DISCLAMER: I personaggi sono di T. Inoue. Alcuni, invece, li ho inventati io, ma non temete: la differenza, balza immediatamente agli occhi! -////-'

RINGRAZIAMENTI: A Nivis e al suo dizionario magico! Grassie Bissa!!!^^

DEDICHE: Alla mia AMMORRA, che per ragioni lavorative sto trascurando un po'. Sorry!!! ç___ç

           

 


 


Strange Family

parte V

di Gojyina-chan


Ayako si guardò intorno stupita.

La simulazione anti-incendio era finita da un pezzo, eppure gli studenti dell'istituto Shohoku invece che tornare a casa o andare in giro con gli amici, si erano ammassati in palestra, generando un caos assoluto.

 

Forse volevano assistere agli allenamenti, ma prima dovevano fare la prova dei costumi per il concorso e con tutti quegli occhi indiscreti, era certa che né Ryota né, tantomeno, quel timido di Hanamichi, avrebbero acconsentito a travestirsi.

 

“A proposito! Ma dove sono i ragazzi? - chiese ad Haruko, seduta in panchina accanto ad Anzai – Stamattina non li visti... Non saranno assenti, vero?” sbuffò la prima manager, mettendosi le mani tra i capelli.

 

“Siamo qui! - borbottò Miyagi, facendosi largo tra la folla, seguito a ruota da Sendoh e Rukawa –  Ayakuccia, ma dobbiamo fare 'quella cosa' per forza adesso?!” gemette il capitano, sgranando gli occhietti atterriti.

 

“Certo, scemo! - sibilò brandendo il suo ventaglio – E non ammetto obiezioni! Iniziamo appena arriva Sakuragi e se anche lui avrà da ridire, allora vi fa... che... cavolo... che... KAMI SAMA!” esclamò Ayako guardando allibita un ragazzo, fisicamente assomigliante al suo numero dieci, che avanzava verso di lei con sguardo predatore.

 

Al suo passaggio gli altri studenti si scostavano intimoriti, permettendo a quello splendido ragazzo di raggiungerla velocemente.

 

Non poteva essere Hana.

 

“Ciao Aya, sei più bella del sole d'inverno!” mormorò lo sconosciuto, baciandole una mano.

 

Non poteva essere Hana.

 

“Potremmo fare in fretta con la prova costumi? Ho... 'voglia'... di giocare...” continuò, sussurrando morbidamente quell'ultima frase.

 

Non poteva essere Hana.

 

“Ti abbiamo ringraziata per tutto ciò che fai per noi, baby?” chiese il ragazzo dalle cui labbra oramai pendeva miseramente.

 

Non poteva essere Hana.

 

“Co...C...S...No...Va... - balbettò la manager confusamente, prima di fermarsi a riflettere – Ma certo! Ti sei calato nella parte!Bravo, Hana! Sei un Gojyo perfetto!” si complimentò la ragazza, fiera per l'impegno che stava dimostrando il suo giocatore.

 

“Assediato da Do'hao!” sbuffò Kaede, correndo quasi verso gli spogliatoi.

 

Non gli piaceva quel... 'coso'. Non era il Do'hao. Era un accozzaglia di ormoni impazziti che...

 

Hanamichi entrò, avvicinandosi al suo armadietto.

 

...impazziti che si erano erroneamente aggrovigliati, dando forma a...

 

Hanamichi, si denudò velocemente.

 

...ad un ammasso di... muscoli e pelle profumata. Cos'era? Mandorle e vaniglia, sembrava...

 

Hanamichi, gloriosamente nudo, si chinò dandogli le spalle, recuperando velocemente il proprio costume.

 

...sembrava seta, la sua pelle... Chissà come doveva essere morbida al tatto...

 

“Kae, ti sanguina il naso” lo avvertì suo fratello, porgendogli gentilmente un fazzoletto di carta.

 

“HN!” sobbalzò il volpino, vergognandosi come un ladro.

 

Dannazione! Si stava comportando come tutti gli altri. Questo non lo poteva accettare. Lui era unico, non aveva mai avuto interesse a fare parte della massa, eppure quello sciocco Do'hao lo aveva costretto a...

 

“Siamo adolescenti, Kae. Sono gli ormoni, stai tranquillo!” lo blandì Akira, intuendo il suo stato d'animo.

 

 

 

Anche Sendoh stava provando la stessa attrazione animale verso Hanamichi, ma vuoi l'esperienza, vuoi l'autocontrollo, era riuscito a darsi un minimo di contegno.

Ma il naturale istinto sessuale del suo monotematico fratellino, si era risvegliato all'improvviso lasciando l'impreparata volpe, confusa e sconcertata.

 

Sorridendo tra sé, Akira si pettinò in capelli, tirandoseli giù. Finalmente Kaede stava iniziando a capire che esisteva un mondo intero, al di fuori del campo di Basket.

 

“Mi vergogno, maledizione! - borbottò Miyagi, spiando la palestra da dietro la porta – Mica se ne vanno quei perdigiorno! C'è mezza scuola là fuori! Sono il capitano, cavolo! Non posso mica farmi vedere conciato così!”

 

“SIETE PRONTI?” tuonò la manager a pochi metri da loro, brandendo il suo ventaglio più grande.

 

“Sì, Ayakuccia! Arriviamo subito!” cinguettò Ryota, correndo da lei.

 

Sbuffando sonoramente, Kaede si infilò la parrucca bionda, cercando di sistemarla come meglio poteva.

 

“Aki, mi dai una mano?” mormorò Hanamichi, a petto nudo, con in mano un flaconcino di olio alle mandorle – Devo metterlo sulla schiena e sul petto. Ayako dice che così sembrerò più muscoloso...”

 

Autocontrollo. Esperienza e autocontrollo.

 

Sendoh trasse un profondo respiro e si voltò verso l'amico, passandogli il liquido lucido sulla schiena e sul petto.

 

Dal riflesso dello specchio, Rukawa osservò le mani del fratello su quel corpo ambrato, provando un mix letale di desiderio e gelosia.

 

Le mani color panna di Akira, sfiorarono i muscoli sodi e la pelle ambrata. Al tatto sembrava velluto. Morbido e seducente...

Stenderlo su un ruscello si stoffa, che dalla tastiera del letto, ricadeva morbidamente fin sul pavimento... e lui lì, accaldato e fremente. Nudo e vergine, su una nuvola di velluto bianco.

 

“Esperienza e autocontrollo!” sbottò Sendoh, accigliandosi. Non poteva perdere la faccia e comportarsi come un ragazzino alla sua prima cotta. Era quasi un uomo, dannazione.

 

Muscoli e pelle.

Velluto e seta.

All'interno del braccio, Hanamichi era più delicato. Non più velluto, ma seta color vaniglia. Delicato e morbido.

E poi il petto, sodo e glabro...

 

Giunto ai capezzoli bronzei, l'erezione di Akira era dolorosamente visibile e pulsante.

 

“Grazie, Aki!” sussurrò Sakuragi, sorridendogli impietosamente grato, infilandosi poi la parrucca rossa.

 

Ciò che non si era ancora disidratato di Sendoh, annuì in silenzio tentando di ricomporsi come meglio poteva e tornare così alla sua forma originale.

 

Esperienza e autocontrollo.

 

“Un paio di balle!” ansimò Akira, appoggiandosi senza forze ad un armadietto.

 

“HN!”

 

“Non ho fatto niente! Non guardarmi così, tu! - borbottò Akira, lanciando un'occhiataccia al fratellino che lo guardava adirato - Se la prendono tutti con me!” sospirò il porcospino camminando mestamente sino alla palestra.

 

 

 

“Ragazzi, siete fantastici! - sorrise Ayako, guardando  le sue creature – Kaede, hai la tipica espressione infastidita che caratterizza Sanzo! Miyagi è identico a Goku, Akira è un perfetto Hakkai, col suo bel sorriso gentile e rassicurante e tu, Hana, sei... - la manager si soffermò più del necessario sui bei pettorali scolpiti del numero dieci – Sei così... Sei proprio...”

 

“Un Gojyo perfetto!” le suggerì Kurumi, passandole accanto con una capiente borsa a tracolla.

 

“Un Gojyo perfetto! - ripeté Ayako, riprendendosi velocemente – Voi che ne dite, ragazzi?” chiese agli spettatori, ricevendo in risposta un boato d'approvazione.

 

“Ayakuccia... potremmo allenarci, adesso'” supplicò Ryota, sull'orlo di una crisi di nervi.

 

“Prendo le ultime misure per i particolari da aggiungere e poi sarete liberi come l'aria!” lo rincuorò la ragazza, armeggiando con il metro.

 

Tre quarti d'ora dopo erano di nuovo negli spogliatoi che indossavano le tanto amate scarpe da tennis.

 

“Ma... Mitsui? Non è venuto oggi?” chiese Miyagi, guardandosi attorno.

 

“Non l'ho visto nemmeno in classe. Non è proprio venuto a scuola.” rispose Akira risistemandosi i capelli all'insu.

 

“Avrà fatto il ponte... Ok! Andiamo. Abbiamo già perso fin troppo tempo!” borbottò il capitano, arrossendo di vergogna.

 

 

 

Appena fuori dalla palestra, Kurumi sistemò il suo piccolo tavolo da pic-nic, srotolandovi sopra un piccolo telo bordeaux con l'orlo nero e preparò velocemente i suoi oggettini carini carini.

 

“Venite, gente! Abbiamo magliette, cappellini, spille e fotografie del bellissimo Hana! Tutto a cifre modeste. Venite a vedere!” urlò la ragazza, ben presto subissata da ragazze in estasi e banconote profumate.

 

Piano perfetto, risultato perfetto.

Era lei il genio della famiglia!

 

 

 

Ryota si sentì davvero sollevato quando la maggior parte degli studenti, si allontanò improvvisamente. Potevano allenarsi senza urla e schiamazzi vari.

 

Certo che Hanamichi sembrava l'idolo della folla... Doveva aver sentito male.

 

Col permesso di Anzai, decise di fare una partitella. Quattro matricole e Sendoh contro i ragazzi del secondo e terzo anno.

 

Hanamichi si ritrovò ad essere marcato dal ragazzino dai corti capelli ossigenati.

 

“Oh! Il piccolo Hiyoko!” sbottò il rossino, alzando un sopracciglio.

 

“Ué! Pulcino a chi? Io mi chiamo Aron Tsume, chiaro?” borbottò la matricola, corrucciandosi adirata.

 

“Hiyoko ti si addice di più!” affermò con noncuranza il Sempai, riprendendo a giocare.

 

Dopo aver stoppato un'altra matricola dall'aspetto strano, Hanamichi si fermò ancora un istante, guardandosi attorno confuso.

 

“E questo qui chi cavolo è?! - sbottò l'ala grande dello Shohoku, indicando il ragazzo dai lunghi capelli bicolore – Sembra una piccola puzzola!” disse, facendo ridere quasi tutta la squadra.

 

“Do'hao!” sbuffò spazientito la volpe, sistemandosi la fascetta nera che aveva sul braccio.

 

“Oh, oh, oh! - rise Anzai – Lo aveva dimenticato. Il giorno della presentazione dei nuovi iscritti, Sakuragi non c'era!”

 

“Ehi, tu! Io non sono una puzzola, ok? - sibilò il capellone – Ho un'identità ben precisa! Sono Shane Sato. Vedi di ricordartelo!Puzzola è brutto! Rovina i miei rapporti sociali!” borbottò il ragazzino.

 

“Mmm... In effetti è vero! - ammise Hanamichi, osservandolo intensamente inclinando la testa di lato – Kenaga è più carino e ti si addice decisamente di più!”

 

Coda lunga? - chiese Sato, sfiorandosi le punte dei capelli che arrivavano fino a metà schiena – Potrebbe andare!” ammise, parzialmente soddisfatto.

 

“AVETE FINITO DI FARE SALOTTO VOIALTRI?! -  tuonò il capitano tirando un paio di calci negli stinchi a quei nullafacenti – RIPRENDIAMO L'ALLENAMENTO!”

 

“Mi ha tirato un calcio?!” sbottò allibito Shane, massaggiandosi la parte lesa.

 

“Avrebbe voluto tirarci un pugno stile gorilla... Ma non ci arriva!” mormorò Hanamichi con un'alzata di spalle.

 

“Gorilla?!” chiesero all'unisono i due ragazzi dalle strane capigliature.

 

“Ve lo spiego dopo!” promise Sakuragi, posizionandosi al centro del campo.

 

Desiderava giocare!

 

 

 

Dalla panchina, Ayako si scoprì ad ammirare il loro numero dieci.

Brillava di luce propria.

 

Veloce, preciso, agile.

Stava tenendo testa ad Akira con una facilità imbarazzante.

 

“È davvero in forma!” commentò la manager, sorridendo estasiata.

 

“Oh, no! - rispose Anzai – E' semplicemente felice!”

 

L'uomo biondo seduto accanto al mister si limitò a sorrise. Aveva proprio fatto bene a scegliere lo Shohoku. Si sarebbe divertito e avrebbe raggiunto dei grandi traguardi insieme a quei ragazzi così pieni di talento.

 

 

 

Sotto la doccia, Rukawa rilassò i muscoli tesi, permettendosi di pensare.

 

Era certo che, qualunque cosa sarebbe successa nella sua vita, mai avrebbe dimenticato l'immagine che lo stava tormentando da ore.

 

Nel tentativo, peraltro riuscito, di prendere l'ennesimo rimbalzo, Hanamichi aveva spiccato un salto incredibile.

 

Fu allora che lo vide.

 

Il sole morente, aveva tinto la palestra di un rosso acceso. L'ultimo riflesso di luce che filtrava dall'ampia finestra situata dietro il canestro.

 

E poi... lui... che volava.

 

Un novello Icaro che tendeva al Sole, incurante di una rovinosa caduta. Volava, libero e felice. Riuscendo a toccare l'astro diurno.

 

Non lo aveva mai visto così.

Non aveva mai giocato, così.

Era riuscito a mettere seriamente in difficoltà suo fratello, che aveva persino perso il suo leggendario sorriso.

Anche Akira lo aveva capito. Lui, che per primo aveva notato il grande talento di Hanamichi, quel giorno lo aveva anche subito.

 

Sbuffando, chiuse la manopola dell'acqua, coprendosi i fianchi con un asciugamano.

 

Appena raggiunto il proprio armadietto, si trovò davanti il corpo completamente nudo di Hanamichi, che incurante dell'imbarazzo degli altri o del naso sanguinante di Akira, continuava a cianciare allegramente, asciugandosi i capelli purpurei.

 

“Do'hao!” sibilò la volpe, infilando la testa nell'armadietto, per risparmiarsi l'ennesima figuraccia.

 

“Ma il tizio biondo che era seduto accanto al nonno? Chi è? Non mi sembra giapponese!” stava dicendo Sakuragi, che finalmente aveva iniziato a rivestirsi, con somma gioia dei fratelli Rukawa.

 

“E' Michael Kant, un ex allievo di Anzai – gli spiegò Miyagi, allacciandosi le scarpe – Il Mister fra due o tre anni andrà in pensione e Kant prenderà il suo posto, perciò da quest'anno sarà l'allenatore in seconda così potrà imparare il mestiere dal suo grande maestro e permettere a noi di conoscerlo, prima che Anzai se ne vada.”

 

“Le cose devono sempre cambiare!” sospirò malinconicamente il rosso, infilandosi la maglietta attillata.

 

Divenuto improvvisamente triste, il ragazzo si chiuse in un cupo silenzio fino al ritorno a casa.

 

 

 

Kurumi riordinò le proprie cose, felice e soddisfatta. Aveva venduto tutto. Guadagnando il triplo di quanto aveva speso per fare stampare il bel viso di Hanamichi sulle magliette e il resto della roba.

 

Rimise nel borsone sia il tavolino piegato che il telo scuro e aspettò fuori dalla palestra, insieme ad Hikaru, i loro fratelloni.

 

Aveva sentito dire che Sakuragi aveva fatto faville in allenamento.

Bene! Il giorno dopo avrebbe raddoppiato i prezzi.

 

 

 

Una volta a casa, mentre gli altri si rifugiavano in silenzio nelle proprie camere, Kurumi decise di prepararsi un the. Se lo era proprio meritato.

 

“Sniff, sniff. Sento uno strano odore.” mormorò sua nonna, seduta al tavolo con una tazza fumante in mano.

 

“Quale?!” chiese la ragazza, non sentendo nulla di particolare.

 

“L'odore delle stronzate pesanti! Cos'hai combinato? - sibilò Kikyo-san, guardandola torva – Stamattina Culetto d'oro era troppo strano e tu sei stata l'unica a non battere ciglio, anzi, eri palesemente soddisfatta!”

 

“Oh... Beh... Non è che...” balbettò lei, arrossendo imbarazzata.

 

“Parla!” tuonò l'anziana, brandendo il suo terribile bastone.

 

“Uffa! Ho usato una delle invenzioni di papà per farlo sciogliere un po'! Non ho fatto niente di male!” si schernì la razza, aggrottandosi.

 

“Quale?! Aspe... Aspetta una attimo! Tu non gli hai dato l'Ini-biny, vero?! - si agitò la nonna, passandosi una mano tra i capelli – Lo sai che non è sicuro! Non lo ha mai sperimentato!Beh, a parte su di me, ma tanto io ne sono immune, quindi non faccio testo...” borbottò meditabonda.

 

“L'ho testato io!” sbottò la nipote, zuccherandosi il the.

 

“Quando?!”

 

“Un paio di anni fa...”

 

“Su chi?!”

 

“Il gatto!”

 

“...”

 

“...”

 

“TU LO HAI TESTATO SUL GATTO?!” tuonò la donna, sgranando gli occhi chiari.

 

“Appena lo abbiamo trovato... Gli mettevo un paio di gocce nel latte... Poi, quando ha cominciato a comportarsi in quel modo strano, ho smesso... Non è detto che ci sia una relazione tra le due cose!” si difese Kurumi, ricambiando lo sguardo agguerrito della nonna.

 

“Manteniamo la calma. Quella roba è potentissima, poche gocce e sei fuori di testa per giorni. Quanto ne hai dato a Culetto d'oro?”

 

“Due...”

 

“Oh, beh! Allora domani starà già meglio!” sospirò la nonna.

 

“...boccette.” terminò la nipote, abbassando il capo.

 

“Due boccette sono..so..due...tu che..tu... MA SEI IMPAZZITA? - tuonò di nuovo la donna – Lo volevi avvelenare?! Kami Sama! Due boccette! Sarà indomabile per settimane! Oh, Kami! E se iniziasse ad appostarsi anche lui e a saltare addosso al primo che passa?! Tu! Tu sei...sei... - Kikyo-san si fermò un istante, riflettendo velocemente – TU SEI UN GENIO! Culetto d'oro mi salterà addosso di sua iniziativa! - trillò, immaginandosi la scena – L'ho sempre detto che  sei l'unica che ha preso la mia furbizia! Nipote prediletta, fatti abbracciare!” ordinò la nonnina, spupazzandosi Kurumi.

 

“Grazie, nonna!Lo dico sempre anch'io!” sorrise la giovane.

 

“Aspetta un attimo, però. Io Culetto d'oro lo voglio vivo e in salute. Bisogna dirlo a papà!” sbuffò Kikyo, grattandosi il mento col bastone.

 

“Mi ucciderà!” gemette la ragazza, nascondendosi il viso tra le mani.

 

“Chi è che ti ucciderà?” chiese il babbo, entrando in cucina ballando la polka.

 

“Che cavolo fai?!” domandò sua madre, guardando i lucidi stivali neri che portava sotto i pantaloncini beige.

 

“Una mia nuova creazione! 'Ballando con lo stivale'. Metti le pile dentro ai tacchi e si muovono da soli. Anche se non sai ballare, potrai lo stesso invitare qualche bel ragazzo a danzare con te! Calzi gli stivali, schiacci il pulsante qui a lato e i tuoi piedi si muoveranno da soli! - spiegò Kyosuke, particolarmente orgoglioso – Allora? Cos'è successo?” domandò poi, chinandosi a spegnere gli stivali.

 

“Tua figlia ha fatto bere a Culetto d'oro, due boccette intere di Ini-biny” disse la nonna, arrivando subito al punto.

 

“MA SEI IMPAZZITA?! - tuonò suo padre – Quello era un vecchio esperimento per scoprire il grado di inibizione di tua nonna, tra l'altro pari allo zero assoluto, era una mia semplice curiosità! Non è sicuro! Non l'ho mai sperimentato! Non conosco gli effetti collaterali! Cavolo, non sono nemmeno certo che... - Kyosuke arrestò quel fiume in piena di parole, riflettendo velocemente – Ma perché? Sta funzionando?” chiese incuriosito, guardando sua figlia con gli occhietti socchiusi.

 

“Certo!” annuì lei, sorridendo soddisfatta.

 

“Potrei sempre annotare i cambiamenti di Hana... Ormai se lo è bevuto e il processo non è reversibile. Entro un paio di settimane tornerà come nuovo... Tanto vale... - borbottò l'inventore, borbottando tra sé -  Mi spieghi perché hai fatto una cosa tanto pericolosa?” domandò alla figlia, corrucciandosi.

 

“Hana è bello e ha un carattere allegro. La sua immagine mi frutterà un mucchio di soldi. Ma è troppo timido, quindi ho pensando che addormentando le sue inibizioni, si sarebbe rivelato agli occhi del mondo per la bomba sexy che in effetti è! Ho fatto fare magliette, cappellini, spille e altro con la sua bella faccina stampata sopra e oggi ho venduto tutto, guadagnando in meno di mezz'ora più di settantacinquemiladuecento yen*!” annunciò fieramente la ragazza.

 

“Hai trasformato il povero Hana in una specie di macchina del sesso, solo per del denaro?!” tuonò il padre, sgranando gli occhi chiari.

 

“Esattamente!” dichiarò Kurumi, annuendo di nuovo.

 

“Ma tu...tu sei...davvero...tu sei... - balbettò l'inventore – TU SEI UN GENIO! L'ho sempre detto che  sei l'unica che ha preso il mio senso per gli affari! - trillò l'uomo abbracciando sua figlia – Adesso dobbiamo pedinare Hanamichi e prendere nota di tutti i suoi comportamenti, più o meno normali. Dobbiamo osservarlo attentamente!” dichiarò Kyosuke, elettrizzato.

 

“Chi è che deve osservare?” domandò Sakuragi, entrando in cucina con indosso solo un paio di jeans che arrivavano appena sotto la linea dei glutei.

 

“La fotosintesi clorofilliana! Le piante! Oggi c'è il sole!” buttò lì l'inventore, che sarà stato pure un genio, ma era totalmente incapace di dire balle credibili.

 

“Capisco. Volevo preparare la merenda. Non disturbo, vero?” mormorò il rossino, sorridendo alla nonnina, che  iniziò a sbavare sul tavolo, con gli occhietti a forma di cuore.

 

“No, no! Anzi! Fai con comodo. Vado a chiamare i ragazzi, ok?” trillò l'inventore, lanciando un'occhiata d'intesa alla figlia, che annuì prontamente.

 

Qualche minuto dopo, Hanamichi sospirò affranto.

 

“Accidenti! Mi è avanzata una gigantesca granita all'amarena con sopra due chili di panna montata e non so proprio a chi darla! Kanata, tu hai qualche idea?” chiese il rossino, sedendosi a tavola con la coppa tra le mani.

 

Il bimbo schizzò fuori dall'armadietto spegnendo la torcia e guardando il ragazzo corrucciato.

 

“Posa il libro, lavati le mani e la granita è tua!” sorride tranquillamente Sakuragi, incrociando le braccia al petto.

 

“Dittatore!” sibilò il bimbo.

 

“Zozzone!” rispose tranquillamente l'altro.

 

“Mh!”

 

“Mh!”

 

Sconfitto, Kanata corse a lavarsi, investendo involontariamente Akira che stava scendendo le scale.

 

 

 

Sendoh accettò riconoscente la granita e si sedette in un angolo del tavolo. Aveva passato quasi metà pomeriggio a riflettere su quanto accaduto in palestra.

 

Era uscito profondamente umiliato dallo scontro diretto col rossino. Nessuno, mai, lo aveva messo in difficoltà in quel modo, a parte Maki del Kainan. L'idea che Sakuragi, che giocava a Basket da meno di un anno, fosse stato capace di fermarlo con tanta facilità, lo aveva profondamente scosso.

Inutile mentirsi.

 

Ma poi, aveva pensato e capito.

 

Si era inconsciamente sentito talmente sicuro di sé e del proprio talento, che nei due anni passati al Ryonan, non era migliorato affatto. Che presuntuoso. Aveva osato saltare persino gli allenamenti per andare a pesca, certo della propria bravura, mentre Hanamichi, giorno dopo giorno, era riuscito a raggiungerlo e sorpassarlo quasi.

 

Ritrovò il sorriso, mescolando la panna soffice con la granita rosata.

Era stato un bene andare allo Shohoku. Avrebbe ricominciato a giocare con impegno per ottenere un posto da titolare. Nella nuova squadra, nulla gli era dovuto.

 

 

 

Kanata corse in cucina pulito e lindo, saltò in braccio ad Hanamichi e finalmente si guadagnò il meritato premio.

Rialzando la faccia nella panna montata, guardò suo fratello Kaede entrare in cucina strisciando i piedi.

Che fosse sonnambulo? Si chiese il bimbo, accoccolandosi meglio sul petto caldo del rossino.

Si comportavano tutti in modo strano.

Mah!  Valli a capire gli adulti!

 

 

 

Aveva avuto un'erezione guardando il corpo nudo del Do'hao.

Aveva perso sangue dal naso, guardando il Do'hao.

Aveva ammirato il gioco del Do'hao.

 

Sapeva che prima o poi sarebbe accaduto.

 

La pazzia della sua famiglia lo aveva contagiato.

 

Hanamichi si passò lentamente la lingua sulle labbra, pulendole da uno sbuffo di panna montata e la seconda testa di Kaede si sollevò per ammirare meglio quello spettacolo.

 

“Stai fermo, tu! Hai già fatto abbastanza danni, per oggi!” sibilò la volpe, guardando in mezzo alle sue gambe.

 

“Con chi parli, Kitsune?!” mormorò Sakuragi con quella stramaledetta voce roca che lo faceva rabbrividire.

 

“Hn” scosse la testa, facendo cadere qualche granello di ghiaccio sulla sua testolina più curiosa, imponendosi di non guardare il Do'hao che leccava impunemente il cucchiaino come fosse stato un... fosse un...

 

“Cazzo!” tuonò Kazuya, dando  inconsciamente voce ai pensieri osceni del fratello.

 

 

 

Quel dannato mal di testa non voleva proprio passare.

Il giovane Rukawa scese in cucina, alla disperata ricerca di un'aspirina e trovò tutti i ragazzi lì, seduti al tavolo. Aveva rinunciato a mangiare, dato che il suo stomaco era ancora sottosopra dopo la terribile notte passata a rimettere. Ciò che vide, però, lo rigettò in quel baratro di cupa disperazione che lo aveva spinto a ubriacarsi la sera prima.

 

Hikaru, seduta accanto a Sakuragi, lanciava sporadiche occhiate colme d'affetto ad Akira.

Profondamente contrariato, si rese conto che il fratello maggiore aveva stranamente la testa da un'altra parte e non si accorse degli sguardi di cui era oggetto.

 

Ma bene.

Non solo aveva conquistato il suo primo amore, ma non lo considerava nemmeno!

Imprecando sonoramente, prese l'aspirina e tornò in camera sua, chiudendosi a chiave.

 

Era arrabbiato, frustrato, depresso.

Sentiva di star scivolando in un baratro oscuro, ma non trovò nessun appiglio al quale aggrapparsi.

 

E cadde.

 

 

 

“Ti è piaciuta la granita, piccolo? Ne vuoi un altro po'?” chiese Hanamichi, accarezzando la testolina di Kanata, che scosse la testa.

 

“Oggi sei molto caldo!” sospirò il bimbo, accucciandosi sulle gambe del rossino.

 

“Anch'io! Anch'io!” squillò la nonnina, guardando estasiata il suo adone.

 

“NONNA!” tuonarono i suoi nipoti, corrucciandosi.

 

“Ehi! Se voi non vi sbrigate, ci penso io!” li avvisò, brandendo il suo prezioso bastone.

 

“A far che? Vuole ancora un po' di dolce, signora?” mormorò Hanamichi, sorridendole confuso.

 

“Sarai anche senza inibizioni, ma sei di un candore disarmante!” sbottò Kikyo-san, decidendo di  sfogare le proprie frustrazioni andando a scrivere un nuovo capitolo del suo ultimo libro.

 

“Hn?!” domandò la volpe, muovendo le orecchie curiose.

 

“Niente, niente! - esclamò Kurumi, fingendo di ridere – Il libro! E'... Il titolo. 'Senza inibizioni'! Bello, no?”

 

“Hn...” borbottò Kaede, per nulla convinto.

 

C'era qualcosa che gli sfuggiva.

Sentiva che c'era qualcosa che non andava.

 

“Piccolo, siediti qui che devo caricare la lavastoviglie!” disse Hanamichi, spostando Kanata e piegandosi per aprire lo sportello dell'elettrodomestico.

 

Stavano tramando qualcosa, Kaede lo sentiva nell'aria.

Odore di menzogne e...

 

Il bel sedere sodo di Sakuragi, a pochi centimetri da lui.

I jeans che erano risaliti fino a metà glutei, quasi... lasciando scoperte due mezze mele da...

 

“Stai sanguinando dal naso” lo avvertì Kanata, lanciandogli uno sguardo indagatore.

 

“Hn” mugugnò il volpino, maledicendo lui, se stesso, la circolazione sanguigna umana e la frutta dell'intero pianeta.

 

Di nuovo.

Gli aveva fatto fare una figura da Do'hao.

Era contagioso, lo sapeva!

 

Contagioso... e sodo.

No, no!

 

La follia della sua famiglia e di Hanamichi lo stavano mordicchia... Distruggendo, dannazione!

 

“Mi serve una doccia!” sbottò la volpe, scappando letteralmente dalla cucina.

 

“Anche a me!” sospirò Akira, ormai quasi del tutto disidratato.

 

Scendendo a fatica le scale, Katy fu quasi travolta dai due moretti che stavano fuggendo dalla cucina.

 

Una fuga di gas? Cibo avariato?

Un topo?

 

La pittrice, entrando nell'ampia stanza, intuì la ragione di quel fuggi fuggi generale e sorrise divertita.

 

“Hana, tesoro? Appena hai finito, vieni da me su in mansarda. Sai, per il quadro?” disse la donna,  portandosi via una bottiglia di acqua fredda.

 

“Certo!” rispose il ragazzo, seguendola velocemente.

 

...E Kurumi, ricominciò a sorridere.

 

 

 

Hanamichi stiracchiò i muscoli intorpiditi.

Stare fermo era una cosa che non sopportava e lui aveva fatto da modello a Katy per ore e ore, il pomeriggio precedente.

 

Però stava bene con lei. Aveva dimenticato la dolcezza delle voci materne.

Ma a dirla tutta, erano due o tre giorni che si sentiva su di giri.

 

Libero e selvaggio, ma non ne capiva la ragione.

 

Era di ottimo umore.

 

Finalmente avrebbe di nuovo giocato.

Infine, era riuscito a trovare il suo grande amore.

 

Il Basket.

 

Che non tradiva, non scappava, non lo abbandonava.

Aveva giocato senza il timore di un nuovo infortunio, senza distrazioni, senza compagni.

 

Solo lui, la palla e un canestro.

 

Come se non ci fosse stato un domani, senza responsabilità e doveri.

 

Giocando.

 

Chiuse il suo armadietto e corse in campo per un nuovo allenamento.

 

 

 

Sistemandosi la fascetta nera, Kaede chiamò a raccolta tutto il proprio autocontrollo.

 

Era attratto da un ragazzo, ma sapeva già di essere omosessuale.

Il ragazzo in questione stava diventando sempre più popolare, ma Rukawa non aveva mai rinunciato a una sfida in vita sua.

Il ragazzo era il Do'hao.

 

...

 

No!

Non poteva accettarlo! Maledetto scherzo del destino.

Ormoni.

Colpa dei suoi ormoni.

Non era attratto da quel...'coso'.

 

Il Do'hao era timido e generoso. Buffo e impacciato.

 

Non era quella belva assatanata, così sfacciatamente sensuale da...

 

Stop. Niente porcate. Doveva giocare.

 

Con un ultimo sospiro, uscì dagli spogliatoi, pronto per una nuova sfida: allenarsi, nascondendo la sua seconda testa che si guardava attorno cercando l'oggetto dei suo desideri.

 

 

 

L'allenamento cominciò e fu uno dei migliori dello Shohoku.

 

Senza risse o battibecchi puerili, senza effimeri sorrisi.

Sugli spalti vi era sempre un folto numero di spettatori, ma era finito il tempo dei chiacchiericci inutili o delle grida isteriche.

Gli studenti, godevano di quello spettacolo e osservavano affascinati i loro compagni di scuola.

 

Akira, Hanamichi e Kaede, erano concentrati come se fosse stata una finale.

Ognuno per ragioni diverse, giocarono con attenta precisione.

 

Almeno fino a quando non si aprì la pesante porta della palestra.

 

Fu allora che si mostrarono agli occhi del mondo.

 

E fu il delirio.

 

 

 

Quattro ragazze, con indosso una maglietta bianca con su la faccia sorridente di Hanamichi, una fascia dorata sulla fronte, i capelli legati a coda di cavallo, le minigonne rosse e due pon pon dorati in mano, presero posto tra gli spalti, accanto a Ru, Ka e Wa che le guardavano infastidite.

 

Sotto l'immagine del rossino, ognuna aveva una sillaba precisa. Sa, Ku, Ra e Gi.

 

Al grido di “HANAMICHI FACCI FELICI!” e “BEL ROSSINO DAMMI UN BAMBINO!” fecero la loro prima apparizione le SakuraGirls, seguite dal preside Ikeda, anche lui con maglietta e pon pon, ma con un più dignitoso pantaloncino rosso.

 

“Forza ragazze! - le incitò il preside – Facciamoci sentire!”

 

SAKURAGI SIAMO RAPACI!

 

 

 

Sendoh cadde in ginocchio, con le lacrime agli occhi.

 

Vedere le fans di Rukawa e le SakuraGirls litigare furiosamente per stabilire chi fosse il più bello tra i loro bignamini era troppo anche per lui.

 

“Oh, Kami! Gli allenamenti al Ryonan, non erano così divertenti!” rise il giovane, rotolandosi per terra.

 

“Hn. Circondato da ...” iniziò Kaede, passandosi una mano sugli occhi.

“Ma ce l'hanno con me quelli?!” chiese Hanamichi, aggrottandosi appena.

“...DO'HAO!” sbuffò, ricominciando a palleggiare.

 

 

-FINE QUINTA PARTE-

 

 

 

Note Finali: con il cambio attuale 75.200 yen corrispondono a 500 euro, circa.