Prima di farvi leggere
questa fic volevo parlarvi, un attimo dei protagonisti, per farvi capire, un
po', il perchè dei loro comportamenti.
Uno di loro è Raphael, di 24 anni, il cui nome significa "Dio ha guarito",
nato in Israele, a Nazaret da padre Israeliano e madre Italiana.Vive in Italia
da 15 anni con sua madre ma non ha mai abbandonato le idee della sua gente.
Suo padre è stato ucciso in un'imboscata nella striscia di Gaza e lui è
cresciuto nell'odio verso tutti i Palestinesi.
Sua madre è riuscita a farlo vivere quanto più normale possibile,
insegnandogli l'amore e la pace ma lui non riesce a dimenticare e si nutre di
desiderio di vendetta.
Così quando qualche incosciente scatena la sua rabbia con giudizi avventati
sugli Israeliani lui esplode, mettendosi nei guai puntualmente.
Il vizio capitale è, chiaramente, l'Ira.
Però c'è anche Noam, il cui nome significa "Amabilità, fascino".
Noam ha 26 anni, anche lui nato in Israele, a Nazaret, cugino di Raphael.
Un ragazzo dalla doppia vita.
Amico e dolcissimo ragazzo all'apparenza, in realtà trama alle spalle di
Raphael invidiandogli tutto quello che il cugino ha e che, a detta sua, glielo
ha tolto a se stesso.
Grazie a Sion, però, le sue trame vengono scoperte.
Sarà un duro colpo per Raphy.
Il vizio è Invidia e la Lussuria per come tormenta la sua ragazza,
invischiandola nelle sue trame.
Infine ecco Sion, il cui nome significa "punto più alto".
Sion ha 32 anni, Italiano da tre generazioni ma di origine Israeliana,
responsabile e creatore di un movimento per la pace in Israele.
Persona complessa e particolare.
Vuole molto bene a Raphy e cerca di proteggerlo senza darlo a vedere.
Un po' per non farlo scappare o scatenare la sua ira, un po' per il suo
carattere riservato e da "orso".
Lo salverà in ogni modo possibile: come solo un vero amico può fare.
ATTENZIONE: CI SONO SCENE DI VIOLENZA ANCHE PIUTTOSTO FORTI, RAITING:NC17 X
Buona lettura.
Storia di
un'ordinaria amicizia
di Parsifal
Questa è la storia di un'amicizia che valica il confine dell'umana
comprensione per sconfinare nell'eroismo.
Non si tratta di qualcuno che, per un amico, dà la propria vita.
Questa pagina è stata già scritta e non c'è nessuno, sulla faccia della terra,
che possa eguagliarla.
Ma ci sono tanti modi per diventare degli eroi anche senza sacrificare la vita
stessa.
E oggi ne scoprirete uno.
Portate pazienza se, a volte, non capirete qualcosa.
Se vi sfuggirà un particolare o se non riuscite a vedere la logica della
situazione.
Alla fine ogni nodo sarà sciolto e, come me, anche voi rimarrete colpiti e
commossi fino alle lacrime.
Tutto iniziò una mattina di fine Luglio, in una delle tante vie di Roma, città
antica, molto amata e molto, molto popolata.
Il caldo opprimente spingeva tutti a cercare un po' di refrigerio sui colli
attorno alla città e perfino i turisti si stavano preparando a dare l'assalto
alle varie sale di musei o chiese antiche per stare, almeno nelle ore più
calde, un po' al fresco.
Raphael stava andando, come ogni mattina, a lavorare.
Sua madre voleva che lui continuasse gli studi per laurearsi avvocato, una
facoltà che, in effetti, aveva scelto lui, senza nessuna costrizione da parte
di nessuno.
Tanto meno da quella santa donna di sua madre che, per il solo fatto di
stargli dietro e sopportare tutti i suoi bruschi cambi d'umore, meritava gli
onori degli altari.
Ma lui stava tergiversando.
Era stanco di tutti quei codici, di tutte quelle leggi fredde e senz'anima,
come accidenti aveva fatto, 5 anni prima ad innamorarsene fino al punto di
sceglierla?
Per la sua gente.
Già...l'aveva fatto per la sua gente.
Anche se abitava da 15 anni in Italia e aveva la cittadinanza Italiana, visto
che sua madre era Italiana, per lui la "sua" gente erano gli Israeliani.
Lui si sentiva Israeliano e nessuno sarebbe mai riuscito a convincerlo del
contrario.
Voleva diventare avvocato, 5 anni fa, per studiare diritto internazionale e
poter trattenere quell'accidenti di carattere esplosivo che aveva e che lo
metteva, puntualmente, nei guai.
Costringersi a fare qualcosa di così freddo e lontano anni luce da se stesso
era l'unico modo che aveva trovato per mettersi un freno da solo, per cercare
di diventare qualcuno di cui potersi fidare, qualcuno a cui tutti avrebbero
dato ascolto e che nessuno si sarebbe mai sognato di ingannare "legalmente",
come invece i bastardi rivestiti a festa amavano fare.
Ma da un anno a questa parte non era più così sicuro che quella era davvero
l'unica strada.
Da quando Sion gli aveva trovato quel lavoro da fare, iniziato per poter dare
una mano a sua madre nel pagamento dei suoi studi.
Quando il suo migliore amico, nonchè professore di lettere antiche
all'università, gli trovò questo lavoro nella biblioteca comunale, nella
sezione dei bambini, pensò che lo stesse prendendo in giro.
Certo....dire una cosa del genere a uno come Sion era un azzardo.
Sion non prendeva in giro nessuno,nemmeno quando scherzava, cosa assai rara,
figuriamoci quando faceva sul serio.
Eppure, per un momento, lo pensò.
Quando gli propose di fare l'animatore per i bambini, tenendo dei corsi sulla
lettura nella biblioteca, il suo primo impulso fu quello di mettergli una mano
sulla fronte per vedere se aveva la febbre.
Cosa improbabile comunque, visto che Sion non si ammalava mai e, le rare volte
che questo era accaduto, una febbrona da 41 e passa lo aveva letteralmente
steso!
Alzò addirittura una mano verso la sua fronte...per posarla frettolosamente
allo sguardo tagliente del suo amico.
Non aveva certo paura di lui, beninteso.
Ma non era uno sciocco, ci teneva alla sua mano, gli serviva tutta intera
ancora per molto tempo, almeno lo sperava, quindi fece cadere l'arto
incriminato velocemente, limitandosi a dire a voce se, per caso, non era
impazzito.
A Sion ci volle tutta la sua pazienza per convincerlo che quella era una buona
idea e che non aveva bevuto nulla quella mattina, a parte un caffè nero, come
sempre.
Senza cognac, chiaramente.
A quel ricordo Raphael sorrise, intenerito.
Il suo amico, all'apparenza, era davvero un orso.
Alto quasi un metro e novanta, con una selva di capelli neri, ricci e mai
domati da nessun pettine e due occhi così scuri da non riuscire a distinguere
nemmeno la pupilla.
Un fisico muscoloso ed asciutto che manteneva tale anche grazie alla sua
incredibile bicicletta.
Ci andava ovunque, faceva 10 km ogni mattina per andare al lavoro con quella e
arrivava sempre prima di tutti gli altri, imbottigliati nel traffico di una
Roma senza speranza alcuna.
A guardarlo così, sinceramente, faceva quasi paura.
Quasi appunto.
Ma poi ti rendevi conto che quegli occhi erano buoni.
Incredibilmente buoni.
E questa parola, con lui, assumeva un significatao profondo e molto, molto più
ampio che in qualsiasi altro essere umano.
Sion amava profondamente il suo lavoro, insegnare, per lui, era tutto.
E questo tu lo sentivi.
Con una mente brillante come la sua avrebbe potuto ambire a qualsiasi altra
cosa.
Eppure rinunciò a tutte le offerte, compresa quella di una cattedra
prestigiosa ad Athene, nella culla dell'arte, per restare qui, a Roma, nella
SUA Roma, cercando di far appassionare alla letteratura antica quelli che
avevano una piccolissima luce di codesta materia difficilissima, dentro di
loro.
A 23 anni aveva già la Laurea in mano, ottenuta con il massimo dei voti.
Divorò gli esami in pochissimi anni e sin da subito si dimostrò un ragazzo
fuori dall'ordinario.
Raphael non riusciva a capacitarsi del fatto che gli volesse così bene.
Come faceva, uno come lui, ad essergli amico?
Adesso, a 31 anni appena compiuti, aveva ottenuto riconoscimenti che nessuno,
mai, poteva sognarsi se non dopo una vita di dedizione e lavoro.
Sorrise, teneramente.
Lo conosceva da dieci anni ormai, quando lui aveva 15 anni e tanti problemi
con il comportamento, tanto da essere spesso sospeso da scuola.
Allora sua madre gli portò a casa questo ragazzo di 21 anni, bravissimo in
tutto quanto, che aveva già dato più della metà degli esami, e che doveva
aiutarlo a studiare e a capire la letteratura Italiana e, magari, anche le
lingue straniere, specie l'Inglese.
Nacque così quell'amicizia che durò negli anni e che spesso lo aiutò a calmare
l'animo da quella rabbia che lo metteva, puntualmente, nei guai.
E, quando non riusciva proprio a calmarlo, lo tirava fuori da quei guai che in
cui lui si metteva così bene.
Come fece a convincerlo a lavarore in una biblioteca con i bambini?
A fargli fare qualcosa che assomigliava, tantissimo, ad un animatore?
Questo è un segreto che Sion non avrebbe mai svelato, ma Raphael sapeva che il
suo amico aveva letto nella sua anima ed era riuscito a mettere davanti ai
suoi occhi quello che non voleva, a nessun costo, vedere.
Ormai in biblioteca tutti davano per scontato che restase a lavorare li a
tempo pieno.
Gli avevano anche proposto di diventare il responsabile unico del settore
ragazzi, ambendo anche al posto di direttore.
Una follia.
Si stava rammollendo, questa era la verità.
Si stava rammollendo e stava permettendo a quella città così antica di
entrargli nel cuore.
La sua storia lo affascinava, l'aria che si respirava in quei luoghi aveva
fatto breccia nella sua anima.
E, come se non bastasse, si era riscoperto avido di sapere, di sentire.
E di capire i bambini.
Lui, che aveva un carattere così infiammabile con tutti, con i bambini si era
creata un'affinità tale da lasciarlo stupito per primo.
Noam, suo cugino, non voleva credere ai suoi occhi qundo venne a trovarlo con
un suo amico e il fratellino di quest'ultimo e l'aveva visto li dentro.
Quando poi il piccolo in questione gli era saltato letteralmente addosso...bè...in
quel caso credette davvero di avere davanti ad un sosia.
Raphael sorrise scuotendo la testa mentre arrivava nella biblioteca ed
entrava, salutato cordialmente dalle ragazze che lavoravano li.
Andò nella sua area e si mise a lavorare al progetto di quella
giornata:Dovevano costruire una storia loro stessi, partendo dai protgonisti e
continuando con l'ambientazione e tutto il resto.
Chiaramente aveano a disposizioni sia i pc che il materiale "manuale".
Era prorpio curioso di vedere che cosa avrebbero scelto.
Li avrebbe divisi in tre gruppi e ad ognuno avrebbe fatto scegliere il
materiale che preferivano.
Si immerse così in quell'ambiente senza rendersi conto che perfino il suo viso
e la sua espressione cambiava radicalmente quando pensava ai suoi bambini.
Diventava un'altra persona.
Non più il ragazzo stravolto dall'ira che fomentava risse mandando
all'ospedale tutti quelli che si azzardavano a mettere in discussione l'unica
vera realtà che lui conosceva: Il diritto, per gli Israeliani, di avere una
terra e una storia tutta loro.
Superiore a quella di qualsiasi altro popolo.
Immensa e unica.
Sion, quella mattina, stava lavorando nel suo studio a casa sua.
Aveva la giornta libera, l'unica da tre settimane, e il lavoro ammucchiato era
mostruosamente alto.
L'aria copndizioanta, già accesa e messa al minimo momentaneamente, rendeva il
lavoro meno pesante.
Non che gli pesasse lavorare, beninteso, ma in giornate come quella avrebbe
preferito, di gran lunga, essere all'aperto, in mezzo alla natura.
L'essere uno studioso non toglieva nulla al suo amore per la natura e per gli
animali.
O per lo sport.
I suoi studenti si stupivano sempre quando scoprivano queste sue passioni, per
il semplice fatto che amavano, come tutti, etichettare le persone,
inscatolandole e dando un'etichetta diversa su ogni scatola.
Ma non c'era una scatola abbastanza grande che potesse contenere le sue
passioni.
Ancora non esisteva.
E quando se ne rendevano conto rimanevano, invariabilmente, stupiti.
Ad un certo punto suonò il cell, un sms.
Cercò di non farci caso ma il pensiero che potesse essere Raphael gli fece
allungare una mano e decidere di leggere quello che era, a tutti gli effetti,
una seccatura.
Non è che odiasse la tecnologia, non era così stupido da non rendersi conto
che il mondo, ormai, non poteva fare a meno dei compiuters e dei tanto
odiati\amati cellulari ma, quando stava lavorando, erano davvero una enorme
seccatura.
Come avrebbe voluto poterlo spegnere.
Perchè non lo faceva allora?
Per soli due motivi, semplicissimi.
Il primo era che lui doveva essere reperibile all'univerità anche se era il
suo giorno libero.
Non si sarebbe mai perdonato se uno studente non fosse riuscito a contattarlo
in caso di necessità.
Il secondo era Raphael.
Accadeva che il suo amico avesse bisogno di lui.
Altro che.
Accadeva con una regolarità sconcertatnte, specialmente quando sapeva che
quello era il suo giorno libero.
E lui aveva un debole per quel pallone gonfiato pieno di sè di rabbia.
Quel pallone gonfiato così grande, così capace di gesti di una bontà tale da
lasciarlo sconcertato.
Era un concentrato di odio\ amore così forte da renderlo unico, e per fortuna.
Un'altro come lui in circolazione e il mondo poteva chiudere bottega.
Per questo motivo allungò una mano e afferrò quell'oggetto che sopportava così
male, leggendo il nome che capeggiava, nero su bianco: Raphael.
Non si rendeva neanche conto di come il suo viso, solitamente chiuso, si
trasformava quando pensava a lui.
A volte per esasperazione, bisognava dire la verità, a volte per quella
dolcezza che soltanto lui sapeva suscitare.
\Avevi ragione tu questa volta, i bambini si stanno divertendo tantissimo
grazie per l'imput stasera festeggiamo?\
Scosse la testa ricciuta e nera e, sempre con il medesimo sorriso, rispose con
un veloce \ io ho sempre ragione e non solo questa volta stasera non so se
riesco ad uscire, troppo lavoro\.
Si rituffò tra le sue carte con la certezza che Raphy non si sarebbe
accontentato del suo no.
Infatti gli arrivò un \ Alle nove al "blue bar"\ che non ammetteva repliche.
Ma non fu questo a convincerlo, bensì il seguito \ Noam ha una nuova fiamma
che vuole presentarmi e tu sai che io non le reggo le stronzette che si porta
dietro\.
Noam.
Al solo nome la pelle gli si accaponò.
Sentiva una repulsione immediata per lui, qualcosa che, apparentemente, non
aveva spiegazioni.
Noam era un ragazzo di 25 anni, semplicissimo.
All'apprenza, almeno.
Un viso dolce, dei lineamenti che, in un uomo Israeliano, erano quasi
insoliti.
Due occhi che sembravano limpidi e puliti, a differenza di quelli di Raphael,
ad esempio, quasi sempre minacciosi.
Eppure lui non riusciva a togliersi dalla pelle la sensazione, terribile, di
sporco ogni volta che lo guardava.
Dietro tutta quella dolcezza e affabilità c'era una voragine oscura, pronta a
divorarti se soltanto gliene davi l'occasione.
E quando vedeva Noam e Raphy insieme, la sensazione di pericolo aumentava
notevolmenete.
Diventava molto di più che una sensazione, diventava una certezza.
Perchè lui vedeva oltre il sorriso, oltre la facciata angelica.
E quello che leggeva nei suoi occhi apparentemente dolci era un odio
sconfinato.
Aveva provato a parlarne a Raphael, chiaramente.
Aveva sondato il terreno quasi subito ma il suo amico si era chiuso a riccio.
Per lui la famiglia era sacra e i legami di sangue non andavano messi in
discussione.
Mai.
Così rispose con un semplice \ va bene \ che comunque Raphael aveva dato per
scontato.
Tornò allora ad immergersi nel lavoro, cercando di portarsi avanti per
terminare prima e poter uscire quella sera.
Una cosa era certa: Non avrebbe permesso a Noam di portare a termine quello
che stava ordendo ai danni di suo cugino.
Qualsiasi cosa fosse.
Il piccolo appartamento, chiaramente femminile, recava le tracce di quello che
era stato un pomeriggio molto movimentato.
Noam era disteso,completamente nudo, nel divano-letto dell'unica stanza di
quel monolocale e una bella ragazza, anch'essa nuda, stava preparando la
colazione per tre persone.
Su un vassoio, infatti, c'erano tre tazze di caffè, un bricchetto
coloratissimo a forma di mucca con un po' d latte, una zuccheriera a forma di
fragola piena di piccole zollette di zucchero e un piatto con tre brioche da
supermarket, calde però.
Si voltò e portò il tutto nel divano-letto, mettendo prima due zollettine
nella tazza con il ringhio e mescolando con cura.
Se avesse spanto poi Noam si sarebbe arrabbiato...ed era meglio non farlo
arrabbiare di mattina presto.
A dire il vero era meglio non farlo arrabbiare mai.
Il terzo in questione era un ragazzo, un conoscente di Noam che non si poteva
certo definire amico e che non frequentava, assolutamente, il loro ambiente.
Non era nemmeno di Roma e quello era l'unico motivo per cui stava li, con
loro.
Anche lui figlio di un pezzo grosso, un noto avvocato che, nella sua zona (
Firenze), si era fatto un nome e un certo prestigio.
Avevano frequentato la stessa facoltà di architettura a Firenze per un certo
periodo e condiviso lo stesso appartamento per quasi un semestre.
Dividendo le occasionali donne e finendo, di tanto in tanto, anche a letto
insieme.
A Noam andava bene qualsiasi situazione, alla fine uomo o donna che fosse la
cosa importante, per lui, era che lui facesse l'uomo.
Sempre.
Per Franco, il ragazzo Fiorentino, invece contava soltanto farsi qualche bella
avventura a base di sesso e di droga, e con Noam erano garantite entrambe le
cose.
Non droga pesante, certo.
Il giusto per perdere le inibizioni e darsi da fare pesantemente con le
bellezze che Noam riusciva sempre a rimorchiare.
E non le pagava nemmeno.
Sembrava che morissero per lui e questo, onetsamente, poteva anche capirlo.
Visto che un debole per quel ragazzo dal viso così bello e così puro, l'aveva
anche lui.
Peccato che Noam fosse bello quanto dannato.
Incarnava perfettamente l'immagine del bravo ragazzo, calmo, tranquillo e
sempre disponibile, pieno di fascino e amabilità.
In relatà, invece, era un demonio tentatore e terribilmente crudele.
Godeva nell'infliggere dolore e solo quando umiliava un'altro essere umano era
contento.
Franco non riusciva a capacitarsi di come la facesse franca con i suoi amici e
con la sua famiglia.
Al quale lui era anche molto legato.
Ne parlava spesso, specie di Raphael, suo cugino.
Ma i suoi occhi, quando parlava di lui, erano terribili.
Voleva distruggerlo e fino a quando non ci fosse riuscito non si sarebbe
fermato.
Finì di fare la doccia e venne chiamato da Noam.
La colazione era servita.
Si asciugò in fretta ed uscì così com'era...forse c'era il tempo per qualche
altro giochino, in fondo doveva essere a Firenze solo nel pomeriggio.
Noam si stava divertendo parecchio in effetti...e non aveva nessuna intenzione
di fermarsi.
La scusa per scatenarsi gliel'aveva data quell'oca che si portava a letto da
un po' di tempo: Il suo caffè non gli era finito addosso per miracolo.
Alla fine non era riuscita a mantenere l'equilibrio perfettamente, visto che
Noam aveva fatto si che lei si sbilanciasse, e il caffè finì sul letto sfatto,
macchiando le lenzuola.
Noam la fissò morbido, quasi divertito.
Mentre Franco già pregustava uno spettacolino eccitante i due ragazzi fecero
colazione, mentre la rgazza spilluccava soltanto, temendo la punizione che, lo
sapeva, sarebbe arrivata inevitabilmente.
Appena finirono lei riportò il vassoio nel lavello e, mentre dava ancora loro
la schiena, lo sentì alle sue spalle artigliarle i capelli tirandoli, con
forza, verso il basso.
- Ma brava...complimenti. E' questo il modo di servire? Quante volte ti ho
insegnato che gli ospiti sono sacri? Che penserà Franco adesso? Mi sa che devi
chiedere scusa, a tutti e due, per quello che hai combinato, vero amore?-
La sua voce suadente, sussurrata direttamente nell'orecchio, fece venire i
brividi alla ragazza dagli splendidi capelli biondi, lunghi fino alla vita.
Lui continuò a tirarglieli fino a farla quasi piegare in due, all'indietro.
La fece voltare verso il letto, dove Franco era in piedi e li guardava,
divertito, eccitato.
La spinse con delicatezza fino ai suoi piedi.
Poi la sua mano premette maggiormente fino a farla inginocchiare davanti a
loro.
- Penso che se cominci con i piedi lui non penserà che la tua ospitalità
faccia schifo, vero Franco?-
-Per cominciare – rispose eccitato il biondo ragazzo dagli occhi azzurri come
il cielo e freddi come il ghiaccio.
La giovane chiuse gli occhi e inizò la sua punizione, accettando ogni cosa da
quell'angelo perverso, sapendo che nessuno poteva portarla a superare le vette
del piacere così come faceva lui.
Non godeva delle sue umiliazioni e crudeltà, ma lui aveva tessuto, attorno a
lei, una ragnatela vischiosa e impenetrabile e l'aveva chiusa dentro.
E lei non riusciva più a liberarsi.
Del resto era la sua specialità.
Noam intanto si stava caricando per bene per quella sera.
Avrebbe presentato Lucia come la sua nuova ragazza chiedendole di stuzzicare
un po' suo cugino.
Il suo piano era perfetto, Raphael non aveva scampo.
E mentre Franco portava la bocca della "sua ragazza " sull'inguine,
ordinandole di fare un buon lavoro, lui la mise a 90 gradi, sodomizzandola
lentamente.
Immaginando di avere suo cugino tra le mani.
In quella stessa posizione, a fare le stesse identiche cose.
2° capitolo
La serata fu un successo.
Bè...bisogna vedere da che punto di vista si legge questa frase.
Dal punta di vista di Raphael, leggermente indispettito perchè, l'oca che suo
cugino aveva presentato, si era appiccicata a lui tutto il tempo e non era
riuscito a scrollarsela di dosso, non era stato veramente un successo, tutt'altro.
Oppure dal punta di vista di Noam, che vedeva l'odiato\amato cugino in
difficoltà con quella che era, ufficialmente, la sua ragazza e che si
strusciava su di lui in maniera indecente.
O dal punto di vista di Sion, che quando arrivò nel locale un po' più tardi
rispetto agli altri, si trovò davanti a una scena incredibile, che, se vista
da un'ottica diversa, poteva anche essere comica.
Peccato che lui, di comico, non ci vedeva nulla.
Anzi...un brivido gelido gli attraversò la schiena quando vide il lampo di
compiacimento attraversare lo sguardo di Noam.
Uno sguardo che gli fece venire da vomitare.
Ma andiamo per gradi e vediamo come vissero la serata Raphael, Noam e Sion.
Raphael arrivò per primo e questo non lo stupì più di tanto.
Sion era un ritardatario senza speranza ma lui non si arrabbiava più, ormai.
Sapeva bene che, quando si metteva nel suo ufficio, tra i suoi libri per
sbrigare il lavoro di tutta una settimana, difficilmente guardava una cosa
così semplice come un ororlogio.
Non lo faceva per mancanza di rispetto ma soltanto perchè,quando studiava, per
lui non esisteva niente e nessuno.
Già che gli avesse detto di si era un caso straordinario...va bè che non è che
gli avesse lasciato molta scelta.
Il ritardo di suo cugino, invece, lo visse con un po' più di insofferenza.
In fondo era stato lui ad insistere per questa serata, per presentargli questa
fantomatica, ennesima, ragazza.
E poi faceva pure tardi!!
Si mise a bere qualcosa intanto che li aspettava, di analcolico chiaramente,
visto che era astemio, guardandosi attorno e pensando alla giornata che era
appena trascorsa.
Era stata davvero un sucecsso su tutta la linea.
Aveva avuto paura di proporre ai bambini un lavoro del genere.
Temeva che non fossero ancora pronti e che si potessero perdere in mezzo ai
protagonisti, all'ambientazione e...a tutto il resto.
Invece si erano divertiti così tanto da voler drammatizzare la loro storia.
Incredibile.
Il direttore l'aveva guardato come se fosse il salvatore della bibiolteca.
Da quando c'era lui, gli aveva detto, i bambini iscritti si erano triplicati e
nuove iscrizioni arrivavano ogni giorno.
E quel posto di responsabile si avvicinava sempre più.
Sospirò, frustrato.
Doveva prendere una decisione: o terminare la Laurea e inizare il tirocinio o
continuare li, in quello che era nato più come una sfida che per altro.
Sion lo aveva previsto.
Gli aveva offerto quel posto con cognizione di causa, glielo leggeva negli
occhi.
Lo conosceva meglio di quanto lui conoscesse se stesso.
E questo non doveva stupirlo più di tanto.
In quel momento arrivò Noel e Raphael mise da parte ogni considerazione
personale sul suo lavoro, per dedicare a suo cugino la sua totale attenzione.
A suo cugino e a questa fantomatica ragazza che lo aveva letteralmente
fulminato.
A quanto diceva.
Noam era, come sempre, impeccabile nei suoi calzoni leggeri, di lino bianchi,
e nella camicia blu notte.
Una giacca, sempre bianca chiaramente, dava luce al suo viso sorridente e
aperto, come sempre.
Era davvero amabile e affabile, come anche il suo nome diceva.
Aveva appesa al braccio una ragazza davvero notevole.
Fisicamente parlando era una bomba, in effetti.
Alta, bionda, con curve da infarto.
Capelli lunghi fino al sedere...un sedere perfetto, chiaramente.
Ma lui notò tutto questo solo con una parte di se, l'altra, la più importante,
era occupata ad osservare come lo guardava, adorante.
E come le mani di suo cugino la stringevano, possessive.
Non era mai successo con le altre.
In genere Noam non si faceva vedere, in pubblico, in simili atteggiamenti.
Nemmeno se il pubblico era composto soltanto da lui.
Se faceva così doveva essere davvero cotto.
Questo fu l'ultimo pensiero coerente che ebbe.
Poi tutta la sua attenzione fu concentrata nel togliersi di dosso questa
splendida creatura senza andare sul pesante.
Creatura che si era appicicata a lui come una piovra.
Incredibile.
Fino ad un secondo prima sembrava morire per Noam.
Quando lui però li presentò si fiondò al suo fianco e non si tolse più di li.
Se seguiva il suo istinto sarebbe andata a finire dall'altra parte della
stanza.
Anche se era una donna.
Cavoli...a tutto c'era un limite.
E poi...a lui nemmeno piacevano le donne così intraprendenti.
E, cosa ancora più importante, era la ragazza "amata" da suo cugino.
Questo infatti fermava, per un po' almeno, il suo primo impulso.
Tutti lo stavano guardando, accidenti!!!!
Fu in quel momento che entrò Sion.
Noam si stava divertendo un mondo.
Lucia un po' meno, lo sapeva.
La piccola lo amava veramente e fare la scema con Raphael era una torutra per
lei.
Ma lui l'aveva sottomessa completamente e, per lui, era disposta a fare di
tutto.
Anche uccidersi, se lui glielo chiedeva.
Cosa che si guardava bene dal fare, chiaramente.
Perchè lei era fonte di piacere unico, per ora.
Era delizioso trattarla come una schiava, averla nelle sue mani docile e
consenziente, pronta a farsi fare di tutto.
Non ci avrebbe mai rinunciato.
E poi...poi lei era la punta di diamante del suo piano per distruggere suo
cugino.
Senza di lei tutto sarebbe crollato.
La vide mentre strusciava il seno sul braccio di Raphael e si ricordò come,
quello stesso seno,era stato tormentato dal suo amico, proprio quella mattina.
Se soltanto avessero immaginato che cosa nascondeva dietro la sua facciata
perbene...una lussuria simile, una dissolutezza così' profonda, sarebbero
scappati disgustati.
E questo aumentava il suo piacere ancora di più.
Vedeva suo cugino in difficoltà, intuiva che si tratteneva dal mandarla in
quel paese unicamente perchè era la sua ragazza.
E questo lo divertiva immensamente.
Quando arrivò Sion, però, il suo divertimento subì un brusco arresto.
Quello stronzo non lo poteva sopportare!
Sapeva che gli era antipatico, giusto per usare un eufemismo, ma sapeva anche
che non avrebbe mai potuto convincere Raphael che c'era qualcosa che non
andava in lui.
Raphael era legato alla sua famiglia, profondamente.
Non come se stesso, che fingeva di amarli tutti, mentre, in realtà, se
soltanto ne avesse avuto l'occasione, li avrebbe fatti saltare in aria senza
pensarci su due volte.
Oh no...suo cugino credeva nella leatà e nella fedeltà della famiglia e, per
lui, queste erano pietre miliari che mai, nessuno, avrebbe minato.
Però era anche vero che Sion aveva un'influenza pericolosa su di lui.
L'aveva convinto, ad esempio, che aveva bisogno di una pausa di riflessione
dall'università.
Quell'Università iniziata con tanto enusiasmo e poi portata avanti per forza
d'inerzia.
Tutti insistevano affinchè desse gli ultimi esami.
Perfino lui cercava di portarlo su quella strada e non perchè credeva in lui.
Non lo aveva mai fatto prima, figuriamoci se iniziava in quel momento.
Ma, semplicemente, perchè sapeva che questo lo avrebbe messo ancora più in
crisi e lui godeva soltanto quando poteva vederlo in ginocchio.
Sia metaforicamente che realmente.
E ci stava quasi riuscendo...almeno fino a quando arrivò quel maledettissimo
stronzo di professore!
Che lo convinse a fare un anno sabbatico ,con i bambini, in biblioteca!!!
Ma si può essere più impiccioni di così?
Che cosa gliene fregava, a lui, di quello che suo cugino voleva fare da
"grande"?
Amico!!!
Puah!!!
Lui non aveva veri amici ma solo gente che lo ammirava e che lo temeva.
E questo lo faceva sentire potente.
Una punta di malessere, però, si insinuò in lui quando vide che Sion si mise
vicino a Raphael, staccando, quasi con la forza, Lucia dal suo fianco.
Lucia finse di offendersi e recitò davevro bene ma quel maledetto non cedette
di un millimetro, e lui provò qualcosa che assomigliava davvero alla...gelosia?
Possibile che fosse geloso di quell'imbecille di Raphael?
Non aveva nulla che lui volesse per se, se si eccettuava, forse, della lealtà
che ispirava nella gente, e, adesso, anche nei bambini.
Uno con un carattere come quello, sempre a fare a pugni con tutti, sempre
pronto ad arrabbiarsi ogni volta che qualcuno parlava male della "sua" gente,
come poteva suscitare sentimenti che non fossero il disgusto e ...e l'invidia?
Si spavento per un momento.
Invidia?
Com'era possibile che lui invidiasse suo cugino?
Ma il dubbio durò un attimo.
Il tempo di precipitare dentro la mente e di aggrapparsi a uno scoglio per non
cadere definitivamente.
Lo scoglio chiamato Lucia, che sgranò gli occhi e si mise quasi a piangere
quando Sion la rimandò a posto, con una frase maledettamente ad effetto.
Bene.
Forse il suo piano era stato fermato per ora, non sapeva che quell'idiota di
suo cugino avesse invitato anche Sion, ma poteva sempre rifarsi con quell'oca.
Appena l'avrebbe riportata a casa si sarebbe fermato da lei per punirla.
E, come sempre, avrebbe immaginato di avere suo cuigino tra le mani, per
mortificarlo, umiliarlo e sodomizzarlo.
Tutta la notte.
Senza tregua.
Fino a farlo svenire dal dolore.
Mettendo così a tacere quella parte di lui che aveva trovato la voce.
E che gli stava dicendo di scavare a fondo per trovare il perchè.
Un perchè che lui non voleva conoscere.
A Sion non piacque affatto quello che vide.
E, come sempre, ringraziava Dio per aver ceduto al suo istinto ed essere
venuto li anche se, a casa, il lavoro non era affatto terminato.
Avrebbe voluto restare e finire ogni cosa ma, nella sua mente, si era accesa
una spia rossa che lampeggiava, senza tregua.
Un allarme che non riuscì a ignorare.
Noam era là con Raphy.
E lui ne aveva ancora per un'ora, come minimo.
Un'ora.
Che cosa aveva in mente quel bastardo?
Perchè aveva voluto presentargli la sua ragazza quella sera?.
Si era sempre vantato delle sue donne ma con discrezione, senza immischiare
mai la "famiglia" che, diceva, era la cosa più importante.
Certo, a Raphael aveva fatto conoscere qualcuna ma...in via ufficiosa, nulla
di serio e, sopratutto, il suo amico non aveva mai sentito il bisogno del suo
sostegno, come quella sera.
Stava tramando qualcosa contro di lui, ne era sicuro.
E quello che vide gli fece capire che aveva perfettamente ragione.
Peccato che avrebbe fatto volentieri a meno di quella, per nulla ambita,
soddisfazione.
Una bionda tutta curve era avvinghiata al suo amico, lo usava come se fosse un
palo della lap dance e tutti, li dentro, li guardavano, ridacchiando.
Raphael stava sudando, evidentemente a disagio.
I pugni stretti lungo i fianchi e il corpo rigido.
Probabilmente, l'unica cosa che lo tratteneva dal mandarla a finire contro la
parete di fronte a loro, era il fatto che fosse una donna...e quella di suo
cugino.
Sion volse lo sguardo verso Noam, che la guardava serio, sembrava quasi
corrucciato.
Ma stava immobile.
Non faceva nulla per fermarli, per allontanarla da li.
Caspita, in fondo era la sua ragazza che si strusciava con un'altro.
Al suo posto lui non lo avrebbe tollerato.
A parte il fatto che non si sarebbe MAI trovato al suo posto, senza ombra di
dubbio.
Non volontariamente, almeno.
Ma quello che lo fece agire fu il lampo che attraversò quegli occhi scuri:una
lama che tagliò la luce a metà e che era colma di un compiacimento così grande
da farlo rabbrividire di disgusto.
Così si mosse e, senza dar modo a Noam di fermarlo, si avvicinò a Rapahel,
guardandolo con un'ironia che non faceva troppa fatica a trovare, solo lui
poteva mettersi nei guai in quella maniera:
- Complimenti...come palo di lap dance non sei male...forse un po' troppo
rigido ma comprendo la situazione...-
La sua voce era, comunque, morbida, ma si indurì quando si rivolse alla
ragazza:
- Tu saresti la ragazza di Noam?
Hai sbagliato locale, se vai tre vie più giù trovi quello adatto a te...-
e, senza un attimo di esitazione, le diede le spalle, non considerandola degna
di ulteriori parole.
Il locale tre vie più giù.
Un modo molto elegante per dirle che era una ballerina da strip tease.
Raphael provo un sollievo immediato, nonostante gli occhi della ragazza si
fossero riempiti di lacrime non riusciva a sentrisi in pena, per niente.
Sion invece, andò a prendersi qualcosa da bere per calmarsi, spostando quasi a
forza Lucia.
Non sopportava queste scenate ne gli piaceva umiliare così una ragazza.
Ma non aveva avuto scelta, Noam si serviva di lei e, chissà per quale motivo,
lei si lasciava usare in quella maniera.
Avevano però fatto i conti senza di lui.
E questo era stato un grosso errore.
Stavano tornando a casa a piedi.
La serata era splendida e, finalmente, il caldo che di giorno li aveva
lasciati senza forze, stava dando un po' di tregua.
- Hai sentito la notizia, stasera?-
Sion sapeva di che cosa stava parlando Raphael.
Un'altra strage, questa volta vicino al suo paese.
Troppo vicino.
Nella striscia di Gaza gli scontri continuavano,violenti.
E lui si sentiva impotente, inerme.
E si odiava per questo.
Era arrivato il momento di dirglielo.
Sapeva che si sarebbe ribellato.
Ma sapeva anche che quella era la sua strada.
Lo sapeva con una chiarezza disarmante.
Da quando lo aveva conosciuto la sua lunga solitudine si era un po' attenuata,
ma questo non voleva dire che non era pronto a rinunciare a lui, al suo
sorriso, alle sue sparate, alla sua rabbia profonda, a quell'ira che lo
bruciava troppo spesso.
Aveva un compito da portare a termine, un compito che, per lui, era quasi una
missione, e lo avrebbe fatto, senza tentennamenti.
Avrebbe salvato Raphael, perfino da se stesso, se fosse stato necessario.
Perchè, oltre a Noam, l'altro grande nemico che Raphael aveva era, senza
dubbio, se stesso:
- Oggi mi è arrivato un fax dalla striscia Gaza, dal mio amico che segue in
Israele il mio progetto, il " movimento per la pace".
Hanno aperto due nuovi orfanatrofi, uno nella striscia e uno vicino a
Gerusalemme e hanno bisogno di collaboratori validi.
Io sto partendo, per Settembre chiudo tutto qui e vado laggiù... vorrei che tu
venissi con me.-
Una bomba avrebbe fatto meno rumore nella testa di Raphael.
Eppure...ne era proprio sicuro?
Che cosa era quello che stava provando?
Stupore?
Dolore?
Disperazione?
O...gioia?
Intanto Noam aveva appena definito gli ultimi accordi con la ragazza che si
apprestava a tormentare ancora per una, lunghissima, notte.
Domani stesso avrebbe agito.
Avrebbe voluto aspettare ancora, dar modo agli eventi di svilupparsi con calma
perchè, si sa, la calma è la virtù dei forti e, sopratutto, impedisce di
commettere errori.
Ma, grazie a quel maledetto Sion, non aveva più tempo e doveva stringere,
subito, il cappio attorno al collo di suo cugino.
Si sarebbe poi offerto come salvatore, presentando un conto troppo salato per
lui.
Un conto che avrebbe saldato con la propria libertà.
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