, ma soprattutto perché, una volta a casa, lo aveva tratto con molta freddezza e, giunti a letto, si era coricato immediatamente, rannicchiandosi su un fianco, dandogli volutamente le spalle. Si stava allontanando da lui. Dopo tanti giorni di amore e tenerezza... ... il suo dolce rossino non lo voleva. Nervoso e irritato, utilizzò la palestra privata per dare sfogo all'energia che l'ira aveva diffuso nel suo corpo. Dovevano parlare, loro due, ma non voleva che la sua rabbia lo accecasse. Per salvare l'unica ragione della sua vita, necessitava di tutto l'autocontrollo possibile.
Hanamichi fu molto sollevato scoprendo che Kaede era già uscito prima del suo risveglio. Non capiva cosa gli stesse accadendo... o forse sì? Si vergognava di guardare in faccia il suo compagno, ma la verità nuda e cruda era molto semplice: era un idiota. Amava Rukawa tantissimo, davvero. Aveva passato mesi e mesi a volergli tutto il bene del mondo... senza pensare al modo in cui, prima o poi, avrebbe dovuto farlo anche fisicamente. Lì. Prendere... lì il suo... Kami Sama, non gli era mai venuto in mente. Era vergognoso e umiliante. Hanamichi Sakuragi non poteva prenderlo... lì! Ne andava della propria reputazione, cavolo! Lui era il Tensai. Un solo e infreddolito Tensai, senza la sua volpaccia a fargli da coperta. Kaede lo aveva aiutato, sostenuto, protetto e amato infinitamente, eppure Hanamichi non riusciva a stare calmo, pensando a quello che la loro relazione lo avrebbe costretto a subire. Scegliere: perdere il grande amore o la sua dignità. Cosa doveva fare?
I due ragazzi riuscirono a evitarsi fino all'ora di pranzo. Quando si incontrarono, però, il rossino fu colto dall'ansia, che lo costrinse a reagire d'istinto. Tornò a ignorare la volpe, evitando accuratamente di guardarlo in viso, per non farlo insospettire. Ignorava che Rukawa avesse intuito il motivo del suo disagio e che, a quell'ennesima dimostrazione di sfiducia e puerilità, avesse iniziato ad irritarsi sul serio. Nel pomeriggio, si separarono nuovamente. Hanamichi uscì con Mito e il Guntai, mentre Rukawa optò per un allenamento extra allo Shohoku. Entrambi ignoravano che, per quanto sfuggissero l'uno all'altro, il destino aveva in serbo per loro tutt'altri piani.
“Ma tu guarda che cariniiii!!!” cantilenò Takamiya, osservando i due piccioncini non molto distanti da lui, seduti su una panchina. “Zitto, non li disturbare!” gli intimò Noma, assestandogli un cazzotto sulla testa. I tre ragazzi del Guntai, in compagnia di Hanamichi, stavano provando a fare due tiri al campetto di basket del parco pubblico, meta preferita dei ragazzi della prefettura. Era un posto tranquillo, equidistante dal centro, dalle zone abitate e dagli edifici scolastici, un punto strategico, insomma. Sakuragi rise all'ennesimo capitombolo di Takamiya. Non sapeva se rotolasse meglio lui o la sfera arancione. Stupito, si rese conto di non aver mai giocato insieme a loro e quando li aveva incontrati, poche ore prima, aveva pensato di supplire a quella mancanza. Anche per dare a Yohei e Kurumi un minimo di intimità... cosa difficile, se in compagnia di quegli impiccioni. La giovane coppia, dopo aver riso delle tragiche imprese sportive del Guntai, si concesse qualche istante di carezze e bisbigli imbarazzati. Ignari dello spettatore in piedi dietro un grande albero a pochi metri da loro, i due giovani avvicinarono i visi, dando origine a un delicato e dolcissimo bacio. Kaede, di ritorno dalla palestra, aveva pensato bene di tagliare per il parco, desideroso di tornare a casa il più presto possibile e affrontare il Do'hao a muso duro. Tutte quelle ore di fatica e sudore non avevano fatto altro che peggiorare il suo umore e, alla vista della sorellina tra le braccia di un ragazzo, perse completamente la ragione. Senza quasi rendersene conto, Mito si ritrovò scaraventato in terra e con un occhio nero, mentre la sua neofidanzata gridava spaventata. Accorsi a quelle grida, i quattro giovani impiegarono alcuni secondi per comprendere la situazione. Fu Sakuragi il primo a riprendersi. Alla vista di Rukawa pronto a scagliarsi nuovamente sul suo migliore amico, si affrettò a fermarlo, afferrandolo da dietro. “Ru! Calmati per Kami! Lo vuoi uccidere?!” tuonò sconcertato da quella assurda reazione. “Hn!La stava...!” ringhiò la volpe, divincolandosi furiosamente. “Kae? Io e Yohei stiamo insieme!” gli spiegò Kurumi, avvicinandosi al suo frastornato ragazzo. “Non mi piace!” mugugnò, riuscendo a riacquistare il controllo di sé, dopo un paio di respiri profondi. “Caspita, che furiaaa!” esclamò Takamiya, testimone di quella scena da Far West. “Mi dici che t'è preso? - sbottò il rossino, aiutando l'amico ad alzarsi in piedi – Cosa c'è di male se si frequentano?!” “Non mi piace. È un teppista!” ringhiò la volpe, stringendo nuovamente i pugni. “Non posso fare a botte con te, Rukawa.” gli fece notare Yohei, guardando prima lui e poi la sorella. “Baka Kitsune, anche picchiare la gente all'improvviso è un comportamento da teppista, o sbaglio?” sibilò il rosso, guardando malissimo il suo compagno. “Non ti immischiare. Tu non c'entri niente!” sbottò Kaede, nuovamente posseduto all'ira. “Che stai farneticando?! Si tratta del mio migliore amico e di Kumy che è come una sorella, per me!” esclamò Sakuragi, sempre più allibito. “Ma non lo è, Do'hao! Tu non fai parte della...!” sobbalzò, fermandosi comunque troppo tardi. “Non faccio parte della tua famiglia. - sibilò il rosso, usando lo stesso tono freddo e distaccato delle ultime ore – Hai ragione. Non faccio parte della tua, ma di quella di Yohei, sì!” dichiarò aiutando l'amico a tornare a casa, senza voltarsi indietro nemmeno una volta. “Hana... io...” provò il volpino, scosso dalla cattiveria appena pronunciata. “Stai alla larga da noi!” gli intimò Kurumi, seguendo il Guntai verso l'uscita del parco. Kaede rimase solo e mortificato, mentre il vento freddo ricominciò a spirare tra le chiome degli alberi, producendo un suono molto simile a un lamento disperato.
-FINE NONA PARTE-
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