DISCLAMER: I personaggi sono di T. Inoue. Alcuni, invece, li ho inventati io, ma non temete: la differenza, balza immediatamente agli occhi! -////-'

RINGRAZIAMENTI:Alla mia Super-Beta Lilyj, alla mia AMMORRA e a Midnight che aspettava il seguito con ansia. Spero di non averti deluso! ^__^'''

 

 

 

 

 


Strange Family

Parte VIII

di Gojyina-chan

 

Onde evitare l'ennesimo dissapore con sua sorella, Hanamichi avvertì Hikaru dei suoi allenamenti supplementari con Shiro-Michael, chiedendole di preparare la merenda per i Rukawa, vista la propria oggettiva impossibilità.

 

Inutile dire che la rossina ne fu piacevolmente stupita. Per la prima volta nella vita, il fratellone le aveva chiesto aiuto di sua spontanea volontà. Non aveva dovuto né costringerlo con la forza, né minacciarlo. L'aveva trattata come un'adulta e non come la sua sorellina delicata e bisognosa di protezione.

 

Tutto sommato, traslocare dai Rukawa si era rivelata un'ottima decisione, pensò lei, iniziando a preparare il tiramisù proprio come le aveva insegnato suo fratello.

 

Sentendosi osservata, Hikaru si voltò verso la porta della cucina, dove trovò Scalpello Scheggiato intento ad osservarla.

 

In silenzio l'indiano le si avvicinò, appoggiandole una  grande mano sulla fronte.

“Appena il peso del dolore si allevierà, la tua anima ricomincerà a cantare”

 

Detto ciò, lo sciamano tornò in soggiorno dove era atteso dai coniugi Rukawa.

 

Trattenendo a stento le lacrime, la piccola Sakuragi nascose la commozione, ricominciando a cucinare con mani tremanti.

 

 

 

“Piega di più le ginocchia!Più concentrato! Forza!”  gridò Kant battendo ritmicamente le mani.

Passandosi l'avambraccio sulla fronte sudata, Hanamichi ricominciò a tirare a canestro con maggior precisione.

 

“Non va, non va! Più energia! Hai diciassette anni, caspita! Dovresti sprizzare forza da tutti i pori!” esclamò l'allenatore in seconda.

 

Dall'altra parte del campo Hisashi si stava allenando con i pesi incurante del mondo che lo circondava, mentre i due fratelli Rukawa, impegnati in un one on one, lanciavano sporadiche occhiate al loro compagno di squadra.

 

Non avevano mai visto Sakuragi giocare con quell'attenzione, i suoi tiri erano precisi come non mai; certo era strano vederlo così affaticato, data la sua resistenza leggendaria, ma per il resto era davvero in perfetta forma.

I due fratelli si scambiarono uno sguardo preoccupato: il nuovo assistente di Anzai stava calcando un po' troppo la mano.

 

Come se avesse letto nella loro mente, Michael continuò a parlare.

 

“Lo so che hai nelle gambe un intero allenamento, ma questo è l'anno buono per vincere quel dannato Campionato Nazionale! Vuoi vivere nel rimpianto?” lo provocò ancora, sorridendo della sua reazione focosa.

 

“Mai! - ringhiò Hanamichi, tremando di rabbia – Mai!” ripeté quasi in trance, continuando a tirare.

 

Un'ora più tardi, Michael decretò la fine di quel primo allenamento supplementare.

 

“Sei stato molto bravo. In te rivedo non solo me stesso ma anche... - si interruppe scuotendo il capo –  Un mio caro amico, un vero campione, sai? Non si arrendeva mai e aveva sì un talento innato, ma grazie ad ore ed ore di estenuanti  allenamenti era riuscito a raggiungere anche un eccellente livello tecnico. Diceva sempre che non voleva lasciare l'esito di una partita al caso o alla Dea Bendata. Scendeva in campo con il preciso intento di vincere e novantanove volte su cento ci riusciva!” sorrise il biondo, perso nei suoi ricordi.

 

“Adesso dove gioca?” chiese Hanamichi riponendo il pallone nella cesta.

 

“Lui non... non c'è più... - mormorò l'uomo, chinando il capo per qualche istante -  Gli somigli davvero, in tantissimi aspetti. Non solo per il talento e la grinta...” s'interruppe, sospirando piano.

 

Sarà stata colpa del colore dei suoi capelli, ma quel giovane uomo gli ricordava il crepuscolo, l'ultimo bagliore di luce che caparbiamente lotta sino all'ultimo, contro l'incedere folle della notte scura. Non si piegava mai e usciva dal campo sempre a testa alta, incurante del risultato.

 

“Hai un istinto quasi animalesco, un intuito che ti permette di anticipare le mosse dell'avversario. Sei furbo, hai un'intelligenza tattica rara e acuta. Ti manca solo un po' d'esperienza e poi sarai davvero imbattibile! - ragionò Michael ad alta voce -  Pensando al presente, secondo me dovresti perdere un paio di chili, non di più. Riusciresti ad essere ancora più agile, senza però rinunciare né alla tua forza né alla massa muscolare” e con quell'ultimo consiglio, congedò il giovane numero dieci.

 

“Un paio di chili... Ok, mi basta eliminare i dolci” mormorò tra sé il rossino, incamminandosi verso gli spogliatoi.

 

“Che ne dici Kae? Andiamo anche noi?” propose Akira, riponendo il pallone.

“Hn” annuì la volpe, togliendosi la fascetta nera dal braccio, ponendo così fine al suo allenamento.

 

 

 

Poco prima di chiudersi la porta degli spogliatoi alle spalle, Sendoh posò lo sguardo su Mitsui, ancora caparbiamente in campo.

Strano.

Aveva sentito dire che il numero quattordici dello Shohoku aveva una scarsa resistenza, ma da quel che aveva appurato con i suoi stessi occhi, Hisashi aveva il fiato per ben cinque ore di allenamento intensivo.

Forse si era confuso con qualche altro giocatore eppure contro il suo Ryonan, l'anno precedente...

 

“Sbrigati” borbottò suo fratello, uscendo dalla doccia.

Akira ritornò coi piedi per terra e corse sotto la doccia, sorridendo degli sguardi famelici che Kaede rivolgeva al bel rossino.

 

Se il suo timidissimo fratellino fosse stato sveglio in amore come lo era in campo, avrebbe conquistato già da mesi il cuore di Hanamichi.

Kaede si limitava a guardare il suo compagno di squadra da lontano, ringhiando contro chiunque posasse lo sguardo o rivolgesse la parola a Sakuragi, senza fare nulla di più.

 

Di quel passo avrebbe avuto seri problemi d'ulcera o una denuncia per aggressione...

 

Ma in fondo, Akira sapeva fin troppo bene di essere l'ultima persona al mondo che poteva dispensare consigli amorosi.

 

Indossando i vestiti puliti, Sendoh rifletté sul fatto che, in quando fratello maggiore, era suo dovere aiutare quella Kitsune innamorata.

 

Mmm... Avrebbe potuto... Certo, rischiava la vita, però... si poteva fare...

 

Sorridendo divertito, uscì dalla palestra, recuperò Kurumi, l'aiutò a portare il suo pesantissimo borsone e si incamminò verso casa, insieme a Sakuragi e ai suoi fratellini.

 

 

 

Ad accogliere i ragazzi, fu un dolcissimo odore di cioccolato che permeava tutta la casa, dal giardino sino alla mansarda.

 

Kaede buttò per terra il borsone, ignorò persino la sua amata poltrona e si fiondò in cucina, dove Hikaru stava versando la cioccolata calda in dieci tazze in porcellana.

 

La rossina indietreggiò, spaventata dallo sguardo famelico con il quale la volpe osservava quel liquido scuro.

 

“Ehi Kitsune! Non traumatizzare mia sorella! - tuonò il rossino, andando ad abbracciare la sorellina – Sei stata davvero molto brava!  Dall'odore deve essere buonissimo! - si complimentò il ragazzo, mettendo via una tazza – Per me no, Hiki. Mi fa male un dente” mentì lui, dirigendosi in giardino per spazzare le foglie autunnali.

 

Quella menzogna, riuscì a distogliere Kaede dalle lusinghe del finissimo cioccolato fuso che tentava di ammaliarlo col suo dolce aroma, imprigionato all'interno di una larga tazza candida.

 

 

 

Prendendo la palla al balzo, Akira gli si avvicinò, dandogli una sonora pacca sulla spalla.

 

“Allora Kae, se per te non è un problema, io vado a provarci, ok?” mormorò con voce appena udibile, regalandogli un sorrise gentile.

 

“H...Hn?!” la volpe batté un paio di volte le palpebre, certo di aver capito male.

 

“Ma sì! Scusa, tu non sei interessato, no?” continuò Sendoh, guardandolo di sottecchi.

 

“Tsk! Figurati! Ero solo sorpreso, non credevo che ti piacessero i Do'hao” si adombrò Kaede, stritolando la tazza con le mani.

 

“Se l'idiota in questione ha un fisico come quello di Hana...” scherzò il fratellone, uscendo di casa fischiettando allegramente.

 

“Coppia... uguale... doppi guadagni!” mormorò Kurumi, illuminandosi d'immenso.

 

Mugugnando qualcosa di umanamente incomprensibile, Kaede si allontanò col suo cioccolato, accucciandosi, imbronciatissimo, sulla sua amata poltrona troppo a lungo dimenticata.

 

 

 

Kazuya si sciacquò la faccia, tentando di lavare via l'apatia che lo stava avviluppando da giorni. Deciso a conquistare Hikaru, si diresse con passo deciso in cucina, incrociando Akira mentre usciva di casa e udendo una frase di Kurumi che non comprese.

 

Salutando le ragazze, quasi andò a scontrarsi con Kaede che, scuro in volto, borbottava come una pentola di fagioli.

Il ragazzo posò gli occhi sulla bella rossina ma ciò che vide gli diede il definitivo colpo di grazia.

 

Hikaru stava seguendo con lo sguardo Sendoh, con un dolcissimo sorriso sulle labbra.

 

Era la fine.

Non poteva competere con nessuno dei suoi familiari e questa presa di coscienza lo abbatté completamente.

 

Senza dire una parola, salì in camera sua chiudendo la porta a chiave, desiderando solo di poter scomparire per sempre.

 

 

 

“Hana, vuoi una mano? Non ho nulla da fare, oggi!” gli chiese Akira, sorridendo.

“Ho finito, grazie lo stesso” borbottò il rossino, riponendo il rastrello.

“Ti vanno due tiri in palestra?” propose ancora il porcospino, dandogli una pacca sulla spalla.

“Certo!” esclamò Sakuragi, ritrovando la solita allegria.

Ultimamente non si sentiva molto bene: d'improvviso veniva colto da  perforanti mal di testa o da vampate di calore che lo facevano sudare copiosamente o, ancora, si eccitava di punto in bianco senza una giustificazione plausibile.

Doveva aver preso l'influenza.

Ma tutti quei sintomi anomali, scomparivano completamente quando giocava a Basket. Era quello sport la panacea per ogni suo male!

 

 

 

Rukawa non riusciva a prendere sonno, evento più unico che raro.

Si girava e rigirava sulla sua poltrona, insolitamente stretta, borbottando improperi irripetibili.

Sbuffando sonoramente, decise di andare in palestra, scaricando il nervosismo con un qualche canestro.

 

Il suo umore peggiorò drasticamente quando notò le luci accese dell'edificio dietro casa e raggiunse livelli pericolosamente critici appena gli giunsero all'orecchio le voci di Hanamichi e Sendoh che sembravano divertirti un mondo.

Avvicinandosi alla porta socchiusa, li vide seduti per terra, accanto alla cesta metallica stracolma di palloni.

 

Erano ancora ansimanti e sudati, segno che avevano smesso da molto poco di giocare.

Akira gli stava parlando di un certo passaggio, molto difficile da realizzare in partita, poi... sorrise.

Senza un motivo apparente, sulle labbra del fratello si dipinse un ghigno poco rassicurante.

Senza rendersene conto, Kaede si ritrovò a camminare sul lucido parquet, ma non riuscì a fermare Sendoh, quando questi si chinò sul viso arrossato di Sakuragi, sfiorando le sue labbra morbide con le proprie.

 

“Ma... che fai?! - sobbalzò Hanamichi, imbarazzato sia per quel bacio che per la presenza della volpe – Io... Io non sono...” balbettò alzandosi in piedi, subito imitato dal porcospino.

 

“Accidenti! Scusami Hana, credevo di sì...” mormorò Akira, dispiaciutissimo.

“Io... non sono... - ripeté il rossino evitando di guardare in viso il numero undici della sua squadra – Non sono...” continuò quasi in trance.

 

“Ehi, non è successo nulla di grave, Do'hao” sbottò Kaede, afferrandolo per le spalle.

 

I due ragazzi, si ritrovarono con i visi a pochi centimetri l'uno dall'altro. Le dita fresche di Kaede, si mossero di loro iniziativa lungo le braccia accaldate del rossino che posò lo sguardo palesemente imbarazzato e confuso, in quello della volpe.

 

Le mani del volpino lo stavano accarezzando con delicatezza, quasi fosse prezioso...

 

Hanamichi si scostò violentemente da lui, interrompendo quello strano momento.

Si era spaventato.

Dalla propria reazione, dallo sguardo quasi... famelico, di Rukawa, dallo strano comportamento di Sendoh.

 

Senza attendere oltre, corse via, sfidando l'aria fredda di quella sera di pieno autunno.

 

 

 

“Che cazzo credevi di fare?” sibilò il volpino, guardando duramente suo fratello.

“Darvi una svegliata!” sorrise Akira, con disarmante sincerità.

“Hn?!”

“Ti ho intravisto sulla soglia... Sapevo che non avresti resistito all'idea di me da solo con il dolce rossino...” scherzò ironicamente il porcospino, incamminandosi verso l'uscita.

“Bastardo” sibilò Rukawa infastidito dalla propria ingenuità.

“Tardo!” replicò il fratello maggiore, ridendo di gusto.

“E quella boiata del mettere il Do'hao al primo posto?” volle sapere il volpino, sempre più contrariato.

“Mica ho detto che te lo devi sposare o che siete anime gemelle! - sbottò il porcospino, divertito – Ti piace... lui non mi è parso del tutto indifferente...quantomeno non a te... Provaci! Sempre meglio che perdere tempo inutilmente, consumando tutta l'acqua fredda del pianeta!”

“Hn”

 

 

 

Hanamichi corse a perdifiato sino alla dependance, dove trovò rifugio nell'ampio bagno che condivideva con la sorellina.

Lì si sedette sul bordo della vasca idromassaggio, cercando di calmare i battiti del proprio cuore.

 

Che cavolo era preso a tutti?!

 

Akira che lo baciava, Kitsune che quasi lo consolava... e il suo sguardo...

Vi aveva letto desiderio e possesso... Ma era assurdo, lo sapeva bene...

 

Chi poteva volere uno come lui?

 

Prepotente, quello sciocco pensiero maturato durante la riabilitazione, si ripresentò in tutta la sua surreale fisicità.

Mentre l'assiduo rapporto epistolare con Haruko proseguiva con metodica precisione, Sakuragi, passato il primo momento di gaudio dovuto alle attenzioni che la ragazza mostrava nei suoi confronti, aveva via via decentrato la propria concentrazione spostandola dalla persona che gli scriveva alle informazioni che riceveva settimanalmente.

 

Alla fine, era giunto alla sconcertante conclusione che ad essergli mancato visceralmente durante il suo periodo di degenza in clinica, non era stata la sorella dell'ex-capitano, ma il Basket.

A voler essere puntigliosi, l'immenso amore che nutriva per quello sport, superiore rispetto a quella che si era rivelata l'ennesima cotta passeggera, si era palesato in tutto il suo primitivo ardore durante la partita contro il famoso Sannoh.

 

Questa però non poteva essere una notizia così sconvolgente, no?

 

La passione per il Basket, aveva surclassato l'artificioso affetto che si era imposto di provare per Haruko.

Imposto, sì.

Perché lui aveva passato ben tre anni della sua vita alla disperata ricerca di una figura materna per Hikaru.

Nulla di più.

E in questa spasmodica ricerca  di una madre perduta, aveva soffocato ciò che il proprio istinto tentava di urlargli con foga straziante.

 

Lui.

Un lui che non aveva inizialmente forma.

Un pensiero. Un desiderio.

Un'attrazione vaga, dai contorni incerti.

Una sagoma che a lungo andare aveva acquistato fisicità, fino a trasformarsi, ottenendo un'identità e una fisionomia ben definite.

 

Lui.

Un lui che aveva finalmente forma e colori.

Tratti somatici e una reale concretezza.

Una sagoma scura che correva in controluce, sfidando il sole nascente.

 

Si incontravano sempre lì, sulla spiaggia.

 

Hanamichi seduto sulla sabbia ancora fredda e l'altro che giungeva velocemente, indossando una leggera tuta blu scuro.

 

Quando il bel viso solitamente allegro del rossino, veniva tinto dei tristi colori dell'abbandono e della rinuncia, il ragazzo superficialmente dispettoso, gli mostrava con violenta spettacolarizzazione la maglietta della Nazionale Juniores che pareva creata apposta per lui.

 

Quel gesto all'apparenza insensibile e derisorio, aveva sempre avuto il potere di far ruggire l'orgoglio di Sakuragi che subito ricominciava la fisioterapia con rinnovato vigore e fiducia in se stesso.

 

Se era riuscito a riprendersi completamente e ritornare più forte di prima nel giro di un paio di mesi, era stato unicamente merito di quella creatura figlia del silenzio.

 

Rukawa.

 

Sentiva caldo... tanto... Stava soffocando...

 

Hanamichi scosse violentemente la testa, come a voler scacciare quella figura che nel corso dei mesi era diventata sempre più dominante.

 

Non poteva cedere...

Per tante ragioni.

Doveva garantire a Hikaru quella serenità familiare che avevano perso da anni.

Che lui, le aveva ignobilmente strappato.

Non doveva, non poteva...non voleva.

 

 

 

I giorni seguenti l'incidente in palestra, si susseguirono con relativa monotonia.

Come per un tacito accordo, i tre ragazzi non ripresero mai più l'argomento, riuscendo persino ad evitarsi sia a scuola che in palestra.

Hanamichi continuava l'allenamento supplementare con Michael, i due fratelli si esercitavano dall'altra parte del campo e Kurumi vendeva i suoi oggetti fuori dalla palestra proseguendo la sua muta sfida e tacita faida con Mito, a suon di occhiate glaciali e gestacci irripetibili.

A casa poi, Hikaru si occupava delle faccende domestiche, comprese merenda e cena, riscuotendo notevole successo tra i Rukawa. 

 

Il concorso di cosplayer si avvicinava e con esso il desiderio, da parte degli studenti che assistevano agli allenamenti di Basket con crescente partecipazione, di rivedere i loro beniamini in abiti stravaganti e di ammirare nuovamente il rossino in versione super-sexy.

 

 

 

“Fermati un attimo – mormorò Michael, osservando da vicino il viso del suo giocatore – Hana, sei sicuro di star bene? Sei pallido e mi sembri anche... non so... debole? Ti avevo consigliato solo un paio di chili, invece sei dimagrito troppo” constatò l'uomo, girando attorno al corpo sudato del numero dieci.

 

“Non ho fatto niente di speciale, ho solo eliminato i dolci” mormorò perplesso il ragazzo, non capendo lo sguardo preoccupato di cui era oggetto.

 

“Ne avrai persi almeno quattro... In meno di cinque giorni sono davvero molti e adesso il tuo fisico ne sta risentendo. Facciamo così, torna a casa e riposati un paio di giorni. Riprendi a mangiare normalmente e vediamo come va. Forse non ti ho dato un buon consiglio” aggiunse il biondo corrucciato.

 

“No! Aspe... aspetta! Mi vuoi sbattere fuori squadra?!” ansimò Hanamichi, agitatissimo.

 

La nota quasi isterica nella sua voce, attirò l'attenzione dei due fratelli poco distanti.

 

“Ma no! Ehi! Stai calmo! - esclamò l'allenatore in seconda, sollevando le mani come ad arginare quella reazione eccessivamente impetuosa – Vorrei farti solo riposare un paio di giorni, giusto per ricaricarti, tutto qui!”

 

“Do'hao” sbuffò Kaede, più per abitudine che per altro. Effettivamente quella reazione non se l'aspettava nemmeno lui.

 

Magari che desse in escandescenza uscendo dalla palestra sbattendo la porta, quello sì. Ma non quell'espressione terrorizzata, il corpo sudato e scosso da un'incontrollabile tremore.

 

“Ehi, torniamo a casa” mugugnò appoggiando una mano sulla spalla del rossino, sospingendolo verso gli spogliatoi.

 

A quel contatto Sakuragi trattenne a stento un grido, scostandogli il braccio come fosse stato infuocato.

 

Si guardò attorno spaesato e corse via, chiudendosi nella cabina doccia senza nemmeno prendersi la briga di denudarsi.

 

I due fratelli si scambiarono un significativo sguardo preoccupato e raggiunsero il compagno di squadra, facendo attenzione a non stargli troppo vicino.

 

 

 

“Senti Kae – esordì Akira, uscendo dalla sauna, quella sera  – lo strano comportamento di Hana non potrebbe dipendere da quella roba che gli ha dato Kurumi? Quel coso... come si chiama? Biby... Niny...”

 

“L'Ini-biny?Hn, potrebbe anche essere” borbottò il volpino, asciugandosi le braccia nivee.

 

“L'effetto di quella roba non dovrebbe essere già finito? Sono passate più di due settimane” rifletté Sendoh, aggiustandosi i capelli allo specchio.

 

“Hn”

 

“Cosa possiamo fare? Non mangia quasi più... Se Kant non lo avesse notato oggi, io nemmeno me ne sarei accorto... A pensarci bene, mi hai sempre detto che Hana mangiava come una fogna... Ma da quando sono qui, l'ho sempre visto sbocconcellare il cibo...” mormorò il ragazzo più grande, voltandosi a guardarlo in viso.

 

“Hn” mugugnò il volpino, pensierosamente.

 

Era vero. Da quando si era trasferito a casa loro, non aveva mai più visto il Do'hao abbuffarsi come faceva all'ora di pranzo a scuola. A poco a poco aveva iniziato a mangiare sempre di meno... Certo, doveva essere un effetto collaterale dell'invenzione del padre, ma Kaede non ne era del tutto convinto. L'inappetenza del rossino era iniziata prima dell'Ini-biny, ne era certo.

 

“Ok, controlliamolo nei prossimi giorni, al massimo c'è Scalpello Scheggiato a cui chiedere aiuto, no? - sorrise Akira, nel tentativo di rassicurarlo – Caspita! Ma domani c'è la gara di cosplayer! Devo andare a recuperare gli occhiali di Hakkai, non ricordo dove li ho messi!” esclamò, rivestendosi in fretta.

 

Kaede sbuffò avvilito.

Suo fratello era il disordine in persona, lo aveva capito dalla loro forzata convivenza degli ultimi giorni.

Un vero flagello.

 

 

 

“Ci siete tutti?Bene! - tuonò Ayako su di giri – Adesso c'è la fiera del fumetto, tra quattro ore comincerà il concorso. Ci hanno assegnato un camerino molto spazioso, propongo di pranzare lì e dopo vi vestirete, girando tra gli stand, giusto per farvi notare agli occhi dei giurati, ok?”

 

Senza attendere la risposta, l'energica manager, brandendo il suo gigantesco ventaglio, guidò il gruppetto di ragazzi sino al luogo assegnatogli.

 

Qui li fece accomodare e chiuse la porta, osservando i suoi uomini.

 

I quattro protagonisti erano presenti, un po' accigliati o mesti, ma almeno si erano presentati puntualmente davanti alla scuola, luogo dell'appuntamento, evitandole la fatica di andare a recuperarli casa per casa.

 

Kurumi e Hikaru, insieme ad Haruko e alle sue inseparabili amiche, si erano offerte di darle una mano con il trucco e il vestiario dei ragazzi.

 

Perfetto.

Con il loro apporto avrebbe sistemato quei quattro scapestrati in breve tempo.

 

“E' mezzogiorno in punto, si mangia! Rifocillatevi per bene, perché fino a stasera non toccherete più cibo... Guai a voi se mi sporcate i costumi!” aggiunse minacciosamente.

 

Con un gran sorriso, Kurumi distribuì i cestini del pranzo.

 

“Come mai quelli delle ragazze sono così piccoli e i nostri invece hanno dimensioni titaniche? - domandò Miyagi, corrucciandosi -  Non vorrei che la mia Ayakuccia mi deperisse!”

 

Una potente sventagliata lo colpì sulla nuca, tramortendolo.

 

“Non perdere tempo in frivolezze! Noi possiamo mangiare quando ci pare, voi no! Ora sbrigatevi che i tempi di preparazione saranno lunghi. Iniziate già ad immedesimarvi nella parte! Forza! Più tardi arriverà il resto della squadra e mezza scuola apposta per noi! Non fatemi fare figuracce o vi scortico vivi! Un'ultima cosa, ringraziate la famiglia Rukawa. Il pranzo lo hanno preparato loro!”

 

Così dicendo, la bella manager si sedette accanto alla rossina, iniziando a mangiare il suo sushi.

 

“Ma... - Ryota guardò allibito il cibo che aveva sotto agli occhi -  Cos'è sta roba?” sussurrò per non farsi sentire dall'amata, rivolgendosi direttamente a Sendoh che per poco non scoppiò a ridergli in faccia.

 

“Questa è opera della nonna! Ehi, Kae? Uffa, non dormirmi sulla spalla che sbavi! E che schifo!” si lamentò il ragazzo, riuscendo a svegliare il fratellino.

 

“Hn... Sniff, sniff... Tortillas... – sbadigliò il volpino, prima di sobbalzare voltandosi di scatto verso Hanamichi, a meno di mezzo metro da lui – Nonna-hentai!” sibilò adirato.

 

Cercando di tenere a bada Eddy, Kaede guardò quasi intenerito l'espressione scioccatamente perplessa di Sakuragi che osservava con aria innocente quei piccoli involtini, delle dimensioni di un vibratore, ripieni di carne, panna acida, guacamole e altri ingredienti non meglio identificati.

 

Ogni sentimentalismo fu immediatamente bandito dal suo animo nel momento esatto in cui vide il rossino prendere in mano una delle sei tortilla che spettavano a ciascun ragazzo, portarsela alle labbra e passare la punta della lingua rosso scuro sulla sua punta calda, dalla quale fuoriuscirono svariate gocce di panna.

 

Iniziò a mordere piano l'involtino. A ogni boccone il liquido denso scivolava lungo le sue dita ambrate, imbrattandolo di crema candida.

 

Kaede si ritrovò a sbavare senza controllo, passandosi ripetutamente la lingua sulle labbra riarse.

Cercando di scaricare la tensione, divorò il proprio pranzo in un baleno, senza riuscire a togliere gli occhi di dosso dal compagno di squadra, beandosi di quella visione altamente erotica.

 

Purtroppo per lui, quella scena così eccitante fu interrotta all'attore principale, che  allontanò dalle labbra carnose il secondo involtino mangiato solo a metà.

 

“Do...Do'hao, finisci il pranzo” gracchiò la volpe, passandosi un braccio sulla fronte sudata.

“Kitsune, da quando ti interessi di me?” s'imbronciò il ragazzo, inclinando la testa di lato per guardarlo meglio in viso.

 

Aveva le gote arrossate e gli occhi lucidi, un angolo della bocca era macchiato da una dispettosa gocciolina di panna.

 

Rukawa desiderò asportarle con la lingua e...

 

Respira, Kaede, respira!

 

“Da... Hn...”

“Abbiamo lo spettacolo, Hana! - venne in suo aiuto Akira, dando una comprensiva pacca sulla spalla del suo sfortunato fratellino – Almeno mangiane la metà, suvvia! Il Tensai non riesce a divorare tre misere Tortillas?” lo provocò volutamente, ottenendo l'effetto desiderato.

 

“Certo! Che domande fai! Io sono il Tensai dei cibi messicani, che ti credi? Solo che... sono davvero enormi!” constatò con assoluto candore il bel rossino, provocando un basso lamento da parte di una certa volpe sofferente.

 

“Ooohhhh!!! Quante storie! - sbottò il capitano esasperato – Ficcatelo tutto in bocca e ingoia!” gli ordinò il capitano, inconsapevole dell'effetto devastante che la sua innocente frase aveva procurato al già martoriato sistema nervoso del volpino.

 

Kaede si accasciò sulla spalla del fratello guaendo di dolore.

 

“Cos'hai? Stai male? Entri in scena lo stesso sai?” lo minacciò Ayako, scattando in piedi come una molla.

 

“Tranquilla, sta bene... credo...” la rassicurò Akira, sorridendole divertito.

 

 

 

Finito di mangiare, i quattro ragazzi si sedettero sulle poltroncine imbottite, di fronte ad un enorme specchio perfettamente illuminato.

 

Kurumi truccò Kaede, Hikaru si occupò di suo fratello, le due amiche di Haruko prepararono Sendoh – non senza rossori e sorrisini imbarazzati - e le due manager dai capelli castani si presero cura di Miyagi con grande gioia di quest'ultimo, che così poteva guardare da vicino il viso della sua Ayakuccia love-love.

 

Cerone, fondotinta e cipria. Ombretto, matita nera e mascara. Retina per fissare i capelli in modo che non fuoriuscissero da sotto le parrucche, eccetto Akira che avrebbe utilizzato i suoi... Ammesso che si riuscissero a tirar giù...

 

Una volta truccati di tutto punto, i ragazzi si chiusero a turno nel piccolo bagno adiacente, indossando gli abiti di scena, mentre le fanciulle preparavano tutti gli oggetti riprodotti fedelmente dalla mamma dei Rukawa, che aveva fatto un lavoro davvero eccelso. Cinture, fasce, borchie, in tutto e per tutto fedeli al manga originale.

 

Terminata anche la fase della vestizione, i giocatori si infilarono le proprie parrucche facendosele sistemare dalle compagne di scuola.

 

Un'altra manciata di minuti per gli ultimi ritocchi e il gruppo di Sanzo fu pronto per entrare in scena.

 

“Le mie creature! -  sospirò Ayako, con le lacrime agli occhi – Ok, massa di lavativi!Ora vi voglio fuori di qui! Datevi da fare, mettetevi in mostra il più possibile e soprattuto: ENTRATE NELLA PARTE, CHIARO!?” tuonò la ragazza, cacciando in mano  l'harisen e la pistola giocattolo a Sanzo, gli occhialini a un sorridente Hakkai e le armi a Gojyo e a Goku.

 

All'ultimo secondo, infilò nella bocca di Hanamichi e di Rukawa una sigaretta si plastica, spalancò la porta e affidò le sue 'creature' alla Vita.

 

 

-FINE OTTAVA PARTE-