DISCLAMER: I personaggi sono di T. Inoue. Alcuni, invece, li ho inventati io, ma non temete: la differenza, balza immediatamente agli occhi! -////-'
NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''
Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke. Kyosuke: il capofamiglia, inventore. Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice. Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino) Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^) Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro e sogna di diventare miliardaria. Kazuya: gemello di Kurumi, è il più sensibile dei fratelli. È innamorato di Hikaru. Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo) Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala)
Altri personaggi:
Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi. Aron Tsume: matricola dello Shohoku, è invaghito di Kurumi e odia Shane (Hiyoko=pulcino) Shane Sato: matricola, ala piccola/guardia. Adora Hanamichi (Kenaga=lunga coda) Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai
Strange Family II
capitolo VI
di Gojyina-chan
“STRONZO! TI ODIO, BASTARDO! TI ODIO!!!”
Gridando come un ossesso, Hisashi cercò per l'ennesima volta di fuggire dalla sua prigione.
La violenza che lo animava cresceva d'intensità col passare delle ore e Akira non sapeva più come fare per impedirgli di ferirsi i polsi e le caviglie legati.
Il porcospino era tornato in forma, grazie alle ore di sonno che si era potuto concedere.
Mitsui, infatti, era riuscito a riposare per quasi tutta la notte e durante i pochi istanti di veglia, si era chiuso in un mutismo assoluto.
Passava da stati d'angoscia a momenti d'inquietudine violenta, durante i quali urlava tutto il suo disprezzo per quello che considerava il proprio aguzzino.
Ma Sendoh non prestava ascolto alle parole che fuoriuscivano da quella bella bocca. Aveva giurato di salvarlo e lo avrebbe fatto a qualsiasi costo. Dimentico dei dubbi e dei rimorsi che lo avevano attanagliato solo la sera prima, andò in cucina a preparare qualcosa da mangiare.
Nessuno dei due toccava cibo da quasi tre giorni.
L'inappetenza di Hisashi era causata dall'astinenza, ma decise ugualmente di fare tentativo.
Tornò mezz'ora dopo con un piatto colmo di fette di pane bianco ricoperte di prosciutto cotto, trovando il proprio ospite chiuso in un imbronciato silenzio.
“Hisashi? - provò a chiamarlo avvicinandosi – Vuoi provare a mangiar qualcosa?”
“Va bene, sono affamato! - gli sorrise inaspettatamente – Sendoh io... Beh, grazie per tutto quello che stai facendo per me!” mormorò a disagio.
“Lo faccio volentieri, mi basta che tu stia bene!” esclamò compiaciuto, posandogli il piatto sulle gambe.
“Non so come... - iniziò, incerto, la guardia dello Shohoku, guardando prima il cibo e poi le proprie mani legate.
“Aspetta, ti slego!” rispose Akira liberandogli i polsi.
Nel momento in cui tutti i lacci furono sciolti, Mitsui lo colpì col piatto di ceramica, facendolo cadere in terra.
Sfruttando lo stato d'intontimento del proprio carceriere, riuscì a liberare una caviglia, tirandosi immediatamente in piedi.
“Brutto stronzo!” ringhiò Sendoh, riacquistando lucidità proprio nel momento in cui stavano per cedere anche gli ultimi lacci che ancora collegavano il tossicodipendente al letto.
Riuscì a intercettare Mitsui in soggiorno, a pochi metri dalla porta principale. Gli saltò addosso, facendolo ruzzolare in terra, tra le urla isteriche del ragazzo.
“Bel tentativo, tesoro! Scemo io che mi sono fidato!” sibilò, tenendogli le braccia dietro la schiena.
Lottarono ancora, ma alla fine il porcospino riuscì a legarlo nuovamente, ottenendo una serie di insulti irripetibili da parte di un Mitsui in preda a manie di persecuzione.
“Lasciami andare o ti denuncio per rapimento e sevizie!” lo minacciò il giovane, facendo appello alle sue ultime forze.
“Va bene, fai quel che ti pare, ma adesso stai calmo.” rispose Akira, per nulla impressionato.
Ripulì il pavimento e raccolse i cocci sparsi per la stanza, meditando tra sé. Era stato uno sciocco a fidarsi di lui, da quel momento in poi doveva stare in guardia.
Mitsui era furbo, ma Akira decise di esserlo ancora di più.
Sbuffando spazientito, Aron si trovò davanti alla porta chiusa della palestra. Sapeva di essere uscito di casa troppo presto, maledizione.
Ultimamente non gliene andava bene una.
“Ehi! Che ci fai già qui?” si sentì chiedere da Kurumi, con un sopracciglio alzato. “Meno male che sei arrivata! Non mi andava proprio di aspettare qua fuori come un cretino!” sorrise il ragazzo ossigenato, facendola passare.
Una volta aperto, i due si incamminarono a bordo campo, sedendosi sulla panchina preferita di Anzai.
“Veramente è una caso che sia arrivata a quest'ora. Ho appuntamento con Mito, dobbiamo preparare lo stand con alcuni nuovi... gadget su Hanamichi.- borbottò la ragazza, evasiva – Ehi, ma stai bene? Hai delle occhiaie!”
“Non so... non sono riuscito a dormire stanotte... “ sospirò Tsume, giocando con la cerniera del suo borsone.
Dopo diversi istanti, il giovane ruppe il silenzio, dando voce ai propri pensieri.
“Ho la sensazione di desiderare tutto, fuorché ciò che realmente voglio... Anche se non so che cosa sia, di preciso... Scusami, sto vaneggiando!” borbottò, arrossendo vistosamente.
“Ti sembrerà strano, ma ti capisco. Ok, io voglio il denaro e lo so. - ammise Kurumi - Però sono sicura che vorrei dell'altro... Qualcosa che non riesco nemmeno a immaginare, ma so che mi manca.”
Aron si sentì più sollevato, avendo trovato una persona che sembrava capirlo. Iniziava davvero a voler bene a quella ragazza.
Sapeva che non poteva essere come...
Trasalendo, si ritrovò a pensare a un altro suo conoscente dalla lunga chioma scura e l'atteggiamento distaccato.
“Si è fatto tardi. Cioè, è sempre presto, ma è un po' più tardi del presto di prima e.... Ok, vado a cambiarmi per l'allenamento!” balbettò incoerentemente, correndo a nascondersi nello spogliatoio.
Mito attese che il giocatore andasse a cambiarsi per fare la sua entrata in scena. Aveva portato il tavolino e le foto originali di Hanamichi, con tanto di listino prezzi e portafoto in argento e legno, da vendere separatamente, ovvio.
Mettendo a tacere quella voce che stava ruggendo dentro di sé, imponendogli di parlare a quella ragazza e pestare l'ossigenato, si fece notare dalla socia, aspettandola in cortile.
Aver appurato di persona quanto quei due andassero d'accordo era stato traumatico, ma doveva assolutamente farsi passare quella fissa per la bella Rukawa.
Non poteva innamorarsi di lei e non lo avrebbe fatto, promise Yohei, davanti alle foto del suo migliore amico.
All'ennesimo rimbalzo mancato, Tsume ebbe un moto di stizza, scagliando il pallone contro la parete più vicina.
Non aveva chiuso occhio tutta la notte, passata per lo più a rigirarsi nel letto senza trovare pace.
La sua mente era costellata di strani pensieri, immagini che si accavallavano tra loro insensatamente.
Aver parlato con Kurumi gli aveva fatto bene. Sarebbe potuta diventare una grande amica e...
Ecco, ci stava cascando di nuovo.
La manager non doveva essere una semplice amica. La voleva come ragazza per... diventare popolare.
D'improvviso, tutta la meschinità della situazione lo colpì con inaudita violenza. Era diventato davvero così superficiale?!
Probabilmente sì.
La nuova scuola, i compagni... le sfide sempre più difficili, sia in campo che fuori, lo avevano reso insicuro.
Alle medie era un asso, conosciuto e rispettato da tutti, ma al liceo Shohoku era solo un ragazzo come gli altri, messo in ombra dai suoi senpai.
Per poter far pace con la propria coscienza, doveva assolutamente parlare con Kurumi, anche a costo di rovinare quella che sarebbe potuta diventare una bellissima amicizia, le doveva almeno un brandello di sincerità.
Alla fine degli allenamenti dovevano incontrarsi al parchetto lì vicino, era l'occasione buona per redimersi ed espiare la sua colpa.
“Hn?Do'hao, che cazzo ti prende!” sibilò Kaede, rialzandosi da terra.
Sakuragi lo aveva appena stoppato, sbattendolo sul lucido parquet senza troppi complimenti. Anche la sera prima si era comportato stranamente. Lo guardava con una freddezza tale, da rendere addirittura irriconoscibili i suoi profondi occhi scuri, solitamente striati di dolcezza e affetto... almeno nei suoi confronti.
“Mi sei d'intralcio, Rukawa.” dichiarò Hanamichi, tornando in posizione.
Lo aveva chiamato col suo cognome. Ricordi che credeva dimenticati affollarono la mente del bel volpino, che venne colto da uno stato di agitazione che aumentò alla vista della Akagi, a bordo campo in compagnia delle manager.
Come in un film dell'orrore, vide il suo ragazzo avvicinarlesi, con un dolce sorriso e parlare piano con lei.
Non... poteva... essere...vero...
Ridevano e scherzavano come vecchi amici, di questo se ne rendeva conto, ma il terrore che aveva provato tempo prima, all'idea che quella ragazzina gli portasse via il suo Do'hao era una ferita ancora aperta.
Doveva assolutamente capire cosa fosse successo, su questo non c'erano dubbi, senza tuttavia esporsi troppo, dando ascolto al proprio orgoglio che gli gridava di fare attenzione, di non esporsi troppo, di non lasciar trapelare il totale bisogno di aveva di Hana.
Rukawa non sopportava l'idea di sentirsi vulnerabile e fragile, soprattutto davanti al proprio ragazzo.
Avrebbe sistemato la faccenda a modo suo.
Hanamichi tentò di calmarsi, facendo del profondi respiri. Erano talmente nervoso che aveva faticato persino a concentrarsi sull'allenamento poco concluso.
Non sapeva come comportarsi con Kaede, non aveva mai provato una sensazione così forte e distruttiva.
L'averlo sorpreso a guardare Sato era stato doloroso come una pugnalata al cuore.
Non gli aveva mai visto un'espressione così dolce sul volto...quantomeno, non rivolta ad altre persone che non fossero... lui.
Desiderava parlargliene al più presto, di quello era certo... ma non voleva mostrarsi ancora fragile di fronte alla Kitsune.
Rukawa apprezzava le persone forti e decise, se Hanamichi gli avesse mostrato anche le proprie insicurezze, probabilmente lo avrebbe perso per sempre e la sola idea lo gettava nella più cupa disperazione.
Parlare con Haruko, scherzando come ai vecchi tempi, era riuscito a rasserenarlo per pochi istanti... ma non bastava certo a farlo star bene.
Kaede gli era entrato nel sangue e l'importanza che il volpino ricopriva nella sua vita, lo terrorizzava.
“Hanamichi? - si sentì chiamare da Hiyoko – In allenamento ho fatto schifo. Facciamo due tiri al parco?” propose speranzoso. “Non devi uscire con Kumy?” domandò il rossino, un po' bruscamente.
“Sì ma... dice che non è un problema, vengono anche tua sorella e Kazuya... Non riuscirei a divertirmi se prima... Dai, hai capito! Il Campionato Invernale inizia a giorni...” borbottò Aron imbarazzato.
“Ok, ma che siano giusto due. Oggi non è giornata!” borbottò Sakuragi spazientito.
“Akira... AKIRA!!! - urlò Mitsui, in preda alle allucinazioni – IL SOFFITTO STA CADENDO!!!” “Hisa, ascoltami! Chiudi gli occhi!” lo pregò il porcospino, accarezzandogli la fronte calda.
“Mi schiaccerà!” gemette il ragazzo, spostando il viso per guardare il lampadario che si avvicinava sempre di più.
“Tesoro, no. Non è successo niente. Te l'ho già detto, cosa devi fare quando vedi qualcosa di strano?” gli chiese pazientemente il giovane dai capelli a punta.
“Devo...chiudere gli occhi... così sparisce tutto...” rispose piano l'altro, tentando di fare chiarezza nella sua mente confusa.
“Bravo! Adesso non guardare niente. Tra poco starai meglio, vedrai!”
In un moto di stizza, Mitsui si voltò dall'altra parte, allontanandosi da quel corpo solido e robusto.
“Kami, quanto ti detesto!Hai sempre la risposta pronta, eh? - sputò velenoso, lanciandogli uno sguardo carico di risentimento - È facile parlare, quando a soffrire sono gli altri!”
“Ti sbagli. - mormorò Akira, addolorato – Vederti così mi fa dannatamente male. Ma non so come alleviare il tuo dolore! E non dirmi di darti una pasticca o ti prendo a calci!” lo minacciò bruscamente.
“Non... Non la voglio, se questo è il prezzo che devo pagare!” ammise la guardia dello Shohoku, incredulo tanto quanto il proprio interlocutore.
“È la cosa più bella che potessi dirmi!” sorrise Sendoh, commosso.
“È che mi sembra di impazzire! Vedo cose orribili e anche se sono cosciente del fatto che non esistano, non riesco lo stesso a distinguere la realtà dalle allucinazioni...Per non parlare dei tremori e tutto il resto... Non ho pace!” sospirò Mitsui, stringendo i denti con forza, per evitare di lasciarsi sopraffare dallo sconforto.
“La troverai tesoro, ne sono sicuro. Devi solo tener duro ancora un po', ti prometto che andrà sempre meglio!” giurò il ragazzo dalla strana capigliatura, accarezzandogli una guancia.
“Mi sento morire!” gli confidò amaramente, troppo stanco e debilitato per dare ascolto al proprio orgoglio.
“Coraggio!” si limitò a dire Sendoh, impossibilitato a fare altro.
Cosa avrebbe potuto dire senza cadere nel banale?
Lui poi, che fino a poche settimane prima trovava 'tragico' non aver nessun ragazzo disponibile il sabato sera.
Che fosse fortunato, questo lo aveva sempre saputo, ma l'aver visto e vissuto in prima persona la sofferenza vera, lo aveva fatto sentire un privilegiato.
Era qualcosa di cui non aveva merito, ma era semplicemente frutto del caso.
Aver conosciuto Mitsui, aiutarlo, prendersi cura di qualcuno al di fuori di se stesso, lo stava cambiando nel profondo, permettendogli di diventare una persona migliore.
Aveva un grande debito di gratitudine nei confronti del ragazzo fiero e coraggioso che era steso sul suo letto.
Shane s'incamminò verso casa quando il cielo stava tingendosi lentamente del tramonto. Prese la strada del parco, per arrivare più in fretta e potersi chiudere in camera a star male.
Non capiva più niente, né se stesso né le persone che lo circondavano. Con un sospiro depresso, udì l'inconfondibile suono di un pallone che rimbalzava e voci familiari che interagivano tra loro.
Si ritrovò nascosto dietro un grande ciliegio a guardare Tsume e Sakuragi giocare in un campetto impolverato. Poco distanti da loro, seduti sul parto, c'erano la sorella del numero dieci e i gemelli Rukawa che li incitavano divertiti.
Strinse il pugno con forza, incapace di sopportare oltre lo scambio di sguardi tra La manager dai lunghi capelli scuri e la matricola ossigenata.
L'intensità di quei sentimenti lo spaventava, si sentiva fuori controllo, incapace di darsi un contegno e il rischio di fare qualche figuraccia davanti a tutti lo bloccava.
“Hn. Andrai avanti così ancora a lungo?”
La voce del senpai Rukawa, giunta d'improvviso alle sue spalle, lo fece trasalire violentemente, costringendolo a voltarsi di scatto, confuso e allarmato.
“Ah... io stavo... Non...” balbettò il giovane, a corto di idee. “Hn” mugugnò il volpino, sedendosi su una panchina lì vicino. In mano aveva un paio di lattine d'aranciata e, porgendogliene una, lo invitò tacitamente a prendere posto accanto a lui.
“Non stavo spiando il senpai Sakuragi!” si affrettò a dire, ben conoscendo il rapporto che legava i due. “Lo so. - lo interruppe subito Kaede, guardandolo dritto in faccia – È Tsume.”
Quando la matricola avvampò, capì di avere fatto centro.
“Non capisco cosa sia ma... Non l'ho mai sopportato, lo giuro! Ma da quando...” “...Lo hai visto con Kurumi, hai capito che le tue attenzioni per lui non erano poi così... bellicose.” concluse Rukawa, con lieve sorriso sul volto.
“Come fai a saperlo?!” chiese Shane, stupito da tanta perspicacia. “Hn. Mi ricordi... qualcuno che conosco.” rispose il senpai evasivo e quasi imbarazzato.
“Non capisco.” ammise la matricola, accigliandosi. “Io e Sakuragi. Le risse. La Akagi.” mugugnò il volpino a denti stretti.
“Oh. Non lo sapevo... Kami! Non posso credere che io... Con quel cretino, poi!Ma perché?! Come se l'omosessualità non fosse già abbastanza!” si lamentò Sato, con un sospiro tremulo “Hn” annuì il senpai, comprensivo.
“Mi sento così... così...” “Confuso, indeciso, solo e in balia degli eventi.” fu ancora la perfetta spiegazione di Rukawa.
“Mi leggi nel pensiero?! Sì... insomma, scoprirmi attratto da un ragazzo... da lui, poi! Mi sta facendo dubitare di me stesso. Credevo di conoscermi, invece...” ammise Shane, passandosi una mano sugli occhi. “La vita è paradossale.” ammise Rukawa, borbottando indispettito.
“Ho paura di non essere capace di gestire le conseguenze di tutto questo. Dannazione! Per mia scelta, sono sempre stato solo, mi sentivo al sicuro perché ero certo che non mi sarei mai potuto tradire. Adesso, però, mi sembra tutto così... stupido. Temo di aver perso tantissime esperienze meravigliose e uniche... Non so...” mormorò la matricola, dando finalmente sfogo alle sue ansie nascoste.
Non lo avrebbe mai creduto, ma Rukawa lo capiva perfettamente. Parlare con lui lo stava aiutando a fare chiarezza dentro di sé e si sentiva in grado di affrontare tutti i suoi problemi, analizzandoli finalmente con lucidità.
“Non sono... innamorato o altro... Provo un fortissimo fastidio all'idea che qualcuno si avvicini a Tsume... È divertente litigare con lui, se il nostro rapporto cambiasse, io... non so... Credo che ne sentirei la mancanza!” ammise controvoglia il ragazzo.
“Cambiano comunque, non puoi farci granché, ma non è sensato perdere tempo passando la vita a guardare quella altrui.”
Hanamichi si guardò attorno, conscio dell'assenza del compagno. Kaede si era allontanato per prendere da bere ma non era ancora tornato.
Preoccupato, si guardo attorno, dimenticando il suo one on one con il pulcino.
Quando scorse due chiome scure, tra i cespugli poco distanti dal campetto, si sentì morire. Fermandosi di colpo, sembrò quasi che anche il mondo attorno a lui si bloccasse, ingrigendosi impietosamente.
“ATTENTO HANA!”
Fu quella l'ultima cosa che udì, prima che una forte pallonata lo colpì alla testa, facendogli perdere conoscenza.
“Hn?!”
Udendo le voci spaventate dei fratelli, Kaede scattò i piedi, correndo subito verso di loro.
Nel momento in cui vide il suo Do'hao riverso al suolo con il volto coperto a metà di sangue, non capì più nulla.
Circondandogli le spalle con un braccio, tentò di farlo riprendere assestandogli un paio di schiaffi su una gota.
“Nonostante il sangue, il taglio non è profondo, ma ha preso una gran botta!” mormorò Sato, mentre osservava più da vicino il piccolo graffio tra i capelli del rossino.
“E tu che cazzo ne sai? Sei un medico?” gridò Aron, sfogando su di lui il proprio senso di colpa.
Muovendo piano gli occhi, Sakuragi riuscì a socchiuderli a fatica, riuscendo a mettere a fuoco l'immagine di se stesso e Rukawa intenti a litigare furiosamente.
Un momento. Che stava succedendo?!
“Ehi, piccolo! Tutto bene?” si sentì chiede dal volpino, col volto a pochi centimetri dal suo. “Ru?” sussurrò Hanamichi, confuso.
Se loro erano lì... quei due chi diamine erano?!
Kaede lo aiutò ad alzarsi, senza tuttavia lasciare la presa sulla sua vita e fu allora che Sakuragi li riconobbe.
Tsume e Sato.
“Sembrano...” mormorò il Do'hao, voltandosi stupito verso il suo volpino. “Lo so. - sbuffò questi, aumentando la stretta su di lui – Andiamo a casa. Devi disinfettare il taglio.” ordinò lapidario.
“Culetto d'oro! Che ti hanno fatto!” esclamò Kikyo-san, entrando come una furia in camera da letto.
“Sto bene signora! - le sorrise il giovane, adagiato sul materasso all'occidentale, con un piccolo cerotto all'attaccatura dei capelli – È una sciocchezza, davvero!”
“Non dire assurdità! I colpi in testa sono pericolosi! Kae, occupati di lui e non farlo addormentare per le prossime ventiquattro ore. Non possiamo correre il rischio che vada in coma, vero?” disse l'anziana, seriamente preoccupata.
“Ovvio.” dichiarò il volpino, seduto accanto al suo compagno.
“Kami che paura mi sono presa!Con tutto quel sangue...” mormorò Hikaru, abbracciando suo fratello di slancio. “Non fatene una tragedia. Il Tensai ha la testa dura!” rise il rosso, per stemperare la tensione.
“Dura e tra le nuvole! - lo sgridò la sorella - Mi dici a cosa stavi pensando?Ti sei fermato all'improvviso e...”
“No, a niente...” borbottò Hanamichi, imbarazzato.
L'aver distolto lo sguardo dal nipote più grande, non sfuggì a Kikyo, famosa per essere un'attenta osservatrice.
Anche Kaede sembrava nervoso e a disagio. Qualcosa non andava.
“Bene. Adesso lasciamolo riposare. Ci vediamo domani! - esclamò l'anziana, avvicinandosi al nipote - Vedi di tenerlo sveglio come farei io!”
“NONNA!” la sgridò Rukawa, sbattendo tutti fuori dalla dependance. “Mi sembrava strano che fosse passata solo per sapere come stavo!” sbuffò il rosso, con un mezzo sorriso.
Una volta rimasti soli, la volpe affrontò l'argomento che maggiormente gli stava a cuore.
“Mi dici che cazzo t'è preso?” sibilò contrariato, incrociando le braccia al petto. “Potrei farti la stessa domanda, Kitsune!” rispose l'altro, col medesimo tono astioso.
“Hn!” “Hm!”
“La Akagi!” “Kenaga!”
“Che c'entra Haruko?!” “Che c'entra il moccioso?!”
“È solo un'amica!” “È solo un... amico.”
“Tu non hai amici!” “Quella non ti considera un amico!”
“Sei geloso!” “Sei tu quello geloso!
“Baka!” “Do'hao!”
“Mi dai un bacio?” “Certo!”
Finita la loro... terribile litigata, rimasero stesi l'uno accanto all'altro, godendo del tepore reciproco dei loro corpi.
“Ieri lo hai guardato in un modo... Solo con me hai quell'espressione... Oggi al parco vi ho visti seduti vicini e...” “Non hai visto il pallone.” “Già!”
“Mi ricorda...Hn... L'anno scorso. Tu e la Akagi... Le nostre risse... La paura che ti portasse via da me...” gli confidò vergognandosi profondamente.
“Ru! Perché non me l'hai mai detto?! - lo sgridò il rosso, baciandogli la fronte – Mmm... Allora quei due... Kami! Sai che per un attimo li ho scambiati per noi? Eravamo terribili! Lo devo proprio fare un regalo al Gori!” sospirò Sakuragi, dispiaciuto.
“Hn” “Caspita! È stata la nostra prima litigata di coppia!” notò Hanamichi, illuminandosi in viso.
“Hn. Non mi pare ci sia di che stare allegri!” sbottò una volpe imbronciatissima. “Certo che sì! Adesso dobbiamo far pace!” sorrise il giovane ragazzo dalla chioma purpurea, con un'espressione scandalosamente maliziosa.
“Interessante!” ne convenne il volpino, iniziando le... trattative.
Akira gli rimboccò le coperte come meglio poté. Mitsui iniziava a dare qualche segno di miglioramento. I momenti in cui era cosciente si stavano prolungando ed era anche riuscito a mangiare qualcosa.
Le allucinazioni lo assillavano ancora, come anche gli sbalzi di temperatura, ma nel complesso sembrava reagire bene a quella disintossicazione forzata.
“Ho caldo... Non... ” Hisashi ansimò pesantemente, ricominciando a sudare.
Dopo avergli fatto bene un paio di integratori freschi di frigo, Sendoh gli passò il panno umido sul corpo seminudo, cosa che faceva sempre più spesso.
Sembrava l'unica cosa capace di dare sollievo a quel fisico martoriato.
“A...Akira... - lo chiamò l'altro, in preda a un forte tremore – Non ce la faccio più!”
“Sì che ce la farai! Sei bravissimo!” lo tranquillizzò come al solito, abbracciandolo con foga per poterlo scaldare e massaggiandogli schiena e braccia, riattivando la circolazione.
“A volte mi batte così forte il cuore che... ho paura che scoppi!” sospirò Hisashi, aggrappandosi alle sue spalle.
“Quello è perché mi ami!” scherzò il porcospino, riuscendo finalmente a farlo ridere.
Con una smorfia di dolore, Hisashi chiuse gli occhi qualche istante, cercando di attingere alle energie residue.
“Sei forte, Hisa. Non dubitarne mai più!” mormorò il playmaker, scostandogli dal viso un paio di ciocche umide.
Sentendolo agitarsi di nuovo, lo cullò delicatamente, tornando a passargli la pezza umida sul viso.
Ma quando Mitsui fu ridotto quasi in lacrime dalla forte erezione che svettava fieramente in mezzo alle sue gambe, Akira non seppe più che fare.
“Sto pagando per la mia vita dissoluta!” si lamentò il porcospino, cercando con tutte le sue forze di non cadere in tentazione.
“A... Akira mi fa... male!” pigolò l'ex teppista, in stato di semi incoscienza.
“Va bene, va bene! Kami non mi ama!” si lagnò Akira, prendendo in mano il pene incredibilmente duro del ragazzo, utilizzando però l'asciugamano umido.
Trovarsi tra le braccia un Mitsui ansimante e fremente, che cercava con tutte le sue forze di andare incontro alle sue dita, non aiutò per niente l'autocontrollo del povero Sendoh, che prese la solenne decisione di iscriversi a un corso di yoga per corrispondenza.
Il sesso eccitato di Hisashi, sottoposto alle attenzioni di quelle dita hentai, perse anche l'ultimo brandello di ritegno che gli era rimasto e si liberò sul panno che lo avvolgeva, mentre il resto del suo corpo gridava estasiato, per poi perdere conoscenza tra le braccia dell'ex asso del Ryonan.
“Ci mancava solo questa! - sospirò il porcospino, emotivamente distrutto – Prima o poi dovrai farti perdonare tutto, soprattutto questo, tesoro!” lo minacciò maliziosamente, ben sapendo che non poteva sentirlo.
Sarebbe andato tutto a posto, su questo Akira ne era certo. Hisashi sarebbe tornato più in forma che mai.
Si stava battendo bene e lui ne era fiero.
Le prime ore di astinenza erano state orribili, ma poi Mitsui aveva incominciato inconsciamente a lottare, riuscendo a migliorare rapidamente.
Sospirando piano, Akira gli augurò di poter almeno festeggiare il Natale insieme ai Rukawa. Sarebbe stato importante per lui essere di nuovo circondato da una famiglia, soprattutto in un momento così delicato.
Posando un delicato bacio sulla fronte di Mitsui, Sendoh chiuse gli occhi, concedendosi qualche minuto di riposo.
Distesi sul letto, occhi negli occhi, i due ragazzi rimasti in boxer continuavano a guardarsi, come se la mondo ci fossero stati soltanto loro.
Una mano curiosa di Sakuragi iniziò ad esplorare il petto e l'addome della sua silenziosa volpe, scendendo fino all'elastico indugiandovi attorno quel tanto che bastava per far mugolare contrariato il proprietario.
Kaede lo ripagò con la stessa, crudele, moneta e bene presto si ritrovarono a gemere senza pudore, mentre piccole gocce di sudore imperlavano i loro visi accaldati.
Impaziente, il rossino sfilò l'indumento del suo compagno che presto lo imitò, così da rimanere – per la prima volta al di fuori di uno spogliatoio - completamente nudi l'uno di fronte all'altro.
Hanamichi accarezzò quel sesso turgido, così simile eppure diverso al proprio, beandosi delle medesime carezze che riceveva.
Rukawa gli si avvicinò, colto dall'impellente desiderio di baciare quelle labbra peccaminose, mandando così a sbattere i loro peni, provocando in entrambi, una cascata di brividi incontrollabili.
Incuriosito e alla ricerca di tutto il piacere possibile, il rossino mosse i fianchi, strusciando i due sessi tessi.
“Mmm... Hana...” sospirò Kaede, accarezzandogli un gluteo sodo. “Lo so, Ru...” gemette di rimando.
Aumentarono il ritmo, massaggiandosi a vicenda, toccandosi le virilità o facendole giocare tra loro fino a che non si riversarono l'uno nella mano dell'altro.
Con la testa che girava e il respiro affannato, si abbracciarono ancora, estasiati dalla scoperta di quel piacevolissimo modo di darsi appagamento.
Sospirando soddisfatto, Hanamichi sfregò una guancia sudata sul petto del suo volpino.
“Stai bene?” gli chiese Kaede, insospettito dal suo prolungato silenzio. “Mi sento un po' in colpa... ho pensato malissimo di Shane... e di te.” ammise arrossendo.
“Hn. Quel ragazzino ti adora, anche se non capisco perché.” borbottò Rukawa, cercando rimane serio.
“EHI! Sei davvero insopportabile! - s'imbronciò il rosso, meditando vendetta – Harukina-cara non mi avrebbe mai trattato in questo modo!”
“Hn!” ringhiò il ragazzo dagli occhi azzurri.
“Colpito e affondato, Baka Kitsune!” rise Sakuragi, dandogli un pizzicotto sul braccio. “Non è divertente, Do'hao. Non è affatto divertente!” borbottò Kaede, partendo al contrattacco.
-FINE SESTA PARTE-
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