DISCLAMER: I personaggi sono di T. Inoue.
Alcuni, invece, li ho inventati io, ma non temete: la differenza, balza
immediatamente agli occhi! -////-' DEDICHE: Interamente dedicata a SaraNeikos. Buon Compleanno!!!^^
Strange Family Parte
VI di
Gojyina-chan Dopo l'arrivo delle SakuraGirls, l'allenamento
terminò prima a causa della rissa tra le fans del rossino e quelle della
volpe. Volarono pon-pon, ciocche di capelli, insulti
irripetibili e qualche unghia posticcia, il tutto sotto gli occhi dei
giocatori basiti. “Kami! - esclamò Akira passeggiando per le vie
della prefettura insieme ai familiari - Non mi sono mai divertito tanto in
vita mia! Ma come cavolo fai a non ridere!?” sbottò, ancora con le lacrime
agli occhi, guardando sconcertato suo
fratello. “Hn” “Sei senza speranza! - sospirò il porcospino,
sorridendo – Kumy, vuoi una mano con quella sacca? Te la porto io, sembra
così pesante!” disse rivolgendosi poi alla sorellina. “No, no! Ce la faccio grazie. E' il prezzo del
successo!” gongolò sibillina, guardando Hanamichi con possessività. Immettendosi nella strada centrale, Hanamichi
notò in un vicolo un paio di sagome familiari, nascoste tra la folla che
popolava marciapiedi e negozi. “Ma quello non è Mitsui?” mormorò il rossino,
soffiando adagio sull'orecchio della volpe. “H...Hn?” lui, dai capelli d'ebano e
l'eccitazione dolorante, spostò lo sguardo alla ricerca di una qualsiasi
distrazione. Tetsuo in lontananza, scorse la capigliatura
inconfondibile di Sakuragi e sbiancò. Dopo aver mormorato un paio di frasi all'amico,
si eclissò seguito dalla sua banda. Accendendosi una sigaretta, la guardia dello
Shohoku si limitò ad aspettare i suoi compagni che lo stavano raggiungendo a
passo svelto. “Abbiamo pensato che fossi in vacanza. Come mai
stai saltando gli allenamenti?” chiese Hanamichi, corrucciato. “Fatti i cazzi tuoi! Avevo da fare!” sputò il
Sempai, evitando di guardarlo in faccia. “Se manca un titolare nella mia squadra, è un
problema anche mio!” gli disse incrociando le braccia. “Già. Il Basket. Esiste solo quello, vero? -
ringhiò Hisashi, gettando lontano il mozzicone di sigaretta – Non ti preoccupare, domani torno così faccio
numero, ok?” sibilò allontanandosi. “Hisa... Ma che...?!” mormorò il rossino,
guardando sconcertato Sendoh e Rukawa. “Andate all'inferno!” urlò Mitsui, scappando via
lungo il vicolo scuro. “Cosa gli è preso?!” domandò Sakuragi, sempre
più confuso. “Hn” mugugnò Kaede, liquidando l'argomento con
un'alzata le spalle. Mentre il gruppetto di adolescenti si
incamminava nuovamente verso casa, Akira si concesse ancora un paio di
istanti per voltarsi e scrutare pensieroso il vicolo in cui era scappato
Mitsui. Aveva scorto nel suo guardo amarezza e
disperazione, soffocate in quelle pupille dilatate. Occhi arrossati, mani tremanti... No. Doveva
essersi sbagliato. Richiamato dalla sorellina, Sendoh raggiunse in
poche falcate i suoi familiare, accantonando le strane congetture che la sua
mente aveva iniziato a tessere. “Hana-pucci! - trillò Katy, accogliendo i
ragazzi sorridente – Dobbiamo terminare il quadro!” gli ricordò,
strascinandolo al piano superiore. La bella signora, con indosso uno dei suoi
soliti ampi vestiti scuri, aveva una fretta del diavolo. Si era messa in
testa di terminare quel dipinto il prima possibile e non c'era verso di
fermarla. Sakuragi si lasciò condurre in mansarda, le
aveva giurato di farle da modello e la parola del Tensai era sacra. “Ho promesso di essere suo fino a domani!” disse
il ragazzo a mo' di scuse alla sorellina che lo guardava stupito. “Promettilo anche a me!” sospirò la
nonnina-hentai, ammirando il sederino sodo del bell'adone. Hanamichi le lanciò un'occhiata tra il malizioso
e il faceto, mandandole un bacio mentre iniziava a salire le scale,
trascinato quasi di peso. Mentre Akira e Kaede tentavano di rianimare la
nonna, Kurumi corse in camera a prendere la macchina fotografica. Li avrebbe triplicati quei prezzi, altroché! “Hana è ancora su da tua madre? - domandò Akira,
entrando in salotto – Ho una fame allucinante!” “Hn - brontolò la volpe alzando la testa dal
bracciolo della poltrona – Andiamo a chiamare il Do'hao” sentenziò alzandosi
in piedi. Velocemente, salirono le scale e bussarono alla
porta dello studio. “Avanti!” disse loro una familiare voce
femminile e i ragazzi ubbidirono. “Kami Sama!” ansimò Sendoh, strabuzzando gli
occhi. Su un lenzuolo di seta color perla,
sapientemente piegato in modo tale da assumere la forma di una rosa, Hanamichi se ne stava pigramente sdraiato.
Il suo corpo era coperto solo da qualche petalo di rosa e nulla di più. “Saltagli addosso!” urlò la seconda testa della
volpe, sollevatasi per assistere meglio allo spettacolo. “Hn!” ringhiò Kaede, stringendo le gambe e
tappandosi al tempo stesso il naso, per evitare inondamenti da più parti del
corpo. “Respira, Akira, respira!” sentì mormorare il
porcospino alle sue spalle. “Cosa volete?” domandò Hanamichi, sollevandosi
su un gomito. “Mangiarti...MANGIARE! - si corresse Rukawa,
arrossendo penosamente – Cibo, Do'hao! Abbiamo fame!” “Ops! Non mi ero accorto che fosse così tardi...
Signora, io dovrei...” mormorò il rossino, combattuto. “Ho terminato, non preoccuparti. Vai pure!”
sorrise la donna, tranquillizzandolo. Hanamichi recuperò i pantaloni, limitandosi ad
appoggiarli sulla spalla e fece per uscire. “MA CHE FAI! - si allarmò Sendoh – C'è.. Ci
sono... Cioè... Kanata! C'è Kanata... mica puoi farti vedere nudo da un bimbo
così piccolo!” balbettò tentando di guardarlo solo negli occhi. “A no? Ok.” si limitò a dire Sakuragi,
piegandosi per infilarsi l'indumento. “Tu mira e io colpisco!” trillò il pene della
volpe, pronto alla battaglia. “Zitto!” tuonò Kaede facendo trasalire gli altri
due ragazzi. “Kitsune, ma con chi cazzo parli?!” sbottò
Hanamichi, ridendo divertito – Mi sembri matto!” “Col mio...” disse tra sé il numero undici dello
Shohoku, passandosi una mano sugli occhi. Stava impazzando. “Tiramisù?” chiese Hanamichi, varcando la soglia
della cucina. “Più di così?!” disse la seconda testa di Kaede,
che ricominciò a puntare il didietro del bel rossino. Rukawa saltò su una sedia, nascondendo la sua
vivace erezione sotto al tavolo. Stava impazzendo per davvero. “Allora?” sbuffò il rosso, non ricevendo
risposta da nessuno dei due compagni di squadra. “Fai tu!” sorrise Akira, sedendosi accanto al
fratello, per il medesimo motivo. “Nezumi? Preferisci il tiramisù o il budino al
cioccolato?” domandò Hanamichi stiracchiandosi e mettendo inconsapevolmente
in bella mostra i muscoli della schiena. “Nezumi?!” sbottarono in coro i due fratelli,
guardandolo confusi. “Budino!” rispose infine Kanata uscendo dal suo
nascondiglio per sedersi sulla sedia accanto al rossino. “Sta sempre a leggere come un topo di
biblioteca! - spiegò Hanamichi sorridendo al bimbo – 'Topo' è un soprannome
che gli si addice, no?” “Hn” ne convenne Rukawa, annuendo gravemente. “Ehi, ieri ho comprato degli stampi a forma di
animale – disse Sakuragi, mostrando al piccolo le formine ancora incartate
- Aprile e scegli quella che ti piace
di più. C'è il leone, la scimmia, l'elefante...” “E' roba da bambini!” borbottò Kanata,
scegliendo tuttavia la scimmietta. Rabbrividendo appena, Sakuragi aprì il
frigorifero, alla ricerca del latte. Scansò Kuro e prese il necessario per
preparare il dolce. “Forse lo dovrei tirare fuori da lì, non vorrei
che si gelasse!” mormorò il ragazzo, aggrottandosi. “Che...cosa vorresti tira fuori?!” gracchiò
Sendoh, strabuzzando gli occhi. “Lui! - disse il rossino, posando il cane
ibernato sul tavolo – Credo stia facendo la bottiglia di succo di frutta, ma
nel frigo congelerà!” “Ah!” sospirarono di sollievo i due moretti,
ormai fuori di testa. “Hana... Inizia a fare freddo per stare così...
a torso nudo... Dovresti coprirti o... ti ammalerai...” ansimò Akira,
cercando un'ancora di salvezza. O il suo cervello o i suoi ormoni. Doveva
scegliere uno dei due. Non funzionavano simultaneamente alla vista del bel
sedere di Sakuragi, piegato davanti al frigorifero. “Hai ragione! Se mi ammalo poi come fate senza
il Tensai!” rise il ragazzo, allontanandosi in fretta verso la dependance. Rimasti soli, Kanata scrutò a lungo i suoi
fratelli maggiori. “Siete due deficienti!” sentenziò, dopo un
secondo attimo di riflessione. “Hn?!” “Ehi!” “Un corno! Hana va' protetto! Invece che fare i
cretini, dovreste stare più attenti, soprattuto a Kurumi!” borbottò il
piccolo, imbronciato. “Hn. Parla, gnomo!” sbottò Kaede, incrociando le
braccia al petto. “Ini-biny. -
sbottò il bimbo, giocando con uno stampino di rame - Glielo ha dato
Kurumi per farlo diventare più bello, così da poter vendere degli oggetti,
non so, con la sua faccia sopra e arricchirsi.” “Q...Quello di papà?!” balbettò il volpino,
sobbalzando. “Che roba sarebbe?” domandò Akira. “Un'invenzione di papà. Annulla le
inibizioni....ma non lo ha mai sperimentato... E' una pazza! Il Do'hao
potrebbe sentirsi davvero male!” sputò Kaede, passandosi una mano sugli
occhi. “Dannazione!” imprecò il porcospino, finalmente
preoccupato. “Baka!” rincarò il bimbo, scuotendo il capo con
disapprovazione. “Ehi! Ti piace proprio tanto il nostro Hana,
eh?” sorrise di puro divertimento Akira. “È l'unico veramente speciale, qui dentro. Ha
una bella voce, canticchia quando cucina, sorride sempre e mi da un sacco di
dolci di nascosto. - borbottò Kanata, arrossendo furiosamente – È la mia
rosa” aggiunse con un filo di voce. I tre fratelli si zittirono, udendo i passi di
Sakuragi. Appena gli fu accanto, il piccolo principe saltò
in braccio al suo unico amico. “Nezumi, allora vuoi la scimmia?” sorrise
Hanamichi, versando il cioccolato nello stampo. “Mh” annuì il bimbo, lanciando un'ultima
occhiataccia ai suoi fratelli. “Ehi, pà! Ma alla fine l'hai più fatta costruire
la palestra in giardino?” chiese Akira, quella sera stessa, durante la cena
con la famiglia. Erano tutti seduti a tavola, tranne Kazuya, che aveva preferito
restare in camera sua, adducendo come scusa un leggero stato febbrile. “Certo! E' poco dopo la fontana – rispose
l'inventore, senza distogliere lo sguardo da Sakuragi, intento a
giochicchiare col cibo, senza mangiarlo – Campo da Basket, sauna, solarium,
piscina, docce e vasca idromassaggio!” dichiarò fieramente. “Hn” “In giardino?! - sbottò il rossino, incredulo –
Ma... lì non c'è nulla!” “Dietro il garage, Hana... Forse mi sono
dimenticato di dirtelo!” si corrucciò l'uomo, tentando di ricordare. “Lì c'è solo un parco!” esclamò confuso
Hanamichi. Ricordava di avere intravisto tra i rampicanti
che fasciavano il cancello in ferro battuto che circondava la tenuta dei
Rukawa, una zona verde, divisa da una stradina in mattoncini rossi. A
sinistra v'era un piccolo spiazzo circolare con quattro panchine in pietra e
una fontana in marmo bianco, con le sembianze di una giovane sirena che
teneva in mano un brocca. In fondo, poi, quel piccolo parco terminava con un
edificio in pietra e legno, ma era nascosto dalla vegetazione e non era mai
riuscito a vedere bene cosa fosse. “No, no! Fa parte del nostro giardino, solo che
ho pensato di separarlo con un cancello, così da renderla una zona più...
'intima', ecco - spiegò Kyosuke, sorridendogli – Ma è comunque totalmente
protetta come la casa, la dependance e il garage, da un unico muro di cinta
in pietra e mattoni. Ammetto che l'abbiamo un po' trascurata, ma sai, Kaede
non ci va mai, quindi...” “Perché?! -
volle sapere Hanamichi, a dir poco sconcertato – Baka Kitsune! Hai a
disposizione una roba del genere e ti alleni nei campetti all'aperto?!” “Hn” Come spiegargli che quel posto, tanto bello
quanto vuoto, lo intristiva? Preferiva i parchi, con il rumore del traffico e
il chiacchiericcio vuoto dei passanti come sottofondo. “Noi tre potremmo allenarci lì stasera! Poi
domani, con calma, gli possiamo dare una bella sistemata. Sfruttiamo queste
settimane di vacanza per mettere tutto a posto!” propose Akira, strappando la
volpe alle sue elucubrazioni. “Vuoi suicidarti?” sibilò Kaede, guardando il
tralice suo fratello. “Ma... veramente dovrei” Hanamichi, seppur
tentato, aveva la cucina da riassettare. Hikaru scosse la testa, promettendogli di
occuparsene lei. “Ma...” tentò di replicare il ragazzo. D'improvviso, la rossina socchiuse gli occhi,
una luce assassina brillò nel suo sguardo. I testimoni, giurarono di aver visto alcune
ciocche purpuree sollevarsi nell'aere. E Sakuragi capitolò. Dopo cena, i tre ragazzi si recarono in
giardino, le luci dei lampioni interni, posti lungo il vialetto, permisero
loro di trovare con facilità il cancello che conduceva al piccolo parco. La
porta in ferro battuto, da parecchi mesi lasciata a riposo, cedette dopo una
lieve spallata di Akira limitandosi a cigolare contrariata. Hanamichi guardò estasiato la fontana in marmo.
Stupenda. Le luci artificiali gettavano piccole pennellate di ombreggiatura
sul viso gentile della sirena, che sembrava sorridere mentre dava il benvenuto ai suoi tanto desiderati ospiti. Ancora pochi metri e giunsero all'impianto
sportivo. Rukawa aprì la porta e accese le luci della
palestra. La mandibola di Sakuragi si schiantò su quel
parquet, coperto da un velo di polvere come unica prova della sua solitaria attesa. Ampia e luminosa, munita di ben quattro ceste
metalliche stracolme di palloni, il campo da Basket non aveva nulla da
invidiare a quello dello Shohoku. “I rubinetti funzionano perfettamente!” annunciò
Sendoh, facendo segno di seguirli. Hanamichi notò a bordo campo due panchine
accostate alla parete e accanto ad esse, un'arcata che conduceva, tramite un
lungo corridoio, alle varie sale. Dietro la prima porta, v'era il bagno
comprendente docce, vasca idromassaggio, quattro toilette e un'intera parete
di lavandini e specchi a muro con tanto di sgabelli e armadietti. Successivamente, si passava al solarium. Lampade
e lettini, armadietti e accappatoi, il tutto avvolti in una soffusa luce
bluastra. Alla fine del corridoio, si giungeva alle
piscine. Quella più grande, di forma rettangolare, munita persino di un
trampolino per i tuffi, aveva il fondale obliquo che permetteva una diversa
profondità e una scalinata di accesso che prendeva tutto il lato più corto. La più piccola, di forma circolare, era bassa
appena un paio di metri. Ovviamente quest'ultima era a grandezza di bambino. Ai quattro lati di quell'enorme salone, erano
collocati dei mobiletti bianchi, contenenti asciugamani e accappatoi. “Domani le diamo una pulita, così potremo
usarla! - annunciò Akira, guardando il fondale impolverato – Bene! Andiamo a
mettere i canestri?” propose poi, tornando in palestra. Hanamichi ricominciò a palleggiare. Davanti ai suoi occhi, si ergeva fiero e
irraggiungibile il grande canestro, tornato a nuova vita. A sua difesa, i due
giocatori più talentuosi dell'intera prefettura. All'improvviso, accadde ancora. I suoi sensi si acuirono, come era accaduto nei
giorni precedenti. La sua vista incentrata unicamente sull'anello
metallico, l'udito registrava unicamente il suono del suo respiro e il rumore
della palla che rimbalzava sul lucido parquet, la sua pelle bramava solo il
contatto con quella sfera rossiccia, nella bocca il sapore della vittoria,
salato come il proprio sudore che saliva leggero corteggiando le proprie
narici. Non v'era nessun altro al mondo. Solo lui e il canestro. Scattò fulmineo, spiccando un elegante balzo,
mentre i suoi due avversari si paravano a difesa del canestro allargando le
braccia. Quella situazione... la ricordava. Durante la prima amichevole contro il Ryonan,
era stato proprio Sendoh a segnare nonostante la la muraglia dello Shohoku,
facendo passare la palla... Hanamichi spostò la mano sotto le braccia quasi
intrecciate dei due fratelli, riuscendo a segnare con un abile scatto del
polso e atterrò agilmente, udendo il suono della palla che ricadeva insieme a
lui, in totale simbiosi. Libero. Ecco come si sentiva il giovane rossino. Come se qualcuno avesse cancellato ogni elemento
inutile, ogni distrazione permettendo al suo cervello di ricordare tutti i
movimenti dei suoi avversari e le tattiche di gioco. Vivo. Si sentiva vivo e assolutamente se stesso come
non mai. Il basket non era poi così diverso da una
scazzottata. Gli erano sempre bastati pochi colpi per capire come combattesse
il suo avversario e nello sport era la stessa cosa. Conosceva il tipo di gioco di tutti coloro con i
quali si era scontrato in quell'ultimo anno. Ricordava e metteva in pratica. Totalmente sgombra da pensieri sciocchi, la sua
mente, che aveva registrato le azioni più
importanti che aveva visto, finalmente poteva permettere al proprio
corpo di realizzarle con precisione e sicurezza. “Porca vacca! Che fatica!” esclamò Akira
dirigendosi alle docce. Kaede lo seguì in silenzio, osservando
corrucciato la sagoma del rossino che si intravedeva dal doppio vetro opaco
della cabina umida. Quella situazione non gli piaceva per niente. Assurdamente, non era infastidito dalla bravura
dimostrata dal rossino, anzi, ne era ammirato. Avere nuovi rivali gli aveva
sempre permesso di migliorare. No. Non era quello il problema. Ad infastidire la bella volpe, era il feeling
che aveva percepito tra il rossino e la palla. Era geloso, non di Sakuragi, ma del Basket. Quello sport, da sempre suo unico amico, stava
corteggiando - con ottimi risultati - l'unico ragazzo per il quale aveva
iniziato a provare qualcosa. Kaede Rukawa, era diventato il rivale numero uno
del Basket. Roba da non credere. Abbassò il capo, lasciandosi inondare dal getto
tiepido dell'acqua. Non poteva essere colpa dell'invenzione del
padre. L'attrazione misteriosa che sentiva verso il Do'hao era troppo intensa
per essere stata causata da mero un artificio, L'odore della sua pelle lo eccitava, i suoi
ansimi affaticati lo eccitavano, il suo sguardo concentrato lo eccitava, i
suoi muscoli tesi e il sudore che scivolava su quella pelle baciata dal sole
lo eccitavano oltre ogni dire. Socchiudendo gli occhi, Kaede si ritrovò faccia
a faccia con la sua seconda testina. “Allora? Ce la diamo una mossa o no?” tuonò il
piccolo Eddy, muovendo l'orifizio dell'uretra a mo' di bocca. “Mi sembra d'essere un personaggio di Scrubs!”
gemette il volpino, oramai rassegnato al suo evidente stato di follia. “Sbrigati! Tu miri e io colpisco, ricordi?Vai da
lui! È qui accanto nudo, stanco e bagnato! Che cavolo aspetti?! Un invito
scritto?” gridò il pene, corrucciato. “Zitto, Baka! Non lo posso mica violentare!”
sibilò Rukawa, attento a non farsi sentire dagli altri due giocatori. “Ah, no?” domandò Eddy, sinceramente stupito. “Do'hao!” sputò il numero undici dello Shohoku,
uscendo dalla doccia in tutta fretta. “Mi hai chiamato?” si sentì chiedere dalla causa
della sua fulminante pazzia, completamente nudo e gocciolante, che lo stava guardando con gli occhioni sgranati,
stupiti e confusi. “Vai! Io sono con te!!!” esultò Eddy, pronto
all'attacco. “Hn!” mugugnò Kaede, passandosi una mano sul
viso e una sull'inguine, nell'estremo tentativo di nascondere la sua
prorompente virilità. Hanamichi si soffermò a guardarlo alquanto
perplesso, ma decise di non dire nulla, preferendo voltarsi per recuperare un
asciugamano. Fece appena un passo che subito scivolò sulle
piastrelle bagnate. Sarebbe certamente rovinato in terra se Rukawa,
con uno scatto felino, non lo avesse afferrato saldamente per la vita,
stringendolo a sé. “Ah... Grazie...” mormorò il rossino, a pochi
millimetri dall'orecchio di Kaede. “Vai così! Adesso voltalo che lo colpisco!”
esultò Eddy, trovandosi vicino alla sua agoniata meta. “Taci!” sibilò la volpe, concentrata a
controllare la respirazione. “Volevo solo... ringraziarti, volpaccia
antipatica!” sbottò il rossino, profondamente ferito. “Non parlavo con te, Do'hao!” sbuffò il corvino,
allontanandolo il più possibile, per evitare un'accusa di stupro. “Eh?!” Sakuragi era assolutamente allibito. Rimettendosi in piedi, prese un asciugamano di
spugna, facendo attenzione a non mettere nuovamente il piede in fallo. Senza aggiungere altro si rivestì in fretta,
tornando poi in palestra, da solo. “Complimenti fratellino!” sorrise Akira
infilandosi la maglietta. “Hn!” “Ah, la gioventù moderna! Avete perso il
romanticismo!” sentenziò il porcospino, uscendo dalle docce con un sorrisino
divertito. Quanto lo detestava quando faceva il saputello! Kaede si rivestì velocemente, sordo agli insulti
che Eddy gli rivolgeva. Trovò suo fratello e il Do'hao seduti per terra,
le schiene appoggiate al muro accanto alla porta di ingresso. “Hn?!” domandò aggrottandosi. “Aspettiamo che spiova, Baka!” sputò il rossino,
ancora indignato per il suo comportamento di poco prima. Osservando attentamente l'esterno, Kaede notò le
fitte gocce di pioggia cadere dal cielo in rapida successione. Tuoni e lampi presagivano un temporale davvero
violento e soprattutto lungo. “Vieni a sederti!” gli consigliò Sendoh,
divertito come non mai. “Hn” mugugnò la volpe, andando a sistemarsi
proprio accanto al rossino. “Hana, sei diventato davvero molto bravo!” si complimentò Sendoh, stanco del lungo
silenzio che era calato tra loro. “Grazie” mormorò il rossino, tirandosi le
ginocchia al petto per poi abbracciarsi le gambe. “Kae? Non sembra anche a te che sia migliorato?”
continuò imperterrito il porcospino, facendogli cenno di parlare. “Hn. Sempre Do'hao rimane!” sputò la volpe,
mandando su tutte le furie il compagno di squadra. “Baka Kitsune! Almeno non sono un musone,
maleducato, rompipalle come te!” gli rinfacciò, fulminandolo con lo sguardo. “Ma siete due bambini!” sbuffò Akira, esasperato
da cotanta stupidità. “ZITTO TU!” tuonarono i due ragazzi,
all'unisono. “Almeno su una cosa siete d'accordo!” rise il
Sempai, seguito da Hanamichi, nuovamente di buon umore, e dallo sbuffo di
Kaede, attento a non scoprirsi troppo. “Tra un paio di mesi inizia il torneo
interscolastico. La squadra sembra in perfetta forma, vero?” constatò Akira,
voltandosi a guardare suo fratello. “Hn” “Siamo i migliori!” sentenziò Sakuragi,
sbadigliando un paio di volte. “Hn” “Ma non sai dire altro?!” sbottarono Sendoh e il
rossino, il primo esasperato e il secondo irritato. “Hn” “È senza speranza!” sospirò il fratello
maggiore, passandosi le mani tra i capelli ancora umidi. Il temporale non dava segni di stanchezza a
differenza del bel rossino che finì con l'addormentarsi profondamente nel
giro di pochi minuti. Spostando inconsciamente la testa, l'appoggiò
sulla spalla di un sorpreso Kaede che si ritrovò l'oggetto dei suoi desideri
tra le braccia. “ È
davvero molto triste” mormorò tra sé Akira, guardando il viso disteso
di Hanamichi. “Hn?!” “La vita in generale è molto ingiusta. Lui, che
meriterebbe l'amore più di chiunque altro, è destinato a non trovarlo mai!”
sentenziò il ragazzo, scostando una ciocca purpurea dalla fronte di Sakuragi. “Hai bevuto?” gli chiese il fratello alzando un
sopracciglio corvino. “Riflettevo. Hana mette al primo posto le
persone che ama, anteponendole a tutto, compreso se stesso. L'ho capito dal
modo in cui si comporta con sua sorella. Hikaru ha dei vestiti molto carini,
non sono costosi, ma quantomeno di ottima qualità, invece gli abiti di Hana,
quelle magliettine corte e i jeans attillati... non credo che siano alla
moda, ma proprio vecchi. Secondo me non ne compra di nuovi da almeno un paio
di anni. Ho la sensazione che il nostro amico abbia omesso parecchie cose,
circa la sua situazione familiare” borbottò Sendoh, corrucciandosi. “Hn -
annuì il volpino, anche lui aveva notato parecchie anomalie – Il
telefono. Ormai è quasi un mese che stanno qui e non hanno mai ricevuto o
fatto telefonate. Se i loro genitori sono via per lavoro, com'è che non
chiamano mai figli, per sapere come stanno?” “Esattamente. Hana lavora per mantenere
entrambi. Da solo. Era disposto a lasciare persino il Basket pur di lavorare
e mantenere così sua sorella... Per questo dico che è speciale, ma anche
triste. Perché avrebbe bisogno di una persona che facesse lo stesso con
lui... Ma è piuttosto rara da trovare, non credi?” disse, guardandolo di
sbieco. “Hn...E quella persona vorresti essere tu?”
sibilò la volpe, fulminandolo con lo sguardo. “Non lo so. Non credo di esserne capace. Me lo
diceva sempre anche Koshino e probabilmente aveva ragione.” “Hn?” “Io...ho sempre desiderato avere accanto una
persona da proteggere e che a sua volta
si prendesse cura di me... Ma non credo di esserne in grado, o meglio,
non credo che la gente percepisca questo di me. Basta guardare come è finita
con Hiro. Volevo solo una relazione seria, ma lui si aspettava del sesso
occasionale. Niente impegni, niente scocciature. Persino un cinema diventava
argomento di discussioni. Lui voleva trascorrere il tempo con me steso su un
letto. Non gli interessava la mia compagnia, non come mi aspettavo io. Forse
è destino che la gente mi creda effimero come una bolla di sapone.” sospirò
Sendoh, adombrandosi. “Quello era una testa di cazzo. Te l'ho sempre
detto!” sentenziò Rukawa, passando distrattamente una mano tra i capelli
morbidi di Hanamichi. “Già! - sbottò Akira, sorridendo appena – Kae?
Tu riusciresti a mettere Hana al primo posto, preferendolo perfino al
Basket?” domandò all'improvviso, serio e diretto. Rukawa ci pensò un attimo, riflettendo con
attenzione. “No” ammise mestamente. Hanamichi socchiuse gli occhi, infastidito dal
riflesso del sole che schiaffeggiava impunemente le suo palpebre pesanti. Strano. Non ricordava che le finestre della
dependance fossero così grandi. Sentiva anche un insolito tepore che lo convinse
a guardarsi finalmente intorno con maggiore attenzione. Era in palestra, semi-sdraiato tra il pavimento,
la parete e... Rukawa?! Adagiato sul suo petto, invece, dormiva il
porcospino. Scostandosi piano, Sakuragi si alzò, facendo
attenzione a non svegliare i due fratelli. Ricordava vagamente di aver giocato con loro
fino a tardi e poi un temporale li aveva costretti ad aspettare che
spiovesse... Ma la stanchezza doveva aver avuto la meglio su di loro. Sobbalzando impercettibilmente, spostò lo
sguardo verso l'orologio appeso sopra la porta della palestra. Le 5.40. Uscì in silenzio, diretto verso la casa
patronale. Per fortuna avrebbe fatto in tempo a preparare la colazione. Entrando in cucina, subì l'inevitabile attacco
mattutino di Kato. Ultimamente quel gatto era diventato molto più insistente
e appiccicoso. L'animale, infatti, si abbarbicò attorno al suo polpaccio,
facendo spudoratamente le fusa. Incurante dei suoi strani lamenti, il rossino si
mise a preparare le frittelle all'americana e il cioccolato caldo, ottimo per
contrastare quell'aria fredda di inizio autunno che si iniziava a respirare. Riempì di croccantini le ciotole dei due animali
domestici e attese la solita prova anti-incendio. Puntuale come le tasse, la sirena prese a strillare
disperatamente, mentre le luci dell'intera proprietà iniziarono a lampeggiare
ad intermittenza una forte e fastidiosissima luce rossa. Un sonoro sbadiglio e dei passi strisciati,
annunciarono l'arrivo della nonnina-hentai e di sua nuora. Katy salutò il suo modello preferito
schioccandogli un bacio sulla guancia, mentre Kikyo-san tentava di imitare il
gatto, con scarsissimi risultati. Quella maledetta palla di pelo non
ammetteva rivali e tentò in tutti i modi di allontanare la vecchia umana
dall'oggetto dei suoi desideri. Attirati dall'odore del cibo, Akira e Kaede
svolazzarono sino al tavolo, muovendosi ad occhi chiusi. Quando c'erano di
mezzo i dolci, i loro sensi si acuivano talmente tanto da sembrare due
creature soprannaturali. Riuscivano a sentire l'odore del cioccolato a venti
metri di distanza. “'Ao” “Hn” Salutarono i fratelli, sprofondando le teste sul
ripiano in legno del tavolo. “Zozzoni, zozzoni! Cosa avete combinato ieri
sera, eh? - sorrise sorniona la nonnina, passando lo sguardo dai nipoti al
rossino super-sexy – Non mi avete nemmeno chiamata!” s'imbronciò scrutando
più intensamente il di dietro di Hanamichi. “NONNA!” tuonarono i ragazzi imbarazzati. “Abbiamo giocato a basket” la rassicurò il
nipote più grande. “Adesso si chiama così, eh?” rise lei,
gesticolando con l'inquietante bastone. “A... mmm... Cioccolato?” balbettò il rosso,
cercando di distrarla con l'unico mezzo che conosceva. D'altronde era lei la causa della golosità di
famiglia. Miracolosamente, Kikyo-san smise di punzecchiare
i ragazzi e si sedette silenziosamente al suo posto con la gigantesca tazza
fumante tra le mani. “Hn?! Come ci sei riuscito, Do'hao?!” domandò
Kaede, sgranando gli occhi azzurri. “Spirito d'osservazione, Baka
Kitsune!L'ossessione per i dolci dovevate pur averla ereditata da qualcuno,
no?” rise, soddisfatto di se stesso. “La mia Musa! Oltre che bello è anche furbo e
intelligente!” si complimentò Katy, abbracciando forte un imbarazzatissimo
Sakuragi. Una volta che la famiglia fu riunita, il ragazzo
dai capelli rubino portò in tavola le frittelle e finalmente si sedette a sua
volta, sorridendo alla sorellina ancora assonnata. “Prima che mi dimentichi!- esordì tutt'a un
tratto Kyosuke, guardando il suo secondogenito in viso - Kaede, spero che non sia un problema
andare a stare nell'appartamento sopra il garage, insieme ad Aki. Sai la tua
stanza serve al bambino!” spiegò il capofamiglia a mo' di scuse. “Quale bambino? - domandò Kurumi, guardando il
fratellino seduto sulle ginocchia della sua unica e cospicua fonte di
guadagno - Cos'ha che non va la sua
camera, scusa?” “No, non lui... - l'inventore s'aggrottò,
riflettendo velocemente – Accidenti! Sapevo che avevamo dimenticato
qualcosa!” esclamò, rivolgendosi alla sua incantevole moglie. “Hai ragione, caro!” si rammaricò lei, alzandosi
in piedi. Come al solito, indossava un ambia veste di
seta, color pece dalle lunghe maniche a campanile e gli orli in pizzo.
Appoggio una candida mano sul ventre, scostando così l'eccessiva quantità di
stoffa svolazzante, mostrando ai familiari i segni di una avanzata
gravidanza. “Parlavamo di questo
bambino!” sorrise, sedendosi nuovamente. “Di nuovo?!” sbottarono i figli, guardando il
padre e la madre come fossero stati alieni. “Io lo sapevo da un pezzo! Ma qui dentro sono
tutti lenti di comprendonio!” affermò Kanata, parlando direttamente al suo
unico, grande amico. “Perché tu sei il più sveglio di tutti, Nezumi!”
rise il rossino, scompigliandogli affettuosamente i capelli. Ma bene. Presto sarebbe arrivato l'ennesimo
super-talento di casa. Kazuya si passò lentamente una mano sugli occhi. Era stanco, davvero molto stanco. Avrebbe tanto voluto buttarsi sul letto,
chiudere gli occhi e non svegliarsi mai più. -FINE SESTA PARTE-
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