DISCLAMER: I personaggi sono di T. Inoue. Alcuni, invece, li ho inventati io, ma non temete: la differenza, balza immediatamente agli occhi! -////-'
NOTE: Riporto qui sotto un mini albero genealogico della famiglia Rukawa, quelli tra parentesi sono i soprannomi che ha dato loro Hanamichi.^^''
Kikyo-san: nonnina-hentai, madre di Kyosuke. Kyosuke: il capofamiglia, inventore. Katy: moglie di Kyosuke, pittrice e scultrice. Akira Sendoh: nato dal precedente matrimonio di Kyosuke (porcospino) Kaede: primogenito di Kyosuke e Katy (Kitsune=volpe ^^) Kurumi: gemella di Kazuya, ama solo il denaro e sogna di diventare miliardaria. Kazuya: gemello di Kurumi, è il più sensibile dei fratelli. È innamorato di Hikaru. Kanata: amante della lettura (Nezumi=topo) Kikyo: l'ultima arrivata in famiglia (koala)
Altri personaggi:
Hikaru Sakuragi: sorella minore di Hanamichi. Aron Tsume: matricola dello Shohoku, è invaghito di Kurumi e odia Shane (Hiyoko=pulcino) Shane Sato: matricola, ala piccola/guardia. Adora Hanamichi (Kenaga=lunga coda) Michael Kant: allenatore in seconda di Anzai
DEDICHE: A Ria, con tantissimi auguri di buon compleanno!!! Grazie per la tua pazienza, la tua gentilezza! AUGURI!!!^***^
Strange Family II
capitolo II
di Gojyina-chan
“Non è... possibile...” mormorò Hanamichi, rompendo il lungo momento di silenzio susseguito all'agghiacciante dichiarazione di Kazuya.
“Aspetta! Aspetta un attimo... Ne sei proprio sicuro?!” chiese Akira, afferrando il fratello per le braccia.
“Sì. L'ho visto parlare con... con il suo spacciatore, poi si è infilato un paio di buste in tasca e una... è caduta per terra. È quella che... che ho portato a casa.” ammise il giovane, chinando il capo.
“E HAI ASPETTATO QUATTRO MESI PER DIRCELO?” tuonò Sendoh, scrollandolo con forza, ormai privo di controllo.
Solo l'intervento di Kaede, impedì all'ex giocatore del Ryonan di colpire il fratello minore.
“Ehi, datti una calmata.” lo ammonì la volpe, socchiudendo gli occhi minacciosamente. “O-Oh! Il porcospino è a caccia!” sbottò Hanamichi con un mezzo sorriso, tentando di alleggerire la tensione.
“Non è come sembra! Cioè...È un compagno di squadra... - arrossì il senpai - Ah...Scusa Yayu... Non volevo... Io...” balbettò, lasciando immediatamente la presa, crollando poi su una sdraio in catatonico silenzio.
“Mi dispiace tanto. Non sapevo se e come dirvelo. Non so nemmeno se siano davvero sue. Non l'ho visto farsi, magari le ha comprate per qualcun altro, non lo so! Prima di accusare qualcuno, volevo esserne certo.” si giustificò il ragazzo, massaggiandosi le braccia indolenzite.
“Ru? Secondo te...?” sussurrò Sakuragi, cullando distrattamente la piccola Kikyo, incapace di completare la domanda.
Kaede lo fece accomodare su un lettino sedendosi poi al suo fianco, riflettendo silenziosamente.
Da mesi il senpai aveva un comportamento strano. Passava da momenti di grande euforia a stati depressivi improvvisi, durante i quali non spiccicava parola. Per non parlare poi dei suoi scatti d'ira immotivati, che avevano il potere di terrorizzare tutte le matricole della squadra e non solo.
Ad ogni cambio d'umore, spariva per giorni e giorni e quando tornava in palestra, nessuno sapeva con 'quale' Mitsui avrebbero avuto a che fare.
“Potrebbe essere una normale crisi adolescenziale – sentenziò Kanata, tornato in piscina vestito di tutto punto, senza essere notato da nessuno – Oppure...”
“Oppure?” volle sapere Akira, uscito dal suo stato di trance. “No. Sarebbero illazioni!” disse il bambino, scuotendo il capo.
“Spara!” sibilò il fratello maggiore, sull'orlo di una crisi isterica.
“Le anfetamine provocano una serie di effetti... – spiegò il bambino – Sapreste delucidarmi circa i comportamenti anomali del vostro amico?”
“Mmm... Aron era in camera con lui, durante il Campionato Nazionale e mi ha detto che Hisashi non ha mai praticamente dormito, soprattutto la sera prima di una partita. Credevo fosse solo tensione, ma...” sospirò Hanamichi, scuotendo il capo, incredulo.
“Hn. Non l'ho mai visto mangiare.” borbottò la volpe, corrucciandosi.
“Assenza di sonno e inappetenza! - esclamò il bimbo – Sintomi classici. Se aggiungete logorrea e senso di onnipotenza, il quadro è completo.” concluse incrociando le braccia al petto.
“Aspettate un attimo! - s'intromise Kazuya – Non puoi fare una diagnosi così, sulla base di... nulla! Caspita! Stavano partecipando alle Nazionali! Sarà stato teso, no? Non si può accusare una persona così, senza prove!”
“Vero, ma possiamo ragionare sulla base di indizi e comportamenti inspiegabili. - rispose Kanata – Ad esempio, l'uso di anfetamine comporta una serie di effetti collaterali, come ogni tipo di droga. Passata l'esaltazione, il soggetto piomba in uno stato di depressione, spossatezza e irritabilità che porta a scatti di vera e propria violenza. La mancanza di sonno e di cibo, portano all'isolamento e alla paranoia e danno al ragazzo un aspetto trasandato e allucinato. Tutto questo, costringe ad un aumento del dosaggio che può portare all'overdose e... alla morte.” disse il piccolo, imbarazzato per le brutte notizie che stava dando.
“Kami. È il ritratto spiccicato di Mitsui!” sbottò Hanamichi, scioccatamente incredulo.
“Domani cercherò di parlargli per... cercare di capire se... se davvero...” mormorò Akira alzandosi in piedi, condividendo con il rossino il medesimo stato d'animo.
Sdraiandosi sotto le coperte, accanto al corpo tiepido del suo Do'hao, Rukawa non poté impedire alla propria mente di ripensare al senpai e allo stato in cui si trovava suo fratello maggiore. Akira sembrava l'ombra di se stesso. Uscito dalla piscina, si era chiuso nel suo appartamento e non si era più fatto vivo, saltando la cena nonostante i tentativi di Hanamichi e Kazuya di farlo uscire.
“Ru? Stai pensando a Miccy, vero?” si sentì chiedere dalla voce assonnata del suo compagno. “Hn.”
“Mi sembra così assurdo. Non riesco a capacitarmene, è... Dannazione! È un nostro compagno di squadra! Come ho fatto a non capirlo? Lo vedo tutti i giorni, ma...”
“Ehi, non ti agitare. Non lo ha capito nessuno, tantomeno Akira, che sembra molto più... coinvolto di noi!” gli disse la volpe, accarezzandogli delicatamente i capelli purpurei.
“Già, il porcospino! Aveva una faccia...” “Hana, ne riparliamo domani, ok? Adesso riposati.” mormorò Kaede, dopo un ultimo bacio a fior di labbra.
Borbottando qualcosa di umanamente incomprensibile, Hanamichi chiuse gli occhi, addormentandosi immediatamente, seguito quasi subito dal suo compagno di squadra e di vita.
Al termine degli allenamenti, Akira varcò la soglia degli spogliatoi, teso e adombrato come mai gli era capitato prima. Voleva delle risposte, ma al tempo stesso temeva di sapere la verità.
Era un uomo, dannazione. Doveva affrontare i problemi, non fuggire via o, peggio ancora, fingere che non esistessero.
Aveva esitato fin troppo e la situazione sembrava essere degenerata.
La notte in bianco appena trascorsa, gli aveva finalmente permesso di dare un nome alla sua ossessione per Mitsui e non si sarebbe più tirato indietro.
Cercò con lo sguardo il compagno di squadra, trovandolo in campo, sulla linea dei tre punti.
La sua casa. L'unico luogo in cui sembrava essere se stesso.
Vivo. Perfetto. Preciso. Sublime.
Ma a quale prezzo?
Hisashi vide la longilinea sagoma di Akira Sendoh, avvicinarglisi a fine allenamento. Dalla faccia del compagno di squadra, non si prospettava nulla di buono.
“Posso parlarti un attimo?” si sentì chiedere da una voce talmente bassa, che non sembrava appartenere a quel volto sempre sereno e gioviale.
“Ok, andiamo fuori.” disse l'ex teppista, afferrando il suo borsone.
Non capiva cosa volesse da lui l'ex asso del Ryonan.
Negli ultimi mesi aveva sentito spesso il suo sguardo addosso, ma vi aveva prestato ben poca attenzione, dopotutto giocavano insieme da poco tempo, probabilmente Akira stava semplicemente imparando sia gli schemi della squadra che le caratteristiche dei suoi nuovi compagni.
Durante il Campionato Nazionale era capitato di scambiare qualche parola, ma sempre riguardante il Basket. Ma in quel momento, Hisashi ebbe la netta sensazione che la sfera arancione non avesse nulla a che fare con quella conversazione.
Sendoh si guardò la punta delle scarpe, indeciso sulla scelta delle parole da usare. Un attacco diretto avrebbe fatto chiudere a riccio il compagno di squadra che, per reazione, avrebbe contrattaccato impetuosamente.
Optò quindi per una tattica più costruttiva: tenersi sul vago, sperando di fare parlare Mitsui, alla disperata ricerca di una prova che allontanasse tutti i suoi dubbi.
Non poteva essere vero... Non DOVEVA esserlo.
“Negli ultimi tempi mi sei sembrato un po' nervoso.” esordì, guardandolo finalmente in viso. “Ah, beh... Sai com'è...Tra poco c'è l'Invernale...” rispose Hisashi, fissando la porta della palestra.
“Hisa, anche se noi due non abbiamo mai parlato molto... sappi che se hai bisogno, per qualunque cosa, io... Ecco... Io sono qui!”gli disse Akira, notando l'imbarazzo della guardia alla sua impacciata dichiarazione.
“Non ci sono problemi, davvero! È che... dopo la bocciatura ho lasciato la casa dei miei e mi sono trasferito da un amico, poi è ricominciata la scuola, i vari tornei, adesso l'Università da scegliere...Insomma: un vero casino! Ma appena passa 'sta cosa, andrà meglio, davvero!” gesticolò Mitsui, iniziando a sentirsi in trappola.
Il suo discorso sembrava filare a meraviglia, pensò Akira, sollevato.
Lui stesso si era sentito un po' sotto pressione e il fatto che il compagno di squadra gli avesse fatto un discorso così lungo – al posto delle solite quattro parole in croce - lo rincuorò, scacciando i suoi dubbi.
Hisashi stava bene, era ovvio. Stava davvero bene.
I due ragazzi si salutarono vicino al cancello della scuola e ognuno percorse la strada di casa.
Mitsui osservò la schiena di Akira allontanarsi sempre di più. Era rimasto stupito di quell'avvicinamento, non si aspettava di certo che un fuoriclasse del genere si accorgesse proprio di lui.
Ripensando al loro scambio di battute, si corrucciò infastidito. Forse gli aveva detto un po' troppo. Cosa gliene poteva fregare dei suoi spostamenti o del suo nuovo domicilio a uno così? Maledicendosi mentalmente, ritornò a casa, facendo una piccola sosta al parco.
Hanamichi entrò in cucina tenendo la piccola Kikyo, in versione koala, tra le braccia. La bimba, infatti, gli si era spalmata addosso, tenendo le manine sul viso e sui suoi capelli scarlatti e la boccuccia attaccata al suo zigomo ambrato nel vano tentativo di morderlo con le sole gengive.
Kaede e Akira, seduti comodamente al tavolo in legno massiccio, non li degnarono di un'occhiata, intenti com'erano a leggere le loro riviste di basket preferite.
Sakuragi non poté ignorarli, quando si accorse di ciò che stavano mangiucchiando innocentemente.
“Ehi! Quelli sono i ghiaccioli al latte di Kikyo! La piccolina sta mettendo i dentini e ha bisogno di qualcosa di fresco da mettere sulle gengive arrossate!” tuonò il numero dieci dello Shohoku, ricevendo in cambio una noncurante alzata di spalle da parte dei due fratelli.
“Sono buoni e avevamo fame.” si limitò a rispondere Sendoh, senza nemmeno alzare la testa dal giornale.
“...”
“...”
“...”
“È latte materno, cretini!”
SPUT!
I due ragazzi dai capelli neri, in perfetta sincronia, sputarono i gelati sul tavolo, mentre i volti assumevano un'inquietante colorazione verdognola.
“Fermi lì! Sciacquateli subito, mettetene uno nel freezer e l'altro datelo a me!” ordinò un ben poco magnanimo Hanamichi, bloccando la fuga ai due ragazzi.
“Fatto! Possiamo andare a vomitare, adesso?” implorò il porcospino, una volta adempiuto al suo compito.
“E sia! - concesse il rossino, sedendosi al tavolo al posto di Kaede, mentre i due fratelli correvano via, alla disperata ricerca di un bagno libero – Tieni Cucciola, è bello freddo, vero?” sorrise alla bimba che iniziò a succhiare il ghiacciolo con gli occhioni felici.
Stava preparando il tiramisù, quando due pallidi spettri arrancarono sino alle sedie sulle quali erano abbarbicati al momento dello shock dal quale non si sarebbero mai più ripresi.
“Dohaooooo!!! Che cazzo aspettavi a dircelo!?” sibilò un'emaciata volpe oramai divenuta albina.
“Così perderete il vizio di toccare le cose che non vi appartengono! - rispose Hanamichi, per nulla impietosito dalle pessime condizioni in cui versavano i due giocatori dello Shohoku – Cosa vi costava aspettare mezz'ora, dico io! Il tiramisù è pronto!” annunciò, posando il dolce sulla tavola.
“Hn...” mugugnò Kaede, nascondendo il viso tra le mani. “No, grazie. Non voglio vedere un derivato del latte per i prossimi dieci anni!” borbottò Akira, nauseato.
“Allora, con Mitsui? Gli hai parlato?” chiese il rossino, sedendosi accanto a Kaede.
“Tutto bene, per fortuna! - sorrise Akira riacquistando un po' di colore – Vive un periodo abbastanza stressante. Credo abbia litigato con i suoi, dato che si è trasferito a casa di un amico...” “Tetsuo!” azzardò Hanamichi, facendosi nuovamente abbracciare dalla piccola Kikyo.
“Il capellone che ha pestato Kae? Possibile.” borbottò il porcospino, stiracchiandosi pigramente. “Hn!” ringhiò il volpino, ricordando quel lontano giorno in palestra.
“Quindi è normale che sia teso, poverino!” concluse Sendoh, visibilmente sollevato. “Meno male!Però non capisco perché avesse in tasca quella roba...” mormorò Sakuragi, corrucciandosi.
“Per uno della banda, ovviamente!Non erano di certo sue!” dichiarò l'ex giocatore del Ryonan, con voce dura.
“Tanto meglio per tutti! - esclamò il rosso, sorridendo con malizia – Allora? Quand'è che ti farai avanti?” volle sapere, avvicinandosi al senpai.
“Non... cioè... Io... - balbettò il playmaker, arrossendo furiosamente – È complicato!” si schernì imbarazzato.
“Hn. Scemo.” fu il lapidario commento del fratello.
“MA SENTITELO!Parli proprio tu, che hai impiegato secoli per dichiararti! - tuonò Akira, sconcertato da tanta sfacciataggine – Ti ricordo che hai passato mesi a parlare col tuo...”
“ZITTO!” sobbalzò Kaede, col viso scarlatto.
“Con chi parlavi? Ti sei confidato con qualcuno?! Tu?!” sbottò il numero dieci dello Shohoku, incredulo e geloso.
Per sedare l'imminente litigio, la furba volpe si avventò sulle labbra carnose del suo ragazzo che subito contraccambiò con passionalità a quell'assalto imprevisto. Non sarebbe mai stato capace di parlargli di Eddy...
Il loro incontro amoroso, però, durò meno del previsto. Un nano-secondo dopo il loro bacio, il maglione grigio perla di Rukawa, fu macchiato dal rigurgito della sorellina, che s'agito contrariata tra le braccia di Hanamichi.
“HN!”
“Piccola! Deve essersi sentita schiacciata da noi due, vero tesoro?” sorrise il rossino, coccolando la bimba che prese a fare le fusa come un micino, felice e soddisfatta... mentre il fratello maggiore imprecava sottovoce.
Kikyo-san trotterellò in cucina e aprì il frigorifero, incurante del parentado circostante. Era felice e decisa a non farsi rovinare la giornata.
“Come mai tanto allegra?” le chiese il suo nipote più grande, che la guardava incuriosito.
“Oggi finalmente arriva la mia migliore amica! - annunciò l'anziana donna – Il camion dei traslochi è appena andato via, adesso vado a trovarla e poi la porto qui!”
“Allora preparo subito i biscotti al latte e al cioccolato, così ve li servo con il the. In un'oretta ce la dovrei fare!” esclamò il rossino, piazzando il mini-idrante umano tra le mani di una recalcitrante volpe per andare a recuperare uova, latte e farina.
“Sei il mio Culetto d'oro preferito!” sospirò Kikyo, guardando il didietro del ragazzo.
“Ehi!- tuonò Kaede, guardandola storto – EHI!” tuonò (di nuovo) all'indirizzo della piccola omonima di sua nonna, che gli aveva (di nuovo) imbrattato il maglione.
“Sei circondato, Kae. Rassegnati!” gli consigliò Akira, uscendo dalla stanza fischiettando allegramente.
“Hn!” borbottò contrariato, osservando la mini-Kikyo che guardava estasiata il SUO Do'hao che cucinava, mentre la grande-Kikyo bramava il SUO didietro.
Erano in troppi a dimenticare a chi appartenesse Hanamichi!
Sogghignando sotto i baffi, Sakuragi si voltò con la scusa di cercare lo zucchero e schioccò un dolce bacio sulle imbronciatissime labbra volpine.
Almeno LUI sapeva di chi fosse, pensò Kaede distendendo il viso di un paio di millimetri.
“Kanata? Schiaccia il naso al clown e vai a lavarti le mani, la merenda è pronta!” disse il numero dieci dello Shohoku, iniziando a tagliare il dolce.
Il bimbo uscì dall'anta e gattonò fino alla soglia della cucina, iniziando a prendere a pugni il muro.
“Nezumi? - lo chiamò il rossino, allibito – Il nasone è a destra, stai picchiando il quadro di tua madre!” lo avvertì, ridendo come un matto.
“Hm. Non mi è mai piaciuto!” arrossì il bambino che, dopo svariati tentativi, riuscì a centrare l'obiettivo.
Pochi istanti dopo, l'intera casa fu inondata da forti luci rosse a intermittenza.
Quando tutto il parentado fu riunito, Hanamichi distribuì loro il tiramisù e riprese in braccio Kikyo-chan che iniziò a giocare con i suoi capelli rossi, felice di stargli di nuovo vicino.
La piccola osservò incuriosita il dolce, sfiorando con le manine il piattino di ceramica. Sakuragi glielo fece assaggiare usando il suo cucchiaino, ridendo divertito quando gli occhietti chiari della bambina si illuminarono di goloso stupore non appena ebbe assaporato la crema al mascarpone e il cacao.
“Va bene, va bene! Te ne do ancora! Sei proprio una Rukawa, tu!” sorrise il rosso, imboccandola piano.
La piccola, non troppo soddisfatta di quei piccoli bocconi, afferrò interamente il pezzo di dolce e se lo portò alle labbra, sporcandosi tutta, sotto lo sguardo divertito del rossino.
“Hn. Do'hao! - sbuffò Kaede, corrucciato – Se l'è mangiato tutto!” lo rimproverò la volpe.
Hikaru sorrise intenerita, notando il comportamento del fratello maggiore di Kurumi. Nonostante fosse passato del tempo dal malore di Hana, il numero undici dello Shohoku controllava sempre quanto e cosa mangiasse il suo compagno; e quando lo sorprendeva a giocare col cibo o a nutrirsi poco, assumeva l'atteggiamento protettivo che la rossina stava ammirando proprio in quel preciso istante.
Hana oramai aveva al suo fianco un angelo custode, una persona con la quale affrontare gli ostacoli della vita.
Hikaru ne era davvero lieta, ben sapendo quanto avesse sofferto suo fratello in passato. Adesso non avrebbe più dovuto preoccuparsi per lui, poiché Kaede non sembrava assolutamente intenzionato ad abbandonarlo a se stesso.
Forse i suoi metodi erano un po' bruschi, ammise vedendo il corvino tirare un cazzotto in testa al fratello maggiore, ma per lo meno erano efficaci, dato che un recalcitrante Hanamichi si convinse a mangiare un altro pezzo di tiramisù.
“Foto in famiglia... Venderebbero un sacco!” borbottò Kurumi, distraendola dai propri pensieri.
“Ah, già! Non ho ancora detto nulla ad Hana...” borbottò la rossina, immaginando la reazione del fratellone.
Sarebbe bastato parlargli con calma e... No. Avrebbe lo stesso dato di matto.
Sospirando preoccupata, Hikaru iniziò seriamente a riflettere sulla situazione.
Riusciti a mettere a nanna il koala, Kaede poté godersi parte del pomeriggio steso sul divano avvinghiato al suo Do'hao che leggeva un libro, mentre con l'altra mano sfiorava distrattamente i suoi capelli corvini, ignaro dell'effetto ipnotico che quelle carezze avevano su di lui.
Strofinando piano la guancia candita su quel petto largo e caldo, la bella volpe si crogiolò nel tepore di quel pacifico bozzolo d'amore.
I suoi erano chiusi nei rispettivi studi, i fratelli nelle proprie camere, la nonna a casa della vicina.
Pace e quiete.
D'improvviso sentì il rumore della rivista che cadeva in terra e le braccia di Hanamichi che gli circondavano il corpo rilassato... cullandolo piano?!
“HN?!”
“Hai addosso il profumo della piccola!” sospirò il rossino intenerito, mentre un dolcissimo sorriso si disegnava sul suo bel volto abbronzato.
Profumo?! Solo un Do'hao poteva definire così la puzza di latte e omogeneizzato che ancora lo appestava, nonostante le tre docce da poco fatte.
'Se tenta di cambiarmi il pannolino, lo prendo a pugni!' pensò Kaede, corrucciandosi indispettito, poco prima di scivolare in un sonno profondo.
Si destarono con la strana sensazione d'essere osservati. Mugolando infastiditi, i due giocatori dello Shohoku si trovarono tre paia d'occhi puntati su di loro.
“Lo zombie è mio nipote Kaede, il bell'Adone sotto di lui è Culetto d'Oro. Te ne ho parlato prima!” esclamò Kikyo-san 'presentando' i due ragazzi a una vecchietta e una bambina di otto-dieci anni .
“Scusate l'intrusione! Sono Mayuka Odagi e questa è mia nipote Reika.” sorrise l'anziana donna minuta, dallo sguardo dolce e gentile, accomodandosi su una poltrona accanto al divano, seguita dalla bimba dai lunghi capelli biondi e gli occhi scuri come il cioccolato.
“Oh, Kami! Che figura! - sobbalzò il rossino, alzandosi di scattò, trascinando con sé un'insonnolita volpe per presentarsi educatamente – Mi chiamo Hanamichi Sakuragi, piacere di conoscervi!I biscotti sono pronti, vi preparo subito il the!” annunciò, correndo in cucina... trascinando con sé la narcolettica volpaccia.
“Avevo ragione o no?” sogghignò la nonnina-hentai, guardando compiaciuta la sua migliore amica, che si limitò ad annuire, ridendo divertita.
Un quarto d'ora dopo, la famiglia Rukawa era nuovamente riunita in salotto, più per mangiare i dolci fatti da Hanamichi, che per contribuire ai rapporti di buon vicinato, a dire il vero...
“Nezumi? Esci da lì dentro che abbiamo ospiti!” sbottò il rossino, entrato in cucina per posare la terza teglia oramai vuota e prenderne un'altra dal forno tiepido.
“Hm!” mugugnò il bimbo dall'armadietto.
“Poche storie!Vieni fuori!” ordinò il ragazzo, afferrandolo per la collottola.
“Dittatore!” si lamentò il piccolo, imbronciatissimo, tenendo tra le mani il suo ennesimo libro.
“Eccoci qua! - esclamò Sakuragi, sorridendo alle nuove arrivate – Lui è Kanata. Scusatelo, è molto timido! Fai il timido!” ringhiò al suo orecchio, obbligandolo a inchinarsi educatamente.
“Hm!”
Reika squadrò il ragazzino, che su per giù doveva avere la sua stessa età e solo allora notò il tomo che aveva in mano.
“Tsk! Quel libro l'ho letto che avevo quattro anni!” sogghignò saccente, sollevando un sopracciglio.
Punto sul vivo, Kanata le riservò la più gelida delle occhiate dei Rukawa.
“Io lo so a memoria e so leggerlo anche al contrario!” sbottò stizzito.
“Io so leggerlo in verticale e in obliquo, bendata!” rincarò la bambina, accigliandosi risentita.
“Io ho cinquemila libri, comprese edizioni rare e introvabili!”
“Io ne ho settemila! Mmm... Davvero sono a tiratura limitata?” chiese lei, incuriosita.
“Hm – annuì il topolino – Vieni che te li faccio vedere... se vuoi...” borbottò Kanata imbarazzato, salendo al piano superiore insieme a lei.
“Ha preso da me! - sentenziò Kikyo-san, orgogliosa del nipotino – Non come qualcuno di mia conoscenza...” bofonchiò fulminando con lo sguardo Kaede, seduto accanto al suo intonso ragazzo.
“Hn”
“Ehm... E...come vi siete conosciute?” domandò il rossino, più per sedare l'imminente rissa che per sincera curiosità.
“Per lavoro! - sorrise Mayuka dolcemente – Ho interpretato un film tratto da un libro di Kikyo e siamo diventate amiche!”
“Un film tratto da un libro di Kikyo-san?!” chiese Hanamichi confuso, portandosi la tazza di ceramica alle labbra.
“Esatto! Sai, facevo l'attrice porno!” disse lei, senza battere ciglio.
Sakuragi soffocò col the, sputandolo dal naso, mentre la volpe – miracolosamente sveglia- ponderava l'idea di una respirazione bocca a bocca.
“Non ve lo avevo detto?! Inizio a perdere colpi! - s'imbronciò Kikyo-san, voltandosi poi verso l'amica – È o non è un amore?” volle sapere, indicando il rossino cianotico.
“Un angioletto casto e puro. Avevi ragione tu!” sorrise, guardando Hanamichi con gli occhietti socchiusi e dolcissimi.
“Kae, datti una mossa o Hana è spacciato!” gli consigliò Akira, ridendo come un pazzo.
“Hn. Congiura. È una congiura!” borbottò Rukawa, abbracciando possessivamente un redivivo rossino.
Hanamichi riuscì a terminare i preparativi per la cena protetto amorevolmente da una furibonda volpe che aveva impedito l'accesso in cucina alla propria nonna-maniaca.
Certo, era stato costretto a portare la culla in cui – fortunatamente - dormiva il mini-idrante di casa, ma Kaede si poteva ritenere più che soddisfatto: una Kikyo su due era stata sconfitta.
Messa la teglia nel forno, Hanamichi si voltò verso il suo compagno, stravaccato su una sedia mezzo addormentato, esclamando un raggiante:”Finito!”
Udendo la sua voce, la piccola si destò cercandolo immediatamente con lo sguardo.
“Fame, amore?” chiese il rossino, prendendola prontamente tra le braccia. “Hn!” annuì Kaede, sollevando di poco le palpebre.
“Non dicevo a te! - rise Hanamichi, preparando il biberon – Certo che siete proprio uguali voi due: mangiate e dormite!Mmm... Basket a parte...” aggiunse poi, scuotendo il capo.
“Hn.” borbottò il numero undici dello Shohoku, sollevando il musetto per annusare l'aria – Parmigiana, Do'hao?”
“Altro che volpe! Sei un cane da tartufo, tu!” esclamò il rossino, sedendosi accanto a lui. “Mpf!” fece spallucce Kaede, sollevandosi su un gomito per guardarlo meglio.
Non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma adorava osservarlo mentre dava il biberon a Kikyo. Il suo Do'hao aveva uno sguardo così dolce e sereno...
... In quel momento, però, qualcosa non andava. Sembrava preoccupato. Si mordeva il labbro inferiore tenendo la testa bassa.
“Ehi?” lo chiamò Kaede, scrutandolo attentamente. “Niente, va tutto bene!” cercò di sorridere Hanamichi, per nulla convincente.
“Do'hao?” ringhiò il volpino, iniziando a irritarsi sul serio. “Ru, ma tu stai davvero bene... con me?” si sentì chiedere dalla voce incerta del bel rossino.
“Ovvio!” proclamò il corvino con durezza, accarezzandogli tuttavia delicatamente i capelli purpurei.
“Sicuro-sicuro? Perché sai... forse Kikyo-san ha ragione su di noi. Non è normale che noi non si... che non... Sai...quella cosa... Uffa!” sbuffò Sakuragi arrossendo miseramente.
“Ne avevamo già parlato, piccolo. Facciamo le cose con calma.” “Forse io... ho un po' timore. NON CHE IL TENSAI ABBIA PAURA, EH? - precisò con foga – Però, ora è tutto così... perfetto. Cambiando qualcosa, potremmo rovinare tutto... Non so...”
“Le cose cambiano comunque, Do'hao. Possiamo solo andare avanti, insieme.” gli fece notare Kaede, baciandogli una tempia.
“Sempre insieme?” volle sapere Hanamichi, pur conoscendo perfettamente la risposta. Giusto così, per farsi rassicurare e coccolare un altro po'.
“Sempre!” fu la puntuale e lapidaria risposta del suo burbero volpino.
“È pronto?” trillò Kikyo-san, entrando in cucina seguita dal resto della truppa.
“Hn!”
“...”
“...”
“...”
“...”
“Ru?”
“Hn?”
“Mi stai stritolando!”
“Hn!”
“Mio nipote adora il sesso estremo! Come me!”
“NONNA!”
Kaede annusò l'aria fresca del mattino. Lui e il Do'hao s'erano alzati di buon ora per poter fare qualche tiro in palestra, mentre Hikaru e i gemelli insegnavano lo stile a rana al piccolo Kanata.
Usciti dall'edificio in legno e pietra, si diressero nella dependance, mano nella mano.
“Per essere inverno, non fa tanto freddo, però!” sbuffò il rossino, imbronciandosi all'improvviso. “Hn?”
“Mi piace tanto giocare a palle di neve!”
Kaede si beò di quel sorriso fanciullesco, appena prima di corrucciarsi infastidito, udendo il rombo di una moto farsi sempre più chiassoso.
Vide Akira affacciarsi dalla finestra del suo soggiorno e guardare in lontananza, visibilmente contrariato.
Qualcosa lo spaventò a morte, tanto da sbiancare come un cencio, correre verso l'uscita e fare le scale dell'appartamento sul box a due alla volta, dirigendosi verso il cancello in ferro battuto.
“KAMI SAMA! -esclamò Hanamichi, correndo all'inseguimento del porcospino – SONO TETSUO E MICCY!”
Il gigantesco teppista scese dalla moto, portando con sé il suo delicato fardello. Alla vista di Sakuragi, si rilassò impercettibilmente.
Quel pazzo era l'unico che poteva aiutarlo.
Aiutarli. Entrambi. ...
Soprattutto... lui.
“Rosso!” lo chiamò, avvicinandosi alla cancellata che aveva iniziato a muoversi piano.
“Cosa...? Che cosa è...?!” balbettò Sendoh, senza riuscire a staccare gli occhi di dosso a un pallidissimo Hisashi, privo di sensi tra le braccia di quella montagna umana.
“Ho tentato di farlo ragionare, ma non ci sono riuscito. - si limitò a dire Tetsuo, parlando direttamente al rossino – Ti prego, aiutalo!” mormorò, con lo sguardo vitreo, unica prova tangibile della sofferenza che stava provando per la sorte del suo migliore amico.
“Vieni dentro, presto! - esclamò il rossino, senza perdere tempo – Dannazione! Non so come... Dove lo possiamo portare?” chiese all'improvviso al proprio ragazzo, colto dall'incertezza.
“Nel mio appartamento!” fu il lapidario, duro, ordine di Akira Sendoh, serio e deciso come nessuno, nemmeno suo fratello, aveva mai visto.
-FINE SECONDA PARTE-
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